Una geografia della globalizzazione

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1 Liceo di Lugano 2 Corso di Geografia Una geografia della globalizzazione I parte - Regioni e culture nel mondo Claudio Ferrata (2015) 0

2 Sommario Presentazione p Cosa è la globalizzazione p Lo sviluppo: storia e interpretazione p La dimensione regionale p Le nuove migrazioni p Immigrazione e spazio urbano p Le identità nel mondo contemporaneo p L immagine dell altro e dell altrove p Le lingue del mondo: una prospettiva geografica p Civiltà e culture nel mondo contemporaneo p. 47 1

3 Presentazione Questa pubblicazione, preparata all interno di un monte-ore del Liceo di Lugano 2, è la terza parte del corso di geografia e fa seguito ai fascicoli Introduzione all ecogeografia (I parte: Ecologia generale, II parte: Ecologia Umana) e Elementi di geografia urbana. Essa è dedicata allo studio delle dimensioni economiche, politiche e culturali del mondo globalizzato. Il termine di globalizzazione viene oggi pronunciato in ogni occasione, ma di cosa si tratta? Come si manifesta? Sappiamo che il mondo globalizzato è un mondo in constante trasformazione, difficile da circoscrivere, che segue logiche che possono anche essere contradditorie. È un mondo essenzialmente costituito dai flussi ma gli spazi, con la loro estensione e le loro frontiere (come è il caso dello stato), disegnano ancora una maglia ordinata sulla superficie terrestre. Come governare poi gli spazi della politica? E quale è il ruolo delle culture? Si sono omogeneizzate o hanno mantenuto le loro differenze e le loro peculiarità? Nelle pagine di questo fascicolo si troveranno concetti e strumenti provenienti dalla geografia politica ed economica ma pure dalle altre scienze umane e sociali che permetteranno di delineare i grandi tratti del mondo contemporaneo. Nella seconda parte verrà poi messa in evidenza la dimensione del potere: quello formale dello stato e dei suoi apparati ma pure quello informale, forse più difficile da cogliere ma altrettanto significativo, presente in tutte le relazioni della vita quotidiana, così come suggeriscono alcuni geografi politici contemporanei. Non mancherà la presentazione degli strumenti che permetteranno agli studenti di analizzare casi specifici. Li invitiamo ad assumere una posizione critica su quanto leggeranno in queste pagine e sul mondo nel quale vivono e nel quale saranno tenuti a operare nel campo delle loro future professioni. C.F. 2

4 1. Cosa è la globalizzazione Il Mondo come sistema Rispetto a 50 anni fa, oggi abbiamo una più netta una percezione della dimensione globale. Ci rediamo conto che diversi fenomeni fisici (circolazione atmosferica, correnti marine, flussi di energia) estendono la loro azione su tutta la terra e interagiscono tra loro. Abitiamo l ecumene planetaria (Morin) e ciò presuppone l idea di un mondo come spazio dell umanità e delle diverse collettività in relazione tra loro. Esso è poi il contenitore di tutte le regioni, di tutti i luoghi, di tutti gli altri spazi. Il mondo non è solo la somma dei diversi elementi che lo compongono ma è l insieme delle relazioni che questi intrattengono. Questo sistema-mondo si fonda sull'interconnessione e sull interdipendenza tra le parti: merci, capitali, persone, ecc. disegnano flussi che collegano le varie parti. Ma questo complesso sistema è pure basato su una gerarchia tra le parti. Alcune delle componenti del sistema, i centri, dominano le periferie che non detengono alcun potere decisionale. È questa la dimensione geografica del mondo globalizzato. Ma quando si presenta il concetto di globalizzazione? I termini di mondializzazione e di globalizzazione sono utilizzati sin dagli anni 60 ma è solo con l inizio degli anni 80 che entrano nel lessico comune. La nozione di globalizzazione viene inizialmente utilizzata per designare i mercati finanziari, il liberalismo economico e le innovazioni tecnologiche. I geografi Paul Knox e John Agnew definiscono la globalizzazione come un aumento delle interconnessioni delle diverse parti del Mondo attraverso un insieme di processi di cambiamento economici, ambientali, politici e culturali. Secondo l OCDE la mondializzazione si è sviluppata in tre fasi: (1) internazionalizzazione, che ha visto le imprese aprirsi verso l esterno, (2) la transnazionalizzazione dopo la 3

5 Seconda Guerra mondiale con investimenti verso l estero e le delocalizzazioni, (3) la terza tappa dagli anni 80 è quella della globalizzazione. Quali sono le dimensioni della globalizzazione? Possiamo ritenere che la globalizzazione abbia almeno cinque dimensioni: (1) dimensioni geo-storiche, (2) tecniche e logistiche, (3) economiche, (4) istituzionali e, infine, (5) culturali (tema di cui non si parlerà in questo capitolo ma che verrà discusso più avanti). Una breve geo-storia della globalizzazione La globalizzazione è un fenomeno recente da mettere in relazione con l avvento delle nuove tecnologie e l affermazione del neoliberalismo, come ritengono alcuni, oppure si deve parlare dei tempi lunghi della globalizzazione? Autori quali Immanuel Wallerstein suggeriscono che la globalizzazione debba essere vista come la fase finale di un processo multisecolare. Possiamo considerare quattro principali fasi della globalizzazione. Prima del 1492 esiste il sistema vecchio Mondo. Alcune economie-mondo (Braudel) hanno funzionato come centri autonomi e egemonici organizzando porzioni di spazio mondiale. Tra le economie-mondo vi erano sicuramente il Mediterraneo dell impero romano e il Mediterraneo dell Europa medievale, ma pure la Cina dei Ming. Solo fino a un certo punto possiamo presentare questi mondi come universi incomunicanti. L Africa dell impero del Mali e del Ghana esportava oro verso l Europa avvalendosi delle carovane che attraversavano il deserto del Sahara, la via della seta permetteva di raggiungere la Cina attraverso le steppe dell Asia centrale e, all inizio del XIV, secolo le fotte cinesi giungevano sino alle coste del Mozambico. Tra la fine del XV secolo e il XVI secolo i traffici europei iniziarono a estendersi verso le coste africane e verso l'oceano indiano. Inizialmente Enrico il Navigatore costeggia le coste africane, poi Vasco de Gama circumnaviga l'africa nel 1498 e infine Magellano compie il suo periplo nel Ma è soprattutto il viaggio di Colombo che darà origine a una nuova era: il sistema nuovo Mondo. Con il 1492 si presenta il vero inizio dell era planetaria e l affermazione di imperi che operavano a scala mondiale. La scoperta dell America origina scambi di vegetali e animali (mais, patata, fagioli, pomodoro, manioca, patata dolce, cacao, tabacco, pecore, bovini, cereali, vigne, cavallo) e intense interazioni microbiche (tubercolosi, 4

6 morbillo, influenza, sifilide) oltre che umane. Si costituiscono i grandi imperi coloniali (spagnolo e portoghese) e, nel XVII secolo, nascono le grandi compagnie marittime inglesi, francesi e olandesi progenitrici delle attuali multinazionali, come la Compagnia olandese delle indie orientali (1602). Nel XVIII secolo i traffici dei mercanti inglesi, olandesi e spagnoli, portoghesi e francesi si estendono su tutto il pianeta e si creano così le premesse per un economia mondiale all'insegna dell'occidente. Sul finire dell Ottocento il Mondo si unifica all insegna dell imperialismo occidentale. Con la rivoluzione industriale e lo sviluppo del capitalismo industriale si costruisce uno spazio mondiale di scambi. È un sistema disegnato da centri e periferie. Vincolata dal patto coloniale la colonia ha il compito di fornire prodotti primari (tè, caffè, cacao, zucchero, tabacco, cotone) e materie prime necessarie allo sviluppo economico della metropoli, la quale investe poi i suoi capitali nelle colonie. Si giunge al paradosso di produrre cotone in India, lavorarlo in Inghilterra e riesportare il prodotto finito di nuovo in India. Una standardizzazione del tempo e dello spazio Tra la seconda metà del Settecento e la seconda metà dell Ottocento le posizioni e le distanze degli oggetti sul globo terrestre diventano perfettamente misurabili. Se il problema posto dal calcolo della latitudine era stato risolto da tempo, rimaneva irrisolto quello della longitudine. La conservazione dell ora della località di partenza necessaria per il calcolo non era possibile. L introduzione del cronografo marittimo di John Harris (1762) funzionante con le oscillazioni e instabilità del mare permise di misurare con precisione anche la longitudine e divenne possibile fare il punto in modo preciso. Più avanti venne concordato a Washington il Meridiano di Greenwich (1884) quale meridiano 0. L introduzione dei fusi orari (24 spicchi di 15 gradi ciascuno) fu approvata nel 1887 sempre a Washington. Il completo controllo spazio-temporale del pianeta era ora possibile. Nuove vie di comunicazione rendono più agevoli i trasporti: l'apertura dei canali di Suez (1869) e di Panama (1914) faranno saltare i tappi tra Mediterraneo e i mari d'asia e tra l Atlantico e il Pacifico. Le linee ferroviarie quali la Transiberiana o le ferrovie americane attraversano i continenti da un lato all altro. Le informazioni circolano più facilmente: nel 1866 viene inaugurato il servizio telefonico Londra-New York. 5

7 Nel Novecento la Grande guerra del è stato un denominatore comune che ha unito l'umanità: un attentato in un angolo dei Balcani ha determinato una reazione esplosiva a catena che, raggiungendo tutta l'europa, ha trascinato anche le colonie d'asia e d'africa, il Giappone, gli USA e il Messico. Nel 1929 il crollo di Wall Street ha diffuso la depressione economica su tutti i continenti, segno dei profondi legami tra le diverse economie. L accelerazione della globalizzazione avverrà nel corso degli ultimi 40 anni quando, con il crollo del sistema sovietico, si affermerà a scala mondiale l economia di mercato e la globalizzazione acquisirà i suoi tratti attuali. Il ruolo strategico dei trasporti e delle comunicazioni Avvalendosi di appositi supporti logistici, flussi di diverso genere (merci, persone, informazioni) disegnano lo spazio mondiale. Il mondo è strutturato da assi di trasporto, corridoi, stretti strategici (choke points), nodi di traffico (hub), le reti trasportistiche si organizzano ora sulla base del sistema hub-and-spoke. L emblema delle nuove potenzialità di trasporto delle merci è il container, un modulo di carico standardizzato nato in un porto del New Jersey verso la metà degli anni 50. Questo contenitore polivalente (2,59 m x 2,59 m x 6,10 m, può trasportare 21,5 t di merce solida, in grani o liquida) e si caratterizza per una grande facilità di movimentazione (da 20 a 60 movimenti all ora) e per favorire il trasporto intermodale. Dal canto suo, la circolazione delle informazioni ha avuto una accelerazione con l introduzione delle reti telematiche e con l uso dei satelliti: le informazioni sono ora disponibili in tempo reale. La rete nasce come strumento di comunicazione per mantenere i collegamenti tra i vari centri all interno dell esercito statunitense di fronte a un attacco termonucleare: si chiama Arpanet (1969) e, quando viene abbandonato dall esercito, il sistema è ripreso dalle università dando origine a Internet. Per alcuni, come per Manuel Castells o per Jeremy Rifkin, grazie a queste tecnologie siamo chiaramente entrati nella terza rivoluzione industriale. Insomma, attraverso le nuove tecnologie, i sistemi di trasporto e di comunicazione, l attrito della distanza è notevolmente diminuito, i costi di trasporto sono diminuiti, i collegamenti divenuti più rapidi e hanno portato con 6

8 sé quella che il geografo David Harvey ha chiamato compressione spaziotemporale. Aspetti economici, commerciali e finanziari L internazionalizzazione della produzione, l aumento dei flussi del commercio internazionale e la deregolamentazione hanno prodotto una crescente integrazione dei mercati e della finanza. Con grande facilità circolano capitali, titoli, fondi di investimento, la borsa funziona 24 ore su 24. La finanza globale ha preso il sopravvento sull economia produttrice di beni: l economia si è, almeno in parte, smaterializzata. Per quanto riguarda il commercio mondiale si è assistito a un notevole aumento delle esportazioni e delle importazioni soprattutto tra i 50 stati più sviluppati. Il commercio internazionale si struttura in modo tripolare: dall Europa Occidentale passa il 44,7% degli scambi, dall America del nord il 17%, mentre l Asia orientale il 21%. Sono per contro scarsi i flussi commerciali sud-sud. Anche la composizione merceologica è mutata: sono diminuiti i prodotti agricoli a favore di quelli industriali (macchinari, tecnologie, semilavorati) e chi esporta prodotti agricoli occupa oggi una posizione meno rilevante. Nel contesto della globalizzazione le multinazionali svolgono un ruolo significativo. Le prime multinazionali sono nate in paesi europei di piccole dimensioni dove mercato interno non era sufficientemente ampio. Le multinazionali sono imprese o gruppi che, partendo da una base nazionale, hanno impiantato filiali in più paesi stranieri. Oggi un quarto della produzione mondiale è nelle mani di 200 società nella stragrande maggioranza provenienti da 5 paesi (USA, Gran Bretagna, Giappone, Francia, Svizzera). La loro cifra d'affari, a volte, è notevolmente superiore rispetto al PNL dei paesi dove si svolgono le loro attività. Le motivazioni che spingono le imprese verso l internazionalizzazione sono molteplici: (a) allargare il mercato di vendita e di ammortizzare il costo degli investimenti su mercati estesi; (b) distribuire le varie fasi della produzione tra differenti paesi in modo da utilizzare una mano d opera meno costosa (beni ad alta intensità di lavoro) e trarre vantaggio dalla differente distribuzione geografica dei fattori di produzione; 7

9 (c) essere flessibili in modo da mutare forniture, procacciarsi materie prime e mutare le operazioni tra le varie località a una scala globale; (d) aggirare le politiche protezionistiche e le normative ambientali. I processi e gli attori di cui abbiamo parlato hanno facilitato e prodotto una nuova geografia economica mondiale. La produzione a scala mondiale è rappresentata da una nuova divisione internazionale del lavoro. Le istituzioni della globalizzazione Alcune importanti istituzioni che operano a livello mondiale facilitano il funzionamento del sistema economico internazionale. Sono il Fondo Monetario Internazionale (FMI), la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS), più comunemente nota come Banca Mondiale, e l Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Le prime due sono istituzioni specializzate dell ONU create nel 1944 a Bretton Wood. È in questa occasione che viene disegnato l ordine monetario internazionale del dopoguerra basato sul dollaro. Tra i principali obiettivi di queste organizzazione c è la promozione dello sviluppo economico. Il Fondo Monetario Internazionale sorto nel 1946 ha sede Washington. Il suo obiettivo è assicurare un sistema ordinato e stabile dei cambi concedendo crediti ai paesi in disavanzo di bilancia dei pagamenti, a condizione che si impegnino a riequilibrare i loro conti con l estero. La sua politica di aiuto ai paesi in via di sviluppo è condizionata all adozione di ricette economiche suggerite dallo stesso Fondo monetario. I suoi 186 membri hanno un influenza proporzionale rispetto ai fondi che mettono disposizione (Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Giappone la fanno da padrone). La Banca Mondiale è un organismo di credito internazionale che ha lo scopo di concedere prestiti a lunga scadenza alle economie in via di sviluppo prestando a tassi convenienti e finanziando strade, dighe, centrali, industrie e progetti di sviluppo. La terza grande organizzazione, l Organizzazione mondiale del commercio, si propone di creare le condizioni più adatte per la cooperazione economica e per la promozione delle esportazioni, queste ultime ritenute il vero motore della crescita economica. Nasce nel 1995, ha la sua sede a Ginevra, e sostituisce il GATT (General agreement on tarifs and trade) siglato nel 1947 quale dispositivo per ridurre progressivamente i diritti doganali sui prodotti di manifattura. Gli accordi dell Organizzazione mondiale del commercio, che conta oggi 157 paesi membri e 30 paesi osservatori, aspirano a liberalizzare il 8

10 commercio mondiale aprendo le frontiere e abbattendo le barriere doganali. Questi si basano sulla multilateralità delle relazioni commerciali escludendo partners preferenziali e adottando la clausola della nazione più favorita. Gli oppositori che in varie parti del mondo contestano queste organizzazione le accusano di agire soprattutto per proteggere i capitali, di non limitare i poteri del mercato e promuovere politiche antisociali. Per approfondire: Lévy J., Inventare il mondo. Una geografia della mondializzazione, Bruno Mondadori, 2012 Boggio F., Dematteis G., Memoli M., Geografia dello sviluppo. Spazi, economie e culture tra ventesimo secolo e terzo millennio, UTET, 2008 Bignante E., Celata F., Vanolo A., Geografie dello sviluppo. Una prospettiva critica e globale, UTET, 2014 Vanolo A., Geografia economica del sistema-mondo. Territori e reti nello scenario globale, UTET, 2010 Grataloup C., Géohistoire de la mondialisation, Armand Colin, 2007 Ghorra-Gobin C. (sous la dir.), Dictionnaire critique de la mondialisation, Armand Colin,

11 2. Lo sviluppo: storia e interpretazioni La nascita dell idea di sviluppo Allo sviluppo viene di solito attribuita una accezione economica e questo termine viene sovente confuso con la nozione di crescita economica. Se la crescita è un processo quantitativo misurato attraverso l aumento della ricchezza, lo sviluppo è definito da aspetti qualitativi inerenti diversi aspetti della qualità di vita. Lo sviluppo rimanda ai processi che determinano cambiamenti positivi nel benessere economico, nella distribuzione della ricchezza e nella qualità della vita degli abitanti. La nozione di sviluppo ha le sue radici nell idea di progresso che si afferma al seguito della nascita delle scienze sperimentali (con Galileo, Newton, ecc.), con l Illuminismo, con gli ideali della rivoluzione francese, con il positivismo (Compte, Darwin, Marx) e la rivoluzione industriale. Il termine di sottosviluppo appare nel 1942, l idea si precisa nel dopoguerra, lo dimostra la dichiarazione del presidente americano Truman in occasione del suo discorso inaugurale al Congresso ( ): assistere i popoli delle regioni economicamente sottosviluppate a elevare il loro livello di vita. Nel corso di questi anni l economista Colin Clark comparò i redditi tra i diversi paesi mettendone in evidenza le differenze economiche: gran parte del mondo si scoprì povera e sottosviluppata. Dietro lo sviluppo vi era una visione delle società unilaterale ed evoluzionista: tutti i popoli prima o poi avrebbero dovuto muoversi su un solo binario dimenticando così le loro visioni del mondo. Vi era la convinzione che lo sviluppo si potesse programmare e, seguendo determinate ricette, raggiungere con una relativa facilità. L'aiuto e il ruolo degli esperti e delle agenzie di sviluppo avrebbero poi permesso ai paesi in ritardo, per esempio quelli dell America latina, di svilupparsi. 10

12 Nel corso delle "trente glorieuses" ( ): si presentò una sostenuta crescita economica in molti paesi. Negli anni del fordismo la produzione di beni (frigoriferi, automobili, televisori, ecc.) aumentò in modo marcato. Lo sviluppo si era manifestato attraverso una maggior disponibilità di beni materiali e un aumento del reddito. La crisi arrivò con lo choc petrolifero del Per volere dell'opep tra la fine del 1973 e l'inizio del 1974 il prezzo del petrolio aumentò di quattro volte. La crescita economica rallentò e si fece strada il problema dei debiti del Terzo Mondo. Lo sviluppo era forse finito? Dall era dello sviluppo all era delle critiche e del post-sviluppo All era dello sviluppo fece seguito la crisi dello sviluppo: per molti paesi l obiettivo della crescita appariva sempre più lontano. Le aspettative faticavano a concretizzarsi in diverse parti del mondo e gli squilibri planetari si aggravarono. Se, prima del Diciannovesimo secolo, il mondo poteva essere considerato, almeno da un punto di vista economico, relativamente più omogeneo, ora le differenze tra le diverse parti dell'umanità erano diventate evidenti. Il consumo di risorse non rinnovabili divenne sempre più importante e le società tradizionali si trovarono in una condizione di marginalizzazione. Si iniziò allora a interrogarsi. Nel 1980 venne pubblicato il saggio Nord-Sud. Un programma per la sopravvivenza, conosciuto come rapporto Brandt che, impietosamente, divideva con una linea (detta appunto linea Brandt) il mondo in due categorie. Vi era ora un Nord, più ricco e economicamente sviluppato, e un Sud, meno agiato se non decisamente povero. Ma poi, negli anni della globalizzazione, la crescita apparve là dove non era attesa. Ancora prima del crollo dell URSS apparirono NPI e paesi emergenti che, pur avendo un PNL per abitante ancora debole rispetto ad altri, registravano tassi di crescita superiori rispetto a quelli dei paesi industrializzati. Erano alcuni paesi asiatici (India, Cina, Corea del sud, Tailandia, Indonesia, Malaisia), dell Europa dell est (Repubblica Ceca, Romania), dell America latina (Brasile, Argentina, Perù, Cile, Messico) ai quali si aggiunse il Sud Africa. Secondo alcuni, il mercato globale stava iniziando a produrre un benessere diffuso. In realtà, con l avvento della globalizzazione, le disuguaglianze non erano sparite, semplicemente erano state ridistribuite le opportunità in modo disomogeneo. All interno degli stessi paesi sviluppati apparvero Sud interni, sacche di povertà, mentre in alcuni paesi del Sud apparvero Nord esterni, poli di sviluppo e di crescita. 11

13 Le misure dello sviluppo Per misurare lo sviluppo si utilizzano indicatori di diverso tipo 1 : sociodemografici, economici e i più recenti indicatori ambientali. Fra i primi sono noti il tasso di mortalità infantile, la speranza di vita, oppure il numero dei medici ogni persone, o ancora il consumo giornaliero di calorie o ancora il tasso di alfabetizzazione. Ma i più emblematici sono gli indicatori economici del reddito nazionale: PIL e PNL. Il PIL (Prodotto interno lordo) è il volume monetario di tutti i beni e servizi prodotti in un anno da tutti gli operatori economici anche stranieri - che hanno la residenza nel paese mentre il PNL (Prodotto nazionale lordo) di un paese corrisponde al valore monetario di tutti i beni e servizi prodotti in un anno da operatori economici che destinano al paese il loro reddito, indipendentemente dai luoghi dove è svolta la propria attività. I due indicatori vengono abitualmente utilizzati facendo una media per persona (pro-capite). Sulla base del PNL pro-capite la Banca Mondiale (2005) suddivide i paesi in: paesi a reddito elevato oltre i dollari, Francia, Norvegia, Svizzera a reddito medio da 876 a , Bulgaria, Colombia, Yemen a basso reddito meno di 875, Malawi, Niger, Sierra Leone Il reddito non è distribuito in modo equo. Secondo uno studio del Credit Suisse, nel 2011 l 1,1% della popolazione mondiale disponeva del 39% della ricchezza totale. L economista Max Lorenz ha messo a punto una rappresentazione della distribuzione del reddito (tra i paesi, aree di un paese, categorie sociali) definita curva di Lorenz. Per disegnarla occorre ordinare su un grafico popolazione e reddito in modo cumulativo partendo dall area con il rapporto di vantaggio più basso (% del reddito su % della popolazione). Se la distribuzione fosse egualitaria, cioè al 10% della popolazione corrispondesse il 10% del reddito, al 20% della popolazione il 20% del reddito, e così via, nel diagramma vi sarebbe una perfetta retta diagonale. Nella realtà la curva è però diversa: è concava (lo spazio di disuguaglianza mostra l ampiezza degli squilibri). Corrado Gini ha poi messo punto un indice derivato dalla curva di Lorenz che ha preso il suo nome. L indice di Gini misura le disuguaglianze in una collettività e può assumere valori che vanno dallo 0 al 100: 0 quando le disuguaglianze sono nulle, 100 quando le ricchezze vanno ad un unica persona. Ad esempio l indice di Gini per la Namibia è 70,7, per gli Stati Uniti 40,8, per la Danimarca 24,7. 1 Su questi temi si può consultare il sito 12

14 Critiche e misure alternative Alle misurazioni del reddito sono state rivolte molte critiche. Trattandosi di un valore medio, il reddito pro-capite non dice nulla sugli squilibri e su una equa ripartizione della ricchezza. Inoltre misura transizioni monetarie che comprendono beni immessi sul mercato, quindi tutte le attività economiche utili alla società che non producono reddito, quali il lavoro casalingo, educazione dei figli, autoproduzione, cura e custodia, attività volontarie, attività del settore informale, non vengono prese in considerazione, così un incidente o una grandinata fanno lavorare i carrozzieri e fanno aumentare il PIL mentre la bonifica di una discarica, la pulizia di un fiume non rientrano nel calcolo del PIL. Inoltre, il potere di acquisto delle singole monete nazionali all'interno degli stati non viene preso in considerazione e induce a credere che la distanza tra realtà socio-economiche sia molto maggiore di quanto non lo sia in realtà. Per questo a volte PNL e PIL vengono espressi in parità di potere d acquisto (PPA). Ritenendo che questi indicatori economici, il più delle volte, non sono in grado di tener conto delle realtà sociali, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUD) ha messo a punto un nuovo indicatore chiamato Indice dello sviluppo umano (ISU). Questo indice ponderato considera tre aspetti: - il livello di salute rappresentato dalla speranza di vita, - il livello di istruzione, rappresentato dal tasso di alfabetizzazione degli adulti e dal numero medio degli anni di studio, - e infine il reddito rappresentato dal PIL pro-capite ponderato. Ognuno di questi fattori riceve un valore espresso su una scala da 0 (massimo) a 1 (minimo). In una seconda fase si calcola la media delle tre cifre ottenute, questa viene poi sottratta alla cifra 1 e così si ottiene il valore dell ISU. Alcuni esempi: in testa la Norvegia 0,955, la Svizzera si trova al nono posto con 0,903, l Argentina 0,811, la Namibia 0,608, Sierra Leone 0,359 (2012). Le declinazioni dello sviluppo: interpretazioni ortodosse Gli studiosi hanno proposto visioni diverse dello sviluppo. Iniziamo presentando le posizioni ortodosse liberali e marxiste. Le interpretazioni liberiste sono derivate da una visione lineare della storia. In pratica tutti i paesi percorrerebbero, chi prima chi poi, lo stesso cammino verso il benessere. Mercato, impresa e libero scambio sono considerate come la via più rapida per raggiungere la prosperità e il benessere e si ritiene che il 13

15 sottosviluppo sia legato alla carenza di mezzi tecnici, capitali, lavoratori qualificati: un semplice ritardo in una traiettoria da percorrere. Il più importante rappresentante di questa teoria è l economista americano Walt Rostow. In Le tappe della crescita economica (1960) egli considera 5 stadi successivi: (1) società tradizionale, (2) predisposizione al decollo, (3) decollo, (4) passaggio alla maturità, (5) progresso (grande consumo di massa). Gli organismi internazionali come il FMI o la BM hanno sposato questa visione. Di altro genere, ma sempre ponendo al centro la crescita economica, ci sono le teorie di stampo marxista. Le teorie della dipendenza partono dallo studio del colonialismo e dall'analisi dell'imperialismo ( stadio supremo del capitalismo secondo Lenin). Sviluppo e sottosviluppo sarebbero due poli di un medesimo processo: lo sviluppo di pochi paesi industrializzati è reso possibile dallo sfruttamento coloniale, dallo scambio ineguale con conseguente sottosviluppo della periferia. Il modello centro-periferia illustra l'ineguale distribuzione di potere e di ricchezza e considera le relazioni tra due poli: un centro regione cuore - e una periferia. La regione cuore concentra potere economico e ricchezza, domina la periferia economicamente, politicamente e socialmente e produce il sottosviluppo. Il modello si presta a una applicazione a scale diverse: città/campagna, regione, relazioni internazionali... Tra gli autori che si sono ispirati a questa visione ricordiamo il geografo francese Yves Lacoste (Géographie du sous-développement, 1965), gli economisti André Gunder Frank (Lo sviluppo del sottosviluppo, 1961), Samir Amin (Lo sviluppo ineguale, 1973), infine lo storico e teorico del sistema mondo Immanuel Wallerstein (Il sistema mondiale dell economia moderna, ). Le declinazioni dello sviluppo: interpretazioni critiche Posizioni critiche alla nozione di sviluppo così come considerata dagli autori citati precedentemente provengono dal campo ambientalista e dai ricercatori in scienze sociali. Le visioni ambientaliste partono dall'idea di ineludibilità dei limiti della biosfera e dalla necessità di porre dei limiti allo sviluppo (rinnovabilità delle risorse, dell'energia,...). Quelle scelte in cui la differenza tra i tempi biologici e i tempi di produzione è tanto grande da non permettere la rinnovabilità delle risorse e la compatibilità con i ritmi naturali, non possono essere considerate sostenibili. Le relazioni tra attività umane e biosfera devono essere tali da permettere di soddisfare i bisogni e lo sviluppo delle culture e non compromettere il contesto biofisico globale. Questa visione, chiamata inizialmente 14 ecosviluppo e in

16 seguito sviluppo sostenibile, è sostenuta da autori quali Enzo Tiezzi o Ignacy Sachs. Essa si afferma con la Conferenza di Rio delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (1992). In questa occasione vennero redatti quattro documenti: la Dichiarazione sull'ambiente e lo sviluppo (che enuncia i principi di questa strategia), la Convenzione sul cambiamento del clima, la Convenzione sulla biodiversità e l Agenda 21 (che illustra in dettaglio le azioni da compiere nei vari settori). Alcuni ritengono poi che lo sviluppo non può essere confuso con la stretta imitazione del modello occidentale: un'idea che ha trovato le sue radici in un contesto culturale e storico preciso come quello occidentale può mettere radici in altri luoghi? Secondo Latouche, nella maggior parte delle lingue africane la nozione di sviluppo è addirittura intraducibile. Gli studiosi dello sviluppo non avevano considerato che tra le società del mondo le visioni possono essere diverse. Non esistono quindi modelli universali ma le nozioni di sviluppo devono essere messe in relazione con la diversità delle culture e delle civiltà. Gli autori che sottoscrivono questa posizione adottano una prospettiva antropologica sono per esempio Ivan Illich o Fabrizio Sabelli e alcuni organismi internazionali come l Unesco. A queste visioni si aggiunge la teoria della decrescita promossa da Serge Latouche che, in realtà, si presenta come una dura critica alla nozione di sviluppo. Negli ultimi anni è apparsa una nuova visione promossa dai geografi economici (come Giuseppe Dematteis) o economisti (come Pierre Veltz). Lo sviluppo sarebbe il risultato dell incontro tra fattori interni al paese e fattori esterni. Secondo la teoria del milieu locale la chiave dello sviluppo si trova in una gestione riuscita della relazione tra locale e globale. Ne parleremo nel prossimo capitolo. 15

17 Per approfondire: Bignante E., Celata F., Vanolo A., Geografie dello sviluppo. Una prospettiva critica e globale, UTET, 2014 Boggio F., Dematteis G., Memoli M., Geografia dello sviluppo. Spazi, economie e culture tra ventesimo secolo e terzo millennio, UTET, 2008 Latouche S., L altra Africa. Tra dono e mercato, Bollati Boringhieri, 2007 Latouche S., Come sopravvivere allo sviluppo. Dalla decolonizzazione dell immaginario economico alla costruzione di una società alternativa, Bollati Boringhieri,

18 3. La dimensione regionale Quale ruolo assume la dimensione regionale in un mondo in cui il globale diventa l ambiente di riferimento per tutti gli spazi? La dimensione locale e regionale non viene annullata dalla globalizzazione, anzi, ogni regione reagisce ai suoi stimoli in modo diverso e in funzione delle proprie peculiarità. Questa accentua potenzialità o debolezze delle regioni e delle città favorendone o meno lo sviluppo. Alcune regioni si sono mostrate particolarmente dinamiche: sono i Länder tedeschi dell Assia, della Baviera e del Baden-Würtenberg, i dipartimenti francesi del Nord-Pas de Calais, Rhône-Alpes, Alsazia e Île de France, le regioni olandesi del Brabante, le contee inglesi meridionali, i Paesi baschi in Spagna, il Nord-Est e le Marche in Italia. Altre regioni, per contro, hanno subito passivamente le conseguenze dell apertura al mercato e la loro economia non ha retto la concorrenza internazionale. La regione: ambito tradizionale dell analisi geografica Nella dimensione regionale si svolge una buona parte della nostra vita (lavoro, svago, affetti, scelte politiche, ecc.). Per iniziare chiediamoci allora cosa sia una regione. Vecchia conoscenza delle scienze geografiche (che tradizionalmente si sono caratterizzate per la contrapposizione tra geografia regionale e geografia generale), la regione ha oggi acquisito nuovi significati. La definizione più classica di regione (dal latino regere, stendere, dominare) ci ricorda che una regione può essere definita come: un'area della superficie terrestre dalle distinte caratteristiche e relativamente omogenea; proprio per queste caratteristiche una regione si differenzia dalle aree circostanti con le quali generalmente stabilisce una serie di relazioni. Quindi una regione: 17

19 a) è costituita da un insieme di luoghi contigui; b) che hanno qualche caratteristica in comune; c) e che si differenziano in base a queste caratteristiche dai luoghi circostanti. La regione è uno strumento di conoscenza che permette di dare un ordine a fatti presenti nello spazio e, in genere, corrisponde a una scala geografica intermedia. Le regioni sono state considerate sulla base di una serie di attributi che le rendono omogenee, le caratteristiche che venivano prese in considerazione variavano in funzione degli attributi considerati. Vi possono quindi essere tante regioni quanti sono i caratteri considerati: dalla regione della lingua araba, alla regione della vite, passando per la regione dell industria metallurgica o per quella specializzata in microelettronica. Regionalizzare è un attitudine che consiste nel dividere lo spazio geografico in funzione di tal o talaltro tratto caratteristico e costituisce un presupposto per ogni studio di tipo regionale ma anche per definire il quadro di una azione (politica, pianificatoria, ecc.). Tipi di regione La nozione di regione si è modificata nel tempo: ogni concezione riflette le concezioni dominanti e prendere in considerazione l evoluzione di questa nozione permette di evidenziare i mutamenti degli interessi dei geografi. Passiamo in rassegna le principali concezioni. Concezione regionale Paradigma Periodo Autore Regione naturale Determinismo F. Ratzel ( ) Regione umanizzata (storica/culturale) Possibilismo P. Vidal de la Blache ( ) Regione funzionale (economica) Polarizzazione W. Christaller ( ) Regione come sistema aperto Teoria dei sistemi Dagli anni 1970 R. Brunet 1. Nella regione naturale le caratteristiche fisiche, le morfologie i bacini idrografici costituivano una unità fisica che permetteva di differenziare i diversi spazi. Mettendo in evidenza le relazioni verticali, la scuola determinista faceva dipendere le condizioni sociali da quelle naturali. Oggi 18

20 le relazioni tra collettività e natura non sono dimenticate ma vengono lette mettendo l accento sulle interazioni reciproche (bioregione o eco-regione). 2. Nella regione storica i fatti fisici e naturali sono messi in relazione con la cultura e la storia. Queste regioni storiche erano a volte considerate anche come delle regioni culturali, aree in cui lingua, religione, usi e costumi, patrimonio architettonico si presentavano in modo omogeneo. Sono queste concezioni sono proprie della corrente possibilista la quale, pur considerando una base naturalistica, metteva in evidenza sia elementi fisici che umani (forme di utilizzazione del suolo, insediamenti..) tenendo conto della loro dimensione storica. Per i possibilisti il paesaggio diventava una sintesi di fatti naturali e umani che ben esprimeva un genere di vita, cioè l insieme di comportamenti abituali e costanti di una comunità nei riguardi del territorio occupato. La realizzazione di monografie regionali (La Picardia, La Fiandra ) ben esprimeva queste preoccupazioni. 3. Nella regione economica prevalgono le relazioni orizzontali. Queste regioni possono essere formali o uniformi (come le regioni risicole, industriali, turistiche, ) oppure funzionali e polarizzate (lo spazio si organizza attorno a un polo urbano). È infatti dopo la seconda Guerra mondiale che vengono abbandonati i criteri naturalistici e si fanno avanti le problematiche urbane ed economiche. La regione diventa la zona di irraggiamento e di organizzazione di un intero territorio ad opera di una città. Si studiano allora le zone di influenza, i flussi, le gerarchie, i nodi e i poli di sviluppo. 4. La regione politico-amministrativa (cantone, provincia, Land) ha confini istituzionalmente riconosciuti e risulta dalla partizione in unità amministrative interne dello spazio nazionale. Ha un peso diverso in funzione del modello politico dello Stato adottato. La regione è allora il contesto territoriale entro il quale l autorità governa e gestisce le proprie risorse. 5. La regione viene infine considerata come un sistema aperto sull esterno. Quindi, oltre a considerare le relazioni che le varie parti hanno tra di loro, la regione intrattiene scambi e reagisce agli stimoli provenienti dall esterno. Essa è aperta e deve quindi adattarsi alle sollecitazioni esterne (crescita della concorrenza tra le imprese, tra le regioni, accresciuta mobilità dei 19

21 fattori di produzione) per generare sviluppo. La regione ha quindi assunto nuove connotazioni soprattutto come ambito geografico e attore dello sviluppo locale. Acquisisce un ruolo attivo nell ambito della promozione, della pianificazione e della governance territoriale. Il locale, le risorse territoriali, il milieu Vengono definiti locali quegli spazi e quei fenomeni che interessano solo una parte della superficie terrestre in quanto dipendono da relazioni di vicinanza. Il locale è soprattutto lo spazio del quotidiano, quello del lavoro, della residenza, delle relazioni sociali. Portare l attenzione sul locale è un modo per guardare alle specificità che caratterizzano un territorio in relazione ad altri e ai processi dello sviluppo. A questo proposito il caso del Nord-Est italiano è interessante. Questa area appartiene quella che con le Marche è stata definita la Terza Italia, una forma di industrializzazione e di sviluppo molto diversa rispetto al triangolo industriale del Nord-Ovest. Il Nord-Est è costituito da distretti industriali in stretta relazione con un tessuto sociale. La sua base è una cultura rurale comune, il culto del lavoro, il ruolo imprenditoriale delle famiglie e delle piccole imprese, l innovazione e una particolare attenzione per il mercato. Questo tipo di sviluppo ha prodotto una dispersione sul territorio regionale delle unità produttive e ha dato origine a una realtà policentrica. Perché alcune regioni vincono la sfida con il globale? Non esiste sviluppo senza territorio. Il funzionamento delle reti globali non è astratto e abbisogna di luoghi dove svolgere concretamente le attività. Condizioni diverse, a volte prodotte sul lungo periodo, come infrastrutture urbane di diverso genere, patrimonio architettonico e territoriale, capacità tecnologiche, istituzioni locali e enti pubblici efficienti, risorse culturali come università o biblioteche, competenze in campo tecnologico sono fattori favorevoli allo sviluppo locale. Questi elementi, che vengono anche qualificati con il termine di milieu, oltre a diventare fattori di attrattività per persone, attività e capitali, generano gli elementi che permettono a città e a regioni di collegarsi alla rete internazionale in modo propositivo. Più generalmente sono: - risorse dell ambiente naturale, compresa la posizione geografica - patrimonio storico-culturale come monumenti, paesaggi, saperi tradizionali - capitale fisso accumulato in infrastrutture e impianti - capitale umano: il capitale cognitivo, la capacità istituzionale 20

22 Le caratteristiche del milieu originano una serie di vantaggi competitivi e esternalità favorevoli per una regione che desidera affermarsi, competere e partecipare ad un sistema di relazioni più ampio. E chi non dispone di queste caratteristiche? O subisce passivamente gli effetti della mondializzazione o è destinato al declino. L insistenza sul locale non è priva di rischi. Idealizzare la dimensione locale quale strumento di difesa dai pericoli che si pensa vengano da lontano può portare alla chiusura verso l esterno e a adottare una visione regressiva e rivendicativa. Per approfondire: Governa F., La scala locale dello sviluppo, in Boggio, Dematteis (a cura di), Geografia dello sviluppo, UTET Università, pp , 2008 Cundari G., Geografia regionale, Franco Angeli, 1990 Dematteis G., Governa F., Territorialità e sviluppo locale. Il modello SLOT, Franco Angeli, 2005 Scott A. J., Le regioni nell economia mondiale, Il Mulino, 2001 Perullli P., Neoregionalismo. L economia-arcipelago, Bollati Boringhieri, 1998 Moroni M., Alle origini dello sviluppo locale. Le radici storiche della Terza Italia, 2008 Ciapetti L., Lo sviluppo locale, Il Mulino,

23 4. Le nuove migrazioni Il modello diasporico per lo studio delle migrazioni Il mondo globale è un mondo di flussi. Una particolare rilevanza viene assunta dai flussi di persone. Per entrare in materia può essere utile ricordare la nozione di diaspora. Il termine deriva dal greco e significa disperdere o disseminare, rimanda a una cultura della mobilità ma anche a una appartenenza e a una memoria collettiva, al mito del ritorno, alle relazioni con il luogo dove il migrante decide di stabilirsi. Tutte condizioni proprie della migrazione. Il termine designa principalmente la dispersione degli Ebrei dalla Palestina ma, poi generalizzatosi, viene utilizzato per illustrare situazioni analoghe. La diaspora ebraica inizia con l esodo a Babilonia (586 a.c.) e si sviluppa dopo l occupazione romana della Palestina e alla relativa rivolta (135 d.c.), questa provoca una dispersione degli Ebrei in tutta Europa. Una parte si diresse verso l'europa orientale (Germania, Europa dell est, Russia), sono gli Aschenaziti, mentre i Sefarditi si diressero verso il Maghreb e la Spagna. Al seguito delle persecuzioni del nazionalsocialismo molti si trasferirono verso l America latina e il Nord America. Oltre alla diaspora ebraica, ricordiamo la diaspora libanese, costituita soprattutto da commercianti e intermediari, importante in Africa occidentale e in America latina; la diaspora cinese, presente in tutto il Sud-est asiatico e negli Stati Uniti; quella irlandese, partita dopo la grande carestia della metà del Diciannovesimo secolo. Come si studiano le migrazioni Le migrazioni sono difficili da analizzare, occorre considerare cause, effetti, direzioni, distanze percorse, tipologie dei migranti, ecc. Anche la loro misurazione è difficile. Vista la quasi totale assenza di un sistema di 22

24 osservazione nei paesi di partenza e di transito, i dati vengono raccolti all entrata nei paesi di arrivo dove questi vengono registrati. Si fa una differenza tra stock (tutte le persone entrate in un paese e non ripartite) e flussi numero degli entranti in un paese in un determinato momento. Si valutano anche i saldi migratori, cioè la differenza tra le entrate e le uscite, e la percentuale degli stranieri sulla popolazione locale. Come si classificano le migrazioni? Ecco una possibile classificazione: Sulla base della distanza percorsa Intraregionali Interregionali, nazionali Internazionali Sulla base della durata Periodiche Temporanee Temporanee a lunga scadenza Permanenti Considerando l entità dei migranti Spostamento di singoli o famiglie Spostamento di gruppi Spostamento di massa Considerando l organizzazione della migrazione Spontanee Organizzate Coatte Sulla base dei motivi della migrazione Politici Economici Ecologici Considerando la formazione dei migranti Non formato Formato Per quanto riguarda le cause della migrazione, oltre alle abituali motivazioni economiche e politiche, si sono oggi aggiunte cause ambientali (dovute per esempio a tusnami, inondazioni, o eventi siccitosi). Nel milioni di persone hanno dovuto lasciare il loro paese per eventi climatici. Si considerano pure le migrazioni dovute a catastrofi ecologiche (si pensi a Fukushima). Le prime teorizzazioni sulle migrazioni risalgono alla fine dell Ottocento. Il geografo anglo-tedesco Ernst Ravenstein (1885) ha voluto evidenziare le regolarità delle migrazioni studiando gli spostamenti di persone in Inghilterra e in una ventina di altri paesi. Egli ha messo in evidenza alcuni princìpi che sarebbero alla base dei movimenti di popolazione all interno di una regione: 1. il numero di migranti aumenta quando la distanza diminuisce; 23

25 2. una città in rapida crescita attira una popolazione dalle regioni circostanti, i vuoti vengono poi colmati da altri migranti provenienti da aree più lontane; 3. ciascun flusso diretto di migranti corrisponde a un flusso di ritorno; 4. l intensità della migrazioni aumenta con lo sviluppo dell industria e dei mezzi di trasporto. Le teorie contemporanee appartengono essenzialmente a due grandi famiglie di idee. La prima famiglia ritiene che le migrazioni debbano essere analizzate evidenziando gli aspetti strutturali secondo un approccio macro o strutturalista. Forze economiche, sociali e politiche spingono gli individui fuori da un paese e li attirano verso un altro. La teoria push & pull considera appunto i fattori di spinta (di tipo demografico, socio-economici, politici, ecologici) e i fattori di attrazione (come le migliori qualità di vita). A questa teoria appartengono anche le visioni centro-periferia e le visioni dello scambio ineguale proposte da diversi autori: le risorse di lavoro, capitale materie prime tendono a spostarsi dalla periferia, luogo della marginalità e della dipendenza, al centro, luogo di potere economico e politico. La seconda famiglia ritiene che lo studio delle migrazioni debba evidenziare motivazioni e scelte del migrante secondo un approccio micro o individuale: il migrante è un individuo razionale spinto nelle sue scelte migratorie dalla massimizzazione dell utilità: egli valuta le destinazioni che offrono i salari più elevati e le migliori prospettive di lavoro. Nella realtà delle cose però i due approcci possono facilmente sovrapporre. Le migrazioni moderne Nella storia dell umanità le migrazioni sono una costante. Senza avere la pretesa di fornire un quadro esaustivo, prima di parlare delle migrazioni contemporanee ricordiamo alcuni aspetti delle migrazioni moderne. Nel corso del Diciannovesimo secolo, sotto la spinta della pressione demografica, della crisi economica e con l aiuto dei nuovi mezzi di trasporto, tra il 1820 e il milioni di Europei si diressero verso le Americhe. Un caso particolare è la migrazione degli Irlandesi che, a causa della distruzione dei raccolti di patate da parte di un fungo, emigrarono massicciamente verso l America. Alcuni importanti spostamenti di persone avvennero negli anni della decolonizzazione. La separazione tra India e Pakistan fu all origine di 17 milioni di migranti musulmani e indù. La creazione dello stato di Israele diede origine a 1 milione di profughi palestinesi. 24

26 Molte delle migrazioni del dopoguerra sono da collegare con la crescita economica e la ricostruzione delle economie. Il fenomeno toccò prima la Francia, la Svizzera, il Belgio, la Repubblica Federale Tedesca e la Svezia. I migranti provenivano essenzialmente dai paesi del Mediterraneo. Negli anni 90 le guerre dei Balcani e la fine dell URSS aprirono ulteriormente le migrazioni con arrivi dai paesi della ex-jugoslavia e dai paesi dell Europa dell est. Nel frattempo divennero sempre più importanti gli arrivi dai paesi del Terzo Mondo. Il caso della Svizzera è interessante. Secondo il geografo Etienne Piguet il nostro paese ha vissuto sessant anni con la porta semi-aperta : se gli arrivi furono numerosi in ragione delle necessità dell economica del paese, le chiusure furono pure numerose. Con gli anni molti furono gli immigrati nel nostro paese così come i rifugiati. Con l iniziativa Schwarzenbach prese avvio l era delle iniziative politiche anti-immigrazione alle quali lo scrittore Max Frisch rispose con la nota affermazione: abbiamo chiesto braccia sono arrivati uomini. Sotto la denominazione di politiche migratorie vanno tutte quelle norme che regolano l immigrazione e il diritto di asilo. Nel caso della Svizzera vige un sistema di ammissione binario che comporta una priorità per l entrata di manodopera proveniente da stati membri dell UE/AELS e una politica di ammissione più restrittiva nei confronti di manodopera specializzata e qualificata proveniente da paesi terzi. Gli stranieri possono ottenere permessi diversi: il permesso B autorizza a lavorare nel paese se la persona in questione dispone di un contratto di almeno 12 mesi, il permesso C è un permesso di domicilio a tempo indeterminato ottenuto dopo un soggiorno regolare e continuato di 5 anni, il permesso L è un permesso di dimora per un tempo determinato, generalmente per meno di un anno, che viene rilasciato a persone che intendono risiedere con un determinato scopo nel paese. Per quanto riguarda i rifugiati vengono considerati 4 grandi gruppi: - richiedenti d asilo: persone che hanno deposto una domanda d asilo - rifugiati che hanno ottenuto lo statuto - persone ammesse provvisoriamente per una situazione di violenza nel proprio paese o per il fatto che il ritorno nel proprio paese non è fattibile per esigenze mediche, umanitarie o altro ancora - persone che beneficiano di un permesso umanitario, per esempio richiedenti la cui domanda di asilo è stata rifiutata ma che beneficiano di uno statuto di soggiorno di lunga durata. I campi migratori contemporanei Gli anni della globalizzazione portano le nuove migrazioni internazionali. Secondo il rapporto dell ONU vi sono 200 mio di migranti (2010), la cifra è importante ma si tratta pure sempre solo del 3% della popolazione del mondo. 25

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