La cooperazione per lo sviluppo sociale e economico sostenibile delle comunità locali nei Paesi poveri
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- Luigi Palma
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1 Alberto Majocchi La cooperazione per lo sviluppo sociale e economico sostenibile delle comunità locali nei Paesi poveri Dato che sono del tutto incompetente sul tema oggetto dell incontro odierno, sono probabilmente la persona più adatta per tirare delle conclusioni, nel senso che non cercherò evidentemente di riprendere tutte le osservazioni che sono state fatte e mi limiterò a qualche commento a margine delle molte cose importanti che sono state dette oggi. La prima osservazione riguarda il realismo che giustamente ci ha raccomandato il Ministro Deodato; io l ho apprezzato, perché nella sua posizione bisogna essere realisti. Ma, nella mia posizione, vale il principio opposto e, d altra parte, ho sempre cercato di impostare la mia attività politica al principio caro a Monnet: siate realisti, chiedete l impossibile! E io chiedo l impossibile, come ha fatto Ernesto Bettinelli nella sua relazione. E mi sembra giusto partire da questa considerazione, che riprende un po il tema della cooperazione decentrata. Il Ministro Deodato giustamente ci ha ricordato che, se si vuole andare al dunque, il fatto fondamentale è che non c è molta trippa per i gatti; insomma, non dovete aspettarvi molto perché i soldi non ci sono. Ed è vero. I soldi non ci sono, però c è qualcosa che deve essere spiegato perché sembra difficile da capire: per tutte queste necessità i soldi non ci sono, ma i Paesi dell Europa occidentale, del mondo avanzato diventano sempre più ricchi; ma allora c è qualcosa che non funziona, perché noi siamo sempre più ricchi e siamo sempre meno capaci di rispondere a certe esigenze. Prima ci potevamo garantire le pensioni, un sistema sanitario pubblico, l assistenza e un flusso di aiuti ai paesi in via di sviluppo, oggi che siamo più ricchi non ce lo possiamo permettere. Allora cosa è cambiato? Credo che ci sia un elemento che riporta al tema centrale del nostro discorso: per quanto riguarda la cooperazione, noi siamo stati abituati a pensare che questo è un compito soltanto pubblico, dove il settore pubblico interviene anche sotto forma di erogazione diretta degli aiuti ai Paesi che ne hanno bisogno. Ma in questi anni è cambiato il ruolo del settore pubblico ed è in questa prospettiva che si colloca l esperienza di Ayamé. La gente è più disposta a pagare un contributo diretto per un aiuto umanitario piuttosto che vedere una parte del proprio gettito fiscale destinato ai Paesi del Terzo Mondo. E un fatto. Nel caso di Ayamé, come di molte altre esperienze, c è un rapporto diretto: io pago, io vedo dove vanno a finire i soldi. Mentre c è la sfiducia nel pubblico, l 8 per mille non si sa dove andrà a finire, nessuno può essere sicuro che l 8 per mille andrà davvero a finire dove è stato destinato. In generale, è certamente importante ottenere una maggiore trasparenza da parte dell operatore pubblico al fine di assicurare un collegamento più diretto fra quello che ciascuno può
2 fare e i risultati che si possono ottenere. Ma questo non basta; allora, la prima conclusione che si può trarre è questa: noi dobbiamo chiedere l impossibile alla gente, cioè dobbiamo chiedere alla gente di impegnarsi direttamente in prima persona per la cooperazione. Ma questo non vuol dire che viene meno il ruolo del pubblico, perché noi non possiamo agire se non c è una buona politica di cooperazione italiana. E noi questo l abbiamo sperimentato. La nostra esperienza ad Ayamé funziona perché, grazie alla preziosa collaborazione e all impegno del nostro Ambasciatore Sannella, ci inseriamo in un quadro di iniziative programmate in collaborazione con il Governo di Abidjan, con le Autorità Sanitarie Locali, con le Autorità politiche locali. Il quadro di riferimento è definito con l aiuto del settore pubblico, ma tutto il resto lo facciamo noi. Noi siamo in grado di mobilitare delle risorse, perché chi si impegna ne vede immediatamente il risultato. Credo che questa sia un esperienza importante. E vorrei ricollegarla a un tema più generale, che ha ripreso Ernesto Bettinelli e che vorrei sottolineare in conclusione. Noi siamo abituati a parlare della solidarietà come un dovere, bisogna incominciare a cambiare prospettiva, a rovesciare l impostazione, per parlare delle politiche di solidarietà come un diritto. Bisogna portare avanti questo tipo di ragionamento. Noi viviamo in un mondo globalizzato, si dice sempre che il mondo è diventato un villaggio globale, e poi quale è il messaggio che ci viene dalla politica? Se si parla di politica interna, uno degli obiettivi fondamentali è l obiettivo della mobilità. Si parla dell Italia, si dice che ci sono aree sviluppate e aree meno sviluppate, e le aree meno sviluppate dovrebbero risolvere i loro problemi attraverso la mobilità, in quanto chi non trova lavoro nelle aree meno fortunate dovrebbe spostarsi da queste verso le aree ricche del Paese. In questo modo, in un meccanismo di mercato di tipo liberista, si potrebbero risolvere i problemi dello sviluppo. Bene, se siamo in un villaggio globale, la stessa considerazione vale a livello mondiale. Il principio di fondo deve essere quello della mobilità. Sulla base di considerazioni di pura efficienza - non dico sulla base di un principio morale - e di ottima allocazione delle risorse, per usare un linguaggio da economista, dovremmo impegnarci per favorire la mobilità. Detto questo, e questo vale come principio generale, la mobilità ha dei costi. Allora credo che la cooperazione sia l elemento che rende compatibile questo obiettivo generale della mobilità con la riduzione dei costi legati alla mobilità. Vale a dire: noi dobbiamo da un lato rendere possibile la mobilità, quindi se c è una persona da portare qui per fare educazione, formazione, questo deve essere facilitato al massimo; ma al contempo noi dobbiamo cercare di minimizzare le esigenze obiettive di mobilità, e questo lo si può fare soltanto se noi saremo capaci di trasferire risorse -
3 attraverso le nostre iniziative a livello decentrato e nel quadro di una politica pubblica di aiuti - dai Paesi ricchi ai Paesi più poveri. Questo trasferimento di risorse è motivato da due elementi, come è stato detto giustamente da Ernesto Bettinelli. Il primo elemento è l idea della solidarietà, che è un elemento forte: nel nostro patrimonio genetico, nella nostra cultura c è chiaramente come punto di riferimento l idea della fratellanza. L idea della solidarietà è l idea della fratellanza. Come le risorse vengono redistribuite all interno di un Paese, le risorse devono essere redistribuite su scala mondiale. Io non mi sento ricco se non sono ricchi tutti gli uomini del mondo, io sento la povertà come un mio problema personale. E questo è un atteggiamento etico che noi troviamo largamente diffuso nella nostra società. Ma c è un altro elemento importante, che è rilevante dal punto di vista politico. In politica si ha successo se si riesce a far coincidere l interesse con il dovere, cioè se c è un elemento utilitaristico nelle scelte di solidarietà: E in realtà ce ne sono almeno due. Il primo può essere illustrato facendo riferimento all esperienza del piano Marshall. Quando gli Stati Uniti hanno lanciato il piano Marshall, al fondo c era un fatto di solidarietà verso l Europa. Ma c era anche un fortissimo elemento utilitaristico. Il primo era la politica del containment nei confronti dell Unione Sovietica, il secondo era che queste risorse che venivano in Europa poi tornavano negli Stati Uniti sotto forma di domanda di prodotti americani. Ebbene, una nuova edizione del piano Marshall per i Paesi del Terzo Mondo avrebbe un aspetto utilitaristico sul piano economico, perché queste risorse poi si riversano sulle nostre produzioni. Quindi c è un attivazione di domanda per i nostri prodotti, c è un moltiplicatore, c è un elemento virtuoso. Il secondo elemento è, come sottolineava già Bettinelli, la sicurezza. La politica estera è un elemento fondamentale della politica della sicurezza. Fino a quando ci sono enormi squilibri nel Mediterraneo, ci sono enormi problemi politici che non vengono risolti, ci sono guerre in atto, ci sono tensioni forti, la sicurezza non è garantita. Allora la politica di collaborazione è anche una politica di sicurezza. Entrambi questi elementi sostengono la politica di solidarietà. C è un elemento morale, fortissimo, che è l elemento della fratellanza, che è l elemento che mi spinge a una politica di solidarietà, ma c è un elemento utilitaristico. Questo significa che data la nostra personalità di uomini dell Occidente, nati nella cultura occidentale, con questo patrimonio alle spalle, che sono tutti quei valori indicati nel preambolo della futura Costituzione Europea, allora per noi la solidarietà non è più soltanto un dovere, ma deve essere un diritto. Ma si può forse andare più in là di quello che diceva Ernesto Bettinelli: Credo per esempio che sia un elemento fondamentale l idea del servizio civile europeo obbligatorio, che si deve esercitare in parte nei Paesi del Terzo Mondo. Questo significa che ogni giovane europeo (giovane significa uomo e donna, perché in questo caso vale la parità dei sessi, perché non credo che sia un
4 elemento di uguaglianza il fatto che le donne facciano il soldato, ma che sia un elemento di uguaglianza che le donne facciano il servizio civile) deve, nel corso della sua vita, fare obbligatoriamente un esperienza in un Paese in via di sviluppo; perché questo contribuisce a formare la nostra personalità. Sinceramente devo dire che quando sono andato con Ernesto Bettinelli la prima volta ad Ayamé, mi sono arricchito personalmente, cioè sono ritornato con un diverso patrimonio culturale, e oggi per me è molto più facile fare cooperazione perché sono stato ad Ayamé. Se non ci fossi stato, mi mancherebbe qualcosa. Quindi credo che, se noi entriamo nell ottica dei diritti, il servizio civile europeo che prevede obbligatoriamente una parte svolta nei Paesi del Terzo Mondo, sia un elemento di diritti, non di doveri, ossia sia da inquadrare nell ottica dei diritti. La seconda e ultima considerazione molto rapida riguarda la nostra esperienza con l Ospedale di Ayamé. Sono partito da qui, dal fatto che per noi è facile trovare risorse. C è una grande disponibilità. Il nostro limite non è la capacità di trovare risorse esterne, ma siamo noi che abbiamo dei limiti. Ognuno di noi fa un altra attività, e quindi quello che è difficile è organizzare la disponibilità che esiste. Da questo punto di vista allora credo che l esperienza di cooperazione richieda necessariamente il partenariato pubblico-privato, cioè richiede una nostra iniziativa, ma richiede anche un quadro in cui le nostre iniziative si possano inserire. E l ultima considerazione la vorrei fare approfittando della presenza del Ministro Deodato. La cooperazione, come diceva giustamente Ernesto Bettinelli, è per noi necessariamente un fenomeno bilaterale. Noi non abbiamo mai pensato di poter insegnare nulla. Noi siamo disponibili a dare il nostro contributo a iniziative che sono nate ad Ayamé: E l ospedale di Ayamé che ci presenta le sue esigenze, e a queste esigenze noi cerchiamo di rispondere. Come ho detto, non è difficile rispondere a queste esigenze perché c è un enorme disponibilità. Ma ci sono i limiti della nostra disponibilità, sia in termini di risorse finanziarie, sia in termini di impegno personale. Cosa ci vuole? Noi siamo partiti dal settore sanitario perché Emilio Bertotti ha preso questa iniziativa su cui noi ci siamo potuti innestare. Ma la politica di cooperazione non può essere soltanto limitata alla politica sanitaria. La nostra ambizione è cercare di creare ad Ayamé un esempio di una politica integrata. Così, non è possibile fare una buona politica sanitaria senza una buona politica ambientale; al bordo dell ospedale di Ayamé c è un piccolo torrente fetido, una fogna a cielo aperto, e la nostra pouponnière si affaccia direttamente su questa fogna. E chiaro quindi che bisogna fare di più di un intervento sanitario, è chiaro che bisogna fare iniziative di promozione dello sviluppo economico e sociale di questa area; cioè il progetto di Ayamé deve diventare un progetto che coinvolge non solo l ospedale ma l intera comunità di Ayamé. E dato che il nostro convegno è stato organizzato nell Università di Pavia,
5 vorrei concludere con l auspicio che presto si possa avere il primo giovane di Ayamé laureato nella nostra Università.
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