15 Novembre 2012 Corso di educazione finanziaria Banca di Parma credito cooperativo in fase autorizzativa Banca d'italia.

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1 15 Novembre 2012 Corso di educazione finanziaria Banca di Parma credito cooperativo in fase autorizzativa Banca d'italia. INTERVENTO DOTT. LUIGI AMORE SEGRETARIO GENERALE FONDAZIONE CARIPARMA Vorrei innanzitutto ringraziare gli Organizzatori per l attestazione di stima implicita nell invito a partecipare a questo incontro; stima attribuibile pressoché esclusivamente al ruolo ed alla storia della Fondazione Cariparma, cui mi onoro di appartenere, più che ai limiti della mia persona. Cercherò nel mio intervento di tratteggiare a grandi linee qual è lo stato dell arte del modello di banca commerciale legata al territorio, in relazione alle sfide proposte dalla crisi economica e quindi all impatto che tale modello ha sulle tematiche sociali connesse al ciclo risparmio-investimento, che potremmo sintetizzare nel binomio occupazione-crescita. I riferimenti, per chi fosse interessato ad approfondire l argomento, sono tratti dal Rapporto sul Sistema Finanziario Italiano della Fondazione Rosselli, giunto ormai alla XVII edizione, presentato a Roma ad inizio ottobre. Per quanto ovvio, vi prego comunque di tener presente che le eventuali opinioni che esporrò, a commento dei dati del Rapporto, sono da considerarsi mie personali e quindi non devono intendersi come posizione ufficiale dell Istituzione cui appartengo. Il modello di banca commerciale legata al territorio (o territoriale) può essere considerato il tratto distintivo dell industria bancaria e finanziaria italiana. Gli elementi economici distintivi del modello sono essenzialmente tre: 1. nella composizione delle passività, il ruolo dominante è rappresentato dalla raccolta al dettaglio di depositi; 2. nella composizione delle attività, la componente prevalente è costituita dal credito commerciale alle imprese; 3. il rapporto tra raccolta di depositi ed erogazione del credito tende a essere stabile nel tempo e omogeneo geograficamente. Le prime due caratteristiche differenziano la banca commerciale dalla banca d investimento; la terza caratteristica differenzia, tra le banche commerciali, quelle in cui la riallocazione interna dei flussi è molto accentuata da quelle in cui lo è meno. Le tre caratteristiche economiche aiutano ad identificare quelle banche che basano la loro attività di intermediazione, da un lato, sulla capacità di coniugare nell erogazione del credito l utilizzo di informazioni soggettive oltre che oggettive; dall altro lato, su una capacità di indebitamento stabile, in quanto basata sulla raccolta al dettaglio presso famiglie e imprese. Inoltre le due caratteristiche sono tra loro collegate, in quanto la raccolta del risparmio è reinvestita in erogazioni di credito commerciale, contribuendo a dare stabilità temporale e geografica al volano risparmio-credito. Alla luce della crisi dei mercati finanziari, è un modello efficace e sostenibile? Ovvero, è un modello che permette di perseguire un allocazione dei flussi effettivamente coerente con la stabilità finanziaria e la crescita economica? Ricordiamo che un sistema bancario è affidabile quando è in grado di assorbire gli shock, nel senso di garantire una dinamica regolare e sana degli impieghi e del risparmio. L affidabilità sui mercati può essere

2 verificata a due livelli. A un primo livello, un sistema bancario è tanto più affidabile quanto meno ci sono casi diffusi di instabilità aziendale: l inatteso fallimento di più banche distrugge valore, in quando ne sono colpiti i risparmiatori e le imprese che si affidavano ai servizi di quelle banche. La bancarotta di singoli intermediari può poi trasformarsi in crisi di fiducia, che a sua volta può essere il preludio di una crisi anche economica. Negli ultimi quattro anni abbiamo assistito a fallimenti bancari rilevanti in diversi Paesi, ma non in Italia. A un secondo livello, un sistema bancario è tanto più affidabile quanto più ampia è la sua capacità aggregata di offrire credito, evitando una restrizione sistematica che colpisca imprese e famiglie, in situazioni di incertezza o di caduta dell attività reale, e riducendo quindi i rischi di fenomeni di razionamento. L analisi dei dati aggregati del 2011 contenuta nel Rapporto conferma l affidabilità aggregata del modello in termini di erogazione del credito, mostrando inoltre il ruolo complementare giocato dalle banche di dimensioni diverse: la crescita del credito alle imprese rallenta infatti allo 0,5% dallo 0,9%, ma la differenza sta nel rallentamento delle grandi banche, che contraggono il credito del 2,8%, rispetto alle banche medie e piccole, che continuano a far crescere gli affidamenti all 1,4% annuo. Una ragione di questo comportamento è che le grandi banche sono state finora meno strutturate sul modello di banca commerciale territoriale rispetto alle banche medie e piccole. Infatti, nella loro raccolta il peso della componente non al dettaglio è stato relativamente più alto, mentre nelle loro attività il ruolo della componente diversa dal credito commerciale è stato maggiore, con i conseguenti riflessi sia sul rapporto crediti/depositi che sul livello di indebitamento. La crisi di liquidità, perciò, ha avuto, almeno inizialmente, più effetti sulle banche maggiori e sulla necessità di ricomporre i portafogli, con effetti sulla disponibilità di credito. Se ne può concludere che negli ultimi due anni le banche più vicine al modello si sono mostrate un efficace ammortizzatore della crisi. La relazione tra dimensione bancaria e stabilità è stata affrontata anche dal punto di vista sistemico: l analisi delle banche europee quotate nel periodo mostra che il rischio sistemico tende a essere correlato con il livello di indebitamento e, in misura minore, con la dimensione. Se teniamo conto del fatto che il modello di banca commerciale territoriale è in generale inversamente correlato sia con il livello di indebitamento che con la dimensione, otteniamo un ulteriore segnale dell efficacia del modello sempre in termini di affidabilità. Questo modello è però oggi caratterizzato da una rilevante incognita: la sua redditività. Un sistema economico in crescita può essere accompagnato senza problemi da un modello di banca commerciale territoriale, che finanzia gli investimenti che imprese e famiglie hanno deciso di fare, sulla base di condizioni economiche, effettive o prospettiche, favorevoli. Ma quando come è oggi la situazione italiana il sistema economico attraversa una crisi strutturale di produttività, accompagnata e aggravata da una crisi congiunturale della domanda interna, la redditività del modello può essere assicurata solo dalla ricerca di nuove economie di scala e di scopo, che riguardano i ricavi e i costi così come l innovazione tecnologica. In altri termini, la desiderabilità del modello in termini di efficacia riguardo alla stabilità può trovare vincoli severi fino a diventare insormontabili in termini di redditività, efficienza e innovazione dei servizi. La rete bancaria italiana è, infatti, caratterizzata da un numero di sportelli particolarmente elevato (56 filiali ogni abitanti, contro 41 nella media europea e 38 negli Stati Uniti), e nel contempo l affermazione anche in Italia delle transazioni online sta riducendo del 15% all anno il numero di operazioni effettuate presso gli sportelli fisici. La profondità e la durata della crisi economica stanno d altronde gonfiando la massa dei crediti deteriorati, cresciuta di tre volte in soli quattro anni, anche per effetto dell applicazione di nuovi criteri contabili, e sta di

3 conseguenza esplodendo il costo del rischio di credito in rapporto ai ricavi lordi. Ma già tali ricavi, nell ultimo quinquennio, hanno subito una flessione annua aggregata del 3,3%, mentre i costi operativi sono rimasti sostanzialmente immobili, con una riduzione annua di solo lo 0,5%. Anche i valori di avviamento presenti nei bilanci, frutto delle acquisizioni degli anni passati, hanno necessità di essere riallineati alle attuali ridotte quotazioni dei mercati, con conseguenti oneri straordinari. I margini delle banche si stanno di conseguenza molto assottigliando, con un Roe nell ordine solo del 2%, contro un costo del capitale valutabile oggi dell 11%. Il modello della banca commerciale territoriale ha dunque di fronte un enorme sforzo per cambiare pelle, senza rinunziare alla sua ossatura e vocazione: semplificazioni e riqualificazione di reti, di organizzazione sul territorio e di governance, sviluppo della banca digitale e innovazione tecnologica, ricerca di produttività commerciale e di nuovi servizi che producano ricavi, cessione o chiusura di attività improduttive o in perdita. La dimensione della banca, per offrire più ampie possibilità di economie di scala, di razionalizzazione di strutture e costi e di innovazione dei servizi, torna dunque ora prepotentemente in gioco. Veniamo ora, date le premesse, ad alcune considerazioni circa l impatto di tale situazione su alcune tematiche sociali, in primis sul tema caldissimo della crescita e dell occupazione. Un sistema a imprenditorialità diffusa cioè dominato dalle piccole e medie imprese (Pmi) caratterizzato da bassa produttività e domanda interna anemica (anche per i noti vincoli di finanza pubblica) può evitare il declino, e quindi invertire l attuale trend recessivo e di non piena occupazione? Normalmente vengono indicati due sentieri di possibile uscita da una situazione simile, tra loro intrecciati: innovazione e internazionalizzazione, che si aggiungono a crescita dimensionale, e qui il contributo specifico del modello di banca commerciale territoriale si gioca a mio giudizio soprattutto sul tema dell innovazione del tessuto produttivo italiano. Innanzitutto occorre mantenere fermo il principio che il credito commerciale finanziato da depositi deve essere utilizzato solo per investimenti produttivi delle imprese clienti che presentino un profilo di rischio coerente con la sana e prudente gestione. Dato tale principio, la tendenza all innovazione e (e, sotto certi aspetti, anche all internazionalizzazione) delle imprese servite può essere virtuosamente associata al modello di banca commerciale territoriale. In particolare, per quanto concerne il rapporto tra innovazione e credito commerciale, una prima domanda che il Rapporto si pone è: c è stato razionamento per le imprese innovative? I risultati mostrano una differenza sostanziale tra il razionamento percepito che c è e il razionamento effettivo che invece non c è. In altre parole: pur in un quadro complessivo di rallentamento dell espansione degli impieghi, le imprese innovative sostanzialmente non soffrono di fenomeni di razionamento, a differenze delle imprese non innovative. Il modello quindi, se ben interpretato, è funzionale all obiettivo di ricomporre i portafogli favorendo le imprese innovative. La seconda domanda riguarda quale tipo di innovazione viene finanziata dalle banche. Il risultato, interessante e originale, mostra una dicotomia: mentre l innovazione di prodotto (più facilmente comprensibile) tende a essere finanziata dalla banca medio-piccola, l innovazione di processo spesso più impegnativa e difficile da valutare è tendenzialmente meglio finanziata dalla grande banca. La complementarietà tra finanziamento dell innovazione e dimensioni bancarie rappresenta un punto di forza

4 del modello, che apre la strada alla possibilità sia che innovazioni diverse, di prodotto o di processo, possano trovare di volta in volta il migliore interlocutore bancario, sia che la stessa impresa possa essere accompagnata nella sua evoluzione dimensionale da interlocutori bancari diversi. Ma le riflessioni sugli impatti sociali non sarebbero complete senza un accenno alle cause (o concause) della crisi in atto, che impongono una riflessione anche sulla regolamentazione dell industria bancaria e sui suoi processi di governance. La Grande Crisi è nata e si è sviluppata a causa di un cattivo disegno delle regole e della supervisione, bancaria e finanziaria, di matrice anglosassone, che ha permeato negli ultimi due decenni i mercati nazionali e internazionali. La necessità di affrontare in più Paesi soprattutto a industrializzazione matura la tutela della stabilità ha imposto un ritorno prepotente dello Stato, nella doppia veste del regolatore e del proprietario. Per un paradosso che è insito nella natura stessa dell economia di mercato che è organizzazione pubblica di decisioni decentralizzate individuali e private l inadeguata supervisione dello Stato sui mercati ha creato i presupposti per un massiccio intervento pubblico negli stessi mercati. Quali sono gli effetti per l industria bancaria in generale e per il modello di banca commerciale territoriale in particolare? Occorre partire dalla constatazione che nei mercati è ormai fondamentale il ruolo delle aspettative che istantaneamente e globalmente si formano grazie ai meccanismi di produzione e di distribuzione dell informazione. Per cui l interazione tra l azione di politica economica e la reazione dei mercati diventa lo snodo principale da studiare, a cominciare dai meccanismi che legano il fatto economico alla reazione dei soggetti individuali, attraverso le tecnologie di comunicazione. La capacità dei media tradizionali di catturare l attenzione e di influenzare, almeno nel breve periodo, la consapevolezza degli individui circa gli eventi finanziari risulta ancora rilevante, ma i social network hanno ormai assunto un importanza crescente nella circolazione delle notizie. L analisi della reazione dei mercati finanziari alle nuove politiche, sia di regolamentazione che di intervento diretto dello Stato nelle banche, suggerisce che la regolamentazione bancaria non ha ancora saputo far tesoro della maggiore lezione della Grande Crisi: occorre riformare profondamente l approccio secondo il quale se le regole sono disegnate in modo che chiunque risparmiatori, banche e imprese possa ottimizzare le scelte individuali in termini di assunzione del rischio, si dovrebbe ottenere in aggregato più crescita e più stabilità. Tale postulato viene poi declinato mercato per mercato, attività per attività e, nel caso dell attività bancaria, suggerisce che la regolamentazione deve essere basata non più su controlli strutturali, ma esclusivamente sull approccio prudenziale, incentrato sui coefficienti di capitali ponderati per il rischio. Poiché, banca per banca, il rischio risulta misurabile, un disegno dei coefficienti di capitale calibrato su tali misure dovrebbe assicurare sia la stabilità aziendale che quella macroeconomica. In altri termini, un ottimale prevenzione del rischio individuale dovrebbe produrre sempre e automaticamente un ottimale gestione anche del rischio sistemico. La stabilità macroeconomica diventerebbe così in generale un risultato automatico, prevedibile e auspicabile dell efficienza microeconomica, e l efficacia della politica economica sarebbe frutto dell efficienza micro della regolamentazione. La relazione tra crescita stabile e regole prudenziali veniva supportata non solo dalla teoria, ma anche dalla ricerca empirica. La capacità di avere, grazie alle regole prudenziali, una stabile crescita economica pareva essere confermata almeno fino alla Grande Crisi dall andamento delle grandezze macroeconomiche che ha caratterizzato i Paesi sviluppati negli ultimi due decenni. Durante questo periodo, le economie occidentali sembravano aver intrapreso un sentiero invidiabile: crescita senza inflazione, unita a una riduzione della volatilità di tutte le variabili, reali e finanziarie. Non solo le economie crescevano, ma anche l instabilità

5 diminuiva. Gli shock recessivi si erano ridotti di intensità e di frequenza. La crescita stabile veniva associata a una maggiore certezza del contesto generale in cui gli operatori si muovevano, prodotta a livello sia congiunturale che strutturale. A livello congiunturale, si sottolineava il cambiamento nella gestione delle politiche economiche, orientato alle regole più che alla discrezionalità, sia sul versante fiscale che su quello monetario. Sul piano strutturale, veniva dato un ruolo importante a un miglioramento della regolamentazione dei mercati, a sua volta parte di un più efficace sistema di autorità pubblica. La Grande Crisi ha rotto questo quadro ideale, colpendo inaspettatamente e severamente la gran parte delle economie, con effetti pesanti proprio sulle economie sviluppate. La stabilità macroeconomica, reale e finanziaria, non può essere più data come risultato scontato e automatico. In altri termini, la crisi finanziaria ed economica ha rappresentato uno shock unico e rilevante per tutte le economie, facendo emergere, tra le altre, una domanda di fondo: come si fa a considerare ancora valida la relazione che lega la crescita stabile alla regolamentazione prudenziale? E riguardo ai coefficienti di capitale: come si fa ancora ad assumere non solo che il rischio sia sempre e comunque misurabile a livello individuale, ma anche che tale misurazione colga in modo completo e automatico il rischio sistemico? Continuare a basare il disegno della regolamentazione esclusivamente sull approccio prudenziale in particolare sui coefficienti di capitale rischia di essere un errore nello stesso tempo congiunturale (riduce le probabilità di crescita economica) e strutturale (riduce le probabilità di stabilità finanziaria). Il fallimento della regolamentazione prudenziale è divenuto evidente prima ai mercati, e poi ma forse, purtroppo, non ancora abbastanza alle Autorità di controllo e alla classe politica. Le ricerche empiriche sulla reazione dei mercati agli interventi statali ci dicono che inizialmente i mercati reagivano positivamente, soprattutto agli annunci di interventi generalizzati. Più la crisi si è sviluppata, meno le politiche di ricapitalizzazione hanno provocato effetti positivi, fino a divenire negativi. Non sappiamo se i mercati ne hanno progressivamente scontato l inutilità anzi la dannosità congiunturale e/o quella strutturale; quello che è purtroppo certo è l inefficacia delle politiche di intervento basato su un approccio regolamentare ormai obsoleto. Se la Grande Crisi rappresenta l inizio di un periodo di volatilità, allora il disegno delle regole che promuove e incentiva l assunzione individuale del rischio non è detto che produca automaticamente né stabilità né crescita. La regolamentazione prudenziale, disegnata per ottimizzare l assunzione individuale del rischio, può avere come esternalità una produzione eccessiva di rischio sistemico, che implica un costo in termini di volatilità finanziaria e reale. L incertezza nasce e si sviluppa più facilmente quando c è un eccesso di assunzione del rischio. Alla base dell inefficace governo del rischio nella Grande Crisi sono state anche carenze nella corporate governance delle società, bancarie e non. Una ricerca contenuta nel Rapporto mostra che i consigli di amministrazione evidenziano oggettive difficoltà nell impostare la propria attività in modo coerente con le esigenze derivanti dalla complessità aziendale e dall instabilità del contesto ambientale; le analisi svolte sul campo confermano come il ruolo del consigliere sia ancora poco strutturato, e la sua efficacia dipenda in misura troppo elevata dalle autonome scelte di impegno dei singoli soggetti. Lo stesso Rapporto presenta evidenze dei possibili danni che la presenza di politici all interno degli organi di governo delle banche può in generale causare: i dati empirici mostrano, infatti, che la presenza di politici con incarichi esecutivi nei consigli di amministrazione si lega sia all incremento dei volumi e della rischiosità dei prestiti, sia al peggioramento dei livelli di efficienza e di patrimonializzazione.

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