questioni aperte bioetica laica e bioetica cattolica diverse e inconciliabili?

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1 Rivista della Pro Civitate Christiana Assisi ANNO periodico quindicinale Poste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post. dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Perugia e febbraio 2013 i cattolici e la politica generali senza truppe e truppe senza generali l Afghanistan si sposta in Africa? politica italiana che cosa sta cambiando questioni aperte bioetica laica e bioetica cattolica diverse e inconciliabili? giovani vecchio cilindro vecchio coniglio scienze cervello e geni in politica Giobbe anche Dio è nella tempesta spese militari a scapito di quelle sociali TAXE PERCUE BUREAU DE POSTE ASSISI ITALIE ISSN X

2 Rocca sommario 1 febbraio Ci scrivono i lettori 7 Anna Portoghese Primi Piani Attualità 11 Vignette Il meglio della quindicina 13 Maurizio Salvi Geopolitica L Afghanistan si sposta in Africa? 15 Raniero La Valle Resistenza e pace Per che cosa si vota 16 Ritanna Armeni Politica italiana Che cosa sta cambiando 19 Romolo Menighetti Oltre la cronaca Maccartisti di Dio 20 Intervento di Marco Damilano I cattolici e la politica Generali senza truppe e truppe senza generali 23 Tonio Dell Olio Camineiro La bellezza motore di futuro 24 Fiorella Farinelli I verdi Ci sono? Dove sono? 27 Roberta Carlini Situazione giovani Vecchio cilindro, vecchio coniglio 29 Pietro Greco - Giannino Piana Questioni aperte (inserto) Bioetica laica, bioetica cattolica Diverse e inconciliabili? 36 Oliviero Motta Terre di vetro Cinecittà 37 Luciano Bertozzi Missioni militari italiane Spese militari a scapito di quelle sociali 39 Stefano Cazzato Lezione spezzata Kitekat? 40 Rosella De Leonibus I volti del disagio Luci della città 43 Giovanni Sabato Scienze Cervello e geni in politica 46 Marco Gallizioli Che cos è la religione Le religioni allergiche al dialogo? 49 Enrico Peyretti Fatti e segni Se passa una nonna 50 Giuseppe Moscati Maestri del nostro tempo Valentin-Yves Mudimbe Si fa (troppo) presto a dire Africa 51 Ilenia Beatrice Protopapa Nuova Antologia Marcela Serrano E con questi occhi racconterò la mia storia 54 Carlo Molari Teologia L infanzia di Gesù tra storia e rivelazione 56 Lidia Maggi Giobbe Anche Dio è nella tempesta 57 Paolo Vecchi Cinema The Master 58 Roberto Carusi Teatro Il sipario è calato 58 Renzo Salvi Rf&Tv I Guastanozze 59 Mariano Apa Arte Melandri 59 Michele De Luca Fotografia David Pollock 60 Alberto Pellegrino Musica De Gregori sulla strada 60 Giovanni Ruggeri Siti Internet Politica on line 61 Libri 62 Carlo Timio Rocca Schede Organizzazioni in primo piano Omm (Organizzazione metereologica mondiale) 63 Luigina Morsolin Fraternità Tarè: nel villaggio, la casa di tutti

3 I CATTOLICI E LA POLITICA generali senza truppe truppe senza generali ROCCA 1 FEBBRAIO intervento di Marco Damilano Difesa delle istituzioni statutarie e delle garanzie date dagli ordinamenti costituzionali alle libertà di coscienza e di associazione, svolgimento della legislazione scolastica secondo il criterio che, col maggiore incremento alla scuola pubblica, non siano fatte condizioni che intralcino o screditino l insegnamento privato, resistere ad ogni tentativo di indebolire l unità della famiglia e quindi assoluta opposizione al divorzio, appoggiare una politica che tenda a conservare e rinvigorire le forze economiche e morali del paese, volgendole a un progressivo incremento dell influenza italiana nello sviluppo della civiltà internazionale... il patto Gentiloni Non è il programma elettorale di Todi uno, Todi due o Todi tre, anche se assomiglia parecchio, sono parole scritte esattamente un secolo fa. Il 25 ottobre 1913 l Italia andò a votare per rinnovare il Parlamento regio, furono le prime elezioni a suffragio universale maschile. Vinsero i liberali di Giovanni Giolitti con il 51 per cento con 260 eletti su 508 seggi. Tra i liberali 228 deputati avevano firmato prima del voto l Eptalogo, i sette punti proposti dall Unione elettorale cattolica italiana presieduta dal conte Vin- cenzo Ottorino Gentiloni. Il patto Gentiloni è rimasto nella storia perché segnò la chiusura della lunga fase di assenza dei cattolici dalla vita politica nazionale, il non expedit seguito alla presa di Porta Pia che vietava ai fedeli l elettorato attivo e passivo. Ma quel patto è rimasto a lungo nella pubblicistica e nell immaginario come il momento dello scambio: il Vaticano che delegava la mediazione e la rappresentanza politica ai liberali di Giolitti in cambio della tutela di alcuni interessi specifici. A cento anni di distanza colpisce come alcune richieste del 1913 siano simili a quelle del 2013: difesa della scuola privata, difesa della famiglia contro «qualsiasi tentativo di indebolimento» (ieri minacciata dal divorzio, oggi dalle unioni di fatto), difesa dell associazionismo (che oggi viene chiamato comunemente Terzo settore)... Come se un secolo di storia fosse passato invano, come se la società italiana fosse immutata rispetto a quella di inizio Novecento, prima dell emancipazione femminile, della motorizzazione e dell industrializzazione, dell istruzione obbligatoria, dei conflitti mondiali, dei grandi fenomeni migratori, dello Stato sociale e della globalizzazione. Prima della secolarizzazione che ha cambiato il volto delle società europee. Prima della democrazia fondata sulla partecipazione dei cittadini alla vita politica

4 organizzata nei partiti. l eterna tentazione costantiniana Tutto è cambiato. Eppure nell Italia 2013 ritornano, come una suggestione potente, i linguaggi, i codici di comportamento dell Italia giolittiana. Torna l Italia dei notabili, i competenti, i predestinati al potere e al governo, che fanno a meno di partiti, sindacati, canali di mediazione. E torna, sul versante cattolico, l eterna tentazione costantiniana, la via pattizia all influenza politica, l accordo diretto tra gerarchie ecclesiastiche e leadership secolari che scavalca un secolo di storia del movimento cattolico. Un secolo che ha visto i laici cattolici mobilitarsi, organizzarsi in partiti, il Partito popolare di Luigi Sturzo di cui ha scritto Raniero La Valle su queste pagine, e poi la Democrazia cristiana di Alcide De Gasperi, Giuseppe Dossetti, Aldo Moro, fino alla degenerazione degli anni Ottanta. In tutti questi passaggi il patto Gentiloni è stato considerato l errore da non ripetere, il fantasma da esorcizzare: uno scambio in cui i cattolici venivano confinati nel recinto dei valori (i principi non negoziabili) o meglio degli interessi, l insegnamento privato e la famiglia, come una lobby al pari delle altre, solo molto più capillare e radicata, lasciando ad altre forze la rappresen- tanza politica, il compito di indicare le strategie e di guidare il Paese. Per decenni i laici cattolici impegnati in politica hanno provato a ribaltare questo schema: quelli che militavano nella Dc e quelli che hanno provato altre strade (l esperienza dei cattolici comunisti nell immediato dopoguerra, la scelta socialista delle Acli di Livio Labor negli anni Settanta, gli indipendenti di sinistra) erano tutti uniti dalla convinzione di rappresentare il bene comune, la dignità della politica, l Italia tutta intera. Hanno fatto politica con l ambizione di guidare il Paese, non per restare un piccolo, irrilevante sindacato in Parlamento delle esigenze delle gerarchie ecclesiastiche e vaticane, come in fondo era l Unione elettorale del conte Gentiloni ai tempi di papa Pio X e della persecuzione anti-modernista. la leadership della Cei Dopo la cesura di Tangentopoli e di Mani Pulite, con la fine della formula dell unità politica dei cattolici, il laicato cristiano si è scomposto in tanti filoni. Poteva essere una ricchezza, una risorsa: i cattolici non più artificiosamente costretti a restare insieme in un solo partito che aveva smarrito le ragioni più profonde della sua ispirazione, ma chiamati a fare da lievito nei diversi schieramenti con le loro buone ragioni. Sulla 21 ROCCA 1 FEBBRAIO 2013

5 ROCCA 1 FEBBRAIO I CATTOLICI E LA POLITICA giustizia sociale e sull uguaglianza tra i cittadini, sulla legalità e sulla battaglia per una politica pulita, contro la politica corrotta ma anche contro la politica affidata ai pochi, in difesa di un carattere popolare della partecipazione alla vita pubblica. Nello Stato, nelle istituzioni, con la loro identità, il loro stile, gli «abiti virtuosi» di cui parlava Dossetti. Invece la Conferenza episcopale italiana, rappresentata per vent anni dal cardinale Camillo Ruini, ha preferito giocare la partita in prima persona, trattando direttamente con il potere politico, senza mediazioni di laici ubbidienti o disubbidienti, cristiani adulti o non. Risultato: la leadership della Cei, centralizzata nella figura di Ruini, lucidissimo e abile sul terreno politico, ha accresciuto il suo peso, la sua influenza, riuscendo a ottenere sul terreno legislativo risultati impensabili quando a governare era il partito di ispirazione cristiana, come la legge sulla fecondazione assistita votata da una maggioranza trasversale agli schieramenti, o imponendo un veto nei passaggi sgraditi, come nel caso della legge sui Dico e sulle coppie di fatto, quando si consumò nei giorni del Family Day uno scontro di piazza tra le gerarchie ecclesiastiche e il governo di centrosinistra presieduto dal cattolico Romano Prodi. Ma il mondo cattolico nel suo complesso ha perso di ricchezza, di presenza nella società: leadership sempre più sbiadite e sempre meno autorevoli, intellettuali banali, ripetitivi, incapaci di muoversi nei dibattiti culturali con una presenza davvero incisiva, marginalità delle associazioni storiche, o peggio collusione, sovrapposizione con il potere politico, come nel caso di Comunione e liberazione in Lombardia, un neo-collateralismo degli interessi che ha portato a conseguenze disastrose. incontro su una doppia debolezza È questo il contesto che spiega il tentativo di una parte della gerarchia ecclesiastica, quella più vicina alla segreteria di Stato vaticana e al cardinale Tarcisio Bertone che ha ripreso forza e capacità di guida tra i vescovi italiani, di fare da sponda al rassemblement centrista che si organizza in vista delle elezioni del 24 febbraio attorno alla lista Monti. Il premier, per caratteristiche personali, incarna bene il ruolo del nuovo notabile con cui il Vaticano trova agevole il dialogo: è un liberale, un cattolico sganciato da forme associative, un moderato che strappa con il berlusconismo. E la Chiesa italiana deve far dimenticare anni di appoggio neanche tanto mascherato al centrodestra trainato da Berlusconi, diventato sempre più imbarazzante. Si potrebbe dire che, come nel 1913, l incontro avviene su una doppia debolezza. Monti e la sua formazione di notabili (professori, imprenditori, economisti) scontano una mancanza di radici nella società italiana, sono uomini eminenti, ascoltati in Europa e negli ambienti internazionali che contano, ma senza truppe alle spalle, senza un popolo. Le gerarchie possono gettare nella battaglia elettorale le loro truppe (sempre più ridotte di numero, in verità), ma sono carenti di leadership solide, credibili e dotate di una reale vocazione per la politica (fatta eccezione per la Comunità di Sant Egidio e per Andrea Riccardi, il vero ispiratore dell operazione Monti). Questa doppia debolezza, generali senza truppe e truppe senza generali, tecnici senza popolo e popolo senza guide, era già visibile un anno fa all incontro di Todi, decisivo per stabilire il distacco finale della Chiesa italiana dal governo Berlusconi, ma ambiguo sulle prospettive. Un ambiguità che resta nell iniziativa che ruota attorno a Monti, alla sua lista e alla sua agenda. È una riesumazione del vecchio terzo polo modello Casini che decide di allearsi di volta in volta con destra e sinistra? O è un progetto più ambizioso di radicale riforma dello Stato e della politica, come più volte ha fatto intendere Monti? Nel primo caso i cattolici finirebbero per diventare pura massa di manovra. Nel secondo devono rapidamente attrezzarsi a ritrovare una voce originale, una visione della storia e della politica, come nei momenti migliori della loro azione nell ultimo secolo, ed esprimere personalità in grado di candidarsi alla guida di questo progetto. Tanto più che nell Italia che va al voto, impoverita e impaurita dalla crisi, la Chiesa italiana ha il dovere di esprimere non generiche istanze moralistiche, con l appello ai governanti ad ascoltare le sofferenze e il disagio di una fascia sempre più larga di popolazione, ma un disegno di futuro. Non una contrattazione di posti in lista, ma l imposizione nel dibattito di temi e di sentimenti autenticamente popolari. Altrimenti anche la Chiesa finirà per apparire un élite che al pari di altre si prepara alla nuova fase avendo acquisito più forti posizioni di potere, ma sterile, incapace di fare politica, afona. Com era la Chiesa che firmò il patto Gentiloni un secolo fa, i voti in cambio dell irrilevanza. Non un grande risultato. Marco Damilano