Capitolo 2 RIFIUTI 1

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1 Capitolo 2 RIFIUTI 1

2 INDICE Capitolo 2 RIFIUTI IL QUADRO NORMATIVO DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI CARATTERIZZAZIONE DEI RIFIUTI I PARAMETRI DI QUALITÀ Qualità merceologica Qualità chimico-fisica Qualità biologica PRODUZIONE DI RIFIUTI URBANI ED INDUSTRIALI Il quadro generale in Italia La produzione specifica di RSU La produzione specifica di rifiuti industriali LA QUALITÀ DEI RIFIUTI I rifiuti solidi urbani I Rifiuti Industriali FENOMENI DI INQUINAMENTO GENERATI DALLO SMALTIMENTO INCONTROLLATO DEI RIFIUTI LE ALTERNATIVE DI SMALTIMENTO LE FASI DELLO SMALTIMENTO LA RACCOLTA E IL TRASPORTO DEI RSU I contenitori per la raccolta Mezzi di trasporto dei rifiuti Le stazioni di trasferimento LA RACCOLTA E IL TRASPORTO DEI RIFIUTI SPECIALI E PERICOLOSI IL TRATTAMENTO E LO SMALTIMENTO FINALE DEI RESIDUI LO SMALTIMENTO NELLA SITUAZIONE ATTUALE Accenno storico all evoluzione dei sistemi di trattamento/smaltimento in Italia La situazione attuale STRATEGIE DI SMALTIMENTO PER IL PROSSIMO FUTURO I principi informatori dettati dall'u.e Gli orientamenti in atto nel settore dell'incenerimento Gli orientamenti nel settore delle discariche controllate Orientamenti nel settore del recupero-riciclaggio BILANCIO MATERIALE DELLE SOLUZIONI INTEGRATE DI PIANO

3 1 IL QUADRO NORMATIVO Lo smaltimento dei rifiuti in Italia è stato regolato organicamente dal DPR 915 del 10 settembre 1982, emanato in attuazione delle direttive CEE n. 75/442 (relativa ai rifiuti pericolosi), n. 76/403 (relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili) e n. 78/319 (relativa ai rifiuti in generale). Il DPR 915/82 è un dispositivo "quadro" nel quale sono affermati: i principi generali da osservare; la classificazione dei rifiuti; le competenze attribuite allo Stato (indirizzo e coordinamento), alle Regioni (pianificazione, rilascio autorizzazioni, catasto rifiuti ed emanazione di norme specifiche), alle Province (controllo) ed ai Comuni (smaltimento dei rifiuti solidi urbani); i criteri generali di regolamentazione dell'attività di smaltimento dei rifiuti; le disposizioni fiscali, finanziarie e sanzionatorie. Il sistema introdotto da tale Decreto si fondava sulla gestione del rifiuto mediante l attività di eliminazione dello stesso senza valorizzarne la possibilità di riutilizzo e riciclo. Per questa e per altre ragioni i diversi Governi fecero ricorso a reiterati interventi d urgenza, finalizzati a limitare la produzione dei rifiuti e favorire quelle attività di gestione del rifiuto che il D.P.R. 915/1982 aveva trascurato di promuovere. Ne scaturì un accentuata frammentazione normativa che generò incertezze interpretative aggravate da pronunce giurisprudenziali spesso contraddittorie. Con il D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, (il cosiddetto Decreto Ronchi ) recante disposizioni in attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, il legislatore, prendendo le mosse dall esigenza di attuare nel nostro ordinamento giuridico le nuove direttive europee, ha tentato un riordino dell intera normativa. Il Decreto, infatti, unitamente ad alcuni Decreti di attuazione ed alcune norme che lo hanno modificato, si presenta come legge generale di tutti i residui delle attività umane. La materia è pertanto regolata anche da numerose norme regionali, la cui produzione si è recentemente incrementata. 3

4 Il D.Lgs. 22/1997 sembra fondarsi su due principi di ordine generale. In primo luogo vieta a chiunque detenga rifiuti di abbandonarli, imponendo di provvedere al loro smaltimento o recupero nelle varie forme previste dal decreto stesso a seconda del tipo di detentore. In secondo luogo il Decreto, dopo aver ribadito che la gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse, si preoccupa di indicare la priorità della riduzione della quantità e pericolosità dei rifiuti prodotti e del loro recupero, riutilizzo e riciclaggio, rispetto allo smaltimento. Quest ultimo è anzi esplicitamente qualificato come la fase residuale della gestione dei rifiuti. In particolare il Decreto raccomanda la riduzione della quantità di rifiuti da avviare allo smaltimento finale attraverso (Art. 4 del D.Lgs. 22/1997): - il reimpiego ed il riciclaggio; - le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti; - l'adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi; - l'utilizzazione principale dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia. L attività di smaltimento deve inoltre essere attuata facendo ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti che tenga conto delle tecnologie più perfezionate a disposizione, e che non comportino costi eccessivi al fine di (art. 5 D.Lgs 22/1997): - realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali; - permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti; - utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica. Il D.Lgs. 22/1997, con le norme che lo hanno modificato ed integrato (D.Lgs 8 novembre 1997, n. 389; art. 10 della legge 23 marzo 2001, n. 93, decreto legge 7 marzo 2002, n. 22 convertito nella legge 6 maggio 2002, n. 82; D.Lgs n. 36 del 13 gennaio 2003 legge 3 febbraio 2003 n. 14; D.M. 13 Marzo 2003 al e al D.P.R. n. 254 del 15 luglio 2003) costituisce la disciplina generale della materia. Il suo campo d applicazione non riguarda tuttavia gli effluenti gassosi emessi 4

5 nell atmosfera né altri rifiuti disciplinati da specifiche disposizioni di legge, come ad esempio i rifiuti radioattivi, i materiali esplosivi in disuso carogne ed altri rifiuti agricoli ecc. (art. 8 D.Lgs. 22/1997). L esclusione dal campo di applicazione del D.Lgs. 22/1997 di maggior rilievo è quella delle acque di scarico, esclusi i rifiuti allo stato liquido (art. 8 lett. e). L art. 2 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 definisce scarico qualsiasi immissione diretta tramite condotta di acque reflue liquide, semiliquide e comunque convogliabili nelle acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Come si vede indipendentemente dalla loro natura inquinante delle acque reflue, solo lo scarico diretto tramite condotta è soggetto alle norme sulla difesa delle acque. Ne consegue che, secondo l orientamento che la giurisprudenza ha accolto, quando non sussiste il collegamento diretto tra la fonte di riversamento e corpo idrico ricettore non sussiste acqua di scarico ; ma un rifiuto liquido, il quale va gestito secondo il D.Lgs. 22/

6 2 DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI Col termine rifiuto si definisce qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi (Art.6 D.Lgs. 22/97). Pertanto, col termine rifiuto si fa generale riferimento ai cosiddetti rifiuti solidi cui si aggiungono anche particolari tipologie di rifiuti liquidi (in genere liquidi concentrati di origine industriale) non recapitati in fognature dotate di depuratore terminale, ma trasportati agli impianti di smaltimento con modalità analoghe ai rifiuti solidi (trasporto stradale, ferroviario, marittimo). I rifiuti così definiti possono essere classificati in 3 distinte categorie: a. Rifiuti solidi urbani (RSU) Si definiscono rifiuti urbani quei rifiuti che, anche se ingombranti, provengono da abitazioni; inoltre sono compresi i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua; i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali; i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale. Vi sono poi tipologie di rifiuti derivanti da attività commerciali, artigianali ed industriali che hanno caratteristiche simili ai RSU o loro componenti (ad es. materiali di imballaggio, ritagli di tessuti, gomma, scarti dell'industria alimentare, scarti di legno, scarti di materiali di arredamento ecc.). Sono detti "Rifiuti assimilabili ai RSU" e come tali vengono di norma smaltiti negli stessi impianti. b. Rifiuti speciali (RS) Comprendono soprattutto la vasta categoria dei rifiuti industriali, artigianali, agricoli e commerciali. In aggiunta sono considerati rifiuti speciali i seguenti: rifiuti composti da materiali da costruzione, demolizione e scavo; veicoli e macchinari obsoleti; rifiuti prodotti da ospedali e case di cura; 6

7 residui derivanti dal trattamento di rifiuti solidi urbani (scorie di incenerimento, residui degli impianti di riciclaggio) e dal trattamento delle acque reflue civili (materiale grigliato e fanghi di risulta). c. Rifiuti pericolosi (RP) Comprendono rifiuti che rappresentano un pericolo immediato, o nel lungo termine, per la salute dell uomo e la vita animale e vegetale. Secondo la normativa italiana di riferimento (DPR 915/1982), questi rifiuti erano definiti "Rifiuti Tossico-Nocivi". In seguito, con il Decreto Legislativo n. 22 del 5/2/1997 la dizione è stata modificata in "Rifiuti Pericolosi" che appare più appropriata anche in rapporto alla denominazione "Hazardous Wastes" attribuita dall Unione Europea e dalla letteratura scientifica internazionale. Si tratta in prevalenza di rifiuti di origine industriale, i quali presentano una o più delle seguenti caratteristiche di pericolo: - Infiammabilità (formazione di fiamma a bassa temperatura); - Tossicità/nocività/irritabilità (rischi per la salute acuti o cronici, conseguenti ad ingestione, inalazione, penetrazione dermica); - Corrosività (distruzione di tessuti vivi); - Cancerogenicità (malformazioni cancerose); - Teratogenicità (malformazioni congenite, non ereditarie); - Mutagenicità (difetti genetici ereditari); - Infettabilità (malattie all uomo ed altri organismi viventi a causa di microrganismi contenuti nel rifiuto); - Reattività (sviluppo di calore, gas tossici o altri prodotti pericolosi, a seguito di contatto con acqua, aria, altri rifiuti); - Esplosività (possibilità di esplosione per effetto di fiamme, urti, attriti). Tra i composti che conferiscono carattere di pericolosità al rifiuto si citano a titolo di esempio i seguenti (per un elenco completo si rimanda alla direttiva CEE 91/689 del 12/12/1991 relativa ai rifiuti pericolosi): - composti del cromo; - composti del berillio; - composti del nichel; - composti del rame; 7

8 - composti dello zinco; - composti del piombo; - amianto (polveri e fibre); - clorati e perclorati; - PCB e PCT (PoliCloroBifenili e PoliCloroTrifenili); - composti farmaceutici e veterinari; - biocidi e composti fitosanitari (erbicidi, antiparassitari, ecc.); - sostanze infettive; - solventi alogenati; - composti organo-alogenati; - PCDD e PCDF (PoliCloroDibenzoDiossine e PoliCloroDibenzoFurani); - ecc. Ovviamente, il carattere di pericolosità del rifiuto dipende dalla concentrazione dei composti pericolosi. Per tale ragione vengono di norma definite delle concentrazioni limite (C.L.) oltre le quali il rifiuto viene definito rifiuto pericoloso. Inoltre, per rendere più semplici le procedure di identificazione dei rifiuti pericolosi, le normative emanate dai vari Stati prevedono un elencazione di specifiche tipologie di rifiuti per le quali è generalmente dimostrato il carattere di pericolosità. Ad esempio, sono considerati tali i seguenti prodotti (per un elenco più completo si rimanda alla direttiva CEE 91/689 relativa ai rifiuti pericolosi): - prodotti farmaceutici, medicinali; - biocidi e prodotti fitosanitari; - inchiostri, coloranti, pigmenti, pitture, lacche e vernici; - oli minerali; - prodotti di laboratori fotografici; - materiali catalitici usati; - accumulatori e pile elettriche; - prodotti isolanti contenenti PCB e PCT; - solventi esausti; - ecc. 8

9 3 CARATTERIZZAZIONE DEI RIFIUTI 3.1 I PARAMETRI DI QUALITÀ La conoscenza qualitativa di un rifiuto è essenziale sia ai fini della sua classificazione amministrativa (rifiuto solido urbano, rifiuto speciale, rifiuto pericoloso), sia per la definizione delle soluzioni di smaltimento. In termini generali si possono distinguere tre livelli di qualità: qualità merceologica; qualità chimico-fisica; qualità biologica Qualità merceologica L'analisi merceologica è tipica dei rifiuti compositi, quali i RSU ed assimilabili e acquista significato in relazione ad obiettivi di recupero di singole frazioni. Essa viene determinata attraverso la selezione manuale delle singole frazioni e la relativa pesatura. Il livello di dettaglio della selezione va commisurato agli obiettivi di trattamento del rifiuto che si vogliono realizzare. A volte ci si accontenta della pesatura di famiglie di materiali omogenei, come segue: materiali cellulosici (carta e cartoni di vario tipo, materiali tessili, legno); materiali plastici, gomma, cuoio (film ed articoli in plastica di varia natura, articoli in gomma, articoli in cuoio); materiali ferrosi; altri metalli; materiali organici umidi (residui alimentari, residui di giardinaggio); inerti vari (vetri, ceramiche, ceneri, ecc.). L'analisi merceologica non ha ovviamente significato per una moltitudine di rifiuti speciali e pericolosi, aventi caratteristiche di omogeneità Qualità chimico-fisica I tipici parametri atti ad individuare le caratteristiche chimico-fisiche di un rifiuto sono: 9

10 Densità; distribuzione della dimensione delle particelle; umidità; contenuto di ceneri (materiale incombustibile); contenuto di materiale combustibile; potere calorifico; analisi chimica. a. Densità Ha significato pratico riferirsi alla "densità apparente". Per i RSU si registrano valori di norma inferiori a 1 [ton/m 3 ], come segue: - RSU all'origine (sacchi di raccolta): 0,15-0,20 [ton/m 3 ]; - RSU stoccati in fossa di accumulo: 0,30-0,50 [ton/ m 3 ]; - RSU in discarica ben compattata: 0,70-0,80 [ton/ m 3 ]. Per i rifiuti solidi industriali la casistica è molto ampia; frequentemente si riscontrano densità superiori a 1 [ton/ m 3 ]. b. Distribuzione della dimensione delle particelle solide Questo parametro è di importanza in relazione ai trattamenti cui si ritiene di sottoporre il rifiuto. In particolare, per i RSU le operazioni di selezione automatica al fine del recupero di alcune frazioni si basano anche sulla distribuzione di pezzatura (operazioni che impiegano sistemi di vagliatura). c. Umidità Viene ricavata per essiccamento in forno a 105 C. Il risultato viene espresso come percentuale sul campione tal quale. Peso campione rifiuto - Peso campione essiccato Umidità (% in peso) =100 Peso campione rifiuto 10

11 Valori tipici di umidità per i RSU variano nell intervallo 15 50%. Per i rifiuti solidi industriali la casistica è estremamente ampia passando da valori quasi nulli (es. ceneri volanti di inceneritori di rifiuti) a valori di oltre l'80% (rifiuti melmosi di varia origine). d. Materiale combustibile e ceneri Sono tipiche analisi di rifiuti destinati alla termodistruzione. Ceneri (% in peso) Dopo aver evaporato l'acqua in stufa a 105 C, viene elevata la temperatura del residuo a 600 C in muffola per 3 ore. Si pesa la frazione solida residua e per differenza viene calcolata la frazione persa (solidi volatili). La frazione solida residua è costituita da ceneri (solidi inorganici) e da carbonio fisso. La frazione solida residua viene bruciata in fornetto alla temperatura di 900 C. Si pesa la frazione residua (ceneri) la quale è costituita da solidi inorganici (in prevalenza ossidi di metalli vari) Per differenza tra la frazione residua a 600 C e le ceneri si calcola il "carbonio fisso". Materiale combustibile (% in peso) Si calcola come somma di solidi volatili e carbonio fisso. Ovviamente, la somma di umidità, materiale combustibile e ceneri è pari al 100%. e. Potere calorifico È una tipica analisi per rifiuti potenzialmente destinati alla termodistruzione. Il potere calorifico di un combustibile è la quantità di calore liberata dalla combustione di 1 kg, a pressione costante di 1 bar, con i reagenti (combustibile e comburente) a 25 C ed i prodotti residui della combustione sempre a 25 C. Si distingue tra Pcs (potere calorifico superiore) e Pci (potere calorifico inferiore). Il Pcs presuppone che l'acqua contenuta nel rifiuto, con in aggiunta l'acqua che si forma dalle reazioni di combustione, sia tutta considerata allo stato liquido. Viceversa, il Pci presuppone che l'acqua al termine della combustione sia tutta considerata allo stato di vapore. 11

12 Chiaramente, il Pci è più rappresentativo delle situazioni reali di combustione e per tale ragione si fa generalmente riferimento ad esso nei bilanci termici. La correlazione tra Pcs e Pci è la seguente: Pci = Pcs (U + 9 H) ove: Pci e Pcs: potere calorifero inferiore e superiore [kcal/kg]; U: umidità nel rifiuto [kg H 2 O/kg di rifiuto]; H: contenuto di idrogeno nel rifiuto [kg H/kg di rifiuto]. Pcs è superiore a Pci di circa il 3% per un comune carbon fossile, del 7% circa per la benzina. La differenza è più sensibile per i rifiuti in possesso di un alto tenore di umidità; ad esempio per un RSU il Pcs può risultare pari al doppio e più del Pci. Il potere calorifico può essere determinato in tre modi differenti: misura diretta con bomba calorimetrica. Con questa tecnica il calore sviluppato dalla combustione viene misurato attraverso l'innalzamento di temperatura dell'acqua contenuta nella camicia che avvolge la camera di combustione. La misura esprime il Pcs. calcolo approssimato attraverso l'analisi elementare del rifiuto. Con questo metodo vengono determinate analiticamente le presenze di C, H, O, S ed U nel rifiuto. Si applica poi la formula di Dulong per il calcolo del Pcs: O Pcs (kcal/kg) = 8080 C ( H ) S 8 ove C, H, O ed S rappresentano le frazioni ponderali di carbonio, idrogeno, ossigeno e zolfo nel rifiuto [kg di elemento/kg rifiuto]. L'approssimazione dell'uso di questa formula è dovuta al fatto che non tiene conto delle reazioni endotermiche che accompagnano le pur prevalenti reazioni esotermiche. 12

13 calcolo approssimato attraverso la conoscenza della composizione merceologica del rifiuto ed i poteri calorifici delle varie frazioni. A questo tipo di approccio possono prestarsi rifiuti disomogenei e ben classificabili manualmente. Ad esempio per le varie frazioni che compongono i RSU si stimano i Pcs riportati nella Tabella 1. Si tratta di un metodo di larga approssimazione. 13

14 Tabella 1: Caratteristiche analitiche approssimate delle varie componenti di un RSU dotate di potere calorifico (Tillman et al.-incineration of Municipal and Hazardous Solid Wastes). Analisi chimico fisica Analisi elementare Pcs Componenti [% in peso sul tal quale] [% in peso sul tal quale] [kcal/kg] Umidità Ceneri Materiale C H O N S combustibile cartone da imballaggio carta da giornale riviste e libri altra carta materie plastiche materiale tessile gomma e cuoio legno residui da giardinaggio residui alimentari frazione fine (sottovaglio<20mm)

15 f) Analisi chimica L'analisi chimica è tipica di rifiuti industriali, in funzione della loro classificazione (rifiuti speciali o rifiuti pericolosi). In tali casi vengono ricercate le concentrazioni dei composti pericolosi. In altri casi l'analisi chimica viene finalizzata alla ricerca di elementi e composti che possono avere influenza sul processo di trattamento. Ad esempio, nell'incenerimento dei rifiuti industriali sono di regola utili le analisi chimiche seguenti: carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, zolfo, ceneri (utili per la definizione dei bilanci di massa sui fumi); alogeni (ovvero cloro e fluoro) e metalli pesanti vari (ovvero mercurio, cadmio, piombo, ecc.); questi composti influenzano la natura dei fumi e quindi la scelta del processo di trattamento Qualità biologica La qualità biologica è connessa alle caratteristiche di biodegradabilità del rifiuto. Viene rilevata essenzialmente su rifiuti destinati a trattamenti biologici, aerobici od anaerobici. Sono tipiche le seguenti determinazioni analitiche: SSV/SS (% in peso): per la misura del contenuto di sostanza organica (SSV) sul totale di sostanza secca (SS); Oxygen Uptake Rate (mg O2/Kg SSV h): velocità di respirazione, da parte di una flora batterica acclimatata al substrato (presente o inoculata); Misure di BOD5 e BOD20 attraverso la ricostruzione di tutta la curva di respirazione, utilizzando flore batteriche acclimatate. Le tre misure indicate sono soprattutto tipiche di rifiuti liquidi e fanghi. 3.2 PRODUZIONE DI RIFIUTI URBANI ED INDUSTRIALI Il quadro generale in Italia Nella Tabella 2 è illustrato il quadro della produzione di rifiuti in Italia rilevato nell'anno 1991 secondo un censimento effettuato dal Ministero per l Ambiente. 15

16 Sono nettamente dominanti i rifiuti speciali, ammontanti a ben 73,9 milioni di tonnellate per anno [Mton/anno]. Seguono i rifiuti solidi urbani (20 Mton/anno), mentre i rifiuti pericolosi ammontano a 3,2 Mton/anno. Tabella 2: Quadro generale della produzione di rifiuti in Italia (Ministero dell Ambiente ). Tipologia di rifiuto Produzione [Mton/anno] - Rifiuti solidi urbani (RSU) 20 - Rifiuti speciali * assimilabili ai RSU 3.2 * veicoli abbandonati 1.4 * materiali di costruzione e demolizione 34.4 * rifiuti ospedalieri 0.1 * fanghi di depuratori municipali 3.4 * rifiuti industriali 31.4 (**) - Rifiuti pericolosi TOTALE 97.1 (**) di cui 12.3 ton/anno costituiti da materiali inerti La produzione specifica di RSU Il dato di produzione di RSU rappresentato in Tab. 2, rapportato alla popolazione italiana (56.2 milioni di abitanti), dà come risultato una produzione specifica di RSU pari a circa 1 [kg/ab giorno]. Attualmente si stima più plausibile un valore di [kg/ab giorno]. La produzione specifica di RSU è connessa al tenore di vita della popolazione. In paesi fortemente industrializzati e ad alto tenore di vita, come ad es. gli USA, si registrano valori di circa 1.6 [kg/ab giorno]; in Svizzera di circa 2.6 [kg/ab giorno] (J. Carra, R. Cossu, International Perspective on Municipal Solid Wastes & Sanitary Landfilling - Academic Press ). 16

17 I valori riscontrati in Italia sono sostanzialmente allineati con quelli riscontrati in vari Paesi industrializzati come Gran Bretagna, Giappone, Germania ed altri. Viceversa, in Paesi in via di sviluppo si riscontrano spesso valori inferiori a 0.50 [kg/ab giorno]. In Italia, nell'ultimo decennio la produzione pro-capite si è incrementata sensibilmente passando da valori di 0.68 [kg/ab giorno] del 1976 al citato calore di 1.00 [kg/ab giorno] del 1991, fino al valore di [kg/ab giorno] attuale (si è cioè registrata una crescita media del 6.9% all'anno) La produzione specifica di rifiuti industriali Si riscontra un dato di circa 55 [ton/anno] per ogni addetto all'industria (includendo in questo dato i rifiuti speciali industriali ed i rifiuti pericolosi). Il dato rappresenta un indice medio puramente orientativo della situazione nazionale italiana. Ovviamente, nei diversi settori industriali possono registrarsi indici sostanzialmente diversi da questa media. 3.3 LA QUALITÀ DEI RIFIUTI I rifiuti solidi urbani La qualità merceologica e chimico-fisica dei RSU è anch'essa fortemente influenzata dal tenore di vita della popolazione. In particolare, al miglioramento del tenore di vita corrisponde normalmente: un incremento all'uso dei materiali da imballaggio (carta e plastica in particolare); un decremento della frazione organica umida (conseguente alla sempre più diffusa abitudine di acquistare cibi già lavorati); un incremento dei materiali tessili e materiali inerti (specie vetro da imballaggio); conseguente riduzione dell'umidità ed aumento del potere calorifico del rifiuto. La qualità è influenzata anche da iniziative di raccolta di frazioni di rifiuti alla fonte (Raccolta Differenziata). Nella Tabella 3 sono riportate la variazioni di qualità registrate negli ultimi due decenni in Italia (valori medi nazionali). Naturalmente, rispetto a questi dati medi, si hanno sensibili variazioni da Regione a Regione in dipendenza delle caratteristiche socio-economiche del territorio. Ad esempio si consideri che in Lombardia, nell anno 1996, il Pci dei rifiuti urbani era attestato 17

18 attorno a valori prossimi a [kcal/kg] (conseguentemente al maggior contenuto di carta e plastiche) I Rifiuti Industriali La casistica dei rifiuti industriali (sia Speciali sia Pericolosi) è così ampia da non poter essere riassunta con pochi esempi di qualità. In questo settore le variazioni di qualità nel tempo sono poco marcate, poiché dipendenti dal processo produttivo adottato dall'industria. Comunque, la crescente attenzione sociale ai problemi ecologici, nonché la difficoltà ed il costo dello smaltimento dei rifiuti, stanno motivando anche il settore industriale verso la scelta di tecnologie pulite. 18

19 Tabella 3: Variazione di qualità merceologica e chimico-fisica dei RSU in Italia, dal 1976 al Qualità RSU ANNO (% in peso) Qualità merceologica materiali cellulosici (25%) materiali plastici (15%) metalli ferrosi (5%) frazione organica umida (65%) legno e tessili (25%) inerti vari (5%) sottovaglio < 20 mm (25%) TOTALE Qualità chimico-fisica umidità materiali combustibile ceneri TOTALE potere calorifico inferiore [kcal/kg]

20 4 FENOMENI DI INQUINAMENTO GENERATI DALLO SMALTIMENTO INCONTROLLATO DEI RIFIUTI Lo smaltimento incontrollato dei rifiuti sul suolo determina una serie di impatti negativi sulle componenti ambientali e sulla salute pubblica. Detti impatti nella loro generalità sono così sintetizzabili: a) Inquinamento estetico-paesaggistico E' la forma di inquinamento di più immediata percezione. Sebbene sia tipica di ogni tipologia di rifiuto, si manifesta nei suoi aspetti più vistosi per depositi incontrollati di RSU. Chiaramente, un impatto estetico-paesaggistico negativo ha riflessi immediati sulla possibilità di fruizione dell'area interessata e sul valore economico dei beni in essa insediati. Ma, al di là di questo aspetto, i rifiuti depositati rappresentano un rischio immediato o potenziale di sviluppo degli altri fenomeni di inquinamento sotto descritti. b) Inquinamento del sottosuolo I contaminanti contenuti nei rifiuti possono infiltrarsi nel sottosuolo, direttamente (nel caso di rifiuti liquidi concentrati sversati accidentalmente o dolosamente sul terreno) o tramite dilavamento da parte delle acque di pioggia. Sono tipici i fenomeni di inquinamento delle falde acquifere causati dal percolato di discariche non controllate di rifiuti solidi, e da sversamenti abusivi sul terreno di solventi industriali assai poco adsorbibili dalle formazioni geologiche del sottosuolo (solventi aromatici e solventi clorurati). La pericolosità di questi abusi ambientali è connessa all'alta concentrazione di composti inquinanti, anche fortemente tossici, tanto da poter contaminare vaste estensioni dell'acquifero rendendolo inutilizzabile per l'uso potabile. c) Inquinamento delle acque superficiali: Questo fenomeno, sia per cause che per effetti, segue di pari passo quello appena descritto relativamente alle acque profonde. Con la differenza che il fenomeno di inquinamento delle acque superficiali ha carattere più acuto; quello che interessa le acque di falda ha carattere più cronico in ragione del lento ricambio naturale di queste acque. d) Inquinamento dell'aria: 20

21 E' questo un altro tipico fenomeno che caratterizza lo smaltimento incontrollato dei rifiuti sul terreno. Sono molteplici le cause di inquinamento dell'aria da composti maleodoranti o tossici: emissione di composti volatili già presenti in origine nei rifiuti. E' il caso di diverse tipologie di rifiuti industriali (ad es. contaminati da solventi vari). Ma è anche il caso di RSU nei quali, pur in ridotta concentrazione, sono presenti vari idrocarburi aromatici e idrocarburi clorurati (contenuti nei gas propellenti di bombolette spray) emissione di composti volatili formatisi a seguito di processi biodegradativi dei rifiuti. E' questo il caso tipico di rifiuti a matrice organica e specificatamente i RSU. emissione di composti vari a seguito di combinazione di rifiuti tra loro incompatibili (o incompatibili con l'acqua). e) Alterazioni degli equilibri di vita naturale: Le forme di inquinamento sopradescritte possono comportare alterazioni più o meno significative delle singole forme di vita animale o vegetale presenti nelle aree interessate o anche degli equilibri di vita di complessi ecosistemi naturali. 21

22 5 LE ALTERNATIVE DI SMALTIMENTO 3.4 LE FASI DELLO SMALTIMENTO Lo smaltimento dei rifiuti si compone generalmente di tre fasi tra loro in sequenza: raccolta e trasporto; trattamento; smaltimento finale dei residui del trattamento. 3.5 LA RACCOLTA E IL TRASPORTO DEI RSU I contenitori per la raccolta Per la raccolta dei rifiuti solidi urbani si utilizzano diverse tipologie di contenitori: i sacchi a perdere; i bidoni; i cassonetti; i contenitori scarrabili di grande capacità. campane e contenitori vari per materiali raccolti in via differenziata (RUP-Rifiuti urbani pericolosi, carta, vetro, alluminio, frazione organica umida, plastica). Nella prassi attuale dei servizi di raccolta è molto diffuso l impiego di cassonetti (da 1100 litri di capacità fino a circa 2400 litri) e di sacchi a perdere in polietilene. L impiego dei bidoni (da 120 litri, 240 litri e 360 litri di capacità) è per lo più limitato ai centri storici e comunque a luoghi dalla viabilità angusta. I contenitori scarrabili (capacità da 5 fino a 25 m 3 ) sono essenzialmente utilizzati per la raccolta di rifiuti dei centri commerciali e dei rifiuti ingombranti Mezzi di trasporto dei rifiuti Il trasporto dei rifiuti viene effettuato con appositi veicoli la cui scelta deve rispondere ad esigenze di tipo viabilistico, di densità abitativa della zona da servire, di caratteristiche orografiche del territorio, di clima, nonchè di ovvie esigenze di ottimizzazione economica. I veicoli si distinguono in due grandi categorie: 22

23 o veicoli tradizionali (ovvero senza attrezzatura autocompattante); o veicoli autocompattatori. I primi sono di norma usati per la raccolta dei sacchi a perdere o comunque per raccolte capillari manuali (porta a porta). Hanno una capacità abbastanza limitata. Sono dotati di cassone ribaltabile o scarrabile, per lo svuotamento del carico. Sono adibiti a volte a servizi satellitari (conferimento dei rifiuti da raccolte capillari ad automezzi di grandi capacità, come gli autocompattatori), per il trasporto a distanza verso i centri di trattamento/smaltimento finale. I secondi sono prevalentemente al servizio della raccolta meccanizzata (caricamento automatico dei rifiuti da cassonetti e bidoni ); sono dotati di un sistema meccanico interno atto a costipare i rifiuti. La portata utile dei veicoli varia da circa 0.4 ton di rifiuto per i tradizionali veicoli ultraleggeri (motocarri), a circa 1.0 ton dei veicoli leggeri tradizionali (autocarri), entrambi usati per servizi in vie anguste o in aree a bassa densità di abitanti) fino alle [ton] tipiche degli autocompattatori pesanti e ultrapesanti utilizzati in zone di grande viabilità Le stazioni di trasferimento Le stazioni di trasferimento sono impianti di travaso dei rifiuti da mezzi più piccoli a mezzi di maggiore capacità. Vengono applicate quando i rifiuti raccolti capillarmente nelle città devono essere trasferiti su lunghe distanze fino all impianto di smaltimento. Chiaramente l obiettivo è quello della minimizzazione dei costi di trasporto. Per questo, al semplice travaso è frequentemente associata la compattazione del rifiuto (finanche a densità apparenti di circa 1 t/m 3 ). Esempi di applicazioni di stazioni di trasferimento riguardano anche le grandi discariche controllate, ove esse fungono da raccordo tra i mezzi urbani di raccolta e mezzi speciali ribaltabili particolarmente idonei al trasporto dei rifiuti entro l area della discarica in esercizio. Questo tipo di stazione di trasferimento è di norma ubicata nell area di servizio posta in ingresso alle discariche stesse. 3.6 LA RACCOLTA E IL TRASPORTO DEI RIFIUTI SPECIALI E PERICOLOSI La raccolta e il trasporto di questi rifiuti si basa su sistemi tradizionali. In particolare per il trasporto sono utilizzati: 23

24 per rifiuti solidi: automezzi con cassone (3 10 m 3 ) per rifiuti liquidi e melmosi: autocisterne (3 20 m 3 ) Per quanto riguarda il trasporto di riifuti liquidi pericolosi è invalso anche il trasporto in fusti sigillati. 3.7 IL TRATTAMENTO E LO SMALTIMENTO FINALE DEI RESIDUI. La fase del trattamento ha principalmente lo scopo di recuperare risorse materiali ed energetiche dal rifiuto. Essa viene attuata mediante trasformazioni meccaniche, termiche, chimiche o biochimiche. I più classici trattamenti sono quelli del riciclaggio o di termodistruzione con recupero di energia. In particolare negli impianti di riciclaggio si distinguono gli stadi di selezione idonea alla separazione delle singole frazioni valorizzabili e successivi stadi di nobilitazione atti a trasformare queste frazioni in prodotti commerciabili o socialmente utilizzabili. Sono tipiche fasi di nobilitazione i processi di compostaggio per la trasformazione di frazioni organiche umide in compost, come pure i processi per la produzione di R.D.F. (Refuse Derived Fuel-Combustibile derivato dai rifiuti), di recupero di ferro e altre componenti utili dai rifiuti. Sono altrettanto tipiche fasi di nobilitazione le lavorazioni attuate su carta, vetro, plastica, alluminio e frazione organica umida, provenienti dalla raccolta differenziata, per il recupero di materiali di un certo pregio. Il trattamento può anche limitarsi a semplici operazioni meccaniche atte a conseguire vantaggi nell economia del trasporto e/o dello smaltimento finale (tipico esempio è la semplice triturazione oppure la pressatura in balle del rifiuto). Il trattamento può avere anche lo scopo di ridurre od eliminare il carattere di pericolosità del rifiuto, in funzione del suo smaltimento finale. In quest ottica possono ad esempio essere considerati i pretrattamenti di rimozione della frazione organica umida prima del conferimento dei RSU in discarica, come pure i pretrattamenti atti a rimuovere composti pericolosi dai rifiuti destinati all incenerimento. Analogamente dicasi per rifiuti pericolosi di origine urbana (pile esauste) e di origine industriale (fanghi ricchi di metalli pesanti) sottoposti a trattamento di cementazione-solidificazione al fine di limitare il rischio di rilascio di elementi tossici in sede di discarica controllata. 24

25 Dunque, qualsiasi processo applicato al rifiuto (meccanico, chimico-fisico, biologico, termico) si configura sotto la voce trattamento. Sotto la voce smaltimento finale dei residui deve intendersi fondamentalmente la discarica controllata come ricettore finale di tutte le frazioni solide residuate dai trattamenti (rigetti di impianti di riciclaggio; scorie e ceneri degli impianti di termodistruzione). In senso più esteso potrebbero invece intendersi tutti i residui comunque riposti nell ambiente, quindi non solo di carattere solido, ma anche l emissione di fumi in atmosfera (es. fumi da termodistruzione) e lo smaltimento di reflui liquidi in corpi ricettori (reflui liquidi derivanti da trattamenti vari). I concetti sopra esposti si discostano dalla pratica corrente di considerare come smaltimento finale tutte le operazioni ultime attuate sui rifiuti, sia in termini di confinamento (discarica controllata), sia in termini di distruzione (ad es. termodistruzione) o trasformazione (ad es. trasformazione in compost; trasformazione chimica di un rifiuto pericoloso in rifiuto speciale). V è da considerare che la sequenza generale: raccolta + trasporto / trattamento / smaltimento finale dei residui, non sempre conserva tutte e tre le fasi. Per molte tipologie di Rifiuti Speciali e in alcuni casi per i RSU si va direttamente allo smaltimento finale in discarica controllata senza alcun trattamento intermedio. Analogamente, per certe tipologie di rifiuti si attua il recupero integrale diretto oppure il recupero integrale dopo trattamento, senza quindi la fase dello smaltimento finale dei residui. 3.8 LO SMALTIMENTO NELLA SITUAZIONE ATTUALE Accenno storico all evoluzione dei sistemi di trattamento/smaltimento in Italia La gestione dei rifiuti nel nostro Paese è stata regolata fino all anno 1982 da una Legge del Questa Legge era indirizzata soprattutto al controllo dei servizi di nettezza urbana e promuoveva il recupero e il riutilizzo di materiali. La gestione dei rifiuti a quei tempi era indirizzata soprattutto dalle economie imposte dalla guerra. Ad esempio fino al 1950 a Milano era in servizio un impianto di cernita manuale dei rifiuti e alcuni impianti di compostaggio erano attivi nel resto del nord Italia. Dopo questo periodo il boom economico ridusse le necessità di recupero dei materiali e, in conseguenza delle pressioni esercitate dagli esperti igienisti, l incenerimento venne considerato la soluzione ottimale per il trattamento dei rifiuti. Questa situazione fu ritenuta valida fino alla 25

26 fine degli anni 70, allorché la scoperta delle diossine nei fumi degli inceneritori determinò il blocco della costruzione di nuovi impianti. Negli anni 70 l interesse fu interamente rivolto ad impianti di riciclaggio integrale del rifiuto (recupero di plastica, ferro, pasta di carta, compost, vetro, RDF) dopo che a Roma venne posto in esercizio il primo impianto al mondo di questo genere (potenzialità di 1000 [t/d]). Il fallimento di questa iniziativa, alla fine degli anni 70, a causa della scarsa commerciabilità dei prodotti recuperati, impose una seria riconsiderazione circa l affidabilità del riciclaggio integrale del rifiuto grezzo. L idea del riciclaggio venne comunque mantenuta, anche se in una forma più pragmatica, ovvero limitata a quei prodotti che sembravano possedere una miglior valenza di mercato: ferro, compost e RDF. Tuttavia, si rilevò che il compost prodotto dagli impianti realizzati con questa logica risultava insoddisfacente in termini di qualità chimica (frequente eccesso di metalli pesanti, in particolare piombo), in alcuni casi di qualità merceologica (eccessi di vetro e plastica) e in altri casi di qualità agronomica (indici di germinazione; tasso di accrescimento; indice di respirazione). In altri termini si rivelò che, pur con processi di trattamento articolati e complessi, non si poteva disporre di compost qualitativo, come invece richiesto dalla pratica agricola e vivaistica. In aggiunta, rimaneva problematico l utilizzo energetico dell RDF a causa della permanente opposizione dell opinione pubblica verso soluzioni di termodistruzione. La discarica controllata dei rifiuti fu quindi considerata, agli inizi degli anni 80 come soluzione obbligata e la promulgazione di nuove Leggi e norme tecniche diede vigore a questa scelta. Nel 1982 entrò in vigore la nuova legislazione nazionale sui rifiuti che, insieme ad altre norme applicative, fissò il principio dei soluzioni integrate di smaltimento, basate sulla limitazione della produzione di rifiuti, il recupero di materiali, il riciclaggio, l incenerimento con recupero di energia e lo smaltimento in discarica dei soli residui dei vari trattamenti. Concetti, questi che si stanno affermando a livello comunitario e che rappresentano la linea di sviluppo operativo di gran parte dei Paesi industrializzati La situazione attuale. I criteri di smaltimento adottati oggi in Italia (1997) per i RSU, posti a confronto con quelli adottati in altri Paesi sono riportati nella Tabella 4. Si osserva come in Italia, al pari di quasi tutti gli altri Paesi citati, la discarica riveste un ruolo molto importante. Soltanto Svezia, Danimarca e soprattutto Giappone utilizzano in forma predominante l'incenerimento. 26

27 E' da rilevare che in molti Paesi, e tra questi soprattutto l'italia, l'uso dell'incenerimento è andato scemando nel ventennio a causa della forte opposizione dell'opinione pubblica e dei movimenti ambientalisti. Inoltre, molti piccoli impianti furono chiusi in seguito all entrata in vigore nel 1984 della nuova normativa (Normativa tecnica di attuazione del DPR 915/ 82) che prescriveva condizioni restrittive per il controllo dell inquinamento atmosferico e per l attuazione del recupero energetico. Il recupero/riciclaggio è attuato in misura diversa da Paese a Paese; comunque i dati esposti non sono tra loro sempre comparabili. In particolare i dati di USA e Danimarca considerano il recupero di quote di rifiuti assimilabili e rifiuti urbani pericolosi, non contemplate da altri Paesi. In ogni caso, relativamente ai Paesi dell U.E., la quota di materiali recuperati con la raccolta differenziata si aggira su valori medi del 5 10%. Le quote restanti sono in prevalenza dovute alla produzione di compost. Tabella 4: Metodi di smaltimento dei RSU adottai nei vari paesi (quantitativi percentuali) [Cossu, Carra, 1990, aggiornati al 1997]. Paese Discarica Incenerimento Recupero-riciclaggio Europa: Austria Danimarca Finlandia Francia Germania Italia Olanda Svezia Gran Bretagna Altri Paesi: USA Giappone STRATEGIE DI SMALTIMENTO PER IL PROSSIMO FUTURO. 27

28 5.6.1 I principi informatori dettati dall'u.e. Le strategie in atto nei diversi Paesi dell'u.e. sono conseguenti ad uno schema di priorità definito in una prima direttiva dell'u.e. del 1991 (direttiva 91/156/CEE) poi affinata in successive direttive. Tale schema risponde ai seguenti principi: a. Favorire prioritariamente la riduzione dei rifiuti alla fonte e la nocività dei rifiuti, attraverso interventi appropriati sui processi tecnologici di produzione; b. Secondariamente favorire il recupero e il riciclo di materiali, nonché l'uso dei rifiuti come fonte di energia; c. Destinare infine in discarica controllata i rifiuti residui, non più convenientemente valorizzabili. Questo tipo di schematizzazione sta chiaramente orientando i Paesi membri dell'u.e. verso soluzioni integrate del problema dei rifiuti, ovvero verso soluzioni imperniate su un mix di sistemi organizzativi e tecnologici, tra loro armonizzati al fine di conseguire i migliori benefici per la comunità in termini economici e di tutela dell'ambiente e della salute pubblica. Nel rispetto di questa direttiva i vari Paesi dell'u.e. hanno promosso le proprie legislazioni nazionali Gli orientamenti in atto nel settore dell'incenerimento La pianificazione dello smaltimento rifiuti in Italia e negli altri Paesi dell'u.e. sta orientandosi decisamente verso la rivalutazione della termodistruzione con recupero di energia, come elemento centrale delle strategie integrate. Questo concetto é stato affermato con forza dall'intervento delle diverse delegazioni che hanno partecipato al Worl-Wide Simposium Pollution in Large Cities: Science & Technology for planning environmental Quality - Padova, Italia- Febbraio 1994, sponsorizzato dall'organizzazione Mondiale della Sanità. Il forte ritorno di interesse verso questa tecnologia, molto contrastata negli anni 70 ed 80 in diversi Paesi, è principalmente connesso ai seguenti motivi: il formidabile progresso realizzato nei sistemi di trattamento dei fumi, che ormai incidono per più del 50% del costo complessivo di investimento per l intero impianto; il consistente vantaggio del recupero di energia, la più interessante risorsa tra tutte quelle (materiali compresi) recuperabili dai rifiuti; Questo vantaggio ha particolare significato economico per la situazione italiana se si considera che il nostro Paese importa dall'estero (Francia) sino al 40% del proprio fabbisogno di energia elettrica; 28

29 la possibilità, attualmente perseguita, di destinare alla termodistruzione rifiuti, eventualmente pre-trattati (RDF), in modo da migliorarne le caratteristiche di combustibilità e nel contempo di ridurre il contenuto di inerti e connessi rischi di emissione (metalli pesanti); soluzione effettivamente in grado di affrontare i problemi di un territorio urbano nel medio-lungo termine Gli orientamenti nel settore delle discariche controllate Attualmente in Italia l'allocazione di discariche controllate di RSU rappresenta non solo un rischio ambientale, ma anche un rilevante rischio sociale. Le popolazioni locali, fortemente sensibilizzate circa i problemi connessi con il traffico stradale dei rifiuti e soprattutto con le emissioni gassose maleodoranti, rifiutano decisamente qualsiasi proposta di allocazione nel proprio territorio. Questo stato di cose porta, soprattutto nelle aree più densamente abitate, a situazioni di vera "emergenza rifiuti" con affannosa ricerca di possibili sbocchi in aree più lontane e a volte persino all'estero. In Italia, in questi ultimissimi anni, ha sofferto di questa emergenza soprattutto la città di Milano con il proprio hinterland; anche gli altri Paesi dell'u.e. risentono in modo abbastanza accentuato della stessa sindrome. Il superamento dell impatto ambientale negativo delle discariche controllate è oggi oggetto di particolari ricerche e studi applicati. È opinione sempre più diffusa che sia necessario intervenire per ridurre il contenuto di materiale putrescibile nei rifiuti smaltiti. Ad esso infatti sono riconducibili i più gravi problemi di gestione delle attuali discariche, con particolare riferimento ai primi anni di vita (cattivi odori, migrazioni di biogas, produzioni di percolato). Questo obiettivo viene perseguito attraverso l'ammissione in discarica dei soli residui delle attività di riciclaggio ed incenerimento. In alcuni casi é invece attuata una degradazione biologica della frazione organica più fermentescibile attraverso l'impiego di stadi di fermentazione accelerata di breve durata (10 15 giorni). Applicazioni di questo concetto riguardano sia la frazione organica pre-selezionata meccanicamente dal rifiuto grezzo, sia il rifiuto grezzo semplicemente triturato. Una recente legislazione italiana (D.Lgs. n.22 del 5/2/1997) impone lo smaltimento in discarica dei soli residui di operazioni di riciclaggio e combustione (con recupero di energia) a partire dall anno Analoghe disposizioni sono contenute nella legislazione francese e di altri Paesi dell U.E. 29

30 5.6.4 Orientamenti nel settore del recupero-riciclaggio Tra i vari impianti di recupero quelli destinati al compostaggio sono stati molto popolari nei primi anni 80, quando in Italia venivano smaltite con questa tecnologia circa [t/a]. A seguito della legislazione promulgata successivamente (normativa tecnica di attuazione del DPR 915/ 82, emanata con il DPCM 27/7/1984) in merito alla qualità del compost, che stabiliva considerevoli restrizioni relativamente al contenuto di metalli pesanti e all uso di questo materiale, il numero degli impianti operativi diminuì e nel 1989 non venivano prodotte più di [t/a] (dati Ministero dell Ambiente), corrispondenti a circa [t/a] di R.S.U. trattati. Indipendentemente dal livello di funzionalità, in Italia sono stati realizzati 43 impianti per il trattamento di RSU indifferenziati (In alcuni casi oltre ai rifiuti è prevista anche una quota di fanghi biologici derivanti dalla depurazione dei liquami urbani). La potenzialità complessiva di trattamento assomma a circa [t/anno] di rifiuti (pari a circa il 10% dei RSU prodotti oggi in Italia), con capacità media di ogni impianto pari a circa 200 [t/d] di rifiuto in ingresso. Urbini e Zorzi hanno valutato su un periodo di vari anni ( ) la qualità del compost prodotto in diversi impianti italiani. Specificatamente questo studio ha identificato gli effetti delle tecnologie di processo utilizzate sulla qualità dei compost prodotti e ha paragonato le caratteristiche del compost con quelle dei più comuni fertilizzanti. Basandosi sulle informazioni sintetizzate nelle Tabelle 5 e 6, sono state formulate le seguenti considerazioni: Il compost derivato da RSU indifferenziati alla fonte presentano in genere bassi contenuti di sostanza organica: in 21 campioni su 41 non si raggiunge il limite minimo del 40% imposto dalla normativa; quasi metà dei campioni di compost esaminati presenta un livello di umificazione inferiore al limite del 20% previsto dalla normativa; considerando gli inquinanti chimici la maggior parte dei compost italiani non rispetta i limiti di accettabilità di tutti i metalli e in particolare del piombo, che risulta in eccesso in 21 campioni su 37; circa metà dei campioni analizzati supera infine i limiti imposti per la presenza di residui di vetro e plastica; i valori degli indici biologici attestano che la maggior parte dei compost da RSU non sono sufficientemente stabilizzati; i bassi indici di germinazione e gli elevati valori dell indice di respirazione indicano insufficienti tempi di maturazione e condizioni di processo non ottimali. 30

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