4. I NUOVI PARADIGMI PER L ECCELLENZA NEL BUSINESS

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1 4. I NUOVI PARADIGMI PER L ECCELLENZA NEL BUSINESS 4.1 Un modello interpretativo I trend in atto nello scenario di business e nei sistemi di management delle aziende leader permettono di mettere a fuoco un significativo numero di ingredienti che possono essere considerati importanti per far fronte alle nuove richieste di competitività. Essi possono essere razionalmente rappresentati in logica sistemica su diversi livelli. Il modello proposto si articola su quattro livelli (fig. 4.1) il modello di business l approccio organizzativo i sistemi di management i processi gestionali Fig Il modello di riferimento per l eccellenza nel business MODELLO DI BUSINESS GESTIONE DI STRUTTURA AZIENDALE PROCESSO DI PIANIFICAZIONE E GESTIONE PIANIFICAZIONE - DEPLOYMENT - GESTIONE OPERATIVA COMPETENZE, CONOSCENZE, PRESTAZIONI SISTEMA MANAGERIALE I\G&M\LibriGM\98newpar\FIG4-1 I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 1

2 Tale stratificazione è utile per concepire e organizzare programmi di intervento per il miglioramento della competitività aziendale, ma occorre tenere presente che nella realtà i collegamenti e le interazioni tra i diversi livelli sono molto numerosi e importanti e quindi non possono essere affrontati in modo completamente indipendente. Infatti la ragione di un successo, la ricetta di una configurazione vincente, è sempre costituita da un mix di aspetti peculiari e competitivi appartenenti a più di un sistema / livello. E però vero che esiste sempre un aspetto chiave, una capacità determinante, distintiva, fondamentale, che appartiene ad uno specifico livello / sistema. Tentando di diagnosticare situazioni di successo con questo modello, esse sono comunque facilmente riconducibili ad una delle motivazioni descritte qui di seguito, o comunque ad una combinazione di esse. Escludendo le situazioni di vantaggio competitivo solamente tecnologico (in genere limitato nel tempo), il successo è in genere determinato da uno dei seguenti fattori (situazione relativa rispetto ai concorrenti): una configurazione vincente a livello di modello di business; una configurazione vincente nell organizzazione aziendale che presidia e sviluppa il business; una maggiore efficacia del sistema manageriale; una maggiore capacità ed efficacia nell attuazione dei processi gestionali (dalla pianificazione all operatività). Un analisi più approfondita di tali motivi di successo, che cerchi di trovare cosa hanno in comune aziende leader di diversi settori, porta facilmente ad individuare quelli che possono essere considerati i paradigmi vincenti. Una combinazione ragionata di tali paradigmi con i trend di scenario individuati nei capitoli precedenti, porta a definire quelli che possono essere considerati i nuovi paradigmi per l eccellenza nel business nel prossimo decennio. Con riferimento al modello interpretativo ed ai suoi livelli, la dimensione a tutt oggi meno trattata nella bibliografia è probabilmente quella dei processi gestionali e delle loro previste evoluzioni. Peraltro il loro valore è forse quello più universale (prescinde largamente da strategie, settori, prodotti, tecnologie) e probabilmente il più determinante (si rimanda a riguardo alle argomentazioni trattate nella presentazione del libro). Sono questi i motivi per cui tale dimensione viene particolarmente approfondita in questo libro. Viene comunque fornita anche una sintesi dei nuovi paradigmi riguardanti le altre 3 dimensioni. I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 2

3 4.2 I nuovi paradigmi per la struttura del business I modelli strutturali di business, cioè delle modalità con cui si produce valore, come abbiamo visto nel capitolo sui trend di scenario, stanno evolvendo molto velocemente. Come già evidenziato, un aspetto fondamentale di tale evoluzione è costituito dal passaggio alla logica dei sistemi del valore (sviluppo del concetto di catena del valore). A tale logica corrisponde la creazione delle cosiddette aziende a rete in ambiente globale. Tali configurazioni evolute di aziende a rete vengono individuate con una nuova specifica terminologia. Negli ambienti giapponesi viene molto utilizzato a riguardo la definizione azienda olonica, in USA quella di azienda virtuale. Altre definizioni, più o meno in sovrapposizione, sono l open system enterprise (imprese a sistema aperto ), le aziende plug and run ( attacca la spina e vai ) e, in una certa misura, l agile manufacturing (la produzione agile ). In un precedente libro scritto con Cesare Saccani (*) ho proposto di utilizzare l etichetta combinata di sistema olonico-virtuale. La parola olonico enfatizza infatti l importanza di un sistema strutturale di base necessario per attivare le nuove modalità di business, mentre la parola virtuale enfatizza il modus operandi, cioè come il valore viene creato operativamente attraverso la combinazione dei partecipanti che operano come fossero un unica azienda. Il fatto che la cultura giapponese utilizzi prevalentemente il primo termine conferma il suo orientamento prioritario ai pre-requisiti (le cause ), mentre il fatto che la cultura americana utilizzi prevalentemente il termine virtuale conferma il suo orientamento prioritario all operatività, al modo di operare di fatto (l effetto ). Volendo considerare importanti entrambi gli aspetti, la definizione olonicovirtuale è a mio avviso più adeguata. L'assunto di base del modello di business emergente è che il nuovo sistema economico-produttivo dovrà fondarsi su più elevati livelli di creatività a livello operativo (viste le maggiori difficoltà di standardizzazione) e di flessibilità. Si dovrà infatti saper far fronte ai continui cambiamenti dei bisogni di clienti, ambiente, tecnologia, strategie di business. Per soddisfare questi requisiti occorrerà: una articolazione delle organizzazioni in piccole unità operative il ricorso a network informatici "orizzontali" e non gerarchici l'uso "attivo" del cervello delle persone in tutte le posizioni operative. (*) L'azienda olonico-virtuale (Il Sole 24 Ore, 1994) I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 3

4 L'organizzazione aziendale muterà profondamente. Uno stesso gruppo di persone dovrà essere in grado di produrre sia il software che l'hardware di un prodotto (oggi il software è prodotto "negli uffici" e l'hardware "nei reparti produttivi"). L'aggregazione di persone in funzione dei problemi/opportunità potrà avvenire anche a lunga distanza attraverso i network informatici, creando gruppi ad hoc per ogni esigenza. Le stesse aziende potranno combinarsi tra loro in vario modo in funzione delle necessità. Così una azienda potrà anche essere cliente e fornitrice di un'altra allo stesso tempo, concorrente o alleata a seconda dell"'oggetto" di business. La "piccola scala" sarà la norma e sarà resa possibile dalla tecnologia della microelettronica, dall'interazione stretta e dalla mutua dipendenza di produttori e consumatori, probabilmente anche fisicamente più vicini per l elevata capillarità strutturale. L'organizzazione aziendale sarà basata su numerosi nuclei interattivi articolati in gruppi e sottogruppi che sapranno rispondere creativamente ai continui cambiamenti di scenario o mercato (fatto da considerare normale). Questo tipo di aziende/fabbriche vengono definite unità oloniche". Il sistema ottenuto collegando tra loro queste aziende/unità con networks informatici e con sistemi gestionali condivisi viene chiamato "sistema olonico". L'idea di azienda olonico-virtuale ( ) Ma cos'è dunque l'azienda "olonico-virtuale"? Come già anticipato essa viene definita nel modo seguente: un insieme di unità operative autonome che agiscono in modo integrato ed organico, nell'ambito di un sistema a rete di tipo olonico, per configurarsi ogni volta al meglio come catena del valore più adatta per perseguire le opportunità di business che il mercato presenta. Le "unità operative autonome" qui citate possono essere piccole aziende o parti di azienda. Con questa definizione risulta chiaro che ci si sta riferendo ad una organizzazione evoluta che supera quanto finora realizzato. Può essere allo scopo utile chiarire cosa non è un sistema olonico, e cioè: ( ) estratto dal libro Il manager imprenditore, Il Sole 24 Ore I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 4

5 un insieme di singole aziende che interagiscono con logiche di mercato in regime di libere concorrenze/alleanze (in quanto questa è la situazione attuale che costringe a visioni parziali ed a sprechi di energia in conflitti locali); un'alleanza di aziende dello stesso settore (in quanto si limiterebbe a fare lobbying e rimarrebbe esclusa dalle reali catene di business che "attraversano" il settore); un network puramente informatico (in quanto, al di là dei costi necessari, non darebbe altri valori aggiunti se non la velocità delle comunicazioni); una realtà di aziende aperte l'una all'altra (in quanto aiuterebbe solamente a sviluppare migliori processi di benchmarking o di comakership); un insieme di contratti di lungo termine fra clienti e fornitori (in quanto si limiterebbe a realizzare logiche di comakership comunque condizionate in modo unilaterale, alla lunga, da chi opera sul mercato finale); un consorzio di aziende (in quanto si limiterebbe in genere ad obiettivi di riduzione di costi o di creazione di economie di scala o di attività di marketing senza cambiare la struttura del business); una partnership e/o joint venture (in quanto sarebbe limitata a due o poche aziende alla volta e comunque molto specifiche). Se è vero che la combinazione di alcuni di questi fattori può essere utile allo sviluppo della strategia prevista, "l'azienda olonico-virtuale" richiede qualcosa di più, e cioè: "l'attivazione di un sistema di unità operative autonome, distribuite sul territorio, articolate in ruoli diversi, ma con una missione comune, per perseguire comuni finalità di business". Per dare un'idea della logica con cui un'azienda "olonico-virtuale" dovrebbe operare, può essere utile un esempio tratto da una esperienza americana. L'esempio è indicativo per chiarire la logica di funzionamento di una catena integrata di business, pur senza avere ancora la connotazione completa di azienda olonico-virtuale. Si tratta di una catena di business del settore tessileabbigliamento, che ha modificato sostanzialmente il suo modo di fare business. Al processo di "progettazione" delle nuove modalità operative hanno partecipato simultaneamente tutti i protagonisti potenziali del business: produttori di filato, tessitori, confezionisti e distributori (grandi magazzini/punti vendita). L'occasione per impostare lo studio è stata generata dalla crisi del settore (le situazioni di stress aiutano molto a ricercare soluzioni ardite!). Il fattore principale di tale crisi I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 5

6 era stato individuato nei costi (non competitivi rispetto al Far East). Esisteva però anche una possibile leva di vantaggio competitivo, costituita dai "tempi della catena di alimentazione" del loro business (tempo intercorrente tra la filatura e il punto vendita finale del capo confezionato). Esso era potenzialmente determinato dai lunghi tempi di trasporto (e dai relativi costi) gravanti sulle produzioni provenienti dal Far East. Fino ad allora l'industria americana non era però riuscita a sfruttare tale possibile vantaggio. Nonostante la grande distanza, i concorrenti del Far East non dimostravano infatti un gap così elevato (anzi, la loro "catena" era così fluida "a monte", che spesso riusciva a compensare abbondantemente il problema del maggior tempo di trasporto!). Fu creato un gruppo di lavoro con i Direttori Generali/Imprenditori della catena potenzialmente interessata. Fu applicato un approccio analitico (in questo caso la "Teoria dei Constraints") per verificare come si sarebbe potuto ridurre i costi totali dell'intera catena di alimentazione e nel contempo acquisire un vantaggio competitivo in termini di tempi di risposta. Gli obiettivi vennero raggiunti attraverso l'adozione della seguente soluzione: "ogni azienda che partecipa alla catena verrà remunerata per la sua prestazione solamente quando il cliente finale acquisterà il prodotto finito". Questa "nuova regola del gioco" ha consentito di rendere nuovamente competitive tutte le aziende interessate. Infatti essa è riuscita ad attivare velocemente, e autonomamente tutte le logiche della Time Based Organization e del Total Quality Management, con tutti i vantaggi competitivi che queste strategie possono determinare. Nel nuovo contesto infatti ogni azienda: ha evitato di produrre in eccesso, avendo l'interesse di fabbricare al più tardi e solo ciò che effettivamente sarebbe stato venduto (in quanto pagata solo per quanto veramente venduto dal punto vendita); ha evitato di produrre in anticipo, per non gravarsi di scorte, cercando anzi di aspettare il più tardi possibile anche per avere previsioni di vendita più attendibili (ha di fatto applicato il Just in Time); ha cercato di produrre lotti molto piccoli, con un flusso continuo di alimentazione, per rischiare il meno possibile in "invenduto" e per limitare al massimo le scorte di processo (ha di fatto realizzato le lean production); ha preteso di essere collegata in tempo reale con il sistema informativo dei punti di vendita e di tutta la catena di business in modo da poter reagire puntualmente, con "dati" diretti e non mediati e alterati nelle quantità e nei I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 6

7 tempi (grazie, ad esempio, alle informazioni dirette generate dalla lettura dello scarico dei codici a barre dei prodotti venduti e registrati alle casse). Il risultato è stato che i costi totali dell'intera catena si sono ridotti in modo così significativo (specialmente negli stock e nei "resi"), da poter quasi competere con i costi totali dei rifornimenti dal Far East (gravati da un maggior "circolante"). Ma ciò che ha reso vincente la "soluzione americana" sono stati "i tempi". I tempi di alimentazione e di reazione della catena si sono accorciati a tal punto da poter sfruttare tutti i "picchi" di vendita in tempo reale, senza scorte "polmone" e con grande soddisfazione anche dei punti vendita (poter anche vendere più del programmato sugli articoli più richiesti). Considerando che i pagamenti ai fornitori avvenivano già in precedenza dopo un certo periodo dalla consegna e che i costi da stock di tutte le aziende coinvolte si sono ridotti, non si è verificato inoltre nessun ritardo nel cash flow. Il costo finanziario dell'operazione è stato quindi nullo o addirittura negativo. Questo esempio dà un'idea di quali soluzioni non convenzionali può generare un approccio basato su ottimizzazioni di catene del valore rispetto a qualunque approccio parziale, basato su ottimizzazioni per singole aziende. Tentando una prima generalizzazione che copra diverse combinazioni possibili e introduca anche concetti più avanzati dell'esempio riportato, i requisiti di base per la realizzazione di un'"azienda virtuale" possono essere espressi attraverso le seguenti linee guida: 1. avere e condividere una visione su ciò che si vuole realizzare da parte di tutti i componenti dell'azienda virtuale; 2. stabilire regole del gioco condivise (seppur dinamiche); 3. realizzare una rete di aziende distribuite sul territorio con adeguati collegamenti tra le singole unità; 4. avere un sistema informativo comune operante in tempo reale; 5. realizzare un sistema umano flessibile, interattivo ed aperto; 6. realizzare sistemi di produzione e gestione altamente flessibili/agili; 7. attivare canali per clienti prosumer, che consentano di trasformare il vantaggio competitivo in reale valore prodotto. Le parti hard (fisiche) e quelle "microgestionali" richieste da questo modello sono quasi totalmente realizzabili con gli "approcci/ingredienti" innovativi già introdotti nelle nostre aziende in questi ultimi anni (Qualità Totale, Organizzazione Snella, Business Process Reengineering, Simultaneous Engineering, E-Business). La parte macrostrutturale e infrastrutturale necessita invece di ulteriori approfondimenti e considerazioni. E' ovvio innanzitutto che un sistema così orientato al business e al mercato può essere solamente del tipo market driven I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 7

8 (guidato dal mercato). E allora non vale alcuna considerazione teorica, estetica o di ricerca di simmetrie: l'azienda virtuale deve essere strutturata in funzione dei "processi fondamentali" o di "vantaggio competitivo" connessi ai vari business, visti dal punto di osservazione del cliente finale. Potranno così esistere: aziende virtuali "tecnologiche", laddove il principale fattore di business e contemporaneamente il valore dell'output è prevalentemente determinato da capacità / know-how di tipo tecnologico (la "Silicon Valley" americana o il "Prato" italiano di alcuni anni fa); aziende virtuali di "catena di business" (quale l'esempio dell'abbigliamento già illustrato); aziende virtuali incentrate su ruoli di integrator (ad esempio per i computer o per tecnologie dove si debbano combinare importanti contributi di componenti soft e hard, nonché per lavori "ingegneristici" di commessa ecc.). Vale la pena di notare che le aziende olonico-virtuali, al di là di essere per costituzione dinamiche, e quindi a configurazione variabile nel tempo, possono prevedere anche configurazioni già impostate "a tempo", cioè con termine prefissato (ad esempio per importanti realizzazioni impiantistiche). Più frequenti comunque dovrebbero essere le realizzazioni per distretti e per settori di business a configurazione "semi permanente", quali l'automobile, l'informatica, l'elettronica di consumo. Tali evoluzioni confermano, peraltro, l'attuale diffusa tendenza evolutiva dei sistemi industriali verso un sempre maggiore ricorso all'outsourcing (il decentramento di processi/attività non considerati core technology). A tal riguardo si consideri che l'industria automobilistica europea, per allinearsi alle aziende giapponesi e a quelle americane, prevede di realizzare nei prossimi anni ulteriori decentramenti delle produzioni di almeno il 30%. Le prime indicazioni su questo tipo di impresa offrono spunti interessanti per la costruzione di un modello organizzativo particolarmente adatto ad affrontare scenari competitivi caratterizzati da elevata complessità. Le caratteristiche generali dell'azienda olonico-virtuale, e le differenze esistenti rispetto ad altre forme organizzative, impongono tuttavia una riflessione più approfondita riguardante i requisiti necessari per il suo funzionamento e le sue modalità operative. I due "prerequisiti" fondamentali sono i seguenti: l'esistenza di un sistema a rete di tipo olonico la capacità di operare come azienda virtuale. Il primo prerequisito garantisce la minimizzazione dei costi transazionali e dei tempi decisionali (che sono di fatto le barriere "limitanti" degli attuali sistemi a I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 8

9 rete). Esso mette a disposizione il sistema di infrastrutture che rende possibile la nascita e lo sviluppo del soggetto economico che produce valore per il mercato (l'azienda virtuale, appunto). Il secondo prerequisito garantisce le possibilità di avere organizzazioni che "fanno business" in modo guidato dal mercato e orientato al valore aggiunto reale. Vediamo di capire come tali prerequisiti si trasformano in modalità operative. La struttura operativa dell'azienda olonico-virtuale La costituzione e lo sviluppo di un'azienda olonico-virtuale è possibile solamente se esiste un sistema di tipo olonico che "mette a disposizione" le capacità tecnico organizzative e operative necessarie. Esse saranno utilizzate dalle aziende virtuali in modo selettivo e mirato. Nell'azienda olonico-virtuale si possono distinguere tre tipi fondamentali di unità autonome operative: a) le unità risorsa b) le unità operazionali c) le unità integratrici. La loro attivazione avviene "in tempo reale", grazie ai meccanismi di collegamento del sistema a rete di tipo olonico, tuttavia l'entrata in azione può avvenire in tempi diversi. In ciascuna categoria possono essere classificate unità operative che svolgono attività molto diverse. Il comune denominatore è costituito dal tipo di funzione svolta e dal ruolo assunto all'interno del sistema olonico. Le "Unità Risorsa" hanno il compito fondamentale di mettere a disposizione di altre unità operative i fattori che costituiscono il nucleo del valore generato (core business). Tali fattori, presi singolarmente o combinati in modi diversi, possono essere individuati nei seguenti: sviluppo e presidio del Know-how di prodotto e/o servizio; sviluppo delle persone capaci di erogare la prestazione oggetto di business; sviluppo e presidio di eventuali specializzazioni necessarie; strategie di mercato; finanziamenti; ecc. Più in generale le Unità Risorsa presidiano il core component dell'intera catena del business e reperiscono gli assets necessari a realizzarla. I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 9

10 Le Unità Operazionali sono dedicate essenzialmente alla gestione operativa del business. Tali unità possono essere distribuite lungo l'intera catena di business "in cascata" (una produce e l'altra commercializza) oppure possono essere verticalizzate in parallelo (producendo e commercializzando diverse linee di prodotto in parallelo). Le Unità operazionali dipendono dalle unità risorsa per gli scambi di tecnologia, per alcune attività di formazione, per le reti di comunicazione o per la consulenza specializzata. Una forte unità operativa potrebbe essere in grado di svolgere molte di tali funzioni in proprio; il principio è quello di mantenere snelle tali unità e di esternalizzare le attività di fornitura delle risorse. L'Unità operazionale è dedicata inoltre allo sviluppo della tecnologia (produttiva e distributiva) al fine di migliorare continuamente la sua competitività in termini di costi, qualità, flessibilità, affidabilità e tempi di risposta. Il confronto competitivo avviene sia nei confronti di altre unità appartenenti al sistema sia di unità appartenenti ad altri sistemi olonici. Le Unità Integratrici assolvono il compito di combinare l'output di più unità risorsa e unità operazionali (ad esempio un unità con know how di prodotto con una produttrice di software ed una produttrice di hardware per fornirlo infine ad una unità commerciale e/o di assistenza tecnica per realizzare il business). L'Unità integratrice deve quindi migliorare continuamente le sue capacità di conoscenza del "mondo esterno" (sia all'interno del sistema olonico di appartenenza sia negli altri sistemi olonici). La pratica del benchmarking assume un ruolo strategico in quanto diventa uno degli strumenti di business essenziale. Le Unità integratrici sono quelle che di fatto generano il maggior valore aggiunto. Esse vengono tuttavia "obbligate" dal sistema olonico-virtuale a distribuire tale valore aggiunto tra tutti i nodi partecipanti in modo equo. La condivisione di sistemi trasparenti per la misurazione delle prestazioni impone il rispetto delle "regole del gioco" del sistema, accettate precedentemente (condizione essenziale per un sistema olonico). Tale organizzazione può sacrificare una massimizzazione del ritorno economico nel breve termine a vantaggio di un equilibrio globale più stabile nel tempo. In queste condizioni le altre unità sarebbero infatti in grado di esautorarla dal ruolo, se insoddisfatte, e, di rivolgersi a un'altra. Il business potrà così continuare senza dover essere troppo condizionato da un'unità "non all'altezza". Si notino le differenze rispetto ai ruoli esistenti in un "consorzio di imprese" o in un distretto industriale". I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 10

11 4.3 I nuovi paradigmi per l organizzazione aziendale ( ) L ultimo orientamento degli approcci all organizzazione, adottato dalle aziende leader di oggi, è costituito dalla cosiddetta Organizzazione Snella (su di essa esiste una discreta bibliografia). Sviluppata inizialmente con gli obiettivi di ridurre i costi di struttura, di velocizzare i processi decisionali e di aumentare la flessibilità operativa, sta oggi combinandosi con i meccanismi manageriali preposti al miglioramento delle prestazioni aziendali (si veda il prossimo paragrafo). In tale logica le opportunità organizzative si ampliano ulteriormente. La dimensione più importante a riguardo è quella della gestione per processi, per i suoi importanti impatti organizzativi. Nella sua configurazione più evoluta l Organizzazione Snella prevede tre dimensioni di responsabilità, operativamente "quasi indipendenti" tra loro: a) le responsabilità di business/risultati b) le responsabilità organizzative c) le responsabilità funzionali. E' questa articolazione che consente di realizzare strutture veramente snelle, cioè articolate su di un limitato numero di posizioni e di livelli gestionali. La struttura gestionale è infatti determinata, in questa configurazione, dalla sola dimensione delle responsabilità di business, la quale, grazie alla trasposizione delle altre due dimensioni, risulta fortemente semplificata (e anche più focalizzata). Ne consegue, ovviamente, un aumento della "ampiezza di controllo" e quindi del numero di riporti gerarchici, fatto tipico delle strutture snelle. L'articolazione operativa risultante viene descritta qui di seguito. a) Le responsabilità di business/risultati Si tratta delle responsabilità della linea gestionale operativa, che gestisce le attività direttamente collegate ai risultati di business. Tali responsabilità sono in genere coincidenti con lo svolgimento di attività "all'interno" di processi primari e costituiscono la vera e unica "linea gestionale". Si tratta di responsabilità, in genere articolate per linea prodotto (o con altra stratificazione) riguardanti ad esempio lo sviluppo dei prodotti, la loro produzione, la loro vendita, ecc. ( ) estratto dal libro Il manager imprenditore, Il Sole 24 Ore I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 11

12 Sono queste le posizioni che rispondono dei risultati operativi e costituiscono quindi di fatto la struttura di presidio/gestione dei risultati economici dell'azienda (specialmente nel breve periodo). Un esempio di organizzazione in tale logica, riferito ad una realtà di "prodotto a commessa", è riportato in fig Si noti come in tale logica vengano eliminati i classici livelli "intermedi" di Direttore Commerciale, Direttore di Produzione, Direttore Tecnico, ecc. Essi vengono riportati a pure responsabilità funzionali (si veda in seguito) senza apporto diretto sul flusso gestionale delle attività di business. b) Le responsabilità organizzative Si tratta delle "nuove" responsabilità introdotte dall'approccio per processi. Sono responsabilità a matrice come quelle precedenti, ma su di un altro livello, quello organizzativo. Non c'è corresponsabilità diretta sul risultato di business. Queste figure, cioè i process owners, rispondono del presidio dei processi operativi e del loro miglioramento. L'entità del miglioramento necessario è stabilito a livello annuale o in funzione del periodo di pianificazione utilizzato, nonché per "eccezioni", cioè quando necessario. Essi assumono quindi responsabilità che "una volta" erano attribuite al servizio/ufficio organizzazione. I processi presidiati / migliorati dai process owners possono essere primari (vendite, approvvigionamenti, progettazione, supply chain) o di supporto (budgeting, programmazione, ecc.). Obiettivi e risultati sono in genere espressi in termini di Qualità, Tempi e Costi del processo. Su questa dimensione si giocano le capacità di competitività futura dell'azienda. I processi vengono infatti "usati" dai responsabili di business per le loro attività/obiettivi. I process owners rispondono alla Direzione Generale, ma non con la frequenza del riporto della dimensione di business (semestre/anno anziché giorno/settimana/mese). c) Le responsabilità funzionali Queste responsabilità, del tutto tradizionali come "etichette", cambiano fortemente come contenuti. Vengono infatti private della responsabilità diretta di business, in quanto sono chiamate a rispondere solo delle capacità delle risorse presidiate dalla funzione (in termini di persone, tecnologie e sistemi). I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 12

13 Le necessità di miglioramento di tali capacità sono ovviamente individuate contestualmente alle necessità di miglioramento dei processi. Queste responsabilità sono anch'esse a matrice con le due precedenti, ma operano su di un altro diverso livello, quello delle capacità delle persone e delle tecnologie (nonché della loro assegnazione periodica alle linee di business). Sono quindi anch'esse in corresponsabilità indiretta, cioè senza obiettivi di business specifici. Il modello operativo dell organizzazione snella Le tre dimensioni di responsabilità, come visto, si integrano tra loro "a matrice", ma ciò non avviene "ad incrocio" sullo stesso piano, bensì su piani diversi. Ciò significa che la natura degli obiettivi assegnati è diversa e quindi non esistono tra di esse corresponsabilità dirette/sovrapposte di risultato. Le corresponsabilità di risultato esistono invece a livello operativo, cioè tra "le persone operative". Esse sono i responsabili di linea e le persone che realizzano fisicamente i processi di business (i responsabili di business/risultati, di cui al punto a). La struttura che ne deriva è dunque a tre dimensioni (si veda ancora la fig. 4.2). Un esempio di organigramma costruito secondo questa logica è riportato nella fig I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 13

14 Esso si riferisce ad un'azienda che produce a commessa con circa 900 dipendenti Fig Esempio di organizzazione matriciale a 3 dimensioni (produzione a commessa) RESPONSABILITA' DI BUSINESS (linea) LINEE VENDITA LINEE PROGETTAZIONE LINEE PRODUZIONE VENDITA RESPONSABILITA' DI ORGANIZZAZIONE (processi) PROGETTAZIONE APPROVVIGIONAMENTI FABBRICAZIONE CONTROLLO DI GESTIONE ETC. FUNZIONE COMMERCIALE FUNZIONE PROGETTAZIONE FUNZIONE PRODUZIONE I\G&M\LibriGM\98newpar\FIG4-2 RESPONSABILITA' DI FUNZIONE (Skills / tecnologie / assets / sistemi). Come si può vedere si tratta di una vera "Organizzazione Snella". Infatti i livelli gerarchici totali sono un massimo di 3 (seguendo la linea "produzione"). L'ampiezza di controllo è molto ampia (al Direttore Generale riportano 15 posizioni). Le posizioni operative/gestionali sono invece relativamente contenute (5 riporti, cioè le linee prodotto e le fabbricazioni). I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 14

15 Fig Esempio di organizzazione snella a matrice (Business, Processi, Funzioni) DIREZIONE GENERALE PERSONALE E ORGANIZZAZIONE AMMINISTRAZIONE E COGEST PROCESSI LINEA FUNZIONI Processo approvvigionamento Linea prodotto A Linea prodotto B Linea prodotto C Fabbricazione α Fabbricazione β Funzione progettazione Processo di vendita Vendita Vendita Vendita CT CT CT CT CT CT Funzione produzione Processo sviluppo prodotto Progettazione Progettazione Progettazione (circa 300 operai in self-managed teams) (circa 300 operai in self-managed teams) Funzione acquisto Approvvig. Approvvig. Approvvig. Processo produzione Gestione commessa Gestione commessa Gestione commessa Funzione commerciale Processo Cogest (circa 40 persone ogni gruppo in corresponsabilità di risultato con un unico capo operativo) Processo gestione commessa I\G&M\LibriGM\98newpar\FIG4-3 Per meglio comprendere il funzionamento operativo di questa organizzazione si propone l'analogia del trasporto attraverso il sistema autostradale, ipotizzandolo didatticamente come una entità organizzativa integrata. I processi sono in questa analogia rappresentati dalle autostrade. I process owners sono coloro che hanno il compito di mantenerle e migliorarle continuamente (costruendo ad esempio migliori svincoli con le altre autostrade/processi o aumentando il traffico sostenibile con l'approntamento di una terza corsia, o migliorando la qualità dell'asfalto, ecc.). Le funzioni sono invece gli enti preposti a fornire i mezzi tecnici necessari per espletare il business, e cioè automezzi, aree di servizio, autisti, carburante etc... Sono quindi responsabili di presidiare e sviluppare risorse adeguate sia a livello umano che tecnico, capaci di far percorrere agli autisti le autostrade (i canali del business) con il miglior risultato di efficacia/efficienza. Le risorse umane predisposte dalle funzioni devono quindi sapere tutte le regole del gioco, essere addestrate, saper utilizzare le nuove tecnologie quando necessario (ad esempio il cambio automatico sugli automezzi) e saper realizzare processi diversi/velocità diverse quando il processo verrà reingegnerizzato. Le risorse devono essere cioè pronte in quantità e qualità a realizzare il business nelle modalità previste. I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 15

16 I risultati del business sono invece completamente in mano agli autisti, a coloro cioè che sviluppano il percorso/trasporto. Essi possono agire come singoli o in gruppo: ad esempio più autisti che si danno il cambio lungo lo stesso percorso (per cui sono in corresponsabilità sul risultato globale del trasporto). Collegando l'esempio con una realtà aziendale, diciamo di business per commessa, ciò significa che ci sarà un autista per il primo percorso (vendita), un secondo per la fase di progettazione, un terzo per la produzione, ecc.. Ognuno di loro avrà ovviamente tutto l'interesse a far sì che il trasporto (la commessa) vada a buon fine, per cui cercherà di recuperare i ritardi dei precedenti o procederà oltre il limite "funzionale", quando necessario, pur di realizzare il risultato. Il Direttore Generale avrà ovviamente frequenti contatti con la linea (gli autisti) probabilmente "via radio", (cioè in tempo reale se necessario), per aiutarli nei processi. Conoscerà poi i risultati consuntivi attraverso il controllo di gestione. Nella gestione corrente operativa egli non necessiterà dunque di contattare sistematicamente i capi funzione (cioè i responsabili automezzi) o i capi processo (cioè i responsabili delle autostrade). Lo farà solo per eccezione, quando essi dimostrano di non saper "servire" adeguatamente chi svolge operativamente il business. Con essi farà invece il punto, probabilmente, una volta al mese. Si realizza così il principio che a condizionare tutte le attività aziendali sono coloro che utilizzano i processi di business. Questi ultimi vengono progettati e predisposti al meglio dai process owners. Tali processi vengono supportati ed espletati da risorse tecniche ed umane adeguate ("dirette" o di "supporto") predisposte/fornite dai capi funzione. In fig. 4.4 è riportato uno schema riassuntivo di queste tipologie di responsabilità. Un'ultima esemplificazione di funzionamento di questa organizzazione può essere fatta attraverso il punto di vista delle risorse umane. I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 16

17 Fig Le responsabilita in gioco RISULTATO DI BUSINESS RISORSE UMANE E TECNICHE ORGANIZZAZIONE (processi) LINEA Responsabilità diretta (corresponsabilità lungo il processo) Utilizzo Utilizzo PROCESS OWNER Corresponsabilità indiretta (adeguatezza dei processi) Definizione delle migliori modalità di utilizzo Predisposizione, presidio e miglioramento continuo RESPONSABILE DI FUNZIONE Corresponsabilità indiretta (adeguatezza delle risorse) Capacità di performance specifiche Adeguamento risorse I\G&M\LibriGM\98newpar\FIG4-4 Prendiamo come esempio un buyer, cioè un acquisitore. Egli verrà preparato/aggiornato dal responsabile della funzione acquisti a fornire le performance richieste dalle modalità di realizzazione del processo di approvvigionamento al livello in cui il process owner l'ha previsto per il prossimo periodo (ad esempio saper valutare gli acquisti "a costi totali" anziché nel modo tradizionale). A inizio anno, o periodo di pianificazione, o anche in qualunque momento se necessario, egli viene assegnato più o meno temporaneamente a una linea prodotto dal Comitato di Direzione. Opererà dunque sul business della linea prodotto con altre risorse di altre funzioni, sotto il coordinamento del responsabile di linea/business. Essendo egli legato da obiettivi/risultati in corresponsabilità con altre persone, si troverà spesso a dover intervenire "a monte" e "a valle" del suo ruolo naturale, per far sì che il processo totale proceda nel migliore dei modi. Dovrà molto spesso contribuire al meglio con il suo apporto diretto anche sul "collo di bottiglia" del momento del processo totale (ad esempio aiutando le fasi di programmazione o di industrializzazione in quanto "ingolfate" in quel momento). I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 17

18 Con questi esempi riteniamo di aver dato un'idea di come queste modalità consentano di risolvere problemi "annosi" dell'organizzazione, con una struttura organizzativa che, sofisticata sulla carta, è invece molto semplice operativamente. I problemi risolti riguardano: la necessità di numerosi livelli gerarchici, determinata dalla volontà di presidiare funzioni e risultati attraverso le stessa struttura (nella nuova realtà la dimensione funzionale viene separata) la necessità di un corposo ente di organizzazione che migliori processi "dal di fuori", non volendo/potendo utilizzare la linea per ciò (nella nuova realtà questo compito viene affidato ai process owners) la difficoltà di gestire corresponsabilità di obiettivo "a incrocio" tra funzioni e attività trasversali, tipico delle strutture matriciali tradizionali, dove gli interessi sono inevitabilmente a 90 gradi tra loro (nella nu ova organizzazione gli incroci di obiettivo non esistono) la difficoltà di realizzare strutture "autoadattanti" e market-driven sulla base delle reali necessità/opportunità del momento (nella nuova logica i processi sono invece a disposizione per essere utilizzati secondo le esigenze del momento e vengono continuamente adattati dai process owner quando non o mal utilizzati) il problema della gestione dell'"ambiguità" di responsabilità globali a livello di capi funzione o capi servizio lontani dall'operatività (molto più facile invece è gestire tale corresponsabilità/ambiguità a livello degli operatori lungo i processi, grazie alle concretezza dei determinanti operativi del risultato) la difficoltà di gestire lo sviluppo delle risorse e delle carriere per canali di funzione (le job rotation e il cambiamento di capi diventa normale nella nuova organizzazione) e tanti altri... probabilmente. Si noti come la logica proposta comporti lo spostamento progressivo delle modalità gestionali sempre più verso tipologie "a progetto", abbandonando sempre più logiche di tipo routinario e funzionale. Una sola considerazione conclusiva, quasi provocatoria, per sostenere le nuove logiche: quanto valore aggiunto forniva un Direttore Commerciale o di Produzione I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 18

19 collocato nella linea operativa? Probabilmente molto minore ai danni causati dai rallentamenti gestionali dovuti al suo filtro operativo da e verso il basso. Quale merito aveva inoltre del risultato dei suoi responsabili di vendita o di produzione se non le somme algebriche degli stessi? Molto meglio utilizzare le sue capacità o come coacher dei responsabili di vendita (come capo della funzione Commerciale, ora non più in linea) o come responsabile del miglioramento del processo di vendita (come process owner, più o meno a tempo determinato). Si noti infine quante nuove e migliori opportunità di crescita "globale" delle persone si realizzano potendo esse ruotare (scorrere) su diverse posizioni di linea (orientamento al business), posizioni di process owner (orientamento all'organizzazione), posizioni di responsabili di funzione (orientamento alla specializzazione)! I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 19

20 4.4 I nuovi paradigmi per i sistemi gestionali Per sistema gestionale (o sistemi di management), si intende l insieme dei meccanismi predisposti dall organizzazione per dar corso alle attività manageriali operative. Poiché la principale mission operativa del management viene oggi individuata nella realizzazione del miglioramento, cioè nel perseguimento di obiettivi incrementali rispetto alle prestazioni precedenti, il focus viene posto oggi su tali attività. Gli stessi modelli di Business Excellence tentano di codificare tali meccanismi dando corpo anche formale ai nuovi paradigmi. Il nuovo modello Il modello del nuovo sistema manageriale si articola su tre dimensioni operative (Fig. 4.5): a. la Direzione per Politiche / per Priorità (Management by Policy / by Priority) b. la Gestione del Giorno per Giorno (Day to Day Management) c. la Gestione per Processi (Management by Processes). In realtà le "etichette" con cui tali dimensioni vengono citate possono essere anche molto diverse. Vediamo di inquadrarle concettualmente e di capirne la portata pratica. Fig Il modello manageriale di riferimento DIREZIONE PER POLITICHE GESTIONE PER PROCESSI GESTIONE GIORNO PER GIORNO I\G&M\LibriGM\98newpar\FIG a) Direzione per Politiche / Priorità I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 20

21 Si riferisce alle evoluzioni che i sistemi di Direzione per Obiettivi e di Controllo di Gestione stanno subendo. In particolare la Direzione per Politiche/Priorità costituisce una fusione della Direzione per Obiettivi con i nuovi approcci di gestione operativa, orientati a una maggiore imprenditorialità. Un aspetto fondamentale è che gli obiettivi su cui essa si focalizza sono un numero molto limitato e vengono individuati partendo dalle priorità aziendali, col principale obiettivo di presidiarne la gestione operativa. b) Gestione per Processi Significa gestire e migliorare "per processi di business", oltre che "per funzioni". Questa dimensione gestionale si sta diffondendo sempre più, specialmente nelle aziende di servizi, dove sta diventando la dimensione più importante, unita a concetti di "Piramide Rovesciata" (l'organizzazione al servizio del front line). I recenti approcci riorganizzativi, basati sulla metodologia del Business Process Reengineering alimentano tale necessità come naturale evoluzione di un nuovo taglio organizzativo, che va poi gestito successivamente in modo coerente nella pratica giornaliera. Segue una breve descrizione delle tre dimensioni del modello (*). c) Gestione del giorno per giorno "Figlia" diretta degli approcci Qualità Totale, questa dimensione presidia in modo organizzato il "processo di miglioramento continuo" in bottom-up (verso l'alto) dell'azienda. Tale processo dovrebbe essere sistematico e gestito dal management di linea. Può essere considerato un evoluzione dei sistemi di suggerimenti individuali e dei Circoli della Qualità. La Direzione per Politiche / per Priorità In inglese è denominata Management by Policy (MBP), in giapponese Hoshin Kanri. Recentemente si nota una tendenza a individuarla con il termine Management by Priority, enfatizzando una delle sue caratteristiche più importanti. Da un punto di vista " tecnico" la Direzione per Politiche / Priorità viene individuata come quel meccanismo manageriale (evoluzione della Direzione per Obiettivi) che: consente di realizzare la logica imprenditoriale della "gestione per priorità" rispettando nel breve termine le politiche poliennali dell'azienda, (*) per approfondimenti si veda il libro Il Manager Imprenditore (Il Sole 24 Ore, 1995) I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 21

22 consente di realizzare gestioni operative efficaci, traducendo i piani strategici in coerenti azioni sul medio termine e sul breve termine, consente di sviluppare il sistema manageriale, l'organizzazione e la cultura necessaria per rendere operative le logiche della Qualità Totale all'interno dell'azienda. Volendo evidenziare le principali caratteristiche "tecniche", esse sono individuabili nelle seguenti: collegamento diretto al Piano Strategico e al Business Plan; focalizzazione su alcune priorità fondamentali (una-tre, scelte annualmente dal top management), con importanti obiettivi; individuazione congiunta degli obiettivi e delle azioni necessarie per ottenere i risultati voluti (il "come" più importante del "quanto"); un processo interfunzionale molto integrato e orientato a ottenere questi risultati; sinergia dei processi top-down e bottom-up; continua e sistematica gestione del processo finalizzato al perseguimento degli obiettivi; rigorosa applicazione del metodo PDCA (Plan, Do, Check, Act = metodologia di base per lo sviluppo del miglioramento); enfasi sulle relazioni causa-effetto; audit diretti da parte del top management. Dal punto di vista operativo, l'mbp utilizza la metodologia del Policy Deployment, la cui logica è basata su di una cascata di "punti di controllo" (control points) e "punti di verifica" (check items), secondo una logica gerarchica di relazioni causaeffetto. Gli aspetti fondamentali della Direzione per Politiche / Priorità sono probabilmente due. Il primo aspetto riguarda la limitazione a una-tre priorità all'anno. Questo fatto deriva da una logica strettamente imprenditoriale (l'imprenditore è colui che sa individuare e concentrarsi sulle priorità del momento). Si presuppone infatti che l'efficacia gestionale sia tanto maggiore quanto più si riesce a focalizzare l'attenzione e gli sforzi su pochi obiettivi (meglio uno solo). Tali obiettivi vanno tenuti costantemente sotto controllo, in "gestione a vista", e vanno perseguiti giorno per giorno. Questo significa che invece di prevedere, ad esempio, dieci obiettivi con miglioramenti dell'ordine del 5-10% ognuno, è preferibile e più efficace affrontarne uno o due per volta, con obiettivi di miglioramento dell'ordine di almeno il 30%. E' possibile allora concentrarsi su di essi, esaminandoli e studiandone le azioni migliorative con un adeguato deployment, senza essere disturbati da altri obiettivi. La gestione con presidio "a vista" di tale obiettivo I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 22

23 consente di abbandonare l'inefficace e frustrante prassi di valutare gli andamenti sulla base di reporting di consuntivazione, magari mensili (un po' tardi per intervenire sulle cause di eventuali problemi, o sulle leve di possibile miglioramento, o per poter cogliere opportunità presentatesi nel frattempo!). Il secondo aspetto riguarda l'importanza del "come". Se è vero che il "quanto" (cioè il risultato numerico) è in genere molto importante per i risultati di business dell'anno, il "come" è invece molto importante per la "salute" futura dell'azienda (cioè per i risultati dei prossimi anni). Un esempio può essere il seguente: se l'obiettivo è quello di ridurre i costi dei materiali acquistati del 15%, l'mbo si limiterebbe a richiedere contributi "numerici" a tutti i responsabili, lasciandoli liberi di definire il "come". Il risultato potrebbe essere quello di ottenere l'obiettivo numerico previsto nell'anno (business plan salvo!), ma di mettere in notevole difficoltà il parco fornitori. Esso sarebbe probabilmente affrontato solo con logiche di imposizione del prezzo di fornitura (se possibile) o di riduzione del livello qualitativo delle forniture stesse. Il conto sarà poi "pagato" dall'azienda cliente nel giro di qualche anno, quando ci si ritroverà con un parco fornitori "spompato" e non all'altezza della competizione. La Direzione per Politiche / Priorità richiede che il "come" gli obiettivi annuali vengono ottenuti, sia sempre pianificato e perseguito in un'ottica di importanti miglioramenti anche per il futuro (sviluppo dei fattori di "salute aziendale"). Nell'esempio degli acquisti il "come" potrebbe essere individuato nelle logiche della Comakership (aumento dei volumi per ogni fornitore, valutazioni a costi totali e non a prezzi, eliminazione o riduzione dei costi di ispezione, ecc.). L'importante è comunque che il "come" sia praticato contestualmente da tutti. La coerenza nelle azioni è spesso più importante della tipologia delle stesse. La Gestione per Processi Questo meccanismo gestionale, nella configurazione qui presentata, è stata sviluppata da alcune aziende leader occidentali, più o meno (ma non sempre) nell'ambito di approcci di Qualità Totale. Ad esso non corrisponde un meccanismo uguale nel modello giapponese della Qualità Totale che prevede, al suo posto, il cosiddetto Cross-Functional Management. Le differenze non sono eclatanti, ma esistono. Esse sono riconducibili alla maggiore necessità occidentale di stressare la dimensione "processo", in quanto da noi addirittura non riconosciuta precedentemente a livello gestionale. Attraverso il suo utilizzo è possibile operare in modo che le attività interfunzionali prevalgano sulle funzioni, indipendentemente dalla struttura organizzativa I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 23

24 esistente, assicurando così nel lavoro quotidiano il corretto presidio e miglioramento dei processi aziendali. La gestione per processi consente infatti di individuare i processi su cui intervenire e operare poi in modo strutturato per il miglioramento degli stessi, senza modificare l'organigramma aziendale. L'unica, ma importante, variazione organizzativa è costituita dalla creazione di responsabili dei processi: i Process Owner. Essa. molto spesso, viene attivata "a valle" di un intervento di Business Process Reengineering (si veda cap. 12) come nuova modalità gestionale operativa. I principi di riferimento della gestione per processi sono: la focalizzazione sui processi aziendali visti come catene di "fornitori e clienti"; l'allineamento continuo ai "bisogni" dei clienti (esterni e interni); la necessità di mantenere sotto controllo le prestazioni del processo e le modalità a cui si rivolge; gli interventi migliorativi guidati dalla scelta delle priorità. Il punto di partenza metodologico per avviare una gestione per processi è proprio quest'ultimo. Infatti, se si vogliono realmente migliorare i risultati complessivi dell'azienda, bisogna scegliere quali sono i processi su cui prioritariamente intervenire. Poi occorre studiare ed attuare i cambiamenti nei processi scelti, ed infine gestirli correttamente per mantenere nel tempo le performances conseguite. I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 24

25 Queste tre fasi sono riportate nella figura 4.6. Si tratta di un ciclo continuo che porta nel tempo al miglioramento di tutti i processi aziendali. Fig L approccio alla Gestione per Processi: i tre momenti fondamentali AUTODIAGNOSI : Individuazione dei processi Valutazione Selezione INTERVENTI OPERATIVI : GESTIONE ROUTINARIA Riprogettazione Miglioramento BKT Miglioramento continuo I\G&M\LibriGM\98newpar\FIG La prima fase: individuare i processi prioritari E' evidente che la scelta dei processi su cui intervenire deve essere strettamente connessa agli obiettivi strategici che l'azienda intende perseguire ed alle prestazioni che i processi in essere ottengono, con particolare riferimento ai concorrenti. Si chiede quindi alla Direzione di scegliere i 2-3 processi su cui concentrare sforzi, tempo e risorse. Il metodo normalmente utilizzato richiede lo svolgimento delle seguenti fasi: definizione degli obiettivi strategici di riferimento definizione dei fattori chiave per il successo individuazione dei processi correlati valutazione delle prestazioni di tali processi selezione dei processi prioritari I\G&M\LibriGM\98newparCAP4 25

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