25 Marzo 2010

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2 Dal sito web di Francesco Totti 3 Marzo 2010

3 Correre 1 Marzo 2010

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9 DAL NOSTRO INVIATO EMANUELA AUDISIO! VANCOUVER - L' altra Italia. Quella tranquilla, non sbruffona, non da metropoli. Poche case, poca gente, poco traffico. Quella che non ha bisogno del chiasso per sentirsi viva. Capace di seguire i propri passi, di non perdersi. La cosa più bella è la chiacchierata al telefono con il presidente della Repubblica. Giuliano Razzoli sta cenando con prosciutto e formaggio: «Sono dodici ore che non butto giù niente». Si ferma. «Non capita mica tutti i giorni di avere l' onore di parlare con il capo dello Stato». Con timidezza dice a Napolitano: «Mi dia del tu». Risponde senza epica. «E' stata dura, non me l' hanno mica regalata». Napolitano gli chiede come ha vinto.e Giuliano: «Non di tantissimo, quanto basta». L' unico grande oro dell' Italia è tutto qui: in questa bella semplicità, nella capacità di slalomare con leggerezza. «Noi emiliani siamo così: competitivi nel gioco, ma anche bravi nel non prendercela tanto». Nessun eccesso, solo molto misura. Tortelli, vino, mezza montagna. E figurarsi se mancava lo zio prete missionario. L' Appennino di molti cantautori, radici lunghe. Ma tra Vasco e Ligabue, Giuliano sceglie il Liga. Meglio vita da mediano, che non quella spericolata. E infatti Ligabue a Villa Minozzo gli aveva fatto gli auguri con un poster con su scritto: «Niente paura». Rock sano, che non va via di testa. Razzoli è così, è il dopo-tomba, ma è l' anti-tomba. Un ragazzone, 26 anni, occhi azzurri, un Big Jim emiliano. Razzo non fa il simpatico gradasso. «Sono arrivato passo dopo passo e il salto di qualità l' ho fatto da solo. Con molti sacrifici, grazie a mio padre che mi ha seguito e incoraggiato. Quando a 16 anni ho cominciato ad avere problemi alla schiena e i dottori hanno detto di smettere con gli sci, io avrei mollato, lui invece ha insistito e si è dato da fare per trovare rimedi. Per il mal di schiena profondo ci siano affidati alla tecarterapia, un metodo di riabilitazione muscolo-osteo articolare poco invasivo, per i piedi e il mio problema alle unghie, papà, che era maestro di sci, ha fatto modificare artigianalmente in Austria i miei scarponi, anche perché io porto il 47. Non solo, non mi ha mai colpevolizzato quando avevo brutti risultati, e ha insistito che studiassi. Oggi vedo genitori che nevrotizzanoe rovinanoi figli se non sono vincenti. Anche mia madre è tranquilla, non le ha mai interessato se arrivavo primo o secondo, solo che mi divertissi. E io al cancelletto mi sentivo bene, sapevo che ce la

10 potevo fare». Un oro fresco, ma costruito. Una progressione lenta, ma continua. «Io non sono nato con la pista sotto casa. Anzi ho fatto molti sacrifici per allenarmi. Appena ho preso la patente nel 2003 mi toccava un' ora e mezza di macchina al giorno andata e ritorno per andare all' Abetone a sciare, poi quando sono entrato a far parte della squadra tutto è cambiato. Ma di fatica ne ho fatta tanta, non mi considero un ragazzo come gli altri, appunto per i sacrifici che ti impone lo sport, che però ripaga con una medaglia così. So che la mia vita cambierà, avrò più impegni, ma ora non riesco a rendermene conto. Festeggio con la mia famiglia e la mia ragazza, Eleonora, che studia dietologia. Io ci sto a dieta, ma la domenica no, mi sfogo con tortelli e cappelletti». Cambia anche il conto in banca. L' oro più la borsa di studio valgono 260 mila euro. «Ne facciamo conto, come dice papà. Sprecarli non va bene. Io vivo ancora con i miei, non mi dispiacerebbe avere un posto tutto mio, lì accanto. Perché se c' è una cosa che odio è il traffico, la vita di paese mi va benissimo, e anche la mezza montagna. Sono uno tranquillo, io. Amici, poca tv, tifo Juve. Ho imparato molto da Giorgio Rocca, con cui ho condiviso la stanza, e non ho mai pensato che la mia gara potesse finire come la sua a Torino, con un' inforcata dopo 30 secondi. Forse ho vinto anche per questo: era uno slalom difficile, la neve un'incognita, come il tracciato,e c'era il rischio buche. Ma la gara l'avevo preparata in tutta la stagione, cercando e usando dei materiali che andassero bene per il Canada. Ce l' ho sempre avuto in testa questo slalom, anche se a quattro anni quando ho cominciato a sciare a passo Cerreto e sugli impianti di Febbio non potevo sognare di arrivare a questo traguardo». Ecco, colpisce, Razzo è sceso giù non con la forza dei sogni, ma con la voglia di giocarsela. Con la forza della tranquillità. Che sarà mai uno slalom? Solo una difficoltà dopo l'altra. E vai.

11 Come Stai 1 Marzo 2010

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15 Corricolari El Corredor Y Su Mundo 1 Marzo 2010

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17 Rivista Ufficiale NBA 1 Marzo 2010