Parrocchia SS. Filippo e Giacomo in S. Agostino Gruppo Ministranti 19 Aprile 2011 I GIORNI DI PASQUA

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1 Parrocchia SS. Filippo e Giacomo in S. Agostino Gruppo Ministranti 19 Aprile 2011 I GIORNI DI PASQUA GIOVEDI SANTO Che cos è? E il giorno in cui si ricorda l'ultima Cena consumata da Gesù con i suoi discepoli, dell istituzione dell Eucarestia e del Sacerdozio ministeriale. In cattedrale, la mattina, si celebra la Messa del Santo Crisma, durante la quale il Vescovo della diocesi, benedice i tre tipi di oli che verranno poi usati per tutto l'anno liturgico. Questi tre oli sono il Crisma (usato durante i battesimi, le cresime, nella consacrazione dei vescovi, dei calici e delle chiese), l'olio dei Catecumeni (usato durante i battesimi e dell'ordine Sacro Sacerdotale) e l'olio degli Infermi (usato per ungere coloro che soffrono e per l'estrema Unzione). Durante la messa della sera vengono consacrate le particole che verranno usate anche il Venerdì Santo. Quindi vi è la processione verso il tabernacolo ove verrà deposto il Corpo di Cristo. L'altare principale viene spogliato di tutti i suoi paramenti. La notte, generalmente, le chiese vengono lasciate aperte per consentire ai fedeli di pregare dinnanzi al tabernacolo. Dal Vangelo secondo Giovanni(Gv 13, 1-8) 1Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.2mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo,3gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava,4si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. 5 Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto.6 Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?».7 Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo».8 Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Prima riflessione: Era un'abitudine orientale, in un tempo in cui si camminava con calzari aperti su strade polverose, di lavarsi i piedi, una volta entrati in casa, prima di prendere cibo. Quest'umile mansione era svolta, generalmente, dal servo di livello più basso della casa. Questo spiega come mai, in assenza di servitori, nella camera in cui Gesù e gli apostoli erano riuniti per celebrare la Pasqua ebraica, nessuno si

2 fece avanti per lavare i piedi ai commensali. Gesù, però, volle in quell'occasione impartire una lezione fondamentale di umiltà e, al contempo, stabilire un rito per il futuro. Nell'ultima cena raccontata da Giovanni, l'evangelista si concentra maggiormente sul racconto della lavanda dei piedi e non accenna all'istituzione dell'eucaristia; si suppone che lo fa per farci capire che è la stessa cosa, lo stesso servizio manifestato in due modi diversi. Si tratta di dare la vita per amore degli altri, cercando di cogliere il loro bisogno per poi aiutarli. Pietro, tuttavia, rifiuta di lasciarsi lavare i piedi dal Maestro e si scontra apertamente con questi. Proprio lui, il successore di Gesù, gli si rivolta contro; un po' per rispetto della gerarchia, ma forse anche perché intuisce che se lo fa Gesù dovrà farlo anche lui. Gli altri discepoli, invece, si lasciano servire dal Maestro... Ma Giuda (l'apostolo che lo tradirà) come vive questa lavanda dei piedi?" Questo è tutto matto! pensava tra sé e sé. E io dovrei dare retta e seguire uno così? Non sia mai. Meno male che ho già programmato il suo arresto. Io un maestro così proprio non lo voglio perché umiliandosi in questo modo, umilia anche noi che siamo i suoi discepoli. Queste cose non si fanno". Quante volte, nel nostro cuore, no abbiamo pensato le stesse cose di Giuda? Quando vanifichiamo la Croce di Cristo, quando preghiamo per la conversione degli altri dimenticando il nostro bisogno di convertirci, quando consideriamo cattivi gli altri, che hanno messo Gesù in croce, quando non sentiamo il bisogno di andare sotto la croce a chiedergli scusa e ringraziarlo per quello che sta facendo per me da anni. Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,12-18) 12Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: Sapete ciò che vi ho fatto?13 Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. 14 Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. 15 Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. 16 In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. 17 Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica. Seconda riflessione: Come abbiamo già detto, era uso lavarsi i piedi prima di mettersi a tavola ma gli apostoli entrando nella sala non lo avevano fatto, per cui Gesù si alzò da tavola, si legò un asciugatoio alla vita, prese un recipiente d'acqua e cominciò a lavare loro i piedi. Quale gesto può essere più umiliante per un maestro di quello di lavare i piedi ai propri discepoli? Eppure il Divino Maestro lo stava facendo e lo scopo era proprio quello di insegnare che non c'è manifestazione d'amore più grande del servirsi gli uni gli altri; che non è sufficiente ascoltare se poi non si mette in pratica ciò che è appreso. Gesù non ebbe nessun timore di servire, era venuto sulla terra proprio per questo e non si tirò indietro, accettò di farlo con molta umiltà, la stessa umiltà che avrebbe dovuto contraddistinguere gli apostoli. In tale contesto, Gesù raccomanda ai Suoi Discepoli di seguire il Suo esempio (Se

3 dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato, infatti, l esempio, perché, come ho fatto io, facciate anche voi). Una raccomandazione dalla quale si sviluppano i successivi versetti, che contengono innanzitutto due detti di Gesù presenti anche nel Vangelo di Matteo (Non c è servo più grande del suo Signore... e Chi riceve uno che io mando, riceve me), e la predizione del tradimento di Giuda che conferma la parola della Scrittura (perché quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono). È evidente che il rito della lavanda dei piedi ricorda che, per diventare veramente dei Discepoli di Cristo, è necessario essere sempre al servizio dei fratelli, in particolare degli ultimi, i più bisognosi e per questo i più piccoli. Se è vero che il pane e il vino consacrati sono la presenza di Cristo morto e risorto, è altrettanto vero che chi si dichiara cristiano deve riconoscere la presenza di Gesù nel povero, nell oppresso, nel debole, nell emarginato, in altre parole in tutti quelli che hanno bisogno di Lui. Non avrebbe senso la fede nell Eucaristia se essa non trovasse conferma nella carità e nel servizio verso il prossimo. GIOVEDI SANTO E I MINISTRANTI: La messa procede regolarmente fino alla fine dell'omelia; dopo che il sacerdote si è tolto la casula e si è messo un grembiule, si svolge il rito della lavanda dei piedi. I ministranti (o gli accoliti) aiutano il sacerdote a reggere la brocca, la bacinella e l'asciugatoio. Terminata la lavanda dei piedi, dopo aver lavato le mani al sacerdote (portare: brocca, bacinella con sapone e asciugamani pulito), la massa procede regolarmente fino alla fine dei riti di comunione, quando si depone la pisside con dall Eucarestia, non del tabernacolo ma sull'altare. A questo punto il sacerdote incensa il Santissimo (portare: turibolo e navicella), si pone sulle spalle del celebrante il velo omerale e si dà inizio la processione fino alla cappella della reposizione. Per la processione ci si dispone in quest'ordine: - davanti stanno turibolo e navicella; - poi la croce con candelieri; - per ultimo, il sacerdote con il Santissimo; - segue la gente. Giunti alla cappella della reposizione, si pone l'eucarestia nel tabernacolo allestito appositamente, si incensa (portare turibolo e navicella), si prega per qualche minuto in silenzio e si ritorna in sacrestia.

4 VENERDI SANTO Che cos è? E' il giorno dell'afflizione, del dolore, il giorno in cui Gesù venne condannato a morte, inchiodato sulla croce e in seguito morì; mondandoci (cioè purificandoci) in tal modo dei nostri peccati per noi Uomini e per la nostra salvezza... fu crocifisso, morì e fu sepolto Ci sono 5 elementi specifici del venerdì santo: Il canto delle lezioni dell'antico Testamento per ricordare il passaggio del Mar Rosso; La lettura della Passione secondo Giovanni; L'esposizione della Santa Croce; le solenni orazioni; e la distribuzione dell'eucarestia con le ostie consacrate il Giovedì Santo. Dal Vangelo Secondo Luca (Lc 23,39-43) 39 Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». 40Ma l'altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? 41 Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». 42 E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». 43 Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso». Riflessione Gesù è appeso al legno della croce, a destra e a sinistra erano i due malfattori. In quel momento, al culmine della sofferenza, ecco che uno dei due malfattori lo tenta dicendogli di salvare sé stesso e anche loro. E l altro, invece, riconoscendo le sue colpe e ancor di più riconoscendo in Gesù il Figlio di Dio, si pente per ciò che aveva commesso e manifesta la sua conversione richiamando il suo compagno, facendogli notare che questi non ha timore di Dio. Il timore del buon ladrone, non è il timore dello schiavo, ovvero di chi ha paura di ricevere una punizione, di chi è sottomesso! Il timore che egli prova è simile al timore che un figlio ha verso il padre. Così è anche il Timore di Dio che ci rende consapevoli dell'amore paterno del Padre Nostro (come ci insegnò Gesù a chiamarlo), ci fa consapevoli della sua grandezza, della sua dignità, della sua sovranità. Dio è buono, ma è anche forte e potente. E a Lui si devono rispetto e obbedienza. Guai, infatti, a perdere il rispetto di Dio: chi non rispetta Dio, finisce per non rispettare sé stesso e gli uomini. Tutte le volte che non rispettiamo i valori, dimostriamo di non temere chi è la somma e il fondamento dei valori stessi: Dio che il Giusto, il Buono, il Vero, l'amore. Infine il timore di Dio mira a ricordarci un dovere più umile, se vogliamo, ma molto importante: il dovere di non dire stupidaggini su di

5 lui. Parlar male di una persona significa non rispettarla, non tenerla in considerazione, non temerla. Ciò che, purtroppo, avviene solamente trattandosi di Dio. Avviene, ad esempio, quando lo presentiamo come il controllore del biglietto, come il guastafeste, come l'esattore delle imposte, come colui che annusa il male dappertutto. Dio non è così! A forza di mancargli di rispetto, l'abbiamo ridotto al silenzio. Il Timore ci impone di presentare un Dio sereno, un Dio che crede nell'uomo, un Dio compassionevole, proprio come il Padre Misericordioso della parabola! Ecco chi è Dio! Un Padre che vuole la sua creatura (l'uomo) protagonista, non gregario; un Dio disarmato, discreto: bussa e attende; un Dio che non soffre di dal daltonismo: ha occhi per i colori di tutte le pelli, poiché sa che non esistono razze, che l'umanità è una sola; un Dio che è contro il malumore, un Dio il cui lavoro è amare e perdonare. VENERDI SANTO E I MINISTRANTI Si arriva all'altare in processione in silenzio, senza croce, né candelieri, né turibolo e navicella; i lettori portano in mano i libretti per la lettura del Passio. Arrivati davanti all'altare tutti fanno un inchino profondo; lettori e sacerdoti salgono sull'altare dove depositano i libri del Passio, quindi scendono i gradini del presbiterio e il sacerdote (ed eventuali ministri) si prostra a terra per qualche istante. Poi, lettori, sacerdote e ministranti salgono sul presbiterio per andare ai loro posti, quindi il ministrante che regge il messale si reca davanti al sacerdote che a mani giunte dice una delle due orazioni. Quindi ci si siede e si leggono le letture. Dopo la seconda lettura, i lettori e il sacerdote (o diacono) vanno all'altare dove prendono i libretti del Passio; i lettori si recano ai leggii, mentre il sacerdote (o il diacono) va all ambone. Terminata la lettura del Passio, i libretti vanno lasciati sui leggii e sull ambone. Seguono l'omelia e la preghiera universale, quindi l adorazione della Croce. Il ministro della Croce e i due ministranti dei ceri vanno in sacrestia, prendono la croce velata e i ceri accesi (che sono in sacrestia) e procedono verso l altare. A questo punto il sacerdote prende in consegna la Croce e la scopre a più riprese. Una volta svelato, il crocifisso viene posto al centro dell'altare su una base preparata precedentemente. Tutti si inginocchiano per qualche istante di adorazione. Di fronte al crocifisso si collocano due candelieri con candele accese. Terminata l'adorazione della croce, il sacerdote (o il diacono), preceduto da due ministranti che reggono due candele accese, per il percorso più breve, si recano all'altare della reposizione per prendere il Santissimo. Giunti alla cappella, un ministrante mette sulle spalle del sacerdote (o del diacono) il velo omerale. Si porta l Eucarestia all'altare e agli angoli dello stesso si pongono i due ceri accesi. Seguono il rito di comunione a partire dal Padre Nostro. Terminata la Comunione, si riporta l'eucarestia nella cappella della reposizione. Due ministranti, in silenzio, spogliano l altare, quindi è il momento del silenzio e della preghiera interiore. Dopo l'orazione finale il sacerdote e i ministranti si mettono dinnanzi all altare, fanno un inchino profondo e, ordinatamente, a mani giunte, in silenzio, tornano in sacrestia.

6 LA VEGLIA PASQUALE Che cos è? La liturgia della Settimana Santa raggiunge il suo apice nella celebrazione della Veglia di Pasqua e con la Messa della Mezzanotte. Queste cerimonie servono a ricordare il significato primo della Pasqua: ovvero l'opera di Redenzione dell'uomo avvenuta per mano di Gesù e la nostra adozione a figli di Dio. Durante la messa di mezzanotte può capitare che ci siano dei battesimi proprio per celebrare questa nuova condizione dell'uomo. Dal Vangelo secondo Luca 1Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando gli aromi che avevano preparato.2 Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro;3ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù.4Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti.5 Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? 6 Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, 7 dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno». Riflessione A noi cristiani è data la fede e l'esperienza di Cristo morto e risorto, noi crediamo nella risurrezione (se essa non fosse avvenuta, come disse San Paolo, vana è la nostra fede). I primi cristiani hanno dato la loro vita perché sapevano che Cristo era risorto dai morti a testimonianza che egli Era colui che diceva di essere. Anche noi dobbiamo essere certi di ciò! Gesù è l'autore della vita, è il vincitore del male e della morte con il suo amore. Ha dato la sua vita per la remissione dei peccati dell'uomo. Ha dato la sua vita per amore dell'uomo. Ha realizzato questa opera e la vuole portare avanti per ogni tempo e ogni luogo. La speranza è la certezza che Dio porterà a compimento ciò che ha iniziato e realizzato, è fiducia nell'umanità intera, che è capace e vuole lottare contro ogni male, è capace e vogliono costruire la pace, la giustizia, i valori umani e cristiani più veri, l'amore e il dono di sé. Se crediamo in maniera così concreta alla risurrezione di Cristo e dell'uomo, siamo in grado di fare molte cose, piccole e grandi, per il bene dell'umanità, per un mondo migliore, per una Chiesa più santa. Questo lo possiamo vivere già ogni giorno nelle nostre famiglie, nel lavoro e nella scuola, nella vita sociale, in parrocchia, dove ogni giorno vogliamo crescere nella fraternità, nel dialogo, nell'amicizia, nella bontà, nel servizio, nella disponibilità, nell'amore sincero. I Segni della Veglia Dietro alla messa v'è un complesso simbolismo. I segni (o simboli) non sono fatti per Dio, ma per l'uomo, affinché quest'ultimo possa essere rimandato ad una realtà molto

7 più complessa e al di là della sua comprensione. Perdere il significato primo dei segni significa perdere il contatto con Dio. I segni della veglia sono: - fuoco; - cero; - luce; - acqua. 1) Il fuoco Nella notte di Pasqua, nella solenne Veglia, la celebrazione si arricchisce in modo evidente del simbolismo del fuoco. Il braciere, che arde fuori della chiesa e da cui si accende il cero, attrae l'attenzione dei fedeli in questo primo momento che prepara la celebrazione pasquale. Il trionfo della luce sulle tenebre, del calore sul freddo, della vita sulla morte. La preghiera del Messale Romano che accompagna la benedizione del fuoco, ci appare piuttosto espressiva: "O Padre, che per mezzo del tuo Figlio ci hai comunicato la fiamma viva della tua gloria, benedici questo fuoco nuovo, fa che le feste pasquali accendano in noi il desiderio del cielo, e ci guidino, rinnovati nello spirito, alla festa dello splendore eterno". Il fuoco è presente, nella liturgia, anche in altre occasioni o realtà: nelle lampade e nei ceri accesi durante la celebrazione o davanti al tabernacolo. Qui, oltre al simbolismo della luce, vi ritroviamo la misteriosa realtà del fuoco: la fiamma che si consuma lentamente mentre illumina, abbellisce e riscalda, dando senso poetico e familiare alla celebrazione. Il fuoco, com'è detto chiaramente dal canto del "Veni Creator", è lo Spirito Santo, invocato in ogni Eucaristia sui doni del pane e del vino per operare la loro misteriosa trasformazione nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Il fuoco è il simbolo del sacrificio di Cristo e del potere santificante di Dio, che prende possesso dell'altare e di ciò che su di esso sarà celebrato. 2)Il Cero Pasquale È la grossa candela che si accende durante la veglia e si lascia ardere sino al giorno dell'ascensione del Signore. Simboleggia il Cristo risorto, luce vera del mondo che illumina ogni Uomo; è la luce della vita che impedisce di camminare nelle tenebre. È segno della vita nuova in Gesù che, strappandoci dalle tenebre, ci ha trasferito con i santi nel Regno di Dio; Egli brillò su di noi che eravamo tenebre, ma ora siamo luce nel Signore. È il segno che ci rimanda alla nostra adozione di figli di Dio, di figli della luce. Dopo aver fuoco benedetto il fuoco, il celebrante, incide una croce sul cero e poi incide i simboli dell'alfa e dell'omega che indicano che Gesù Cristo è principio e fine di ogni cosa. Quindi indice tutte le cifre dell'anno, per simboleggiare che Gesù, il Signore del tempo e della storia, vive oggi in mezzo a noi. Infine si accende lo stoppino del Cero Pasquale. In seguito, dalla fiamma del cero, vengono accese le candele dell'assemblea; gesto questo che ci deve ricordare che la luce di Cristo illumina ogni Uomo. Quindi, portato dal diacono, verrà condotto lungo la navata centrale al grido di:

8 Lumen Christi o La Luce di Cristo o Cristo Luce del Mondo. Una volta deposto il cero nel suo supporto, sempre il diacono, proclamerà o canterà l'exultet. 3) La luce L'evangelista Giovanni dice: Era la luce vera, che illumina ogni Uomo, quella che veniva nel mondo. Non si tratta quindi tanto della luce che occorre per vederci, quanto piuttosto di quei simboli che vogliono esprimere la presenza di qualcuno: Dio, Cristo, la Parola. Quindi della luce che illumina l'anima dell'uomo, che lo solleva dalle tenebre. Il cero pasquale, le candele, le lampade, i ceri... sono tutti segni di questa luce che sconfigge il male, lava le colpe, restituisce la gioia agli afflitti.... Nella notte pasquale, nel sacramento del battessimo, nelle esequie, durante la celebrazione eucaristica, durante l'intronizzazione del libro dei Vangeli, davanti al tabernacolo... la luce indica sempre la presenza di Cristo, luce vera della vita. Noi siamo i figli della luce. 4) L'Acqua L'acqua è davvero una realtà polivalente: disseta, pulisce e purifica, ci rinfresca nei giorni di calura; è fonte di vita per i campi e dà origine alla forza idraulica. Nella liturgia della solenne notte e in altri riti liturgico sacramentali essa assume significato come acqua che purifica; segno di Cristo, acqua viva che spegne ogni sete e simbolo di vita e di morte. Tralasciando tutti gli altri riti, nella Veglia pasquale, la notte battesimale per eccellenza, l'acqua, come linguaggio simbolico, raggiunge l'apice di solennità e di significato. Anche quando non ci sono battesimi, in quella notte in tutte le comunità cristiane si commemora il Battesimo, sacramento per mezzo del quale siamo radicalmente assunti e incorporati alla pasqua di Cristo, passaggio dalla morte alla vita. Le altre domeniche sono come il prolungamento e rinnovazione settimanale della domenica per eccellenza, la festa di Pasqua. L'acqua, per noi cristiani, è un simbolo d affetto con il quale Dio ha voluto purificarci, appagare la nostra sete e farci rinascere nel mistero della pasqua di Cristo. LA VEGLIA E I MINISTRANTI Preparazione del fuoco e processione La celebrazione inizia davanti al falò. Il sacerdote, accompagnato dal turiferario col turibolo spento, il ministrante della navicella, dal ministrante che regge il messale, dal ministrante che regge il piattino con i grani d'incenso, il ministro del cero con al seguito altri ministri e o sacerdoti, escono dalla sacrestia con la chiesa al buio e, in silenzio, si avvicinano al luogo del falò. Ivi il ministrante del messale si mette dinnanzi al sacerdote e questi benedice il fuoco secondo il rito, quindi il ministro del cero e il ministrante che regge i grani d'incenso si avvicinano al celebrante. Questi incide con i grani d'incenso i simboli sul cero pasquale e in seguito, un ministrante, gli porge uno

9 stoppino acceso col fuoco benedetto. Con esso viene acceso il cero. Il ministrante del turibolo prende un po' di brace dal falò e in seguito si avvicina al celebrante il quale versa infonde l'incenso. Quindi il turiferario apre la processione, in seguito viene il diacono o, in sua assenza, il celebrante che prende il cero pasquale e si procede verso l'altare. Dietro al diacono o celebrante vengono i ministranti e infine tutto il popolo. Per tre volte il diacono o celebrante canta: Cristo, Luce del mondo! Tutti rispondono: Rendiamo grazie a Dio! Alla seconda intonazione, i fedeli accendono la propria candela con la fiamma del cero. Alla terza intonazione si accendono le luci, ma non le candele dell'altare. Ognuno va al proprio posto con le candele accese. Annunzio pasquale Il diacono (o sacerdote) pone il cero sul candelabro. Il turiferario presenta il turibolo e il sacerdote infonde l'incenso nel turibolo, quindi incensa il libro e il cero pasquale. Quindi il diacono (o il sacerdote) procede alla lettura (o canto) dell'exultet. Dopo il preconio un ministrante toglie il messale dall'ambone e mette il lezionario domenicale. Liturgia della parola Tutti spengono e depongono le candele, e quindi si siedono. Finita l'orazione dopo l'ultima lettura dell'antico Testamento si accendono le candele dell'altare, si suonano le campane, tutti si alzano in piedi e il sacerdote intona solennemente il Gloria a Dio nell'alto dei cieli. Il resto prosegue come nelle Messe quotidiane, mettendo in evidenza il canto dell'alleluia.

10 DOMENICA DI RESURREZIONE Il battesimo È il primo dei sacramenti dell'iniziazione cristiana. Le parole battesimo, battezzare derivano dal greco (βαπτίζω, βάπτειν) e indicano letteralmente immersione nell'acqua. Anticamente veniva amministrato per immersione: nelle chiese antiche vi erano grandi battisteri nei quali, scavati nella terra, erano delle vasche in cui battezzato entrava da una parte e vi usciva dall'altra. Questa immersione simboleggiava il seppellimento dell'uomo vecchio e la rinascita dell'uomo nuovo. Una volta uscito dalla vasca il catecumeno veniva abbigliato con una veste bianca, simbolo della sua nuova condizione e della sua rinascita in Cristo. Tale pratica fu sostituita nel corso dei secoli per amministrazione per infusione. Il battesimo apre l'accesso agli altri sacramenti della vita cristiana. I candidati adulti al battesimo si dicono catecumeni. Il battesimo viene raccomandato di celebrarlo di domenica, giorno in cui la Chiesa ricorda il mistero pasquale, con la presenza e la partecipazione attiva di un buon numero di fedeli che accolgono il neofita nella comunità, o almeno di parenti, amici e vicini. Cose da preparare: Sul luogo del battesimo: cero pasquale accesso (che simboleggia la luce di Cristo); vasca battesimale riempita d'acqua (l'acqua simboleggia il mezzo di purificazione dai peccati); sulla credenza: olio dei catecumeni (simbolo di fortezza nella lotta contro il peccato) e crisma (simbolo del dono dello Spirito Santo al battezzato); veste bianca (simbolo della nuova dignità del battezzato), un candela (con la quale si prende la luce dal cero pasquale e significa che Cristo ha illuminato il neofita), e il rituale del battesimo. Il rito Il rito prevede l'accoglienza da parte del sacerdote della famiglia e dei bambini (o catecumeni). La liturgia della parola avviene normalmente; al termine della preghiera di fedeli, i genitori chiedono il battesimo per il loro figlio e quindi bisogna portare al sacerdote il vasetto dell'olio di catecumeni con il quale il piccolo (o il catecumeno) verrà unto sul petto. La liturgia del sacramento inizia con la benedizione dell'acqua alla quale seguono il battesimo, l'unzione con il sacro crisma sulla fronte, la consegna della veste bianca e della luce; viene poi il breve rito dell'effetà. Quindi la liturgia procede come al solito.

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