Servire Lc 22, grande. sono chiamati benefattori. 26 Voi però non così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi

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1 1 Servire Lc 22, E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. 25 Egli disse: I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. 26 Voi però non così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come COLUI CHE SERVE. 27 Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o CHI SERVE? Non è forse colui che sta a tavola? Io invece in mezzo a voi sono come COLUI CHE SERVE. Introduzione La parola che ci guiderà questa mattina nella lettura della Scrittura è servire, un tema centrale all interno dei versetti appena letti, come mostrano tra l altro le tre ricorrenze del vb. servire (diakone,w), nei vv Che la questione del servire stesse particolarmente a cuore alla comunità delle origini ce lo mostra l esistenza di diverse tradizioni riguardanti questo insegnamento, presente in tutti i quattro vangeli, con qualche significativa differenza. Mentre in Mc 9,33-37 o 10,42-45; così come in Mt 20,25-28, la controversia tra i discepoli su chi fosse il più grande e il seguente detto di Gesù viene collocato lungo il cammino verso Gerusalemme, al contrario Lc lo inserisce nel contesto dell ultima cena. In questa collocazione, è ravvisabile un affinità tra questo testo e il racconto di Gv 13,1-20, dove ancora una volta la questione del servizio come stile di vita dei discepoli, occupa il posto centrale della cena, sostituendo addirittura l istituzione dell eucaristia attraverso il gesto di Gesù che si china a lavare i piedi ai suoi, indicando una via da percorrere per il discepolo (v. 15 come ho fatto io così fate anche voi ). Il contesto e la contesa Il contesto è dunque significativo: siamo nell ultima cena, appena dopo il racconto dell istituzione dell eucaristia, gesto con il quale Gesù si dona totalmente e definitivamente ai suoi. Questo è il mio corpo (Tou/to,) (v. 19) non si riferisce semplicemente al pane spezzato (cf. gr. a;rtoj masch.), ma a tutto il gesto compiuto da Gesù: un pane preso, spezzato, offerto e mangiato. Tutto questo è il dono che Gesù fa di sé, un dono non scontato né subito da Gesù: Luca ricorda il desiderio che Gesù ha di donarsi ai suoi: Ho tanto desiderato mangiare questa pasqua con voi (v. 14). Questo dono desiderato non è destinato ad una comunità di perfetti: è quanto ci ricorda la menzione del tradimento nei vv , appena precedenti a quelli letti. Gesù annuncia che qualcuno lo consegnerà e volutamente Luca non fa menzione di Giuda, quasi a dire che chiunque partecipa al banchetto eucaristico, chiunque partecipa a questo dono che Gesù fa di sé, può essere potenzialmente colui che consegna il maestro, che lo tradisce. Ma Gesù non si sottrae: si dona ad una comunità che lo tradisce e lo abbandona (subito dopo è menzionato il rinnegamento di Pietro vv ).

2 2 Su questo sfondo suona ancora più paradossale e quasi assurdo la presenza di questa discussione: i discepoli sembrano lontani anni luce dalla realtà di ciò che hanno davanti, così: nacque tra loro anche una discussione (v. 24). Per indicare la discussione/contesa si impiega un termine particolare (hapax nel NT), filoneiki,a che significa amore per la vittoria. Il termine ci consente di aprire lo sguardo su ciò che sta dietro all atteggiamento dei discepoli: non si tratta di una semplice discussione, ma di una vera e propria contesa, una competizione animata dal desiderio di prevalere sull altro, dalla volontà di vincere mostrando la propria ragione, il proprio vantaggio sul fratello. Questo sullo sfondo del dono che Gesù fa di sé, sullo sfondo di una mitezza e di una gratuità che ha il potere per contrasto di svelare il segreto dei cuori, portandone alla luce le contraddizioni 1. Questo l oggetto della contesa: chi di loro fosse da considerare il più grande che tradotto più alla lettera sarebbe: chi di loro sembra essere più grande (v. 24). La questione su cui si vuole vincere rispetto all altro è sembrare più grande (diverso ad es. da 9,46 dove la disputa era su chi fosse il più grande - ti,j a'n ei;h); tutto ruota attorno alla percezione esterna di una grandezza presupposta. Questo l oggetto della contesa, di questo amore per la vittoria che porta a schiacciare l altro misurando il più o meno di una grandezza percepita, che consente di ordinare tutto secondo una scala di apparenza. Ancora il contrasto con la realtà di un Gesù che si dona non può essere più stridente. Così Gesù coglie l occasione e prende le mosse dai fatti, dalla constatazione di una realtà e dall andamento delle relazioni di potere: I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori (v. 25). Il parallelo di Marco (10,42) si ferma alla constatazione che esistono dei capi che dominano e che esercitano il potere sulle nazioni, non così Luca che aggiunge un particolare significativo sui potenti: essi si fanno chiamare benefattori (kalou/ntai medio). Ciò che Gesù mette in questione non è che ci sia un re, ciò su cui si pone l attenzione non è semplicemente il fatto che i re possano governare, ma piuttosto la modalità con cui questa autorità viene utilizzata. L autorità è usata per farsi chiamare benefattori (euverge,tai kalou/ntai), cioè coloro che operano il bene. L atto di chiamare è significativo: significa riconoscere la persona come qualcuno, come dotata di certe caratteristiche. Nominare qualcuno in un certo modo ha a che vedere simbolicamente con il riconoscimento della sua identità davanti a tutti. Usare il potere per farsi chiamare coloro che operano il bene, cioè per avere un riconoscimento. Strana inversione rispetto a Mt 5,9: Beati coloro che operano/fanno la pace (gli operatori di pace eivrhnopoioi,): saranno chiamati (klhqh,sontai) figli di Dio. Il fare non è oggetto di un pubblico riconoscimento; saranno chiamati figli: cioè riconosciuti non come coloro che fanno qualcosa di buono, ma come figli Riflessione L amore della vittoria: faccio le cose per vincere, per prevalere sull altro la discussione per avere ragione il dialogo come via di vittoria sull altro 1 Cf. S. FAUSTI, Una comunità legge il Vangelo di Luca.

3 3 Il piano del sembrare quale la nostra percezione della realtà? Quale il peso di questo sembrare? Quanto pesa il sembrare nelle nostre relazioni? L inserimento delle persone su una scala di valori, dal più al meno non ci sono differenze, ma semplicemente chi è più in alto o chi è più in basso Uso dell autorità, di una posizione di responsabilità per essere riconosciuti come coloro che fanno del bene i benefattori Un nuovo ordine nelle cose Con il v. 26 Gesù pone una frattura netta: Voi però non così. Ciò che accade nei sistemi di potere più o meno grandi, ciò che caratterizza in maniera tipica le posizioni di responsabilità e l esercizio di questa responsabilità, non dovrà contrassegnare le relazioni tra coloro che si dicono di Cristo, tra coloro che mangiano con lui, cioè che sono in comunione con lui e vivono del suo dono. Chi tra voi è più grande, diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve (v. 26). Gesù non contesta che nella comunità ci siano posizioni di responsabilità e autorità, quanto piuttosto contesta radicalmente il loro uso per il proprio tornaconto personale, l uso dell autorità per aumentare (sembrare più grande) la propria reputazione. A differenza di Mc che vede nel servizio la via della grandezza, Luca si rivolge a coloro che hanno posizioni di responsabilità, a coloro che per così dire sono già grandi per esortarli ad un capovolgimento di prospettiva. Non guardarsi gli uni gli altri per vedere chi sembra il più grande con una competizione che porta solo a guardare se stessi e gli altri in relazione a me, quanto piuttosto invertire la rotta. Questa inversione, questo processo da compiere è implicato nel divenire (gi,nomai) di cui Gesù fa menzione, che implica una trasformazione in atto, un cambiamento. La posizione di responsabilità non è il punto di arrivo, ma il punto di partenza per il cambiamento possibile. Questo cambiamento è descritto come un inversione: dal più grande al più giovane, da chi governa a chi serve. I commentatori sottolineano l idea del giovane come di colui che nella società del tempo e nella gerarchia della prima comunità cristiana era relegato ai servizi più umili. Si tratterebbe dunque di una doppia sottolineatura della dimensione del servizio; ma possiamo fare altre sottolineature che ci aiutino a comprendere il significato delle immagini. Il giovane nella BH, ma anche nella prima comunità cristiana (cf. 1Pt 5,5) è colui che non ha autorevolezza sufficiente (cf. Ger: non so parlare perché sono giovane ): la richiesta di Gesù di diventare da più grande il più giovane evidentemente rovescia il concetto comune di autorevolezza: il grande trova la sua autorevolezza nella misura in cui diventa piccolo. In Lc 9,46-48 la prima discussione su chi fosse il più grande è risolta da Gesù mettendo in mezzo un bambino e ricordando: Chi accoglierà questo bambino nel mio nome accoglie me Chi è il più piccolo tra voi questi è grande. Il piccolo, il più giovane è colui che per la sua piccolezza chiede di essere accolto e si lascia accogliere dall altro, colui che ha bisogno di questa accoglienza. Accanto al giovane, il servo: egli è colui che dipende da qualcuno, ed è legato a questo da un vincolo di fedeltà, la quale si esprime nell attesa; così ad es. in Lc 12,37, dove il servo attende sveglio il ritorno del padrone. Il servizio, diakonia, può essere manifestazione di gratitudine per un dono ricevuto (cf. Lc 4,39, la suocera di Pietro). Il servo è legato alla relazione con qualcuno, è come il giovane, il piccolo quasi dipendente da questa relazione, come illustra sinteticamente

4 4 l immagine del Sal 123,2: come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni, come gli occhi di una schiava alla mano della sua padrona (cf. Sal 123,2). Diventare il più giovane e colui che serve: diventare colui che trova la sua autorevolezza nel chinarsi davanti all altro, nell attesa dell altro e della relazione con lui; servire come il più piccolo, cioè come colui che si riconosce legato all altro, servire come colui che si lascia accogliere dallo spazio dell altro. La prospettiva è radicalmente ribaltata. In ciascuno dei due casi il protagonista non è più il grande o il governante, ma diventa il fratello; diventi piccolo e diventi servo perché l altro possa essere protagonista. Il cambiamento radicale che Gesù chiede non significa abbandonare le posizioni di guida e responsabilità, ma piuttosto scegliere di vivere la responsabilità nella comunità facendo del servizio la forma della responsabilità. Il servizio diventa così la modalità attraverso cui essere grande, la modalità attraverso cui essere colui che guida. Un servire che comporta la consapevolezza della necessità della relazione con i fratelli, una relazione dove c è un inversione di posizioni: il grande diventa il giovane; il capo, colui che serve. Servire chiede un cambiamento radicale, un divenire progressivo, che non consiste nell essere qualcosa di diverso da quello che sei, ma nel trasformare la modalità di vivere ciò che sei, attraverso un ribaltamento di prospettive. Riflessione Voi non così : quanto le nostre relazioni e le posizioni sono profetiche? Il dissenso attraverso uno stile di vita diverso La trasformazione che questo chiede: quali sono le mie resistenze di fronte a questo diventare? Si tratta di abbandonare le mie idee di responsabilità, di servizio da una posizione di responsabilità Il rovesciamento di prospettive Servire come lasciarsi accogliere servire come rendere l altro protagonista La trasformazione delle posizioni di responsabilità la rilettura della leadership, del ruolo di guida dove sono rispetto a questa esigenza evangelica? Gesù: modello e icona del servizio L ultimo versetto ci conduce dai potenti delle nazioni, dai governanti, da una prospettiva ampia, che rischia di essere percepita distante da noi, all immagine di una tavola apparecchiata, all intimità di una casa e di un banchetto, alla stanza della cena dove, senza troppo chiasso e rumore, dove nel nascondimento si costruiscono relazioni di fraternità e si impara l arte del servizio. Chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? : è la situazione presente in cui i discepoli si trovano, radunati attorno alla mensa insieme per l ultima Pasqua; quasi a dire che non si tratta di un discorso teorico e astratto: la possibilità di comprendere il senso delle parole di Gesù e lo spazio per vivere il servizio è qui e ora con il fratello che ti sta accanto e con cui hai innescato una competizione per sapere chi è il più grande. Non è forse colui che sta a tavola? : Tutti adesso stanno a tavola, nessuno escluso. Non c è uno più grande, perché tutti sono più grandi. E in questo essere tutti più grandi, proprio perché seduti alla mensa dell eucaristia, è nascosta una chiamata: chi è più grande diventi come il più giovane (v. 26).

5 5 E non si tratta di un appello astratto, ma di una via concreta da percorrere, una via percorribile perché qualcuno la sta percorrendo. Io invece in mezzo a voi sono come colui che serve : è lì nella comunione e nell intimità di un banchetto che il maestro è il servente (o` diakonw/n), proprio nel momento in cui dona se stesso come cibo, cioè nel momento in cui egli fa di se stesso la via di una comunione di vita possibile, nel momento in cui si dona perché gli altri vivano, accogliendolo. Così sintetizza Paolo agli Efesini: egli è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, distruggendo il muro di mezzo della separazione, cioè l inimicizia per mezzo della sua carne (Ef 2,14). È il dono che Cristo fa di sé, la sua persona e il suo corpo donato lo spazio per la riconciliazione anche dove c è competizione e lotta per sembrare il più grande; in questo essere in mezzo donandosi, si attua il servizio. Io in mezzo a voi : non è semplicemente l esperienza della cena o del dono sulla croce, ma è ancora di più l esperienza del Risorto in mezzo alla sua comunità. Sarà il Risorto colui che starà in mezzo (Lc 24,36 Gesù stette in mezzo a loro evn me,sw auvtw/n): è come colui che serve, come il servente che il Risorto è in mezzo alla sua comunità, e la incontra, creando spazi di relazione, facendo passare dalla paura e dall isolamento alla comunione (cf. esperienze del Risorto in Lc 24). Il servizio diventa così la modalità attraverso cui stare in mezzo, attraverso cui diventare mediatore e costruttore di relazioni fraterne, assumendo la posizione del piccolo in mezzo ad altri. Servire alla maniera di Cristo, servire come Cristo ha servito significa creare relazione e comunione attraverso il dono di sé, attraverso la propria piccolezza bisognosa di essere accolta. Il servizio, o meglio questo stile di servizio, è lo spazio in cui si gioca la mia conformazione a Cristo Riflessione Lo spazio del servizio: il qui e ora i luoghi nascosti in cui posso vivere questa modalità di servizio: provo a visualizzarne qualcuno i fratelli con cui condivido la vita in questo momento, in questo tempo Il volto di Cristo come icona del servizio: servire come stare in mezzo ai fratelli servire come dono di sé per la comunione quanto il mio servire è un azione separata da me? Quasi un compito Il mio servizio crea comunione, oppure al contrario crea malesseri e divisioni? Servire come assumere la piccolezza in mezzo ad altri, la piccolezza di un dono offerto che l altro può accogliere, se vuole un dono attraverso cui l altro può vivere in comunione Il servizio come punto di svolta Questo stile di servizio consente di ribaltare la logica messa in campo dai discepoli nell avvio del racconto: se c era una discussione, cioè un amore per la vittoria consistente nel prevalere sull altro, le parole di Gesù ribaltano questa prospettiva. Io in mezzo a voi come colui che serve : dall essere uno prima dell altro, uno più avanti dell altro, all essere insieme, all essere in mezzo. Se la contesa, la discussione genera un più e un meno, il servizio al contrario è ciò che genera comunione permettendo di superare l amore per la vittoria mia e per la sconfitta dell altro. Ancora: la discussione ha come tema chi sembra il più grande. La discussione ha a che vedere con una percezione superficiale della realtà, con l apparire, con quello che sembra piuttosto che con

6 6 quello che è. Gesù riporta i suoi in profondità, al piano del reale: Chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? [ ] Io in mezzo a voi sono colui che serve. L invito è a valutare le cose su un piano di realtà: il servizio è ciò che consente di ribaltare il piano del sembrare e di riportarlo al piano della concretezza, dell essere più che dell apparire. Io sono colui che serve : il servizio ha a che vedere con la concretezza del reale. Conclusione Il servizio va ben oltre un semplice fare qualcosa per qualcuno: si tratta piuttosto di uno stile di relazione che crea comunione, uno stile che passa attraverso un divenire, attraverso la trasformazione di chi si fa piccolo, di chi sta in mezzo come spazio di vita e di riconciliazione. È lo stile di chi abbandona la logica della competizione e del sembrare per vivere nella concretezza del reale

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