Gestione ''socio-compatibile'' dei rifiuti: per una giustizia sostanziale, effettiva e sostenibile.ipsoa.it

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1 Gestione ''socio-compatibile'' dei rifiuti: per una giustizia sostanziale, effettiva e sostenibile.ipsoa.it Andrea Quaranta La gestione dei rifiuti, si sa, rappresenta uno degli snodi fondamentali per la crescita innanzitutto culturale del nostro Paese, punto di partenza indispensabile per quella economico-ambientale: la pericolosità intrinseca della loro gestione comporta che le ''regole del gioco'' debbano essere improntate alla massima prevenzione possibile. Da trentasette anni a questa parte tutto o quasi ruota attorno alla nozione di rifiuto, interpretata da sempre in modo molto lato, e soltanto il lento (ma inesorabile e) certosino lavorio della giurisprudenza, comunitaria prima, e nazionale poi, ha consentito il restringimento del suo perimetro definitorio, a favore di altre nozioni (sostanziali) che, pur ispirate ai medesimi concetti di prevenzione e precauzione, favorissero l implementazione graduale della società del riciclaggio. La nozione di sottoprodotto e di end of waste, infatti, hanno consentito di escludere, al rispetto di precise e puntuali condizioni, determinate sostanze dall onerosa (in termini burocratico-amministrativi ed economici) normativa sulla gestione dei rifiuti, facilitando, in ultima analisi, il riciclaggio (in senso lato) di sostanze che, altrimenti, avrebbero finito con il diventare rifiuti di cui liberarsi, volontariamente od obtorto collo. Insomma, con il passare del tempo si è cercato di riempire di significato l aggettivo possibile, limitato dalla nozione omnicomprensiva di rifiuto. Ma quella relativa all ampiezza della nozione di rifiuto è soltanto una delle due principali problematiche connesse alla complessa (ehm: complicata) gestione dei rifiuti: l altra riguarda il sottobosco burocratico, in cui senza soluzione di continuità

2 si intersecano riparti di competenze geograficamente disomogenei, un contorto sistema di semplificazioni, una normativa a volte ambigua, una prassi confusa e confusionaria, e una pubblica amministrazione disorganizzata, che a volte si nasconde dietro la complessità normativa per motivare la proprie scelte. È quanto accaduto nel caso analizzato dalla sentenza n. 403/12 del TAR di Pescara, che nella sua brevità è riuscita a toccare alcuni temi rientranti nella seconda problematica, di cui sopra: la gestione (tecnica) dei rifiuti (trattamento meccanicobiologico); l AIA e le trasformazioni non sostanziali; il deposito temporaneo; l entità delle prescrizioni imposte in sede autorizzatoria; la proporzionalità delle stesse, sulla scia della massima tutela possibile. La vicenda trae origine dal ricorso presentato da una società proprietaria di un impianto di trattamento meccanico biologico di rifiuti solidi urbani, volto al recupero mediante produzione di CSS (combustibile solido secondario), autorizzato da tre anni con AIA per l annullamento di un nulla osta per l attivazione di una variante non sostanziale dell impianto de quo, nella parte in cui sono state imposte alcune prescrizioni secondo la ricorrente sproporzionate, oltre che immotivate. In seguito: - alla comunicazione della volontà di procedere ad una variante non sostanziale delle procedure di trattamento dei rifiuti (consistente nell installazione di una macchina Press-Container, per il carico sugli automezzi del CSS sfuso da inviare agli impianti di termovalorizzazione, e di una macchina per il confezionamento del CSS in balle rivestite da strati di film plastico al fine della loro spedizione verso gli impianti esteri di termovalorizzazione o coincinerimento), e- alla prospettata necessità di un deposito temporaneo all aperto del CSS sul piazzale esistente all interno del perimetro recintato dell impianto, al fine di costituire una riserva corrispondente alle capacità di carico delle navi impiegate per il trasporto,

3 infatti, alla società veniva rilasciato il nulla osta, che tuttavia conteneva, inter alia, le due prescrizioni oggetto dell impugnativa. Con la prima veniva richiesto alla società di trasmettere, entro sei mesi dall attivazione della variante, una proposta progettuale relativa alla realizzazione o individuazione di un capannone chiuso per il posizionamento delle balle, filmate: nelle more della realizzazione/individuazione di tale capannone, si precisava, la società può effettuare il deposito esterno delle balle provvedendo alla loro copertura con teli impermeabili. Con la seconda, in considerazione del fatto che, secondo la Regione: - il deposito esterno di balle di CSS può comportare il dilavamento di materiale da parte delle acque meteoriche con il rischio di contaminazione delle stesse con sostanze organiche e con solidi sospesi non sedimentabili, e - i trattamenti attualmente installati (disoleazione e sedimentazione) a monte dello scarico delle acque di prima pioggia non risultano idonei, si richiedeva che le acque di prima pioggia non dovessero essere scaricate. Nel ricorso la società ha dedotto, in estrema sintesi: 1. la violazione del TUA (artt. 183, comma 1, lett. bb) e 208, comma 17), dal momento che la variante non sostanziale all impianto di trattamento meccanico biologico riguardava soltanto i nuovi macchinari da installare, e non il deposito temporaneo che, collocandosi in una fase antecedente alla gestione dei rifiuti, non deve essere autorizzato, ma solo rispettare le condizioni quantitativo-temporali indicate dallo stesso TUA;2. l eccesso di potere non solo per non aver motivato sufficientemente la propria decisione, ma per averlo fatto, per quel poco, in modo contraddittorio, violando i principi di ragionevolezza e proporzionalità.

4 Nel ritenere fondato il ricorso, il Collegio si è soffermato sulle seconde censure della ricorrente, a ragione ritenute assorbenti rispetto alle prime (ormai il sistema avrebbe già dovuto introiettare il concetto di deposito temporaneo ), evidenziando che l immediata applicabilità alla materia in questione dei principi di precauzione e di proporzionalità impone che tutte le decisioni assunte dall Autorità competente in materia debbano essere assistite da un apparato motivazionale particolarmente rigoroso, che tenga conto di un attività istruttoria parimenti ineccepibile. Il principio di precauzione, pur preminente nel quadro della tutela della salute sugli interessi economici, deve trovare il proprio equilibrio nel contemperamento con quello di proporzionalità, nella ricerca di un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco. Il principio di proporzionalità dell azione amministrativa impone un indagine c.d. trifasica, che passa attraverso l accertamento: 1. della necessità della misura, 2. della sua idoneità allo scopo da raggiungere e 3. della stretta proporzionalità della misura applicata con il fine da raggiungere. Di conseguenza, in applicazione di tale principio, deve essere preferita la misura più mite che consenta di raggiungere lo scopo (non meramente di parte) perseguito dalla norma: in sostanza, alla base del principio di proporzionalità vi è quello non già di una giustizia formale, ma sostanziale per cui il giudice amministrativo, pur non potendosi sostituire alle valutazioni dell Amministrazione, può sempre verificare che la misura adottata sia sorretta da adeguata motivazione e si basi su fatti e circostanze particolarmente gravi, tali da indurre la stessa Amministrazione a considerarli incompatibili con la prosecuzione di un attività in atto.

5 In conclusione, l Amministrazione deve valutare attentamente tutte le esigenze dei soggetti titolari di interessi coinvolti nella sua azione, per trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio per gli interessi stessi: il principio di proporzionalità, richiamando una valutazione che incide sulla misura dell esercizio del potere è, al contempo, manifestazione del principio di ragionevolezza nel quale confluiscono i principi di uguaglianza, di imparzialità e buon andamento dell azione amministrativa. Nel caso di specie, il Collegio ha rilevato che le prescrizioni adottate che per la loro rilevante onerosità erano destinate ad incidere fortemente sull attività svolta dalla ricorrente sembravano sproporzionate in relazione al fine da raggiungere, e che non emergeva, dall attività istruttoria, alcuna evidenza che tali misure fossero, nella sostanza, le uniche possibili per una adeguata tutela dell ambiente, non essendovi misure alternative. In definitiva, questa sentenza ci consente di ribadire con forza la metodologia con la quale bisogna approcciarsi alle problematiche in generale, ma a quelle ambientali in particolari: l analisi del testo nel contesto. Si tratta, infatti, a parere di chi scrive, dell unica modalità operativa attraverso la quale cominciare a progettare un futuro sostenibile, cominciando a dare significato e peso non solo alle parole, ma anche ai fatti. I principi astratti non valgono nulla, se non vengono applicati in modo corretto e se vengono interpretati in modo statico e non dinamico (ergo: se non vengono contestualizzati ): il concetto di giustizia sostanziale, cui si fa esplicito riferimento nella cit. sentenza, altro non esprime se non questa necessità di bilanciare quotidianamente, sulla base delle singole componenti delle singole fattispecie di volta in volta considerate, interessi ed aspettative diverse (pur se tutte, a modo loro, conservatrici), a volte divergenti, ma non per questo inconciliabili. Una prospettiva che, ad esempio, in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili, dopo un iniziale spaccatura che vedeva contrapporsi coloro che

6 sostenevano a prescindere la più spinta tutela assoluta del paesaggio, da un lato, e coloro che evidenziavano soltanto i benefici della produzione di energia pulita, dall altro ha portato la giurisprudenza ad affermare la necessità di un corretto bilanciamento, in concreto, dei diversi interessi in gioco, declinato, al momento, in tre criteri/principi di sostenibilità innanzitutto culturale: il divieto di vincoli generali ed astratti, la valutazione ponderata nel caso concreto e l obbligo di una motivazione esaustiva, il corretto insediamento nel territorio.

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