Progetto Solaria Corso di aggiornamento Cooperazione decentrata, partecipazione e sviluppo umano. di Luciano Carrino

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1 Progetto Solaria Corso di aggiornamento 2003 Cooperazione decentrata, partecipazione e sviluppo umano di Luciano Carrino Sintesi Il Seminario vuole discutere le ragioni per le quali lo sviluppo locale, il ruolo attivo delle amministrazioni substatali e la cooperazione decentrata assumono un'importanza rilevante nel presente e nel futuro della cooperazione. Non qualunque tipo di cooperazione decentrata, però. Poiché il rischio che essa corre è di riprodurre i limiti correnti della cooperazione: progetti a pioggia, di scarso impatto e di poca sostenibilità, più preoccupati (nel migliore dei casi) di raggiungere un piccolo risultato puntuale, settoriale e visibile che di contribuire allo sviluppo del paese o della regione nella quale intervengono. La cooperazione decentrata, invece, dovrebbe essere elemento-chiave delle nuove strategie di cooperazione internazionale di qualità. Quelle che vorrebbero influenzare lo sviluppo globale attraverso i collegamenti internazionali tra comunità locali del sud e del nord del mondo, in dialettica costruttiva con i Governi centrali e con le Organizzazioni Internazionali. In questa dialettica, l'apporto specifico di valore delle comunità locali potrebbe essere proprio il patrimonio di esperienza, che molte hanno, di sviluppo locale realizzato con la partecipazione sostanziale dei diversi attori sociali, attento alla difesa ed alla valorizzazione delle proprie risorse umane ed ambientali, capace di vedere l'insieme dei bisogni della comunità e di superare i limiti del settorialismo e dell'assistenzialismo che affliggono, invece, la programmazione centralista ed autoritaria dello sviluppo. E' un compito ambizioso, ma che sembra possibile, a giudicare dall'andamento, i risultati e le potenzialità emersi in alcune esperienze di cooperazione decentrata. In ogni caso l'intervento diffuso delle Regioni e degli Enti Locali non dovrebbe avere il significato di un gruppo di interlocutori in più nel già affollato e confuso panorama della cooperazione. Dovrebbe essere piuttosto un'occasione per apportare logica, coordinamento e qualità. Dovrebbe essere un modo per promuovere lo sviluppo umano e ridurre lo spazio, oggi preponderante, per le forme di sviluppo a basso contenuto umano. 1. Quale cooperazione decentrata? L'espressione "cooperazione decentrata" può riferirsi a tipi d'intervento molto diversi tra loro. Si usa correntemente per indicare qualunque iniziativa promossa da enti che non appartengono all'amministrazione centrale dello stato: associazioni, municipi, regioni, università, fondazioni, sindacati, settore privato e così via. La Commissione Europea, che da tempo ha un suo specifico ufficio per la cooperazione decentrata, la intende, ad esempio, come qualunque iniziativa proposta indifferentemente da organizzazioni non governative (ONG) o da enti locali. In quest'accezione, la cooperazione decentrata può includere iniziative di ogni genere, che non hanno specifiche caratteristiche di tipo contenutistico e metodologico. Di fatto, l'esperienza

2 mostra che include perfino le iniziative delle grandi e potenti ONG internazionali, che hanno spesso un'organizzazione molto centralizzata ed attività multinazionali. Oppure quelle che un piccolo municipio ricco del nord pretende di fare in appoggio alle politiche nazionali di un intero paese del sud. Oppure quelle che una Regione del nord cerca di fare per realizzare grandi infrastrutture o impianti in un paese del sud, magari utilizzando imprese del proprio territorio. Ciò che prevale, nei promotori di queste iniziative, è la rivendicazione di autonomia e visibilità propria. Li accomuna la volontà di differenziarsi dal governo centrale e di accedere ai finanziamenti della cooperazione, proponendo autonomamente iniziative proprie da realizzare nei paesi del sud. In questo caso, le amministrazioni decentrate e gli enti pubblici del territorio si possono far rientrare nella tipologia dei soggetti non governativi della cooperazione, tradizionalmente utilizzata per indicare le associazioni private no profit. Le iniziative dei soggetti non governativi hanno talora notevole spessore umano e specifiche qualità apprezzabili. Ma generano comunque una miriade di progetti precari, in competizione tra loro, di scarso impatto e di poca sostenibilità, che si vanno ad aggiungere alla grande quantità di progetti "a pioggia" che già caratterizza la cooperazione governativa e quella delle Organizzazioni Internazionali. C'è tuttavia un altro modo d'intendere la cooperazione decentrata. E' quello che si è fatto strada in questi ultimi quindici anni, attraverso le esperienze dei programmi multilaterali di sviluppo umano. In questi programmi, che hanno tutti origine dall'esperienza del Prodere in America Centrale, la cooperazione decentrata è stata intesa come un sistema organizzato di partenariati territoriali di sviluppo e solidarietà tra comunità locali del sud e del nord, che hanno lo scopo di far lavorare insieme i propri attori, in modo coordinato, per gli obiettivi e con i metodi dello sviluppo umano, sia a livello locale che cercando collegamenti a livello nazionale ed internazionale. I protagonisti di questo genere di cooperazione si possono chiamare soggetti decentrati. Essi sono, in particolare, i soggetti pubblici (amministratori, funzionari, tecnici, docenti, operatori ecc.) e privati (cittadini, imprese, società, ONG, associazioni di volontariato, cooperative, imprese sociali ecc.) che si fanno portatori coscienti ed attivi, nei processi di sviluppo, delle capacità e delle potenzialità delle comunità locali cui appartengono. In pratica, i soggetti decentrati della cooperazione sono quelli che si considerano attori dello sviluppo locale del proprio territorio, si vedono come parte integrante della propria comunità locale, ma aspirano a contribuire anche allo sviluppo più generale. Questo tipo di cooperazione decentrata si propone d'intervenire sulle grandi questioni dello sviluppo nazionale ed internazionale, apportando il punto di vista e la pratica degli attori sociali che riconoscono un ruolo strategico alle comunità locali del sud e del nord. In questa accezione, la "cooperazione decentrata" è profondamente diversa da quella che produce progetti a pioggia. Comporta una scelta strategica dei soggetti decentrati, condivisa e sostenuta dalle strutture nazionali e dalle organizzazioni internazionali. Infatti, in questo caso, la cooperazione tra comunità locali del sud e del nord è resa possibile dal pieno appoggio e dal finanziamento del Governo e di una o più Organizzazioni multilaterali che, almeno per l occasione, adottano una visione dello sviluppo globale fondata sullo sviluppo locale. Una visione, dunque, che non appartiene solo a chi vive in un determinato territorio e rivendica un ruolo attivo, ma che è condivisa da tutti gli attori, centrali e decentrati della cooperazione. Dietro al diverso modo d intendere la cooperazione decentrata, si nasconde la scelta tra strategie opposte. Da un lato quelle basate sul valore dell autonomia e della competizione

3 individuale e, dall altro, quelle basate sul valore della collaborazione e delle alleanze per uno scopo comune. Le strategie che promuovono prioritariamente l autonomia ritengono che la qualità dello sviluppo debba nascere dal libero apporto di tutti i soggetti che competono (per i finanziamenti, per la visibilità, perché si sentono portatori di speciali contenuti e così via) sullo scenario nazionale ed internazionale. Per questi, la cooperazione deve avere una funzione simile a quella del mercato: lasciar emergere quelli che sanno competere meglio. Ma quest idea, che può apparire giusta, se vista come promotrice della creatività e delle capacità migliori, nella realtà della cooperazione confina i soggetti non governativi al ruolo di testimonianze marginali. In cambio dell autonomia, infatti, li si esclude dalle informazioni, dagli accordi e dalle strategie nazionali ed internazionali sulle questioni fondamentali: pace, sicurezza, governabilità, politiche degli investimenti, piani di sviluppo, sistemi di welfare e così via. E li si fa competere per i finanziamenti, condizionando fortemente i contenuti attraverso regole e procedure prestabilite che si basano su valori e criteri del Governo centrale. Non a caso, sono proprio i Governi centrali e le Organizzazioni Internazionali che promuovono e valorizzano l autonomia dei soggetti non governativi, riservando loro dei finanziamenti, purché non pretendano di entrare nel ristretto gruppo di coloro che discutono sulle grandi questioni dello sviluppo e prendono le decisioni che contano. Così facendo cercano di ottenere anche diversi altri risultati (che spesso, poi, mancano per inefficienza e burocratismo): di presentarsi come paladini del volontariato, della democrazia e del rispetto della società civile, di procurarsi consenso politico ed elettorale e di neutralizzare le critiche al proprio operato. Il riconoscimento e la valorizzazione dell autonomia dei soggetti non governativi, da parte dei Governi, si accompagna, da sempre, con l idea di finanziarli separatamente per progetti puntuali o settoriali, che non disturbano le scelte politiche essenziali o, meglio, che sono ad esse funzionali. Quando, ad esempio, il Governo italiano scelse di rispondere alla crisi del Kosovo costruendo in Albania un grande sistema di costosi campi-profughi, non pensò nemmeno di sottoporre preventivamente la sua scelta ai soggetti non governativi, ma li coinvolse a valle di questa scelta, facendogli gestire attività e campi. Molti pensano che quella scelta fu sbagliata, per due ragioni. Perché esponeva agli inconvenienti tipici di tutte le strutture totalizzanti (assistenzialismo, sprechi, furberie, corruzione ecc.), che poi effettivamente si verificarono, gettando ombre sullo splendido slancio di solidarietà che aveva motivato coloro che parteciparono all operazione Arcobaleno. E perché era prevedibile, come poi accadde, che oltre il 70% dei profughi sarebbe stata ospitata dalle famiglie e dalle comunità albanesi e che, pertanto, era molto meglio sostenere queste ultime con le risorse della cooperazione. Le ONG, le regioni e gli enti locali furono stimolati ad essere autonomi e creativi, all interno di una decisione governativa inadeguata. Ma non furono coinvolti nella decisione stessa. Questo non impedì che su di loro, in molti casi, fosse fatto ricadere il peso di risolvere le delicate questioni che la scelta sbagliata del governo generò. D altra parte, le rivendicazioni di autonomia da parte dei soggetti non governativi rafforzano l idea dei Governi che dare loro finanziamenti e relativa libertà di scelta sia un modo efficace per averne il consenso e tenerli fuori, nel contempo, dal lavoro dei diplomatici e dei politici centrali. Così, chi rivendica sopra tutto la propria autonoma propositività, sceglie, di fatto, di rinunciare ad avere una qualche incidenza sulle decisioni che influenzano i modelli attualmente prevalenti di sviluppo, che sono appunto basati sulla competizione escludente. Anzi, si iscrive nella loro logica, confermandone così (anche senza volere) la validità.

4 Le strategie che promuovono prioritariamente la collaborazione e le alleanze, invece, vedono nella cooperazione un laboratorio per unire le forze verso un obiettivo generale comune. Nelle esperienze cui ci si riferisce, l obiettivo è lo sviluppo umano, quello orientato verso la riduzione della povertà, della disoccupazione, dell'esclusione, della violenza e degli altri squilibri che minacciano il futuro. In questo caso, i soggetti decentrati non rinunciano alla loro autonomia, ma la usano per dialogare sulle grandi questioni e per rivendicare un ruolo attivo nei momenti significativi della cooperazione. Non rinunciano ad apportare il meglio di sé ed anche a competere per far valere le proprie idee e la validità delle proprie pratiche, ma cercano anche un terreno di confronto e di collegamenti che consenta di dare senso e far pesare il proprio apporto. Non a caso, gli stessi Governi che promuovono volentieri e finanziano le iniziative autonome delle regioni, degli enti locali e delle ONG, cercano di scoraggiare in tutti i modi i programmi che danno loro un ruolo attivo nei momenti in cui si discutono le politiche e le scelte strategiche, come sono, appunto, i programmi-quadro multilaterali. Ad esempio, la cooperazione governativa italiana, che ha avuto comunque il merito di aver permesso la nascita e l evoluzione dei programmi-quadro multilaterali in cui s iscrive la cooperazione decentrata allo sviluppo umano, quando ne constatò il successo cercò di costruire una procedura per stimolare i soggetti decentrati a presentare progetti da finanziare separatamente sul canale bilaterale, valorizzandone il desiderio di autonomia a discapito di quello di poter dialogare con il sistema multilaterale. Tale obiettivo, del resto, coincide con una parte dei desideri delle regioni e degli enti locali, oscillanti tra autonomia ed alleanze, infastidite dalle complicazioni burocratiche e dagli altri inconvenienti del sistema multilaterale ed orgogliose di poter mostrare capacità ed efficienza, dove altri falliscono. Il vero problema è che le diverse implicazioni della scelta per l'una o l altra strategia, spesso non sono chiare a chi le compie. La maggior parte di chi sceglie di fare cooperazione decentrata ha buone motivazioni etiche, vuole contribuire a costruire un mondo migliore e si propone di realizzare buoni progetti. Molti sono convinti che il compito di ciascuno è quello di dare il meglio che può come persona o come organizzazione e che, così facendo, si contribuisce a migliorare il mondo. Alcuni vedono anche la necessità delle alleanze e del dialogo con chi prende le decisioni che contano, ma molto spesso non sanno come fare e, generalmente, trovano meccanismi, procedure e tipi di finanziamento che non prevedono un loro ruolo di partner attivi. Non è certo colpa dei soggetti decentrati, o delle ONG, se si trovano confinati in ruoli del tutto marginali, quando chi avrebbe competenza per costruire meccanismi e procedure adeguate (Governi, Organizzazioni Internazionali), non lo fa. La questione, invece, diventa interessante se qualcuno lo fa (come è il caso dei programmiquadro multilaterali) e se si hanno elementi concreti per poter chiarire le differenze, mettersi d accordo sui concetti fondamentali ed aprire uno spazio di discussione, sia tra i soggetti decentrati che nelle istituzioni di governo e internazionali, sulle forme di cooperazione che permettono a tutti di collaborare, ciascuno con le proprie competenze e le proprie capacità, per incidere sulla qualità dello sviluppo del futuro. In questo caso si profila un alternativa alla cooperazione a pioggia. Perché appare la possibilità di realizzare una cooperazione di sistema, che offre a ciascun attore locale, nazionale o internazionale, la possibilità di fare la sua parte. Una cooperazione che è basata su meccanismi pensati per far convergere gli sforzi degli uni e degli altri, quale che sia il loro ruolo e la loro competenza, verso gli obiettivi dello sviluppo umano. Ecco, dunque alcune questioni sulle quali vale la pena riflettere. A quale tipo di sviluppo la cooperazione decentrata può apportare il suo contributo originale e di qualità? Perché, e a quali condizioni, lo sviluppo locale sul quale si basa la cooperazione decentrata può essere elemento

5 propulsivo per migliorare la generale qualità dello sviluppo? Come si possono risolvere i problemi organizzativi di una cooperazione basata sullo sviluppo locale e sul ruolo attivo dei soggetti decentrati? Per contribuire alla discussione, si riassumono le risposte che, a queste questioni, stanno cercando di dare i programmi-quadro multilaterali di sviluppo umano. 2. L esperienza della cooperazione decentrata allo sviluppo umano Sono molte le esperienze che, dalla fine degli anni 80 (e più particolarmente dal programma Prodere in America Centrale) hanno contribuito a costruire una vasta rete di interventi e collegamenti di sviluppo umano. L'ammontare complessivo degli investimenti effettuati in questi interventi, dal Prodere in poi, è di oltre 280 milioni di Euro. Si tratta d'investimenti della cooperazione italiana, che con il suo sostegno tecnico e finanziario li ha innescati ed alimentati. Oltre al Governo, vi hanno contribuito, tecnicamente e finanziariamente molti soggetti decentrati italiani e di altri paesi. Oggi, queste iniziative si caratterizzano sempre come programmi-quadro, nell'ambito dei quali operano Regioni, Province, Comuni, Associazioni, Università, settore privato ed ogni altro attore interessato a dare il proprio contributo allo sviluppo umano. Di fatto, questi programmi-quadro costituiscono attualmente un solido riferimento per i promotori della cooperazione decentrata ed orizzontale che desiderano apportare il loro contributo allo sviluppo globale in modo coordinato, accrescendo così la sostenibilità e l'impatto dei loro interventi, senza perdere la loro identità e visibilità. Nel corso del 2002, 14 Regioni, 35 Province, 1 Provincia Autonoma, 5 Comunità Montane e 130 Comuni italiani hanno partecipato ai programmi-quadro, apportando il grande patrimonio della loro esperienza e della loro solidarietà. Nello stesso anno, il contributo finanziario erogato da queste Amministrazioni locali è stato di oltre quattro milioni di dollari. Diversi Enti locali italiani hanno anche ottenuto fondi dell Unione Europea per realizzare progetti specifici nell ambito delle loro attività di cooperazione decentrata. Alcune Regioni italiane hanno utilizzato la cooperazione decentrata anche per studiare progetti complementari alle strategie di sviluppo umano, che possono essere finanziati attraverso i fondi europei riservati all'internazionalizzazione dello sviluppo. In che modo, i programmi-quadro di cooperazione allo sviluppo umano hanno promosso la cooperazione decentrata? Come hanno cercato di evitare gli inconvenienti dei progetti a pioggia? Come hanno cercato di valorizzare il ruolo attivo e critico dei soggetti decentrati? Come hanno cercato di stimolarli a coordinarsi in funzione di obiettivi comuni? La risposta a queste questioni non è certo definitiva, né è uguale in tutti i programmi. Ma potrebbe essere utile riassumere i meccanismi riproducibili che sono stati adottati. Innanzi tutto, va detto che solo recentemente i programmi-quadro multilaterali stanno riuscendo ad associare realmente, fin dall inizio, i soggetti decentrati all ideazione e formulazione degli interventi. In queste esperienze, si costruisce un gruppo di lavoro che vede insieme i rappresentanti dei soggetti decentrati italiani ed europei e dei loro Governi, delle Organizzazioni Internazionali e dei Governi e soggetti decentrati dei paesi interessati. Il compito di questo gruppo è quello di compiere insieme i passi iniziali, che di solito sono riservati ai soli Governi ed alle Organizzazioni Internazionali: identificazione, formulazione, negoziati e così via. E presto per riferire dei risultati di questo metodo, ma è già possibile vedere la rivoluzione culturale che comporta: associare i soggetti decentrati alle fasi in cui si discute sulle politiche

6 e sulle strategie da adottare, sugli obiettivi e i metodi, sulle questioni essenziali, insomma, che sono alla base delle scelte d azione verso il tipo di sviluppo che si vuole perseguire. In questi casi, anche la scelta preliminare dei paesi o delle aree dove intervenire è sottoposta alla concertazione tra i soggetti decentrati, i Governi donatori e le Organizzazioni Internazionali (cosa che non è stata possibile in molti programmi che si aprivano alla cooperazione decentrata solo dopo essere stati definiti). I livelli d intervento dei programmi-quadro di sviluppo umano Ciascun programma-quadro di sviluppo umano agisce a tre livelli: a livello locale, dove dà appoggio alle comunità locali organizzate nella pianificazione e realizzazione delle attività in tutti i campi dello sviluppo umano a livello nazionale, dove dà appoggio alle politiche e agli strumenti del decentramento, sostenendo le azioni indispensabili a dare forza e consistenza allo sviluppo locale (normative, finanziamenti, circolari, supervisione, formazione ecc.) a livello internazionale, dove facilita gli scambi di esperienze, consente la partecipazione ad eventi informativi o formativi, dà appoggio alle reti di collegamenti tra gli attori dello sviluppo e fa tutto ciò che mette in condizioni gli attori locali e nazionali di ampliare le opportunità di sviluppo Ogni programma-quadro comprende una struttura portante, un metodo di programmazione partecipata ed un insieme di piani d azione. La struttura portante comporta, a livello di coordinamento generale, una riunione periodica (detta tripartita), alla quale partecipano i rappresentanti delle Organizzazioni Internazionali e dei Governi, con i rispettivi soggetti decentrati coinvolti, sia del paese dove s interviene che del o dei paesi finanziatori. Tale riunione ha le funzioni politiche di valutazione ed orientamento di tutte le attività. A livello operativo, la struttura portante è costituita da un ufficio nazionale, da uffici ubicati nei capoluoghi delle regioni (province, dipartimenti, governatorati o altra denominazione della suddivisione politico-amministrativa intermedia dello stato) e da antenne operative nei municipi delle regioni dove s interviene. In questi uffici opera personale internazionale e nazionale (capo progetto, capi-area e supporto logistico e amministrativo). Questo personale, che è dipendente del programma-quadro, ha il compito di assicurare il funzionamento generale dell intervento, dei suoi meccanismi partecipati di programmazione ed esecuzione ed ogni altro compito di coordinamento operativo ed amministrativo. I soggetti decentrati possono avere propri inviati che operano in questi uffici o in uffici propri, ma sempre in stretta collaborazione con il personale del programma-quadro. Il lavoro inizia installando i gruppi di lavoro partecipati, che sono i veri protagonisti delle attività. Quello nazionale è costituito da rappresentanti dei ministeri e delle istituzioni centrali, dal capo-progetto nazionale e da quello internazionale e da eventuali rappresentanti dei soggetti decentrati. Ha il compito di coordinare, a livello nazionale, il supporto allo sviluppo locale e di realizzare le iniziative e gli eventi nazionali che possono aiutarlo o valorizzarlo (leggi, riforme, circolari, iniziative di formazione, convegni ecc.). In ciascuna regione opera un gruppo di lavoro misto (presieduto dall autorità pubblica e composto con rappresentanti delle strutture pubbliche e del settore associativo e privato) aperto a tutti gli attori sociali interessati. E la sede dei processi partecipati e negoziali che caratterizzano

7 la vita del programma a livello intermedio. Ha un compito molto concreto: decidere circa l uso delle risorse della cooperazione riservate all appoggio dello sviluppo di quella regione. E qui che si verifica l analisi partecipata dei bisogni, cioè il negoziato tra il settore pubblico, gli attori sociali ed i tecnici internazionali. Il risultato di questi negoziati è la definizione dei piani d azione annuali di ciascuna regione, i quali, a loro volta, contengono i piani d azione del livello municipale. Anche questi sono definiti con il metodo dell analisi partecipata dei bisogni, in seno a gruppi di lavoro locali operanti nei municipi, composti e funzionanti in modo simile a quelli regionali. Questo metodo garantisce che tutto ciò che fa il programma nasce dalla partecipazione dei diversi attori sociali del livello municipale, regionale e nazionale. Il personale internazionale ha la funzione di organizzare questo complesso processo di coinvolgimento e negoziale e, spesso, assume funzione di garante che si svolga senza escludere nessuno e, sopra tutto, con metodi che consentono di rendere attivi anche quei gruppi vulnerabili e non garantiti che, senza un aiuto del programma e dei servizi sanitari e sociali, rimarrebbero esclusi. In sostanza, la programmazione degli interventi è sottoposta ad un processo partecipato, il cui senso è dato dalla garanzia che il risultato (spesso di compromesso) raggiunto in seno ai gruppi di lavoro sarà rispettato e le risorse del programma saranno effettivamente spese secondo la volontà comune espressa. La particolarità di questo processo è che i piani d azione non sono definiti dagli esperti internazionali (come accade generalmente nella cooperazione). Questi, invece, funzionano da interlocutori tecnici dei gruppi di lavoro e da garanti di una programmazione che appartiene sostanzialmente alla gente ed alle sue istituzioni. Questo fatto, che sembrerebbe semplice e logico, non è consentito dalle regole della cooperazione e dalle interpretazioni rigide del ciclo del progetto, perché implica che il finanziamento del programma sia approvato senza che siano ancora definiti i piani d azione partecipati. Sarebbe impossibile, infatti, avviare le procedure di finanziamento dopo che si è conclusa la prima fase di programmazione partecipata, perché i lunghi tempi necessari per mettere effettivamente a disposizione le risorse renderebbero inutile e superato il processo partecipato. Scatta, generalmente, contro queste forme di partecipazione che mettono in crisi gli esasperati quanto inutili controlli preventivi della cooperazione sui documenti progettuali, l ira dei burocrati centrali. E quello che è accaduto regolarmente nelle esperienze cui ci si riferisce. Anche se, tutto sommato, è stato sempre possibile riparare i danni provocati da questi burocrati, il problema della revisione formale del ciclo del progetto, quando si applica a questo genere d'interventi partecipati e fiduciari, dovrà essere risolto in futuro. I programmi-quadro di sviluppo umano si possono svolgere secondo gli schemi del "quadro logico" e del "ciclo del progetto" (che interpretano nel modo probabilmente più vicino allo spirito di chi li lanciò per ridurre i rischi dei progetti arbitrari o non trasparenti). Solo che, nel loro caso, il finanziamento iniziale si deve effettuare sulla base della definizione del quadro progettuale generale e non della formulazione particolareggiata delle azioni specifiche. Perciò i programmi-quadro possono essere fatti solo da finanziatori ed esecutori che godono di reciproca fiducia. Nel quadro progettuale dovrebbe essere sufficiente indicare: - il contesto nazionale e locale - le aree locali d'intervento - gli obiettivi generali - i metodi di lavoro - i responsabili delle azioni - i campi d'azione e le azioni ammissibili a livello locale, nazionale e internazionale

8 - la stima dei tempi necessari - la previsione di massima dei costi per grandi capitoli di spesa - i meccanismi di monitoraggio e di valutazione. Invece, l uso dettagliato delle risorse, dovrebbe essere delegato ai meccanismi partecipati. Questi ultimi, d altra parte, hanno senso solo se servono davvero ad influenzare l uso delle risorse e se si utilizzano per obiettivi di interesse generale. La partecipazione, infatti, non è un valore in sé. La gente partecipa a molte cose, ma non tutte nel proprio interesse, come sanno le folle che scoprono di essersi fatte manipolare da dittatori sanguinari o gli individui che cadono vittime di certe proposte allettanti del mercato, partecipando attivamente a farsi del male. Nel caso dei programmi di sviluppo umano è ben chiaro, fin dall inizio, che chi vuole partecipare lo fa per obiettivi ben definiti e con metodi coerenti con quegli obiettivi. La partecipazione prende senso, dunque, perché la gente e le autorità sanno in che direzione stanno cercando di andare e adottano i metodi che appaiono più appropriati per andarci. Fa parte, infatti, della fase d installazione dei gruppi di lavoro la discussione su questi temi. I punti fondamentali sui quali si raggiunge generalmente l accordo sono che: il programma serve a dare appoggio allo sviluppo locale lo sviluppo locale del livello municipale è collegato a quello regionale, che a sua volta è collegato a quello nazionale ed alle opportunità internazionali tutte le attività sono sottoposte ai meccanismi partecipati dei gruppi di lavoro le decisioni sono prese attraverso la concertazione tra tutti gli attori sociali (pubblici e privati) interessati il programma prevede il partenariato delle comunità locali del paese (sia del livello municipale che regionale) con comunità locali italiane o di altri paesi industrializzati e non (cooperazione decentrata) compete al livello intermedio (regionale) il compito di coordinamento dello sviluppo e di assicurare il supporto di strutture complesse alle strutture più piccole e diffuse, mentre compete al livello municipale il compito di fare in modo che i servizi a più diretto contatto con la popolazione funzionino correttamente e di promuovere la partecipazione capillare e democratica dei cittadini il programma si svolge per piani d azione periodici, che includono gli apporti della cooperazione decentrata (che contribuisce generalmente anche con risorse addizionali umane, materiali e finanziarie) che il tipo di sviluppo locale che si vuole promuovere, oltre ad essere territoriale e partecipato, è anche di tipo integrato, cioè cerca d intervenire utilizzando tutti gli apporti istituzionali e professionali che sono necessari per dare una risposta soddisfacente e il più possibile completa ai bisogni che gli obiettivi generali del programma sono di: contribuire a creare un ambiente favorevole allo sviluppo, migliorando il funzionamento delle istituzioni e il rapporto tra queste e la popolazione, favorendo il concreto godimento dei diritti umani da parte di tutti, combattendo la violenza e la criminalità e creando una propensione per il rispetto della legalità e per la convivenza pacifica e democratica ridurre la povertà, la disoccupazione e l esclusione sociale, combattendone attivamente le cause

9 migliorare le condizioni fondamentali di vita della gente tenendo contemporaneamente conto dei suoi aspetti economici, ambientali, di salute, di protezione sociale, di educazione, di formazione e di qualità delle relazioni sociali; che il programma cercherà d intervenire su tutti i campi d azione prioritari per lo sviluppo umano che sono generalmente accorpati come segue: l'appoggio al miglior funzionamento delle istituzioni che debbono garantire il concreto godimento dei diritti, compresi i sistemi giudiziari; al decentramento politicoamministrativo; alla circolazione delle informazioni e ai media pluralistici; la promozione dello sviluppo economico locale, mediante sostegno all'imprenditoria, attraverso credito, assistenza tecnica e formazione, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese e al settore informale; i programmi di lotta alla disoccupazione ed alla povertà, la diffusione della conoscenza delle risorse disponibili e la programmazione dello sviluppo; l'organizzazione ed il funzionamento delle agenzie locali di sviluppo economico; la tutela della salute e il miglioramento della gestione dei problemi sociali, con particolare attenzione al sostegno ai sistemi locali di salute, alla medicina preventiva, ai programmi di lotta contro l'esclusione sociale, alla formazione del personale; la promozione dell'educazione di base, la lotta all'analfabetismo, il sostegno ai sistemi scolastici locali, la formazione professionale, l'istruzione superiore, l'accesso all'istruzione da parte delle fasce deboli della popolazione; il migliore assetto del territorio, con particolare attenzione alla gestione "sostenibile" delle risorse naturali, alla sanità ambientale, alle infrastrutture di base indispensabili per promuovere la qualità della vita e lo sviluppo locale, alle politiche della casa, alla salvaguardia del patrimonio architettonico. I metodi d'intervento della cooperazione allo sviluppo umano La metodologia d intervento della cooperazione allo sviluppo umano è: Locale, cioè si svolge in aree ben definite, corrispondenti al decentramento politicoamministrativo del Paese. Le aree debbono essere sufficientemente piccole da permettere reali processi partecipativi dei diversi interlocutori dello sviluppo e sufficientemente grandi da avere le risorse indispensabili per poter gestire una piattaforma di sviluppo locale. Di regola s'interviene a livello di aree intermedie (Province, Dipartimenti, Regioni, Cantoni, Governatorati ecc.) e dei suoi municipi. Integrata, cioè considera insieme, come componenti indissociabili dello sviluppo, gli aspetti della governabilità, dei diritti umani, del reddito, della salute, del welfare, dell educazione e dell ambiente. Decentrata, cioè adotta meccanismi di decentramento delle informazioni, dei processi decisionali, della gestione dei finanziamenti e delle attività a livello delle comunità locali dove si vuole promuovere il processo di sviluppo. Collegata, cioè non opera solo a livello locale, ma, al contrario, promuove i collegamenti con i livelli centrali che debbono assicurare il sostegno alle attività decentrate attraverso interventi ed opere di livello nazionale, che costituiscono una componente essenziale d'appoggio allo sviluppo locale; e facilita anche i collegamenti a livello internazionale, per ampliare adeguatamente le opportunità di sviluppo e fare in modo che le comunità locali possano essere attive anche nei processi che si svolgono in modo globale. Partecipata, cioè consente ai diretti interessati di partecipare al processo che porta alla decisione di realizzare una determinata iniziativa, ed alla realizzazione di quest'iniziativa con forme appropriate di gestione, valutazione o controllo.

10 Concertata, cioè facilita la discussione e la concertazione tra i diversi attori sociali pubblici e privati che sono interessati ad una stessa decisione. Ecosostenibile, cioè promuove azioni che possono mantenersi nel tempo, senza distruggere (anzi valorizzando) le fonti naturali (energia, materie prime ecc.) che la alimentano. Duratura, cioè seleziona attività capaci di sostenersi in modo prolungato sul piano economico ed organizzativo, attraverso appropriati meccanismi che tengano conto delle difficoltà iniziali, dei tempi necessari e delle condizioni che debbono essere assicurate perché lo sviluppo possa avviarsi, incrementarsi e durare. Attenta alla qualità della vita, cioè promuove le attività economiche che migliorano anche la qualità della vita contribuendo a combattere le cause dell'esclusione sociale, del malessere e della conflittualità e ad innalzare per tutti il livello di soddisfazione dei bisogni di salute, educazione, vivibilità dell ambiente, sicurezza e rispetto dei diritti umani. I programmi-quadro attribuiscono particolare valore alla nascita di partenariati di sviluppo tra comunità locali basati su scambi tra le loro esperienze migliori. Per strutturare meglio questi scambi, oltre al lavoro della rete Edinfodec, che si occupa di organizzare i partenariati, gli eventi internazionali e gli scambi complessivi tra le esperienze delle comunità locali, sono state attivate alcune reti internazionali tematiche: Rete IDEASS, sostenuta dall'undp, dall'oil e dall'unops, che collega esperienze d'innovazione per lo sviluppo umano attraverso la cooperazione sud-sud con l'appoggio dei soggetti decentrati del nord Rete Exclusion.net, che coinvolge migliaia di esperienze di trasformazione e riforma dei servizi sanitari, sociali, giudiziari e scolastici, sostenuta dall'undp e dall'oms Rete "Dibattito Internazionale" promossa dall'oms, che utilizza una mostra fotografica rotante di alto livello come occasione di discussione sulle riforme delle politiche sociali e dell'organizzazione dei servizi, necessarie per ridurre l'esclusione sociale Rete "ILS LEDA", che collega esperienze ed agenzie di sviluppo economico locale Rete Universitas, sostenuta dall'oil, che collega Università di paesi diversi impegnate a migliorare la formazione dei quadri dello sviluppo ed a collegare stabilmente il mondo dell'università con le esperienze di sviluppo umano. I programmi-quadro, infine, hanno anche la funzione di creare un sistema di cooperazione che consente ai diversi donatori di coordinare i rispettivi finanziamenti per appoggiare azioni complementari a sostegno dei processi democratici di pace e di sviluppo umano; e consente anche di utilizzare i diversi apporti internazionali a sostegno dei piani locali e nazionali di sviluppo. La cooperazione di sistema e gli attori della cooperazione decentrata Nei programmi di cooperazione decentrata allo sviluppo umano, ogni attore coinvolto svolge il proprio ruolo in base alle proprie capacità e competenze. In particolare: i Governi dei Paesi interessati chiedono la cooperazione allo sviluppo umano, all'attuazione dei principi di Copenaghen e alle politiche di promozione dello sviluppo locale; i Governi dei Paesi donatori, d'intesa con quelli dei Paesi interessati, contribuiscono a creare le condizioni politiche favorevoli e finanziano i programmi-quadro; le Organizzazioni delle Nazioni Unite, d'intesa con i Governi finanziatori e quelli dei Paesi interessati, e in collaborazione con i soggetti decentrati, identificano e formulano gli interventi, gestiscono i programmi-quadro e creano le condizioni di sicurezza, lo spazio istituzionale e l'organizzazione nella quale s'inseriscono le iniziative dei soggetti decentrati;

11 le Regioni e gli Enti Locali (del Nord, del Sud e dell'est del mondo) sono i partner politici dei Governi, assicurano il coordinamento delle proprie realtà locali, mettono a disposizione le risorse di propria competenza e cofinanziano le attività di cooperazione decentrata; gli attori sociali dei Paesi che cooperano si organizzano, sulla base della propria appartenenza territoriale in Comitati o gruppi di lavoro locali (regionali, municipali), che sono il principale soggetto operativo della cooperazione decentrata; le ONG di cooperazione internazionale già presenti localmente partecipano alla pianificazione degli interventi, alla loro attuazione ed alla costituzione dei Comitati o gruppi di lavoro locali, a disposizione dei quali mettono la loro esperienza e le loro capacità organizzative e di gestione; le Ong locali partecipano sia alla pianificazione e realizzazione degli interventi che alla costituzione dei Comitati o gruppi di lavoro locali. I Programmi-quadro multilaterali vogliono essere uno strumento innovativo della cooperazione. In particolare, chi li promuove o vi aderisce ritiene che lo sviluppo locale potrebbe costituire sia un terreno di sperimentazione di nuove soluzioni riproducibili per i problemi causati dagli squilibri dello sviluppo nazionale e globale, sia un'occasione "naturale" di aggregazione politica degli attori sociali critici, che sono coloro che vorrebbero davvero perseguire gli obiettivi della nuova piattaforma mondiale di sviluppo umano definiti nei vertici delle Nazioni Unite e nell'assemblea del millennio. Ma, perché si realizzi questa possibilità, lo sviluppo locale deve avere un protagonista dotato di chiara identità e di strumenti politici ed istituzionali, in modo da poter dialogare e negoziare con i governi nazionali e con le organizzazioni internazionali, proponendo e realizzando forme più umane e sostenibili di sviluppo. In pratica, questo protagonista non può essere, come si è detto, che la società locale (chiamata anche, un po' ottimisticamente, comunità locale), intesa come l'insieme degli attori sociali pubblici e privati, che vive in un territorio corrispondente alla suddivisione politico-amministrativa intermedia dello stato nazionale ed alle sue suddivisioni di base. Intese in questo modo, le società (o comunità) locali corrispondono, nella realtà, a quelle che vivono in regioni, province, dipartimenti, governatorati, distretti, municipi ed altre denominazioni. La dimensione intermedia (regione, dipartimento ecc.) è indispensabile ad assicurare che vi siano sufficienti strumenti e risorse ambientali, istituzionali, tecniche ed infrastrutturali per lo sviluppo locale, mentre la dimensione di base (comune, distretto ecc.) è indispensabile per assicurare che vi possano essere forme reali di partecipazione della popolazione e che i servizi d'ogni genere possano effettivamente raggiungere tutti coloro che ne hanno bisogno. Lo sviluppo locale, pertanto, non si può verificare solo a livello di un municipio, anche se è là che si svolgono i fondamentali processi democratici e le esperienze di base che lo debbono caratterizzare. Le società locali sono le realtà in seno alle quali si svolgono la stragrande maggioranza delle esperienze innovative e di qualità, promosse e realizzate sia da cooperative, piccole imprese, ONG ed altri attori del settore privato o associativo, sia da istituzioni e servizi pubblici. In queste realtà si sono anche svolte molte esperienze che sono state anche all'origine della cooperazione allo sviluppo umano cui si fa riferimento. Queste esperienze possono essere un potentissimo stimolo al cambiamento ed avere un forte impatto, quando esprimono una volontà di dialogo e concertazione tra tutti gli attori pubblici e privati del territorio. Quando operano, insomma, non in modo separato ed individuale, ma come parti integranti di un nuovo soggetto emergente di sviluppo (appunto la società o comunità locale) che, con la sua identità, le sue istituzioni, la sua cultura, le sue attività e le sue potenzialità, si propone di dare un contributo di qualità allo sviluppo nazionale e generale, in collegamento ed alleanza con le altre società locali impegnate sulla stessa via.

12 In tal modo, le società locali possono essere viste (e lo sono già per molti) come i nuovi protagonisti di un confronto critico con i modelli correnti di sviluppo. Ciascuna società locale può dimostrare, a suo modo, che è possibile adottare un modello di sviluppo territoriale che coinvolge tutti i cittadini e che permette di trovare soluzioni più sostenibili e di migliore qualità per la creazione di ricchezza, il lavoro, la salute, l'ambiente, le relazioni umane e la coesione sociale. Le società locali che adottano questo genere di approccio, esplicitamente orientato verso gli obiettivi ed i metodi dello sviluppo umano, possono collegarsi tra loro e farsi promotrici di un modo molto diverso d'intendere lo sviluppo nazionale e globale. Molte lo stanno già facendo attraverso la cooperazione decentrata ed i partenariati territoriali di sviluppo, oppure partecipando a movimenti internazionali su specifici obiettivi di pace e solidarietà. Esse si propongono di dimostrare che è preferibile uno sviluppo generale fondato sul ruolo attivo delle società locali del mondo, in dialogo pacifico e costruttivo tra loro e in grado di esprimere e condizionare i governi centrali. Questi dovrebbero essere spinti a svolgere il loro compito in modo nuovo, cercando di creare un ambiente favorevole ed un appoggio sistematico allo sviluppo locale e svolgendo il lavoro di coordinamento nazionale delle politiche, dei programmi e delle opere che ne hanno bisogno, in forme più democratiche e partecipate, correggendo gli attuali meccanismi centralisti, verticisti, settorialisti, assistenzialisti e burocratizzanti. In pratica, nessuno può sperare in un cambiamento rapido e radicale dei rapporti tra sviluppo globale, nazionale e locale. Quest'ultimo parte troppo svantaggiato. Ma si può sperare nell'apertura di una dialettica di confronto politico che può essere realizzata dovunque, quale che sia il paese e quale che sia la forma di governo in atto, naturalmente adeguando le tecniche e le forme di negoziato alla realtà politica e culturale del posto, ma sempre con la stessa strategia di lotta contro l'esclusione e di recupero del ruolo attivo di tutti i cittadini, attraverso una loro identificazione con la (ed un'adesione affettiva e razionale alla) società locale di cui sono parte ed attraverso un uso intelligente degli strumenti istituzionali e politici che questa può offrire.

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