ESTETICA, SALVAGUARDIA E SVILUPPO DEL TERRITORIO RIFLESSIONI PER UN NUOVO APPROCCIO URBANISTICO

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1 ESTETICA, SALVAGUARDIA E SVILUPPO DEL TERRITORIO RIFLESSIONI PER UN NUOVO APPROCCIO URBANISTICO 9 marzo 2015 Sala della Protomoteca del Palazzo Senatorio (Campidoglio) Avvocatura Capitolina L URBANISTICA PER ACCORDI NELLA NUOVA PROSPETTIVA DELLA PIANIFICAZIONE. PAOLO URBANI Mai come in questo momento storico stiamo assistendo ad un rovesciamento dei modi di formazione delle scelte urbanistiche che per anni hanno avuto al centro la tutela della proprietà subordinando molto spesso gli interessi pubblici della collettività all interesse proprietario. Quando mai in anni passati abbiamo sentito parlare nel dibattito tra giuristi ed anche urbanisti di città pubblica? Oggi nei processi di conformazione dei suoli le amministrazioni locali tendono a mettere al primo posto il modello di sviluppo della collettività rappresentata e solo dopo si pone il problema del riconoscimento delle esigenze di trasformazione della proprietà privata.

2 Questo rivolgimento silenzioso è dovuto a diversi fattori: a) all opera degli urbanisti che si sono liberati delle pastoie della zonizzazione; b) all azione delle regioni che hanno introdotto modalità di pianificazione innovativa (perequazione, compensazione concorrenza); c) alla giurisprudenza amministrativa che ha finalmente interpretato quella funzione sociale della proprietà dell art.42 cost che dalla sent. 55/68 della Corte cost. sui vincoli urbanistici, era stata relegata ai margini delle finalità della pianificazione e che, con numerose sentenze, ha avallato i nuovi contenuti delle scelte pubblicistiche di piano; d) all elezione diretta dei sindaci che hanno posto al centro della loro azione le politiche urbanistiche della città; e) alla crisi dell edilizia che, tuttavia, ancora oggi consuma 130 ettari al giorno del territorio italiano; f) all emergere di una tendenza sempre più forte verso la sostenibilità ambientale e la riduzione del consumo di suolo a favore della rigenerazione urbana. Fino alla fine del secolo scorso questa torsione della disciplina era assolutamente impensabile mentre oggi si aprono scenari nuovi che soprattutto nelle aree urbane dovrebbero portare ad una riconsiderazione della qualità dei luoghi di vita e di lavoro, di modernizzazione, di riqualificazione e miglioramento degli spazi pubblici, della mobilità, dell accessibilità. Il piano regolatore è diventato il luogo della sperimentazione di nuove modalità di formazione delle scelte pubbliche, un contenitore nel quale adattare un ampio 2

3 menù di strumenti conformativi diretti soprattutto all attuazione ed alla gestione del territorio comunale. Il superamento della zonizzazione in funzione di una lettura del territorio (tra le tante CdS IV n.2710/2010) che parta in primo luogo dalla città pubblica, specialmente dalla carenza di servizi e spazi pubblici, permette di non ragionare più in funzione dell edificabilità dei suoli, della loro vocazione edificatoria, della rendita edilizia o fondiaria ma di favorire da un lato una ricostruzione del costruito degradato o obsoleto, e dall altro di rendere compartecipi di tale scelte gli interessi privati destinatari delle prescrizioni urbanistiche. E qui si innesta uno dei temi più attuali, quello cioè del rapporto pubblico/privato nel farsi delle scelte di pianificazione dell uso dei suoli. Io credo che quella di oggi sia l occasione per fare il punto sul perché dopo anni d incertezze dottrinali ed anche giurisprudenziali l urbanistica per accordi si stia affermando in modo così dirompente non solo nel panorama delle esperienze di moltissimi piani regolatori ma anche nelle recenti disposizioni della l.164/2014 detto sblocca cantieri che ha modificato a mio avviso in modo dirompente non tanto la disciplina dei titoli abilitativi edilizi quanto la disciplina urbanistica. Badate, non per esaminare se sia legittimo il ricorso agli accordi di cui all art.11 della l.241/90 su cui oggi sia la Cassazione sia il Consiglio di stato (qui penso alle sentenze sul PRG di Roma) ne hanno affermato la piena legittimazione e l equiparazione (almeno per gli accordi sostituitivi) con le tradizionali convenzioni urbanistiche dell art.28 della LU riconoscendo la possibilità di ricorrere a moduli privatistici per il perseguimento del pubblico interesse ma delle 3

4 ragioni più profonde che riguardano più da vicino la crisi della pianificazione urbanistica in Italia. In particolare della crisi dell urbanistica autoritativa verso un urbanistica consensuale ed in molti casi solidale. 1 Le ragioni come è noto risiedono nelle esigenze di riconvertire, riqualificare, rinnovare intere parti di città più che ragionare ancora in termini di espansione di nuove mere urbanizzazioni. In questi casi le attività di pianificazione ovvero le scelte di conformazione dei suoli da ripensare non possono prescindere dall apporto del privato non solo per concordare il mix delle volumetrie ammesse ma anche e soprattutto per migliorare i luoghi di vita e di lavoro: in altre parole migliorare o addirittura creare ex novo le dotazioni territoriali nelle aree interessate. Si tratta di quelle parti del territorio di cui l amministrazione intuisce la possibile trasformazione ma non dispone di elementi certi circa l investimento dei privati, ovvero della domanda e quindi appone prescrizioni conformative del territorio poiché l offerta urbanistica può non rispondere agli interessi della società e del mercato. E queste aree riguardano oggi sia quelle dismesse i vuoti urbani sia le aree urbane degradate da riconvertire e riqualificare. Non è un caso che fin dal 1994 è stato introdotto nell ordinamento urbanistico il programma integrato d intervento ad iniziativa privata, il cui contenuto è il frutto dell accordo con gli interessi privati al fine della migliore utilizzazione edificatoria in termini di funzioni e di servizi (cui si ispirano IPRINT del prg di Roma). 1 Rinvio a P.Urbani, Dell urbanistica consensuale in RGU 2005, p.223.pianificare per accordi in RGE 6/2005. Urbanistica solidale Bollati Boringhieri

5 E in questa ottica va inquadrato, in molte regioni, lo sdoppiamento del piano regolatore attraverso l introduzione del piano strutturale, che seleziona gli ambiti di trasformazione o di riqualificazione, per i quali detta prescrizioni conformative del territorio che non sono altro che l indicazione delle condizioni di trasformabilità ammettendo una mixitè delle funzioni che meglio possono rispondere agli interessi privati ma anche all intera collettività rappresentata, ed il successivo piano operativo, che attraverso i piani negoziati e solo nel momento in cui si manifestano gli interessi determina il contenuto di questi in stretta sintonia con gli interessi imprenditoriali e sociali, scambiando questa disponibilità all accordo pubblico/privato con l impegno dei privati a garantire opere di pubblica utilità extra oneri. E questo scambio non può che essere oggetto di un accordo amministrativo, meglio di un accordo sostitutivo di provvedimento, nel quale le parti concordano le prescrizioni conformative della proprietà. Dopo anni di interpretazioni formalistiche, che hanno frenato l uso di questi strumenti, circa l inapplicabilità dell art.11 della l241/90 per i limiti di cui all art.13 2 sembra invece che l accordo procedimentale e l accordo sostitutivo di provvedimento siano stati pensati soprattutto per l urbanistica! 2 Che prevede che le disposizioni contenute nel capo III non si applicano agli atti di pianificazione per le quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione. In realtà, quella norma non istituisce alcun divieto ma si limita ad escludere che l amministrazione sia tenuta a garantire la partecipazione del capo III, ma nulla vieta che questa possa procedere a garantirla e se del caso, anche attraverso accordi urbanistici. 5

6 Si è detto comunque che l accordo non può determinare nulla di diverso dal contenuto del provvedimento. Ma anche su questo occorre fare chiarezza e riferirsi al concetto di prescrizione urbanistica e collocarla nell ambito dei nuovi processi di formazione delle scelte urbanistiche di piano. La tesi, assolutamente condivisibile, che con l accordo non sia possibile ottenere nulla di diverso dal provvedimento (Travi), pecca però di formalismo poiché in molti casi la prescrizione conformativa del territorio relativa alle aree di trasformazione non assume quei caratteri di rigidità che riducono l accordo ad una mera attuazione delle prescrizioni urbanistiche, ma comporta più alternative, maggiore flessibilità quindi rispetto alle diverse opzioni che sono previste dal piano urbanistico, cui possono ricorrere i privati nel determinare definitivamente l assetto ordinato di quel territorio. L amministrazione cioè, a fini dell economia di risultato, si autovincola riducendo al minimo le cosiddette invarianti della trasformazione, rendendosi invece disponibile a contrattare il mix delle funzioni insediative previste in rapporto alla dotazione delle infrastrutture urbane. Cosicchè è ben vero che con l accordo non posso prevedere nulla di diverso di quello che possa ottenere col provvedimento, ma in questo modo il contenuto dell accordo è perfettamente conforme provvedimento. In altre parole, il contenuto del provvedimento è multipurpose. Ed è per questo che ricorro all accordo perché in luogo di un provvedimento unilaterale l amministrazione ricorre all intesa tra le parti. Nella casistica delle esperienze di pianificazione si è posto il problema della compatibilità degli accordi procedimentali e degli accordi sostitutivi di provvedimento di cui all art.11 dela l.241/90 e si è parlato più semplicemente di 6

7 accordi a monte dele scelte di pianificazione generale e di accordi a valle delle prescrizioni fissate dal piano urbanistico. Nel primo caso, quanti comuni nel farsi delle scelte di piano prevedono la partecipazione degli interessi privati ai fini della formazione del contenuto discrezionale del provvedimento. (in Emilia è cosi nella stragrande maggioranza dei comuni). Nel secondo caso superati i limiti che restringevano l uso dell istituto ai soli casi previsti per legge il ricorso all accordo sostitutivo di provvedimento nel passaggio dalle prescrizioni conformative del territorio a quelle conformative della proprietà per determinare l assetto definitivo dei suoli, si va affermando anche nella legislazione più recente. Alludo alla formazione dei piani attuativi negoziati a contenuto plurimo e non piu settoriale, ma anche alla licenza in deroga del vecchio art 41 quater della LU oggi art 14 del Tu che ha assunto contenuti che riguardano anche l edilizia privata e non solo le opere pubbliche o d interesse pubblico (vedi art.5 l.106/2011), per non parlare della recente introduzione del pdc convenzionato (l.164/2014) che permette di contrattare l assetto definitivo dei suoli con il titolare del permesso di costruire al fine di soddisfare l esigenze di urbanizzazione delle aree interessate. Quale distanza abbissale rispetto alla logica consolidata nella quale la pa nel rilascio del provvedimento abilitativo verifica solo la conformità del progetto edilizio alle norme del piano senza poter introdurre alcuna integrazione in termini di opere di urbanizzazione o della mixitè delle destinazioni d uso. Oggi a guardar bene la pianificazione attuativa è tutta negoziata sia che si sia di fronte all attuazione di un comparto, sia che si sia di fronte alla compensazione edilizia in caso di cessione volontaria di aree per la collettività, sia che si contratti 7

8 con il privato in un ottica solidale o mutualistica la realizzazione di opere di mecenatismo o di extraoneri per la città pubblica, sia che si prevedano nel piano forme di premialità da assegnare secondo il principio di concorrenza. Come ripeto continuamente ai miei studenti meno piano e più contratto, dal piano al contratto senza che questo debba evocare scenari collusivi o concussivi poiché basta che l amministrazione agisca con trasparenza e favorisca la partecipazione dei cittadini alle scelte pubbliche, anche attraverso l uso del principio di concorrenza. Certo sarebbe utile una disciplina specifica degli accordi urbanistici come accade in Germania che legittimi al di la di quanto previsto dall art.11 della l.241/90 l uso del contratto nell attuazione delle scelte urbanistiche. Come affermava un grande giurista, Mario Nigro: il potere e` sempre negoziabile, sempre negoziabile, e non c e` potere piu` negoziabile di quello della pianificazione del territorio. D'altronde, superata la visione ristretta, e sconfessata dal Consiglio di Stato, che l urbanistica si debba ridurre all ordinato assetto del territorio in senso edificatorio, poiché questa deve in primo luogo soddisfare gli interessi della collettività, il passaggio ulteriore che sta avvenendo in molti piani regolatori in Italia è quello della distinzione tra piano statico e piano dinamico (ne è prova il caso del PRG di Roma nei PRINT) ove in luogo della prescrizione autoritativa questa si presta ad arricchirsi di diversi contenuti in rapporto all iniziativa dei privati che solidarmente vogliano fare gli interessi della città. Torna la cultura del dono che ha permesso alle nostre città medievali di arricchirsi di palazzi splendidi, di grandi piazze, di edifici pubblici una volta donati dal mecenate, dal Signore, oggi prospettati dal ruolo delle amministrazioni locali che chiamano gli interessi privati a rendersi compartecipi della città pubblica e svolgono la 8

9 funzione di garanti delle opere di mecenatismo. E qui permettetemi di richiamare le intuizioni di E.Salzano che vent anni fa scrisse, Urbanistica e società opulenta. Qui va colta una particolarità dell urbanistica per accordi poiché mentre nel caso del fenomeno espropriativo in caso di cessione volontaria (art.45 TU 327/2001) la mancata adesione del privato all accordo sostitutivo di provvedimento non impedisce comunque alla pa di procedere all acquisizione dell area mediante il decreto di esproprio, nel caso del piano negoziato senza la disponibilità del privato e quindi del suo consenso gli obiettivi della scelta di pianificazione non si raggiungono. Pensiamo ai comparti perequativi, ai programmi complessi oggi a Roma ai PRINT. E poiché il consenso è legittimazione del potere il raggiungimento dell accordo costituisce un successo per la pa poiché molto spesso nella fissazione delle prescrizioni definitive il privato s impegna a realizzare opere di urbanizzazione secondaria che l amministrazione non avrebbe potuto garantire. E certo qui si pone il tema caro ai politologi dello scambio leale in luogo dello scambio ineguale o sleale (e questo può valere sia per la pa che per il privato) che in termini giuridici rimanda alla questione degli extraoneri imposti dall amministrazione o della effettiva soddisfazione dell interesse pubblico, della legittimità dello scambio in rapporto al principio di legalità, della proporzionalità etc. ma è certo un punto che non dobbiamo sottovalutare. La giurisprudenza amministrativa in questi casi è più avanti della dottrina nell avallare le previsioni attuative negoziate di molti prg. Ma oggi, anche se in modo ancora insufficiente ed affrettato, abbiamo la copertura legislativa di questi processi di scambio solidale con l introduzione dell emendamento Morassut all art.17 della l.164/2014 che prevede che nella pianificazione negoziata si proceda alla 9

10 valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d'uso. Tale maggior valore,calcolato dall'amministrazione comunale, e' suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata ed e' erogato da quest'ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l'interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto in cui ricade l'intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilita', edilizia residenziale sociale od opere pubbliche. Occorre però che sia chiaro un punto: nel sistema ormai articolato delle scelte urbanistiche di riconversione e riqualificazione di aree degradate e realizzate in passato in carenza di servizi reali o alla persona (le famose zone B ad esecuzione diretta), il tema introdotto dalla l.10/77 non è più quello di considerare gli standards urbanistici al servizio dell edificabilità delle aree, ma proprio l opposto quello cioè che l edificabilità è al servizio del soddisfacimento delle dotazioni territoriali il cui peso varia proprio in rapporto alla carenza di questi nelle aree da riconvertire. Ne consegue che pur riconoscendo al privato lo jus aedificandi questo può essere speso solo e comunque se vengono soddisfatti gli interessi pubblici connessi alla urbanizzazione o riqualificazione dell area interessata. Basti pensare ai casi di compensazione urbanistica nell ambito dei prg perequati o alle opere di uu secondaria non strettamente connesse con l intervento edilizio. E d altronde superata la zonizzazione rigida (su cui il CDS sez IV nella sent.2710/2012 si è espresso in modo inequivocabile) e procedendo per ambiti varia inevitabilmente il rapprto tra servizi e volumetrie riconosciute. Vi è cioè un altra lettura del territorio che pone al centro le dotazioni territoriali, 10

11 l ambiente, la mobilità e solo in ultima analisi il riconoscimento delle esigenze della proprietà. Una prospettiva di questo genere pone il problema di un amministrazione servente ovvero di una amministrazione che favorisca la concertazione e metta in grado il privato di presentare le proprie proposte e dall altro che la PA possa valutarle adeguatamente. Se prendiamo il caso dei PRINT previsti e perimetrati dal nuovo PRG di Roma approvato nel 2008 che prevede meccanismi complessi di premialità edificatoria assegnata ai proprietari, a condizione che una percentuale sia riassegnata alla PA che la utilizza per altre finalità edificatorie, o altrimenti che tale premialità comporti la corresponsione di un contributo straordinario alla PA. Non vi è chi non veda che il modello sommariamente delineato comporta una serie di fasi assai complicata quali: identificazione dei proprietari, loro disponibilità a procedere di concerto alla redazione del PRIN, fissazione dei contenuti del programma urbanistico, previsione della possibilità di ospitare a compensazione diritti edificatori di altri proprietari esterni che vantano la possibilità di far atterrare tali diritti riconosciuti a seguito dell apposizione di vincoli ambientali sulle loro aree con altro provvedimento di piano (cosiddetto piano delle certezze 2003), previsione delle aree da cedere a standards, trasferimento diritti edificatori in altre aree del PRIN, stipula delle convenzioni relative alla realizzazione a scomputo delle oo.uu. etc. 11

12 Ci vuole una nuova cultura dell amministrazione che io chiamo accompagnamento ovvero di un amministrazione che faciliti ed aiuti il privato in breve direi uno sportello dell urbanistica negoziata. 3 In spagna i prg sono divisi in quadranti e per ognuno di essi si prevede un gruppo amministrativo e tecnico della pa che dialoga costantemente con gli interlocutori privati. Si tratta, per concludere, di una nuova prospettiva culturale che coinvolge sia il potere pubblico, garante dell interesse pubblico, sia gli urbanisti e i giuristi che superate le angustie della vecchia pianificazione, si misurano con le nuove tecniche di pianificazione più inclini a soddisfare gli interessi della collettività insediata che le richieste della proprietà privata. La strada è indicata, si tratta ora di percorrerla speditamente ed adeguare, specie le grandi città, alla modernizzazione delle città europee. 3 Rinvio sul punto a P.Urbani Modeste proposte per favorire l attuazione delle previsioni urbanistiche negoziate e superare i fenomeni di concussione/corruzione nella PA in materia di pianificazione urbanistica. in RGE 2012 n.1, p.29 12

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