L indennità di scioglimento del contratto di agenzia: una querelle senza fine

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1 L indennità di scioglimento del contratto di agenzia: una querelle senza fine Nicolò Maggiora 06/09/2010 Sommario: 1. Introduzione - 2. La direttiva europea - 3. Le modifiche al sistema legale e collettivo a seguito della direttiva europea - 4. La discussione sulla validità degli AEC - 5. L intervento della Corte di Giustizia - 6. Gli effetti della sentenza Honyvem - 7. Conclusioni 1. Introduzione La complessità della questione e l importanza delle poste in gioco rendono, senza dubbio, l indennità di scioglimento di cui all art c.c. uno degli aspetti più critici e interessanti della materia contratto di agenzia. Al momento della cessazione di un rapporto di agenzia, è quindi frequente assistere all instaurarsi di accese trattative fra preponente e agente, volte a valutare (i) se l agente abbia effettivamente diritto a tale indennità e, se del caso, (ii) in che misura ne abbia diritto. Trattative che, se le cose non vanno a buon fine, sfociano in contenziosi giudiziari, il cui esito risulta essere di regola imprevedibile. In sintesi, la problematica giuridica ruota intorno alla questione della validità o meno della disciplina collettiva degli AEC (Accordi Economici Collettivi di settore), dopo l intervento del giudice comunitario, che, a detta di chi scrive, ne ha di fatto sancito l incompatibilità con i principi comunitari espressi nella direttiva 86/653/CEE [i]. Purtroppo, l intervento della Corte di Giustizia non ha risolto i contrasti giurisprudenziali e dottrinali, sorti successivamente il recepimento della direttiva comunitaria, sollevando, se possibile, ancora più incertezza fra gli addetti ai lavori, a causa di una diversa (e forse poco coraggiosa) interpretazione dei principi comunitari fornita dalla Suprema Corte e dai giudici di merito. In tale contesto, ben si può comprendere quindi la difficoltà dell imprenditore preponente ovvero dell agente che, al momento della conclusione del rapporto di agenzia, non possono sapere con certezza se e in che misura corrispondere o chiedere tale indennità, dovendosi così necessariamente rivolgere ad un professionista. L intento del presente contributo è quello di fornire una sintetica panoramica sulle ragioni che hanno portato la disciplina dell indennità di cessazione del rapporto di agenzia a essere oggetto di interventi legislativi e di contrasti giurisprudenziali e dottrinali. 2. La direttiva europea Dell indennità di scioglimento del contratto di agenzia si è occupato il legislatore comunitario che con la direttiva 86/653/CEE ha tentato di armonizzare, sia pure parzialmente, i modelli esistenti nelle diverse leggi nazionali. Erano presenti essenzialmente i seguenti modelli: (i) il sistema tedesco, basato sul principio che l agente abbia diritto ad essere compensato per la clientela da lui sviluppata ed apportata al preponente; (ii) il sistema francese, basato sul riconoscimento all agente di una riparazione per il pregiudizio (perdita di provvigioni) che subisce a causa dello scioglimento del rapporto; (iii) il sistema italiano, caratterizzato dalla previsione di una indennità proporzionale alle provvigioni percepite dall agente nel corso del rapporto [ii]. Il legislatore comunitario, non potendo imporre una soluzione unitaria, ha dato agli Stati membri la possibilità di scegliere fra due delle tre alternative presenti [iii]: un sistema ispirato al modello tedesco (c.d. sistema di indennità) Pag 1 di 7

2 ovvero al modello francese (c.d. sistema di riparazione del danno) (art. 17 della direttiva). L Italia ha deciso di optare per il sistema alla tedesca [iv], delineato al n. 2 dell art. 17 della Direttiva, che poggia sui seguenti principi: - l agente ha diritto, all estinzione del contratto, al pagamento di un indennità se e nella misura in cui abbia procurato nuovi clienti al preponente o ne abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente goda ancora di sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti; - il pagamento dell indennità deve essere equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l agente commerciale perde e che risultano dagli affari con tali clienti; - l importo dell indennità non deve superare un massimale equivalente ad un indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall agente commerciale negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione; - inderogabilità di tale disciplina a detrimento dell'agente commerciale (art. 19 della direttiva). Ne discende un obbligo degli Stati membri di introdurre nei rispettivi ordinamenti giuridici un'indennità in favore di "alcuni" agenti: i più "meritevoli" ossia quelli che hanno procurato nuovi clienti al preponente o hanno sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e grazie ai quali la mandante riceve ancora sostanziali vantaggi; criterio questo che svela un'ottica giustamente premiale. Inoltre, l atto comunitario non indica alcun criterio di calcolo e di determinazione dell indennità in esame, lasciando agli stati membri ampia discrezionalità. I redattori comunitari si sono limitati a stabilire che il pagamento dell indennità debba essere equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l agente commerciale perde e che risultano dagli affari con tali clienti. 3. Le modifiche alla disciplina legale e collettiva a seguito della direttiva europea La peculiarità del sistema italiano è la presenza, accanto alla disciplina legale di cui all art c.c., di una disciplina di natura collettiva contenuta negli Accordi Economici Collettivi di settore (A.E.C.). A differenza di quella legale, la disciplina collettiva ha il grande merito di determinare, con puntuali e complicati calcoli, l ammontare dell indennità in esame. L art c.c. ante direttiva così recitava: All'atto dello scioglimento del contratto a tempo indeterminato, il preponente è tenuto a corrispondere all'agente un'indennità proporzionale all'ammontare delle provvigioni liquidategli nel corso del contratto e nella misura stabilita dagli accordi economici collettivi, dai contratti collettivi, dagli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità. Dalla lettura dell articolo emerge in modo chiaro che secondo il vecchio sistema: l indennità prevista al momento dello scioglimento del rapporto non era di natura meritocratica, in quanto, salvo casi eccezionali, veniva riconosciuta a tutti gli agenti in modo automatico; la relativa quantificazione dell indennità veniva affidata alla disciplina collettiva (o in difetto al giudice). Un sistema così delineato, che di certo non creava grossi problemi di natura giuridica, poggiava le basi sull idea di corrispondere un poco a tutti [v]: infatti, le cifre determinate in base agli AEC erano di modesto valore ma venivano riconosciute a tutti gli agenti commerciali, indipendentemente dalla loro bravura. Il recepimento dei principi comunitari - basati invece sull idea di una indennità di natura meritocratica che desse molto a qualcuno [vi] - ha inevitabilmente inciso tanto sulla disciplina legale quanto su quella collettiva. L Italia ha attuato la Direttiva a mezzo del d. lgs. n. 303 del e del d. lgs. n. 65 del [vii]. Il nuovo articolo 1751 c.c., riprendendo quasi pedissequamente l art. 17, n. 2 della direttiva, pone quale condizione per il riconoscimento dell indennità in esame la meritocrazia. Attribuisce, pertanto, l indennità solo agli agenti più bravi e meritevoli che hanno operato con profitto apportando vantaggi al preponente. Pag 2 di 7

3 Così infatti recita l attuale art c.c.: All atto della cessazione del rapporto il preponente è tenuto a corrispondere all agente un indennità se ricorra almeno una delle seguenti condizioni: - l agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti; - il pagamento do tale indennità sia equo tenuto conto di tutte le circostante del caso, in particolare delle provvigioni che l agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti; omissis L importo dell indennità non può superare una cifra equivalente ad un indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione. omissis Le disposizioni di cui al presente articolo sono inderogabili a svantaggio dell agente. Inoltre, in maniera fin troppo fedele al contenuto dell art. 17, n. 2 della direttiva, il nuovo art c.c. non fornisce alcuna indicazione sulle modalità di calcolo, limitandosi a fissare un tetto massimo che può essere corrisposto all agente e stabilendo l inderogabilità di tali disposizione a sfavore dell agente. Dal canto loro, le parti sociali, preso atto dell introduzione della direttiva e della conseguente novella dell art c.c., hanno cercato, a più riprese, di allinearsi ai principi comunitari e di conseguenza alla disciplina legale. Con i c.d. Accordi Ponte (AEC 1992) è stata introdotta una indennità di fine rapporto composta da due emolumenti: a) la prima da accantonarsi sul FIRR (Fondo istituito presso l Enasarco), dovuta sempre e comunque e quindi a prescindere dalla ricorrenza anche di uno solo dei presupposti indicati nell art c.c. (e dalla Direttiva); b) la seconda dovuta solo nel caso in cui il recesso sia operato dalla casa mandante, ma non per fatto imputabile all agente (indennità supplettiva di clientela). Gli emolumenti di cui sopra sono automatici e vengono riconosciuti all agente indipendentemente dai meriti di quest ultimo, in contrasto con il citato principio meritocratico comunitario e legale. Per supplire a tale incongruenza, nel 2002 la disciplina collettiva ha introdotto nuovi AEC aggiungendo ai due emolumenti automatici già previsti una indennità meritocratica [viii], proprio con lo scopo di non tradire lo spirito della disciplina comunitaria e legale. Peccato, però, che gli importi scaturiti da tale indennità meritocratica siano di valore esiguo e assumano scarsa importanza rispetto agli altri due emolumenti. Ed infine, nel 2009, proprio alla luce di quanto sopra detto in merito alla modestia dell indennità meritocratica, per il solo settore del commercio è stato stipulato un nuovo AEC che, ad una prima valutazione, dovrebbe aver innalzato l ammontare dell indennità meritocratica [ix]. 4. La discussione sulla validità degli AEC Partendo dalla inderogabilità della disciplina di cui all art c.c. a svantaggio dell agente (cfr. art c.c. secondo cui Le disposizioni di cui al presente articolo sono inderogabili a svantaggio dell`agente ), il dibattito interpretativo giurisprudenziale e dottrinale si è subito incentrato sulla validità degli Accordi Economici Collettivi, e cioè sulla risposta alla seguente domanda: la disciplina collettiva introduce un trattamento inferiore rispetto a quella dell art c.c. e quindi è da considerare illegittima? Sulla questione si sono formati diversi orientamenti. Secondo un primo orientamento si è sostenuto che il raffronto fra la disciplina legale e quella contrattuale debba essere effettuato ex ante e in astratto, sul presupposto che il divieto delle parti di derogare all art c.c., a svantaggio dell agente non comporta una inderogabilità assoluta ed essendo consentita alle parti la deroga non pregiudiziale per Pag 3 di 7

4 l agente, deve ritenersi ugualmente consentita alla contrattazione una modificazione pattizia di quei criteri, considerando l ampio spazio che alla rappresentanza delle organizzazioni sindacali di categoria riserva l ordinamento italiano.. Sì che la valutazione se la regolamentazione pattizia sia o meno pregiudizievole per l agente rispetto a quella legale deve essere operata ex ante, mediante raffronto in astratto delle due regolamentazioni e non in concreto, cioè in base ai risultati finali dell attività dell agente, non potendosi, né sul piano obiettivo, né sul piano dell affidamento delle parti, specie con riferimento a un rapporto di durata, giudicare della validità delle clausole del negozio costitutivo del rapporto alla luce del risultato economico che le parti conseguirebbero in concreto alla cessazione del rapporto a seconda che si applichi il regime convenzionale o quello legale. [x] Conseguenza di tale impostazione è, come osservato dal Tribunale di Milano, che la normativa contrattuale collettiva è nel complesso più favorevole di quella statuale tenuto conto del sensibilissimo allargamento delle condizioni di fruizione dell indennità (basti pensare che l indennità è riconosciuta in ogni caso in cui il rapporto si sciolga ad iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all agente) e dell enorme facilitazione derivante all agente sul piano probatorio da tale allargamento: ad esempio non deve essere provato il fatto costitutivo dell aver procacciato nuovi clienti o dell aver sviluppato sensibilmente gli affari [xi] (una prova che il più delle volte risulta di difficile dimostrazione). Di contro, sulla base del secondo orientamento che impone una valutazione ex post e in concreto, la disciplina di cui all art c.c. deve ritenersi prevalente sulla contrattazione collettiva tutte le volte che l applicazione del criterio stabilito dalla legge conduca ad un trattamento in concreto più favorevole all agente, restando irrilevante una valutazione ex ante della maggior convenienza della regolamentazione pattizia rispetto a quella legale. [xii]. Pertanto, secondo questa tesi le disposizioni della contrattazione collettiva saranno valide nell ipotesi in cui non sussistano i requisiti di cui all art c.c., mentre saranno nulle allorché sussistendo tali requisiti - esse comportino, in concreto, un trattamento inferiore a quello previsto dalla norma codicistica [xiii]. Infine, secondo un ulteriore orientamento nessun raffronto sui criteri di calcolo appare possibile né in astratto né in concreto tra le legge e la disciplina contrattuale perché la prima non li detta e manca quindi un termine di paragone [xiv]. Tale tesi è stata ampiamente e, a mio giudizio, correttamente criticata in dottrina, poiché si è ritenuto che una simile tesi non è seriamente sostenibile dal momento che la funzione dell art c.c. è quella di garantire, con una disposizione chiaramente qualificata come inderogabile, un indennità minima all agente. In tali condizioni non è credibile che la norma possa lasciare le parti libere di concordare i criteri di determinazione del quantum, svuotando di contenuto la previsione legislativa [xv]. È evidente che il panorama della giurisprudenza e della dottrina appariva quanto mai variegato e confuso, tale da creare non poche incertezze nell applicazione dell istituto in questione. 5. L intervento della Corte di Giustizia Con ordinanza n del 2004 [xvi] la Corte di Cassazione ha chiesto alla Corte di Giustizia UE un intervento interpretativo volto a stabilire, in buona sintesi: se la citata direttiva n. 653/1986 (e quindi l art c.c.) consenta o meno una deroga alla disciplina dell indennità e se consenta o meno l adozione di criteri di quantificazione che prescindano dall elemento meritocratico; quali fossero i criteri e i metodi di quantificazione da adottarsi. Su tali punti, con la sentenza del 23 marzo 2006, C-465/04 (caso Honyvem c. De Zotti) [xvii], la Corte europea ha enunciato i seguenti due importanti principi. Con il primo il giudice comunitario ha ritenuto che: L indennità di cessazione del rapporto che risulta dall applicazione della direttiva non può essere sostituita, in applicazione di un accordo collettivo, da un indennità determinata secondo criteri diversi da quelli fissati da quest ultima disposizione a meno che non sia provato che l applicazione di tale accordo garantisca, in ogni caso, all agente commerciale un indennità pari o superiore a quella che risulterebbe dall applicazione di detta disposizione (cioè della Direttiva). La Corte ha osservato, inoltre, che la valutazione della natura favorevole o sfavorevole di un determinato trattamento deve essere valutata al momento in cui le parti la prevedono e quindi con una valutazione ex ante. Pag 4 di 7

5 Con il secondo principio la Corte ha ritenuto che, poiché la Direttiva non fornisce indicazioni dettagliate per quanto riguarda le modalità di calcolo dell indennità in esame, gli Stati membri, all interno dell ambito fissato dalla direttiva, godono di un potere discrezionale che essi sono liberi di esercitare, in particolare, con riferimento al criterio dell equità. La Corte ha voluto quindi lasciare i giudici nazionali liberi di scegliere il metodo di calcolo dell indennità, a condizione di rimanere all interno di quanto fissato dalla direttiva di cui all art. 17, n. 2. In altre parole, si deve tenere conto, nel determinare l indennità, dei criteri di valutazione contenuti nella norma (apporto di clientela, benefici per il preponente, provvigioni perse, equità) ma il modo di considerarli è rimesso alla discrezionalità del legislatore nazionale (o in difetto dal giudice nazionale se il legislatore non fissa alcun criterio ulteriore). 6. Gli effetti della sentenza Honyvem Gli effetti della decisione comunitaria non sono stati quelli auspicabili. L intervento della Corte di Giustizia non è riuscito, purtroppo, a dissipare le incertezze sull indennità in esame: ciò a causa delle diverse interpretazioni che i giudici e gli studiosi nazionali continuano a fornire dei principi espressi dal giudice comunitario. Si ricorda che, applicando il primo principio della decisione comunitaria agli Accordi Economici Collettivi, la Corte di Giustizia ha affermato che tali accordi sarebbero compatibili con la direttiva se garantissero sistematicamente all agente, alla luce di tutti i rapporti giuridici che possono essere instaurati tra le parti di un contratto di agenzia, un indennità superiore o almeno pari a quella che risulterebbe dall applicazione della direttiva. Al riguardo è stato notato, a mio giudizio correttamente, che tale principio comporta una condanna senza appello all AEC xviii e a qualsiasi altro tipo di accordo che non garantisca sempre e comunque all agente tutto ciò che potrebbe ottenere alla fine del rapporto in base alla direttiva (e quindi in base all art c.c.) [xix]. Ma non mancano però gli orientamenti contrari, specialmente in giurisprudenza, che invece ritengono che la decisione della Corte comunitaria non abbia in alcun modo sancito la fine degli AEC [xx]. Infatti, analizzando le decisioni di merito successive alla sentenza comunitaria sopra citata emerge una tendenza da parte dei giudici nazionali a continuare ad applicare gli AEC. Si Sostiene infatti che la disciplina degli AEC, eliminando l onere della prova gravante sull agente e garantendogli in ogni caso e a prescindere dalla meritevolezza la liquidazione di una indennità, sarebbe più favorevole rispetto al dettato dell art c.c. e su tale norma dunque prevalente. Sono pochi i casi in cui i Tribunali di merito hanno optato per la illegittimità degli AEC del 2002, considerati inidonei a garantire sempre e in ogni caso agli agenti un trattamento migliore rispetto a quella che risulterebbe dall applicazione dell art c.c. [xxi]. Anche la Suprema Corte non sembra essersi allineate con i precetti comunitari della Honyvem, in quanto l orientamento oramai prevalente si fonda sul ritenere che: il confronto fra le normative, collettiva e legale, debba essere effettuato in concreto sulla base dei dati risultanti nel caso di specie, alla conclusione del rapporto, e non ex ante come invece sostenuto dalla corte europea [xxii]; l indennità derivante dagli AEC sarebbe una sorta di trattamento minimo garantito, eventualmente aumentato nel caso in cui sussistano i requisiti della meritevolezza e se l ammontare AEC non venga ritenuto equo dal giudice. Riporto qui di seguito alcuni passi di una recente pronuncia della Suprema Corte [xxiii] che delineano chiaramente l indirizzo maggioritario seguito dai giudici di legittimità: Il recente arresto giurisprudenziale della Corte di giustizia non implica affatto l'invalidità di tale normativa per contrarietà ad una disposizione imperativa ed inderogabile in danno dell'agente, quale pure è quella posta dall'art c.c., (Cass., sez. un., 30 giugno Pag 5 di 7

6 1999, n. 369), ma impone una verifica individualizzata e focalizzata sul caso concreto giacchè la normativa collettiva non tiene conto della specifica circostanza consistente nel fatto che l'agente possa aver procurato nuovi clienti al preponente o aver sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti. Ed ancora. Il giudice, una volta riscontrato, sulla base delle risultanze istruttorie, che l agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti, è chiamato a verificare, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto emergenti dal concreto svolgimento del rapporto di agenzia, se l indennità di cessazione del rapporto, nella misura calcolata sulla base dei criteri previsti dalla contrattazione collettiva, possa considerarsi, o no, equa, nel senso di compensativa anche del particolare merito dell agente emergente dalla suddetta circostanza di fatto, tenendo peraltro conto del limite di cui al terzo comma dell art c.c. applicabile alla quantificazione secondo equità dell indennità in esame. In altre parole, se durante l istruttoria si dimostra che l agente ha svolto la propria attività con profitto (cioè ha procurato nuovi clienti al preponente o ha sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceve ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti), il giudice dovrà valutare se l indennità riconosciuta in base agli AEC sia equa, tenendo presente i meriti dell agente e il tetto massimo stabilito dall art c.c.. 7. Conclusioni Risulta evidente che la materia in esame è ancora caratterizzata da forti incertezze. La decisione Honyvem del 2006, che avrebbe dovuto porre fine alle varie diatribe giurisprudenziali e dottrinali, sancendo, a parere di chi scrive, l invalidità degli AEC rispetto alla disciplina legale, non ha avuto l esito sperato. Anzi, dal 2006 si sono susseguite una serie di pronunce di merito e di legittimità di segno contrario e nel 2009 le parti sociali hanno introdotto un nuovo AEC settore commercio con l intento di allinearsi maggiormente ai principi comunitari e legali. Stante tale situazione, ritengo che senza un intervento legislativo volto a inserire precisi criteri di calcolo all interno dell art c.c., il nostro sistema non sia ancora pronto a chiudere in un cassetto gli AEC, vuoi perché sono gli unici al momento a fornire dei criteri di calcolo per determinare l indennità in esame e vuoi per l importanza rivestita dalla contrattazione collettiva. Nel frattempo, gli esperti della materia avranno gioco facile nel trovare argomentazioni difensive per tutelare gli interessi tanto del preponente quanto dell agente. Unless otherwise noted, this article and its contents are licensed under a Creative Commons Attribution 2.5. Generic License. Se non altrimenti indicato, il contenuto di questo articolo è rilasciato secondo i termini della licenza Creative Commons Attribution 2.5. Generic License. Pag 6 di 7

7 [i] Direttiva 86/653/CEE del Consiglio del 18 dicembre 1986 relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, ormai recepita in tutti gli stati pubblicata in G.U. L 382, del 31 dicembre 1986, p. 17. [ii] Per un approfondimento sulle differenze fra i sistemi v. BORTOLOTTI, BONDANINI, FLORIDIA, SQUASSI, Il contratto di agenzia commerciale, Padova, 2007, pag [iii] Il modello italiano non venne ritenuto idoneo dal legislatore comunitario. [iv] Ispirato all art. 89 b del Codice commerciale tedesco HGB. [v] SORDI, L invalidità degli accordi del 1992 sull indennità di cessazione del rapporto di agenzia, in Giust. Civ. 2002, 2, pag. 487 et seq. [vi] SORDI, op. cit., pag. 487 et seq. [vii] Furono necessari due provvedimenti in quanto con il provvedimento del 1991 l ordinamento italiano recepì i dettami comunitari non correttamente. [viii] V. in particolare art. 10 dell AEC del per i settori industriali e della cooperazione e artt. 11 e 12 dell AEC del per il settore del commercio. [ix] V. artt. 11 e 12 dell AEC del per il settore del commercio. [x] Cass. 2383/2004 in Giust. Civ. Mass., 2004, 2. Inoltre in senso conforme Cass. 6162/2004 in Giust. Civ. Mass., 2004, 2; Cass /2003 in Dir. e giust. 2003, 40, pag. 108; Cass /2000 in Contratti (I) 2001, pag. 35. In dottrina BORTOLOTTI, BONDANINI, Il contratto di agenzia commerciale, Padova, 2003, pag [xi] Trib. Milano, 10/10/1998 in Contratti, 2000, pag. 56. [xii] Cass /2002 in Mass. giur. lav. 2002, pag In dottrina a sostegno di tale tesi SARACINI, TOFFOLETTO, Il contratto di agenzia, Milano, 2002, pag. 481; BALDI, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il franchising, Milano, 2001, pag. 264 et seq. [xiii] Non sono mancate le critiche a tale orientamento in quanto è stato sostenuto che non si vede che logica abbia un criterio che porta a considerare il medesimo accordo collettivo nullo in un caso e valido in un altro cfr. BORTOLOTTI, op. cit., pag [xiv] Cass /2002, in Giust. civ. 2002, I, pag con nota di BORTOLOTTI. [xv] BORTOLOTTI, ult. op. cit., pag [xvi] Pubblicata in Dir. e giust. 2004, 46, pag. 19. [xvii] Pubblicata in Mass. Giur. Lav., 2006, pag [xviii] Si fa presente che la decisione comunitaria riguardava gli AEC Ma si ritiene che quanto affermato dalla Corte di Giustizia possa essere riferito altresì agli AEC [xix] [xx] BORTOLOTTI, BONDANINI, FLORIDIA, SQUASSI, op. cit. pag. 350 et seq. App. Cagliari, 26 giugno 2006, in Mass. Giur. Lav., 2006, p. 812; Trib. Ancona, 11 luglio 2006 in Agenti e Rappresentanti 5/2006 pag. 10. Per un approfondimento sull interpretazione restrittiva resa dai giudici v. BORTOLOTTI, BONDANINI, FLORIDIA, SQUASSI, op. cit. pag. 352 et seq. [xxi] Trib. Pistoia, , in Foro It., 2007,4, pag. 1206; Tib. Trento, , in Banca Dati De Jure, [xxii] Cass /2006, in Giust. Civ. Mass. 2006, pag. 10 e Cass /2006 in Giust. civ., 2007, 7-8, pag secondo cui nella materia in esame la disciplina dettata dall'art cod. civ. può essere derogata soltanto in meglio dalla contrattazione collettiva e, nel caso in cui l'agente sostenga in giudizio la nullità del contratto individuale recettivo di quello collettivo, il raffronto tra le discipline legale e pattizia deve essere effettuato con riferimento al caso concreto, pervenendosi alla dichiarazione di nullità della parte del contratto risultata sfavorevole all'agente.. [xxiii] Cass /2010 in Dir. & giust Pag 7 di 7

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