La donna del ribelle

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1 La donna del ribelle

2 Ogni riferimento a fatti realmente accaduti o luoghi e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.

3 Maria Amabile LA DONNA DEL RIBELLE Romanzo

4 Copyright 2014 Maria Amabile Tutti i diritti riservati

5 Parte prima

6

7 1 Si chiamava Zara. Era la figliastra di Alberico, il Vanitoso, come tutti lo chiamavano. Non era la donna più bella che Titino avesse visto. La sua amante, Cecilia, era più seducente, più generosamente femminile nelle forme. A differenza delle maggior parte delle donne della vallata, lei non aveva capelli neri. I suoi capelli erano una cascata di fili di rosso fiammeggiante, un rosso intenso che spiccava nel buio della notte. Di mattina presto li portava sciolti sulla schiena in una massa di onde e riccioli; con l avanzare della giornata li raccoglieva in due grosse trecce fissate sulla sommità della testa. Quei capelli li aveva ereditati da sua madre, una zingara, morta in circostanze misteriose. Anche gli occhi di lei avevano un insolito colore, uno strano verde, una tonalità che non si notava nella vallata, un verde che ricordava il muschio bagnato. Zara era alta, forse troppo per essere una donna, ma Titino era grande e grosso e la superava ancora di una decina di centimetri. La sua prima moglie, Dalida, era una creatura piccola e minuta e quando la stringeva tra le braccia aveva l impressione che fosse una bambina e non una moglie. Titino era riuscito ad accostarsi a Zara per pochi istanti e aveva potuto vedere che la sua carnagione era 7

8 candida come la neve. Sul suo viso apparivano due fossette nelle guance quando sorrideva, un sorriso che lo aveva conquistato nell attimo stesso in cui lo aveva visto per la prima volta. Zara non era la donna più bella che lui avesse visto, ma la voleva più di quanto avesse mai voluto una qualunque altra donna. Sognava di fare l amore con lei, parlare con lei, dividere i suoi sogni e i suoi progetti. Titino, secondogenito di una povera famiglia di contadini, aveva venticinque anni e lavorava in una fattoria appartenente ad un signorotto di quel tempo. Il terreno era fertile e dava buoni raccolti, che arricchivano i granai del padrone. Titino si era sposato all età di diciassette anni, un matrimonio combinato dai suoi genitori, e aveva avuto un figlio, Ninuccio, morto all età di otto anni. Sua moglie, Dalida, poco più una bambina, era morta due anni dopo la nascita del bambino. Aveva avuto una febbre molta alta che le aveva fatto fare una morte lenta ed estenuante. Suo marito l aveva pianta come avrebbe potuto fare per la perdita di un compagno di giochi e nel corso degli anni aveva deciso di non aver bisogno di una nuova sposa. Era arrivato al punto di considerare gli uomini sposati esseri deboli e prigionieri della famiglia, anche se i maschi erano lontani dalle loro case alcuni mesi all anno per le scorrerie che il padrone faceva fare loro. Ora, d un tratto, stava cominciando a cambiare radicalmente opinione. Si rendeva conto di non provare più alcun interesse per la sua attuale amante, Cecilia, sebbene quella donna fosse docile e accondiscendente e sapesse come dare piacere al suo corpo. Titino seguiva Zara ogni giorno. Sapeva esattamente quando si recava alla fontana. E spesso la precede- 8

9 va per poterla osservare da differenti posti. Un pomeriggio si era appisolato vicino al fiume quando percepì la sua presenza. Sollevò lo sguardo sul viso di Zara quando la sentì scoppiare a ridere. Notò le fossette, i denti bianchi, e rimase incantato per la sua dolce, profonda e libera risata. I seni le tremolavano leggermente mentre rideva. Quella sua risata lo riscaldava, quel movimento dei suoi seni gli faceva venir voglia di abbracciarla e tenerla stretta sul suo cuore. Poiché al patrigno di lei, Alberico, lo zingaro, o meglio il Vanitoso, come tutti lo chiamavano, piacevano i soldi, Titino sapeva che per averla doveva pagare un prezzo più alto di quanto la maggior parte degli uomini potessero permettersi di pagare. Ma Titino avrebbe pagato, anche se disprezzava quell uomo considerato da molte persone un imbroglione. Alberico aveva improvvise manifestazioni di generosità per poi voltare le spalle e senza motivo ingannava quelle stesse persone su piccole cose. Alberico era scontroso e si comportava in modo irritante, perché in lui si confondevano e si mescolavano arroganza e magnanimità, cordialità e cattiveria. Titino non poteva fare a meno di chiedersi come quell uomo trattasse la figliastra. Per prima cosa, pensò che doveva fare la conoscenza di quella ragazza, Zara, un nome facile da pronunciare, esotico e anche misterioso, proprio come la donna che lo portava. Si stava comportando con quella ragazza in maniera assai insolita. Esitava ad avvicinarsi e l osservava da lontano, preso da un improvvisa timidezza che lo sorprendeva e lo indispettiva. Dopotutto, si diceva, era soltanto una donna e sicuramente avrebbe reagito come ci si aspettava all autorità di un uomo, accet- 9

10 tandone gli ordini. Quella creatura suscitava nel suo animo una miriade di sensazioni. C era qualcosa in lei che risvegliava il suo istinto di protezione, che ispirava tenerezza, ma bastava cogliere uno scintillio nei suoi occhi verdi per immaginare che fossero pensieri maliziosi ad accendere lo sguardo. E allora si ripeté che Zara era soltanto una donna e che la sua volontà di uomo avrebbe prevalso e lei sarebbe stata sua. Quella sua risata avrebbe risuonato solo per lui, quel bel corpo avrebbe colmato soltanto lui di desiderio carnale. Titino comprese che Zara stava per congedarsi dai suoi conoscenti e rapidamente si staccò dallo stipite della porta cui era appoggiato fino a quel momento. La vide prendere per mano una bambina, chinarsi per sussurrare qualcosa accompagnando le parole con strani movimenti delle mani. Poi si raddrizzò, salutò sorridendo le persone con le quali si era intrattenuta e lasciò la piazza che ospitava una fontana. Titino conosceva bene S. Arsenio, un piccolo borgo rurale. S. Arsenio era cambiato nel corso degli anni, da quando i Capacelatro avevano preso il potere. Ora la sua dimensione era raddoppiata e la popolazione aveva raggiunto anime. I signorotti, o meglio due casati, si contendevano il potere. Costringevano i poveri contadini a pagare tasse cospicue e mandavano uomini fidati a prendersi polli, agnelli, vitelli. Anche Titino partecipava alle scorrerie e, quando lo faceva, indossava sempre una maschera. Pochi sapevano che quegli occhi inquieti e scuri come la pece appartenevano a lui. Quelli che lo conoscevano lo chiamavano il Barbaro Mascherato. 10

11 Titino seguì Zara con lo sguardo mentre attraversava la piazza, evitando pozzanghere e scacciando con le mani gli insetti che ronzavano intorno. Un pensiero improvviso gli fece aggrottare le sopracciglia. Zara doveva avere almeno diciotto anni, non era una fanciulla; la maggior parte delle femmine alla sua età erano già sposate. Perché lei era ancora nubile? Si chiese senza saper dare una risposta. Rimase immobile ancora un istante, sistemandosi meglio il mantello attorno alle spalle. Era l inizio di aprile e tuttavia quel giorno soffiava un vento tagliente e il mantello risultava provvidenziale, anche perché il sole, coperto da nuvole grigie, negava il proprio calore. In realtà non faceva veramente freddo, ma era l incertezza a dargli quella sensazione sgradevole. Una donna, con uno strano nome, strani capelli, una risata che lo riscaldava nell intimo e seni che lo facevano sentire forte come un lupo, l aveva imprigionato in quell incertezza. D un tratto Titino si strappò di dosso il mantello, disgustato dal proprio comportamento, e ritornò a casa sua. 11

12 2 Titino decise di avvicinarsi a Zara alla fontana Vecchia, nella piazza dove c era il municipio. Un luogo dove gli uomini avevano l abitudine di oziare sul finire del pomeriggio, raccontando storie, parlando di pecore, di parti di mucche. Le donne attingevano l acqua, cucivano abiti e sorvegliavano i bambini che giocavano lì intorno. Era un momento di riposo dopo una pesante giornata di lavoro e l occasione di ritrovarsi a chiacchierare. Titino venne a grandi passi nella piazza, si tenne in disparte in un angolo osservando attentamente i piccoli gruppi di uomini in un istintiva reazione di difesa. Dopo un po vide che Zara stava dirigendosi alla fontana con la sua brocca. Era sola, questa volta la bambina non la accompagnava. Le si accostò con determinazione e senza nemmeno rivolgere una parola a nessuno degli altri presenti disse «Mi chiamo Titino. Sono un lavoratore, vivo del mio lavoro. Non sono povero e nemmeno crudele o dissoluto e desidero prendervi in moglie!» Zara trasalì e la brocca stava per caderle dalle mani. La tenne stretta finché non sentì l acqua fuoriuscire quando fu piena. Poi, lentamente, si girò verso l uomo che l aveva spaventata. Si trovò a fissare la gola dello sconosciuto e fu costretta a sollevare lo sguardo per 12

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