REPUBBLICA ITALIANA CORTE DI APPELLO DI POTENZA SEZIONE CIVILE IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
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1 REPUBBLICA ITALIANA CORTE DI APPELLO DI POTENZA SEZIONE CIVILE IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte, riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati - dott. Ettore NESTI presidente - dott. Rocco PAVESE consigliere relatore ed estensore - dott. Cataldo Carmine COLLAZZO consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 161/13, avente ad oggetto: OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO/INCARICO DI COLLAUDO DI OPERA PUBBLICA, e vertente tra COMUNE di P, in persona del Sindaco p.t., DP Conclusioni: come in atti e appellante appellato SVOLGIMENTO del PROCESSO 1. Con sentenza 336/12, depositata il , il Tribunale di Potenza decideva sull opposizione proposta dal Comune di P (di seguito: il Comune) avverso il decreto ingiuntivo dell importo di , oltre interessi legali e spese del procedimento- emesso a favore di DP, che aveva agito per il pagamento di spettanze professionali, in relazione all incarico di collaudatore di un opera pubblica. In particolare, il Tribunale -all esito del proc. 2566/03, caratterizzato dall espletamento di consulenza tecnica di ufficio- così statuiva: 1.1 rigettava l opposizione proposta dal Comune, nonché la domanda riconvenzionale del medesimo; ~ 1 ~
2 1.2 compensava per intero le spese di lite e poneva le spese di consulenza a carico del Comune. 2. Con atto notificato il , il Comune ha citato in giudizio DP innanzi a questa Corte, proponendo appello avverso la sentenza suddetta. A sostegno dell appello, ha in sintesi sostenuto: 2.1 che la sentenza del Tribunale era nulla -perché il giudice istruttore con ordinanza aveva erroneamente respinto la richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa del terzo PD, ex art. 269 c.p.c., sebbene tempestivamente richiesta da esso Comune, opponente al d.i.-, con la conseguenza che la causa andava rimessa al primo giudice; 2.2 che, nel merito, il rapporto contrattuale allegato da DP era nullo, poiché la delibera di conferimento dell incarico di collaudatore -segnatamente per il collaudo statico di una strada costruita su appalto di esso Comune- non era stata seguita dalla stipulazione di un contratto scritto; 2.3 che, ancora nel merito, l obbligo del pagamento dell onorario al collaudatore spettava all appaltatore, a norma dell art. 62 del capitolato speciale di appalto, sicché esso Comune difettava della titolarità, dal lato passivo, del rapporto obbligatorio; 2.4 che il quantum liquidato dal primo giudice era erroneo, non potendosi condividere le conclusioni del c.t.u., recepite in sentenza; 2.5 che la domanda riconvenzionale proposta da esso Comune -volta ad ottenere la restituzione di acconti versati per errore a DP (per /44)- doveva essere accolta; 2.6 che infine era erronea la disposta compensazione delle spese. Il Comune ha quindi chiesto che, previa sospensione della efficacia esecutiva della sentenza, ed eventualmente rinnovata la consulenza tecnica di ufficio: 2.7 venisse dichiarata la nullità della sentenza di primo grado, e, nel merito, accolta l opposizione proposta avverso il suddetto decreto ingiuntivo, nonché la ~ 2 ~
3 domanda riconvenzionale, con condanna di DP alla restituzione delle somme indebitamente percepite ( /44), con interessi legali sino al soddisfo; con vittoria di spese del doppio grado di giudizio. 3. DP si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto dell appello di controparte, con vittoria di spese. In sintesi ha dedotto: 3.1 che l eccezione di nullità era infondata, poiché era corretta la decisione del primo giudice, di diniego dell autorizzazione alla chiamata in causa del terzo; 3.2 che, nel merito, la sentenza del Tribunale era giusta, e che in particolare la delibera di conferimento dell incarico di collaudo costituiva un atto amministrativo di nomina, e non un contratto d opera professionale; sicché era irrilevante, come statuito da costante giurisprudenza, la mancata stipulazione del contratto in forma scritta. 4. Con ordinanza , la Corte ha rigettato l istanza di sospensione dell efficacia esecutiva della sentenza appellata. Alla udienza la causa è stata riservata per la decisione, previa concessione dei termini di rito. MOTIVI della DECISIONE 5. Col primo motivo l appellante Comune ha sostenuto la nullità della sentenza impugnata, per non essere stata autorizzata in primo grado la chiamata in causa del terzo PD, richiesta da esso Ente. Il Comune aveva infatti richiesto nell atto di opposizione l autorizzazione a chiamare in causa la PD, società appaltatrice; e il giudice istruttore, con ordinanza , aveva rigettato l istanza, ritenendo che fosse onere dell opponente citare autonomamente in giudizio il terzo (non dunque per ragioni sul merito della chiamata in causa). L appellante ha sostenuto che tale ordinanza fosse in contrasto con la giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui -non conciliandosi il disposto dell art. 269 c.p.c., che disciplina le modalità della chiamata in causa di un terzo, con la procedura di opposizione a d.i.- l opponente deve chiedere al ~ 3 ~
4 giudice l autorizzazione a chiamare in giudizio il terzo; con conseguente necessità per questa Corte di rimettere la causa al primo giudice. Il motivo è fondato. Melius re perpensa rispetto alle valutazioni di cui alla propria ordinanza cautelare , questa Corte osserva che l ordinanza del giudice istruttore del Tribunale di Potenza si pone in contrasto col consolidato orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui l opponente a decreto ingiuntivo ha l onere di richiedere al g.i. l autorizzazione a chiamare in causa un terzo; e che il giudice stesso deve provvedere al riguardo. Si legga in proposito Cass., sez. 3, sentenza n dell 1/3/07: In tema di procedimento per ingiunzione, per effetto dell'opposizione non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore e l'opponente quella di convenuto, ciò che esplica i suoi effetti non solo in tema di onere della prova, ma anche in ordine ai poteri ed alle preclusioni processuali rispettivamente previsti per ciascuna delle parti. Ne consegue che il disposto dell'art. 269 cod. proc. civ., che disciplina le modalità della chiamata di terzo in causa, non si concilia con l'opposizione al decreto, dovendo in ogni caso l'opponente citare unicamente il soggetto che ha ottenuto detto provvedimento e non potendo le parti originariamente essere altre che il soggetto istante per l'ingiunzione e il soggetto nei cui confronti la domanda è diretta, così che l'opponente deve necessariamente chiedere al giudice, con l'atto di opposizione, l'autorizzazione a chiamare in giudizio il terzo al quale ritenga comune la causa sulla base dell'esposizione dei fatti e delle considerazioni giuridiche contenute nel ricorso per decreto. Nella specie, in applicazione del principio soprariportato, la S.C. ha cassato la sentenza d appello e rinviato la causa al giudice di primo grado per provvedere ~ 4 ~
5 in ordine alla richiesta di chiamata in causa, proposta dall opponente con l atto di opposizione e giudicata inammissibile dai giudici di merito. 1 Anche nel caso concreto, la lesione del contraddittorio impone la dichiarazione di nullità della sentenza appellata e la rimessione della causa, ex art. 354 c.p.c., al primo giudice, che provvederà a valutare la meritevolezza della richiesta di autorizzazione a chiamare in causa la PD da parte del Comune, e a rinnovare consequenzialmente il giudizio. Ogni altra questione rimane assorbita, ivi compresa la domanda riconvenzionale del Comune. 6. La natura processuale della decisione costituisce giusto motivo di compensazione delle spese del doppio grado, a norma dell art. 92 comma2 c.p.c. (nel testo qui applicabile, trattandosi di causa iniziata prima delle modifiche introdotte con le leggi 263/05 e 69/09). Per quanto riguarda le spese della consulenza espletata in primo grado, si stima equo, nel caso specifico, porle a carico delle parti nella misura del 50% ciascuna, in ossequio al principio secondo cui compensando le spese processuali, il giudice può ripartire le spese della consulenza tecnica d'ufficio in quote uguali tra la parte soccombente e la parte totalmente vittoriosa, senza violare, in tal modo, il divieto di condanna di quest'ultima alle spese di lite, atteso che la compensazione non implica condanna, ma solo esclusione del rimborso, e, altresì, che la consulenza tecnica d'ufficio, quale ausilio fornito al giudice da un collaboratore esterno, anziché mezzo di prova in senso proprio, è un atto compiuto nell'interesse generale della giustizia e, dunque, nell'interesse comune delle parti (Cass., sez. 3, sentenza 1023 del 17/1/13). P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunciando sull appello proposto dal 1 in termini analoghi si pone Cass. 8718/00, che ha dichiarato legittima l autorizzazione disposta in primo grado a chiamare in causa il terzo; ~ 5 ~
6 ~ COMUNE di P, in persona del legale rappresentante p.t., nei confronti di ~ DPE, avverso la sentenza del Tribunale di Potenza 336/12, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: I. dichiara la nullità della sentenza impugnata e rimette le parti innanzi al primo giudice; II. compensa tra le parti le spese anche del presente grado di giudizio, per intero; III. pone le spese di consulenza tecnica a carico di ciascuna parte nella misura del 50% ciascuna. Così deciso in Potenza, camera di consiglio L estensore Il presidente dott. Rocco Pavese dott. Ettore Nesti ~ 6 ~
La Corte, riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati
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