APPLICAZIONI PRATICHE DI RISK MANAGEMENT: - VALUTAZIONE E TRATTAMENTO DEI RISCHI - UN CASO DI STUDIO
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1 APPLICAZIONI PRATICHE DI RISK MANAGEMENT: - VALUTAZIONE E TRATTAMENTO DEI RISCHI - UN CASO DI STUDIO A cura di: ing.. Marco Terzago Vice-Presidente ANRA Risk Manager SKF Industrie S.p.A. Risk Engineering Manager Gruppo SKF Web: ; marco.terzago@skf.com 1
2 AGENDA: 3 Marzo 2010 (14,00-18,00) 1. Richiamo: LE FASI DEL PROCESSO di R.M. 2. VALUTAZIONE dei rischi Metodologie qualitative Metodologie quantitative / statistiche 3. TRATTAMENTO dei rischi RIDUZIONE o ELIMINAZIONE Curve ISORISCHIO Misure di riduzione della frequenza (PREVENZIONE) Misure di riduzione della gravità (PROTEZIONE) 4. UN CASO: stesura di un piano di RM per una PMI industriale Identificazione e Valutazione dei rischi Trattamento (ritenzione, prevenzione, protezione, assicurazione) 2
3 Analisi 3 Trattamento 4 RICHIAMO: IL PROCESSO DI RISK MANAGEMENT Revisione 1 2 IDENTIFICAZIONE VALUTAZIONE ELIMINAZIONE TRASFERIMENTO RIDUZIONE RITENZIONE ASSICURAZIONE AUDITING DEL PROCESSO PATRIMONIO ATTIVITA PERSONE CONTRATTI PREVENZIONE PROTEZIONE PARZIALE TOTALE Eventi dannosi Probabilità Gravità Acquisti Trasporto Commesse Subforniture Franchigia Scoperto Limite di indennizzo Ripianamento diretto Autoassicurazione Captive Company Rischi residuali Rischi obbligatori Azione periodica 3
4 2^ FASE: VALUTAZIONE Analisi INDIVIDUAZIONE VALUTAZIONE 2 Probabilità Gravità Non è possibile migliorare ciò non si riesce a valutare o misurare!!! Valutare i rischi per porli in ordine di priorità è indispensabile per concentrare sforzi e risorse economiche su quelli più importanti. 4
5 VALUTAZIONE DEI RISCHI Valutazione dei rischi puri Il modello R = F x G Distribuzione dei rischi Metodologie di valutazione Metodologie statistiche Metodologie soggettive Serie storiche e Incident Reporting 5
6 IL MODELLO R = f x g R = y (f, g,,,..) f : frequenza g : gravità L'entità R di un evento dannoso è una combinazione della frequenza e della gravità dell'evento stesso 6
7 DISTRIBUZIONE DEI RISCHI Frequenza Rischi AF / BG Rischi AF / AG (non esistono!) Rischi BF / BG (non interessano!) Rischi BF / AG Gravita Empiricamente si verifica una proporzionalità inversa tra gravità e frequenza degli eventi dannosi 7
8 CLASSIFICAZIONE Rischi BF/AG (bassa frequenza - alta gravità) Rischi AF/BG (alta frequenza - bassa gravità) 8
9 ESEMPI Attentati Terremoti Eventi atmosferici Inquinamento ambiente Incendi Esplosioni Scoppi Crolli... Danni d acqua Furti e ammanchi Infortuni sul lavoro Incidenti automobilistici Incendi? Perdita di dati su PC Malattie da postura scorretta Guasti meccanici ed elettrici... 9
10 TECNICHE DI VALUTAZIONE Tecniche statistiche Si basano prevalentemente sulla statistica inferenziale (da preferire quando la serie storica è sufficientemente ampia, costituita da eventi indipendenti e rappresentativa delle caratteristiche aziendali attuali. Tecniche soggettive Si basano prevalentemente sulla elaborazione personale (giudizi personali, valutazioni qualitative, esperienza) Più utilizzate nel Risk Management, visto che i dati storici sono spesso scarsi, poco credibili e inficiati da fattori di distorsione. 10
11 REGISTRAZIONE E INVESTIGAZIONE SINISTRI Le registrazioni storiche degli eventi dannosi o dei quasi-incidenti incidenti (near( near-misses) ) e la loro investigazione (accident investigation) ) costituiscono un preziosissimo patrimonio informativo. Permettono di: Individuare l'incidenza dei diversi fattori causali Individuare trend di fenomeni rilevanti Essere la base per costruire una valida checklist o per la preparazione di interviste ed ispezioni 11
12 INVESTIGAZIONE EVENTI DANNOSI Cause Enti colpiti Dinamica Conseguenze Elementi/circostanze aggravanti Carenze negli interventi post sinistro 12
13 INVESTIGAZIONE EVENTI DANNOSI nel Gruppo SKF Obiettivi: Identificare operazioni rischiose Condividere esperienza Utilizzato per le valutazioni del Costo del Rischio Procedura di Reporting: Utilizzare il DB RIMS Report su Lotus Notes Una persona designata per sito I report vanno al Risk Manager di Area Ogni 3 mesi vanno comunque segnalati anche in caso di nessun incidente 13
14 INCIDENT REPORTING nel Gruppo SKF 14
15 Le 8 TIPOLOGIE pi Guasti Macchina 2% Gruppo SKF, Incidenti riportati (Gen Gen. 2011) più frequenti Vari, specificati 11% Altri, non specificati 7% Impatto di veicoli 3% Furti 4% Danni elettrici 5% Incendi 51% Acqua condotta 5% Danni da fumo 5% Sversamenti 7% 15 25
16 INCENDI - distribuzione per AREA Incendi/danni da fumo riportati (Gen Gen. 2011) Le 8 AREE/REPARTI di accadimento più frequenti Altre aree 28% Trattamento termico 23% Fonderia 3% Rettifiche 17% Fucine 3% Aree esterne 3% Stampaggio 4% Torneria 13% Lappatura 6% 16 26
17 INCENDI - distribuzione per CAUSA Incendi/danni da fumo riportati (Gen Gen. 2011) Le 8 CAUSE di incendio più frequenti Cause ignote 6% Altre cause, specificate 16% Surriscaldamento 19% Fumo da sigaretta 2% Autocombustione 4% Malfunzionamento del macchinario 13% Contatto con superfici calde 7% Lavori a caldo 9% Scintille 11% Fenomeno elettrico 13% 17 27
18 LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO FATTA DAGLI ASSICURATORI : OBIETTIVI ASSUNZIONE/NON ASSUNZIONE DEL RISCHIO DEFINIZIONE DI TASSI E CONDIZIONI QUOTA SOTTOSCRIZIONE RITENZIONE / RIASSICURAZIONE 18
19 MASSIMO DANNO STIMATO MASSIMO DANNO STIMATO parametro fondamentale per la quotazione del rischio, che è spesso fonte di equivoci tra broker, assicuratori e riassicuratori PERCHE? 19
20 MASSIMO DANNO STIMATO Serve a definire: il GRADIMENTO del RISCHIO il TASSO ASSICURATIVO la POLITICA di RIASSICURAZIONE Ci si concentra sul fattore GRAVITA' GRAVITA' più che sulla FREQUENZA 20
21 LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO FATTA DAGLI ASSICURATORI a) PARAMETRI PER LA VALUTAZIONE DI RISCHI DI RESPONSABILITA CIVILE 21
22 IL VALORE / PERSONA IL DANNO ECONOMICO - I ESEMPIO SINGLE DI 40 ANNI Rischio morte Rischio invalidita permanente IL DANNO ECONOMICO - II ESEMPIO CAPOFAMIGLIA DI 40 ANNI CON MOGLIE CASALINGA E DUE FIGLI STUDENTI Rischio morte Rischio invalidita permanente 22
23 LA VALUTAZIONE DANNO A : Persone cose singolo sinistro (cumulo di persone e cose) 23
24 MASSIMO DANNO STIMATO R.C. - UN CRITERIO VALORE - PERSONA = 2,5 M M VALORE COSE PIU ELEVATO EVENTI POSSIBILI NUMERO MASSIMO PERSONE COINVOLTE 24
25 LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO FATTA DAGLI ASSICURATORI b) PARAMETRI PER LA VALUTAZIONE DI RISCHI DI DANNI AI BENI E DA INTERRUZIONE DELL ATTIVITA (PD / BI) 25
26 PARAMETRI UTILIZZATI MUR (Massima Unità di Rischio) MPL (Maximum( Probable Loss) Maggior parte delle compagnie italiane MFL (Maximum( Foreseeable Loss) LE (Loss Expectancy) Maggior parte delle comp. straniere + Generali 26
27 MASSIMA UNITÀ DI RISCHIO (MUR) MUR E il valore della maggiore concentrazione di beni validamente separata dal resto 27
28 Unità di Rischio caratterizzata dalla massima perdita di beni (PD) Circostanze più sfavorevoli assenza di intervento delle protezioni attive assenza di intervento delle squadre interne assenza di intervento dei VVF Valutazione di tipo oggettivo Separazione valida MUR Muro pieno o tagliafuoco (REI ) 180) Distanza di sicurezza (10-30 m) 28
29 MAXIMUM PROBABLE LOSS (MPL) MPL E la stima della massima perdita ragionevolmente prevedibile, cioè quella che può verificarsi in condizioni NORMALI, con riguardo sia alle caratteristiche del rischio,, sia all esistenza e all efficienza dei mezzi di prevenzione / protezione 29
30 MPL L MPL non può essere superiore alla MUR L MPL potrebbe verificarsi in un unità di rischio diversa dalla MUR Circostanze normali: intervento delle protezioni attive intervento delle squadre interne intervento dei VV.F. Danno combinato (PD + BI) Valutazione di tipo soggettivo 30
31 VALUTAZIONE MPL Possibile valutare MPL per Rischi Accessori (ex. co e catastrofali, ad es. MPL terremoto, MPL alluvione) No eventi socio-politici 31
32 MAXIMUM FORESEEABLE LOSS (MFL) MFL Massima perdita prevedibile nelle condizioni più pessimistiche nell area di più elevato rischio 32
33 MFL Unità di rischio caratterizzata dal massimo danno combinato (PD+BI) Condizioni più pessimistiche assenza di intervento delle protezioni attive assenza di intervento delle squadre interne intervento dei VV.F Danno combinato (PD+BI) Valutazione di tipo oggettivo 33
34 LOSS EXPECTANCY (LE) LE Rappresenta il danno che può essere credibilmente causato dal sinistro considerato 34
35 LE Unità di rischio generica Condizioni credibili funzionamento delle protezioni attive intervento delle squadre interne intervento dei VV.F Danno combinato (PD+BI) Valutazione di tipo soggettivo / oggettivo 35
36 3^ FASE: TRATTAMENTO 3 Trattamento 1. TRASFERIMENTO non assicurativo 2. ELIMINAZIONE 3. RIDUZIONE 4. RITENZIONE IN PROPRIO CONTRATTI PREVENZIONE Loss Prevention PROTEZIONE Loss Control PARZIALE TOTALE Acquisti Trasporto Commesse Subforniture Franchigia Scoperto Limite di indennizzo Ripianamento diretto Autoassicurazione Captive Company 5. ASSICURAZIONE Rischi residuali Rischi obbligatori 36
37 I "TRE MOMENTI" DEL TRATTAMENTO DEL RISCHIO 1. UN MOMENTO DI TIPO GIURIDICO : TRASFERIMENTO CONTRATTUALE DEL RISCHIO A TERZI (NON ASSICURATIVO) 2. UN MOMENTO DI TIPO FINANZIARIO : RITENZIONE IN PROPRIO / ASSICURAZIONE DEL RISCHIO 3. UN MOMENTO DI TIPO FISICO /TECNICO : ELIMINAZIONE / RIDUZIONE DEL RISCHIO 37
38 FOCUS : TECNICHE "FISICHE" DI TRATTAMENTO 3 Trattamento 1. TRASFERIMENTO non assicurativo 2. ELIMINAZIONE 3. RIDUZIONE 4. RITENZIONE IN PROPRIO CONTRATTI PREVENZIONE Loss Prevention PROTEZIONE Loss Control PARZIALE TOTALE Acquisti Trasporto Commesse Subforniture Franchigia Scoperto Limite di indennizzo Ripianamento diretto Autoassicurazione Captive Company 5. ASSICURAZIONE Rischi residuali Rischi obbligatori 38
39 ELIMINAZIONE NELL AFFRONTARE IL TRATTAMENTO SPESSO SI TRALASCIA DI VERIFICARE SE IL RISCHIO NON SI POSSA ELIMINARE. NON È DETTO CHE L ELIMINAZIONE SIA POSSIBILE O ECONOMICAMENTE O FINANZIARIAMENTE OPPORTUNA. È PERÒ IMPORTANTE DEDICARE TEMPO E RISORSE PER ESAMINARE QUESTA POSSIBILITÀ. 39
40 RIDUZIONE DEL RISCHIO SE ELIMINARE IL RISCHIO È IMPOSSIBILE - IMPROPONIBILE O DIFFICILE PUÒ ESSERE OPPORTUNO E VANTAGGIOSO RIDURRE IL RISCHIO ATTRAVERSO OPERE DI PREVENZIONE E MISURE DI PROTEZIONE 40
41 LA RIDUZIONE DEL RISCHIO OCCORRE INDIVIDUARE E VALUTARE LE POSSIBILI MISURE CHE AGISCONO SU: FREQUENZA DI ACCADIMENTO (PREVENZIONE) GRAVITÀ (PROTEZIONE) 41
42 CURVE ISORISCHIO noti i parametri di Gravità / Frequenza si posiziona il rischio sul piano SI può RIDURRE il rischio sia con interventi di PREVENZIONE che di PROTEZIONE 900 GRAVITA' (M ) Rischio A Rischio A Prevenzione Rischio A Protezione Gravità = LE ( PD + BI) Vulnerabilità= f (Frequenza di danno) VULNERABILITA' (%)
43 MISURE DI PREVENZIONE (Loss Prevention) AGISCONO SULLA FREQUENZA DI ACCADIMENTO SONO SPESSO INDICATE COME MISURE INERENTI IL "FATTORE UMANO" O "MISURE ORGANIZZATIVE HANNO IL VANTAGGIO DI NON RICHIEDERE GROSSI INVESTIMENTI VEDIAMONE ALCUNI ESEMPI IN CAMPO DANNI ALLA PROPRIETA E DA INTERRUZIONE DELL ATTIVITA (PD/BI) 43
44 MISURE DI PROTEZIONE (Loss Control) AGISCONO SULLA GRAVITA' DI ACCADIMENTO (LOSS CONTROL). SONO SPESSO INDICATE COME MISURE INERENTI IL "FATTORE FISICO SI DIVIDONO IN MISURE DI PROTEZIONE PASSIVA E MISURE DI PROTEZIONE ATTIVA LA LORO IMPLEMENTAZIONE RICHIEDE INVESTIMENTI TALORA CONSISTENTI 44
45 1. ISPEZIONI PERIODICHE DI PREVENZIONE 2. PIANO DI EMERGENZA 3. SQUADRA DI EMERGENZA 4. SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE 5. CONTROLLO DELLE IMPRESE ESTERNE E PERMESSI DI LAVORO A CALDO 6. MISURE DI SECURITY (ANTIINTRUSIONE) 7. MANUTENZIONI ELETTRICHE E ANALISI TERMOGRAFICHE 8. GESTIONE DELLE POSTAZIONI DI RICARICA BATTERIE 9. DIVIETO DI FUMO MISURE DI PREVENZIONE (AREA PROPERTY) 10. GESTIONE DI LIQUIDI & GAS INFIAMMABILI &COMBUSTIBILI 11. ORDINE E PULIZIA E GESTIONE DEI RIFIUTI 12. MODALITA' DI STOCCAGGIO DI MATERIALI COMBUSTIBILI 45
46 1. ISPEZIONI PERIODICHE E' necessario effettuare periodiche verifiche sull'efficienza dei mezzi antincendio Tali verifiche devono riguardare: estintori rete idranti e alimentazione idrica stazione di pompaggio impianti di rivelazione e segnalazione d'incendio impianti automatici di estinzione evacuatori di fumo e calore Tutte le operazioni di verifica e gli eventuali interventi conseguenti devono essere formalizzati su apposito REGISTRO 46
47 2. PIANO DI EMERGENZA E' un insieme di norme che regolano il comportamento da osservare in caso di incendio ed è volto a rendere minimo il tempo di intervento dei soccorsi interni ed esterni CHI SCOPRE UN INCENDIO DEVE intervenire direttamente se l'incendio è di lieve entità avvisare il centralino/sorveglianza mediante i pulsanti d'allarme, ovvero telefonando I L CENTRALINO / SORVEGLIANZA DEVE avvisare la Squadra Antincendio telefonare ai Vigili del Fuoco avvisare il Responsabile dello stabilimento ed il RSPP TUTTO IL PERSONALE IN SERVIZIO NELLO STABILIMENTO DEVE sospendere il lavoro mettendo i macchinari "in sicurezza" non ostacolare le operazioni di soccorso liberare immediatamente le linee telefoniche 47
48 3. SQUADRA DI EMERGENZA La Squadra Antincendio svolge le prime operazioni di soccorso nella fase iniziale dell'incendio, in attesa dell arrivo dei Vigili del Fuoco; generalmente è composta almeno dalle seguenti persone: un Caposquadra per ogni turno lavorativo, con il relativo sostituto (per i casi di assenza del Caposquadra), che si assuma le responsabilità delle operazioni durante l'emergenza fino all arrivo del Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione due manutentori (e due sostituti) per turno, con sufficienti conoscenze impiantistiche da poter intervenire sulle pompe antincendio, sul sezionamento degli impianti elettrici, termici, etc. 3-4 addetti ai mezzi antincendio per ogni turno che indirizzino correttamente i VV.F. verso il luogo colpito dall'incendio e coordinino l'evacuazione delle zone colpite, nonché l'intervento degli altri dipendenti per rendere efficace il loro apporto 48
49 4. SERVIZIO PREVENZIONE & PROTEZIONE Compiti principali: adottare i mezzi di prevenzione e protezione più idonei alle caratteristiche dell'attività, adeguandoli nel tempo in caso di sostanziali mutamenti nel ciclo produttivo organizzare l'attività di verifica del materiale antincendio pianificare i corsi di addestramento del personale predisporre il Piano d'emergenza far rispettare al personale le disposizioni riguardanti la sicurezza antincendio ( divieto di fumo, ordine e pulizia, spazi di sicurezza sgombri da materiale vario, porte t.f. libere di chiudersi, cartellonistica da non rimuovere ) organizzare il servizio di vigilanza nei periodi di assenza del personale (periodi di chiusura notturna e festiva, fermo impianti per manutenzione) mantenere i rapporti con gli enti di controllo (in particolare i Vigili del Fuoco per il C.P.I. ma anche l'ispesl, l'asl, l ARPA, ecc.) 49
50 5. LAVORI A CALDO Comprendono: la saldatura il taglio l'applicazione di guaine bituminose e, in genere, qualsiasi operazione che implichi la presenza di fiamme aperte o che produca calore o scintille PROBLEMI DEI LAVORI A CALDO Intrinseca elevata temperatura di alcuni di questi (la fiamma di un cannello da taglio ossiacetilenico può raggiungere i 3300 C) Rischio effettivo che l'incendio possa covare diverse ore prima che sia visibile una fiamma Deve essere predisposto un documento (Permesso di Fuoco) che, sulla base delle caratteristiche del rischio, formalizzi il piano di attuazione di tali lavori 50
51 5. LAVORI A CALDO Distanze raggiungibili da faville prodotte nelle operazioni di taglio con fiamma ossidrica H - 2,00 m PRESSIONE DI ALIMENTAZIONE NORMALE 2 FORTE 3 MOLTO FORTE DISTANZA METRI 3,00 5,00 7,50 10,00 51
52 MISURE DI PROTEZIONE "PASSIVA" PROPERTY 1. RESISTENZA AL FUOCO DEGLI ELEMENTI COSTRUTTIVI 2. COMPARTIMENTAZIONI ANTINCENDIO SPAZI VUOTI 3. SERRAMENTI DI SICUREZZA ANTINCENDIO 52
53 1. RESISTENZA AL FUOCO DEGLI ELEMENTI COSTRUTTIVI Capacità di un elemento da costruzione di conservare, per un determinato tempo di esposizione all'incendio (in minuti) le caratteristiche sottoindicate: R Stabilità Mantenimento della resistenza meccanica sotto l'azione del fuoco RE REI Stabilità più Tenuta Stabilità, Tenuta e Isolamento termico Capacità di conservare la resistenza meccanica e di impedire il passaggio dei fumi verso il lato non coinvolto dall'incendio Capacità di mantenere stabilità e tenuta e di ridurre il passaggio di calore verso il lato non coinvolto dall'incendio 53
54 RESISTENZA AL FUOCO R CASO 1 STANZA INVASA DAL FUMO PASSAGGIO DI CALORE (EVIDENZIATO DALLA PIANTA APPASSITA) 54
55 RESISTENZA e TENUTA RE CASO 2 STANZA PRIVA DI FUMO PASSAGGIO DI CALORE (PIANTA APPASSITA) 55
56 RESISTENZA, TENUTA e ISOLAMENTO REI CASO 3 STANZA NON INFLUENZATA DALL INCENDIO (EVIDENZIATO DALLA PIANTA FRESCA) 56
57 STRUTTURE METALLICHE Effetti della temperatura sugli elementi in metallo 57
58 2. COMPARTIMENTO ANTINCENDIO Parte di fabbricato delimitato da elementi costruttivi di resistenza al fuoco predeterminata al fine di contrastare la propagazione dell'incendio Gli elementi che delimitano un compartimento antincendio dal resto del fabbricato possono essere Muri Pieni (REI 120) oppure Muri Tagliafuoco (REI 240) La compartimentazione è consigliabile: 1. Tra la zona ove avviene la produzione ed i depositi 2. Per separare un centro di pericolo (zone di stoccaggio infiammabili, cabine di trasformazione, locali caldaie, centri di calcolo, ecc..) dal resto del fabbricato 3. In edifici destinati ad uso civile per proteggere il vano scale, vano ascensore, ecc. 58
59 2. ESEMPIO LAVORAZIONE NELLO STESSO LOCALE 59
60 3. SERRAMENTI DI SICUREZZA ANTINCENDIO Sono utilizzati per proteggere le aperture presenti nelle compartimentazioni; costituiscono comunque il punto debole della compartimentazione I serramenti di sicurezza antincendio più in uso in ambito industriale sono REI 120 SISTEMA DI RIVELAZIONE D INCENDIO PROTEZIONI Il sistema automatico deve essere comandato da un elemento termosensibile (68 C), oppure da un rivelatore d incendio Devono essere presenti: ringhiere che proteggano da urti o accumuli di materiale; un'area di rispetto, adeguatamente segnalata sul pavimento, mantenuta sgombra 60
61 3. SERRAMENTI DI SICUREZZA ANTINCENDIO 61
62 MISURE DI PROTEZIONE "ATTIVA" PROPERTY 1. AGENTI ESTINGUENTI 2. SISTEMI DI PROTEZIONE MANUALE : 2.1. ESTINTORI 2.2. NASPI E IDRANTI 3. RETE IDRANTI E ALIMENTAZIONE IDRICA 4. SISTEMI DI RIVELAZIONE DI INCENDIO 5. SISTEMI AUTOMATICI DI PROTEZIONE ANTINCENDIO 5.1. IMPIANTI SPRINKLER 5.2. IMPIANTI DI ESTINZIONE A GAS 5.3. IMPIANTI DI ESTINZIONE A SCHIUMA 6. EVACUATORI DI FUMO E DI CALORE 62
63 1. AGENTI ESTINGUENTI ESTINGUENTE AZIONE ESTINGUENTE CAMPO DI APPLICAZIONE ACQUA abbattimento della fiamma abbassamento della temperatura del combustibile soffocamento (vapore) fuochi di classe A non utilizzabile su apparecchiture in tensione GAS 1. blocco delle reazioni di combustione 1. Clean Agents 2. CO 2. soffocamento 2 fuochi di classe A non utilizzabile su apparecchiture in tensione SCHIUMA separazione del combustibile dal comburente In funzione del grado di espansione bassa: fuochi di classe B media: fuochi di classe A, B e C alta: fuochi di classe A e B POLVERE inibizione della combustione per azione di contatto fuochi di classe A, B, C e D non utilizzabile su macchine elettroniche e su materiali in catasta 63
64 2.1 ESTINTORI Costituiscono il primissimo mezzo di difesa contro l incendio: la loro efficacia è limitata dal rapido esaurimento della carica estinguente Estinguente utilizzato Adatto al tipo di incendio prevedibile (A, B, C e D) Dotazione proporzionata 1 estintore portatile da 6 o 9 kg ogni mq di superficie protetta Distribuzione razionale Ogni estintore raggiungibile percorrendo non più di metri Agevole prelievo livello di installazione da terra non superiore a 1.3 metri peso non superiore a 6 kg in caso di prevalenza di personale femminile Protezione Contro danneggiamenti dovuti a cause esterne 64
65 2.1 ESTINTORI ESTINTORI OMOLOGATI D.M. 20/12/1982 Kg. 6 classe 13A - 89 B-CB Kg. 12 classe 34A B-CB 65
66 2.2 IDRANTI Rappresentano, insieme agli estintori, la protezione antincendio di base Idranti UNI 45 installati in apposite cassette a muro, interne o esterne ai fabbricati Idranti UNI 70 installati all'esterno dei fabbricati: a colonna, sottosuolo, in pozzetti interrati Naspi all'interno dei fabbricati Dotazione proporzionata UNI 45 distanza di ogni punto dell'area protetta dall idrante più vicino non superiore a 25 metri idranti supplementari installati in prossimità degli accessi UNI 70 distanza di ogni idrante dal fabbricato compresa tra 5 e 15 metri distanza tra 2 idranti pari a metri. NASPI: distanza tra 2 naspi successivi pari a metri Posizionamento Prelievo agevole e non ostacolato da merci o mezzi mobili Adeguata manutenzione Dotazione completa comprendente tubazione flessibile e lancia 66
67 2.2 IDRANTI CASSETTA ANTINCENDIO UNI 45 IDRANTE A COLONNA UNI 70 NASPO 67
68 3. RETE DI IDRANTI E la rete di tubazioni che, dall alimentazione idrica, porta l acqua agli idranti. Deve essere: Dedicata, cioè distinta da quella delle utenze industriali (eccetto per i naspi) Ad anello chiuso Sezionata in più tronchi tramite valvole Dotata di un attacco UNI 100 in prossimità dell ingresso principale per permettere ai Vigili del Fuoco l allacciamento con una riserva supplementare Protetta contro danneggiamenti dovuti a cause esterne (gelo, urti, cedimenti del terreno) Caratteristiche idrauliche (cfr. UNI VVF 10779): EDIFICI CIVILI 2 idranti UNI 45 alla pressione di 2-3 bar per almeno 1 ora (circa l/min) STABILIMENTI INDUSTRIALI E COMMERCIALI 3-4 idranti UNI 70 alla pressione di 4-5 bar per almeno 2 ore ( l/min) 68
69 3. RETE IDRANTI 5 10 edificio ZONA UTILE PER L INSTALLAZIONEL DEGLI IDRANTI ESTERNI 5-15 m edificio d=40 m A W.F. DISTANZA 40 m ZONA PROTETTA DALL IDRANTE 69
70 3. ALIMENTAZIONE IDRICA L alimentazione idrica deve soddisfare le caratteristiche idrauliche della rete idranti indicate al punto precedente in termini di portata, pressione ed autonomia di erogazione TIPO DI ALIMENTAZIONE PRIMARIA ACQUEDOTTO POZZI Accettabili come alimentazione diretta solo se garantiscono il prelievo in via continuativa, sulla base di conoscenze storiche e caratteristiche della zona AFFIDABILITÀ bassa bassa/media VASCHE O SERBATOI (Rischi lievi: mc. Rischi medi e gravi: mc. ) sopraelevati (10 metri di dislivello = 1 bar) collegati a stazione di pompaggio con almeno due pompe Ogni pompa deve garantire portata e pressione pari al 100% della richiesta ipotizzata e deve inoltre essere ad avviamento automatico, tramite pressostato SERBATOI A PRESSIONE (AUTOCLAVI) Utilizzabili come alimentazione primaria solo per rischi civili media/alta media/alta 70
71 4. RIVELATORI DI INCENDIO FUMO FUMO CALORE FIAMMA 71
72 4. RIVELATORI DI INCENDIO (posizionamento) SOFFITTO A VOLTA SOFFITTO PIANO SOFFITTO INCLINATO SOFFITTO A SHED 72
73 CENTRALE DI ALLARME 73
74 Assolvono sia la funzione di rivelazione che quella di estinzione o contenimento dell'incendio: l intervento è selettivo, cioè l'acqua viene scaricata solo dagli erogatori il cui elemento termosensibile raggiunge la temperatura di taratura (solitamente 141 C) Erogatori Con adeguato spazio libero al di sotto per permettere la corretta formazione del getto Posizionati a soffitto lungo il profilo della copertura (altezza massima del locale pari a 12 metri) Segnalazione d'allarme 5.1 IMPIANTI SPRINKLER Inviata, in caso di assenza di personale ad un istituto di telesorveglianza e presso il domicilio di un responsabile dello stabilimento Stazione di controllo Protetta da incendi e danneggiamenti Alimentazione idrica Di altissima affidabilità Dalla data di installazione dell'impianto, la zona protetta non deve aver subito significative modifiche (cambiamenti di destinazione, aumento dell'altezza di impilamento delle merci, variazione della natura delle merci e degli imballaggi, modalità di deposito, ecc...) 74
75 5.1 IMPIANTI SPRINKLER IMPIANTO AUTOMATICO A PIOGGIA ALIMENTATO DALL ACQUEDOTTO ACQUEDOTTO E DA UN SERBATOIO A PRESSIONE A RETE A SECCO B RETE A UMIDO 1 CAMPANA D ALLARME 2 COMPRESSORE D ARIA 3 POMPA DI RIEMPIMENTO 4 SERBATORIO A PRESSIONE 5 POMPA DI SUPERPRESSIONE 6 ARRIVO DALL ACQUEDOTTO 75
76 5.1 IMPIANTI SPRINKLER IMPIANTO SPRINKLER SPRINKLER APERTI VALVOLA DI INTERCETTAZIONE IMPIANTO SPRINKLER CAMPANA DI ALLARME 76
77 5.2 IMPIANTI DI ESTINZIONE A GAS Sono impianti automatici a protezione di ambiente e/o di oggetto (CO 2 ), costituiti da: impianto di rivelazione di incendio (di fumo o calore) recipienti contenenti l'estinguente (sotto pressione o allo stato liquido) rete di distribuzione che alimenta una serie di erogatori dispositivo manuale per l'azionamento della scarica La scarica deve: saturare l'ambiente essere ritardata per permettere lo sfollamento da parte delle persone Vengono utilizzati in particolare per: Cabine di trasformazione ed apparecchiature elettriche sotto tensione Liquidi infiammabili (depositi, produzione di vernici e profumi, estrazione con solventi) C.E.D. Macchinari da stampa, laminatoi, bagni d'olio di tempra 77
78 IMPIANTI DI ESTINZIONE A GAS PULSANTE PER LA SEGNALAZIONE MANUALE DI INCENDIO O ATTIVAZIONE IMPIANTO DI SPEGNIMENTO PROTEZIONE DI UN ARCHIVIO CARTACEO 78
79 5.3 IMPIANTI DI ESTINZIONE A SCHIUMA Sono impianti automatici costituiti da: impianto di rivelazione di incendio alimentazione idrica e serbatoi contenenti schiumogeno gruppo di miscelazione acqua - schiumogeno rete di distribuzione dotata di erogatori in cui si forma la schiuma per aerazione Il campo di applicazione dipende dal grado di espansione, cioè dal rapporto tra il volume di schiuma prodotta ed il volume della soluzione acqua - schiumogeno di partenza. BASSA ESPANSIONE Settori chimico e petrolchimico per la protezione di serbatoi e relativi bacini di contenimento MEDIA ESPANSIONE Liquidi infiammabili Macchinari (turbine, pompe) se lo strato di schiuma è in grado di ricoprirli totalmente Gas ALTA ESPANSIONE Per incendi di classe A e B, nella protezione di: depositi di merci ampi locali volumi sotterranei La scarica deve saturare l'ambiente 79
80 5.3 IMPIANTI DI ESTINZIONE A SCHIUMA UTILIZZO DELLO SCHIUMOGENO IN BASE AL GRADO DI ESPANSIONE 80
81 5.3 IMPIANTI DI ESTINZIONE A SCHIUMA FUSTO DI LIQUIDO SCHIUMOGENO (PER BASSA E MEDIA ESPANSIONE) 81
82 6. EFC (EVACUATORI DI FUMO E DI CALORE) Sono dispositivi che asicurano, tramite tiraggio naturale lo smaltimentio dei fumi e dei gas caldi prodotti da un incendio, con i seguenti vantaggi: Mantenimento di una zona libera ed accessibile nella parte inferiore del fabbricato Agevole sfollamento delle persone e minor difficoltà di intervento da parte dei soccorritori Diminuzione del rischio di collasso delle strutture portanti Riduzione dei danni provocati dal fumo, dai gas caldi e da sostanze tossiche e corrosive Dispositivo di apertura individuale automatico (elemento termosensibile tarato a 68 C) ed azionamento a distanza (manuale oppure automatico) Aperture nella parte bassa dei fabbricati, installati, per assicurare l'efficacia del tiraggio pari almeno al doppio della superficie degli 82
83 6. EFC (EVACUATORI DI FUMO E DI CALORE) SCHEMA DI INCENDIO CON IMPIANTO EFC: DUE COMPARTIMENTI ASIMMETRICI OTTENUTI CON UNA CORTINA DI CONTENIMENTO 83
84 I CENTRI DI PERICOLO DEPOSITI LAVORAZIONI AD ALTO RISCHIO Stoccaggio e Movimentazione infiammabili Confezionamento e Imballaggio Asciugamento Verniciatura a spruzzo Macinazione di sostanze combustibili Lavorazione del legno IMPIANTI ELETTRICI ALTRI IMPIANTI TECNOLOGICI Impianti termici Condizionamento Aspirazione Ricarica batterie CENTRI ELABORAZIONE DATI (CED) 84
85 IL CASO DI STUDIO STESURA DI UN PIANO DI RISK MANAGEMENT PER UNA PMI INDUSTRIALE Identificazione dei rischi Valutazione dei rischi Trattamento (prevenzione, ritenzione e assicurazione) 85
86 L AZIENDA Stabilimento per la produzione di componentistica auto in materia plastica non espansa 86
87 CAPITALI DA ASSICURARE Capitali da assicurare con valore a nuovo (EUR) Fabbricato A Fabbricato B Fabbricato C Fabbricato Macchinari e attrezzature Merci Totale
88 DESCRIZIONE DEL RISCHIO (1) Orario di lavoro / security Orario lavorativo suddiviso in 2 turni (6-14; 14-22) Durante l'orario notturno vengono effettuati 3 passaggi di controllo da un istituto di sorveglianza Materia prima Granuli in sacchi stoccati in cataste su pallet in legno Prodotto finito Componenti auto all'interno di scatole di cartone, stoccate su pallet in legno in scaffalature tradizionali fino ad un'altezza di circa 8 metri 88
89 DESCRIZIONE DEL RISCHIO (2) Ciclo produttivo 3 piccole presse (150 t) ad iniezione ad azionamento idraulico (ogni macchina è dotata di un proprio serbatoio di olio idraulico in pressione da 500 l); gli stampi sono unici. Verniciatura a spruzzo in cabina chiusa con utilizzo di vernici rese fluide con solventi aventi punto di infiammabilità < 21 C; nel reparto operano due dipendenti Asciugamento con aria calda, senza utilizzo di olio diatermico (due operai) Imballaggio con pellicola estensibile 89
90 FABBRICATI Caratteristiche costruttive dei fabbricati Fabbricato A Fabbricato B Superficie coperta ed altezza 2000 mq - h = 7 m - uffici: 300 mq (2 piani) - deposito MP: 500 mq cemento armato 1000 mq - h = 10 m Strutture portanti metallo non protetto verticali Strutture portanti del cemento armato metallo non protetto tetto Tamponamenti esterni mattoni pieni lastre di calcestruzzo Pareti interne blocchetti di calcestruzzo --- cm 12 (REI 120) Tetto a shed in cemento piano con lastre in fibrocemento Finestrature in vetro retinato in policarbonato 90
91 PROTEZIONE ANTINCENDIO Estintori presenti: - 4 estintori a polvere da 6 kg negli uffici, 1 nel deposito MP e 3 nel reparto produzione - 2 estintori a polvere da 6 kg nel deposito PF La rete idranti è dedicata all'antincendio ed è chiusa ad anello; la distribuzione degli idranti UNI 45 è proporzionata al rischio, mentre quella degli idranti UNI 70 è insufficiente. E' presente un attacco UNI 100 per i Vigili del Fuoco L'alimentazione idrica è dedicata all'antincendio ed è costituita da una vasca interrata da 100 m3. L'acqua viene immessa in rete da una EP con linea elettrica preferenziale, in grado di fornire 1500 l/min alla pressione di 5 bar Nel magazzino prodotti finiti è installato un impianto di rivelazione di incendio (rivelatori di fumo). La centrale di controllo e allarme è ubicata in apposito locale nella zona uffici, costantemente presidiata nelle ore lavorative Non esiste Squadra Antincendio Aziendale. Il tempo di intervento dei Vigili del Fuoco è di circa 20'. 91
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