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1 INSEGNAMENTO DI DIRITTO CIVILE LEZIONE VII L'INADEMPIMENTO PROF. PIETRO GHINASSI

2 Indice 1 L'inadempimento: presupposti e caratteri La mora del debitore Il risarcimento del danno di 10

3 1 L'inadempimento: presupposti e caratteri L art c.c. statuisce che il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, perché in tal caso l obbligazione si estingue. La norma è oggetto di contrasti sia in dottrina che in giurisprudenza. Senza dubbio la norma sanziona l'inadempimento a prescindere dall'indagine circa la colpa o il dolo, specie quando il debitore sia un imprenditore, che assume il relativo rischio economico. Il creditore che agisce per il risarcimento del danno, salvo il caso di obbligazioni negative, deve dare la prova della sua entità nonché del fatto storico dell'inadempimento e non già della sua caratterizzazione psicologica. Spetterà quindi al debitore che intende sottrarsi all'obbligo risarcitorio di offrire la prova liberatoria circa l'impossibilità avvenuta della prestazione derivante causa a lui non imputabile. Questa così, severa regola deve però essere coordinata con altre regole presenti nel codice e soprattutto con quella contenuta all'art.1176 c.c. in tema di diligenza, là dove non si tratta solo di valutare l'esattezza dell'adempimento. Se il debitore è stato diligente e nonostante ciò l'adempimento non sia risultato possibile se ne deve dedurre che non può egli essere tenuto al risarcimento del danno. Si tratta di stabilire quali siano il senso e i limiti rinvio alla diligenza. Essa innanzi tutto va valutata in termini oggettivi, con riguardo al concreto contenuto del rapporto in questione la giurisprudenza, allo sforzo che può essere richiesto in sede di comportamento esecutivo ad un uomo medio c.d. buon padre di famiglia. La dottrina pretende invece uno sforzo superiore a quello medio statistico richiamando l'art. 2 Cost. sulla solidarietà o l art c.c., che avrebbe portata generale. Può discutersi inoltre se possa valutarsi in termini soggettivi la diligenza, in caso specialmente di obblighi di fare, non già in assoluto, ma ogni qualvolta sia stato presente al creditore il grado di attitudine del debitore (ad es. un dipendente o un cantante lirico) ad adempiere esattamente quella data obbligazione. L'inettitudine, che si risolve nell inadempimento o più spesso nel non esatto adempimento, varrebbe in tal caso ad esimere i1 debitore dal risarcimento del danno. Lo sforzo di diligenza interferisce con il problema della imputabilità. Talvolta la prestazione sarebbe possibile, ma a costi, economici, fisici o psichici eccessivi.sarebbe 3 di 10

4 dunque contrario a correttezza e buona fede (artt e 1375) da parte del creditore pretendere egualmente l'adempimento. Si parla al riguardo di inesigibilità della prestazione sussistente in presenza di una giusta causa, meritevole di tutela, che rende scusabile la condotta inadempiente. Ciò vale, in particolare, quando la prestazione consiste in un facere infungibile, come è, di regola, la prestazione di lavoro, in specie autonomo, sussistendo, peraltro, per quello subordinato, una legislazione fortemente protettiva in caso di malattia. Lo sforzo di diligenza incontra il limite del caso fortuito o della forza maggiore, derivante da fatto naturale (terremoto, inondazione) o da fatto dell uomo, come ad esempio il c.d. factum principis, cioè della P.A., purché non imputabile o uno sciopero ovvero ancora un fatto del creditore o di terzi estranei al debitore, se inevitabile. La legge non parla tanto di negligenza quanto di colpevolezza (artt e 1768) (se c'è dolo la negligenza è in re ipsa), ma al fine di non svuotare di ogni significato lo sforzo di diligenza cui è tenuto il debitore e quindi la stessa giuridicità del vincolo, l'art dichiara nullo qualsiasi patto che escluda o limiti preventivamente la responsabilità del debitore per dolo, o., colpa grave, che ad esso è, sul piano giuridico, equiparata. La limitazione può riguardare il grado della colpa (diligenza inferiore al dovuto), l'esclusione della risoluzione o il quantum debeatur, ma non elimina l'onere della prova a carico del debitore. Il patto (anche per l'esonero dalla sola colpa lieve) è nullo quando l'obbligo deriva da norme di ordine pubblico (art c.c.), come nel caso di obblighi sanitari o familiari o di protezione. La clausola di manleva, inserita, ad esempio, nei contratti di appalto, con. la quale si trasferiscono su un terzo gli oneri derivanti dalla responsabilità, è valida purché il terzo abbia un interesse che sorregga causalmente l'assunzione. Come si vede la regola posta dall art c.c., tendenzialmente basata su un criterio di valutazione oggettivo, deve anche coordinarsi (tramite il rinvio alla diligenza operato dall'art. 1176) con altre norme che fanno riferimento alla colpa e al dolo. Non è dunque vero in senso assoluto che il profilo soggettivo del comportamento del debitore sia sempre e comunque irrilevante. La colpa rileva, innanzi tutto, nelle obbligazioni di fare essendo esse intimamente collegate al comportamento del debitore tramite la personalità della prestazione. Essa, è presente anche quando la prestazione si risolve in un obbligo di custodire, anch'esso legato 4 di 10

5 intimamente al criterio della diligenza, ovvero in un obbligo di dare cose determinate, là dove la colpa rileva con riguardo ai vizi della cosa (vedi artt. 1494, 1578), che influiscono sulla esattezza dell'adempimento. Va infine ricordato che secondo l art c.c., salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell adempimento dell obbligazione si vale dell opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro. La logica della regola è chiara: da un lato è il debitore ad affidare a terzi un incarico strumentale all adempimento, dall altro il creditore non ha nessun rapporto con costoro cosicché, attesi i limiti soggettivi del rapporto obbligatorio, non potrebbe, in caso di inadempimento, rivolgersi ai terzi stessi per il risarcimento del danno. La responsabilità è dunque una sorta di garanzia che il debitore assume nei confronti del creditore nel momento in cui decide di non eseguire personalmente la prestazione, ma di avvalersi di terzi estranei. Come risulta chiaro dal confronto tra questa norma e quella dettata dall art c.c. la garanzia a carico del debitore è assai più ampia in materia di responsabilità da inadempimento che non nel caso di responsabilità extracontrattuale, là dove vengono in rilievo solo le persone dei dipendenti legati da un preciso vincolo di subordinazione e non già qualsivoglia terzo incaricato dal debitore. Pertanto se un terzo non dipendente nell'eseguire la prestazione, trasportando ad esempio la cosa dovuta al creditore, cagiona un incidente stradale e non consegna nei termini la cosa stessa, il debitore risponderà dei soli danni causati dall'inadempimento o dal ritardo ma se i terzo era suo dipendente dovrà risarcire in via extracontrattuale anche i danni derivanti dall'incidente. 5 di 10

6 2 La mora del debitore Il tempo in cui la prestazione va eseguita deve essere determinato, pattiziamente o ex art Pertanto al fine di poter considerare inadempiente il debitore è necessario che la prestazione sia esigibile dal punto di vista temporale. A quel momento o la prestazione è divenuta impossibile o comunque inutile per il creditore ovvero essa è ancora possibile e il creditore è ancora interessato. Nella prima ipotesi evidentemente chiederà la risoluzione per inadempimento,se si tratta di contratto a prestazioni corrispettive (art c.c.), ovvero, in ogni caso, il risarcimento del danno. Nella seconda ipotesi, invece, insisterà nel pretendere un adempimento sia pure tardivo, costituendo in mora il debitore (c.d. mora debendi). II debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto (ad probationem) secondo taluni (mora ex persona) (art c.c), che è atto giuridico in senso stretto recettizio, a carattere non personale, onde potrà essere compiuto anche da un rappresentante o da un semplice nuncius del creditore, quale, ad esempio, il suo avvocato. Secondo la giurisprudenza poiché l'atto non è negoziale, la procura potrebbe anche essere orale, ad onta del carattere formale dell atto stesso, non trovando applicazione l art c.c. per il tramite dell'art c.c. Poiché l'adempimento è atto di ordinaria amministrazione che l'inabilitato può compiere da solo, l'intimazione non deve essere, ai fini della messa in mora, portata a conoscenza anche del curatore speciale. La costituzione in mora non è richiesta (mora ex re) art c.c. quando il debito deriva da fatto illecito. Una dottrina ritiene che l illecito possa essere anche quello contrattuale, ma con ciò si verrebbe a dire che una costituzione in mora non è mai necessaria pur in presenza di una prestazione ancora possibile ed allora la regola di cui al primo comma non avrebbe più senso. Deve dunque limitarsi il richiamo della norma all'illecito extracontrattuale; quando il debitore ha dichiarato per iscritto al creditore di non volere eseguire l obbligazione. Si tratta di una dichiarazione di scienza o dì un atto in senso stretto; quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore (obbligazione portable). Se il termine è scade dopo la morte del debitore, il creditore deve invece costituire 6 di 10

7 in mora gli eredi, ma gli effetti della morosità decorreranno a partire dal nono giorno successivo; nel caso di obbligazioni di non fare,laddove ogni fatto compiuto in violazione dell'obbligo assunto costituisce di per sé inadempimento (art c.c.); nei contratti di subfornitura (art. 3 L. 98/192). nei contratti tra imprese con consegna merci o prestazione di servizi, per gli interessi moratori (art. 4, D. Leg. 02/231). L atto di costituzione in mora determina diversi effetti. Innanzi tutto il debitore deve risarcire il danno in secondo luogo il debitore che è in mora non è liberato per la sopravvenuta impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, se non prova che l'oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore (art c.c.), salvo naturalmente che l impossibilità non sia imputabile al creditore. Il terzo luogo l atto di costituzione in mora vale ad interrompere la prescrizione (art c.c.). il debitore non può essere considerato in mora se tempestivamente ha fatto offerta della prestazione dovuta, pur senza osservare la forme stabilite dagli artt. 1208, 1209 c.c. in materia di mora del creditore, a meno che il creditore stesso l abbia rifiutata per un motivo legittimo. 7 di 10

8 3 Il risarcimento del danno Il diritto al risarcimento presuppone l effettiva esistenza del danno e si atteggia diversamente a seconda che sia configurabile un illecito in senso stretto c.d. aquiliano o extracontrattuale, ex art. 2043c.c. ovvero un inadempimento ex art c.c. Nel primo caso il problema che si pone è essenzialmente quello della c.d reintegrazione o restitutio in pristznum, che si risolve innanzi tutto, il danno prodotto è permanente, nell'evitare che le conseguenze dannose già prodottesi continuino a prodursi anche per il futuro: cosí, ad esempio, in, caso di lesione del diritto all onore si procederà alla distruzione dell'opera diffamatoria; in caso di lesione del diritto di proprietà il ladro sarà tenuto alla restituzione della cosa. Si dovranno poi eliminare i danni già prodotti. ciò avviene o mediante un risarcimento in forma specifica, secondo quanto previsto dall art c.c, ad esempio con il trasferimento in proprietà al danneggiato di una cosa uguale a quella andata distrutta oppure, se tale tipo di risarcimento è in tutto o in parte impossibile o eccessivamente oneroso per il danneggiante (art. 2058), mediante un risarcimento per equivalente, con corresponsione di una somma di denaro. Nasce così un diritto di credito, strumentale alla reintegrazione del diritto assoluto. In caso di inadempimento, il creditore può, innanzitutto, mettere in mora il debitore ed accettare un adempimento tardivo ovvero, in difetto, conseguire coattivamente la prestazione: in entrambi i casi egli ha diritto al risarcimento dei danni subiti per il ritardo. Se non vuole o non può conseguire tardivamente la prestazione, i1 risarcimento dei danni riguarderà invece il valore della prestazione non conseguita. La realizzazione coattiva del diritto avviene attraverso una complessa procedura (esecuzione forzata). L'eliminazione dei danni prodotti si attua, invece, mediante l'obbligo risarcitorio, secondario e strumentale rispetto a quello leso, che è primario è finale. Esso ha come contenuto il pagamento di una somma di denaro, mentre è discutibile il risarcimento in forma specifica. Non già però per - ché espressamente previsto all'art c.c. per l'illecito civile (l art non dispone infatti alcunché sulle modalità risarcitorie, che devono quindi individuarsi altrove ed in particolare, appunto, nell'art c.c.), quanto perché esso interferisce con l'esecuzione in forma specifica. I danni risarcibili sono solo quelli legati da un nesso di causalità adeguata, o di regolarità causale, con l'illecito così se un produttore riceve in ritardo un cospicuo pagamento per la 8 di 10

9 merce venduta ad un cliente, potrà chiedere il risarcimento del c'anno derivante dall'aver dovuto ricorrere al fido bancario, ma non quelli conseguenti all'eventuale fallimento o al non aver potuto potenziare la produzione costruendo un nuovo opificio. Dal punto di vista oggettivo, l'art statuisce che il risarcimento deve comprendere così la perdita subita dal creditore, in specie per le spese sopportate (danno emergente), come il mancato guadagno (lucro cessante), in quanto siano conseguenza immediata e diretta dell'illecito (c.d. nesso di causalità). In verità, ove sussista la causalità adeguata; o regolarità causale chiederà si voglia, si finisce per risarcire anche conseguenze mediate e indirette dell'illecito. Se poi il danneggiato non è in grado di dare la prova del preciso ammontare del danno, esso è liquidato dal giudice, anche d ufficio con valutazione equitativa art c.c. L impossibilità della prova va intesa in senso relativo, con riferimento agli ordinari mezzi processuali utilizzati diligentemente e dunque è impossibile anche la prova che potrebbe essere prodotta solo a costo di affrontare grandi difficoltà. Va infine precisato che il risarcimento del danno presuppone un illecito e quindi nulla ha a che vedere con il pagamento di indennità nei casi previsti dalla legge. La linea di confine tra responsabilità contrattuale e aquiliana non si ritiene più marcata come un tempo. Si ammettono rapporti obbligatori da cui nascono ex art obblighi accessori c.d. di protezione, non specificamente contemplati, posti a garanzia della persona o del suo patrimonio, cioè di beni tutelati di regola in via extracontrattuale ed egualmente è a dirsi per la responsabilità da contatto sociale del medico ospedaliero, configurabile alla stregua di una obbligazione senza prestazione. Per contro si parla di lesione del credito ad opera di terzi, dunque in via extracontrattuale, benché l'interesse leso sia contrattuale ed egualmente è a dirsi per la lesione della libertà contrattuale conseguente a false informazioni che inducono a contrarre (lettera di patronage, prospetto informativo infedele, informazioni bancarie erronee), anche se in tal caso potrebbe in verità parlarsi di responsabilità precontrattuale. La distinzione si fonda quindi non già sulla natura dell'interesse leso, ma sull'esistenza o meno di una pregressa relazione tra i soggetti e quindi di un programma specifico di comportamento: la responsabilità contrattuale si modella sul programma (di qui il limite della prevedibilità del danno, salvo dolo), mentre quella aquiliana tutela non già le aspettative per l'adempimento, ma lo status quo ante l'illecito, ripristinandolo con l'eliminazione dei danni, anche imprevedibili. Peraltro là dove l'inadempimento determina la lesione anche dell'integrità fisica o del 9 di 10

10 patrimonio del debitore si ammette il cumulo delle responsabilità, del vettore (art. 1681c.c.), del datore di lavoro (art c.c.). Il danneggiato può così scegliere con quale azione agire i. i Cfr. F. Gazzoni, Obbligazioni e contratti, Edizioni scientifiche Italiane. Napoli 2003, pp. 621 e ss. 10 di 10

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