Che cos è l architettura. Professor Francesco Dal Co. Lezione del 24 febbraio 2012

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1 Che cos è l architettura Professor Francesco Dal Co Lezione del 24 febbraio 2012 Presidente, prof. Ruggero Zanin: Cominciamo questo incontro direi eccezionale, perché il professor Francesco Dal Co è un insigne storico dell architettura: dal 1981 tiene la cattedra di Storia dell Architettura allo IUAV, l Istituto universitario di Architettura di Venezia, dove peraltro si è laureato nel Ha insegnato nelle più importanti Università d Europa e degli Stati Uniti. Collabora con i più prestigiosi Enti culturali, tra cui la Biennale di Venezia, e dal 1996 è Direttore della storica rivista di architettura Casabella. Le sue pubblicazioni sono numerosissime: si parte da una Hannes Meyer del 1969; la più recente è Tadao Ando del Io personalmente ricordo come molto formativi per me Architettura contemporanea del 1976, con Manfredo Tafuri, e Teorie del moderno del Oggi il suo intervento ha come titolo Che cos è l architettura?. Ma ci sarà una presentazione molto breve da parte di due ex studenti del Liceo Bruno, che oggi frequentano Architettura a Venezia, quindi chi meglio di loro ci può introdurre, appunto, nella figura e nell opera del professor Francesco Dal Co? Carlo Guglielmi: Buongiorno a tutti. Siamo Carlo Guglielmi e Giulio Brugnaro. Con questo intervento iniziale abbiamo il compito e l onore di introdurre la persona di Francesco Dal Co. Noi siamo degli studenti del Corso di Scienze dell Architettura dello IUAV e siamo stati appunto studenti del Giordano Bruno e nel corso degli anni, frequentando questo Liceo, abbiamo avuto spesso l occasione di entrare in contatto con persone anche molto rilevanti, ma mai abbiamo saputo cogliere la fortuna di ascoltare queste stesse esperienze che oggi voi state facendo. Ed è per questo motivo che oggi siamo qui con il nostro piccolo discorso per farvi partecipare dell occasione che avete oggi. Vogliamo farvi comprendere la personalità del professor Dal Co, a nostro modo di vedere, attraverso due aneddoti che ci hanno visto direttamente coinvolti. Abbiamo potuto apprezzare la profondità analitica e le grandi competenze che contraddistinguono la sua attività di storico e critico dell architettura durante la conferenza tenuta in occasione della pubblicazione dell ottocentesimo numero di Casabella. Durante questo evento, dedicato al tema Che cos è l architettura?, il professore nonché Direttore della rivista è riuscito a raccontare con estrema chiarezza e profondità le parole dei grandi maestri dell architettura, da Mies Van Der Rohe a Frank Gehry, da Alvaro Siza a Souto de Moura. Il professore poi non si limita solo alla riflessione e alla critica del pensiero delle opere dei grandi maestri del Novecento, ma si presta anche a eventi che non rientrano strettamente nel mondo della grande architettura, come può essere la presentazione del Corso di Presentazione architettonica, tenuto dal professor Mauro Galantino. In tale occasione, il professor Dal Co, durante la sua esposizione, ci ha dato numerosi consigli che hanno continuato a stimolare le nostre prime esperienze progettuali. Noi studenti abbiamo così potuto cogliere diversi aspetti della sua figura poliedrica, ovvero la sua passione e la dedizione volta all insegnamento, che è una caratteristica basilare della sua personalità, e alla formazione di noi futuri architetti, come professionisti in grado di custodire i suoi insegnamenti e di applicarli concretamente nell ambito lavorativo. 1

2 Giulio Brugnaro: Non è nostra intenzione annoiarvi con quella che sarebbe una lunga lista di successi e di eventi che hanno segnato la carriera del professor Dal Co, ma riteniamo fondamentale citare almeno quelli che ci sembrano essere i punti cardine del suo percorso professionale, a partire dal 1976, con la pubblicazione di un importantissimo saggio, Architettura contemporanea, in collaborazione con il grande storico dell architettura Manfredo Tafuri, fino ad arrivare ai giorni nostri con le pubblicazioni delle monografie dedicate a Tadao Ando e Frank Gehry, pubblicate per Electa, di cui il professore è Direttore della sezione Architettura. Molto importante dal punto di vista editoriale, come è già stato detto, la rivista Casabella, di cui è Direttore dal 1996, e che ha contribuito a renderla una delle più importanti riviste di architettura internazionali. Infine non possiamo dimenticare la sua straordinaria attività di curatore di mostre, e ci riferiamo in particolare alla sua direzione della V Biennale di Architettura di Venezia, la quale ha visto come protagonisti alcuni fra i più importanti architetti della scena internazionale, come Frank Gehry, Sverre Fehn, Rafael Moneo, Peter Eisenman, Herzog & de Meuron e l italiano Renzo Piano. Fra tutti questi nomi e molti altri che stimano e apprezzano l attività di critico e storico di architettura del professor Dal Co, ci hanno particolarmente colpito le parole di un architetto giapponese, Kengo Kuma, il quale all interno del suo ultimo saggio, pubblicato nel 2008, dedica largo spazio alla figura del professore. Egli così scrive: sono stato personalmente sorpreso ed emozionato nel sapere che avrei ricevuto lo Stone World da parte del critico di architettura italiano, Francesco Dal Co, al quale non ero mai stato formalmente presentato. Questo perché una lezione speciale tenuta da Dal Co su Carlo Scarpa è stata l esperienza più emozionante che ho avuto durante i miei studi alla Columbia University vent anni prima. Non avevo mai trovato nessuno che parlasse di architettura con una tale passione e grazie a quell esperienza sentivo che dentro di me qualcosa stava cambiando. Egli spiegò come Scarpa fosse totalmente assorbito dai suoi edifici, non importa quali fossero i tempi e le circostanze. La lezione mi portò a riconsiderare cosa fosse l architettura. Dal Co parlò di come Scarpa fosse ossessionato dalla dimensione di 55 millimetri, mentre progettava la tomba Brionvega, e la ripetizione ritmica della frase ( 55 millimetres ) ancora rimbomba nella mia testa. Nel mio uso degli elementi verticali a un certo determinato intervallo, per conferire a ogni edificio una distintiva risonanza, vede la sua origine nella mia partecipazione alla lezione del professor Dal Co. Professore Francesco Dal Co: Grazie mille. Io ho avuto la fortuna, nella mia vita, di fare il mestiere che volevo fare e sono ancora oggi felice di occuparmi delle cose di cui mi occupo, che naturalmente sono cambiate molto nel tempo; e mi fa molto, molto piacere parlare con i giovani, con i più giovani, è davvero uno stimolo importante. Per questo sono anche molto contento di parlare di Le Corbusier, perché la figura di Le Corbusier ha, come dire, segnato la mia vita. Quando ero molto giovane, al terzo anno dell Università, un giorno lessi su un bollettino che circolava nella Biblioteca della Facoltà dei Tolentini, che allora era molto piccola, che il Ministero della Cultura francese aveva bandito delle borse di studio per organizzare la Fondazione Le Corbusier. Le Corbusier era morto da poco, aveva lasciato tutte le sue carte, i suoi libri, i suoi disegni alla Fondazione Le Corbusier e cercavano dei giovani, con uno stipendio decente, che lavorassero lì a Parigi. Io mi iscrissi, mandai la mia domanda e con grande sorpresa venni scelto. Mio compito era di vivere per sei mesi a Parigi, sono stati i sei mesi più belli della mia vita. Questo per dirvi che dovete cercare in tutte le maniere, sin da subito, di viaggiare, di cogliere tutte le opportunità per andare in giro. L architettura, come vedrete, la si impara tantissimo, ma non solo l architettura, viaggiando, cercando di cogliere tutte le possibilità di vedere mondi diversi da quelli che usualmente noi frequentiamo. 2

3 La storia è questa: presi un treno con una grande valigia, perché dovevo stare sei mesi a Parigi e mi presentai regolarmente davanti a una delle case che vedrete oggi, che è la sede della Fondazione Le Corbusier. Era la casa che Le Corbusier aveva costruito intorno al 1923 per suo cugino. Suonai il campanello, nessuno venne ad aprirmi, era mattina molto presto, io non avevo una grande esperienza di vivere a Parigi, c ero stato una volta da piccolo, non sapevo che cosa mi sarebbe capitato, ed ero lì solo con la mia grande valigia. E mi sedetti sperando che qualcuno venisse ad aprirmi. Un po più avanti, in questa strada, una strada a cul-de-sac, c era una cosa che forse voi non conoscete, un pulmino Volkswagen, trasformato in un camper, aveva una porta scorrevole, era rosso e da quella porta uscì la testa di un ragazzo rosso di capelli, che mi chiese in inglese: Tu sei uno dei borsisti della Fondazione? Dico: Sì, sono un borsista italiano della Fondazione. Beh, io sono l altro borsista. Era un americano, aveva comprato questo camper di seconda mano, aveva fatto il giro dell Europa prima di arrivare a Parigi e mi disse: Io sono due giorni che suono quel campanello e nessuno viene ad aprirmi, però se tu vuoi dormire con me nel camper ti ospito. Aspettammo due giorni ancora, sempre in questo camper, sperando che qualcuno ci venisse ad aprire, e alla fine arrivò una ragazza giovane come noi e disse: io sono la direttrice della Fondazione Le Corbusier. In realtà, lei era interessata soltanto ad andare a ballare la sera, ad andare a cena, non sapeva nemmeno chi fosse Le Corbusier, per cui noi ci trovammo immersi nel mondo di Le Corbusier e continuavamo a dormire in un camper davanti alla fondazione. Fin quando lei disse: Messieurs, ma voi dormite nel camper? Sì. Ma guardate che c è una casa per voi. Noi: Grazie, qual è la casa? La casa si trovava in rue Nungesser et Coli ed era la casa dove Le Corbusier ha abitato e vissuto dal 1930, la sua casa. Quindi noi arrivammo in questa casa così come Le Corbusier l aveva lasciata, piena dei suoi quadri, di tutte le sue cose, e ci installammo lì. La casa era molto particolare. Tutti gli architetti del mondo desideravano vedere e visitarla, mai ne avevano avuto l opportunità. In poco tempo si diffuse la notizia che c erano un italiano e un americano che abitavano nella casa di Le Corbusier e che erano gentili, lasciavano entrare la gente. Diventammo ben presto celebri a Parigi e organizzammo le più belle e fantastiche feste che siano state organizzate in quel tempo a Parigi. Io poi mi sono innamorato. L amore della mia vita è legato a quella casa, naturalmente; Annie è stato il mio amore. E ho vissuto lì. E Le Corbusier ha segnato la mia vita. Per darvi un idea di che cos era quello che noi facevamo e trovavamo, se voi andate al Centre Pompidou oggi, troverete un Braque e un Matisse bellissimi, straordinari. Con Brian, che era il mio amico e collega, una sera, scendemmo nelle cantine della casa di Le Corbusier e trovammo tutti i suoi quadri, che valgono molto denaro. Tra questi quadri c erano dei quadri straordinari, tra cui il Braque e il Matisse, che adesso sono al Centre Pompidou a Beaubourg. Noi chiamammo e venne il Ministro a ringraziarci che avevamo trovato questi quadri fantastici ed era come girare, vivere in un mondo di infinite, continue sorprese. Viaggiare, incontrare situazioni, questo mi ha insegnato Le Corbusier. E su Le Corbusier non sono mai riuscito poi a scrivere niente di importante, di significativo, se non delle piccole osservazioni, proprio perché quell esperienza mi aveva, mi ha troppo segnato, è entrata troppo nella mia vita, quei sei mesi sono indimenticabili, e sono stato sempre frenato ad affrontare la scrittura di un libro su Le Corbusier dai ricordi che mi legano a quella casa a quel tempo. Le Corbusier era un personaggio molto particolare. E poco istruttivo dirlo a degli studenti di un liceo, ma lui a scuola ci andava poco, come poco ci andavano molti, molti grandi architetti. I più grandi architetti del Novecento non sono andati davvero a scuola, non hanno frequentato le Università, che tra l altro all inizio del Novecento ancora non c erano. La componente del viaggio, della formazione attraverso l esperienza, del raccogliere esperienze, nel viaggiare, nel vedere, è essenziale nella formazione di tutti i grandi personaggi. Pensate che Frank Lloyd Wright, altro grandissimo architetto del Novecento, ha passato nella sua giovinezza, dal 1905 al 1924, quattro anni e mezzo della sua vita in Giappone a conoscere lì cose diverse. Le esperienze che si fanno viaggiando, trasferendosi e scegliendo i luoghi, le culture, i 3

4 posti, come maestri, piuttosto che affidarsi ai maestri che ci vengono offerti dalle Istituzioni, è una componente fondamentale della formazione dell architetto. Ho scelto questa immagine per iniziare. Le Corbusier, che è nato nel 1887 ed è morto nel 1965, appunto pochi anni prima che io arrivassi ad abitare la sua casa, qui è rappresentato in una famosa immagine: lui su una Balilla Sport, una delle più eleganti automobili dell epoca. C è una componente fondamentale nella cultura di Le Corbusier, non soltanto gli piacevano le automobili, ma gli piacevano le macchine, il tema della macchina, della civilizzazione legata alla meccanica, all industria, componente essenziale dei tempi moderni; e come le trasformazioni dell industria, del modo di produrre eccetera, possono influenzare, addirittura trasformare il modo in cui si fa architettura. È questo il grande contributo che Le Corbusier ha dato alla cultura del Novecento. Quando parliamo di architettura, noi parliamo sempre di un arte, ovviamente, ma tra tutte le arti l architettura ha qualcosa di particolare. Prima di tutto, è legata, è dominata, è vincolata da una legge fondamentale: il peso, la legge di gravità. Come si vince la legge di gravità? Tutto in architettura nasce da questo bisogno e necessità che un muro stia su, e vedete, se fate un esercizio molto semplice, se avete in mano un foglietto e lo tenete normalmente in mano, vedete che questo foglio si piega, cade. Che cosa succede? E il suo peso che lo fa cadere in basso. Se voi invece gli date una forma, vedete che lo regge. Ma se poi gli date una forma più forte, vedete che questo foglio regge un peso ancora più grande, cioè comincia a portare. Allora il tema dell architettura è proprio questo: come una forma contribuisce a risolvere questo fondamentale problema che tutte le cose sospese nell aria e dotate di un loro peso vanno a terra. Questo è il tema. Allora nella ricerca di questa forma non c è soltanto una ricerca artistica, dare forma a una cosa, ma vi è anche una necessità, una risposta a una oggettiva necessità. Questo rende l architettura qualcosa di diverso da tutte le altre arti, la rende un arte che le riassume tutte. Noi parliamo di architettura e ripetiamo sia che lo si sappia o che non lo si sappia qualcosa che è stato scritto all epoca di Augusto, da Vitruvio, un romano, il quale, nel suo trattato, il primo che conosciamo, il primo che è alla base ancora di tutti i trattati, si pone un problema: che cos è l architettura? Che cos è l architetto? E Vitruvio dice: è colui che deve sapere degli astri. Perché deve conoscere i movimenti degli astri? Perché, conoscendo i movimenti degli astri, conosce come il terreno su cui costruirà sarà toccato dal sole, dall ombra, dal freddo, dal caldo. Deve conoscere la terra, perché solo conoscendo la terra si può sapere se un terreno regge; deve conoscere l astronomia e via dicendo. Elenca: deve essere un grande ingegnere, deve conoscere i metalli, deve conoscere i legni, deve conoscere le pietre e come si tagliano. Elenca tutta una serie di saperi che l architetto deve possedere, e poi dice: poi deve sapere di matematica, e deve sapere di geometria, perché senza geometria nulla si costruisce. Insomma, l architetto è colui che deve sapere tutto e che non deve sapere niente. E noi tutte le volte che definiamo l architetto, a partire dalla natura di questo suo lavoro, che è fatto di forma e di necessità, di forma che deve vincere nella costruzione la forza di gravità e servire i bisogni dell uomo, mettiamo insieme tantissimi saperi, e quella definizione di che cos è un architetto non la troveremo mai. E la vita di Le Corbusier è la perfetta piena dimostrazione di questo. Comincia giovanissimo destinato, lui che era nato a La Chaux-de-Fonds, in Svizzera, dove l industria dell orologeria era particolarmente fiorente, bene, comincia come disegnatore di orologi, poi di motivi decorativi da usare per ornare le casse degli orologi, e poi comincia a occuparsi di architettura. E questa è la sua prima opera, diversa, vedete, da quello che 4

5 tutti noi immaginiamo, abbiamo in testa come immagine di Le Corbusier. E l interpretazione di un modo di costruire tipico del mondo in cui lui si trovava, in questa regione, nella Svizzera, che si chiama Jura, dove si trova La Chaux-de-Fonds, e poi fondamentale per la sua formazione, giovanissimo, nel I suoi genitori erano molto combattuti perché pensavano che lui dovesse essere un bravo disegnatore di orologi, casse di orologi, ma Le Corbusier non intendeva sottoporsi a questa disciplina. Per lui è fondamentale il primo viaggio in Italia e nei Balcani. Questo giovane, che proviene da questa cittadina sperduta tra le montagne svizzere, arriva in Italia e l Italia è una fonte di ispirazione e di conoscenze fondamentale, non soltanto le grandi opere, ma poi anche i grandi complessi. La Certosa di Ema, certosa che si trova vicino a Firenze, che cosa gli suggerisce? Che cos è un grande edificio collettivo, dove stanno insieme tante persone, dove vengono ospitate tante funzioni diverse, quali quelle appunto necessarie a garantire la vita di una comunità? E come vivono queste persone? L idea che intorno a un organismo comunitario si raggruppino tante celle quali appunto quelle che formano una certosa, dove i monaci hanno ciascuno la sua cella, è un idea che Le Corbusier coglie, disegna, vedete, si sforza di coglierla durante la sua prima visita nel 1907 in Italia, e che lo accompagnerà tutta la vita, perché l architettura è anche la casa della comunità. L architetto deve costruire le case in spazi e luoghi della comunità. Poi i suoi genitori si spazientiscono di questi suoi viaggi. Lui guadagna qualche denaro costruendo delle piccole cose a La Chaux-de-Fonds e con quello paga i suoi viaggi e si libera dalla dipendenza dei genitori. E va a Parigi e conosce Perret, questo signore che vedete raffigurato. Auguste Perret era il principale costruttore francese. I francesi non lo lasciavano essere architetto, gli architetti francesi non volevano che Perret fosse architetto perché Perret aveva la sua industria di costruzione, in quanto riteneva necessario disporre di un industria di costruzioni per impiegare il materiale nuovo in cui era il massimo esperto, il cemento armato. E questo non si faceva normalmente. Gli architetti francesi non volevano un architetto che fosse al contempo anche un imprenditore. E questa è una celebre casa di Perret. Vedete il cemento armato come funziona? Che cosa ci racconta questa casa? Perché sarà così importante per Le Corbusier, al di là delle sue forme? Una casa di appartamento normalissima, dove la piegatura della facciata serve soltanto a incrementare le superfici vetrate, quindi ad aumentare la luminosità all interno degli appartamenti, essendo piuttosto ristretti i blocchi in cui l edificio è costruito. Ma vedete che vi è una totale indipendenza tra la parte portante, tra gli elementi verticali portanti in cemento armato e i tamponamenti. Lo vedete perfettamente qua, vedete come addirittura i tamponamenti, cioè quei pannelli che sono inseriti tra 5

6 le strutture in cemento armato, sono piuttosto sottili e molto eleganti da questo punto di vista, perché la leggerezza (sta scritto nella piccola esperienza del foglio che insieme abbiamo fatto) è fondamentale. La ricerca della leggerezza è fondamentale per vincere la gravità. Che cosa fa Perret in questo caso? Non lo vedete tanto bene, ma forse con un po di fantasia ci arrivate: vedete che i pannelli sono intrecciati di foglie, sono foglie in cemento anch esse, non sono foglie in cemento armato, sono semplicemente dei pannelli in cemento. Che cosa vuol dire Perret? Vuol dire che, una volta stabilita la struttura, realizzata la struttura in cemento armato, usando appropriatamente questo materiale nuovo, appunto il cemento armato, si possono inserire come tamponamenti i materiali più diversi, anche materiali naturali; mettendo insieme che cosa? Mettendo insieme la più avanzata tecnologia costruttiva con il ricordo delle antiche capanne, che sopravvive appunto nel tamponamento. Questa lezione arriva immediatamente a Le Corbusier. Le Corbusier era un personaggio che aveva un forte senso di autostima, ma per tutta la vita chiamerà Perret il suo maestro; anche quando sarà celeberrimo, celebrato in tutto il mondo, continuerà a parlare di Perret come del suo maestro, proprio per questa lezione, nell uso appropriato e così eloquente ed espressivo dei materiali e delle tecnologie costruttive. Contemporaneamente, Le Corbusier si occupa sempre della città. La città è il luogo dove la collettività sta insieme, e quindi in quella lezione imparata visitando la Certosa di Ema a Firenze, nel 1907, un edificio comunitario, è l origine del suo pensare che l architettura si realizza poi nell organizzare la vita collettiva e quindi nel pensare i modi di vita della città. La città, tutta l architettura di Le Corbusier non è concepibile se non appunto come un riflesso del suo modo di pensare la città. Il suo secondo grande viaggio, è ancora più importante del primo. Un viaggio che lo segnerà, Le voyage d Orient, come lo chiama, con questo viaggio in Oriente, che lo porta in Italia, che lo porta finalmente a Istanbul, che lo porta in Grecia, ad Atene, al Partenone, compie la sua scelta fondamentale: il Mediterraneo. Parlerà del Mediterraneo come del crogiuolo da cui derivano tutte le suggestioni della sua cultura e della sua architettura. E questo viaggio così complesso, lo porta appunto a scoprire la ricchezza della grande cultura che intorno a questo mare si è venuta addensando e che sulle spiagge di questo mare straordinario che è il Mediterraneo ha depositato tutte le sue ricchezze e tutte le sue tradizioni. Lo vediamo qui ad Atene, lo vediamo qui con i suoi schizzi, i disegni, i suoi appunti, e per tutta la vita continuerà a rivisitare questi libretti con cui schizza le impressioni dei luoghi che visita durante questo viaggio in Oriente, sono da lui conservati e continuamente consultati. Dovete immaginare questo uomo anziano che costruisce i più grandi edifici, addirittura delle città, che torna continuamente a consultare questi libri della sua gioventù. Istanbul, continuerà a parlare di Istanbul, affascinato da ciò che rende Istanbul una città davvero unica, questa città che si estende su due continenti, Oriente e Occidente, che qui si sposano e stanno insieme, e nel loro stare insieme generano le meraviglie dei luoghi e delle costruzioni che adornano quella città. Al ritorno da questo viaggio, da questo fondamentale viaggio, Le Corbusier è ormai definitivamente a Parigi, e a Parigi mette a punto questo sistema: la Maison Dom-Ino. Che cosa caratterizza questo edificio? Questo schema è suscettibile di venire utilizzato in tante maniere. Vedete che la Maison Dom-Ino poggia su dei pilotis, cioè su dei supporti che staccano quello che potremmo chiamare il pianoterra dalla terra stessa, cioè un intervallo tra la terra e il piano artificiale da cui comincia la costruzione. Questo intervallo è 6

7 fondamentale per isolare l edificio da tutto ciò che lo condizionerebbe nel suo rapporto alla terra, ma il punto fondamentale è di rendere il piano costruito il più libero possibile dai pilastri, e quindi i pilastri in cemento armato vengono posti, limitati intorno allo spazio, alla superficie dei piani. Questi pilastri sono arretrati rispetto al perimetro, al limite dei piani stessi in maniera tale che i tamponamenti siano indipendenti dalla struttura, come avevamo visto che Perret aveva fatto nel suo edificio. La scala è separata, la scala è un elemento a se stante, che quindi può essere posizionato dove si vuole, e sulla casa l ultimo piano, invece di essere un tetto, un tetto tradizionale, è anch esso una superficie piana, quindi una superficie abitabile, suscettibile di diventare un giardino. Il concetto è che la casa è fatta di tante parti diverse indipendi e quindi che la si può montare e variare in continuazione; è un montaggio, quindi è una macchina, e così come un automobile, una macchina è formata di tante parti diverse, alla stessa maniera le parti che formano la Maison Dom- Ino sono tra di loro indipendenti e possono essere montate. E quello su cui Le Corbusier insiste è questa tecnica moderna, il montaggio, accresce la nostra libertà. Accresce la nostra libertà perché noi possiamo organizzare lo spazio della nostra abitazione come vogliamo, secondo le esigenze che possono variare nel tempo, cambiare, (nasceranno dei bambini, avremo bisogno di più stanze, i bambini se ne andranno perché andranno all Università), potremo fare tutto quello che vorremo. Ma ciò che mi piacerebbe comunicarvi è questa idea: la macchina porta libertà. E questo è il concetto fondamentale che Le Corbusier deriva da questa idea della Maison Dom-Ino e fa una serie di progetti, che si basano sull aggregazione perché il montaggio, come in un automobile si montano tante parti che prima del montaggio sono definite, realizzate, fatte in un officina e poi montate, alla stessa maniera si può fare con delle case. Le case possono essere montate in varie maniere. Queste sono tante case Dom-Ino montate in vario modo, oppure trasformate, vedete il nome di questo progetto nel , grossomodo, che è una casa teorica che Le Corbusier disegna che si chiama Maison Citrohan, come un automobile, si costruisce come un automobile, seguendo la stessa logica di quella che lui chiama la civilisation machiniste (la civilizzazione macchinista), che invece di essere, come normalmente lo si intende, il fondamento di una costrizione, è invece per Le Corbusier un occasione di libertà. La macchina rende più liberi. Questa è la casa dove io stavo, dove si trova la Fondazione Le Corbusier, e in quella piccola corte, dove vedete quel bambino, era posteggiato quel camper Volkswagen, di cui prima vi ho parlato. Questa è una casa che intorno al 1923 Le Corbusier realizza per il cugino, con cui lavorerà tutta la vita. E una casa molto semplice, alla quale è addossata sul fondo un altra casa, la Maison La Roche, costruita contemporaneamente a Parigi per un ricco banchiere che era anche un grande collezionista d arte. Le due case riflettono queste diverse condizioni: una di fatto è una galleria, l altra una casa vera e propria. Questa con la parete ricurva e quella grande vetrata è 7

8 appunto la Maison La Roche, la casa del banchiere, e questa è la pianta. Sulla destra vedete la Maison Jeanneret, la casa per il cugino, sulla sinistra, caratterizzata da quel grande spazio, e vedrete che vi è come una duplice linea, non solo il muro esterno, ma un muro interno incurvato, di cui adesso capiremo il significato, sono due cose completamente diverse, ma sono il prodotto dell impiego di quella tecnica costruttiva, che è la Maison Dom-Ino, la casa fatta di componenti indipendenti. E lo spazio qui siamo nella Maison Jeanneret è uno spazio che si presta a essere completamente e continuamente trasformato, vedete che è uno spazio, questo, che va dal tetto al pianoterra, su cui si affacciano tutti gli altri piani, come una piazza di una città, e quindi in una piccolissima casa introduce un elemento monumentale, una presenza quasi monumentale, si rimane sorpresi di essere accolti in questo spazio così alto, così stretto, in cui si affacciano come tanti balconi i piani degli edifici. Corrono dei corridoi sospesi e via dicendo. Mentre questa, invece, è la Maison La Roche, la casa del banchiere collezionista, e per ottenere l effetto migliore la luce viene posta in alto e protetta, in maniera tale che non cada direttamente sui quadri e li renda invisibili, e vi è questa rampa (non è una scala) che permette di osservare i quadri che possedeva il signor La Roche. Questi sono i quadri attuali, ma il banchiere La Roche aveva quadri di grandi dimensioni, di dimensioni molto diverse, e li potete osservare da diversi punti di vista, avvicinandosi e allontanandosi da un punto di vista più alto e più basso. Quindi una plasticità anche dello spazio e una capacità straordinaria. Ecco, Le Corbusier. Io avevo un professore, il professor Benevolo, un celebre professore, insegnante di storia dell architettura, il quale aveva delle idee molto fisse, molto particolari. E ci diceva: Le Corbusier, quando ha fatto la Maison Dom-Ino, ha stabilito che l architettura la si fa rispettando cinque punti. E dovevamo sapere a memoria questi cinque punti. E tutte le cose che vedevamo di Le Corbusier dovevamo dire: ecco che qui sono applicati i cinque punti. Non è vero per niente. Queste sono le fissazioni dei docenti che hanno un eccesso di sicurezza, credono a dei principi, dovete cercare di aiutarli a liberarsene e a cambiare idea. Le Corbusier era un uomo che amava terribilmente le contraddizioni, i giochi, le invenzioni e via dicendo. Ne è una prova questa villa celeberrima. Guardate, queste sono delle foto che faceva Le Corbusier, d epoca naturalmente, lo dimostra l automobile. Ma vedete che spesso c è l immagine di un automobile vicino alle case di Le Corbusier, sempre a sottolineare la co-appartenenza: appartengono allo stesso tempo, alla stessa maniera di costruire e di realizzare le cose sia l architettura che la meccanica. 8

9 Questa è la Villa Stein, a Garches, vicino a Parigi, e vedete che è costruita appunto sullo schema della Maison Dom-Ino; solo che tutta la parte portante, i pilastri portanti sono nascosti dal rivestimento. Ma d altro canto il fatto che i pilastri portanti siano arretrati rispetto al perimetro del piano permette di realizzare queste lunghissime finestre, le finestre in lunghezza, che sono uno dei tratti di Le Corbusier. E poi osservate gli angoli e vedete che la finestra è continua e che quindi quegli angoli stanno a indicare che i piani non sono in aggetto, sono sospesi, quindi godono degli effetti di quella legge di cui prima abbiamo parlato. E non hanno quindi bisogno di un sostegno e permettono all architetto la massima libertà, libertà che si evince nel retro dell abitazione, il quale retro è totalmente scavato, vedete, vi è un grande scavo plastico, un gioco di composizione di forme, di rampe, così come lo avevamo visto all interno della Maison Jeanneret, quella costruita per il suo cugino, e le finestre subiscono uno scarto notevolissimo: nella facciata più esposta al sole sono delle strisce, fasce assai ristrette, invece dove vi è bisogno di illuminazione diventano molto più grandi e più generose. Questo perché è possibile farlo dato il sistema costruttivo scelto, che qui vediamo perfettamente rappresentato. Siamo all interno della casa, Le Corbusier lo aveva pensato solo così, con quella scultura di Matisse messa lì, per la quale aveva progettato un piedistallo. Bastava solo quella a rendere vivo questo interno, che mostra peraltro a noi come la struttura funzionasse. Vedete i pilastri arretrati che rendono libera la facciata. Tutto ciò trova espressione nel capolavoro forse degli anni Venti, la Villa Savoye a Poissy, che conclude appunto questo straordinario periodo. Le Corbusier ormai è diventato celeberrimo, adesso vedremo perché e come, e conclude questo decennio con questa opera. La casa è perfettamente sollevata sui pilotis, al pianoterra vi sono degli spazi di servizio e i garage, poi un grande corpo, un parallelepipedo scavato e sopra intuiamo da questa immagine che succede qualcosa di particolare: vedete come il tetto diventa davvero un giardino, un grande giardino, di cui adesso vedremo le caratteristiche. La finestra in lunghezza che fa capire che non tutto di quel volume è riempito di vani e di spazi e vi è uno straordinario gioco di trasparenza. La finestra in lunghezza permette di cogliere la trasparenza della costruzione, la quale ha semplicissimamente questo andamento. Vi è un indicazione in questo piccolo schizzo in cui Le Corbusier riassume tutto ciò che è caratteristico di questa celebre abitazione: il fatto che sempre in Le Corbusier vi sia 9

10 un attenzione radicale all andamento del sole. Il Sole è l elemento, è la presenza, la luce che governa tutte le sue composizioni. E se voi guardate la parte superiore di quello schizzo, che corrisponde a quelle forme che abbiamo visto prima sul tetto-giardino dell abitazione, vedete che il sole colpisce quelle forme ricurve di traverso, di sguincio, sulla diagonale, e noi sappiamo che le forme ricurve colpite sulla diagonale producono straordinari effetti di ombre, per cui su quel tetto-giardino noi assistiamo alla realizzazione di un vero e proprio teatro delle ombre. L artificialità che introduce e permette di realizzare qualcosa che la natura offre ma non è in grado di realizzare di per sé. Queste sono le piante e vedete come siano assolutamente libere, cioè l indipendenza del tutto rispetto alla struttura, ai piani, quei puntini neri che vedete sono infatti i pilastri che abbiamo visto nella Maison Dom-Ino, e all interno è una continua invenzione di forme, di plastica, di movimenti, di compenetrazione di corpi. E il rapporto è continuo tra interno ed esterno. Questa casa vive, a differenza di quanto avviene normalmente, nel rapporto continuo dello spazio interno che si trasforma in uno spazio esterno, fino al momento in cui arriviamo a quel giardino delle ombre che qui vediamo che si raggiunge attraverso una grande rampa, perché una rampa? La rampa, a differenza di una scala, ha un movimento più disteso, più lungo, è una forma che penetra altre forme, che arricchisce il gioco della composizione. E l invenzione si traduce nella creazione di affacci: vedete quella finestra ricavata su quel muro di contenimento, e le ombre che giocano sulle curve offerte dall architettura. L architettura per Le Corbusier, infatti, è il gioco sapiente della luce con le forme. Ma come la luce diventa sapiente? Questa è la domanda che ci poniamo di fronte al sole. Gioco sapiente nella misura in cui l architetto sa che cos è la luce e offre alla luce le forme appropriate. La sapienza non è della luce, la sapienza è nell architetto, è per questo che Le Corbusier dice giocare : gioco perché so, perché sapere mi permette di intrattenere un rapporto di gioco con la luce. Nel 1923, negli anni Venti, quando realizza le opere che abbiamo visto, Le Corbusier raccoglie i suoi scritti, gli scritti che aveva pubblicato su una rivista che lui aveva fondato, che si chiamava Esprit nouveau (lo spirito nuovo). Questo libro, la raccolta di questi scritti è all origine di questo libro, Vers une architecture, è forse il libro più celebre dell architettura che sia stato prodotto dall inizio del Novecento ad oggi sicuramente; in pochissimo tempo viene tradotto in tutto il mondo, in tutte le lingue, nel giro di quattro anni, dal russo all americano, all inglese, poi al giapponese, e via dicendo. Questo libro fa sì che Le Corbusier diventi un faro della cultura architettonica, un riferimento per tutti. Che cosa racconta in questo libro Le Corbusier? Racconta queste associazioni: il Partenone, un tempio di Paestum e un automobile. Come stanno insieme queste cose? Il tempo contemporaneo è ciò che il tempo antico pone a disposizione del nostro tempo, ed è questo il tema di Le Corbusier: la 10

11 civilizzazione macchinista, la civilizzazione fondata sullo sfruttamento delle leggi, della tecnica e della tecnologia deve saper riconoscere le leggi che fondano la tradizione. Un altro degli aspetti fondamentali dell opera di Le Corbusier è che egli estende il suo indefesso lavoro che viene compiendo per tutta la vita, accanto a quello di architetto, come pittore. Qui lo vedete ritratto nel 1952 nella casa dove io ho abitato. E lo studio di quella casa che mi venne messa a disposizione quando ero a Parigi. E qui lui lavorava. Lui lavorava ai suoi quadri, che si staccavano da quella che era l esperienza più importante di quegli anni, che dominava la scena parigina, ma non solo la scena parigina, la scena dell arte internazionale di quell epoca, cioè il cubismo. Staccarsi dal cubismo, après le cubisme, andare oltre al cubismo. Queste immagini, dove sono accostamenti di forme, come in questa natura morta, sono quelle compenetrazioni di forme di cui vi ho parlato prima, facendovi vedere le immagini della Villa Savoye, sempre forme che si compenetrano, ma come questo compenetrarsi delle forme, l accostarsi di montaggio, invece delle forme, così come nelle forme pure, come avviene nel caminetto, si sposa con quanto abbiamo visto in quella pagina di Vers une architecture, dove vengono copiati il tempo di Paestum e un automobile moderna? Perché anche e soprattutto nella pittura vigono delle regole, delle regole matematiche, vigono delle regole che faranno sì che ogni quadro sia il risultato di una composizione, e la composizione non può essere mai arbitraria, la composizione ha bisogno di regole, ed è attraverso le regole che un quadro comunica con i nostri occhi, con i nostri sensi, con la nostra sensibilità e capacità di capire. La compenetrazione delle forme non è arbitraria, quindi, ma è il risultato di una composizione, e la composizione implica delle regole, e quindi la composizione, come nel mondo delle macchine, implica una disciplina, il rispetto di una regola. Questo è ciò che Le Corbusier mette a punto e persegue nelle sue sperimentazioni come pittore. Sempre Le Corbusier è pittore e architetto e vedremo anche scultore. Queste idee, quindi l ordine, la disciplina e via dicendo, e il tema della casa come una macchina e l aggregarsi delle case a formare la città, a partire dalla idea della Maison Dom-Ino viene svolta da Le Corbusier in questa maniera. Sono edifici complessi, sono edifici collettivi e sono parti di città, e da questo momento in poi, a partire dagli anni Venti, il tema della progettazione della città, che significa però adottare le stesse regole di cui abbiamo sin qui parlato, diventa costante nel lavoro. Nel 1922 viene invitato a esporre la sua opera in una mostra e che cosa fa? Prende il progetto per una Città per tre milioni di abitanti, completamente nuova. Gli era stato chiesto un quadro e lui, invece, presenta questo progetto di una città per tre milioni di abitanti. Cosa vuol dire? Vuol dire esattamente che ciò che si applica nel mondo della pittura, si può trovare alle origini anche del modo in cui si pensa a una grande città contemporanea. E questi sono i suoi schizzi, i suoi disegni. Vedete questo concentrarsi ecco il tema di Le Corbusier concentrarsi nell abitazione, nella residenza, in grandi blocchi, per liberare il verde, per liberare 11

12 la città. E un tema che forse dovremo alimentare, dovremo pensare molto, soprattutto noi che abitiamo in una regione come il Veneto dove l infinito distribuirsi di tante piccole abitazioni ci ha privato di fatto del nostro territorio, del nostro verde. Quando sentiamo tante polemiche contro i grattacieli, dobbiamo pensare che i grattacieli ci portano nell aria e, contemporaneamente, liberano il suolo per tutto ciò che del suolo si può godere. Questa idea Le Corbusier la continuerà a ribadire e diventerà centrale in tutti i suoi lavori sulla città moderna, che vedremo. Naturalmente, sono progetti teorici. Le Corbusier stesso sa che sono progetti teorici, ma da questa teoria immagina che possano derivare suggestioni per coloro che poi le città le amministrano e le costruiscono. Mentre fa questi passaggi, le case, il grande libro, la sperimentazione, le ricerche fatte nel campo della pittura e i primi grandi progetti urbanistici con la Città per tre milioni di abitanti, inizia finalmente a liberarsi di fatto dal dover costruire soltanto delle ville, per quanto bella sia la Villa Savoye, e inizia i grand travaux, quelli che lui chiama finalmente i grand travaux, gli edifici collettivi. Per la Società delle Nazioni, che nel 1927 decide di costruire la sua sede a Ginevra, fa un progetto, che non verrà scelto, e che sarà all origine di una lunghissima polemica. Questo che vedete, che invece viene realizzato a Mosca, è la sede centrale delle cooperative. Vedete questa composizione, e qui compare un idea che troveremo sempre in Le Corbusier: lo sviluppo di corpi lineari soggetti a essere utilizzati sia per ospitare residenze sia per ospitare uffici e via dicendo, che si aggregano a L, come una greca, in questo caso come una U. E poi quest altro edificio che viene costruito a Parigi, che è la Cité de refuge, cioè la sede dove vengono ospitati i senzatetto, dove sovrappone quei piccoli appartamentini al piano di sopra, ha un grande corpo vetrato, che qui vedete trasformato e via dicendo. Oppure questo in cui è esplicito quel tema che prima vi ho detto, quei quaderni schizzati, la raccolta di appunti e schizzi fatti durante il viaggio di Oriente e a Roma: il viaggio nel Mediterraneo ritorna continuamente. Nel 1931, a Mosca, viene bandito il concorso internazionale per la costruzione del Palazzo dei Soviet, importante monumento della Russia sovietica, e Le Corbusier partecipa con il progetto, che vi faccio vedere attraverso lo schizzo in alto, accanto al quale mette il Campo di Pisa. È un rapporto di volumi che si rifà all esperienza fatta durante quel viaggio. Pisa, appunto, la perenne presenza del passato, che non significa affatto imitazione, ma che significa, invece, raccolta di continue suggestioni. Negli anni Trenta, in questa produzione di piani urbanistici, Le Corbusier viene invitato a tenere una serie di conferenze in America Latina, e in Sud America espone le sue idee, le sue teorie, fa vedere le sue opere e in tutte le città che visita (Montevideo, Buenos Aires, Rio de Janeiro), fa delle proposte urbanistiche. Una delle più significative è questa, che vedete, per Rio. Che cosa fa Le Corbusier in questo caso? Sovrappone sulla maglia della città esistente, quella che vedete in rosso, una 12

13 struttura sintetica lunga e che attraversa tutta l orografia, tutto il terreno della città, in questa maniera. Sono disegni, schizzi, che fa per dire: ecco come si potrebbe riformare la nostra città. Questa idea di una via sospesa, di grandi strade sospese, che come ponti si sovrappongono alla città antica diventa leitmotiv del suo progetto più importante, nel campo urbanistico, di questi anni, che è il piano per Algeri. L Algeria, come voi sapete, era francese, quindi il rapporto che Le Corbusier instaura con la città è dovuto al fatto che il sindaco di Algeri era un sindaco francese che lo stimava in maniera particolare. E questa è come la città si presentava, una vecchia foto d epoca in cui, immediatamente sul retro del fronte verso il mare, vedete la Kasbah, questo luogo straordinario che è appunto la Kasbah, e questa di Algeri è davvero particolare. Come riformare, come tenere insieme queste due realtà, l Algeri francese e la Kasbah algerina? Come far sì che esse convivano? Ritorna d attualità l idea dei piani per le città del Sud America. Concentrare grandi corpi, in questo caso sono quegli edifici, curvi, a forma di C, allungati, ed è straordinario il fatto che Le Corbusier risponda al sindaco e agli amministratori francesi, che gli proponevano di trasformare la Kasbah, che no, che la Kasbah deve essere in tutte le maniere protetta. E come la si protegge? Scavalcandola, facendola diventare mondo assolutamente intoccato dalla civilisation machiniste. Queste sono delle immagini in cui lui prefigura quali saranno gli interventi da realizzare e propone di sostituire il fronte della città francese con quel grande edificio che lì vedete, dove arriva in alto il ponte che attraversa l intera città. Algeri è costruita, come sapete, su degli avvallamenti, delle colline, vi sono grandi dislivelli; quindi costruire delle strade veloci lungo questi grandi dislivelli avrebbe portato alla distruzione completa del tessuto urbanistico della città, del tessuto antico della città. Sostituire invece la parte più nuova, più recente della città con quel grande corpo e arrivare lì con la strada superiore. Sulle colline di Fort L Empereur, che non sono ancora urbanizzate, questi grandi edifici collettivi, a loro volta serviti da quella autostrada che termina sul mare, attraverso quell edificio che sostituisce il fronte della città francese, sorvolando sopra la magnifica Kasbah. E un idea assai diversa da quella dei piani di Parigi, è un adattamento alla condizione storica della città, le sue caratteristiche sono del tutto peculiari, come sono peculiari le caratteristiche di Algeri. Dall esperienza fatta alla fabbrica Lingotto di Torino, dove era sistemata sul tetto la pista di collaudo delle automobili FIAT, deriva questa idea, questa concezione delle autostrade che corrono su abitazioni, costruzioni che sono concepite come dei veri e propri ponti; e, invece, la Kasbah non va toccata, l ambiente tradizionale non va toccato. E sotto a quei ponti, come vedete, sono tante case Dom-Ino; e queste case Dom-Ino sono tante diverse case tra di loro aggregate che variano in continuazione. Il disegno bellissimo che qui vedete, uno dei disegni più belli di Le Corbusier, fa vedere proprio questo: ciascuno di quegli appartamenti può essere una cosa diversa. Ci può essere una casa tradizionale algerina come la più moderna casa francese, tutti tenuti insieme in un edificio collettivo, in un grande edificio collettivo, a ricordare quell esperienza fatta da giovane, quando Le Corbusier aveva visitato la Certosa di Ema a Firenze. 13

14 Le Corbusier è l architetto della macchina. Nel 1950 egli affronta un tema apparentemente lontano dal suo modo di pensare, che è la costruzione di una chiesa contemporanea: Notre Dame du Haut, a Ronchamp in Francia. Già negli schizzi si capisce che si tratta di una costruzione che avvolge, una costruzione che intende valorizzare al massimo i movimenti di aggregazione della forma, la chiesa come radunarsi, raccogliersi, ancor prima che dello spirito e della volontà di preghiera, dei corpi di coloro che vi intervengono. Compenetrazione delle forme. Questa è la pianta che, come vedete, è formata da questa serie continua di luoghi di aggregazione, dovete immaginarli appunto come spazi che si riempiono di corpi, sormontati da questa grandissima tenda, una tenda primitiva, la prima chiesa è una tenda sorretta quasi da un pilone, uno sperone del muro piegato, con i grandi campanili. Tutte le murature sono l una dall altra indipendente, sono degli avvenimenti plastici, e la chiesa ha un suo significato fondamentale come abside della vera chiesa, perché la vera chiesa di Ronchamp è quella che si apre nella spianata antistante, il convenire che è tipico dei luoghi di pellegrinaggio. Il pellegrinaggio si conclude sulla spianata e la chiesa in realtà è l abside della spianata stessa. Tutto è frantumato, tutto è rotto, la struttura che si mostra e la presenza dei grandi campanili, accoppiati come le torri di una cattedrale gotica e con la presenza della luce che scende sempre dall alto. Questo è come si presenta appunto all interno uno di questi campanili e vedete che l origine, ancora una volta, è quella di un modo di illuminazione dell architettura tradizionale spontanea africana, dell architettura in creta africana, e così appunto è concepita la modellazione di una delle cappelle che corrisponde ai campanili. E questa tenda grande che è sospesa tra questi corpi uno dall altro indipendenti, sormontati dai tre grandi campanili. Continuamente, vi ricordate i primi disegni che vi ho fatto vedere di Le Corbusier da piccolo, da bambino, che disegnava ornamenti tratti dalla natura, dalle conchiglie eccetera, e questa è un altra delle fonti di informazioni dell architettura di Ronchamp, della grande chiesa di Ronchamp, così come lo è l architettura africana, l architettura tunisina, algerina, del Nord Africa, che Le Corbusier continuamente ha in mente. E così la parete traforata di luci diversissime e inclinata, potentissima, vedete questa parete che ha una sezione triangolare, attraversata da luci che hanno un diverso spessore, quindi producono effetti molto diversi, deriva appunto anch essa dal ricordo delle luci protette dell architettura tradizionale africana, dei Paesi del Maghreb, sostanzialmente. Qui alla vostra sinistra vedete l interno di Ronchamp e a destra appunto degli interni di architettura di costruzione maghrebina. La cosa straordinaria di Ronchamp (ricordo tutto quello che vi ho detto prima, sul sostenere, il portare la forma) è questa tenda in cemento armato, che apparentemente ha un peso enorme, tanto è vero che è inclinata, non tocca la parete, è separata dalla parete. Un filo di luce sta a indicare che essa è del tutto indipendente dalle pareti sottostanti. E 14

15 forse uno dei passaggi più straordinari e inquietanti nella storia dell architettura che sia dato vedere: il tetto, la copertura, appunto, pesantissimo, ma in realtà leggerissimo, come può essere una tenda, tanto che è staccata, è appoggiata soltanto su dei pioli, dei montanti. E un gioco straordinario quello di Ronchamp, a cui Le Corbusier dedica talmente tanta attenzione che quando Nehru, il Primo Ministro dell India, gli si rivolge chiedendogli di mettere mano alla costruzione della capitale del Punjab, Chandigarh, uno Stato al confine tra il Pakistan e l Himalaya, Le Corbusier, all inizio, rifiuta, e poi pian piano lui che tante città aveva immaginato, che tanti piani aveva immaginato, interviene e modifica questo piano già esistente per la costruzione di Chandigarh, e acconsente a lavorare per Nehru, realizza e studia questo piano e affida la realizzazione a Jeanneret, al cugino, per il quale aveva costruito quella casa che abbiamo visto all inizio, a Parigi, riserva per sé solo quel pezzettino in alto che vedete, fuori sull asse indicato dalla via gialla e rossa che è straordinariamente e fuori da ogni aspettativa il campidoglio di Chandigarh, non al centro, ma fuori dove la città finisce e dove inizia la pianura con delle colline, e in lontananza l Himalaya. Ed è la scelta fondamentale: i miei edifici avranno come sfondo le cime dell Himalaya. La città sarà progettata nella maniera più razionale. Nonostante tutto, Chandigarh è una città che funziona, che vive razionalmente organizzata, con degli standard incredibili rispetto a tutto ciò che l India offre, ma Le Corbusier lavora al di fuori di questo, e lavora all ombra dell Himalaya. Qui lo vediamo con il piano della nuova capitale durante uno dei suoi soggiorni. E questo è il plastico del complesso che egli realizza. Sono, sostanzialmente, tre i corpi fondamentali: quello più basso che vedete è il Tribunale; al centro, quello più quadrato, è l alta Corte di Giustizia; sullo sfondo un altro grande corpo allungato che è il Segretariato. Nel mezzo una serie di monumenti che non verranno realizzati durante l epoca di Le Corbusier. Così si presenta appunto questo distacco tra la città e il suo campidoglio, che è al di fuori della città, non è al centro della città. L edificio della Corte di Giustizia è anch esso un idea che viene dai viaggi romani. E un grande acquedotto. Questo edificio come un grande acquedotto. Sono degli archi che si ripetono, che contengono al loro interno tutta una serie di strutture indipendenti, la struttura portante è quella individuata dai tre grandi pilastri rossi, e all interno libera un altra struttura, un montaggio di parti che costituiscono gli uffici, che ospitano gli uffici. Nella campagna si presenta così, cioè come la rovina di un grande acquedotto romano, così come gli acquedotti 15

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