IL CENTRO EUROPA RICERCHE
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- Camillo Pieri
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1 IL CENTRO EUROPA RICERCHE l Centro Europa Ricerche è una società di ricerca che elabora studi nel campo dell economia applicata. Le analisi del Cer comprendono previsioni di breve e medio periodo sulle tendenze dell economia italiana, valutazioni quantitative su provvedimenti di politica economica, studi monografici di finanza pubblica, politica tributaria, politica monetaria e politica industriale. Il Cer è tra gli istituti chiamati con regolarità, anche nella forma delle audizioni parlamentari, a fornire valutazioni e commenti sulle prospettive economiche e, in particolare, sulle tendenze della finanza pubblica. Per le previsioni, le analisi e le simulazioni di politica economica il Cer utilizza i suoi modelli econometrici, macroeconomici e di microsimulazione, che sono continuamente aggiornati e migliorati. Il modello macroeconomico, oltre a consentire la previsione delle principali grandezze economiche e degli andamenti della finanza pubblica permette di sottoporre a verifica l'impatto sull'economia delle manovre governative. Il modello di microsimulazione rende possibili le valutazioni dell impatto distributivo sulle famiglie di provvedimenti di natura fiscale e tariffaria, integrando informazioni sui redditi e sui consumi. I rapporti Cer sono riservati ai sottoscrittori di un abbonamento. Per la presentazione dei rapporti il Cer organizza incontri-dibattito riservati agli abbonati.
2 Centro Europa Ricerche S.r.l. Via di Villa Emiliani 14, Roma Tel. (0039) Presidente: Giorgio Ruffolo Amministratore delegato: Ettore Carettoni Direttore: Manin Carabba Comitato scientifico: Stefan Collignon (presidente), Salvatore Tutino (coordinatore), Vincenzo A- tella, Manin Carabba, Luca De Benedictis, Claudio De Vincenti, Antonio Di Majo, Maurizio Di Palma, Enrico Flaccadoro, Sergio Ginebri, Pier Carlo Padoan, Maurizio Pala, Antonio Pedone, Giovanni Battista Pittaluga, Giorgio Rodano, Giorgio Ruffolo, Nicola Scalzini, Luigi Spaventa. Rapporto CER: pubblicazione periodica a carattere economico. Anno XXVI Direttore responsabile: Anna Maria Lombroso Iscrizione n. 177 del 6 maggio 1998 del Registro della Stampa del Tribunale di Roma Proprietario della testata: Centro Europa Ricerche S.r.l. C.C.I.A.A. Roma: R.E.A Progetto grafico: Gruppo GASS Edizione: Centro Europa Ricerche S.r.l. Finito di stampare nel mese di febbraio 2008 presso la sede del Cer
3 5 SOMMARIO 7 INTRODUZIONE La Strategia di Lisbona 9 I DELUDENTI RISULTATI ECONOMICI DELL'EUROPA La crescita occupazionale - Produttività e riforme strutturali - Il rallentamento della produttività del lavoro - La produttività totale dei fattori e la Strategia di Lisbona L'intensità di capitale - Il ruolo dell'accumulazione del capitale - Accumulazione del capitale, produttività e occupazione - Le determinanti degli investimenti - Contrattazione salariale e investimenti Riquadro: La TFP e la Strategia di Lisbona Riquadro: I fattori di produzione nell'area euro: un'analisi basata sul modello Var Riquadro: La funzione degli investimenti Riquadro: Intensità di capitale e costo del lavoro 41 LA POLITICA MACROECONOMICA NELL'AREA DELL'EURO Politica monetaria - La politica fiscale - La politica dei redditi Riquadro: Costi del lavoro per unità di prodotto, inflazione e quota salari Riquadro: Le regole della contrattazione salariale in Italia 57 RACCOMANDAZIONI DI POLICY Riforme politico-istituzionali Un'agenda per le riforme strutturali La gestione macroeconomica BIBLIOGRAFIA RAPPORTO EUROPA DOPO LA STRATEGIA DI LISBONA DOVE ANDIAMO?
4 Hanno collaborato alla redazione del rapporto: Luca Cappellani, Alessandro Carettoni, Stefan Collignon, Stefano Fantacone, Rosanna Gualotto, Pierluigi Morelli.
5 SOMMARIO 1 quasi dieci anni dall'avvio dell'unione monetaria europea e nove anni dopo l'annuncio della Strategia di Lisbona, l'economia europea si trova in una situazione migliore, ma ben lontana dal diventare «l'economia più competitiva del mondo». 2 Sono stati compiuti progressi in materia di occupazione. L'Europa oggi crea ogni anno più posti di lavoro rispetto agli Stati Uniti. Ma la produttività è rallentata. Aumentare contemporaneamente la crescita della produttività e dell'occupazione è l obbiettivo del prossimo decennio. 3 Le ragioni del rallentamento della produttività in Europa sono da ascrivere in parte all insufficiente attuazione delle riforme, in parte all insufficiente accumulazione di capitale. Le riforme strutturali erano volte a creare una società della conoscenza basata su manodopera altamente qualificata ed innovazione tecnologica. I risultati sono deludenti. In particolare, in molti Stati membri il basso livello di conoscenza delle lingue straniere (in particolare l inglese), è un grave ostacolo al raggiungimento di una maggiore produttività e dell uguaglianza sociale. 4 Ma lacuna ancor più grave è l'insufficiente accumulazione di capitale per lavoratore occupato. L'Europa investe meno degli USA e non riesce sufficientemente ad incorporare la rivoluzione delle ITC nel proprio capitale. L'Europa deve aumentare il tasso di crescita del capitale e gli investimenti per lavoratore occupato, se vuole creare più posti di lavoro ben retribuiti. Al fine di accelerare l'accumulazione di capitale, l'europa deve continuare le riforme strutturali a favore della società della conoscenza. Ma maggiori investimenti verranno solo se la politica macroeconomica stimolerà la domanda, in modo che le imprese abbiano convenienza ad aumentare la proprie capacità produttiva. Ciò richiede un policy-mix di politiche monetaria, fiscale e dei redditi orientato alla crescita, senza tuttavia mettere a repentaglio la stabilità dei prezzi. 5 La politica monetaria europea è stata notevolmente migliorata da quando l'unione monetaria ha avuto inizio nel L'inflazione è stata tenuta prossima al 2 per cento, obiettivo della Bce. È stata inferiore e meno volatile rispetto agli USA. L'apprezzamento dell'euro in questi ultimi anni non ha influenzato in maniera significativa la domanda aggregata europea. 6 La politica fiscale europea resta penalizzata dall'insistenza sull autonomia nazionale. L'attuale quadro crea incentivi al free-riding da parte dei governi nazionali, a scapito di tutti i cittadini europei. Un policy-mix ottimale richiede la definizione di una politica fiscale a livello europeo aggregato, come controparte della politica monetaria unificata. 7 Suggeriamo che ciò avvenga tramite un innovativo «Dpef europeo», che deve essere giuri- 5
6 dicamente vincolante. Una volta che la politica fiscale complessiva sia definita a livello europeo, i singoli Stati membri riceveranno delle quote nazionali di indebitamento netto, trasferibili tra i governi ed altre autorità pubbliche (province, comuni). Questi diritti di indebitamento potrebbero anche essere negoziati sul mercato (come i permessi di inquinamento). 8 Tuttavia, una politica fiscale a livello europeo deve ottenere la legittimazione dei cittadini europei. A più lungo termine, essa dovrebbe essere definita da un governo europeo, che rappresenta tutti i cittadini europei, sulla base della rappresentanza politica in seno al Parlamento europeo. 9 Una politica europea dei redditi deve tener conto dell impatto totale dei salari sull'inflazione nella zona euro ed essere consapevole delle divergenze nazionali. Dal punto di vista della stabilità dei prezzi, i costi unitari del lavoro devono essere mantenuti stabili in corrispondenza del target di inflazione della Bce (2 per cento). Ciò significa che i costi dei salari nominali non devono aumentare più della somma della produttività media più il 2 per cento del target di inflazione. 10 Negli ultimi anni, i salari sono cresciuti meno e questo ha contribuito alla relativa stagnazione della economia della zona Euro. Tuttavia, la contrattazione salariale d impostazione nazionale ha creato distorsioni significative. In Spagna e Portogallo, i costi unitari del lavoro sono ormai del 15 per cento al di sopra della media europea, in Germania sono al di sotto del 10 per cento. In Italia i costi unitari del lavoro sono aumentati costantemente oltre la media di Eurolandia. Questi sviluppi creano tensioni economiche e sociali, che sono in ultima analisi insostenibili. 11 Il Dialogo sulla Politica Macroeconomica (MED) era destinato a rendere i responsabili politici e le parti sociali consapevoli delle esigenze di un mix di politiche orientate alla stabilità. Ma è fallito, in gran parte perché non è trasparente e non è stato possibile sviluppare un dibattito pubblico sugli orientamenti di politica. Suggeriamo che il MED sia spostato dal Consiglio dei ministri al Parlamento europeo. Dovrebbe essere integrato nelle deliberazioni politiche da parte del Comitato economico e finanziario del Parlamento, alle cui audizioni la Bce è regolarmente presente. 12 L'Europa possiede un potenziale enorme per aumentare il benessere dei propri cittadini, ma la costruzione incompleta della casa politica europea impedisce una migliore definizione delle politiche. Il nuovo Trattato di Lisbona è una condizione necessaria (ma non sufficiente) per migliorare la condizione della governance economica. Per mobilitare i cittadini europei con l obiettivo di migliori politiche, l'europa ha bisogno di osare di più in termini di democrazia e dibattere le diverse opzioni di politica oltre i confini degli Stati membri. Il presente rapporto è il contributo del Cer. 6
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