Tribunale Napoli, Sezione 12 civile. Sentenza 14 aprile 2014, n Integrale RESPONSABILITA' PER DANNI DERIVANTI DA COSE IN CUSTODIA

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1 Tribunale Napoli, Sezione 12 civile Sentenza 14 aprile 2014, n Integrale RESPONSABILITA' PER DANNI DERIVANTI DA COSE IN CUSTODIA REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI NAPOLI SEZIONE DODICESIMA CIVILE in composizione monocratica e nella persona del Giudice dott. Giovanni Scotto di Carlo, ha emesso la seguente SENTENZA (redatta ai sensi degli art. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., come modificati dalla legge n. 69, applicabili ai giudizi già pendenti) nella causa iscritta al n del Ruolo Generale A.C. dell'anno 2005, ad oggetto: RISARCIMENTO DANNI vertente TRA AL.GI., rappresentato e difeso dall'avv. St.Pu. giusta procura a margine della citazione ATTORE E COMUNE DI QUALIANO, rappresentato e difeso dall'avv. Cl.Te. giusta procura in calce alla citazione notificata CONVENUTO AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI NAPOLI (p.iva ), in persona del Presidente della Giunta Regionale, rappresentata e difesa dall'avv. Al.D. giusta procura ad lites per notaio Fa.Sa.Fl. CONVENUTA CURATELA FALLIMENTARE della s.p.a. SM. CHIAMATA IN CAUSA CONCLUSIONI DELLE PARTI All'udienza relativa le parti concludevano riportandosi ai rispettivi atti e scritti difensivi, e quindi a tutte le difese svolte nel corso del giudizio, chiedendo l'accoglimento delle domande e conclusioni ivi rassegnate. Lex24 - Gruppo 24 ORE Pagina 1 / 6

2 MOTIVI DELLA DECISIONE L'attore Al.Gi. conveniva in giudizio il Comune di Qualiano e la Provincia di Napoli esponendo che il giorno 5/6/2005 alle ore 18,55 circa, mentre si trovava alla guida del proprio motoveicolo Yamaha 150 tg. (...) e percorreva la via Circumvallazione Esterna, finiva con le ruote in un avvallamento stradale non segnalato e cadeva a terra; precisava che il motoveicolo riportava danni per la cui riparazione era necessaria la somma di Euro 2.869,00 e che egli riportava anche lesioni personali con postumi permanenti, per i quali riteneva spettargli un risarcimento quantificato in Euro 4.373,00: chiedeva pertanto la condanna del convenuto comune e dell'amministrazione provinciale al risarcimento di tali danni. Il Comune di Qualiano resisteva alla domanda, eccependo il difetto di legittimazione passiva e comunque deducendone la infondatezza. La Provincia di Napoli deduceva che l'eventuale responsabilità ricadeva sul Comune, tenuto alla manutenzione dei tombini allocati sulla strada provinciale, ed aggiungeva di aver affidato la manutenzione della strada alla Sm. s.p.a., che chiedeva ed otteneva di chiamare in causa a scopo di garanzia. Si costituiva anche la Sm. s.p.a., chiedendo il rigetto di ogni domanda proposta nei propri confronti. Nel corso del giudizio sopravveniva la dichiarazione di fallimento della s.p.a. Sm., sicché il giudizio veniva dichiarato interrotto e successivamente riassunto ad iniziativa dell'attore. Espletata istruttoria testimoniale, veniva nominato un c.t.u. medicolegale, cui veniva conferito incarico peritale; in conseguenza della rinunzia successivamente espressa dall'ausiliare, veniva nominato altro consulente, che provvedeva all'espletamento del mandato; infine, precisate le conclusioni, la causa passava in decisione con la concessione dei termini per il deposito di conclusionali e repliche. Orbene, le deposizioni rese nel corso dell'istruttoria hanno sostanzialmente confermato la dinamica dell'evento descritta in citazione, avendo i testimoni riferito che l'attore, nelle circostanze di tempo e luogo indicate, finiva con la ruota del motoveicolo in un avvallamento stradale presente intorno ad un tombino collocato al centro della strada, non segnalato, cadendo quindi a terra e riportando ferite. In definitiva, deve ritenersi provato che, sotto il profilo della dinamica dell'evento e la ricorrenza del nesso di causalità, la caduta è avvenuta per effetto della presenza della buca. Risulta accertato che la proprietà del tratto di strada appartiene alla Provincia di Napoli; poiché la caduta è da ricondurre alla presenza di un avvallamento nella pavimentazione stradale posta intorno ad un tombino, e non ad un cedimento oppure ad un difetto di sistemazione e manutenzione del tombino comunale, la legittimazione passiva compete esclusivamente all'amministrazione provinciale, tenuta alla manutenzione della strada, e non anche al comune di Qualiano. Ciò posto in fatto, in punto di diritto occorre anzitutto premettere che la responsabilità della P.A. in conseguenza di un sinistro cagionato da un bene ad essa appartenente può essere configurata sotto due profili: in primis, la responsabilità colposa della P.A. può discendere dalla "generalklausel" di cui all'art c.c., atteso che, secondo la consolidata giurisprudenza, la pubblica amministrazione incontra, nell'esercizio del suo potere discrezionale nella vigilanza, manutenzione e controllo dei beni demaniali, limiti derivanti dalle norme di legge e di regolamento, nonché dalle norme tecniche e da quelle di comune prudenza e diligenza, ed, in particolare, dalla norma primaria e fondamentale del neminem laedere, in applicazione della quale essa è tenuta a far sì che il bene demaniale non presenti per l'utente una situazione di pericolo occulto, cioè non visibile né prevedibile, che dia luogo al cosiddetto trabocchetto o insidia; inoltre, la responsabilità della pubblica amministrazione può essere ricondotta alla responsabilità da custodia ex art c.c., per danni causati dall'omessa custodia dei beni demaniali, quali sono le strade pubbliche. Posto che l'attore ha genericamente dedotto la responsabilità dell'ente, senza specificarne la natura o la norma di riferimento, occorre qualificare la domanda e verificare la eventuale ricorrenza della speciale fattispecie di responsabilità prevista dall'art c.c.. Orbene, la questione della invocabilità della presunzione di cui all'art c.c. nei confronti della pubblica amministrazione, per danni causati da beni demaniali, è stata recentemente oggetto di contrasti giurisprudenziali, anche in seno alla Suprema Corte; in particolare, a partire dalla sentenza della Corte di Cassazione n del 2006, nel riprendere l'orientamento delineato da alcune precedenti pronunzie emesse nel solco segnato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 156 del 1999, si è affermata la generale applicabilità della responsabilità da custodia ex art c.c. alla pubblica amministrazione, configurata quale responsabilità basata su una presunzione legale di colpa, vincibile con la prova del fortuito da parte del custode (proprietario del bene o ente concessionario), consistente nell'aver mantenuto la condotta diligente dovuta, in relazione alle circostanze concrete, senza che al riguardo possano considerarsi ostative le caratteristiche della demanialità o patrimonialità del bene e dell'uso diretto della cosa da parte della generalità dei consociati. Tale pronuncia è venuta così a disattendere il diverso orientamento, precedentemente affermato da varie sentenze della Suprema Corte (n. 376, n. 2410, n e n del 2005, n del 2006), che nel ravvisare nell'art c.c. un'ipotesi di responsabilità oggettiva, in base alla quale il custode è tenuto a risarcire il danno provocato dalla cosa in ragione della mera relazione di disponibilità e controllo della medesima, salvo il caso fortuito (quest'ultimo inteso come fattore attinente non già ad un comportamento del responsabile bensì al mero profilo causale dell'evento, quale elemento esterno o fatto estraneo alla sfera di custodia, ivi compreso il fatto del danneggiato o del terzo idoneo ad interrompere il nesso di causalità), ne escludeva viceversa l'applicabilità nei confronti della P.A. per quelle Lex24 - Gruppo 24 ORE Pagina 2 / 6

3 categorie di beni demaniali che sono oggetto di utilizzo generale e diretto da parte dei terzi, per i quali non si ritiene oggettivamente possibile un efficace controllo ed una continua vigilanza tale da impedire l'insorgere di cause di pericolo per i cittadini. La più recente giurisprudenza, operando una sintesi ricostruttiva degli orientamenti citati alla luce dei criteri generali, si è consolidata nel senso di riaffermare la qualificazione dell'ipotesi di cui all'art c.c. come avente natura di responsabilità oggettiva (Cass n. 713; Cass n ; Cass n ; Cass n ), ritenendola riscontrabile anche nei confronti della P.A. per omessa custodia di beni demaniali (Cass n ; Cass n ; Cass n ). L'orientamento consolidatosi ritiene quindi che la responsabilità prevista dall'art c.c. per i danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia e una relazione di fatto tra il soggetto responsabile e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla e di eliminare prontamente le situazioni di pericolo che siano insorte; detta norma non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria all'affermazione della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità o eccezionalità (Cass n. 8005; Cass n. 713); in particolare, qualora una strada adibita all'uso pubblico presenti alterazioni o anomalie tali da creare una situazione di pericolo per gli utenti, il custode tenuto alla manutenzione incorre, ai sensi dell'art.2051 c.c., in responsabilità oggettiva per i danni provocati dalle suddette anomalie, ed il nesso causale fra la accertata situazione di pericolo e il danno può essere desunto dalla mera contestualità temporale e spaziale nonché dalla logica e normale consequenzialità fra la situazione della strada ed il tipo di evento che si è verificato (Cass n ). In quest'ottica, l'insidia, cioè quella situazione di fatto che, per la sua oggettiva invisibilità ed imprevedibilità, integra pericolo occulto, è configurabile anche con riferimento al danno cagionato da cose in custodia, ed in tale ipotesi ha solo l'effetto di caratterizzare l'oggetto concreto dell'onere della prova a carico del custode, nel senso che quest'ultimo, per liberarsi da responsabilità, è tenuto a dimostrare l'insussistenza del nesso eziologico tra la cosa, che ha prodotto o nell'ambito del quale si è prodotta l'insidia, ed il danno, in quanto determinato da cause non conoscibili né eliminabili con sufficiente immediatezza da parte sua, neppure con la più efficiente attività di vigilanza e manutenzione (Cass n ). Si puntualizza però che la responsabilità ex art c.c. non può trovare applicazione ogni qual volta sul bene demaniale, per le sue caratteristiche, non risulti possibile esercitare la custodia, intesa quale potere di fatto sulla stessa: l'estensione del bene demaniale e l'utilizzazione generale e diretta dello stesso da parte dei terzi, sotto tale profilo, assumono soltanto la funzione di circostanze sintomatiche e non dimostrano di per sè l'eventuale impossibilità, per cui, con riguardo al demanio stradale, la ricorrenza della custodia deve essere esaminata non soltanto con riguardo all'estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che li connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche assumono rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti. Nella fattispecie, in considerazione di quanto emerso, può ritenersi configurabile e ricorrente l'ipotesi di responsabilità ex art c.c.. Nondimeno, una volta stabilita l'applicabilità della responsabilità ex art c.c., deve valutarsi anche l'eventuale concorso di colpa del danneggiato, che, anche laddove non idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa, costituita dalla cosa in custodia, ed il danno, può determinare un concorso colposo ai sensi dell'art.1227 c.c. (Cass n ; Cass n ). In relazione ai danni verificatisi nell'uso di un bene demaniale, tanto nel caso in cui risulti in concreto configurabile una responsabilità oggettiva della P.A. ai sensi dell'art c.c., quanto in quello in cui risulti invece configurabile una responsabilità ai sensi dell'art c.c., l'esistenza di un comportamento colposo dell'utente danneggiato, consistente nell'aver usato del bene senza la normale diligenza o con un affidamento soggettivo anomalo sulle sue caratteristiche ovvero ignorando eventuali avvisi o divieti, esclude la responsabilità dell'amministrazione qualora si tratti di un comportamento idoneo a interrompere il nesso eziologico tra la situazione pericolosa ed il danno, mentre in caso contrario esso integra un concorso di colpa ai sensi dell'art comma I c.c., con conseguente diminuzione della responsabilità della P.A. danneggiante in proporzione all'incidenza causale del comportamento colposo del danneggiato (Cass n. 5669; Cass n. 713). Quanto alla configurabilità di tale concorso del fatto colposo del danneggiato, va ricordato che, com'è noto, il rigore del principio dell'equivalenza delle cause, alla stregua del quale se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni deve riconoscersi ad ognuna di queste efficacia causale, trova necessario temperamento nel principio della causalità giuridica, in base al quale se una di tale azioni o omissioni (che può consistere anche nel comportamento del danneggiato) risulti idonea a rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, risponde dell'evento soltanto l'autore della condotta sopravvenuta; nel campo civile si ha quindi interruzione del nesso causale, per effetto del comportamento dello stesso Lex24 - Gruppo 24 ORE Pagina 3 / 6

4 danneggiato, soltanto quando il fatto di quest'ultimo si ponga come unica ed esclusiva causa dell'evento dannoso, restando possibile la comparazione di più cause concorrenti in presenza di una pluralità di comportamenti colposi aventi efficacia causale aggiuntiva ma non esclusiva. In tale ipotesi soccorre il principio di cui al comma primo dell'art c.c., il quale disciplina non già la colpa, bensì il nesso causale tra condotta ed evento: tale ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell'evento dannoso va distinta, anche sul piano processuale, dalla diversa ipotesi disciplinata dal comma secondo del medesimo art. 1227, che prevede invece il verificarsi del solo aggravamento del danno, ove tale aggravamento sia stato determinato dallo stesso danneggiato senza aver contribuito in alcun modo alla sua causazione; nel primo caso, cioè del concorso causale del fatto colposo del danneggiato, il giudice deve proporsi d'ufficio l'indagine in ordine alla esistenza del concorso di colpa, mentre la sola seconda ipotesi costituisce oggetto di eccezione in senso stretto (Cass n ; Cass n ; Cass n ). Calando quindi nella fattispecie concreta gli orientamenti giurisprudenziali innanzi citati, occorre anzitutto rilevare che parte attrice ha senza dubbio provato l'esistenza della situazione pericolosa, costituita dalla presenza dell'avvallamento nella pavimentazione stradale, ed è altresì palese l'esistenza del nesso di causalità tra la situazione pericolosa predetta ed i danni; deve quindi affermarsi la sussistenza di responsabilità ex art c.c. a carico dell'amministrazione provinciale, proprietaria della strada, che non ha viceversa dimostrato il fatto fortuito o l'assoluta impossibilità di ravvisare ed eliminare tempestivamente la situazione pericolosa. Va però evidenziata anche l'esistenza di un palese concorso di colpa: infatti, considerato che la caduta del motociclo è stata causata dalla presenza di un avvallamento stradale, cioè da una discontinuità curvilinea e progressiva della pavimentazione, e non da una buca spigolosa o da un gradino nel tappetino stradale, appare chiaro che il conducente procedeva a velocità superiore a quella consentita (limite pari a 50 Km/h) e comunque non prudenziale rispetto alla conformazione dei luoghi, poiché altrimenti l'avvallamento non avrebbe determinato una così rovinosa caduta con gravi conseguenze sia sulla meccanica del veicolo che sul fisico del conducente. Venendo dunque alla quantificazione concreta del concorso della condotta colposa nella determinazione dell'evento dannoso e delle sue conseguenze, considerato quanto innanzi evidenziato, con particolare riguardo alla entità dell'insidia e nel contempo alla imprudenza e negligenza della vittima, ritiene questo giudice che l'entità causale della colpa concorrente debba essere graduata nella misura del 50%, restando il residuo 50% da addebitarsi alla già descritta responsabilità dell'amministrazione comunale. Giungendo quindi alla determinazione del danno al veicolo, l'attore ha prodotto solo un preventivo ed alcune fotografie: da queste ultime i danni non appaiono particolarmente gravi, sicché non può ritenersi provata la sussistenza del nesso di causalità tra talune lavorazioni e sostituzioni indicate in preventivo ed i danni causati dalla caduta: procedendo ad una valutazione equitativa, il danno può essere pertanto liquidato in Euro 2.000,00, all'attualità. Passando al danno alla persona, si rileva che dalla consulenza tecnica di ufficio, espletata in maniera approfondita ed esauriente e riguardo alla quale non sono sorte sostanziali contestazioni, ha accertato che egli ha patito un danno biologico da invalidità permanente, oggettivamente riscontrabile, quantificabile nella misura del 1%, nonché un'invalidità temporanea totale di gg. 2, parziale al 50% di gg. 25 ed al 25% di ulteriori gg.15. Occorre quindi procedere alla liquidazione del danno non patrimoniale. In proposito, va rilevato che la recente sentenza n resa dalla Sezioni Unite della Corte di Cassazione in data , ha svolto una complessiva ed esaustiva valutazione della nozione di danno non patrimoniale, stabilendo che quest'ultimo costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, all'interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva, ragion per cui è da ritenersi scorretto e non conforme al dettato normativo pretendere di distinguere il c.d. "danno morale soggettivo", inteso quale sofferenza psichica transeunte, dagli altri danni non patrimoniali: la sofferenza morale, infatti, non è che uno dei molteplici aspetti di cui il giudice deve tener conto nella liquidazione dell'unico danno non patrimoniale, e non un pregiudizio a sé stante. Da questo principio, le SS.UU. della Suprema Corte hanno tratto il corollario per cui non è ammissibile nel nostro ordinamento la concepibilità di un danno definito "esistenziale", inteso quale la perdita del fare areddituale della persona: una simile perdita, ove causata da un fatto illecito lesivo di un diritto della persona costituzionalmente garantito, non costituisce altro che un ordinario danno non patrimoniale, di per sé risarcibile ex art c.c., che non può essere liquidato separatamente sol perché diversamente denominato; ulteriore conseguenza tratta nella sentenza citata consiste nel negare la risarcibilità dei danni non patrimoniali "bagatellari", ossia quelli futili ed irrisori. Per quanto attiene alla liquidazione unitaria del danno non patrimoniale, la sentenza delle SS.UU. della Cassazione n dell' ha altresì chiarito che il danno non patrimoniale va risarcito integralmente, ma senza duplicazioni, sicché deve ritenersi sbagliata la prassi, sinora uniforme e consolidata, di liquidare, in caso di lesioni alla persona, sia il danno biologico che quello morale, considerandole voci autonome e distinte, perché entrambi costituiscono pregiudizi del medesimo tipo e della stessa natura. Le successive sentenze della Corte di Cassazione hanno precisato e chiarito come, pur affermando che danno morale e biologico non sono Lex24 - Gruppo 24 ORE Pagina 4 / 6

5 autonome categorie di danni, il giudice debba comunque tenerne conto ai fini della liquidazione del risarcimento in quanto descrivono la lesione subita (Cass n.29832) e che la insuscettibilità di suddivisione in categorie del danno non patrimoniale non consente di omettere la considerazione del patimento morale, bensì impone soltanto di ricondurre ad una categoria unitaria il pregiudizio derivante dalla lesione di tutti gli interessi inerenti la persona e non connotati da rilevanza economica (Cass n. 479; Cass n. 557; Cass n. 794). Pertanto, tenuto conto del grado d'invalidità patito e dell'età del soggetto, considerando le tabelle uniformi di liquidazione, ed in particolare la tabella di liquidazione delle cd. micropermanenti elaborata in applicazione dell'art. 139 del D.Lgs. 209/05, il danno non patrimoniale omnicomprensivo per l'invalidità permanente e temporanea va determinato in Euro 1.540,00. Pertanto il danno complessivo, patrimoniale e non patrimoniale, ammonta ad Euro 3.540,00. Per effetto del concorso di colpa gli importi predetti vanno ridotti della metà, giungendo quindi ad un risarcimento pari ad Euro 1.770,00. Detta somma rappresenta soltanto il risarcimento all'attualità, mentre il ritardo nella sua corresponsione dà luogo all'ulteriore credito risarcitorio per lucro cessante che, secondo la più recente giurisprudenza (Cass. SS.UU n. 1712) non può realizzarsi automaticamente con l'attribuzione degli interessi compensativi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno rivalutata all'attualità (come ritenuto dal tradizionale orientamento), ma va riconosciuto sulla base dei mezzi di prova anche presuntivi e liquidato mediante l'utilizzazione di criteri equitativi, uno dei quali, se non l'unico, è quello dell'attribuzione di interessi sulla somma corrispondente al credito risarcitoria, via via rivalutato. In particolare, può efficacemente farsi uso di un indice medio di rivalutazione (Cass n. 7692; Cass n. 492). Nella specie, in mancanza di una prova specifica del danno derivante dal ritardo nella corresponsione della somma dovuta ed in considerazione della svalutazione monetaria intercorsa dalla data dei fatti a quella odierna, dell'entità delle somme dovute, del tasso di interesse legale e dei tassi medi di interesse ricavabili con le più comuni forme di investimento, si stima equo riconoscere l'attribuzione degli interessi nella misura del 2,5% annuo a decorrere dalla data del fatto e da calcolare sulla somma media tra quella rappresentante il risarcimento dei danni all'attualità, ovvero Euro 1.770,00, e quella rappresentante il danno risarcibile all'epoca del fatto, che, tenuto conto degli indici Istat, risulta pari a Euro 1.475,00: orbene, il valore medio (dato dalla somma dei precedenti divisa per due) risulta Euro 1.622,50; su questa ultima somma vanno quindi calcolati gli interessi al tasso del 2,5% a far data dal sinistro fino alla data della presente sentenza. La prescelta modalità di liquidazione del danno da lucro cessante è da ritenere in linea con la soluzione suggerita dalla giurisprudenza innanzi citata, a termini della quale il risarcimento del danno in esame non può che essere calcolato tenendo presente che al momento del fatto e in quelli intermedi, la somma che avrebbe ricevuto il danneggiato e dalla quale il medesimo avrebbe potuto trarre le utilità tipiche del denaro, è inferiore a quella determinata all'attualità, corrispondendo la prima alla somma liquidata all'epoca del fatto, e le successive alla rivalutazione graduale e progressiva della stessa. Mette conto aggiungere che, nella applicazione sopra descritta, rivalutazione ed interessi costituiscono componenti del danno del quale è stato chiesto il risarcimento e possono quindi essere riconosciuti indipendentemente da una specifica richiesta di parte (Cass n ; Cass n ). Infine, verificandosi la liquidazione del danno e divenendo l'obbligo di pagamento obbligazione di valuta, spetteranno gli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza fino al soddisfo. In conseguenza dell'intervenuto fallimento della società chiamata in causa, la domanda di garanzia e manleva proposta dalla Provincia di Napoli è divenuta improcedibile. Tenuto conto della declaratoria di una responsabilità colposa concorrente, ricorrono giusti motivi (nella fattispecie trova applicazione il testo dell'art. 92 c.p.c. antecedente alla modifica introdotta con la legge 69/09) per compensare le spese ed il convenuto comune di Qualiano; le spese processuali tra l'attore e la convenuta Provincia di Napoli seguono invece soccombenza e si regolano come in dispositivo. P.Q.M. Il Giudice, definitivamente pronunziando, disattesa ogni contraria istanza, difesa ed eccezione, così provvede: 1) dichiara la responsabilità concorrente dell'amministrazione Provinciale di Napoli nella determinazione dell'evento dannoso oggetto di causa, quantificando tale responsabilità in misura pari al 50% e commisurando la corresponsabilità dell'attore nella misura del 50%; 2) condanna l'amministrazione Provinciale al pagamento in favore di Al.Gi., a titolo di risarcimento danni e per la parte di responsabilità concorrente gravante sull'ente, della complessiva somma di Euro 1.770,00, oltre interessi al tasso del 2,5% annuo calcolati sulla somma di Euro 1.622,50 a far data dal 5/6/2005 fino alla data di pubblicazione della presente sentenza, ed infine oltre interessi al tasso legale a far data dalla Lex24 - Gruppo 24 ORE Pagina 5 / 6

6 pubblicazione della presente sentenza e fino al soddisfo; 3) rigetta la domanda proposta dall'attore nei confronti del Comune di Qualiano, compensando le spese tra quest'ultimo e l'attore; 4) condanna l'amministrazione Provinciale di Napoli al pagamento delle spese processuali in favore dell'attore, che si liquidano in Euro 780,00 per esborsi (ivi compresa le spese di c.t.u.) ed in Euro 1.750,00 per compensi professionali, oltre IVA e CPA secondo le aliquote vigenti, con attribuzione ex art. 93 c.p.c. in favore dell'avv. St.Pu.. Così deciso in Napoli il 14 aprile Depositata in Cancelleria il 14 aprile Lex24 - Gruppo 24 ORE Pagina 6 / 6

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