Corso di formazione per A.S.A.
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- Niccoletta Genovese
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1 IAL Lombardia Via Alessandro Tadino 23, Milano Corso di formazione per A.S.A. Anno DISPENSA DIDATTICA Area Tecnico Operativa «Elementi di mobilizzazione-riabilitazione» Docente dott. DEMASI Stefano Chinesiologo e Posturologo Clinico Psicomotricista dell Età Evolutiva Corso di Qualifica Professionale autofinanziato, ex art. 27 L.R. 95/80
2 LA PREVENZIONE Definizione: Un insieme di attività, interventi e opere attuati con il fine prioritario di promuovere e conservare lo stato di benessere e di evitare l insorgenza di malattie. Esiste una prevenzione primaria, una secondaria e una terziaria. PREVENZIONE TERZIARIA: consiste in un accurato controllo clinico delle malattie ad andamento cronico teso a mantenere gli ammalati in condizioni di accettabile compenso metabolico, evitando la comparsa di complicazioni o di esiti invalidanti. La prevenzione terziaria ha come obiettivo principale quello di impedire le complicanze di una malattia e l invalidità in persone già colpite da patologie a carattere cronico. Pertanto, tale prevenzione si identifica in larga misura nella riabilitazione fisica, psichica e sociale della persona malata o portatrice di handicap per il recupero totale o parziale della sua autonomia e il reinserimento nella vita sociale. La riabilitazione, che cerca di minimizzare gli effetti invalidanti di una malattia favorendo il recupero delle funzioni compromesse, può essere considerata un intervento di prevenzione terziaria dove l Operatore tecnico dell assistenza collabora attivamente secondo le indicazioni del medico, del collaboratore professionale sanitario e dello psicologo. DEFINIZIONI DI MENOMAZIONE, DISABILITÁ E PARTECIPAZIONE (EX HANDICAP) MENOMAZIONE: secondo l OMS 1 (1980) una menomazione consiste nella perdita o anormalità (anomalia) che possono essere transitorie o permanenti con evidenti anomalie o difetti a carico di 1 Organizzazione Mondiale della Sanità
3 strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche (arti, organi, tessuti o altre strutture del corpo comprese il sistema delle funzioni mentali). La menomazione rappresenta l esteriorizzazione di uno stato patologico con danni soprattutto a livello fisico che si ripercuotono a livello di mobilità, coordinazione, comunicazione, apprendimento o la cura di se stessi. Esistono 4 categorie di menomazioni: 1. Menomazioni di tipo motorio 2. Menomazioni di tipo visivo 3. Menomazioni di tipo uditivo 4. Menomazioni organiche 4bis. Tra le menomazioni vengono classificate anche le situazioni di RITARDO MENTALE (congenito o acquisito): Gli esisti di Ritardo Mentale (RM) o Demenza vengono diagnosticato attraverso il QI (Quoziente Intellettivo), tramite l uso di specifici test psicologici di intelligenza. DISABILITÁ: si intende per disabilità qualsiasi carenza (conseguente a una menomazione) di capacità nello svolgere un attività di base (camminare, mangiare, lavorare) nel modo o nei limiti ritenuti normali per un essere umano. Può avere carattere transitorio o permanente, essere reversibile o irreversibile, progressiva o regressiva. Se l ABILITÁ è la capacità di un soggetto di portare a termine un compito o un programma avendo spesso come prerequisito l integrità delle sue funzioni, l INABILITÁ consiste nell incapacità di svolgere un azione, un compito sia che questa capacità sia andata perduta, sia che non sia mai stata posseduta. Non tutte le menomazioni provocano inabilità o disabilità. PARTECIPAZIONE (EX HANDICAP): si intendeva per handicap una condizione di svantaggio vissuta da una determinata persona in conseguenza di una menomazione o di una disabilità che limita o
4 impedisce la possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio a quella persona in relazione all età, al sesso e ai fattori socioculturali. Si può assistere alla presenza di handicap in assenza di disabilità, es. «menomazioni deturpanti» (volti sfigurati a causa di incidenti e di ustioni) che pur non provocando disabilità, causano svantaggi nel contesto interpersonale. Da pochissimi anni l OMS ha sostituito la parola handicap di associazione più negativa, a una più positiva: partecipazione sociale. In ambito riabilitativo, educativo e socio-assistenziale si devono perseguire obiettivi che tengono in giusta considerazione le reali possibilità della persona in questione, non pretendendo da ella più di quanto possa effettivamente dare. SCALE DI VALUTAZIONE DI DISABILITÁ A.D.L. (Activities Daily Life) o Attività della Vita Quotidiana (A.V.Q.) A.D.L. (A.V.Q.): 1) FARE IL BAGNO 2) VESTIRSI 3) ALIMENTARSI 4) SPOSTARSI IN CASA O FUORI CASA 5) CONTROLLO DEGLI SFINTERI 6) USARE I SERVIZI IGIENICI I.A.D.L. (Instrumental Activities Daily Life) o Attività Strumentali della Vita Quotidiana (A.S.V.Q.) I.A.D.L. (A.S.V.Q.) 1) CUCINARE 2) FARE ACQUISTI 3) MANEGGIARE DENARO 4) USARE IL TELEFONO 5) ACCUDIRE LA CASA 6) FARE IL BUCATO 7) SERVIRSI DI MEZZI DI TRASPORTO 8) PRENDERE FARMACI
5 Livelli di disabilità: - DISABILITÁ DI GRADO LIEVE - DISABILITÁ DI GRADO MEDIO - DISABILITÁ DI GRADO GRAVE - DISABIL. DI GRADO COMPLETO Quando il soggetto possiede tutte le A.D.L. e le I.A.D.L., allora siamo di fronte a un individuo completamente autonomo e autosufficiente. RIABILITAZIONE, RIEDUCAZIONE, EDUCAZIONE, ASSISTENZA RIABILITAZIONE: la riabilitazione è il processo di interventi e di attività di ordine medico-psicologico ed economico-sociale che hanno lo scopo di restituire al soggetto minorato sul piano psichico, fisico e sociale il massimo grado possibile di indipendenza e di autonomia, in modo da reintegrarlo nell ambiente di origine e recuperarlo alla comunità di cui era membro prima di essere colpito dalla malattia e dalla condizione invalidante. RIEDUCAZIONE: la rieducazione è l insieme degli interventi di ordine sanitario, che hanno come obiettivo lo sviluppo e il miglioramento delle funzioni adattive ed è di competenza del personale sanitario. Essa rappresenta un processo discontinuo e limitato nel tempo, che deve necessariamente concludersi quando, in relazione alle conoscenze più aggiornate sui processi biologici di recupero, per un tempo ragionevole non si verifichino cambiamenti significativi né nello sviluppo né nell utilizzo delle funzioni adattive.
6 ASSISTENZA: l assistenza ha per obiettivo il benessere del paziente e della sua famiglia ed è competenza del personale sanitario e degli operatori del sociale. Essa deve accompagnare senza soluzione di continuità il paziente e la sua famiglia sin dalla diagnosi di disabilità. EDUCAZIONE: l educazione è competenza della famiglia, del personale sanitario e dei professionisti del settore e ha per obiettivo sia la preparazione del paziente a esercitare il proprio ruolo sociale (educare il disabile) sia la formazione della comunità, a cominciare dalla scuola o dal lavoro, ad accoglierlo e d integrarlo (educare il disabile) per aumentarne le risorse e accrescere l efficacia del trattamento rieducativo. Vanno considerate anche alcune figure non professioniste in ambito sanitario che fanno comunque parte del processo riabilitativo e di autonomia dell assistito. Esse sono principalmente i familiari, poi gli insegnanti e gli educatori scolastici, i volontari, i datori e i colleghi di lavoro, le guide spirituali (il pastore, il prete, ecc.) Tutti loro sono elementi portatori di carica affettiva e nello stesso tempo di stimolo e motivazione nel seguire l iter terapeutico proposto dal personale medico-sanitario. ORGANIZZAZIONE STRUTTURALE E FUNZIONALE DEL CORPO UMANO APPLICATA AL MOVIMENTO L APPARATO LOCOMOTORE: può distinguersi in due porzioni: parte passiva: ossa e articolazioni parte attiva: muscolare Sono molte le funzioni dell apparato locomotore, ma si possono sommariamente riassumere in tre macro-funzioni:
7 a) sostegno del corpo b) protezione degli organi interni (es. il cranio protegge il cervello) c) consentire il movimento, infatti le ossa possono essere paragonate a leve sulle quali si attaccano e agiscono i muscoli amplificando le forse muscolari. La COLONNA VERTEBRALE o RACHIDE è il cardine di tutto il complesso scheletrico: sostiene il capo, permette i movimenti in tutte le direzioni, fornisce appoggio alle costole e agli arti superiori e infine si unisce saldamente al bacino trasmettendo tutto il peso sovrastante agli arti inferiori. Il rachide ha anche l importante funzione protettiva dal momento che accoglie, all interno del canale vertebrale, il midollo spinale da cui partono i nervi periferici 2. IL SISTEMA MUSCOLARE Il sistema muscolare è costituito da un insieme di muscoli che contraendosi e rilassandosi permettono al corpo umano di muoversi e di svolgere attività vitali quali la respirazione, la circolazione sanguigna e la digestione. Nel corpo umano esistono 3 tipi di tessuto muscolare: - liscio: presente negli organi interni (tubo digerente, arterie ); la sua contrazione non è volontaria ma dipende dall attività del sistema nervoso autonomo - striato (o scheletrico): si trova nella muscolatura scheletrica ed è innervato dal sistema nervoso centrale; la sua contrazione è quindi volontaria. - cardiaco: condivide caratteristiche sia del tessuto muscolare liscio che di quello striato, Il MOVIMENTO è la risultante dell interazione di ossa, muscoli e articolazioni oltre che della forza di gravità e l inerzia che consentono al corpo umano di compiere una serie di movimenti molto complessi e articolati. 2 Per maggiori approfondimenti funzionali, anatomia applicata del rachide e di igiene ed educazione posturale della colonna vertebrale, vedere l Appendice della dispensa e gli appunti che verranno presi durante tale lezione
8 DEFINIZIONI DEI MOVIMENTI DEI SEGMENTI ARTICOLARI DEL CORPO: - Abbassamento: passaggio da una posizione in atteggiamento lungo a un altra in atteggiamento lungo dall alto verso il basso - Abduzione: allontanamento di un arto (o di una parte di esso) dall asse sagittale - Adduzione: avvicinamento di un arto (o di una parte di esso) dall asse sagittale - Divaricamento: movimento simultaneo di allontanamento di due arti omologhi in direzione opposta - Elevazione: passaggio da una posizione in atteggiamento lungo a un altra in atteggiamento lungo dal basso verso l alto - Estensione: passaggio da una posizione in atteggiamento breve (o semibreve) ad una posizione in atteggiamento lungo; allontanamento di due o più capi ossei facenti parte di una medesima articolazione - Flessione: passaggio da una posizione in atteggiamento lungo a una in atteggiamento breve; avvicinamento di due o più capi ossei facenti parte di una medesima articolazione - Incrociare: posizione asimmetrica risultante da due arti omologhi di cui uno sovrapposto all altro - Piegamento: movimento di passaggio da una posizione in atteggiamento lungo a una posizione in atteggiamento breve, in attitudine di appoggio con avvicinamento del baricentro al punto di appoggio - Pronazione (del piede): il margine esterno (o laterale) del piede si solleva e la pianta tende a guardare all esterno - Supinazione (del piede): sollevamento del margine interno (o mediale) del piede mentre la faccia plantare tende a guardare all interno - Torsione/Rotazione: movimento a spirale attorno all asse verticale del corpo o di un segmento. Una estremità del corpo o del segmento rimane fissata
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10 ALCUNE PATOLOGIE DELL APPARATO LOCOMOTORE PATOLOGIE CORRELATE AL SISTEMA NERVOSO CENTRALE E PERIFERICO: QUADRIPLEGIA O TETRAPLEGIA PARAPLEGIA EMIPLEGIA MONOPLEGIA PATOLOGIE DI ORIGINE OSSEA, ARTICOLARE E MUSCOLARE: OSTEOPOROSI FRATTURE vedi protesi d arto (protesi d anca) SINDROME DA IMMOBILIZZAZIONE PATOLOGIE DA IMMOBILIZZAZIONE ARTROSI/ARTRITE IL PAZIENTE CON LESIONI MIDOLLARI I processi morbosi in grado di causare una sofferenza del midollo spinale possono essere di natura traumatica, infettiva, vascolare, degenerativa, neoplastica Tali sofferenze o lesioni possono avvenire all interno del midollo spinale (intramidollari) e all esterno (extramidollari). A seconda del livello in cui è avvenuta tale lesione midollare, si manifestano diversi gradi di paralisi che comprometteranno la funzione sensitiva e motoria (tono e forza) della zona colpita.
11 Classificazione di disabilità da mielopatia in base alle forme cliniche: Le considerazioni diagnostiche sulle paralisi possono essere semplificate secondo gli schemi seguenti basati sulla topografia e sulla distribuzione del deficit di forza: Monoplegia: si riferisce alla perdita della forza o paralisi di tutti i muscoli di un arto, sia che si tratti di un braccio che di una gamba. Non si deve applicare questo termine alla paralisi di muscoli isolati o a gruppi di muscoli innervati da un solo nervo o da una radice motoria. Emiplegia: è la forma più comune di paralisi interessante il braccio, la gamba e la faccia di un lato del corpo, destro o sinistro. Esiste anche un emiplegia transitoria alternante dovuta a una particolare forma di emicrania. Paraplegia: indica la perdita della forza o paralisi di entrambe le gambe. E più spesso il risultato di una malattia del midollo spinale nel segmento toracico. Tetraplegia o quadriplegia: indica una perdita di forza di tutti e quattro gli arti. Può essere conseguente a lesioni che interessano i nervi periferici, la sostanza grigia del midollo spinale o i motoneuroni superiori bilateralmente a livello del quarto e quinto segmento cervicale, del tronco o dell encefalo. ATTENZIONE: paralisi: compromissione di forza e sensibilità di TUTTA la muscolatura in un determinato distretto/segmento corporeo. paresi: compromissione di forza e sensibilità soltanto di ALCUNI muscoli in un determinato distretto/segmento corporeo. EMIPLEGIA L emiplegia è il tipo di paralisi più frequente che interessa in modo più o meno completo una metà del corpo, l emisoma e la paralisi è controlaterale al lato della lesione.
12 Le cause possono essere di tipo vascolare, neoplastiche (benigno, maligno, metastasi), traumatiche (traumi cranici), degenerativo (demielinizzazioni) La parola ictus deriva dal latino e significa colpo per l insorgenza improvvisa e violenta, può essere provocato da: - ischemia: occlusione di un vaso cerebrale a causa di un trombo o un embolo di conseguenza la zona non viene vascolarizzata né ossigenata e le cellule neuronali muoiono - emorragia: da ipertensione arteriosa o usura delle pareti dei vasi o da trauma cranico; nel caso di emorragia si può avere un recupero spontaneo con riassorbimento (più o meno parziale) dell ematoma POSIZIONAMENTO CORRETTO SUPINO - Posizionare un asse sotto il materasso per evitare avvallamenti nel letto e permettere un corretto allineamento del tronco e del capo evitando inoltre la flessione dell anca - Posizionare un archetto (alzacoperte) per evitare che il peso delle coperte accentui la flessione plantare del piede - Posizionare un cuscino lateralmente all arto inferiore per evitare l extrarotazione - L arto superiore deve essere esteso, in extrarotazione e lontano dal tronco posizionando un cuscino sotto la spalla e il braccio - La mano deve essere sempre aperta OSTEOPOROSI E una patologia caratterizzata da una riduzione delle percentuali di sali di calcio diffusa in tutto l apparato scheletrico con conseguente perdita di massa ossea. Generalmente si manifesta nella terza età, MA inizia molto prima e ha le sue radici nella maggiore o minore qualità e robustezza dell osso che ogni individuo ha costruito nei sui primi anni di vita picco di massa ossea.
13 Le donne sono più colpite degli uomini (3,5:1) perché in loro le perdite di calcio hanno un periodo di accelerazione a partire dalla menopausa. L osso impoverendosi di calcio, si indebolisce progressivamente. L osteoporosi spesso progredisce lentamente e in modo silente fino al momento in cui l osso va improvvisamente incontro a una frattura anche per un piccolo trauma (frattura da fragilità). E una patologia dalla gravità non irrilevante perché la mortalità per frattura osteoporotica (che non viene mai da sola ma è spesso seguita da successive fratture da fragilità) è uguale a quella per ictus e carcinoma mammario. La prevenzione attraverso una dieta equilibrata con una giusta dose di calcio (non meno di 1 g/die), un adeguata, cauta attività motoria. I danni maggiori sono a carico di: colonna vertebrale collo del femore omero bacino polso (radio e ulna) OSTEOARTROSI L osteoartrosi è una patologia osteo-articolare caratterizzata da fenomeni degenerativi sulla superficie della cartilagine articolare e con secondarie modificazioni delle altre strutture che compongono l articolazione (tessuto osseo e capsula articolare). Si parla di osteoartrosi, perché oltre alle cartilagini articolari sono sempre interessati anche i capi articolari delle ossa. E una patologia che aumenta con l avanzare dell età. Il trattamento di tale patologia è di natura medica, fisiochinesiterapica e chirurgica: - Terapia medica: farmaci antalgici, decontratturanti, antiflogistici
14 - Terapia fisica: calore, massaggi e ginnastica funzionale. È proprio attraverso l attività motoria che viene preservata l articolazione cosicché la cartilagine non degeneri. - Terapia chirurgica: se l artrosi è diagnosticata non troppo in ritardo, e il paziente non supera i a., vengono fatti trapianti di cartilagine mediante il prelevamento e la coltura del tessuto cartilagineo del paziente. Se invece è in un avanzato stadio degenerativo, i pazienti vengono curati con impianti di endoprotesi (vedi Protesi, ortesi e ausili). Le localizzazioni più frequenti riguardano soprattutto le articolazioni che sopportano il peso del corpo come le ginocchia (dette anche gonartrosi), le anche (dette anche coxartrosi), i piedi, il rachide lombare e cervicale, le spalle, ma anche le artrosi alle dita delle mani e ai metacarpi sono molto frequenti. La sintomatologia clinica, e non, è caratterizzata da: dolore (accentuato quando si inizia il movimento dopo il riposo notturno), limitazione funzionale atteggiamenti viziosi In caso di artrosi l operatore deve comportarsi seguendo particolari accorgimenti: è importante sapere come mettere le mani toccando il corpo del paziente in modo da non aumentare il dolore delle articolazioni; la presa deve essere delicata ma sicura in modo da non stringere però nemmeno di lasciare sfuggire la parte del corpo che mantengono curare che la posizione nel letto sia di massimo conforto, che il letto stesso non sia troppo duro ma sostenga bene il corpo del paziente (doghe o asse sotto il materasso) qualora sia necessario mantenere l anziano a letto si seguono le stesse indicazioni illustrate per la sindrome da immobilizzazione (vedi il movimento dell anziano)
15 il movimento va sempre consigliato al paziente con artrosi, fatta eccezione nelle fasi di riacutizzazione più intensa, per il benefico effetto trofico sulla muscolatura e sulle articolazioni e quindi prevenire retrazioni e blocchi articolari va posta attenzione a non sovraccaricare troppo le articolazioni artrosiche per cui, se il paziente è rimasto inattivo a lungo, riprendere gradualmente l attività motoria FRATTURE femorali Definizione generale: La frattura rappresenta una interruzione della rima (superficie) articolare di un segmento osseo dovuta a cause meccaniche che esplicano una forza tale da superare i limiti di elasticità e resistenza del tessuto osseo su cui essa è diretta. La frattura più rilevante per tale corso di formazione è indubbiamente quella del femore nella parte alta, vicino all articolazione dell anca (la più diffusa tra gli anziani). Il trattamento deve essere chirurgico e la mobilizzazione precoce da parte del fisioterapista e dell operatore tecnico dell assistenza. Bisogna tener presente che la consolidazione di una frattura richiede il contatto reciproco delle superfici di frattura, l immobilità dei frammenti ossei e una adeguata vascolarizzazione. I tempi di frattura variano in base alla sede scheletrica della frattura, al tipo di frattura (composta, scomposta, comminuta ) e all età del paziente. COME PREVENIRE: in primo luogo è importante sapere se il paziente può caricare sull arto malato, in questo modo può aiutarsi nei passaggi posturali dal letto alla carrozzina e viceversa. Per evitare le complicanze finora descritte occorre: correggere la postura del paziente a letto mobilizzare con cautela il paziente sulla gamba sana (!!!) nei decubiti supini e laterali con un cuscino in mezzo alle gambe per evitare contratture e retrazioni muscolari
16 sempre su consiglio medico, mobilizzare il paziente in carrozzina facendo attenzione a non far caricare l arto malato per evitare il rischio di ulteriori fratture o microtraumi Se al paziente è stato concesso il carico parziale, è possibile farlo camminare con gli appositi ausili indicati dal terapista come deambulatore, girello, canadesi, bastone (vedi Protesi, ortesi e ausili) per accompagnarlo in bagno, sala da pranzo PROTESI, ORTESI e AUSILI PROTESI: Dispositivo artificiale utilizzato per sostituire una parte del corpo mancante (un dente, un osso, un articolazione, un arto, ecc ) ORTESI: Apparecchio che si applica al corpo per correggerne una funzione meccanica difettosa, ma che non sostituisce una parte anatomica mancante. LE PROTESI ORTOPEDICHE 1. PROTESI D ARTO: sono protesi esterne al corpo. L unico punto di contatto è l invasatura, tra il moncone e l arto artificiale. Le protesi d arto non sono soggette a rigetto 2. PROTESI ARTICOLARI: sono protesi che vengono inserite all interno del corpo e sono soggette a rigetto perché sono sottoposte a più sollecitazioni dovute dal nostro corpo. Sono anche conosciute col nome di Endoprotesi.
17 Passaggi riabilitativi generali per soggetti con protesi d arto: Sia che il soggetto abbia subito un trauma (incidente stradale, sul lavoro, domestico ) e sia che il soggetto sia privo di un arto dalla nascita (malformazioni congenite), quando deve indossare la protesi viene fatto ricoverare il un Centro Protesi specializzato per imparare o reimparare a camminare. -1 settimana: esercizi di ortostatica; il malato viene fatto camminare tra le parallele; -2 settimana: si fa camminare il soggetto al di fuori delle parallele; -3 settimana: si fa camminare il soggetto con una canadese e poi senza canadesi. Dopo tale periodo viene fatto indossare al soggetto il cosiddetto estetico; il soggetto viene inoltre portato in altre condizioni di asperità del terreno (giardino, strada ). Successivamente viene dimesso dal Centro Protesi Criteri riabilitativi generali per soggetti con endoprotesi: La premessa indispensabile per il recupero funzionale in fase postoperatoria è il ripristino dell arco del movimento, della forza muscolare e delle funzioni propriocettive. I primi 2-4 giorni il paziente con protesi cementata rimane a letto La stazione eretta è inizialmente mantenuta utilizzando ausili come grucce, deambulatori o barre parallele Una buona deambulazione si raggiunge dopo giorni dall intervento L uso del bastone è consigliato per altre 2 settimane o anche a distanza dall intervento. Nel caso di protesi non cementate il periodo a cui il soggetto non è permesso di sostenere il carico totale si prolunga per oltre un mese. La ripresa delle attività normali di vita non può prescindere da alcuni accorgimenti che fanno riferimento all ambiente, in particolare all altezza delle sedie una sedia alta facilita la seduta e l alzata; il non uso dei cuscini tendono a far affondare il soggetto;
18 l altezza del letto e la posizione durante il sonno, l uso della doccia in sostituzione della vasca da bagno (Nel caso di protesi NON cementate il periodo in cui non è permesso al soggetto di sostenere il carico totale si prolunga oltre il mese). LE ORTESI Sono dispositivi applicati esternamente per modificare caratteristiche strutturali o funzionali del sistema. Attraverso un ortesi si può ristabilire una buona funzionalità modificando il sistema di forze esterne che agiscono sull articolazione. Lo scopo è: - quello di contrastare forze espressi dal sistema scheletrico in questo caso l ortesi agisce per ridurre la pressione che grava nell articolazione compromessa - quello di modificare il movimento non corretto di un articolazione causato da una deficienza muscolare - quello di contrastare gli effetti delle contrazioni anomale di un muscolo spastico GLI AUSILI Si chiama ausilio qualsiasi dispositivo progettato per superare barriere o per consentire lo svolgimento di attività altrimenti impossibili o difficoltose. Ne esistono a bassa tecnologia, come l impugnatura adattata da un manico di posata, ed alta tecnologia come un sistema informatico per il comando del computer attraverso il battito delle ciglia. Gli ausili vogliono contribuire a migliorare la qualità della vita del paziente. ASSISTENZA ALLA DEAMBULAZIONE: è bene sottolineare l importanza di un assiduo contatto con i fisioterapisti per dare al
19 paziente le stesse indicazioni per insegnare al paziente la deambulazione (o cammino). Regole generali: - il paziente va sorretto e guidato, mai trascinato o spinto - camminare lentamente - stare sul lato malato del paziente (in caso di fratture agli arti inferiori o emiplegia) - stimolarlo secondo gli schemi di cammino impostati con il terapista e con l suo di ausili necessari - incitare con le parole l esecuzione corretta dei movimenti Nell emiplegico che già cammina con le canadesi si può assistere dal lato paralizzato. Il malato che ha problemi di rigidità e di lentezza può essere aiutato standogli davanti e prendendolo per le mani, senza tirarlo. CHI NON FAR CAMMINARE: - pazienti con controindicazioni generali di carattere medico e infermieristico - pazienti con ferite aperte - pazienti con fratture recenti agli arti inferiori non ancora consolidate
20 - pazienti con patologie acute e dolorose agli arti inferiori - pazienti con grave osteoporosi alla colonna senza busto - pazienti emiplegici in fase acuta - infartuati recenti - pazienti con equilibrio cardiorespiratorio precario AUSILI PER LA DEAMBULAZIONE: gli ausili per il cammino possono essenzialmente servire per facilitare l equilibrio, ridurre il carico su uno o entrambi gli arti inferiori, ridurre il dolore, ridurre la fatica e aumentare la lunghezza del passo. Deambulatori: ci sono diversi tipi di deambulatori: fissi, snodati, 2+2, quattro ruote, girelli ascellari e walker (a forma di triciclo). Per iniziare a muovere i primi passi è utile usare il girello ascellare, soprattutto per gli anziani; utile anche per i pazienti che devono tenere un arto inferiore in scarico, per es. frattura. In base al carico concesso, all equilibrio e alla forza del paziente, su consiglio medico, si possono utilizzare gli altri diversi tipi di deambulatori Tripode: usato soprattutto con pazienti anziani, dà una stabilità maggiore delle canadesi grazie alla base allargata. Va sempre tenuto dalla parte sana del paziente. L assistente deve stare dalla parte malata per arrestare un eventuale caduta Canadesi: vengono usate in pazienti con fratture o con protesi (anca e ginocchio) con carico concesso e con un buon equilibrio. Poco usate con gli anziani
21 È bene ricordare che l impugnatura degli ausili deve arrivare all incirca fino all apice del gran trocanteri per permettere una buona spinta sugli arti superiori e un buon allineamento. LA DEAMBULAZIONE: è il mezzo di locomozione abituale dell uomo che gli consente di spostare il corpo nello spazio mantenendosi in posizione verticale. È fondamentale per l autonomia personale. Cause di deficit della deambulazione: Età avanzata, per cui: disturbi dell equilibrio, sarcopenia (diminuzione dell agilità, della forza muscolare ), artrosi, dolori, deformazioni osteoarticolari (derivanti da artrosi avanzate, fenomeni di osteoporosi ), diminuzioni di vista e udito fanno sì che l anziano tenda a muoversi in blocco. È un cammino a piccoli passi, senza accelerazioni, con scarso sollevamento del piede da terra e maggiore durata delle fasi d appoggio. Eventi patologici acuti: emiplegia, fratture da femore Prolungata immobilità causata da una malattia di per sé non invalidante: malattia ipocinetica, sindrome da immobilizzazione Prima di tutto la sicurezza: È bene saper riconoscere i pazienti a rischio di caduta e valutarne il grado. Maggiore è il numero delle malattie concomitanti, più aumenta il rischio di caduta: problemi di vista, udito, equilibrio, esiti di frattura, Parkinson, emiplegia, dementia, patologie del piede, paura di cadere Un assistenza efficace deriva da una buona valutazione del grado di rischio. L operatore deve preoccuparsi di avere queste informazioni per poter prestare l assistenza adeguata e non fidarsi mai di quello che riferisce l assistito che, spesso per desiderio di maggiore
22 indipendenza o scarsa capacità valutativa, minimizza le proprie esigenze. Per rendere più sicura la deambulazione: Evitare la cera sui pavimenti Nei tragitti notturni Eliminare i tappeti Applicare paraspigoli posizionare piccole luci Non distrarre il paziente Rimuovere gli intralci sul percorso durante il cammino L ASSISTENZA AL CAMMINO: Fase preparatoria al cammino a letto e seduto: ancora prima che il paziente sia in grado di stare in piedi, esercitazione degli schemi crociati degli arti inferiori e associazione alternata del movimento degli arti superiori, eseguiti a letto. Passaggio assistito da sdraiato a seduto. Mantenimento della posizione seduta. Da seduto a in piedi, verificare che il paziente: Sia seduto su una seggiola stabile o carrozzina frenata e compia il passaggio da seduto a in piedi (appoggio anteriore, es. tavolo o appoggio laterale es. parallele) Sappia spostare il carico da una gamba all altra e mantenere il capo, il tronco e il bacino allineati Abbia calzature adeguate AUSILI STRUMENTI PER L AUTONOMIA STRUMENTI PER LA RELAZIONE IL CAMMINO PER MEZZO DI AUSILI: gli ausili più utilizzati nella rieducazione al cammino sono, nell ordine, il girello (ascellare), il deambulatore (fisso prima e 2+2 dopo), i bastoni canadesi e infine il bastone Durante il cammino lo schema che il paziente deve imparare è: 1. spostare il deambulatore o le canadesi in avanti 2. appoggiandosi all ausilio, portare avanti la gamba operata 3. portare avanti la gamba sana alla pari con quella operata 4. rimanere ben eretti con la colonna vertebrale
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