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1 INDICE INTRODUZIONE...1 CAPITOLO 1 LA CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DELLE CEFALEE SECONDA EDIZIONE IHS-ICHD CAPITOLO 2 L EMICRANIA Cos è l emicrania Le fasi dell attacco emicranico Patogenesi Ipotesi vascolare Ipotesi neurale Teoria trigeminovascolare Teoria genetica Altre teorie Cosa provoca l attacco emicranico: i Trigger Criteri diagnostici Terapia dell emicrania Terapia Sintomatica nell attacco acuto Terapia Profilattica...62 CAPITOLO 3 IL TOPIRAMATO Caratteristiche del farmaco Eventi collaterali Disturbi cognitivi/neuropsichiatrici Parestesia Calo ponderale Acidosi metabolica...91 I

2 3.2.5 Miopia acuta e glaucoma secondario ad angolo chiuso Nefrolitiasi Conclusioni...94 CAPITOLO 4 IL LINGUAGGIO Cos è il Linguaggio Dalle teorie classiche ad oggi Le Afasie: classificazione delle sindromi La scoperta delle aree specifiche correlate con il linguaggio grazie alle ricerche sulle afasie Le aree cerebrali classiche Altre aree cerebrali rivestono importanza per il linguaggio oltre a quelle classiche Le metodiche che confermano la dominanza linguistica dell emisfero sinistro in soggetti sani Il Test di Wada La presentazione tachistoscopica La tecnica dell ascolto dicotico La stimolazione corticale L importanza dell emisfero cerebrale destro CAPITOLO 5 IL NEUROIMAGING La Risonanza Magnetica per Immagini (RM) Le basi fisiche del segnale in RM La Risonanza Magnetica Funzionale per Immagini (fmri) Il segnale Bold I problemi in fmri La Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) II

3 CAPITOLO 6 L INDAGINE SPERIMENTALE Analisi della letteratura sull uso della fmri nello studio del linguaggio nei soggetti di controllo Premessa Scopo Materiali e Metodi Soggetti Test Neuropsicologici Stimoli Task e Paradigmi Procedure di Imaging Elaborazione dati Risultati Discussione CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA III

4 INTRODUZIONE Le conoscenze sul funzionamento del sistema nervoso come organo deputato alla genesi delle manifestazioni comportamentali hanno subito trasformazioni radicali nell ultimo decennio. Da una visione statica della organizzazione anatomofunzionale, riflessa nella costruzione di mappe citoarchitettoniche come quella di Brodmann, si è passati alla visione opposta di una continua modificabilità, proprietà che è stata definita plasticità. All affermarsi del nuovo paradigma hanno contribuito in modo significativo le nuove tecnologie di neuroimaging ed in particolare la Risonanza Magnetica funzionale (fmri). Grazie a questa metodica è infatti divenuto possibile visualizzare quali strutture cerebrali sono attive durante l esecuzione di un qualunque compito, sia esso motorio, percettivo, linguistico, attentivo, mnesico, emotivo. Le caratteristiche che ne hanno decretato il successo tra tutte le altre metodiche possibili di visualizzazione delle funzioni cerebrali, quali la tomografia ad emissione di positroni (PET), sono rappresentate dalla non invasività e dalla buona risoluzione spaziale e temporale associata alla coregistrazione con i dati anatomici. Per questo la fmri viene considerata una vera window into the brain. Tuttavia la fmri è un esame complesso da eseguire in quanto richiede l integrazione di competenze diverse che devono contribuire in diversa misura nelle varie fasi dell indagine; in particolare nella fase di programmazione dell esame è necessario elaborare protocolli dettagliati volti a stimolare in modo adeguato la IV

5 risposta neuronale desiderata, il che necessita spesso di procedure finemente personalizzate a seconda dell obiettivo da raggiungere. Una volta definita la modalità di valutazione e il successivo iter di elaborazione statistica, la fmri diventa uno strumento potentissimo che consente, tra l altro: - lo studio e la comprensione dei disturbi cognitivi, - la localizzazione delle funzioni cognitive in relazione delle lesioni cerebrali, - la valutazione delle modalità di recupero di una funzione danneggiata. L uso clinico più frequente riguarda la programmazione neurochirurgica in pazienti con neoplasie cerebrali, nei quali è possibile ottenere una precisa identificazione preoperatoria delle aree cosiddette eloquenti, la cui lesione durante l intervento potrebbe cioè determinare gravi conseguenze comportamentali per il paziente, come ad esempio una afasia. Questo mapping prechirurgico può determinare la localizzazione, l estensione, i margini ed i rapporti con la lesione neoplastica delle aree eloquenti, parametri che possono essere anche leggibili immediatamente da parte degli strumenti per la cosiddetta neuronavigazione ; è possibile cioè in tempo reale conoscere la posizione del bisturi all interno di immagini cerebrali tridimensionali e quanto esso dista dalle regioni attivate. Una più recente applicazione della fmri riguarda il monitoraggio della risposta ai farmaci ed anche la previsione della risposta alla terapia farmacologica. Nella presente tesi la fmri è stata utilizzata per valutare gli effetti della terapia con Topiramato, un farmaco indicato nel trattamento dell epilessia di cui si è successivamente osservata l efficacia anche nella cefalea. Uno degli effetti collaterali del Topiramato è rappresentato dall insorgenza di disturbi cognitivi ed in particolare di una riduzione della fluenza del linguaggio con V

6 comparsa di difficoltà anche nel reperimento delle parole. E sembrato interessante quindi valutare se la presenza di disturbi cognitivi sia associata a modificazioni anche dell attivazione cerebrale durante l esecuzione di compiti linguistici e, più in generale, se comunque l uso del farmaco si renda responsabile di una diversa funzionalità delle aree cerebrali. Dopo aver affrontato le problematiche relative alla diagnosi di cefalea e all uso della fmri e dopo una analisi della letteratura sull uso della metodica nello studio del linguaggio nei soggetti di controllo, la tesi discute la sperimentazione clinica effettuata ed i risultati ottenuti. VI

7 CAPITOLO 1 LA CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DELLE CEFALEE SECONDA EDIZIONE IHS-ICHD [1-4] Al momento dell uscita della Prima edizione della Classificazione Internazionale delle Cefalee (1988), tradotta in più di 20 lingue e pertanto accessibile alla maggior parte dei medici in tutto il mondo, si era prevista la pubblicazione di una revisione nell arco di 5 anni, in quanto molte sue parti non erano basate su evidenze pubblicate in letteratura, ma sull opinione di esperti. In realtà, ci sono voluti 15 anni prima di poter presentare questa seconda edizione. Questa seconda edizione della Classificazione Internazionale delle Cefalee (ICHD-II), come del resto la prima, è destinata all applicazione sia nel campo della ricerca sia nella pratica clinica. D ora in poi, sarà infatti improbabile che una rivista scientifica internazionale possa accettare un lavoro di ricerca condotto senza utilizzare i criteri previsti in questa classificazione. D altro canto, è innegabile che la classificazione è altrettanto importante per l ambito clinico. Questa seconda edizione conferma i principi classificativi e diagnostici fondamentali adottati nella prima edizione; di conseguenza, i dati scientifici ottenuti con studi basati sull applicazione dei criteri della prima edizione della Classificazione Internazionale delle Cefalee restano validi anche per la maggior parte delle diagnosi che vengono poste secondo i criteri della seconda edizione. E stata adottata ancora una volta una struttura classificativa di tipo gerarchico in cui tutti i disordini cefalalgici vengono distribuiti in gruppi principali VII

8 (primo livello), che sono a loro volta suddivisi una, due o tre volte (livelli successivi) in vari tipi, sottotipi e sottoforme di cefalea. La forma ridotta della versione italiana della Classificazione Internazionale delle Cefalee, tratta dalla traduzione italiana della Classificazione Internazionale realizzata dal Comitato Linguistico Italiano della International Headache Society, è stata redatta per favorire una rapida consultazione da parte di medici esperti nell ambito delle cefalee e contiene la codifica di tutte le forme di cefalea inserite nella Classificazione Internazionale e i criteri diagnostici ufficiali per le principali forme di cefalee primarie. Parte I: Cefalee Primarie 1. Emicrania 1.1 Emicrania senza aura 1.2 Emicrania con aura Aura tipica con cefalea emicranica Aura tipica con cefalea non emicranica Aura tipica senza cefalea Emicrania emiplegica familiare (FHM) Emicrania emiplegica sporadica Emicrania di tipo basilare 1.3 Sindromi periodiche dell infanzia possibili precursori comuni dell'emicrania Vomito ciclico Emicrania addominale Vertigine parossistica benigna dell infanzia 1.4 Emicrania retinica 1.5 Complicanze dell emicrania Emicrania cronica Stato emicranico Aura persistente senza infarto Infarto emicranico Infarto emicranico + Epilessia indotta dall emicrania 1.6 Probabile emicrania Probabile emicrania senza aura Probabile emicrania con aura Probabile emicrania cronica 2. Cefalea di tipo tensivo (TTH) VIII

9 2.1 Cefalea di tipo tensivo episodica sporadica Cefalea di tipo tensivo episodica sporadica associata a dolorabilità dei muscoli pericranici Cefalea di tipo tensivo episodica sporadica non associata a dolorabilità dei muscoli pericranici 2.2 Cefalea di tipo tensivo episodica frequente Cefalea di tipo tensivo episodica frequente associata a dolorabilità dei muscoli pericranici Cefalea di tipo tensivo episodica frequente non associata a dolorabilità dei muscoli pericranici 2.3 Cefalea di tipo tensivo cronica Cefalea di tipo tensivo cronica associata a dolorabilità dei muscoli pericranici Cefalea di tipo tensivo cronica non associata a dolorabilità dei muscoli pericranici 2.4 Probabile cefalea di tipo tensivo Probabile cefalea di tipo tensivo episodica sporadica Probabile cefalea di tipo tensivo episodica frequente Probabile cefalea di tipo tensivo cronica 3. Cefalea a grappolo e altre cefalalgie autonomico-trigeminali 3.1 Cefalea a grappolo Cefalea a grappolo episodica Cefalea a grappolo cronica 3.2 Hemicrania parossistica Hemicrania parossistica episodica Hemicrania parossistica cronica 3.3 Short-lasting Unilateral Neuralgiform headache attacks with Conjunctival injection and Tearing (SUNCT) 3.4 Probabile cefalalgia autonomico-trigeminale Probabile cefalea a grappolo Probabile hemicrania parossistica Probabile SUNCT 4. Altre cefalee primarie 4.1 Cefalea primaria trafittiva 4.2 Cefalea primaria da tosse 4.3 Cefalea primaria da attività fisica 4.4 Cefalea primaria associata ad attività sessuale Cefalea preorgasmica Cefalea orgasmica 4.5 Cefalea ipnica 4.6 Cefalea primaria a rombo di tuono 4.7 Hemicrania continua 4.8 New Daily-Persistent Headache (NDPH) Parte II: Cefalee Secondarie 5. Cefalea attribuita a trauma cranico e/o cervicale 5.1 Cefalea post-traumatica acuta IX

10 5.1.1 Cefalea post-traumatica acuta da trauma cranico moderato o severo Cefalea post-traumatica acuta da trauma cranico lieve 5.2 Cefalea post-traumatica cronica Cefalea post-traumatica cronica da trauma cranico moderato o severo Cefalea post-traumatica acuta da trauma cranico lieve 5.3 Cefalea acuta attribuita a colpo di frusta 5.4 Cefalea cronica attribuita a colpo di frusta 5.5 Cefalea attribuita a ematoma intracranico traumatico Cefalea attribuita a ematoma epidurale Cefalea attribuita a ematoma subdurale 5.6 Cefalea attribuita ad altri traumatismi cranici e/o cervicali Cefalea acuta attribuita ad altri traumatismi cranici e/o cervicali Cefalea cronica attribuita ad altri traumatismi cranici e/o cervicali 5.7 Cefalea post-craniotomia Cefalea acuta post-craniotomia Cefalea cronica post-craniotomia 6. Cefalea attribuita a disturbi vascolari cranici o cervicali 6.1 Cefalea attribuita a ictus ischemico o attacco ischemico transitorio Cefalea attribuita a ictus ischemico (infarto cerebrale) Cefalea attribuita ad attacco ischemico transitorio (TIA) 6.2 Cefalea attribuita a emorragia intracranica non traumatica Cefalea attribuita a emorragia intracerebrale Cefalea attribuita a emorragia subaracnoidea (SAH) 6.3 Cefalea attribuita a malformazione vascolare che non ha sanguinato Cefalea attribuita ad aneurisma sacculare Cefalea attribuita a malformazione arterovenosa (MAV) Cefalea attribuita a fistola durale arterovenosa Cefalea attribuita ad angioma cavernoso Cefalea attribuita ad angiomatosi encefalotrigeminale o leptomeningea (sindrome di Sturge Weber) 6.4 Cefalea attribuita ad arterite Cefalea attribuita ad arterite a cellule giganti (GCA) Cefalea attribuita ad angioite primaria del sistema nervoso centrale (SNC) Cefalea attribuita ad angioite secondaria del SNC 6.5 Dolore a partenza dall arteria carotide o vertebrale Cefalea o dolore facciale o del collo attribuiti a dissecazione arteriosa Cefalea post-endoarteriectomia Cefalea da angioplastica carotidea Cefalea attribuita a procedure endovascolari intracraniche Cefalea da angiografia 6.6 Cefalea attribuita a trombosi venosa cerebrale (CVT) 6.7 Cefalea attribuita ad altro disturbo vascolare intracranico Arteriopatia cerebrale autosomica dominante con infarti sottocorticali e leucoencefalopatia (CADASIL) Encefalopatia mitocondriale, acidosi lattica ed episodi simil-ictali (MELAS) X

11 6.7.3 Cefalea attribuita ad angiopatia benigna del sistema nervoso centrale Cefalea attribuita ad apoplessia pituitaria 7. Cefalea attribuita a disturbi intracranici non vascolari 7.1 Cefalea attribuita a ipertensione liquorale Cefalea attribuita a ipertensione intracranica idiopatica (IIH) Cefalea attribuita a ipertensione intracranica secondaria a cause metaboliche, tossiche od ormonali Cefalea attribuita a ipertensione intracranica secondaria a idrocefalo 7.2 Cefalea attribuita a ipotensione liquorale Cefalea post-puntura durale Cefalea da fistola liquorale Cefalea attribuita a ipotensione liquorale spontanea (o idiopatica) 7.3 Cefalea attribuita a malattie infiammatorie non infettive Cefalea attribuita a neurosarcoidosi Cefalea attribuita a meningite asettica (non infettiva) Cefalea attribuita ad altre malattie infiammatorie non infettive Cefalea attribuita a ipofisite linfocitaria 7.4 Cefalea attribuita a neoplasia intracranica Cefalea attribuita ad aumentata pressione intracranica o a idrocefalo causati da neoplasia Cefalea attribuita direttamente a neoplasia Cefalea attribuita a meningite carcinomatosa Cefalea attribuita a iper o iposecrezione ipotalamica o ipofisaria 7.5 Cefalea attribuita a iniezione intratecale 7.6 Cefalea attribuita a crisi epilettica Hemicrania epileptica Cefalea post-convulsiva 7.7 Cefalea attribuita a malformazione di Chiari tipo I (CM 1 ) 7.8 Cefalea e deficit neurologici transitori con linfocitosi liquorale (HaNDL) 7.9 Cefalea attribuita ad altra patologia intracranica non vascolare 8. Cefalea attribuita all uso di una sostanza o alla sua sospensione 8.1 Cefalea indotta da uso o esposizione acuti a una sostanza Cefalea indotta da donatori di ossido nitrico (NO) Insorgenza immediata Insorgenza ritardata Cefalea indotta da inibitori della fosfodiesterasi (PDE) Cefalea indotta da monossido di carbonio Cefalea indotta da alcol Insorgenza immediata Insorgenza ritardata Cefalea indotta da componenti e additivi alimentari Cefalea indotta da glutammato monosodico Cefalea indotta da cocaina Cefalea indotta da cannabis XI

12 8.1.8 Cefalea indotta da istamina Insorgenza immediata Insorgenza ritardata Cefalea indotta dal peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) Insorgenza immediata Insorgenza ritardata Cefalea come evento avverso acuto attribuito a un farmaco utilizzato per altra indicazione Cefalea attribuita a uso o esposizione acuti ad altra sostanza 8.2 Cefalea da uso eccessivo di farmaci Cefalea da uso eccessivo di ergotamina Cefalea da uso eccessivo di triptani Cefalea da uso eccessivo di analgesici Cefalea da uso eccessivo di oppioidi Cefalea da uso eccessivo di prodotti di combinazione di analgesici Cefalea da uso eccessivo di farmaci sintomatici in combinazione Cefalea da uso eccessivo di altri farmaci Probabile cefalea da uso eccessivo di farmaci 8.3 Cefalea come evento avverso attribuito all uso cronico di farmaci Cefalea indotta da terapia ormonale esogena 8.4 Cefalea attribuita a sospensione di sostanze Cefalea da sospensione di caffeina Cefalea da sospensione di oppioidi Cefalea da sospensione di estrogeni Cefalea attribuita a sospensione dell uso cronico di altre sostanze 9. Cefalea attribuita a infezione 9.1 Cefalea attribuita a infezione intracranica Cefalea attribuita a meningite batterica Cefalea attribuita a meningite linfocitaria Cefalea attribuita a encefalite Cefalea attribuita ad ascesso cerebrale Cefalea attribuita a empiema subdurale 9.2 Cefalea attribuita a infezioni sistemiche Cefalea attribuita a infezione sistemica batterica Cefalea attribuita a infezione sistemica virale Cefalea attribuita ad altre infezioni sistemiche 9.3 Cefalea attribuita a HIV/AIDS 9.4 Cefalea cronica post-infettiva Cefalea cronica post-infettiva attribuita a meningite batterica Parte III: Nevralgie craniche e dolori facciali centrali o primari e altre cefalee 10. Cefalea attribuita a disturbi dell omeostasi 10.1 Cefalea attribuita a ipossia e/o ipercapnia Cefalea da elevata altitudine Cefalea da immersione Cefalea da apnee nel sonno 10.2 Cefalea da dialisi XII

13 10.3 Cefalea attribuita a ipertensione arteriosa Cefalea attribuita a feocromocitoma (benigno o maligno) Cefalea attribuita a crisi ipertensiva senza encefalopatia ipertensiva Cefalea attribuita a encefalopatia ipertensiva Cefalea attribuita a preeclampsia Cefalea attribuita a eclampsia Cefalea attribuita a risposta pressoria acuta a un agente esogeno 10.4 Cefalea attribuita a ipotiroidismo 10.5 Cefalea attribuita a digiuno 10.6 Cefalalgia cardiaca 10.7 Cefalea attribuita ad altri disordini dell omeostasi 11. Cefalea o dolori facciali attribuiti a disturbi di cranio, collo, occhi, orecchie, naso, seni paranasali, denti, bocca o altre strutture facciali o craniche 11.1 Cefalea attribuita a disturbi del cranio 11.2 Cefalea attribuita a disturbi del collo Cefalea cervicogenica Cefalea attribuita a tendinite retrofaringea Cefalea attribuita a distonia craniocervicale 11.3 Cefalea attribuita a disturbi oculari Cefalea attribuita a glaucoma acuto Cefalea attribuita a vizi di rifrazione Cefalea attribuita a eteroforia o eterotropia (strabismo latente o manifesto) Cefalea attribuita a disturbi flogistici dell occhio 11.4 Cefalea attribuita a disturbi dell orecchio 11.5 Cefalea attribuita a rinosinusiti 11.6 Cefalea attribuita a disturbi dei denti, delle arcate dentarie o delle strutture correlate 11.7 Cefalea o dolore facciale attribuiti a disturbi dell articolazione temporomandibolare 11.8 Cefalea attribuita ad altri disturbi di cranio, collo, occhi, orecchie, naso, seni paranasali, denti, bocca o altre strutture facciali o craniche 12. Cefalea attribuita a disturbo psichiatrico 12.1 Cefalea attribuita a disturbo da somatizzazione 12.2 Cefalea attribuita a disturbo psicotico 13. Nevralgie craniche e dolori facciali di origine centrale 13.1 Nevralgia trigeminale Nevralgia trigeminale classica Nevralgia trigeminale sintomatica 13.2 Nevralgia glossofaringea Nevralgia glossofaringea classica Nevralgia glossofaringea sintomatica 13.3 Nevralgia del nervo intermedio 13.4 Nevralgia del nervo laringeo superiore 13.5 Nevralgia nasociliare 13.6 Nevralgia sovraorbitaria 13.7 Nevralgie di altri rami terminali XIII

14 13.8 Nevralgia occipitale 13.9 Sindrome collo-lingua Cefalea da compressione esterna Cefalea da freddo Cefalea attribuita all applicazione esterna di uno stimolo freddo Cefalea attribuita alla ingestione di sostanze fredde o inalazione di aria fredda Dolore costante causato da compressione, irritazione o distorsione dei nervi cranici o delle radici cervicali superiori a opera di lesioni strutturali Neurite ottica Neuropatia diabetica oculare Dolore cranico o facciale attribuito a herpes zoster Cefalea o dolore facciale attribuito a infezione acuta da herpes zoster Nevralgia post-erpetica Sindrome di Tolosa-Hunt Emicrania oftalmoplegica Cause centrali di dolore facciale Anestesia dolorosa Dolore centrale in seguito a ictus Dolore facciale attribuito a sclerosi multipla Dolore facciale idiopatico persistente Sindrome della bocca bruciante Altre nevralgie craniche o dolori facciali mediati a livello centrale 14. Altre cefalee, nevralgie craniche e dolori facciali di origine centrale o primari 14.1 Cefalea non classificata altrove 14.2 Cefalea non specificata XIV

15 CAPITOLO 2 L EMICRANIA 2.1 Cos è l emicrania Il termine "emicrania" deriva dalla parola greca hemicrania che significa "mal di testa localizzato da un solo lato". L emicrania è una cefalea primaria frequente e disabilitante, come dimostrano svariati studi epidemiologici, che viene annoverata dall Organizzazione Mondiale della Sanità al 19 posto nella graduatoria delle patologie disabilitanti. È un affezione cronica, idiopatica, molto diffusa che interessa tipicamente l'età giovane-adulta ed è prevalente nel sesso femminile. Questo termine copre un ampio spettro di sintomi che possono essere differenti in diversi individui ed anche variare nello stesso individuo in differenti attacchi. L'emicrania è più che un semplice mal di testa e non necessariamente questo è il suo sintomo prevalente, infatti essa è un fenomeno sistemico (nausea, vomito, fotofobia etc) del quale la cefalea può rappresentare un aspetto anche non obbligatorio come spesso accade nei bambini. La principale caratteristica clinica è la comparsa accessuale di episodi ricorrenti di cefalea con periodi intervallari completamente liberi da dolore e di assoluto benessere. L'attacco emicranico si manifesta con dolore generalmente pulsante, unilaterale, di intensità moderata o severa, che peggiora con la normale attività fisica XV

16 e che si associa frequentemente a nausea, foto/fonofobia, con durata da alcune ore fino a 1-3 giorni Le fasi dell attacco emicranico Nell'evoluzione dell'attacco emicranico, che può durare dalle 4 alle 72 ore, si possono solitamente distinguere quattro fasi, non necessariamente presenti in tutti i soggetti o in tutti gli attacchi nello stesso soggetto. La prima fase, dei prodromi [5], è presente in circa il 50% dei casi, si presentana con uguale frequenza nella forma di emicrania senza e con aura ed è caratterizzata dall'insorgenza di sintomi spesso generici e mal definiti come irritabilità, disforia, sonnolenza, astenia diffusa, sbadigli, variazioni dell'appetito (con, per lo più, spiccato desiderio di specifici alimenti) [6]. Non raramente queste sensazioni sono così sfumate che il paziente non le riferisce spontaneamente, ma è in grado di individuarle con facilità quando il medico lo interroga a tal proposito. Questi sintomi si sviluppano lentamente, precedono l'insorgenza del dolore anche di 48 ore e sono suggestivi di un coinvolgimento ipotalamico. Solo in rari casi i prodromi non sono seguiti dalla fase algica, rappresentando l'unica sintomatologia dell'attacco. I prodomi includono: - stato mentale alterato (irritabilità, sentirsi "su" o "giù"), alcuni pazienti descrivono di sentirsi "pericolosamente" bene; - comportamento alterato (iperattività, comportamento ossessivo, goffaggine, indolenza); - aspetto alterato (pallido, occhi incavati); XVI

17 - sintomi neurologici (stanchezza o sbadigli, disfasia, foto e fonofobia, difficoltà nel mettere a fuoco); - mialgie e dolori; - sintomi alimentari (polifagia, anoressia, costipazione, un forte desiderio di cibi dolci può esitare in desiderio di mangiare cioccolato o altri dolci, che pertanto sono ingiustamente accusati di essere causa dell'attacco); - sintomi legati al bilancio dei liquidi (aumento della frequenza urinaria, sete o ritenzione di liquidi); - ipersensibilità (alla luce, al suono ed agli odori). La fase dell'aura, presente in circa 15-18% dei pazienti, è caratterizzata da segni e/o sintomi neurologici focali localizzabili alla corteccia cerebrale o al troncoencefalico, e si presentano isolatamente o in varia combinazione precedendo la fase algica di 5-60 minuti. Questi si sviluppano gradualmente ed in lenta successione in 5-20 minuti, perdurando quasi sempre non più di 60 minuti ed usualmente si risolvono prima che sopravvenga il mal di testa (Tabella 2.0) [7]. Lenta evoluzione in diversi minuti XVII

18 Durata usualmente di minuti e risoluzione entro 1 ora Risoluzione tipicamente precedente l'inizio della cefalea Sintomi visivi (99% delle aure) Scotoma positivo (scintillante) Emianopsia omonima (cioè interessante lo stesso emicampo di entrambi gli occhi) Teicopsia/spettro di fortificazione (cioè a forma di C con bordi scintillanti che si allarga gradualmente) Disturbi delle sensibilità (31% delle aure) Di solito associati con i sintomi visivi Di solito colpisce un braccio e si diffonde dalle dita della mano fino alla faccia Le gambe sono colpite raramente Disturbi della parola (disfasia, disartria, parafasia) e motori (18% e 6% delle aure rispettivamente) Di solito associati con sintomi visivi e/o sensori Tabella 2.0: Tipici sintomi dell'aura L'aura è caratterizzata da fenomeni visivi, sensitivi e motori [8] ; possono inoltre comparire iperosmia, disturbi del linguaggio di tipo disartrico o afasia espressiva, dislalia. Il tipo più comune di aura è quella visiva (80%) che include fenomeni visivi positivi e negativi. I sintomi visivi positivi, spesso controlaterali alla sede del dolore, tendono a muoversi nel campo visivo, rimanendo per lo più confinati ad un emicampo, durano circa minuti. I più frequenti sono gli scotomi scintillanti (filamenti di luce o punti luminosi e scintillanti, a volte monocromatici, oppure multicolore che rapidamente si allargano assumendo una forma definita frastagliata lineare o sferica, spesso variopinta), la fotopsia (immagini luminose scintillanti), gli spettri di fortificazione (linee parallele luminose a zig zag che ri- XVIII

19 cordano un fortino). Lo scotoma scintillante inizia generalmente al centro del campo visivo e si sposta verso la periferia, lasciando una residua banda di mancata visione. Più raramente si presenta alla periferia del campo visivo e si espande a cerchio, delimitando una zona vuota nel campo visivo. Con la progressiva scomparsa dello scotoma scintillante, si ripristina la visione normale nella parte dell'emicampo visivo interessato. I sintomi visivi negativi sono rappresentati per lo più da deficit campimetrici (emianopsia laterale omonima). Molto raramente l'aura visiva è costituita da un'alterata percezione con scomposizione dell'immagine oppure da mancato riconoscimento delle facce e degli oggetti (agnosia visiva). Questi disturbi derivano da una disfunzione della corteccia parietale ed occipitale o delle aree associative. I disturbi della sensibilità sono meno comuni (31%) [8] e consistono in parestesie monolaterali della faccia e dell'arto superiore. Le parestesie si diffondono lentamente, nell'arco di un certo numero di minuti, spesso coinvolgendo inizialmente i polpastrelli delle dita ed interessando, in successione, l'intera mano, l'avambraccio e la regione periorale omolaterale. Infrequente è la diffusione al braccio e ancor più raramente si ha l interessamento dell'arto inferiore. In casi eccezionali l'aura è caratterizzata da sintomi riferibili al territorio vertebrobasilare o da emiplegia (nella rara variante di emicrania emiplegica familiare). Possono anche essere presenti disturbi della parola e sintomi motori (18% e 6% rispettivamente) [8] ma solo in associazione con sintomi visivi e/o della sensibilità. La fase successiva algica, insorge in modo graduale: inizialmente è presente un lieve dolore che aumenta progressivamente fino a raggiungere, in media in minuti, un'intensità moderata/severa per poi ridursi gradualmente dopo ore. Il XIX

20 dolore, abitualmente pulsante, insorge unilateralmente in sede temporo-orbitale e può successivamente diffondersi all'emilato controlaterale. Più raramente (40%) il dolore è bilaterale, occipitale o frontale, sin dall'inizio. La cefalea è usualmente associata a nausea (meno frequentemente a vomito) ed a ipersensibilità sensoriale con foto/fono/omofobia [9]. Il peggioramento del dolore con la normale attività fisica è una caratteristica costante dell'attacco emicranico, è per tale motivo che il paziente tende ad isolarsi in ambiente buio e silenzioso, possibilmente sdraiato a letto ed immobile. Durante l'attacco emicranico può comparire un dolore a colpo di pugnale, trafittivo e lancinante, in varie sedi già interessate dalla cefalea, questo dolore, benigno e idiopatico, si ripresenta anche a varie riprese durante l'attacco, e può spaventare il paziente. I pazienti spesso riferiscono che il sonno o il vomito sono in grado di stroncare l'attacco. L ultima fase, di remissione, è spesso caratterizzata da una sensazione di vuoto psichico e da prostrazione fisica e mentale, con sonnolenza ed astenia. Talora, al contrario, si può avere uno stato di euforia facilmente correlabile al sollievo per la mancanza del dolore. Talvolta non è facile distinguere i sintomi di questa fase dagli effetti collaterali della terapia sintomatica dell'attacco. La completa ripresa delle performance psicofisiche è comunque lenta, spesso persistono astenia e mialgia fino a 3 giorni dalla cessazione della fase algica. Nella pratica clinica circa il 70% degli emicranici accusa attacchi di emicrania senz'aura (in passato conosciuta come emicrania comune) ed il 10% ha attacchi di emicrania con aura (in passato nota come emicrania classica). Circa il 20% presenta ambedue le forme. Meno dell'1% degli attacchi consta della sola aura senza alcun mal di testa successivo. XX

21 Gli attacchi di emicrania interferiscono negativamente con le attività quotidiane di chi ne è affetto, sia a livello personale che professionale. Ciò influisce in modo significativo sui costi sostenuti dalla società, dati i giorni lavorativi persi e la ridotta produttività [10]. La presenza o meno di segni e/o sintomi neurologici transitori, che precedono o, molto più raramente, accompagnano la fase algica, riferibili a disfunzione focale emisferica o troncoencefalica distingue le due forme principali di emicrania: quella senza aura e quella con aura. Emicrania senza aura Rappresenta la forma di gran lunga più frequente (80% circa). La frequenza degli attacchi varia considerevolmente da paziente a paziente e nei diversi periodi della vita nello stesso paziente. L'emicrania senza aura esordisce nel 75% dei casi tra i 10 ed i 30 anni e tende ad attenuarsi e poi a scomparire oltre i 50 anni. Si distinguono forme a bassa (< 2 attacchi/mese), media (3-5 attacchi/mese) ed alta (> 5 attacchi/mese) frequenza. Gli attacchi vengono distinti per quanto riguarda l'intensità in: - severi: quando costringono il paziente a letto, impedendo lo svolgimento di qualsiasi attività; - moderati: se limitano le normali attività, ma non costringono il paziente a letto; - lievi: più rari, se non risultano limitanti per lo svolgimento delle normali attività. XXI

22 Possono presentarsi a qualsiasi orario, e talora sono già presenti al risveglio, ma difficilmente i pazienti riferiscono di essersi svegliati durante il sonno dal dolore. Il decorso dell'emicrania senza aura varia considerevolmente a seconda del periodo della vita, in risposta a diversi fattori endogeni o esogeni. Quelli che più di frequente si associano con la sintomatologia algica del paziente sono: - fattori ormonali (non infrequentemente il collegamento con le fasi del ciclo mestruale o immediatamente in epoca pre-mestruale e con l uso di contraccettivi orali); - le variabilità dei tassi estroprogestinici che si hanno in gravidanza, puerperio, allattamento, menopausa, terapia estrogenica sostitutiva; - lo stress, psicologico o fisico che sia (è un aspetto caratteristico del soggetto emicranico, in genere dopo la sua scomparsa, suggerendo un difetto dei meccanismi adattativi); - fattori alimentari (fino al 20% dei pazienti emicranici riferisce insorgenza di attacchi in seguito all'assunzione di specifici cibi, tra cui quelli più ricchi in fenoli, tiramina, nitrati o glutammato monosodico quali i derivati del latte, il cioccolato, gli insaccati, il vino rosso [11]. Questo perchè si ritiene che l'emicranico presenti un deficit di fenolsulfotransferasi di tipo P, enzima implicato nella detossificazione dei fenoli di origine alimentare; - fattori meteorologici ed ambientali (con una maggior incidenza di attacchi in determinati periodi dell'anno e/o in presenza di particolari condizioni meteorologiche oppure a seguito di variazioni altimetriche); - intense stimolazioni sensoriali; - farmacologici; - in corso di patologie concomitanti. XXII

23 Emicrania con aura È una forma più rara (colpisce circa il 15-18% dei pazienti emicranici). Notoriamente l'emicrania con aura e l'emicrania senza aura possono coesistere nello stesso soggetto, tuttavia nella maggior parte dei casi (84,3% degli uomini, 69,9% delle donne) l'emicrania con aura si presenta in forma isolata. Nell'emicrania con aura tipica i sintomi neurologici, completamente reversibili, durano circa minuti, anche se raramente possono persistere per alcune ore (emicrania con aura prolungata). Il dolore ed i sintomi d'accompagnamento sono generalmente meno intensi di quelli dell'attacco di emicrania senza aura. La storia naturale della emicrania con aura si differenzia lievemente dalla forma senza aura. Come questa, solitamente nella seconda decade di vita, caratterizzandosi però per una ricorrenza di attacchi molto meno regolare, con lunghi periodi di remissione (a volte > 1 anno). Nel 60% dei casi la frequenza media degli attacchi è inferiore ad un attacco al mese, tuttavia non è raro che gli attacchi si raggruppino in un breve periodo, per poi riprendere il ritmo usuale, così i pazienti presentano due o tre attacchi a distanza di pochi giorni ed il successivo dopo un anno. Il disturbo non di rado inizia a ridursi ed a scomparire già verso i 40 anni. Il ruolo giocato dai fattori scatenanti è meno chiaro rispetto a quanto osservato nella forma senza aura. Per quanto concerne i fattori ormonali, ad esempio, il ciclo mestruale influisce poco sullo sviluppo di crisi di emicrania con aura, mentre l'uso dei contraccettivi orali determina un effetto abitualmente negativo sul suo decorso. Il 40% delle donne con emicrania con aura non presenta variazioni della frequenza XXIII

24 durante la gravidanza, mentre il 23 % presenta il primo attacco proprio nel corso di questo periodo. Tra gli altri fattori favorenti, troviamo lo stress psichico, lo sforzo fisico intenso, le stimolazioni visive e il trauma cranico. In alcuni casi l'aura può non essere seguita da cefalea e sintomi di accompagnamento, questa è una forma abbastanza comune (20% dei casi), soprattutto in pazienti non giovani e con lunga storia di emicrania, e si presenta episodicamente ad intervalli anche molto lunghi, alternata ad attacchi con aura tipica o senza aura. È del tutto eccezionale invece, è il riscontro di pazienti che presentino in maniera quasi esclusiva crisi di aura senza cefalea; è importante sottolineare che la diagnosi di aura emicranica senza cefalea può essere posta solo dopo aver escluso tutte le altre possibili cause. Quando l'aura senza cefalea insorge dopo i 40 anni può essere difficile la diagnosi differenziale con un TIA (attacco ischemico transitorio). Un caso particolare è rappresentato dall'emicrania con aura prolungata, in cui i sintomi neurologici durano da 60 minuti a 7 giorni, con neuroimaging nella norma. Troviamo infine forme particolari e molto rare di emicrania con aura: emicrania basilare (colpisce prevalentemente il sesso femminile in età giovanile e si manifesta per lo più in soggetti che presentano anche attacchi con aura tipica); emicrania oftalmoplegica (che si presenta prevalentemente in età infantilegiovanile, ed è caratterizzata dall'insorgenza di cefalea generalmente unilaterale e di tipo pulsante in regione perioculare, della durata di ore, che precede di 3-4 giorni la comparsa di paresi di uno o più nervi cranici, in assenza di lesioni intracraniche); emicrania retinica (con ripetuti attacchi di scotoma o di cecità monoculare di durata inferiore a 60 minuti, associati a cefalea con intervallo libero in- XXIV

25 feriore a 60 minuti); emicrania emiplegica familiare (con un'aura che comprende emiparesi o emiplegia, può essere prolungata, durando per ore o per interi giorni e permane anche dopo la scomparsa della cefalea. Per fare diagnosi di questa forma è necessario che almeno un congiunto di primo grado presenti attacchi simili). Vanno in ultimo ricordate inoltre, due rare complicanze dell'emicrania: lo stato emicranico (caratterizzato da attacchi che durano più di 72 ore di cefalea continua, con intervalli liberi da dolore inferiori a 4 ore; può durare anche 1-2 settimane), che si manifesta con dolore intenso, nausea severa, vomito prolungato che può indurre in casi estremi uno stato di disidratazione importante. I principali fattori di scatenamento dello stato emicranico sono eventi stressanti e soprattutto abuso di analgesici; e l'infarto emicranico (correlabile esclusivamente all'emicrania con aura ed è rappresentato da una situazione in cui i deficit neurologici dell'aura non si risolvano in 7 giorni e/o la TC dimostri una lesione ischemica in aree congrue). 2.2 Patogenesi Per quanto riguarda l'eziopatogenesi della cefalea nel tempo si sono susseguite varie teorie poi abbandonate con il crescere della conoscenza dei meccanismi responsabili del dolore e della sintomatologia associata. Ci sono numerose teorie riguardanti la fisiopatologia dell'emicrania, ma la vera natura di questa patologia resta un mistero. La difficoltà di formulare una teoria è che essa, deve tenere conto sia dello scatenamento degli attacchi sia di tutti gli altri fenomeni: prodromi, aura, mal di testa e sintomi associati, risoluzione e recupero. Oggi, si pensa che la catena di eventi fisiopatologici alla base degli attacchi emicranici coinvolga i vasi sanguigni intracranici, i terminali nervosi periferici e le XXV

26 vie centrali del dolore, deputate a condurre, attraverso il tronco encefalico, i segnali nocicettivi verso centri cerebrali superiori (Figura 2.0) [12-13]. Figura 2.0: Attuale ipotesi dei meccanismi dell'emicrania Comunque a tutt oggi nessuna teoria spiega adeguatamente l'intero processo dell'emicrania, il perché è da ricercare nel fatto che vi sono delle limitazioni negli studi condotti, dovute sia ai pazienti emicranici che godono di perfetta salute al di fuori degli attacchi sia alla natura episodica degli attacchi, che costringono la maggior parte dei pazienti, a mettersi nel letto fino a che l'attacco sia cessato. Nonostante ciò la ricerca sull'emicrania negli ultimi anni ha raggiunto molti traguardi grazie all utilizzo delle tecniche di diagnostica per immagini sempre meno invasive, XXVI

27 sebbene però, resti ancora il problema di riuscire a sottoporre il paziente a tali indagini nel corso di un attacco Ipotesi vascolare La teoria più semplicistica è quella della "ipotesi vascolare". Essa è stata formulata da Thomas Willis (Figura 2.1) nell'ormai lontano XVII secolo, ma è stata proposta più formalmente da Harold Wolff [14], professore di neurologia a New York nel 1938 (Figura 2.2). Figura 2.1 : Thomas Willis: il primo scienziato che ha proposto la teoria vascolare Figura 2.2: Harold Wolff: il primo scienziato ad aver condotto studi di laboratorio sulla cefalea XXVII

28 La teoria afferma che i sintomi visivi della aura emicranica sono associati ad una vasocostrizione arteriosa cerebrale a carico della corteccia visiva nel lobo occipitale. A questa fase iniziale di vasocostrizione dei vasi intracranici responsabile dei deficit neurologici osservati durante l aura emicranica, avrebbe fatto seguito una vasodilatazione arteriosa extra ed intracranica, con conseguente liberazione di sostanze algogene e/o vasoattive (scotomina, istamina, chinine, prostaglandine) [15-16]. Wolff e collaboratori hanno riscontrato che la progressione dell'aura potrebbe essere arrestata dall'inalazione di vasodilatatori come il nitrato di amile, anche se questi dati non sono stati mai revisionati da altri ricercatori. Al contrario, si ritiene che la cefalea sia dovuta ad una vasodilatazione reattiva dei vasi extracerebrali che stirerebbero le terminazioni nervose della parete vasale, con la generazione di impulsi nervosi che, ritrasmessi alle aree superiori del cervello, vengono ad essere percepiti come mal di testa. Questo meccanismo di iperemia reattiva è supportato dalla natura pulsante del dolore e dalla risposta a vasocostrittori come l'ergotamina Ipotesi neurale La teoria vascolare ha avuto una grande importanza per molti anni, fino a quando fu formulata un'ipotesi alternativa, quella cioè che l'emicrania fosse primariamente un disturbo della funzione cerebrale. La teoria che attualmente raccoglie maggiori consensi è quella definita "neuronale o centrale" che considera l'emicrania legata ad un'ipersensibilità ereditaria del sistema trigemino-vascolare. Teoricamente diversi sono i fattori (stress, alterazioni dei ritmi circadiani, rumori, luce ecc.) che possono influenzare il locus XXVIII

29 ceruleus e il rafe dorsale del tronco da cui originano proiezioni serotininergiche e noradrenergiche dirette alla corteccia, responsabili di una depressione neuronale che si diffonde dalle regioni posteriori a quelle anteriori (spreading depression) [16] e al sistema vascolare cranico inducendo complesse modificazioni a cascata nel flusso ematico dei vasi intra ed extracranici [17]. I neuropeptidi vasoattivi così liberati, attivano le cellule endoteliali, le mastcellule e le piastrine che a loro volta aumentano il livello di amine extracellulari, peptidi, metaboliti dell'acido arachidonico, il che porta allo sviluppo di un'infiammazione dei vasi meningei con trasmissione dello stimolo doloroso attraverso il trigemino. Il neurotrasmettitore maggiormente implicato nella patogenesi di questi eventi è la serotonina [15]. Nel 1941 Lashley, un fisiologo che soffriva egli stesso di emicrania, aveva notato che la sua aura visiva viaggiava attraverso il suo campo visivo ad una velocità di 3 mm/min [18], questo calcolo venne effettuato sulla base del fatto che la sua aura durava solitamente 20 minuti e che la corteccia visiva è lunga circa 60 mm. La spiegazione che Lashley dava dell'aura consisteva nell'ipotizzare un'onda di intensa eccitazione, con una velocità di propagazione di circa 1-3 mm/min, che si muoveva attraverso la corteccia visiva [16]. A quest'onda ne seguiva poi un'altra di completa inibizione dell'attività, con una velocità di recupero dello stesso ordine di grandezza della prima. Questa teoria fu ulteriormente avvalorata nel 1944 quando, un neurofisiologo brasiliano che lavorava a Boston, Aristides Leão, che pubblicò le sue osservazioni su un processo di attività neurale che egli chiamò "spreading depression" [17], [19]. Leão notò che quest'onda di ridotta attività elettrica provocata da una stimolazione dannosa, avanzava attraverso la corteccia cerebrale di conigli XXIX

30 anestetizzati, piccioni e gatti e che quest onda era associata ad un'altra simultanea di marcata vasodilatazione e di incremento del flusso ematico nelle arterie e nelle vene piali, apparentemente come da risposta secondaria ai cambiamenti neurali [20]. Insieme a Morrison, Leão evidenziò la possibilità che nell'emicrania potesse essere presente la spreading depression, notando che "la marcata dilatazione dei vasi ematici maggiori e la lenta marcia dello scotoma nel campo visivo o dei disturbi della sfera sensitiva somatica erano fenomeni suggestivamente simili ai fenomeni sperimentali descritti" [21] (Figura 2.4). Figura 2.4: Spreading depression nell'emicrania Nel 1958 anche un canadese, P.M. Milner, ipotizzò un possibile collegamento tra l'aura emicranica e la spreading depression di Leão, ma la teoria non prese realmente piede fino a quando non si diffusero i lavori di Olesen e collaboratori, eseguiti in Danimarca durante gli anni '80, dove si dimostrar una riduzione del flusso ematico cerebrale durante l'aura. Essi inoltre riscontrarono che questo fenomeno si sviluppava prima e superava in durata i sintomi focali (Figura 2.5) [22]. XXX

31 Figura 2.5: Cambiamenti del flusso ematico cerebrale nel lobo occipitale Questi studi suggerivano che, nell'emicrania con aura, una spreading oligoemia ("oligoemia che si diffonde") si muoveva attraverso la corteccia alla velocità di 2-3 mm/min (similmente alla velocità descritta da Lashley) preceduta, da una fase di iperemia focale e che questi cambiamenti vascolari avvenivano in risposta a disturbi della funzione cerebrale, o alla spreading depression corticale. Considerarono allora la possibilità che la spreading depression corticale potesse essere la causa alla base dei sintomi, e che i cambiamenti del flusso ematico cerebrale nell'emicrania potessero essere un epifenomeno. È comunque difficile far conciliare questi eventi con i sintomi clinici dell'aura dato che questi non sono sempre identici (per esempio, essi non durano sempre per 20 minuti e possono non sempre seguire il pattern dello scotoma e dello spettro di fortificazione che hanno una marcia attraverso il campo visivo). Si aggiunge poi, il problema della spiegazione dei sintomi sensitivi che spesso iniziano alla mano e si diffondono in alto verso il braccio fino alla faccia. Neanche i cambiamenti neurali possono spiegare i sintomi clinici dell'emicrania, dal momento che le evidenze sull esistenza di una XXXI

32 spreading depression nell'uomo sono molto limitate e dal fatto che questa riguarda un'area maggiore rispetto alle parti isolate di encefalo associate ai sintomi dell'aura. Anche se la spreading depression [23] rivestirebbe un ruolo importante nell'emicrania, essa non è ancora in grado di spiegare i sintomi prodromici, né è in grado di spiegare la cefalea, in quanto l'encefalo è dotato di algo-recettori propri Teoria trigeminovascolare Esistono considerevoli evidenze che il dolore cefalico dell'emicrania sia mediato dal sistema trigeminovascolare. Il nervo trigemino è il maggiore nervo sensitivo della testa, che conduce per via ortodromica gli impulsi provenienti dai vasi ematici o da altre strutture algosensibili intracraniche fino ai centri superiori del sistema nervoso centrale che registra gli impulsi come dolore. Durante gli anni ottanta, Moskowitz, a Boston, propose la teoria dell'infiammazione "neurogenica" o "sterile" (Figura 5.5). Figura 2.6: Infiammazione neurogenica La stimolazione del nervo trigemino [24-26] provoca impulsi che viaggiano in senso contrario, cioè in senso antidromico, verso il basso lungo l'assone trigeminale, dalla corteccia, o dagli altri centri superiori del sistema nervoso centrale, verso i vasi sanguigni del cranio. Ciò provoca le secrezione di neurotrasmettitori come la XXXII

33 sostanza P ed il "calcitonin gene-related peptide" (CGRP). Il CGRP è il più potente vasodilatatore delle arterie cerebrali, i suoi livelli aumentano in seguito alla stimolazione del ganglio trigeminale. Goadsby e Edvinsson hanno recentemente mostrato che i livelli di questo peptide sono elevati durante la fase di cefalea dell'emicrania e quindi può essere un possibile marker dell'attivazione del sistema trigeminovascolare nell'emicrania. In accordo con l'ipotesi di Moskowitz, sarebbero i trasmettitori secreti legati ai recettori della parete vasale a causare la loro dilatazione e lo stravaso (la cosiddetta infiammazione neurogenica). Dall'altro lato, gli impulsi dolorosi, passando attraverso la via ortodromica indietro verso il tronco encefalico, vengono poi interpretati come dolore dal sistema nervoso centrale. Questa teoria calza perfettamente con il ruolo della serotonina o 5-idrossitriptamina (5HT) nell'emicrania, dal momento che i recettori di tipo 5HT 1 D presinaptici sono localizzati ad entrambe le terminazioni dell'assone trigeminale. È stato dimostrato che la serotonina inibisce il rilascio di sostanza P e di CGRP, impedendo che avvenga il ciclo del dolore. Nel modello di Moskowitz, quindi, farmaci come l'ergotamina ed i triptani, che agiscono sui recettori della 5HT, sono efficaci nel controllo del dolore grazie all'inibizione dell'infiammazione neurogenica. Sfortunatamente, è discutibile la rilevanza di questo modello per l'uomo, in modo particolare perché alcuni farmaci, che si dimostrano efficaci nell'emicrania, non vanno ad inibire l'infiammazione neurogenica e viceversa Teoria genetica XXXIII

34 Una predisposizione ereditaria per l'emicrania è frequentemente osservata nella pratica clinica. Tuttavia, diverse ragioni giustificano il ritardo e le resistenze ad un approccio genetico alle cefalee primarie. In primis, l'alta prevalenza della malattia emicranica nella popolazione generale, segue la mancanza di marcatori biologici o di laboratorio, che affidano la diagnosi nella sua interezza all'acume clinico ed infine, almeno fino a qualche tempo fa, la mancanza di un accordo diffuso sulle caratteristiche cliniche e sui criteri diagnostici. Almeno quest'ultimo ostacolo è stato superato dalla classificazione, ormai universalmente adottata, della IHS del 1988, che permette il necessario terreno diagnostico comune. A queste difficoltà, si aggiungano le incertezze sul processo patogenetico alla base della malattia, e il fatto che l'emicrania costituisce tipicamente una malattia da "soglia", possibile cioè a verificarsi in qualsiasi individuo se tale "soglia" di eccitabilità viene superata. Nonostante tutto, però, sono stati diversi gli studi di genetica sull'emicrania in questi ultimi anni che hanno portato contributi rilevanti. Una forma, sia pur rara, di emicrania, l'emicrania emiplegica familiare (EEF), è stata già caratterizzata da un punto di vista genetico e molecolare, ciò lascia ben sperare anche per le altre forme più comuni di emicrania, con e senza aura. Diversi studi e diverse metodologie sono state impiegate per identificare una eventuale base genetica dell'emicrania [27]. Classico è il confronto tra gemelli mono e dizigoti alla ricerca della concordanza per il tratto interessante. I numerosi studi di gemelli danno costantemente una concordanza per emicrania maggiore tra i mono che tra i dizigoti, XXXIV

35 all'incirca il 46% contro il 14%, indicando cioè che tra 1/3 e 1/2 (in media il 38%) della variabilità fenotipica tra i gemelli si spiega puramente su base genetica. Altri studi hanno invece preso in considerazione il rischio di malattia in parenti di primo e secondo grado paragonato a quello della popolazione generale, ed ancora l'analisi delle sib-pairs, cioè il confronto tra coppie di fratelli appartenenti allo stesso ceppo familiare. Secondo la Merikangas [28], che ha condotto una meta-analisi su tutta la letteratura prodotta sull'argomento, il rischio relativo di malattia (cioè la familiarità positiva) è aumentato più di 6 volte, con un range da 1,4 a 13,1, tra gli emicranici in paragone alla popolazione generale. Russell [29-30] ha raggiunto conclusioni analoghe, ritrovando un rischio aumentato di circa 3 volte in parenti di primo grado di probandi con emicrania senza aura, e di circa 2 volte per l'emicrania con aura. Lo studio di Russell, determinava che i parenti di probandi con emicrania senza aura non hanno un rischio più elevato per emicrania con aura, al contrario di quelli dei probandi con aura che mostrano un rischio aumentato di 2 volte anche per emicrania senza aura. Infine, riportava che nessun rischio aggiuntivo era evidente nei coniugi di emicranici, che presumibilmente (almeno in parte) condividono lo stesso ambiente familiare e sociale degli emicranici, ad ulteriore conferma della "bontà" dei dati genetici. In conclusione questo studio mette in evidenza che le due malattie, emicrania con e senza aura, sono dovute a geni distinti in quanto ereditate in maniera indipendente, e pertanto costituiscono entità nosografiche separate. In uno studio su una casistica pediatrica (81 bambini o adolescenti con emicrania o emicrania "accompagnata") [31], Baier propendeva per un tipo di ereditarietà poligenica, legata cioè all'interazione di diversi geni responsabili, e XXXV

36 multifattoriale (se si tiene conto anche del ruolo di fattori patogenetici ambientali) ed osservò che l'emicrania era significativamente più frequente nella linea materna rispetto alla paterna (27,7 vs 10,1%) e che l'esordio dell'emicrania avveniva più precocemente nei probandi con maggior frequenza familiare di emicrania. Tale interpretazione dei dati è quella ormai prevalente ad oggi. Baier stesso tuttavia, pur se in favore di essa, affermava che se la trasmissione genetica dell'emicrania fosse di tale tipo multifattoriale, il tasso di concordanza tra gemelli monozigoti dovrebbe risultare più di 4 volte superiore a quello tra i dizigoti, ed il rischio di malattia tra parenti di secondo grado di gran lunga inferiore al 50% di quelli di primo grado, dati non rispettati né dalla casistica di Baier né nella precedente letteratura. È infine interessante riportare l'ipotesi di una trasmissione dell'emicrania come carattere "soglia", cioè genetico ma modulato da fattori esogeni ed endogeni, il che propone l'emicrania come un carattere "limitato al sesso". Un suggerimento di linkage sul braccio lungo del cromosoma X è stato recentemente avanzato da Nyholt Altre teorie I livelli di catecolamine plasmatiche presentano delle fluttuazioni, parallele alle variazioni plasmatiche della serotonina. I livelli sierici di dopaminaβ-idrossilasi, marker dell'attività simpatica, aumentano durante l'attacco di cefalea emicranica e l'acido vanillilmandelico (VMA), catabolita delle catecolamine, viene escreto in maggior quantità. I livelli plasmatici di noradrenalina (ma non di adrenalina) diminuiscono, sebbene la noradrenalina attivi il fattore di attivazione piastrinico (PAF) ed una sua infusione provochi XXXVI

37 costrizione dei vasi extracranici, non ci sono evidenze cliniche o sperimentali di una implicazione nella patogenesi dell'emicrania. L istamina induce una vasodilatazione generalizzata e negli emicranici, sono stati segnalati elevati livelli di istamina. Si pensa che l'istamina possa contribuire alla componente vascolare dell'emicrania che deriva dai tessuti extracranici. II magnesio influenza il tono vascolare. Un deficit di magnesio induce, in soggetti sperimentali, iperaggregazione piastrinica e rilascio di neurotrasmettitori centrali. E stato segnalato che nell'emicrania vi sono bassi livelli di magnesio a livello cerebrale. Studi sull'uso terapeutico del magnesio nell'attacco acuto d'emicrania sono promettenti. I livelli plasmatici di melatonina sono ridotti negli emicranici. È noto ormai da tempo che l'emicrania è collegata ai ritmi circadiani, e che la maggior parte degli attacchi inizia tra le 6 e le 10 del mattino. Alcuni trial con la melatonina, che è in grado di far cambiare i cicli sonno/veglia, hanno fatto registrare alcuni successi nella terapia dell'emicrania. La tiramina è un'amina vasoattiva coinvolta nella patogenesi dell'emicrania scatenata da alimenti. Studi recenti non sono stati in grado di fornire l'evidenza definitiva che nell'emicrania esista un'anormalità del metabolismo della tiratina. Bisogna altresì considerare che, nella maggioranza degli emicranici, il legame esistente tra l'ingestione, prima della fase di cefalea, dei cibi che contengono tiramina, può essere maggiormente correlato all'assunzione ossessiva di cibo della fase prodromica piuttosto che ad un meccanismo-trigger. Le piastrine contengono più del 90% della serotonina totale e ciò ha fatto formulare l'ipotesi che l'emicrania è primariamente un disturbo di queste cellule. Questo disturbo porterebbe ad una fase episodica di aggregazione piastrinica e XXXVII

38 quindi di rilascio di serotonina. Esiste l'evidenza che nell'emicrania vi sia aggregazione delle piastrine ed è stato segnalato che l'attività della monoaminossidasi (MAO) piastrinica è più bassa che nei controlli sani. Non è inverosimile l'ipotesi che l'iperaggregabilità piastrinica possa essere associata all'aura emicranica infatti, l'aggregazione piastrinica ed il rilascio di serotonina possono essere interpretati come eventi secondari dato che è la serotonina contenuta nel tronco encefalico il più probabile candidato coinvolto nella genesi dell'emicrania. Il rilascio di prostaglandine può giocare un ruolo importante nell'emicrania, dal momento che sono stati segnalati benefici dal trattamento dell'attacco acuto, mediante l'utilizzo di inibitori delle prostaglandine. Questo meccanismo può essere particolarmente rilevante per alcuni attacchi di emicrania mestruale, particolarmente se associati a dismenorrea e menorragia. È stato proposto che l'ossido nitrico sia coinvolto nello scatenamento e nel mantenimento dell'attacco emicranico [32]. Gli inibitori dell'ossido nitrico sintetasi infatti, si sono dimostrati promettenti nel trattamento dell'attacco acuto di emicrania; vi è inoltre l evidenza che, fra gli effetti dei triptani, ci sia anche quello di riuscire ad inibire l'attività dell'ossido nitrico sintetasi. 2.3 Cosa provoca l'attacco emicranico: i Trigger Non c'è una causa unica nella genesi degli attacchi di emicrania, bisogna immaginare una "soglia per l'emicrania", che è determinata da un corredo genetico individuale. Questa soglia viene abbassata o alzata da una combinazione di fattori scatenanti sia esterni, così come da cambiamenti interni a livello encefalico che XXXVIII

39 possono oltrepassare la soglia e scatenare un attacco di emicrania. Ciò spiegherebbe perché saltare un pasto, il tremolio della luce del sole o la mancanza di sonno non siano sempre in grado da soli di scatenare un attacco. Comunque, se qualcuno di questi fattori si combina ad esempio con un periodo di stress lavorativo o la caduta dei livelli estrogenici durante il ciclo mestruale, ne può risultare un attacco. Il riconoscimento dei fattori in grado di contribuire allo scatenarsi di un episodio emicranico può aiutare paziente, inducendolo ad adottare cambiamenti nello stile di vita tali da minimizzare la frequenza degli attacchi [33]. Può essere uno spreco di tempo l'identificazione di specifici fattori scatenanti attinenti al singolo paziente, in quanto nessun fattore scatenante dell'emicrania si applica ad ogni paziente ed, anche nello stesso paziente, diverse combinazioni di trigger possono essere responsabili di attacchi diversi. Uno dei trattamenti di profilassi potrebbe essere proprio quello di far elevare la soglia dell'emicrania. I fattori trigger dell'emicrania (Tabella 2.1) non sono diversi dai fattori che provocano una "normale" cefalea in soggetti apparentemente non emicranici. In alcuni casi può essere difficile distinguere i fattori scatenanti dai sintomi prodromici. Insufficiente apporto di cibo Cibi specifici Sonno Dolore al collo ed alla testa Trigger emozionali Fattori ambientali (condizioni atmosferiche, luce, odori forti) Cambiamenti dei livelli ormonali Malattie Tabella 2.1: I Trigger dell'emicrania XXXIX

40 Apporto insufficiente di cibo Il ritardo o il salto dei pasti, provocando bassi livelli glicemici, sono probabilmente i più comuni fattori scatenanti dell'emicrania [34]. Si tratta di un'evenienza specifica nei bambini, le cui richieste metaboliche, derivanti dalla crescita e dall'intensa attività, non sono adeguatamente soddisfatte. Un'inadeguata quantità di cibo può però essere una causa importante anche per gli adulti. Saltare la prima colazione, tipicamente scatena attacchi in tarda mattinata, saltare il pranzo può ovviamente scatenare attacchi nel tardo pomeriggio. Se gli attacchi sono presenti al risveglio, è meritevole di considerazione l'ora in cui solitamente il paziente cena (spesso troppo presto), la soluzione potrebbe essere uno snack facilmente digeribile da prendere a tarda sera. Dieta Troppa gente evita rigorosamente alcuni cibi sospetti, senza prima scoprire se questi contribuiscano realmente allo scatenamento della loro cefalea. La voglia di cibi dolci, come il cioccolato, è inoltre un sintomo prodromico, che preannuncia un mal di testa piuttosto che essere un suo fattore scatenante. Altri trigger, come le fluttuazioni ormonali perimestruali e lo stress, possono loro stessi essere associati al forte desiderio di dolci. Nonostante la più probabile associazione tra il forte desiderio di alcuni cibi ed i sintomi prodromici di emicrania, l'allergia da cibo è popolarmente considerata come un fattore scatenante gli attacchi. I cibi più frequentemente colpevolizzati sono il vino rosso, il formaggio, gli agrumi ed il cioccolato (Tabella 2.2) [35-37]. XL

41 Proteine animali Mele Banane Fagioli Cereali Formaggio Cioccolato Agrumi Caffè Uova Pesce Hot dog Latte Glutammato monosodico Noci Cipolla Riso Molluschi Pomodori Vino Tabella 2.2: Alcuni cibi ritenuti fattori trigger dell'emicrania Il termine "allergia" non dovrebbe però essere usato, in relazione all'emicrania, come una vera risposta allergica ad un "antigene" (in questo caso un cibo sospetto), associata alla produzione di "anticorpi" specificamente misurabili nell'organismo [38] infatti, nonostante l'intensa ricerca, nell'emicrania non è stata identificata alcuna reazione specifica antigene-anticorpo. Il prick-test cutaneo o il radioallergoabsorbent test (RAST) sono indicati molto raramente, eccetto che per quei pazienti che sviluppano una rapida insorgenza di sintomi in risposta ad un cibo specifico. I termini "sensibilità" o "intolleranza" al cibo, al contrario, vengono usati quando i sintomi sono precipitati da meccanismi di tipo non immunologico. La presentazione usuale è di una cefalea cronica, piuttosto che episodica, associata a diarrea, dolore, flatulenza e gonfiore anche cronici. Piuttosto che da una specifica intolleranza al cibo, l'emicrania potrebbe essere scatenata da amine vasoattive, in particolare dalla tiramina, dall'istamina e dalla feniletilamina, presenti in cibi come il formaggio e la cioccolata [39]. Sebbene la ricerca degli anni settanta abbia fornito forti evidenze, non è ancora chiara la vera associazione tra amine ed emicrania, come si riteneva in precedenza [40]. C'è comunque un sostegno scientifico dell'esistenza di cibi che agiscono da trigger. Alcuni drink alcolici possano scatenare attacchi in individui suscettibili XLI

42 infatti, alcune ricerche suggeriscono che, alcune bevande alcoliche, contengono sostanze chimiche che possono agire direttamente a livello vasale o provocare il rilascio di altre sostanze chimiche ritenute in grado di scatenare attacchi di emicrania [41]. A questo riguardo, il paziente è sensibile ad alcuni componenti degli alcolici, in particolare ai flavonoidi (come è per certi vini rossi). Anche la sospensione dell'assunzione di caffeina è stata implicata come un fattore scatenante dell'emicrania, rilevante è il caso di quei pazienti che assumono molta caffeina durante la settimana lavorativa. Una riduzione di questa assunzione, tipicamente nei week-end, può provocare degli attacchi [42-43]. Sebbene ciò sia stato associato ad un aumento dell'emicrania del week-end, è anche probabile che ci siano altri fattori in grado di provocare attacchi nello stesso periodo, particolarmente l'eccesso di sonno, il fare colazione in ritardo ed il rilassamento dopo lo stress di una settimana lavorativa. Considerando tutti questi fattori, è ovvio che sia complesso il ruolo dei cibi trigger nell'emicrania, in pratica, la maggior parte degli emicranici può mangiare qualunque cosa, finché mangiano abbastanza per soddisfare le proprie esigenze energetiche. Comunque, solo per pochi individui suscettibili è stato possibile stabilire una relazione temporale definita e riproducibile tra l'ingestione di determinati cibi, di alcol, e l'insorgenza di emicrania ma anche per questi pazienti, l'elemento sospetto può non scatenare un attacco in ogni occasione. Esercizio fisico L'esercizio fisico intenso praticato da una persona non in forma può far precipitare un attacco. Ciò induce molta gente a non fare esercizio fisico quando, in effetti, praticarlo con regolarità può aiutare a prevenire gli attacchi di emicrania. XLII

43 Questo perché l'attività fisica fa migliorare il bilancio glicemico, aiuta la respirazione, stimola l'organismo a rilasciare endorfine ed encefaline e promuove un senso generale di benessere. Ormoni Molte donne riferiscono di essere più suscettibili agli attacchi di emicrania nel loro periodo mestruale ed una piccola percentuale ha attacchi esclusivamente associati con le mestruazioni. La maggior parte delle donne può essere trattata con le usuali strategie di intervento per emicrania, ma poche di esse, con ovvi fattori trigger ormonali, possono beneficiare di un intervento specifico. L'uso dei contraccettivi orali combinati può esacerbare l'emicrania in alcune donne e migliorarla in altre, una controindicazione all'uso di questi è l emicrania con aura, ma non ad altri metodi che non contengano etinilestradiolo. Il climaterio è associato ad un aumento della frequenza dell'emicrania, in particolare dell'emicrania mestruale. La stabilizzazione delle fluttuazioni ormonali utilizzando una terapia sostitutiva, può essere indicata nel caso siano presenti altri sintomi del climaterio. Malattie Comunemente la cefalea si associa alle infezioni sistemiche, ma può anche capitare che ci sia emicrania. E incerto se la malattia sia un trigger di per sé o se agisca abbassando la soglia d'attacco, dal momento che rende l'individuo più sensibile agli effetti di altri trigger. Quello che comunque è certo è che gli attacchi di emicrania è molto più probabile che avvengano quando il paziente è affetto da un raffreddore o dall'influenza. XLIII

44 Dolore muscoloscheletrico Il dolore al collo o alla schiena possono derivare da un trauma specifico, ma anche la semplice sensibilità muscolare non associata a patologie sottostanti, può sfociare in una cefalea e scatenare l'emicrania. I sintomi sono frequentemente aggravati da posture errate, particolarmente quelle assunte stando seduti davanti ad un computer per molte ore al giorno o anche dal guidare regolarmente per lunghe distanze. Le cause fisiche richiedono trattamenti fisici, sebbene possano essere necessari molti mesi prima di riuscire ad apprezzare un qualche beneficio. Sonno L'associazione tra sonno ed emicrania è scarsamente conosciuta. I pazienti spesso riferiscono di avere emicrania al risveglio o subito dopo. La mancanza di sonno può risultare da depressione, ansia, dalle vampate di calore della menopausa o dal ritardare l'ora di andare a letto per eventi sociali, lavoro o studio; in tal caso, l'emicrania può intervenire dopo poche notti insonni. Al contrario, l'emicrania può essere provocata anche dal dormire solo mezz'ora più del solito o anche dal restare a letto a sonnecchiare dopo il risveglio. Il meccanismo non è noto. Il sonno gioca chiaramente un ruolo importante nell'emicrania dal momento che, durante un attacco, i pazienti riferiscono che il sonno può frequentemente far cessare l'attacco ed è proprio per questo motivo che a questi soggetti si consiglia, quando possibile, di dormire con regolarità. XLIV

45 Stress L'ansia e l'emozione giocano un ruolo importante. La maggior parte degli emicranici affronta gli stress nel momento in cui si presentano, ma hanno poi attacchi di cefalea quando si rilassano (la ragione più probabile per la quale l'emicrania si presenta più spesso durante i week-end). Gli stress spesso sfociano in altri trigger come il saltare i pasti, la scarsità di sonno e la sensibilità muscolare. Sebbene lo stress sia spesso inevitabile, è importante cercare di evitare la creazione di altri fattori scatenanti. Disfunzione dell'articolazione temporo-mandibolare La disfunzione dell'articolazione temporo-mandibolare (ATM) può essere associata con tensione dei muscoli temporali, cosa che produce mal di testa, spesso quotidiano, ma che può anche occasionalmente scatenare l'emicrania. I pazienti che notano di avere come un "click" alla mascella, particolarmente se digrignano i denti durante la notte o se serrano le mascelle, possono essere indirizzati da un odontoiatra, qualora le semplici misure terapeutiche siano state inefficaci. Bisognerà anche consigliare di evitare altri trigger che possano provocare tensione muscolare come masticare chewing gum [44]. Viaggi L'emicrania è stata collegata in particolare ai viaggi aerei, resta però incerto se sono i cambiamenti di pressione nell'apparecchio che scatenano l'emicrania. Ma ciò che è importante nei viaggi è che questi sono associati con una moltitudine di XLV

46 altri trigger: fatica per la preparazione del viaggio e per il viaggio in sé, lo stress, pasti saltati o ritardati, rumore, alloggi angusti, aria secca e disidratazione. Condizioni atmosferiche I cambiamenti delle condizioni atmosferiche sono spesso citati come fattori scatenanti di emicrania, sebbene i dati siano controversi. In Gran Bretagna, uno studio svolto a Londra [45], non ha trovato alcuna evidenza di un qualche effetto di rilievo delle condizioni atmosferiche sull'emicrania sebbene uno studio effettuato in Scozia suggerisca invece che un aumento della pressione barometrica sia associato ad un aumento della frequenza degli attacchi d'emicrania [46]. Weekend E più probabile che l'emicrania possa scatenarsi nel fine settimana, in quei pazienti che lavorano dal lunedì al venerdì. Questo pattern è più probabile che consegua ad una combinazione di eventi come : il rilassamento dopo lo stress, far tardi la notte, dormire più a lungo, fare colazione più tardi e una ridotta assunzione di caffeina nel fine settimana rispetto a quanto accade nei giorni feriali. Unità videodisplay Le unità videodisplay sono spesso considerate fattori scatenanti ma è più probabile che il trigger sia correlato al modo in cui il soggetto lavora allo schermo stesso. Oltre all'aumento della contrazione muscolare della testa e del collo, il lavoro al computer per lunghi periodi è associato con un ridotto ammiccamento e quindi ad occhi secchi ed infiammati. Questi problemi possono essere minimizzati volgendo lo XLVI

47 sguardo lontano ad intervalli regolari ed effettuando alcuni esercizi semplici e veloci di stretching durante le pause. Altre cause Esistono molti altri fattori precipitanti l'attacco di emicrania come: la forte luce solare, gli odori forti, gli ambienti fumosi, la disidratazione, il cinema ed i rumori. 2.4 Criteri diagnostici La cefalea rappresenta non solo uno dei più frequenti motivi di consultazione medica, ma è anche una patologia che spesso spaventa i pazienti: una cefalea che sia presente per gran parte dell'arco dell'esistenza, sia che si tratti di una forma accessuale sia che abbia un andamento continuo-remittente, può influire enormemente sulla qualità della vita del paziente ed interferisce con lo svolgimento delle attività quotidiane. Fare una diagnosi di cefalea primaria significa valutare globalmente la condizione clinica del paziente, considerare l'impatto della malattia sulla sua vita psichica e di relazione, individuare i fattori scatenanti, evidenziare l'eventuale presenza di altre forme di cefalea e, soprattutto, rassicurare il paziente spiegandogli che, se non è possibile farlo guarire, si può fare molto per curare la sua cefalea e quindi per migliorare la qualità della sua vita. Per un medico che si trovi ad interagire con un paziente con cefalea gli obiettivi diagnostici essenziali sono due: XLVII

48 - inquadrare in modo corretto la malattia, differenziandola da altre patologie e quindi escluderne una natura secondaria; - definire in modo specifico tra le varie forme primarie: emicrania, cefalea di tipo tensivo e cefalea a grappolo. La diagnosi di cefalea primaria è fondamentalmente clinica: la maggioranza dei sintomi è di natura soggettiva e non è disponibile, allo stato attuale, alcun dato strumentale o biologico che abbia valore di criterio diagnostico (Tabella 2.3). Emicrania Cefalea di tipo tensivo Cefalea a grappolo Tipo del dolore pulsante gravativo-costrittivo trafittivo-lancinante Durata 4-72 ore 30 minuti-7 giorni minuti Sede del dolore unilaterale bilaterale unilaterale Intensità del dolore Fenomeni associati Effetto dell'attività fisica moderato-severo lieve-moderato nausea, vomito, fotofobia, fonofobia nausea, fotofobia, fonofobia severo aggrava non aggrava non aggrava iniezione congiuntivale, lacrimazione, rinorrea, sudorazione facciale, edema palpebrale Tabella 2.3: Diagnosi differenziale schematica delle principali cefalee primarie Un'attenta raccolta della storia clinica ed un accurato esame obiettivo generale e neurologico rappresentano il punto cruciale dell'iter diagnostico e generalmente sono sufficienti a definire la natura della cefalea. Una indagine superficiale o frettolosa può condurre ad un errato orientamento diagnostico, con il grave rischio di trascurare patologie organiche concomitanti o, al contrario, di allarmare il paziente indirizzandolo verso indagini costose quanto inutili. L'unico razionale per un approfondimento diagnostico-strumentale e/o di laboratorio è XLVIII

49 rappresentato dalla presenza di un quadro clinico che suggerisca l'esistenza di una patologia organica o dall'insorgenza di segnali d'allarme in un paziente con cefalea primaria. La descrizione precisa della sintomatologia cefalalgica rappresenta la base per un corretto inquadramento clinico. L'importanza attribuita dal paziente e dal medico ai diversi aspetti della cefalea non sempre coincide: il paziente spesso risponde in modo vago a domande che richiedono risposte precise e, viceversa, può tendere ad arricchire di particolari irrilevanti la descrizione del proprio mal di testa. Non è raro ad esempio che i pazienti riferiscano solo gli attacchi più severi e disabilitanti, omettendo gli altri, o che interpretino come diversi tipi di cefalea attacchi in realtà simili ma con intensità diversa, o viceversa. I pazienti inoltre tendono a nascondere un eventuale abuso di farmaci sintomatici, che può rappresentare la causa della cronicizzazione di una forma inizialmente episodica. La scarsa precisione con cui il paziente fornisce indicazioni non permette una diagnosi differenziale tra le diverse forme di cefalea primaria al momento della prima visita. In particolare, può risultare difficoltoso distinguere una forma di emicrania senza aura da una cefalea di tipo tensivo (forme che peraltro possono coesistere nello stesso paziente). Nei casi in cui i dati clinici raccolti dal paziente non appaiano sufficienti a porre diagnosi di una forma specifica di cefalea primaria, è opportuno rivedere il paziente a distanza di qualche mese, invitandolo a riportare su un diario la frequenza e la durata della cefalea, i farmaci sintomatici assunti, specificandone dosaggio e frequenza di assunzione. I dati riportati dal paziente potranno essere utilizzabili non solo per la diagnosi, ma anche per la verifica successiva delle modificazioni indotte dal trattamento terapeutico sull'andamento clinico della cefalea. Le diverse forme di XLIX

50 cefalea presentano una storia clinica e terapeutica, un decorso ed una evoluzione diversi ed è fondamentale che la diagnosi venga fatta sulla base dei segni e dei sintomi rilevati e non per esclusione. La raccolta dell'anamnesi personale e familiare del paziente deve essere accurata, con l'attenzione rivolta a cogliere aspetti non solo medici, ma anche psicosociali, professionali, alimentari e relativi allo stile di vita. E importante capire quanto influisca la presenza della cefalea sulla vita del paziente, sul suo lavoro, nelle relazioni sociali Il primo dato da acquisire è se si tratta di cefalea con decorso episodico con periodi intervallari di completo benessere oppure se si tratta di cefalea con decorso giornaliero o quasi. I dati clinici da valutare: - Pregressa storia positiva per cefalea - Anamnesi familiare per cefalea: è rassicurante il dato anamnestico di episodi cefalgici analoghi in uno dei due genitori. - Età del paziente: in genere più è avanzata l età del paziente, maggiori sono le probabilità che la cefalea sia di natura secondaria. - Profilo temporale: durata della malattia, età d'esordio e modalità di insorgenza della cefalea, andamento temporale della sintomatologia algica. L

51 - Frequenza (regolare, stagionale ) e durata dell'attacco: va considerata la durata minima e massima degli attacchi e quella media degli episodi non trattati. - Sede del dolore (diffuso, lateralizzato, focale), la sua eventuale successiva irradiazione, le sue caratteristiche (dolore pulsante, gravativo, trafittivo, martellante, urente, ecc.), e la sua intensità, valutata non solo in termini descrittivi e quindi soggettivi (lieve-moderata-severa), ma anche definita in relazione al grado di disabilità che produce: Grado lieve: dolore che non interferisce con le comuni attività quotidiane; Grado medio: dolore che limita le comuni attività quotidiane; Grado severo: dolore che impedisce le comuni attività quotidiane. - Presenza di sintomi neurologici che precedono o accompagnano la fase del dolore e se esistano sintomi associati al dolore (compresi eventuali prodromi), con particolare attenzione a: alterazione dello stato di coscienza, nausea, vomito, febbre, vertigini, diplopia, ambliopia, fotofobia). - Fattori scatenanti (eventi stressanti, luce, rumori, riposo, sforzi fisici, alcool ecc.). - Effetto di terapie in atto o precedenti. - Patologie mediche concomitanti o pregresse. L'esame obiettivo generale e neurologico, che deve ovviamente risultare negativo nelle forme di cefalea primaria, completa l'iter diagnostico. L'andamento accessuale della sintomatologia algica e la negatività obiettiva clinica nei periodi liberi da dolore sono alcuni degli elementi tipici delle forme primarie. Le forme LI

52 secondarie sono invece solitamente caratterizzate da un esordio acuto o ingravescente con andamento continuo o remittente e dalla comparsa di altri segni e/o sintomi neurologici o sistemici. All'inquadramento diagnostico del paziente con una forma di cefalea primaria segue una adeguata informazione del paziente sulla natura della sua cefalea, sulla prognosi e sui limiti della terapia. Va chiaramente detto che non è, allo stato attuale, possibile comprendere con esattezza i meccanismi patogenetici delle cefalee primarie; che queste avranno un andamento fluttuante nella vita, con miglioramenti e peggioramenti spesso in relazione a fattori fisiologici ed ambientali e che possono essere curate, ma certamente non guarite. Tanto più sono chiare e dettagliate le informazioni del medico tanto più sarà alto il livello di collaborazione del paziente, anche nella fase terapeutica. 1.1 Criteri diagnostici dell emicrania senza aura A. Almeno 5 attacchi che soddisfino i criteri B-D B. La cefalea dura 4-72 ore (non trattata o trattata senza successo) C. La cefalea presenta almeno due delle seguenti caratteristiche: 1. localizzazione unilaterale 2. tipo pulsante 3. dolore con intensità media o forte 4. aggravata da o che limiti le attività fisiche di routine (per es. camminare, salire le scale) D. Alla cefalea si associa almeno una delle seguenti condizioni: 1. presenza di nausea e/o vomito 2. presenza di fotofobia e fonofobia E. Non attribuita ad altra condizione o patologia 1.2 Criteri diagnostici dell emicrania con aura tipica A. Almeno 2 attacchi che soddisfino il criterio B B. Aura emicranica che soddisfi i criteri B e C per una delle sottoforme C. Non attribuita ad altra condizione o patologia Criteri diagnostici dell aura tipica con cefalea emicranica LII

53 A. Almeno 2 attacchi che soddisfino i criteri B-D B. Aura caratterizzata da almeno uno dei seguenti, in assenza di deficit motori: 1. sintomi visivi completamente reversibili, positivi (come luci tremolanti, macchie, linee) e/o negativi (per es. perdita del visus) 2. sintomi sensitivi completamente reversibili, positivi (per es. punture di spilli ) e/o negativi (per es. ipoestesia) 3. disturbi del linguaggio completamente reversibili C. Presenza di almeno due delle seguenti caratteristiche: 1. disturbi visivi omonimi e/o sensitivi unilaterali 2. almeno un sintomo dell aura si sviluppa gradualmente in 5 minuti e/o diversi sintomi si susseguono in 5 minuti 3. ogni sintomo dura 5 minuti e 60 minuti D. Una cefalea, che soddisfa i criteri B-D per 1.1 Emicrania senza aura, inizia durante l aura o la segue entro 60 minuti E. Non attribuita ad altra condizione o patologia Criteri diagnostici dell aura tipica con cefalea non emicranica A. Almeno 2 attacchi che soddisfino i criteri B-D B. Aura caratterizzata da almeno uno dei seguenti, in assenza di deficit motori: 1. sintomi visivi completamente reversibili, positivi (come luci tremolanti, macchie, linee) e/o negativi (per es. perdita del visus) 2. sintomi sensitivi completamente reversibili, positivi (per es. punture di spilli ) e/o negativi (per es. ipoestesia) 3. disturbi del linguaggio completamente reversibili C. Presenza di almeno due delle seguenti caratteristiche: 1. disturbi visivi omonimi e/o sensitivi unilaterali 2. almeno un sintomo dell aura si sviluppa gradualmente in 5 minuti e/o diversi sintomi si susseguono in 5 minuti 3. ogni sintomo dura 5minuti e 60 minuti D. Una cefalea, che non soddisfa i criteri B-D per 1.1 Emicrania senza aura, inizia durante l aura o la segue entro 60 minuti E. Non attribuita ad altra condizione o patologia Criteri diagnostici dell aura tipica senza cefalea A. Almeno 2 attacchi che soddisfino i criteri B-D B. Aura caratterizzata da almeno uno dei seguenti, in assenza di deficit motori: 1. sintomi visivi completamente reversibili, positivi (come luci tremolanti, macchie, linee) LIII

54 e/o negativi (per es. perdita del visus) 2. sintomi sensitivi completamente reversibili, positivi (per es. punture di spilli ) e/o negativi (per es. ipoestesia) C. Presenza di almeno due delle seguenti caratteristiche: 1. disturbi visivi omonimi e/o sensitivi unilaterali 2. almeno un sintomo dell aura si sviluppa gradualmente in 5 minuti e/o diversi sintomi si susseguono in 5minuti 3. ogni sintomo dura 5minuti e 60 minuti D. Non si manifesta cefalea durante l aura, né nei successivi 60 minuti E. Non attribuita ad altra condizione o patologia 2.5 Terapia dell emicrania [47] Terapia Sintomatica nell attacco acuto a) Principi generali: Gli obbiettivi della terapia farmacologia sintomatica contro l emicrania sono i seguenti [48] : - trattare gli attacchi in modo rapido e limitarne le ricorrenze - ristabilire la capacità funzionale del paziente - minimizzare l impiego dei farmaci di back up o di emergenza - ottimizzare l autogestione del trattamento e ridurre l eventuale successivo ricorso alle risorse sanitarie - far sì che la gestione complessiva della patologia sia efficace in rapporto al costo sostenuto LIV

55 - assicurare un incidenza minima o nulla di eventi avversi Premessa indispensabile è il monitoraggio da parte del paziente della propria sintomatologia per alcuni mesi mediante apposite carte diario su cui andranno indicati frequenza, intensità, durata delle crisi, intensità dei sintomi di accompagnamento, consumo di analgesici o altri farmaci, intervento di fattori/situazioni scatenanti o favorenti. E' opinione comune che gli attacchi emicranici sono spesso innescati da fattori o situazioni ricorrenti. Il primo passo verso una corretto approccio terapeutico all'emicrania consiste nell'indirizzare il soggetto verso più adeguate norme igieniche di vita e nell'istruirlo in merito ai comportamenti di evitamento da adottare. La terapia sintomatica dell'emicrania rappresenta l'unica da prescrivere ai pazienti in cui non vi è indicazione alla profilassi (meno di 2 attacchi al mese). I farmaci vanno prescritti in dose adeguata, preferendo quelli contenenti un solo principio attivo. E' opportuno istruire il paziente ad assumerli il più precocemente possibile, dando la precedenza alla via di assunzione rettale o parenterale in presenza di nausea o vomito precoci e/o severi. E' importante adottare, quando possibile, misure supplementari come il riposo a letto in ambiente buio e silenzioso, almeno nelle fasi immediatamente successive all'assunzione del farmaco. Le classi di sostanze più comunemente usate sono gli agonisti dei recettori serotoninergici 5-HT 1, i derivati dell'ergot, gli analgesici, e gli antiemetici. b) Terapia farmacologica: 1) FANS LV

56 Una terapia sintomatica aspecifica della cefalea può essere fatta con i farmaci analgesico-antipiretico-antinfiammatori come: Aspirina, Nevral, Brufen, Naprosyn, Toradol, Moment ecc. Aspirina + Caffeina Cafiaspirina; Aspirina + Paracetamolo + Caffeina Neocibalgina; Paracetamolo + Codeina Co-Efferalgan. La FDA (Food and Drug Administration) ha approvato nel '98 l'associazione Aspirina + Paracetamolo + Caffeina. Sarebbero preferibili, per i minori effetti collaterali, nei casi lievi o moderati perché efficaci nel 75% dei casi, facili da somministrare ed economici. Nelle emicranie refrattarie ai Triptani può essere utile, in fase acuta, il Toradol mg ev. 2) Triptani o Antiserotoninergici Si tratta di agonisti della Serotonina che agiscono sui recettori serotoninici dei quali ne esistono 7 sottoclassi, la loro azione è prevalente sui 1B e 1D [49] è minore sui 1A e 1F [50-51]. Il meccanismo di azione consiste nel provocare vasocostrizione, inibizione neuronale periferica e inibizione della trasmissione neuronale di secondo ordine. Sono agenti specifici per l'emicrania, sono più efficaci e provocano meno nausea dei derivati ergotaminici, sono divenuti di prima scelta nei casi moderatigravi e in quelli che non sono sensibili ai FANS [52]. Evitare l'associazione per potenziamento degli effetti collaterali. I β-bloccanti ne possono aumentare le concentrazioni ematiche. Non associare ad inibitori della ricaptazione della serotonina e IMAO, attendere almeno due settimane [52]. Controindicazioni: coronaropatici, vasculopatici, ipertesi, emicrania vertebrobasilare e gravidanza; in alcuni casi (rari) hanno determinato infarto miocardico, ictus e crisi ipertensive [52]. Non utile l'impiego in profilassi. Effetti collaterali lievi: astenia, nausea, secchezza LVI

57 delle fauci, parestesie, prurito, sensazione di calore e tensione al collo, capogiri, sonnolenza e dolori al torace. Il 20% dei pazienti non risponde soddisfacentemente, ma la mancata risposta ad un Triptano non preclude una risposta ad un altro, infatti hanno uguali controindicazioni e sicurezza ma diversa risposta individuale [52]. Non andrebbero assunti entro 24 h dall'assunzione di altri Triptani o isometeptene o derivati ergotaminici. I prodotti per via nasale, a volte, hanno un'azione più rapida. Sumatriptan Imigran cpr mg, f sc 6 mg, spray nasale 10 mg, supp 25 mg. Agonista selettivo dei recettori serotoninici. Efficace per os nel 75% dei casi e ev nell'85% in 1 h [50]. Dosaggio 50 massimo 200 mg per os o 6 mg sc, alla coscia o al deltoide, o 20 mg intranasale o supposte ripetibile dopo 2 h. Non superare le 3 cpr/die o 2 fiale. Non ripetere prima di 5 gg. Determina costrizione delle grosse arterie extracraniche senza determinare riduzione del flusso cerebrale. Il suo impiego va limitato alla terapia dell'emicrania e della cefalea a grappolo. Lo spray nasale, particolarmente utile negli adolescenti ed in caso di nausea e vomito, è efficace in 2 h nel 75% dei casi. Zolmitriptan Zomig cpr 2,5 mg. Lo Spray nasale non è in commercio in Italia. Analogo al precedente ma in alcuni pazienti più rapido (10'), è più efficace > 80% in 2 h. Dosaggio 2,5 mg ripetibile dopo 2 h. Non superare i 10 mg Rizatriptan Maxalt cpr 5-10 mg, dotato di un'emivita più lunga, è più tollerato quindi utile nei casi prolungati. Dosaggio 10 mg ripetibile dopo 2 h. Dosaggio massimo 20 mg/24h. Naratriptan Amerge (non in commercio in Italia) analogo al precedente e dotato di una lunga emivita. Ripetibili una sola volta nella giornata dopo 4h. LVII

58 Almotriptan Almotrex cpr 12,5 mg. Dosaggio 6,25-12,5 mg massimo due volte/die ad una distanza superiore alle 2 h dalla precedente somministrazione. L'assorbimento non è influenzato dal cibo. Frovatriptan Auradol cpr 2,5 mg. L assorbimento non è influenzato dal cibo. Dosaggio 2,5 mg ripetibile dopo 2 h per un massimo di 7,5 mg/die. Eletriptan Relpax cpr mg. Dosaggio mg ripetibili dopo 2 h fino ad un massimo di 80 mg/die. Le sue concentrazioni ematiche vengono aumentate dalla contemporanea somministrazione di Ketoconazolo, Itraconazolo, Claritromicina, Ritonavir, Nelfìnavir e meno intensamente dal Verapamil e Propanololo. 3) Derivati ergotaminici Erano di prima scelta nelle forme medio-gravi ma per gli effetti collaterali sono stati sostituiti dai Triptani. Ergotamina Ergotan f im 0,25-0,50 mg. Dosaggio per os 1-2 mg (la via parenterale non è raccomandabile). Per os è efficace nel 50% dei casi (per via rettale 80%, per via parenterale 90%), presenta minori effetti collaterali perché l'assorbimento è ritardato dal rallentato svuotamento gastrico presente in caso di emicrania [50]. Cafergot conf. (Ergotamina 1 mg + Caffeina 100 mg), supp. È opportuno non assumere > 4 cpr/die o > 12 cpr/sett, un uso frequente può aumentare il numero di attacchi, rebound headache, per cui se il paziente ha più di due attacchi/sett non è consigliabile. Le supposte richiedono un dosaggio doppio di ergotamina e uguale di caffeina. Effetti collaterali: parestesie, crampi muscolari, prostrazione, nausea, vomito, diarrea, bradicardia, vasocostrizione con occlusioni vascolari per dosi > 6 LVIII

59 mg/die o 10 mg/sett e aumento della pressione arteriosa. Questi rischi sono potenziati dall'associazione con β-bloccanti, triptani ed Eritromicina. Per terapie croniche ad alte dosi si può avere gangrena degli arti. Controindicazioni: sepsi, arteriopatie, cardiopatie, tireotossicosi, gravidanza (stimola le contrazioni uterine), ipertensione, Raynaud, epatopatie, angina e nefropatie. Efficace se preso precocemente, prima che si verifichi vasodilatazione (determina una vasocostrizione extracranica). Non va associata ai Triptani. Diidroergotamina Diidergot. Meno tossico ma anche meno efficace del precedente, con emivita più lunga, può sostituirlo, specie per via parenterale. Provoca meno vasocostrizione. Disponibile anche in spray nasale: Migranal (non in commercio in Italia) 1 spruzzo (0,5 mg)/narice ripetibile dopo 15' ed efficace nel 50% dei casi. Inizio di azione 15'-30', durata 3-4h. Controindicazioni: vedi ergotamina. Effetti collaterali: nausea, vomito, astenia, dolori muscolari, torpore alle dita, angoscia precordiale. Isometeptene mucato Midrin (non in commercio in Italia) impiegabile, essendo più tollerata, in alternativa, nei casi in cui l'ergotamina è controindicata ma l'evidenza di efficacia è limitata [52]. Controindicazioni: glaucoma, cardiopatie, insufficienza renale o epatica, ipertensione e terapia con MAO-inibitori. E un sedativo utile nei bambini e nei casi che si risolvono con il sonno. 4) Oppioidi LIX

60 Butorfanolo Stadol (non in commercio in Italia) uno spruzzo per narice ripetibile dopo 60'-90' nell'altra narice. 5) Cortisonici Decadron 16 mg/im ma solo in caso di attacchi gravi e prolungati. 6) Promettenti gli antagonisti del recettore del peptide correlato alla Calcitonina [53]. In generale è buona norma non assumere i farmaci sintomatici per più di 2 o 3 volte la settimana [54], dal momento che il loro uso eccessivo può causare un incrementata frequenza delle cefalee, fino all instaurarsi dell emicrania da abuso di farmaci (medication-overuse headache) [55]. LEGGENDA ABBREVIAZIONI bust bustine cf confetti cpr liof compresse liofilizzate gastror gastroresistenti cps cts fl supp capsule cachet fiale supposte scir cpr iv sc sciroppo compresse endovena sottocute gtt im gocce intramuscolo TRIPTANI Almotriptan Eletriptan Frovatriptan Rizatriptan Sumatriptan Zolmitriptan cpr 12.5mg cpr 20 e 40 mg cp rivestite 2.5 mg cpr 5 e 10 mg cpr liof.10 mg cpr 50 e 100 mg supp 25mg spray 20mg fl sc 6mg cpr 2.5mg cpr rapido assorbimento ERGOTAMINICI Diidroergotamina cpr 3 mg cps 5 mg gtt 15 ml LX

61 Ergotamina Ergotamina+caffeina Ergotamina +caffeina + aminofenazone spray 1-2 mg fl im 0.25 e 0.50 mg cpr supp supp normali e forti ANTI-EMETICI Domperidone Metoclopramide cpr e cf 10 mg bust 3, 5 e 10 mg scir supp 60 mg cps 10 mg gtt scir spray 400 e 1600 mg fl im iv 10 mg ANALGESICI Acido Acetilsalicilico Acido Acetilsalicilico + gastroprotezione Acido Acetilsalicilico + caffeina Acetilsalicilatodi lisina Acetilsalicilatodi lisina + metoclopramide Diclofenac Ibuprofene Ibuprofene arginina Indometacina Indometacina sale di meglumina Indometacina+caffeina+proclorperazina Ketoprofene Ketoprofene sodico Naprossene Naprossene sale di aminobutanolo Naproxene sale sodico Naproxene betainato sodico cpr 100, 200, 300, 325, 500,800 e1000mg cpr rapido assorbimento 500 mg cpr effervescenti 500 mg supp 300, 1000 e 1200 mg cpr 300 mg div cpr 325 e 500 mg cpr masticabili 500 mg cpr 375 e 500 mg bust 200, 500, 900 e 1000 mg fl 500, 900, 1000 e 1800 mg bust 1620 mg + 10 mg cps 75 e 100mg fl 75 mg cpr 50 e 100mg supp 100mg cps rit 150 mg cpr 400, 500 e 600mg supp 500 e 600mg fl im 500 mg30 bust 600 mg bust 400 mg cps 25 e 50 mg supp. 50 e 100mg fl 50 mg cf supp cpr 25, 50, 100 e 200 mg cps 200 mg supp 100 mg fl im 100 mg cpr 225 mg cpr mg cps 250, 500 mg cpr gastror 500 mg cpr retard 750 mg bust 375, 500 mg supp 500 mg cpr 243 e 680mg supp 680 mg cpr 220, 250, 500, 550 e 750mg cps 250, 275, 500 e 550mg bust 375,500 e 550mg supp 250,500 e 550mg fl 275 e 550 mg cps 275 e 550mg LXI

62 Paracetamolo Paracetamolo + acido acetilsalicilico Paracetamolo + acido acetilsalicilico + caffeina supp. 275 e 550 mg cpr 300 e 500 mg cpr rapido assorbimento 500 mg cpr effervescenti 500 e 1000 mg bust effervescenti 300 e 500mg scir 100 ml 2.5% elisir 100 ml 2.5% supp 250, 300, 500, 600 e 1000 mg cpr cpr effervescenti cpr cts cf Tabella 2.4: Elenco dei farmaci che hanno dimostrato efficacia nel trattamento dell'emicrania in studi clinici controllati: principi attivi e formulazioni in commercio Terapia Profilattica a) Principi generali Il trattamento preventivo dell'emicrania riveste un notevole interesse in termini di aspettative sia per il medico che per il paziente. Il farmaco ideale dovrebbe essere quello che elimina completamente gli attacchi di emicrania risolvendo completamente la sintomatologia del paziente. I farmaci attualmente disponibili (farmaci preventivi), fatte sporadiche eccezioni, hanno un efficacia del 50% nel ridurre la frequenza degli attacchi e pertanto i pazienti hanno la necessità di assumere anche i farmaci per l'attacco emicranico (farmaci sintomatici). Le indicazioni al trattamento preventivo sono le seguenti [56] : 1) due o più attacchi emicranici al mese, disabilitanti, che durano 3 o più giorni; 2) controindicazione o inefficacia del trattamento sintomatico, 3) uso di farmaci sintomatici superiore a 2 volte alla settimana; LXII

63 4) in casi particolari: emicrania emiplegica, attacchi di cefalea dove sia presumibile l'occorrenza di un deficit neurologico permanente. Queste norme diventano più rigide durante la gravidanza nel caso la cefalea diventi più intensa, e si accompagni a nausea e vomito. L US Headache Consortium ha identificato i seguenti obiettivi per il trattamento a lungo termine dell emicrania [57] : - ridurre la frequenza e la gravità degli attacchi, così come la disabilità a essi associata - migliorare la qualità di vita del paziente - prevenire gli episodi di cefalea - evitare l escalation nell utilizzo e l abuso dei farmaci contro la cefalea - educare i pazienti in modo tale da permettere loro di mantenere sotto controllo la malattia L inizio della terapia di profilassi deve essere preceduto da un periodo di osservazione di 3 mesi con sola terapia sintomatica. I trattamenti preventivi vanno iniziati a basse dosi ed aumentati progressivamente finché non si raggiunga l'efficacia terapeutica oppure, fino alla dose massima per quel determinato farmaco. Va tenuto presente che spesso i pazienti emicranici necessitano di un dosaggio dei farmaci preventivi più basso rispetto a quanto avviene per altre indicazioni (es. Topiramato). Talvolta in alcuni pazienti, è necessario un aumento dei dosaggi fino alle massime dosi tollerate prima che il farmaco venga considerato inefficace. La terapia preventiva va proseguita per cicli di almeno 3-6 mesi. Da tener presente nella valutazione della risposta alla terapia è la necessità di monitorare su un apposito LXIII

64 diario le principali caratteristiche delle crisi residue e l uso di analgesici per almeno tre mesi dall inizio della terapia. Al fine di ottenere dalla terapia preventiva il massimo benefico possibile è necessario che il paziente non faccia abuso di analgesici o di ergotaminici. Va inoltre ricordato che gli estroprogestinici, la terapia sostitutiva ormonale o farmaci vasodilatatori come la nifedipina o la nitroglicerina possono interferire con la terapia preventiva. b) Terapia non farmacologia È di grande importanza, specialmente nei bambini, l'eliminazione di certi cibi ricchi di tiramina: latte, formaggi stagionati (Emmental, Brie, groviera ecc.), aringhe, cioccolato, cibi fermentati, yogurt, cibi ricchi di glutammato monosodico (cucina cinese), aspartame, pizza, salami conservati, hot dogs, fegato di pollo, aceto, banane, alcolici e uso eccessivo di tè, caffè, birra, vino rosso e Coca Cola. La dieta è efficace nel 20% dei casi. Evitare, per quanto possibile, gli eccessi che possono essere fattori scatenanti come stress, depressione, ira, mestruazioni, pasti salati o irregolari, troppo o poco sonno, cambiamenti metereologici, certi farmaci (Nitroderivati, Idralazina, Nifedipina, Reserpina, Aminofillina, terapie ormonali), fumo, luci intense e difetti di rifrazione oculare [50]. Utili l'attività fisica aerobica, l'agopuntura e le tecniche di Biofeedback elettromiografico (che consistono nel fare ascoltare al paziente, tramite delle cuffie o un altoparlante, il segnale registrato dai muscoli per insegnargli a ridurre la contrazione. Talvolta sono utili le erbe tipo Gingko biloba e l'erba di S.Giovanni. La sospensione di analgesici migliora le cefalee nel 30% dei casi dopo un mese, nel 65% dopo 2 e nell 82% dopo 4 mesi. LXIV

65 c) Terapia farmacologia Una profilassi farmacologica è indicata se il numero di attacchi è > 3/mese o non risponde adeguatamente ai farmaci [50]. I farmaci andranno presi quotidianamente ma gli effetti si vedranno solo dopo 2-3 settimane. La terapia andrà sospesa dopo 3-6 mesi liberi da attacchi. Si faranno cicli di 3-4 mesi intervallati da un mese di riposo. Abitualmente si ha risposta nel 65% dei casi. Diverse sono le classi di farmaci utilizzate nel trattamento preventivo di quest affezione; tra queste β-bloccanti (propanololo), antidepressivi (amitriptilina), calcio antagonisti (flunarizina), antagonisti del recettore per la serotonina o 5-HT (pizotifene), farmaci antiepilettici (Topiramato) [58-61]. Il farmaco dovrebbe essere scelto, fra quelli indicati, in base al profilo di tollerabilità e alla presenza di eventuali comorbilità o di patologie concomitanti che possono rappresentare controindicazioni specifiche ad alcuni farmaci [54]. 1) β-bloccanti I β-bloccanti sono farmaci di scelta nel trattamento profilattico dell emicrania. Proprandolo Inderal è in grado di prevenire gli attacchi di emicrania, impiegato in terapia cronica, anche a bassi dosaggi, 20 mg/die fino massimo mg/6-12 h. Meccanismo non chiaro, evita la vasodilatazione, stabilizza le membrane, agisce sull'aggregazione piastrinica. Efficace nel 70% dei casi ed è considerato di scelta, se LXV

66 non ci sono controindicazioni. Efficaci anche altri β-bloccanti preferibilmente liposolubili tipo Metoprololo, Nadololo ma non l'atenololo che è idrosolubile. 2) Antidepressivi Non approvati dalla FDA ma efficaci. Amitriptilina Laroxil e altri triciclici sono in genere utili, i da soli che in associazione ai β-bloccanti (preferibile), sia nel paziente depresso che non depresso; bloccano la re-uptake della noradrenalina e serotonina nei neuroni adrenergici. Dosaggio: mg/die al momento di coricarsi [50]. Utili anche la Fluoxetina, Paroxetina e la Sertralina, sono più tollerati ma meno efficaci. Impiegati anche gli Ansiolitici tipo Buspirone Buspar cpr 10 mg alle dosi di 7,5 mg/12h fino a 30 mg/die. 3) Calcioantagonisti La Flunarizina è la più efficace del gruppo [52]. Il Diltiazem, Verapamil e Nimodipina sono meno efficaci dei β-bloccanti e degli antidepressivi. Efficacia dopo 1-2 mesi. Non approvati dalla FDA. Riducono la frequenza degli attacchi ma non la gravità e la durata. 4) Antiepilettici Particolarmente utili in caso di epilessia associata. Topiramato Topamax, approvato dalla FDA, riduce del 30-50% la frequenza delle crisi nel 50% dei pazienti. Dosaggio 50 mg /12 h. Può determinare disfunzioni cognitive. LXVI

67 Acido Valproico Depakin alle dosi di 250 mg/ 12 h avrebbe l'efficacia analoga ai β-bloccanti e per questo approvato dalla FDA negli USA nel '96. Utile anche il Gabapentin Neurontin alle dosi di 2400 mg/die. 5) FANS tipo Ketorolac Toradol si sono dimostrati utili sia nell'attacco acuto sia nella profilassi della cefalea mestruale. Forse agiscono tramite il loro effetto antiprostaglandinico e antiaggregante. E di prima scelta nell'emicrania parossistica cronica. 6) Metisergide Deserril cnf 1 mg (non in commercio in Italia). Antagonista della serotonina, provoca vasocostrizione. Dosaggio 1-6 cnf/ die per 6 mesi, quindi sospendere per 2-4 mesi per diminuire gli effetti collaterali [50]. Iniziare con 1 mg/die e aumentare di 1 mg/sett. Sospendere se dopo 3 settimane non si hanno risultati. È molto efficace, ma per gli effetti collaterali è da riservare ai casi refrattari, vasocostrizione periferica, claudicatio, angina, ulcera, dolori addominali, alopecia, aumento ponderale, crampi muscolari, nausea, vertigini, insonnia, alterazioni dell'alvo, confusione mentale, edemi periferici, fibrosi retroperitoneali e pleuropolmonari (rare e reversibili). Controindicazioni: angina, vasculopatie periferiche, ipertensione, ulcera, gravidanza, tromboflebite, valvulopatie, insufficienza renale e/o epatica. 7) Pizotifene Sandomigran cnf 0,50 mg. Viene impiegato alle dosi di 1 cnf tre volte/die aumentabile a 2 cnf tre volte/die. La terapia viene protratta per lunghi periodi. Oggi meno impiegato rispetto al passato. Effetti collaterali: nausea, vomito, LXVII

68 sonnolenza, vertigini, aumento dell'appetito (sono stati descritti casi di marcato aumento ponderale a seguito di trattamenti prolungati). Controindicato nel glaucoma e nell'ipertrofia prostatica. Il miglioramento si ottiene nel 50% dei casi. 8) Ciproeptadina Periactin. Simile al Pizotifene. Viene impiegato come farmaco di seconda scelta alle dosi di 1 cps tre volte al giorno fino a 2 cps tre volte al giorno. Si ottiene miglioramento nel 45% dei casi. Effetti collaterali: aumento dell'appetito, nausea, diarrea, sonnolenza (più raramente agitazione, confusione mentale e allucinazioni), crampi intestinali. E di prima scelta nei bambini, ma con limitata efficacia, alle dosi di 4-8 mg la sera. 9) Clonidina Catapresan cps 0,150-0,300 mg. È stato impiegato a bassi dosaggi 0,05 mg tre volte al giorno. I miglioramenti si hanno nel 30% dei casi. Il farmaco, oggi poco usato, è utile nei pazienti sensibili ai cibi contenenti tiramina. 10) Diidroergotamina a liberazione programmata, Seglor cps 5 mg. Impiegata alle dosi di 2 cps/die è efficace in alcuni pazienti, ma è generalmente inefficace nel prevenire attacchi severi e ricorrenti ed è gravata di effetti collaterali importanti. Può essere utile nelle emicranie da mestruazioni; è consigliabile il suo uso solo per brevi periodi. Effetti collaterali e controindicazioni: vedi sopra. 12) La tossina Botulinica Botox localmente nei muscoli temporali, frontali e glabellari ne riduce la tensione all elettromiogramma ma non sempre c'è un miglioramento sintomatologico [52]. LXVIII

69 13) In caso di bruxismo (serrare i denti durante la notte) o disfunzioni dell'articolazione temporo-mandibolari può risultare utile un "bite" intrabuccale. BETA-BLOCCANTI Atenololo Metoprololo Nadololo Propranololo Timololo cpr 50 e 100 mg cpr 100 e 200 mg cpr 80 mg cpr 40 e 80 mg cpr 10 mg CALCIO-ANTAGONISTI Cinnarizina Flunarizina Verapamil cpr 25 mg cps 75 e 100 mg gtt cps 5 e 10 mg cpr 10 mg cf 40, 80,120 e 240 mg ANTIDEPRESSIVI Amitriptilina conf 10 e 25 mg cpr 10 e 25 mg gtt ANTIEPILETTICI Topiramato Sodio valproato cp 15, 25, 50, 100 e 200 mg cp 200 e 500 mg cp formulazione a rilascio prolungato 300 e 500 mg ALTRI LXIX

70 Diidroergotamina Pizotifene Valproato Sodico cpr 3 mg cps 75 e 100 mg gtt cf 0.5 mg cpr 200, 300 e 500 mg Tabella 2.5: Elenco dei farmaci che hanno dimostrato efficacia nel trattamento dell'emicrania in studi clinici controllati: principi attivi e formulazioni in commercio LXX

71 CAPITOLO 3 IL TOPIRAMATO 3.1 Caratteristiche del farmaco Il Topiramato, Topamax, è un monosaccaride sulfamato sostituito (Figura 3.0), sintetizzato originariamente come prodotto intermedio di una serie di derivati sulfamati del fruttosio, il cui impiego era inteso come agenti antidiabetici. Figura 3.0: Topiramato [2,3:4,5-bis-O-(isopropilidene)-β-D-fruttopiranoso-sulfamato] Benché il Topiramato non si sia rilevato attivo nei modelli animali di diabete, è stato notato come esso condividesse alcune caratteristiche strutturali con i farmaci LXXI

72 antiepilettici [62]. Le indagini cliniche condotte con il Topiramato nella prevenzione dell emicrania sono il risultato di report iniziali in pazienti epilettici la cui emicrania migliorava con il trattamento, oltre che di studi pilota in campioni di soggetti affetti da questo disturbo [63-75]. Con provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 2 Maggio 2006, il farmaco Topiramato (Topamax, prodotto dalla ditta Janssen-Cilag), già indicato nella terapia dell epilessia è stato autorizzato anche nella profilassi dell emicrania, nei pazienti adulti che non abbiano risposto o siano intolleranti alle altre terapie standard. Nel documento viene precisato che l utilità del Topiramato nel trattamento della fase acuta dell emicrania non è stata studiata. Il Topiramato è un farmaco anticonvulsivante, disponibile in compresse rivestite con film da: 25 mg, 50 mg, 100 mg, 200 mg dove ogni compressa contiene principio attivo Topiramato pari a 25 mg, 50 mg, 100 mg, 200 mg rispettivamente oppure in capsule rigide contenenti microgranuli da: 15 mg, 25 mg dove ogni capsula contiene principio attivo Topiramato pari a 15 mg, 25 mg rispettivamente. È un farmaco indicato in monoterapia per i pazienti con diagnosi recente di epilessia o per il passaggio alla monoterapia di pazienti epilettici oppure come terapia aggiuntiva per adulti e bambini nelle epilessie parziali semplici o complesse, nella sindrome di Lennox-Gastaut e nelle epilessie generalizzate con crisi tonicocloniche. Il Topiramato trova inoltre impiego nella profilassi dell'emicrania nei pazienti adulti che non abbiano risposto o siano intolleranti alle altre terapie standard (indicazione limitata alle compresse rivestite da 25 mg e 50 mg). Le capsule sono particolarmente indicate nel trattamento dei pazienti con difficoltà di deglutizione delle compresse (anziani e bambini) perché le compresse LXXII

73 non possono essere spezzate. Le capsule possono essere deglutite intere oppure possono essere aperte per disperderne il contenuto in un piccolo quantitativo (un cucchiaino) di cibo semisolido. La miscela di cibo e farmaco deve essere inghiottita immediatamente senza masticare. I tempi di somministrazione non sono influenzati dai pasti. Non è necessario monitorare i livelli plasmatici del Topiramato per ottimizzare la terapia. In rare occasioni, l'aggiunta o l'eliminazione di fenitoina e carbamazepina a come terapia aggiuntiva possono richiedere un aggiustamento della posologia del Topiramato per raggiungere la risposta clinica ottimale. Per l utilizzo del farmaco nella profilassi dell emicrania, la dose iniziale corrisponde a 25 mg da somministrare alla sera per una settimana. La dose deve essere poi aumentata con incrementi di 25 mg/die, ad intervalli settimanali, fino a raggiungere un dose pari a 100 mg/die (Tabella 3.0). La dose di Topiramato raccomandata come trattamento profilattico dell'emicrania è pari a 100 mg/die, da dividere in due somministrazioni [74], [76-87]. [68-69], [71], La dose ottimale giornaliera ed il tempo necessario per raggiungerla devono essere determinati sulla base della risposta clinica di ciascun paziente. Settimana Mattina Sera Prima settimana 25 mg Seconda settimana 25 mg 25 mg Terza settimana 25 mg 50 mg Quarta settimana 50 mg 50 mg Settimana Mattina Sera Prima settimana 50 mg 50 mg Seconda settimana 25 mg 50 mg Terza settimana 25 mg 25 mg LXXIII

74 Quarta settimana 25 mg Tabella 3.0: Schema posologico del Topiramato per indicazione profilassi emicrania ; mantenere il dosaggio raggiunto (50 mg + 50 mg al dì) per 6 mesi Alcuni pazienti potranno trarre beneficio da una dose giornaliera di 50 mg. Per pazienti che non tollerano questo schema di titolazione si può ricorrere ad incrementi di dose più distanziati nel tempo. Controindicazioni all utilizzo del Topiramato sono l ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti, la gravidanza e l'allattamento. I farmaci antiepilettici, Topiramato compreso, non devono essere sospesi bruscamente, ma gradualmente: ciò per ridurre al minimo il rischio di un aumento di frequenza delle crisi epilettiche. La principale via di eliminazione del Topiramato immodificato e dei suoi metaboliti è la via renale. Essa è condizionata dalla funzionalità renale ma non dall'età del paziente. Pazienti con alterazioni della funzionalità renale, da moderate a gravi, possono impiegare da 10 a 15 giorni per raggiungere lo steady-state della concentrazione plasmatica (nei pazienti con funzionalità renale normale occorrono 4-8 giorni). Per ciascun paziente lo schema posologico ottimale deve essere fissato sulla base della risposta clinica (controllo delle crisi, non comparsa di effetti indesiderati) tenendo presente che i soggetti con disfunzioni renali possono richiedere tempi più lunghi per raggiungere, per ogni dose, lo steady-state. Durante il trattamento con Topiramato è importante mantenere un'idratazione adeguata, per ridurre il rischio di nefrolitiasi. LXXIV

75 Le compresse contengono lattosio, quindi non sono adatte per i soggetti con deficit di lattasi, galattosemia o sindrome da malassorbimento di glucosio/galattosio. Nei pazienti con insufficienza epatica, il Topiramato deve essere somministrato con cautela, dato che l'eliminazione del Topiramato può risultare diminuita. L'associazione di Topiramato con altri antiepilettici (fenitoina, carbamazepina, acido valproico, fenobarbital, primidone) non ha alcun effetto sulle concentrazioni plasmatiche allo steady-state di questi, con l'eccezione di alcuni pazienti nei quali l'aggiunta alla fenitoina può determinarne un aumento della concentrazione plasmatica con la necessità quindi di monitorare i livelli di fenitoina. Questo è probabilmente da attribuirsi alla inibizione di una isoforma polimorfa di un enzima specifico (CYP2C meph ). Al contrario, la fenitoina e la carbamazepina riducono la concentrazione plasmatica di Topiramato quindi, l'aggiunta o l'eliminazione di questi alla terapia con Topiramato possono rendere necessario un aggiustamento della posologia di quest'ultimo. L'aggiunta o l'eliminazione dell'acido valproico non produce variazioni clinicamente significative delle concentrazioni plasmatiche di Topiramato. Quando il Topiramato viene aggiunto o tolto a pazienti in trattamento con digossina è opportuno seguire con molta attenzione il monitoraggio routinario della digossina sierica. Il Topiramato, somministrato insieme a contraccettivi orali, a dosi comprese tra 50 e 200 mg/die in assenza di altri farmaci, non è associato ad alcun cambiamento statisticamente significativo della concentrazione plasmatica media (AUC) dei due componenti del contraccettivo. Nelle pazienti che comunque assumono contraccettivi orali durante il trattamento con Topiramato, deve essere considerata la possibilità di riduzione dell'efficacia contraccettiva e di aumento dello LXXV

76 spotting. Le pazienti che assumono contraccettivi a base di estrogeni devono essere invitate a comunicare al medico qualsiasi cambiamento delle loro modalità di sanguinamento. L'efficacia contraccettiva può risultare diminuita anche in assenza di spotting. L'aggiunta di idroclorotiazide a Topiramato può richiedere un aggiustamento della dose di quest'ultimo, al contrario la farmacocinetica allo steady-state di idroclorotiazide non è stata significativamente influenzata dalla concomitante somministrazione di Topiramato. I risultati di laboratorio hanno mostrato che la somministrazione di Topiramato o idroclorotiazide riduceva i livelli sierici di potassio; tale riduzione era maggiore quando i due farmaci venivano somministrati in associazione. Il Topiramato somministrato insieme alla metformina non ha alcun effetto sul t max della stessa; la clearance plasmatica del Topiramato assunto per via orale sembra essere ridotta quando somministrato con metformina. Non si conosce l'entità della variazione nella clearance. Il significato clinico dell'effetto della metformina sulle farmacocinetiche di Topiramato non è stato chiarito. L'aggiunta o l'eliminazione di Topiramato in pazienti in terapia con metformina comportano la necessità di tenere il paziente sotto stretta osservazione, per controllare adeguatamente lo stato della malattia diabetica. In caso di somministrazione concomitante di Topiramato e pioglitazone il paziente deve essere seguito attentamente, per un controllo adeguato della malattia diabetica. Quando usato insieme ad altri farmaci che predispongono alla nefrolitiasi, il Topiramato, può aumentare il rischio di formazione di calcoli renali. Molta attenzione nella somministrazione di Topiramato, va riposta nelle pazienti che potrebbero iniziare una gravidanza o che siano in età fertile. Il rischio di difetti congeniti è aumentato di un fattore da 2 a 3 volte nella prole di madri trattate con un antiepilettico, quelli più frequentemente riportati sono labbro leporino, LXXVI

77 malformazioni cardiovascolari e difetti del tubo neurale. La politerapia con farmaci antiepilettici può essere associata ad un rischio ancora più alto di malformazioni congenite della monoterapia perciò, è importante che si pratichi la monoterapia ogni volta che sia possibile. Non si deve praticare una brusca interruzione della terapia antiepilettica per il pericolo di una ripresa di attacchi epilettici che potrebbero avere gravi conseguenze sia per la madre che per il bambino. Anche se non ci sono studi sull'uso del Topiramato in gravidanza, questo farmaco dovrebbe essere usato solo se il possibile beneficio supera il potenziale rischio per il feto. In studi di laboratorio sui ratti, si è visto che il Topiramato viene escreto nel latte delle femmine di ratto, l'escrezione di questo farmaco nel latte umano non è stata valutata in studi controllati. Il Topiramato, come tutti i farmaci antiepilettici, agisce sul sistema nervoso centrale e può provocare sonnolenza, vertigini o altri sintomi analoghi. Questi effetti, anche se lievi o moderati, possono essere pericolosi per i pazienti che guidano veicoli o usano macchinari, soprattutto sino a che non sia stata stabilita la risposta individuale al farmaco. Il Topiramato, possiede diversi meccanismi d'azione. L'effetto netto di questi, potrebbe essere una diminuzione nell'eccitabilità neuronale, che spiegherebbe l'efficacia di questo farmaco sia nel controllo delle crisi epilettiche sia nella profilassi dell'emicrania: due condizioni che possono mostrare un disturbo dell'eccitabilità neuronale come comune fisiopatologia [88]. Questi potenziali meccanismi d'azione comprendono (Figura 3.1): 1) inibizione della neurotrasmissione glutammato-mediata a livello dei sottotipi recettoriali AMPA/kainato [89] 2) amplificazione del flusso di ioni cloruro mediato dal recettore GABA [90] A LXXVII

78 3) blocco stato-dipendente dei canali del sodio voltaggio-dipendenti [91-93] 4) blocco dei canali del calcio attivati da un alto voltaggio [94] 5) inibizione di sottotipi specifici dell'enzima anidrasi carbonica [95] = Topiramato Ca 2+ channel Na + channel Recettori AMPA/kainato Ligandi - Siti Recettoriali Cl - Cl - Recettori GABA A Cl - Figura 3.1: Meccanismi d azione del Topiramato Recettori Glutammatergici AMPA/kainato: In neuroni ippocampali di ratto in coltura, è risultato in grado di produrre una riduzione concentrazione dipendente delle correnti ioniche in entrata kainato- LXXVIII

79 mediate; ciò indica una sua azione antagonista a livello dei sottotipi recettoriali glutammatergici AMPA/kainato. L'intervallo di valori per ciò che concerne la IC 50 mediana (concentrazione inibitoria massima richiesta per inibire del 50% il relativo obiettivo), sia per la fase precoce che per quella tardiva dell'inibizione delle correnti indotte da kainato, si attesta tra 1 e 10 µm, e quindi nel range della concentrazione sierica libera di farmaco nei pazienti trattati. Tale concentrazione è capace di inibire il 90% delle correnti kainato-mediate (100 µm), non è stato registrato alcun effetto evidente sui flussi ionici evocati da N-metil-D-aspartato (NMDA) [89]. Recettori GABA A Il Topiramato produce un incremento dell'attività del GABA a livello di un sito localizzato sul recettore GABA A non coincidente con quello cui si legano le benzodiazepine [96]. Studi di imaging in fluorescenza, condotti in cellule granulari cerebellari murine, hanno dimostrato che il farmaco (10 µm) è in grado di incrementare l'influsso di Cl - stimolato dal GABA (10 µm), ma non possiede alcun effetto significativo in tal senso in assenza di stimolo [90]. Canali del sodio voltaggio-dipendenti Il Topiramto inibisce l'attività del canale del sodio [91], elemento che potrebbe contribuire al suo ruolo di neurostabilizzatore. È stato in aggiunta dimostrato che inibisce il firing dei neuroni ippocampali, indotto mediante applicazione di una corrente elettrica. Tale azione è stata ricondotta al blocco stato-dipendente dei canali del sodio voltaggio-dipendenti [91], [93], [97]. Canali del calcio voltaggio-dipendenti Sono state condotte indagini elettrofisiologiche utilizzando cellule granulari del giro dentato. In questi studi è stato dimostrato che il Topiramato, a una LXXIX

80 concentrazione pari a 10 µm, inibisce la funzionalità dei canali del Ca 2+ ad alto voltaggio, specificatamente quelli di tipo L. Tale azione non è stata osservata a concentrazioni più elevate [94]. Anidrasi carbonica Studi in vitro hanno rivelato che il Topiramato è un debole inibitore di alcune isoforme enzimatiche dell'anidrasi carbonica (II e IV, ma non I, III, V o VI). La sua potenza è inferiore a quella dell'acetazolamide. Non è stato chiarito se l'attività inibitoria di questo farmaco sull'anidrasi carbonica rivesta un ruolo importante nell'efficacia antiepilettica e nella profilassi dell'emicrania [95],[97]. La farmacocinetica del Topiramato allo stato stazionario (steady state) è coerente con la sua somministrazione due volte al giorno (Tabella 3.1). Parametro valutato Caratteristiche Implicazioni cliniche Assorbimento Rapido (T max : 2-3 ore), con una concentrazione C max pari a 1,5 mcg/ml dopo somministrazione di una dose singola pari a 100 mg Rapido assorbimento dopo somministrazione orale Biodisponibilità Correlazione tra concentrazione plasmatica e dose Legame alle proteine plasmatiche Metabolismo epatico Emivita >80% dopo somministrazione di 100 mg per via orate; non influenzata dall'assunzione concomitante di cibo Valori di AUC crescono proporzionalmente con dosi orali singole tra 100 e 400 mg. In linea generale il 13-17% di Topiramato si lega alle proteine plasmatiche 21 ore dopo somministrazioni ripetute di mg due volte al giorno Il cibo non ha effetti clinici sulla biodisponibilità di Topiramato Variazioni prevedibili dei livelli plasmatici in caso di cambiamento del dosaggio Nessuna interazione dovuta al legame con le proteine plasmatiche Nei pazienti con insufficienza epatica, Topiramato deve essere somministrato con cautela, dato che l'eliminazione del Topiramato può risultare diminuita Consente un regime di dosaggio BID Eliminazione Almeno 81% della dose In pazienti con vario grado di LXXX

81 somministrata viene eliminata immodificata attraverso le urine AUC= area sottesa alla curva concentrazione plasmatica media BID= somministrazione due volte/die insufficienza renale può essere necessaria una riduzione della dose Tabella 3.1: Proprietà farmacocinetiche Allo steady state, l emivita plasmatici del farmaco è pari a circa 21 ore, e la sua clearance renale approssimativamente è 17 ml/min. In pazienti con funzionalità renale nella norma lo stato stazionario dovrebbe essere raggiunto dopo circa 4 giorni. Una somministrazione due volte al giorno produce incrementi proporzionali alla dose della massima concentrazione plasmatici e dell area sottesa alla curva concentrazione tempo [98-99]. Il profilo farmacocinetico di Topiramato rispetto a quello di altri farmaci antiepilettici dimostra una lunga emivita plasmatica, proprietà farmacocinetiche lineari, escrezione prevalentemente per via renale, assenza di significativi legami con le proteine plasmatiche e mancanza di metaboliti attivi clinicamente rilevanti. Il Topiramato non è un potente induttore farmaco - metabolico, può essere somministrato indipendentemente dai pasti (il cibo non ha effetti clinici sulla biodisponibilità del Topiramato) e non rende necessario il monitoraggio dei livelli plasmatici. Negli studi clinici effettuati non è stata dimostrata alcuna relazione tra concentrazione plasmatica, efficacia ed eventi collaterali. È un farmaco che viene assorbito bene ed in tempi brevi. In seguito alla somministrazione orale di 100 mg in soggetti sani, la C max di 1,5 mcg/ml è stata raggiunta in 2-3 ore (T max ); sulla base del recupero della LXXXI

82 radioattività dalle urine, l'assorbimento medio raggiungibile con una dose di 100 mg di Topiramato marcato con 14 C è almeno dell'81%. In linea generale il 13-17% del Topiramato è legato alle proteine plasmatiche. E' stata osservata una ridotta affinità di legame del farmaco con i siti eritrocitari che è saturabile a concentrazioni plasmatiche superiori a 4 mcg/ml. Il volume di distribuzione varia in modo inversamente proporzionale alla dose. Il volume medio apparente di distribuzione è stato valutato in 0,8-0,55 L/kg per dosi singole nell intervallo mg. Vi è una differenza tra sessi nel volume di distribuzione: i valori nelle femmine sono mediamente pari al 50% di quelli nei maschi, questo viene attribuito alla maggiore presenza di grasso corporeo nelle femmine, senza alcuna conseguenza cliniche. Sei metaboliti sono stati isolati, caratterizzati ed identificati nel plasma, nelle urine e nelle feci umane. Ogni metabolita rappresenta meno del 3% della radioattività totale escreta dopo somministrazione di Topiramato marcato radioattivamente. Nell'uomo la principale via di eliminazione del Topiramato immodificato e dei suoi metaboliti è rappresentata dai reni (almeno 81% della dose), circa il 66% di una dose di Topiramato marcato radioattivamente viene escreto immodificato nelle urine entro 4 giorni. In seguito a somministrazioni ripetute (2 volte al giorno) di 50 e 100 mg di Topiramato, la clearance renale è risultata rispettivamente pari a 18 ml/min e 17 ml/min. Generalmente nell'uomo, dopo somministrazione orale, la clearance plasmatica è pari a circa ml/min. Le concentrazioni plasmatiche del Topiramato sono soggette a variazioni interindividuali molto modeste e pertanto la cinetica del Topiramato è facilmente prevedibile. La farmacocinetica del Topiramato nel volontario sano è lineare, con clearance plasmatica costante e con valori di AUC LXXXII

83 che, a dosi orali singole di Topiramato tra 100 e 400 mg, crescono proporzionalmente con le dosi. Pazienti con funzionalità renale normale richiedono da 4 a 8 giorni per raggiungere lo steady-state della concentrazione plasmatica. Il valore medio di C max, dopo somministrazione orale ripetuta di Topiramato (100 mg due volte al giorno) è pari a 6,76 mcg/ml nel volontario sano. Dopo somministrazioni orali ripetute di mg due volte al giorno, il valore di t 1/2 di eliminazione plasmatica è mediamente di 21 ore. La somministrazione concomitante di dosi ripetute di Topiramato ( mg due volte al giorno) e di fenitoina o carbamazepina, mostra un incremento proporzionale delle concentrazioni plasmatiche di Topiramato. La clearance plasmatica e renale del farmaco è ridotta nei pazienti con alterata funzionalità renale (clearance della creatinina 60 ml/min) e la clearance plasmatica è ridotta nei pazienti con gravi patologie renali. Conseguentemente, le concentrazioni plasmatiche di steady-state del farmaco si prevedono più elevate nei pazienti con alterata funzionalità renale. Topiramato è efficacemente rimosso dall'emodialisi. La sua clearance plasmatica è invariata nei pazienti anziani, purchè non sofferenti per patologie renali. La clearance plasmatica è ridotta nei pazienti con alterazioni moderate o gravi della funzionalità epatica. 3.2 Eventi collaterali Gli eventi collaterali segnalati, sono stati classificati secondo la terminologia standard WHO-ART (World Health Organization-Adverse Reactions Terminology). LXXXIII

84 Dal momento che il Topiramato è stato molto spesso somministrato in associazione con altri farmaci antiepilettici, non è possibile stabilire quali farmaci siano responsabili di eventuali effetti collaterali. 1) Nel trattamento dell epilessia, in terapia aggiuntiva. Sulla base di studi clinici condotti in doppio cieco, in alcuni dei quali l'adeguamento posologico è stato fatto in tempi brevi, è possibile affermare che le reazioni avverse più frequenti (>5% e con una incidenza superiore nel gruppo di pazienti adulti trattato con Topiramato rispetto al gruppo trattato con placebo) sono: sonnolenza, vertigini, nervosismo, atassia, affaticamento, disturbi della parola, rallentamento psicomotorio, disturbi della vista, disturbi della memoria, confusione, parestesia, diplopia, anoressia, nistagmo, nausea, perdita di peso, disordini del linguaggio, difficoltà di concentrazione, depressione, dolori addominali, astenia e disturbi del comportamento. Effetti avversi meno frequenti, ma potenzialmente rilevanti dal punto di vista clinico sono stati: ageusia, agitazione, disturbi cognitivi, labilità emotiva, problemi di coordinazione, discinesia, apatia, sintomi psicotici, comportamento aggressivo, leucopenia e nefrolitiasi. Sono stati riportati casi isolati di eventi tromboembolici: tuttavia non è stata accertata un'associazione causale con il farmaco. 2) Nel trattamento dell epilessia, in monoterapia. Da un punto di vista qualitativo, gli eventi collaterali osservati negli studi clinici con Topiramato in monoterapia sono stati generalmente simili a quelli osservati negli studi con il farmaco somministrato come terapia aggiuntiva, ad eccezione della parestesia e dell'affaticamento, questi eventi collaterali sono stati riportati con un'incidenza simile o inferiore negli studi condotti in monoterapia. LXXXIV

85 Negli studi clinici in doppio cieco gli eventi collaterali clinicamente rilevanti riportati con un'incidenza >10% nei pazienti adulti comprendevano: parestesia, cefalea, affaticamento, vertigini, sonnolenza, diminuzione di peso, nausea ed anoressia. 3) Nel trattamento profilattico dell emicrania. Negli studi clinici in doppio cieco gli eventi collaterali clinicamente rilevanti riportati con una frequenza >5% e con un'incidenza superiore nel gruppo trattato con Topiramato rispetto a quello trattato con placebo comprendevano: affaticamento, parestesia, vertigini, ipoestesia, problemi del linguaggio, nausea, diarrea, dispepsia, secchezza della bocca, diminuzione di peso, anoressia, sonnolenza, disturbi della memoria, difficoltà di concentrazione/attenzione, insonnia, ansia, disturbi dell'umore, depressione, alterazione del gusto, disturbi della vista. I pazienti trattati con Topiramato hanno subito variazioni percentuali medie del peso che erano dose-dipendenti. Lo stesso non è stato osservato nel gruppo placebo. % pazienti con eventi che conducono a interruzione del trattamento % di pazienti con eventi totali nel braccio TPM placebo (n=372) TPM 100 mg/die (n=386) Parestesia 0,8% 8% 50,5% Affaticamento 0,8% 4,7% 15% Anoressia 0,5% 2,1% 14,5% Infezioni tratto resp sup. 0% 0% 14% LXXXV

86 Nausea 1,3% 2,3 13,2% Diarrea 0,5% 1,6% 11,1% Perdita di peso 0% 1% 9,1% Vertigini 1,6% 2,1% 8,5% Alterazioni del gusto 0% 1% 7,8% Ipoestesia 0% 1,8% 7,3% Insonnia 1,1% 3,4% 7% Difficoltà di memoria 0,5% 2,6% 6,7% Sonnolenza 1,9% 1,8% 6,7% Dolore addominale 1,1% 0,8% 6,5% Ferita 0% 0,3 6,5% Problemi del linguaggio 0,5% 1,6% 6,5% Sinusite 0% 0% 6,5% Difficoltà di concentrazione 0% 2,1% 6% Disturbi dell umore 0,3% 1,3% 6% Faringite 0% 0,5% 5,7% Ansia 0,3% 2,1% 5,4% Tabella 3.2: Tabella di incidenza degli eventi collaterali ( 5%) utilizzando un dosaggio di 100 mg/die [74] Disturbi cognitivi/neuropsichiatrici Molto spesso gli eventi collaterali associati all uso di Topiramato sono correlati al sistema nervoso centrale e sono osservati sia nel trattamento dell epilessia sia nella profilassi dell emicrania. Negli adulti la maggior parte di questi eventi collaterali a livello del sistema nervoso centrale possono essere classificati in tre categorie principali: 1) disturbi cognitivi (confusione, rallentamento psicomotorio, difficoltà nella concentrazione/attenzione, difficoltà nella memoria, disturbi del linguaggio: nella fluenza ma in modo particolare difficoltà nella ricerca delle parole) 2) disturbi psichiatrici/comportamentali (depressione o disturbi dell umore) 3) sonnolenza e senso di affaticamento Eventi collaterali di tipo cognitivo LXXXVI

87 Gli eventi collaterali di tipo cognitivo [74], [ ] in linea generale, sono da considerarsi lievi-moderati, e spesso si manifestano in maniera isolata. Una maggiore incidenza di questi disturbi è legata all impiego di alti dosaggi in fase iniziale e alla somministrazione di una rapida titolazione; al contrario se un paziente non ha accusato uno di questi effetti indesiderati nelle prime 6 settimane di trattamento con Topiramato 100 mg/die, è probabile che non si presentino con il proseguire della terapia [112] ed è ancor più raro che questi si vangano a manifestare durante la fase di mantenimento. Nei primi trial in cui si utilizzava il Topiramato in add-on per la cura dell epilessia, venivano impiegati regimi di titolazione con aumenti settimanali molto rapidi di mg/die, e la proporzione dei pazienti che sperimentavano uno o molti eventi collaterali di tipo cognitivo era 42% con 200 mg/die, 41% con 400 mg/die, 52% con 600 mg/die, 56% con 800 e 1000 mg/die, contro il 14% del placebo. La comparsa di questi eventi collaterali nella fase di titolazione, in alcuni pazienti, proseguiva anche nella fase di mantenimento. Nei trial controllati nel trattamento dell epilessia, utilizzando il Topiramato in monoterapia, gli eventi collaterali di tipo cognitivo erano del 19% con 50 mg/die e 26% con 400 mg/die. Negli studi clinici controllati, nella profilassi dell emicrania, della durata di 6 mesi, utilizzando un regime di titolazione con aumenti settimanali di 25 mg/die, la proporzione dei pazienti che hanno sperimentato una o più reazioni avverse di tipo cognitivo è stata del 19% con Topiramato 50 mg/die, del 22% per 100 mg/die, del 28% per 200 mg/die, contro il 10% per il placebo. Le reazioni avverse dose dipendenti iniziavano nella fase di titolazione. Di questi pazienti solo una piccola porzione ha sperimentato più di un evento avverso di tipo cognitivo. I più LXXXVII

88 comuni eventi collaterali di tipo cognitivo che si presentavano insieme, includevano: difficoltà nella memoria insieme con la difficoltà nella concentrazione/attenzione oppure con disturbi del linguaggio; difficoltà nella concentrazione/attenzione insieme con disturbi del linguaggio. Raramente i pazienti erano colpiti contemporaneamente da tre eventi collaterali di tipo cognitivo. Disturbi psichiatrici/comportamentali I disturbi psichiatrici/comportamentali (depressione o disturbi dell umore) sono dose correlati sia nella popolazione trattata per l epilessia sia in quella trattata per l emicrania. Sonnolenza e senso di affaticamento La sonnolenza e il senso di affaticamento sono eventi collaterali molto frequenti riportati durante studi clinici utilizzando il Topiramato come terapia aggiuntiva nel trattamento dell epilessia. L incidenza della sonnolenza non differiva sostanzialmente tra un dosaggio di 200 mg/die e 1000 mg/die, al contrario, l evento avverso del senso di affaticamento era dose correlato, con un incremento intorno ai 400 mg/die. Utilizzando il farmaco nel trattamento dell epilessia in monoterapia si è constatato invece che l incidenza della sonnolenza era dose correlata (9% con 50 mg/die e 15% con 400 mg/die) e l incidenza del senso di affaticamento era simile in entrambi i gruppi di trattamento (circa 14%). Tra i pazienti con emicrania entrambi gli eventi collaterali sono dose-correlati e si presentano più comunemente nella fase di titolazione Parestesia LXXXVIII

89 La parestesia, definita come formicolio alle estremità, è l evento collaterale più frequentemente riportato ed uno dei motivi predominanti che portano al ritiro dei pazienti dai trials clinici. Nella maggior parte dei casi risulta essere un disturbo transitorio, di gravità lieve-moderata e auto limitante. Si può presentare dai primi giorni fino ad alcune settimane, durante l incremento del dosaggio. Non occorre nessun trattamento anche se è stato proposto l utilizzo di potassio per ridurne la severità [113] Calo ponderale Molti degli agenti utilizzati per il trattamento profilattico dell emicrania sono associati a un incremento ponderale. Negli studi condotti con Topiramato nella prevenzione dell emicrania, nel corso di 6 mesi è stato osservato un calo ponderale significativo rispetto al placebo. Tale effetto è stato riscontrato con tutte le dosi somministrate (-1,8 kg p<0,001 con Topiramato 50 mg/die; 2,5 kg p<0,001 con Topiramato 100 mg/die, -2,8 kg, p<0,001 con la dose di 200 mg/die vs -0,1 kg con placebo) [68-69], [114]. I meccanismi coinvolti nella perdita di peso correlata all assunzione del farmaco non sono tuttora stati chiariti. Gli studi sui modelli animali suggerisco però che il farmaco sia in grado di ridurre la deposizione di lipidi diminuendo l assunzione di cibo o stimolando il dispendio energetico [ ]. Ulteriori indagini nel modello animale hanno dimostrato che, a livello dell ipotalamo laterale, il glutammato esercita un ruolo nello stimolare l appetito, in alcuni di questi modelli, la stimolazione dei recettori per il glutammato è risultata in grado di produrre un aumento intenso, rapido e dose dipendente del cibo assunto [118]. Il Topiramato è un antagonista dei sottotipi recettoriali glutammatergici AMPA/kainato, ciò potrebbe contribuire alla sua capacità di determinare il calo LXXXIX

90 ponderale. Resta comunque da chiarire se questa proprietà, possa favorire la compliance del paziente e se il calo ponderale venga mantenuto nel tempo. Per i pazienti che presentino perdita di peso durante il trattamento può risultare necessario ricorrere ad una adeguata integrazione della dieta Acidosi metabolica Il trattamento con Topiramato è associato ad acidosi metabolica ipercloremica, con gap anionico normale (cioè, diminuzione del livello sierico del bicarbonato al di sotto dell'intervallo di riferimento in assenza di alcalosi respiratoria). Questa diminuzione del bicarbonato sierico è dovuta all'effetto inibitorio del Topiramato sull'anidrasi carbonica renale. In genere, la diminuzione del bicarbonato avviene nelle prime fasi del trattamento, sebbene possa verificarsi anche successivamente. Tale diminuzione è generalmente di grado lieve o moderato (mediamente di 4 mmoli/l a dosi 100 mg/die negli adulti e all'incirca 6 mg/kg/die nei bambini). Raramente, la concentrazione sierica del bicarbonato nei pazienti è scesa al di sotto di 10 mmoli/l. Alcune condizioni o terapie che predispongono all'acidosi (quali malattie renali, disturbi respiratori gravi, status epilepticus, diarrea, interventi chirurgici, dieta chetogena o alcuni farmaci) possono sommarsi all'effetto di riduzione del bicarbonato dovuto all uso del Topiramato. L'acidosi metabolica cronica nei pazienti pediatrici può rallentare la crescita. L'effetto di questo farmaco sulla crescita e le possibili conseguenze sull'apparato osseo non sono stati valutati in maniera sistematica in adulti e bambini. In funzione delle condizioni di base del paziente, si raccomanda un'appropriata valutazione che includa il livello di bicarbonato plasmatico. Se il paziente sviluppa un'acidosi metabolica persistente, bisogna considerare l'opportunità di ridurre la dose o interrompere il trattamento. XC

91 3.2.5 Miopia acuta e glaucoma secondario ad angolo chiuso In pazienti trattati con Topiramato è stata riportata una sindrome rappresentata da miopia acuta associata a glaucoma secondario ad angolo chiuso. I sintomi includono l'insorgenza improvvisa diminuzione dell'acuità visiva e/o dolore oculare. Le manifestazioni oftalmiche possono includere miopia, riduzione di profondità della camera anteriore dell'occhio, iperemia oculare (arrossamento) ed aumento della pressione intraoculare. Potrebbe verificarsi la presenza di midriasi. Questa sindrome potrebbe essere associata a versamento sopraciliare che comporta uno spostamento in avanti del cristallino e dell'iride, con glaucoma secondario ad angolo chiuso. I sintomi compaiono generalmente entro il primo mese di terapia. Contrariamente al glaucoma ad angolo chiuso primario, che si verifica raramente al di sotto dei 40 anni, il glaucoma ad angolo chiuso secondario associato all'uso del Topiramato è stato riportato sia negli adulti che nei bambini. Il trattamento consiste nel sospendere la terapia il più rapidamente possibile, secondo il giudizio del medico curante, e nell'adottare misure adeguate per ridurre la pressione intraoculare. In genere, con queste misure la pressione intraoculare si riduce. In tutti i casi di diminuzione dell'acuità visiva e/o dolore oculare, si raccomanda di consultare immediatamente un oculista Nefrolitiasi Alcuni pazienti, specialmente quelli con predisposizione alla nefrolitiasi, possono essere esposti ad un più alto rischio di formazione di calcoli renali e di manifestazioni e sintomi associati quali coliche renali, dolori renali o dolore iliaco. I XCI

92 fattori di rischio per la nefrolitiasi comprendono calcoli renali pregressi o una familiarità alla nefrolitiasi ed alla ipercalciuria. Nessuno di questi fattori permette però di predire in modo attendibile la possibilità di formazione di calcoli durante la terapia con Topiramato. Anche i pazienti che assumono altri farmaci che predispongono alla nefrolitiasi possono trovarsi esposti ad un più alto rischio di calcoli. 3.3 Conclusioni: L'efficacia e la sicurezza del Topiramato nella prevenzione dell'emicrania sono state confermate attraverso il più ampio programma di sviluppo clinico mai condotto per il trattamento di questa condizione patologica [119]. Questo farmaco ha dimostrato di possedere un'efficacia statisticamente significativa nella prevenzione dell'emicrania già dal primo mese di terapia, essendo in grado di migliorare diversi parametri correlati alla profilassi del disturbo, quali [68-69], [114] : - frequenza di emicrania - giorni/mese con emicrania - giorni/mese in cui era necessario assumere farmaci sintomatici Tali risultati sono particolarmente degni di considerazione se confrontati con quelli ottenuti nei trial che hanno studiato altri agenti utilizzati per la profilassi dell'emicrania (Tabella 3.3). XCII

93 Farmaco studiato Dimensione dello studio n Tempo di trattamento (settimane) Topiramato [121] Valproato [126] Amitriptilina [123] Flunarizina [122] Propanololo [125] Pizotifene [124] 30 6 Tabella 3.3: Trial clinici condotti nel trattamento preventivo dell emicrania [ ] Il Topiramato è risultato generalmente ben tollerato, e rappresenta quindi una nuova opzione terapeutica da utilizzare per la prevenzione dell'emicrania. Sulla base dell'evidenza clinica raccolta in una serie di ampi trial clinici ben disegnati, il Topiramato ha dimostrato di essere efficace per la profilassi dell'emicrania nei pazienti adulti che non abbiano risposto o siano intolleranti alle altre terapie standard. Una dose target iniziale di 100 mg/die, suddivisa in due somministrazioni giornaliere, offre il profilo migliore in quanto a efficacia e tollerabilità [68-69], [114]. XCIII

94 CAPITOLO 4 IL LINGUAGGIO 4.1 Cos è il Linguaggio Il linguaggio è quello straordinario sistema che consente agli individui di esprimere il proprio pensiero con simboli verbali (e grafici) e di trasformare le parole in pensiero (e viceversa), di comunicare una combinazione infinita di idee usando un flusso altamente strutturato di suoni (o, nei linguaggi a segni, un flusso strutturato di gesti manuali e di espressioni facciali). Il linguaggio rappresenta la parte più accessibile della mente ed è stato oggetto di studio per millenni da parte dei cultori di diverse discipline. Una serie di intense ricerche scientifiche sviluppate da linguisti e psicolinguisti in questi ultimi quarant'anni ha dimostrato che tutti i linguaggi si basano su principi generali particolarmente simili e che il linguaggio si sviluppa spontaneamente in tutti i bambini normali a qualsiasi società essi appartengano. Il linguaggio sembra perciò un adattamento culturale diffuso a tutta la nostra specie e, come vedremo, si basa su una serie di circuiti nervosi di elevata complessità. Per linguaggio s'intende la capacità di codificare le idee in segnali. Il linguaggio deve esser tenuto distinto dal pensiero, dal saper leggere e scrivere e dalla capacità di espressione. La parola linguaggio viene usata in molti sensi, e nell'intraprendere una trattazione scientifica del linguaggio è utile distinguere, prima di tutto la facoltà di parlare come tale da altre capacità che vengono spesso confuse insieme. XCIV

95 In primo luogo, si dice che il linguaggio non si può separare dal pensiero, ma in effetti è assolutamente necessario tener distinte le due cose. Il pensare costituisce la capacità di avere idee e di inferire nuove idee dalle vecchie mentre il linguaggio è la capacità di codificare le idee in segnali per comunicarle a qualcun altro. Il linguaggio, vale a dire il codice di trasmissione delle idee, è diverso dalle idee stesse. La gente non pensa soltanto con parole e frasi del proprio linguaggio naturale: i bambini nei primi anni di vita, i primati non umani, i soggetti afasici e i soggetti adulti normali pensano anche usando immagini visive, concetti e proposizioni astratte ed altre forme non linguistiche del pensiero. Inoltre il linguaggio è troppo ambiguo e schematico per esprimere bene tutto ciò che sa una persona. In secondo luogo, il linguaggio deve essere distinto dalla lettura e dalla scrittura. Nella storia dell'uomo il linguaggio scritto è un'acquisizione recente e deve essere formalmente insegnato, peraltro con risultati incostanti. Infine, la padronanza del linguaggio non si identifica con la padronanza delle regole, definite dagli insegnanti e dai manuali di stile, che prescrivono l'uso "corretto" del linguaggio stesso. Queste regole specificano le differenze che intercorrono fra le forme standardizzate e non standardizzate di espressione di un linguaggio e le convenzioni della prosa scritta. Lo studio scientifico del linguaggio è descrittivo e non prescrittivi, esso si occupa di come parla la gente e non di come dovrebbe parlare. Perciò, per i linguisti, la "grammatica" è un'espressione che si riferisce alle regole che permettono alla gente di esprimere il proprio pensiero sotto forma di frasi sia quando parlano sia quando capiscono. XCV

96 4.2 Dalle teorie classiche ad oggi La maggior parte delle nostre conoscenze relative alla localizzazione delle strutture deputate al linguaggio derivano dallo studio delle afasie, o disturbi del linguaggio che insorgono spesso in pazienti che hanno sofferto di un ictus cerebrale (rottura o occlusione di un vaso sanguigno che si distribuisce ad una regione di un emisfero cerebrale). La maggior parte delle scoperte più importanti, nel campo delle afasie, ha avuto luogo, in rapida successione, nell'ultima metà del diciannovesimo secolo. La tesi che l'abilità linguistica sia localizzata in un'area particolare dell'emisfero sinistro è in genere attribuita al neurologo francese Paul Broca ( ) che fu profondamente influenzato dal pensiero di Gall e dall'idea che le funzioni mentali potessero essere localizzate. Proprio grazie a Franz Joseph Gall ( ), medico e neuroanatomico tedesco, nacque una nuova disclipina medico-scientifica: la frenologia. Questi asseriva che era possibile definire le qualità psicologiche di una persona esaminando la conformazione del suo cranio. Il principio alla base di questa pratica consisteva nel fatto che, secondo Gall, il cervello fosse suddiviso in tante regioni quante erano le caratteristiche della personalità. Sosteneva infine, che i centri deputati a ciascuna funzione mentale aumentavano di dimensione con l uso e che quindi quando un centro si espandeva, determinava il formarsi di rilevatezze nella sovrastante superficie cranica creandovi una serie di solchi e di protuberanze che permettevano di conoscere quali fossero le zone cerebrali più sviluppate (Figura 4.0) Gall avanzò tre idee innovative per il tempo affermando che ogni comportamento emana dal cervello, che singole regioni della corteccia cerebrale sono in grado di controllare funzioni specifiche ed infine che il cervello non funziona XCVI

97 come un tutt uno ma comprende non meno di 35 organi distinti, a ciascuno dei quali corrisponde una particolare funzione mentale. Figura 4.0: Secondo la teoria frenologia del diciannovesimo secolo, caratteristiche complesse del carattere, sono sotto il controllo di aree specifiche del cervello che si espandono man mano che le caratteristiche del carattere si sviluppano. Questa mappa si proponeva di dimostrare la sede di 35 facoltà intellettuali ed emotive localizzate in zone distinte del cranio e della sottostante corteccia cerebrale. Broca tuttavia sviluppò le idee di Gall in un senso del tutto nuovo: argomentò che la frenologia, intesa come tentativo di localizzare le diverse funzioni mentali, dovesse basarsi sull'esame delle lesioni cerebrali che si osservano nelle diverse sindromi cliniche piuttosto che sull'esame della distribuzione delle rilevatezze presenti sulla superficie cranica. Nel 1861 così egli scriveva: "Io penso che se mai dovesse nascere una frenologia come scienza, essa dovrebbe essere la frenologia delle circonvoluzioni XCVII

98 presenti sulla corteccia cerebrale e non la frenologia delle protuberanze presenti sulla superficie del cranio". Con queste premesse Broca fondò la neuropsicologia, nuova scienza dei processi mentali che egli riteneva dovesse tenersi ben distinta dalla frenologia di Gall. Nel 1861 Broca descrisse il caso di un paziente, un certo Leborgne noto anche come "Tan" perché tan era l'unico suono che riusciva ad emettere [127]. Tan era in grado di capire il senso del linguaggio ma aveva perso la capacità di parlare. Il paziente non presentava i classici deficit motori a carico della lingua, della bocca o delle corde vocali, che avrebbero potuto compromettere l'articolazione delle parole. Egli poteva infatti pronunciare senza difficoltà parole isolate, fischiare o cantare una canzone, ma non riusciva a organizzare un discorso grammaticalmente corretto o frasi compiute, né poteva esprimere le proprie idee per iscritto. L'esame autoptico del cervello di questo paziente mise in evidenza una lesione nella parte posteriore del lobo frontale davanti al solco silviano (regione che porta oggi il nome di area di Broca). Broca potè osservare otto casi analoghi, ciascuno dei quali presentava una lesione in quest'area. In tutti i pazienti la lesione era presente nell'emisfero cerebrale sinistro. Questa scoperta condusse Broca a formulare, nel 1864, uno degli assiomi più famosi, relativi alle funzioni cerebrali: "Nous parlons avec l hémisphère gauche!" ("Noi parliamo con l'emisfero sinistro!"). Il passo successivo fu fatto da Karl Wernicke nel 1876 che pubblicò un lavoro intitolato: "La sindrome dell'afasia; studio psicologico su base anatomica". In questo lavoro veniva descritto un nuovo tipo di afasia caratterizzato da disturbi della XCVIII

99 comprensione del linguaggio più che dell'espressione verbale (un disturbo recettivo piuttosto che espressivo). Mentre i pazienti di Broca capivano il senso del discorso ma non riuscivano a parlare, il paziente osservato da Wernicke parlava ma non riusciva a capire il senso delle parole. Inoltre, la localizzazione di questo nuovo tipo di afasia era anche diversa da quella descritta da Broca: la lesione cerebrale critica era localizzata nella parte posteriore del lobo temporale, là dove questo si unisce al lobo parietale e a quello occipitale (Figura 4.1B). XCIX

100 Figura 4.1: Veduta laterale dell emisfero sinistro: A. Aspetto esterno dell emisfero sinistra B. Aree interessate nei processi del linguaggio (modificata, da Geschwind, 1979) Sulla base di questa scoperta e dei lavori di Broca, Wernicke formulò una teoria del linguaggio che tentava di riconciliare ed estendere le due teorie delle funzioni cerebrali dell epoca. Da una parte i frenologi che vedevano la corteccia come un mosaico di aree aventi ciascuna una funzione specifica e dall'altra i fautori della teoria dei campi associati per i quali le funzioni mentali erano invece distribuite in modo uniforme in tutta la corteccia cerebrale. Wernicke, propose che soltanto le funzioni mentali più elementari, in rapporto con attività percettive e motrici semplici, fossero localizzate in aree corticali circoscritte, mentre le interconnessioni esistenti fra diverse aree specializzate rendevano possibile lo svolgimento delle funzioni intellettuali più complesse. Mise quindi in luce il concetto che le diverse componenti di un singolo comportamento possono venir elaborate in zone diverse del cervello. Fu pertanto il primo a proporre l'idea di analisi distribuita che è oggi uno dei cardini del nostro modo di concepire le funzioni cerebrali. Wernicke postulò che l'espressione del linguaggio comporti l'intervento di due distinti programmi, uno sensitivo e uno motorio, sotto il controllo di aree cerebrali diverse, ipotizzando che il programma motorio, che coordina i movimenti della bocca necessari per l'emissione corretta delle parole, sia localizzato nell'area di Broca, che è particolarmente ben situata per questa funzione in quanto è C

101 posta immediatamente al davanti dell'area motoria che controlla la bocca, la lingua, il palato e le corde vocali (Figura 4.1B). Il programma sensitivo, che controlla la percezione delle parole, veniva invece localizzato nell'area del lobo temporale da lui scoperta (area di Wernicke). Un area circondata dalla corteccia uditiva e da altre aree corticali (dette cortecce associative) che integrano informazioni acustiche, visive e somatiche in percezioni complesse. Wernicke formulò così il primo modello coerente dell'organizzazione del linguaggio, modello che viene in parte usato ancor oggi. Secondo questo modello, i meccanismi iniziali di analisi della parola scritta o udita hanno luogo in aree sensoriali diverse della corteccia, specializzate per recepire informazioni rispettivamente acustiche o visive. Queste informazioni raggiungono poi il giro angolare, che rappresenta un'area corticale associativa specializzata sia per le informazioni di natura visiva che acustica, e nella quale, secondo Wernicke, le parole dette o scritte, vengono trasformate in una rappresentazione nervosa unica e comune sia al linguaggio parlato che scritto. Questa rappresentazione nervosa viene quindi trasferita dal giro angolare all'area di Wernicke, dove viene riconosciuta come espressione linguistica ed associata al proprio significato. Senza questo riconoscimento associativo la comprensione del linguaggio va perduta. La rappresentazione neurale comune passa quindi dall'area di Wernicke a quella di Broca dove viene trasformata da rappresentazione sensoriale (acustica o visiva) in rappresentazione motoria che può potenzialmente condurre sia al linguaggio parlato che alla scrittura. Quando questo ultimo stadio di trasformazione della rappresentazione sensitiva in rappresentazione motoria non ha luogo, viene meno la capacità di espressione del linguaggio (sia parlato che scritto). CI

102 Usando questo modello, Wernicke arrivò a predire l'esistenza di un terzo tipo di afasia dipendente dall'interruzione delle vie nervose. In questo tipo di afasia le aree recettive e motrici del linguaggio sono indenni, ma sono lese le fibre che le connettono. Questa afasia di conduzione, come viene chiamata oggi, è caratterizzata da un uso improprio delle parole (parafasia). I pazienti affetti da afasia di conduzione sono in grado di capire le parole che sentono o leggono e non hanno difficoltà motorie nell'emissione delle parole, ma non riescono a parlare correttamente; essi tralasciano sillabe o introducono suoni sbagliati nelle parole e, pur rendendosi conto con rammarico dei loro errori, non sono in grado di correggerli. Non tutti i neurologi della fine del XIX secolo vedevano con favore questa delimitazione puntuale dei centri linguistici. Hughlings Jackson (1878) rilevava che "dare una collocazione alla lesione che distrugge il linguaggio e dare una collocazione al linguaggio sono due cose diverse". Freud (1891) conveniva con lo scetticismo di Jackson nell'interpretazione dei dati afasiologici. Secondo Freud era verosimile che ci fosse un solo tipo di afasia. La diversità dei sintomi, quali quelli rinvenibili nei pazienti di Broca rispetto a quelli dei pazienti di Wernicke doveva essere spiegata in funzione della prossimità delle lesioni alle aree motorie o sensorie dell'emisfero sinistro. All'inizio del ventesimo secolo, sorse in Germania una nuova scuola di pensiero, in tema di localizzazioni cerebrali, sotto la guida dell'anatomico Korbinian Brodmann ). Questa nuova scuola cercava di distinguere le singole aree funzionali della corteccia cerebrale in base alla diversa struttura dei tipi cellulari presenti ed alla loro caratteristica disposizione in strati. CII

103 Con questo metodo citoarchitettonico Brodmann arrivò a distinguere 52 aree funzionalmente distinte nella corteccia cerebrale umana (Figura 4.2). Figura 4.2: Korbinian Brodmann suddivise la corteccia cerebrale dell uomo in 52 aree distinte in base alla struttura caratteristica delle cellule nervose e alla loro disposizione in strati Tuttavia, l'idea dominante che condizionò il pensiero sperimentale e la pratica clinica, nel corso della prima metà del Novecento, non fu il connessionismo cellulare ma la teoria dei campi cerebrali associati, situazione in parte dovuta all'influenza del pensiero di molti eminenti figure di cultori delle neuroscienze come lo psicologo americano Karl Lashley, che espresse tutto il suo scetticismo sulla possibilità di CIII

104 differenziare funzionalmente le diverse aree cerebrali in base a differenze citoarchitettoniche. "La mappa architettonica 'ideale' è praticamente inutile", scriveva Lashley, "Le suddivisioni fra le aree sono in gran parte prive di senso dal punto di vista anatomico, e fuorvianti per quanto attiene alle presunte suddivisioni funzionali della corteccia". Studiando, nel ratto, gli effetti di varie lesioni cerebrali sulla capacità degli animali di orientarsi in un labirinto, Lashley in realtà osservò che la gravità dei difetti dell'apprendimento sembrava dipendere dall'estensione delle lesioni piuttosto che dalla loro precisa localizzazione. Queste osservazioni negative lo condussero, e dopo di lui molti altri psicologi, a concludere che l'apprendimento, così come altre funzioni mentali, non hanno alcuna localizzazione cerebrale particolare e non possono perciò essere messe in rapporto con nessun raggruppamento specifico di neuroni. Di conseguenza Lashley riformulò la teoria dei campi cerebrali associati in una nuova concezione delle funzioni cerebrali, detta dell'azione di massa, che minimizzava ulteriormente l'importanza dei singoli neuroni, delle loro connessioni nervose specifiche e dell'esistenza di regioni cerebrali circoscritte e funzionalmente specifiche. Secondo questa teoria, ciò che conta ai fini delle funzioni nervose è la massa cerebrale interessata e non la natura dei suoi componenti neuronali. Applicando questo tipo di logica alle afasie, Head e Goldstein conclusero che i disturbi del linguaggio possono intervenire come conseguenza di alterazioni insorte praticamente in qualsiasi area corticale. È l'entità del danno corticale, indipendentemente dal sito della lesione, che determina nel paziente la regressione da un CIV

105 linguaggio ricco e simbolico alle povere espressioni verbali, che caratterizzano le afasie. Gradualmente, gli esperimenti di Lashley sul Ratto e le osservazioni di Head nell'uomo sono stati reinterpretati criticamente. Diverse ricerche hanno dimostrato che il test del labirinto, usato da Lashley, è inadeguato per lo studio delle localizzazioni funzionali perché comporta una serie molto diversificata di prestazioni motorie e sensitive. II ratto, pur privo di una facoltà (come la visione), è ancora in grado di orientarsi nel labirinto facendo leva su una facoltà diversa (per esempio seguendo stimoli tattili o olfattivi). Inoltre, molte funzioni mentali sono condivise da più di una regione cerebrale o da più di una via nervosa e pertanto una sola lesione non è in grado di mettere fuori causa tutte le strutture interessate. Le prove in favore della localizzazione delle funzioni cerebrali divennero sempre più solide. Sul finire degli anni 1930 Edgar Adrian, in Inghilterra, e Wade Marshall e Philip Bard, negli Stati Uniti, osservarono che, nel gatto, l'applicazione di stimoli tattili a parti diverse del corpo evoca la comparsa di un'attività elettrica in aree diverse della corteccia cerebrale, portando in tal modo sostegno all'esistenza di precise mappe della superficie corporea a livello di siti specifici della corteccia cerebrale, come sostenuto da Brodmann. Queste ricerche permisero di stabilire che è possibile differenziare le singole aree citoarchitettoniche della corteccia cerebrale sulla base di diversi criteri indipendenti, come il tipo di cellule presenti, la disposizione in strati, le connessioni afferenti ed efferenti e, ciò che più conta, la loro funzione fisiologica. CV

106 Metodi sempre più accurati hanno anche permesso di acquisire ulteriori nozioni sulle funzioni delle diverse aree cerebrali interessate al linguaggio. Proprio allo scopo di individuare le aree cerebrali responsabili dell'espressione del linguaggio, Wilder Penfield ( ) alla fine degli anni 1950 e più recentemente George Ojemann stimolavano, mediante piccoli elettrodi, la corteccia di pazienti svegli, nel corso di operazioni eseguite in anestesia locale sul cervello per la localizzazione di foci epilettici. Veniva chiesto ai pazienti di denominare oggetti o comunque di parlare, mentre venivano stimolate diverse aree della corteccia. Se l'area che veniva stimolata svolge un ruolo critico nell'espressione del linguaggio l'applicazione di stimoli elettrici impedisce ai pazienti di continuare a denominare oggetti. Penfield e Ojeman riuscirono in tal modo a confermare, in soggetti vivi e coscienti, le localizzazioni cerebrali del linguaggio descritte da Broca e Wernicke. Ojemann, inoltre, mise anche in luce l'esistenza di altre aree cerebrali essenziali per l'espressione del linguaggio dimostrando che le reti nervose necessarie a questa funzione sono ancora più estese di quanto Broca e Wernicke avevano ipotizzato. Il nostro grado di comprensione delle basi nervose del linguaggio deve anche molti dei suoi progressi alle ricerche sulle localizzazioni cerebrali effettuate mediante l'impiego combinato di metodi linguistici e di psicologia cognitiva. Da questi studi è risultato che anche singoli componenti specifici della rete nervosa del linguaggio, come l'area di Wernicke deputata alla sua comprensione, possono venir ulteriormente suddivisi dal punto di vista funzionale. Queste suddivisioni modulari di strutture che erano state previamente considerate essere la sede di operazioni essenzialmente elementari, sono state messe CVI

107 in evidenza per la prima volta, a metà degli anni 1970, da Alfonso Caramazza ed Edgar Zurif. Questi autori osservarono che lesioni discrete dell'area di Wernicke davano origine a disturbi diversi della comprensione del linguaggio. Le lesioni della zona fronto-temporale dell'area di Wernicke determinano infatti disturbi dell'analisi lessicale, ossia della capacità di capire il senso delle parole. Al contrario, le lesioni della porzione parieto-temporale della medesima area producono disturbi dell'analisi sintattica, e cioè nella capacità di apprezzare le relazioni che intercorrono fra le diverse parole di una frase. Fino a poco tempo fa, quasi tutte le nostre conoscenze sull'organizzazione anatomica del linguaggio derivavano da studi clinici su pazienti portatori di lesioni cerebrali. Oggi, grazie all avvento e al perfezionamento delle tecniche di imaging, possiamo estendere questi studi anche su soggetti normali. Infatti proprio tramite l utilizzo della PET, nel 1988, Michael Posner, Marcus Reichle e collaboratori hanno fatto l'interessante osservazione che le informazioni sensoriali che mettono capo all'emissione e alla comprensione del linguaggio vengono elaborate in più di una via nervosa. Facendo uso delle immagini ottenute con la PET, questi autori hanno precisato il modo con cui vengono codificate, nei soggetti normali, le singole parole a seconda che vengano lette su uno schermo o ascoltate attraverso un altoparlante. Essi osservarono che l'area di Wernicke si attiva quando le parole vengono ascoltate, ma non quando le parole vengono viste ma non ascoltate o pronunciate. L'informazione visiva, proveniente dalla corteccia occipitale, sembra venir trasferita direttamente all'area di Broca senza essere stata prima trasformata in rappresentazione acustica nella corteccia temporale posteriore. CVII

108 Sulla base di questi risultati Posner e collaboratori hanno tratto la conclusione che le vie nervose e le codificazioni sensoriali impiegate per vedere le parole sono diverse da quelle usate per ascoltarle ed hanno proposto pertanto che queste vie nervose abbiano accessi separati alle regioni corticali di ordine superiore deputate rispettivamente a conferire significato alle parole o a permetterne l'espressione verbale (Figura 4.3), contrariamente a ciò affermava Wernicke (che sia le parole scritte che quelle udite vengono trasformate, attraverso le rispettive afferenze sensoriali, in una rappresentazione unica del linguaggio). Questo nuovo tipo di informazione viene quindi indirizzato all'area di Wernicke dove viene associato al proprio significato prima di venir trasformato, nell'area di Broca, nell'espressione del linguaggio parlato. Figura 4.3: L esplorazione cerebrale mediante PET, mette in evidenza le diverse regioni corticali interessate al riconoscimento delle parole ascoltate o scritte. A. Leggere parole B. ascoltare parole C. pronunciare parole D. pensare parole Perciò, non solo le parole lette ed ascoltate vengono analizzate mediante processi distinti, ma quando un soggetto riflette semplicemente sul significato di una CVIII

109 parola (in assenza di stimoli sensoriali) viene attivata un'area ancora diversa, localizzata nella corteccia frontale sinistra, l'elaborazione cerebrale delle informazioni richiede l'attivazione di numerose e diverse aree corticali specificamente interconnesse e che ciascuna di queste aree risponde soltanto ad alcune particolari caratteristiche degli stimoli sensoriali e non ad altre e quindi codifica solo queste caratteristiche e non altre. Da questo ne deriva che l'elaborazione del linguaggio avviene sia in serie che in parallelo e comporta meccanismi assai più complessi di quanto Wernicke avesse pensato. Questi studi hanno dimostrato quindi che ogni singola regione cerebrale non è totalmente responsabile di una facoltà mentale ma è la sede di un complesso di operazioni analitiche elementari,di conseguenza, una lesione che interessi un'area particolare non determina necessariamente la perdita di un'intera facoltà, come avevano predetto molti vecchi neurologi. Perciò non è utile rappresentare i processi mentali come una successione di circuiti posti in serie perché, in tal caso, una volta interrotto un singolo circuito verrebbe meno l'intera funzione. In conclusione possiamo sintetizzare queste osservazioni con tre affermazioni: - i processi cognitivi del linguaggio hanno luogo nell emisfero sinistro e sono indipendenti dalle vie che analizzano le modalità sensoriali o dalle vie motorie impiegate per l espressione del linguaggio - la capacità di parlare e di sentire non sono condizioni indispensabili perché nell emisfero di sinistra si sviluppino capacità linguistiche CIX

110 - il linguaggio parlato non rappresenta altro che una delle diverse capacità cognitive localizzate nell emisfero sinistro 4.3 Le Afasie: classificazione delle sindromi [ ] Solamente l uomo, fra tutti gli animali, è in grado di esprimere il proprio pensiero con simboli verbali (e grafici) e di trasformare le parole in pensiero (e viceversa). Questa capacità costituisce il linguaggio: la sua riduzione o perdita è l'afasia. La teoria associazionistica considera il linguaggio esattamente legato, ad aree corticali specializzate, insieme con le loro reciproche vie di associazione ed i loro legami anatomici con il resto del sistema nervoso. Da questo deriva che i vari quadri clinici di afasia sono dovuti a lesioni che interessano precisi livelli di questo complesso neuronale. La teoria globalista, o noetica, considera il linguaggio come risultato di una attività cerebrale d'insieme, quindi l'afasia è legala ad una lesione cerebrale circoscritta, le cui manifestazioni cliniche però sono soprattutto il riflesso dell'adattamento della massa cerebrale di fronte alla lesione. Per comprendere il significato dei due principali quadri di afasia bisogna distinguere il linguaggio in due "versanti": uno espressivo ed uno recettivo. Il primo corrisponde alla capacità di esprimersi con parole, il secondo alla capacità di intendere, cioè di comprendere il significato delle parole udite. È appunto da questa distinzione che derivarono le due classiche forme di afasia: l'afasia motoria di Broca, in cui è maggiormente interessato il "versante" CX

111 espressivo, e l'afasia sensoriale o di comprensione o di Wernicke in cui è interessato prevalentemente il "versante" recettivo. Tuttavia questa netta distinzione, non corrisponde esattamente alla realtà clinica. Infatti non si osservano quasi mai forme completamente pure di afasia motoria o di afasia sensoriale: praticamente entrambi i versanti sono sempre interessati in maniera maggiore o minore. Il quadro generale delle afasie si complica poi ancora se si considera che nella realtà clinica gli afasici sono diversi l'uno dall'altro: infatti, nel determinare il quadro sintomatologico intervengono molti fattori, alcuni legati al tipo e sede di lesione cerebrale (e che quindi possono essere uguali in molti soggetti), altri legati a caratteri del linguaggio propri di ciascun individuo. Malgrado queste considerazioni, la maggior parte degli Autori ritiene opportuno attenersi alla classificazione di afasie maggiori di Broca e di Wernicke, soprattutto perché ad esse realmente corrispondono quadri anatomopatologici differenti. Nella forma di Broca, la lesione cerebrale è prevalentemente frontale (oppure estesa sotto la regione frontale verso il nucleo lenticolare e la capsula interna), nella Wernicke prevalentemente temporo-parietale, con sede in entrambi i casi nell'emisfero cosiddetto dominante, cioè nei destrimani il sinistro e nei mancini prevalentemente il sinistro nei quali solo in un terzo dei casi l'emisfero dominante è il destro (Figura 4.4). CXI

112 Figura 4.4: La zona del linguaggio Il concetto di zona del linguaggio fu avanzato per la prima volta da Dejerine nel 1914 per illustrare la localizzazione delle componenti del linguaggio messe in evidenza dallo studio delle lesioni focali dell emisfero sinistro nei pazienti. L area di Broca (B) è localizzata nella porzione posteriore (opercolare) della circonvoluzione frontale inferiore. L area di Wernicke (W) si trova dietro la circonvoluzione di Heschl (non indicata in figura) ed occupa il planum temporale. Il fascicolo arcuato (A) collega le porzioni posteriori della zona con quelle anteriori. Dejerine ipotizzò anche l esistenza di un area per le immagini verbali visive (V). I pazienti con infarcimento nel territorio del ramo superiore dell arteria cerebrale media presentano un afasia di Broca, mentre gli infarti da occlusione dal ramo inferiore temporale o delle sue ramificazioni provocano un afasia di Wernicke. C, caudato; CC, corpo calloso; P, putamen; T, talamo; V1, corteccia visiva primaria Una funzione cruciale è svolta dal fascicolo arcuato o arciforme che collega l'area acustica primaria e l'area di Wernicke con l'area di Broca (Figura 4.5). La sua mielinizzazione all'età di 4-12 mesi consente al bambino l'imitazione dei suoni prodotti dall'adulto (tappa decisiva nello sviluppo del linguaggio) e la sua integrità nell'adulto consente la ripetizione delle parole udite (vedi Afasia di conduzione). CXII

113 Figura 4.5: Aree interessate nei processi del linguaggio (modificata, da Geschwind, 1979) Afasia motoria o di Broca o afasia non fluente L afasia di Broca è una sindrome che consegue ad una lesione dell area di Broca (giro frontale inferiore sinistro, che comprende le aree 44 e 45 di Brodmann), dei campi frontali circostanti (superficie esterna dell area 6 e aree 8, 9, 10 e 46 di Brodmann), della sostanza bianca circostante, dell insula e dei nuclei della base e una piccola parte del giro temporale anteriore superiore. Questa sindrome è caratterizzata dall incapacità ad esprimere con parole il proprio pensiero. Il disturbo è presente a due livelli: I. formulazione mentale della parola o linguaggio interno (componente afasica vera e propria); II. articolazione della parola mentalmente formulata (componente disartrica). È quasi sempre accompagnata da lieve disturbo della comprensione del linguaggio altrui, della espressione scritta del pensiero (agrafia) e della comprensione della scrittura (alessia). La disartria consegue ad un difetto o lesione delle vie nervose che regolano e coordinano la funzione periferica fonetico-articolatoria, mentre la formulazione mentale delle sequenze verbali è regolare. La sola perdita (totale) della capacità di articolare la parola già mentalmente programmata è detta anartria. Il quadro sintomatologico dell'afasico di Broca è estremamente vario. CXIII

114 Il linguaggio spontaneo può essere completamente perduto: il soggetto spesso non riesce a pronunciare che poche sillabe isolate o associazioni plurisillabiche aventi nessun significato ma talora ripetute in continuazione, immutabilmente (stereotipia). Spesso da tale enorme perdita del patrimonio linguistico si salvano solo alcune parole che il soggetto era solito ripetere automaticamente (esclamazioni, bestemmie). Nei casi meno gravi può essere pure conservata la capacità di ripetere le parole in serie, quali i giorni della settimana e i mesi dell'anno, o frasi anche complesse ma imparate a memoria in precedenza (preghiere, poesie). Altre volte il soggetto è in grado di parlare, ma il suo discorso sempre quantitativamente povero (afasia non fluente) è più o meno variamente alterato. Possono essere presenti disturbi nella denominazione di certi oggetti: il paziente di fronte ad un oggetto mostra di riconoscerlo ma non riesce a trovarne il nome corrispondente (anomia), oppure ne dice un altro, più o meno simile (parafasia, spesso le parafasie sono a livello fonetico, cioè le parole contengono elisioni, trasposizioni e sostituzioni di sillabe), o usa perifrasi o parole passepartout (coso, cosa, cioè) oppure ancora lo inventa ex-novo (neologismi). Tale incapacità alla denominazione esatta è di solito vissuta nell' afasico in modo pienamente cosciente del suo difetto, con sentimento di ira e di frustrazione. Altre volte, pur essendo corretta la pronuncia delle parole, sono la strutturazione della frase, l'uso delle coniugazioni, delle desinenze, ecc. ad essere alterate risultandone un discorso sgrammaticato o incoerente (agrammatismo). CXIV

115 In sintesi, il comune paziente con afasia di Broca ha un eloquio spontaneo povero, inceppato nell'articolazione, frenato dall'anomia, sgrammaticato o incoerente nella struttura dall'agrammatismo. Questi disturbi possono meglio essere evidenziati sottoponendo il soggetto ad alcune prove, come ad esempio, dire il nome di oggetti di uso comune che gli vengono mostrati; ripetere in serie i giorni della settimana e i mesi dell'anno; costruire una frase con parole date dall esaminatore oppure ripetere scioglilingua ecc. A volte l'eloquio del soggetto si caratterizza per una modificazione della normale cadenza dovuta ad errori della pronuncia di consonanti e ad alterazioni dell'accentazione per cui il soggetto sembra parlare con accento straniero (disprosodia). Oltre il linguaggio spontaneo è spesso compromessa anche la capacità di ripetizione delle parole. I sintomi finora elencati sono tipici dell'afasia motoria, da interessamento cioè del "versante" espressivo del linguaggio. Nell'afasico di Broca domina infatti il difetto della funzione espressiva del linguaggio, ma raramente questo difetto è puro (anartria o mutismo verbale): quasi sempre, oltre alla espressione verbale, sono modestamente alterate la comprensione verbale, la comprensione grafica (alessia afasica) e in modo evidente l espressione grafica (agrafia). L'esecuzione di ordini complessi è compiuta con inesattezza o ritardi, il che indica che la comprensione delle parole è disturbata. La scrittura spontanea e quella dettata sono spesso gravemente compromesse mentre quella copiata è in genere meglio conservata. Anche nella scrittura possono essere presenti disturbi espressivi analoghi a quelli del linguaggio: CXV

116 errori d'ortografia, scrittura di frasi grammaticalmente sconnesse con significato mal comprensibile, ecc. La lettura presenta difficoltà sia espressive sia di comprensione che si possono evidenziare con la lettura ad alta voce o anche solo con quella mentale: il soggetto cioè commette errori e non sa ripetere il contenuto di quanto letto. Afasia sensoriale o di Wernicke o afasia fluente L afasia di Wernicke, in generale, consegue a lesioni del settore posteriore della corteccia uditiva associativa sinistra (area 22 di Brodmann), anche se nelle forme più gravi e persistenti le lesioni interessano anche il giro temporale medio e la sostanza bianca sottostante. I pazienti con afasia di Wernicke parlano senza sforzo, con inflessione e velocità normali ed il loro modo di parlare è pertanto del tutto diverso da quello dei pazienti affetti dall afasia di Broca. Il contenuto dei loro discorsi, tuttavia, è spesso inintelligibile per via dei frequenti errori nella scelta delle parole e dei fonemi che sono le singole unità di suono che compongono i morfemi (desinenze, suffissi, preposizioni, congiunzioni, ecc.). Al riconoscimento dell'afasia di Wernicke concorrono alcuni metodi di indagine: mostrando al paziente oggetti d'uso comune, se ne nomina uno, invitando a riconoscerlo: il paziente in genere non comprende l'invito e non è quindi in grado di riconoscere l'oggetto. Lo stesso esito ha il riconoscimento di azioni compiute dall'osservatore o mostrate per mezzo di disegni. Inoltre il soggetto non è in grado di obbedire ad ordini anche relativamente semplici, di riconoscere la relazione esistente tra parole semanticamente o foneticamente simili, oppure di riconoscere i rumori, cioè di stabilire la relazione tra questi e gli oggetti che li hanno provocati, ecc. CXVI

117 L'afasico di Wernicke non solo non è in grado di comprendere quanto gli viene detto, ma neppure è in grado di "concentrarsi" e quindi di sforzarsi a comprendere; manca inoltre la coscienza del proprio deficit e la capacità di critica: questi atteggiamenti lo distinguono dall'afasico di Broca (che invece si arrabbia e si deprime avendo coscienza della propria incapacità). Un fenomeno molto frequente che si osserva in questi pazienti è quello della perseverazione, cioè la ripetizione più volte della stessa azione in adempimento ad ordini successivi differenti. Non sempre però, il difetto di comprensione è così grave. La mancanza di coscienza del proprio deficit e l'assenza di critica si manifestano ancor meglio nel "versante" espressivo. L'afasico di Wernicke è in grado di parlare, anzi parla molto (afasia fluente) ma sempre scorrettamente: frequenti sono le parafasie e le parole "passe-partout", le amnesie "nominum", i neologismi: l'insieme di queste alterazioni del discorso, se gravi, costituiscono un vero gergo (gergoafasia). È assolutamente caratteristico il fatto che il soggetto mentre parla non riconosce i propri errori e non si corregge mai, mentre riconosce errato il proprio eloquio quando questo gli viene fatto riascoltare, per esempio su nastro. L'incapacità di riconoscere, parlando, i propri errori, e la logorrea, ci indicano che l'afasico di Wernicke ha perso completamente il controllo della propria produzione verbale. I disturbi di comprensione e di espressione si manifestano analogamente nella scrittura e nella lettura. L'afasico, come non riesce a tradurre il pensiero in simboli verbali o viceversa, così non riesce a tradurre il pensiero verbale in simboli scritti, e neppure a trasformare quanto vede scritto in contenuto di coscienza. CXVII

118 Quindi dalle forme più gravi in cui né scrive né legge, si passa gradualmente a quelle in cui scrive e legge male, con errori grammaticali, parafasie, spesso senza comprendere quanto legge o scrivendo frasi incomprensibili. L'afasico è inoltre in grado di copiare, ma servilmente, senza comprendere il significato dello scritto. Accusa inoltre difficoltà o impossibilità di calcolo: acalculia (incapacità di nominare, comprendere ed usare i simboli numerici). L'afasia sensoriale (o recettiva o di Wernicke), insieme alle altre forme di "afasie ad eloquio fluente" (di conduzione, transcorticale, amnestica, che possono essere comprese nel quadro generale dell'afasia di Wernicke perché più spesso sono l'aspetto clinico di una sua regressione), costituisce quasi un terzo di tutte le afasie. Afasia di conduzione I pazienti affetti da afasia di conduzione sono in grado di capire frasi semplici e di parlare in modo intelligibile ma, analogamente ai pazienti di afasia di Broca e di Wernicke, non sanno ripetere a voce le frasi che sentono, non riescono a riunire in modo efficace i diversi fonemi delle parole (e pronunciano perciò molte parafasie fonemiche) e non sono capaci di denominare agevolmente ciò che appare in un disegno o gli oggetti reali che vengono loro mostrati (compito indicato come denominazione per confronto). La costruzione del discorso e la comprensione delle cose udite sono, tuttavia, meno compromesse in questa forma che nelle due principali forme di afasie. La forma cronica dell'afasia di conduzione è determinata dalla lesione del giro temporale superiore e del lobo parietale inferiore (aree 39 e 40 di Brodmann). Il CXVIII

119 danno può anche essere esteso alla corteccia uditiva primaria sinistra (aree 41 e 42 di Brodmann), all'insula e alla sostanza bianca sottostante. Non esiste alcuna prova che l'afasia di conduzione sia determinata soltanto dall'interruzione o dalla sconnessione del fascicolo arcuato, anche se le lesioni danneggiano certamente le proiezioni a feedback e a feed-forward che pongono in connessione le cortecce temporale, parietale, insulare e frontale. Queste vie di connessione sembrano appartenere a un sistema necessario per accomunare fonemi diversi in parole e per coordinare l'articolazione del discorso. Afasia sensoriale transcorticale Questo tipo di afasia sarebbe dovuta, secondo le vecchie teorie eziopatogenetiche, ad una lesione delle connessioni nervose tra il centro verbo-acustico ed un ipotetico centro ideativo. La ripetizione è conservata anche se sempre limitata a frasi brevi e semplici e di tipo "automatico", cioè con scarsa partecipazione (e comprensione) da parte del soggetto: vi è compromissione prevalentemente della capacita di comprensione e del linguaggio spontaneo. Afasia amnestica o aphasia nominum o anomia Si caratterizza per la incapacità di rievocare il nome di oggetti che pure il paziente mostra di riconoscere. Qualche disturbo di comprensione e qualche parafasia sono quasi sempre presenti, per cui l'anomia può essere considerata una forma di afasia di Wernicke. CXIX

120 L'osservazione clinica dà ragione a questa classificazione: infatti l'anomia è spesso o il primo sintomo di una successiva tipica Wernicke o il quadro che rimane quando l'afasico "sensoriale" si avvia alla guarigione. La lesione interessa di solito le aree marginali temporo-parieto-occipitali di sinistra (aree 37 e 39). Occorre ricordare che una anomia può comparire pure col miglioramento di una afasia di Broca, nel qual caso però vi saranno anche disturbi dell'articolazione della parola, della ripetizione e agrammatismo. Afasia globale Nell'afasia globale sono presenti contemporaneamente i disturbi delle afasie di Broca, di Wernicke e di conduzione quindi, i pazienti colpiti da questo tipo di afasia hanno completamente perduto ogni capacità di capire il linguaggio, di parlare e di ripetere frasi. L'afasia globale è frequente (forse un quinto di tutte le afasie) perché frequente è la patologia che la provoca: o un esteso rammollimento silviano superficiale (con ischemia di gran parte della corteccia di sinistra) o ictus apoplettico (da rammollimento silviano profondo o emorragia talamica-lenticolare-capsulare) con conseguente grave danno delle vie cortico-bulbari e delle strutture del quadrilatero di P. Marie. Nel caso dell'ictus l'afasia globale è presente nei primi giorni, quando, per fenomeni di edema cerebrale e di diaschisi, estese aree corticali frontali, parietali e temporali non sono funzionanti. CXX

121 Quando questi fenomeni regrediscono, il quadro clinico evolve di solito verso una forma semplice di afasia. 4.4 La scoperta delle aree specifiche correlate con il linguaggio grazie alle ricerche sulle afasie Le aree cerebrali classiche La mancanza di facoltà omologhe nelle altre specie animali ha impedito la costruzione di modelli animali del linguaggio; pertanto sorgente di gran lunga più importante è stata lo studiò delle alterazioni del linguaggio, note anche come afasie, determinate da lesioni cerebrali circoscritte, consecutive, per lo più, a incidenti vascolari cerebrali o a traumi del capo. Le prime ricerche sulle afasie hanno aperto una strada che ha condotto a numerose importanti scoperte sulle basi nervose dell'elaborazione del linguaggio. In primo luogo, esse hanno messo in evidenza che nella maggioranza degli individui il linguaggio dipende in maniera critica dall'emisfero sinistro piuttosto che da strutture dell'emisfero destro. I soggetti destrimani, con poche eccezioni, presentano tutti una dominanza cerebrale sinistra per il linguaggio, e lo stesso si può dire anche per la maggioranza dei soggetti mancini. In totale, circa il 96% degli uomini dipendono dall'emisfero sinistro per quanto attiene l'elaborazione del linguaggio rispetto alla grammatica, al lessico, alla capacità di raggruppare fonemi diversi e all'emissione della parola. In secondo luogo, i primi studi sulle afasie misero in evidenza che le lesioni che interessano le due principali aree corticali connesse con linguaggio, la prima CXXI

122 localizzata nella regione frontale laterale e la seconda nel lobo temporale posteriore superiore, determinavano la comparsa delle afasie clinicamente più diffuse e che tali afasie colpivano il linguaggio in modo dei tutto diverso. Queste due aree corticali sono rispettivamente l'area di Broca e l'area di Wernicke (Figura 4.6). Figura 4.6: Aree del cervello nell uomo in rapporto con il linguaggio Tali osservazioni permisero ai neurologi di mettere a punto un modello di linguaggio che è oggi noto come modello di Wernicke-Geschwind. CXXII

123 La versione iniziale di questo modello ipotizzava in primo luogo che le aree cerebrali di Wernicke e di Broca svolgessero il compito rispettivo di analizzare le immagini acustiche delle parole e di articolarle foneticamente. In secondo luogo, si riteneva che il fascicolo arcuato fosse una via unidirezionale che trasportava le informazioni dall'area di Wernicke a quella di Broca. Si presumeva inoltre che, sia l'area di Wernicke che quella di Broca interagissero con le aree associative polimodali. Dopo che il suono di una parola veniva analizzato nelle vie uditive e i segnali acustici avevano raggiunto l'area di Wernicke, il significato della parola veniva evocato dall'attivazione di aree cerebrali poste a valle rispetto all'area di Wernicke. Analogamente, i significati non verbali venivano trasformati in immagini acustiche nell'area di Wernicke e divenivano vocalizzazioni dopo che queste immagini venivano trasferite all'area di Broca attraverso il fascicolo arcuato. Infine, anche le capacità di leggere e scrivere dipendevano entrambe dall'area di Wernicke e di Broca, che, nel caso della lettura, ricevevano afferenze visive dalle cortecce visive dell'emisfero sinistro e, nel caso della scrittura, si estrinsecavano in un'uscita motoria tramite l'area di Exner (localizzata nella corteccia premotoria sopra l'area di Broca). Questo modello generale ha costituito la base di un'utile classificazione delle afasie (Tabella 4.0 e Tabella 4.1) ed ha rappresentato lo schema di fondo dal quale sono partite tutte le successive ricerche sulle basi neurali del linguaggio. CXXIII

124 Tipo di afasia Linguaggio Comprensione Capacità di ripetizione Altri sintomi Localizzazione delle lesioni Di Broca Non fluente, emesso con difficoltà In gran parte conservata per le singole parole ed il significato di frasi semplici Alterata Emiparesi destra (braccio > gamba), il paziente è conscio delle alterazioni ed è spesso depresso Corteccia frontale posteriore sinistra e strutture sottostanti Di Wernicke Fluente, eccessivo, ben articolato e melodico Alterata Alterata Assenza dì sintomi motori; i pazienti possono essere ansiosi, agitati, euforici o paranoici Cortecce temporali posteriore, superiore e mediale sinistre Di Conduzione Fluente con qualche difetto di articolazione Inalterata o largamente preservata Alterata Spesso nessuno; può essere presente qualche perdita sensoriale corticale o paresi del braccio destro Giri temporale superiore e sopramarginale di sinistra Globale Transcorticale Motoria Scarso, non fluente Non fluente, esplosivo Alterata Alterata Emiplegia destra Massive lesioni perisilviane sinistre Inalterata o largamente preservata Inalterata o largamente preservata Talvolta emiparesi destra Lesione delle zone anteriori o superiori all'area di Broca Transcorticale Sensoriale Fluente, ma scarso Alterata Inalterata o largamente preservata Assenza di segni motori Lesione delle zone posteriori o inferiori all'area di Wernicke Tabella 4.0: Diagnosi differenziale delle principali forme di afasia CXXIV

125 Tipo di afasia Eloquio Comprensione Ripetizione Denominazione Sito della lesione* Di Broca Di Wernicke povero, non fluente fluente, vuoto buona scarsa scarsa anteriore scarsa scarsa scarsa posteriore Di Conduzione fluente buona scarsa scarsa fascicolo arcuato Anomica Globale Motoria Transcorticale Sensoria Transcorticale fluente con circonlocuzioni buona buona scarsa vario praticamente scarsa scarsa scarsa ampio assente scarso buona buona non cattiva esterno nel lobo frontale fluente scarsa buona scarsa esterno nel lobo parietale * "anteriore" significa "nella parte anteriore dell'area del linguaggio"; "vario" significa "in qualunque parte dell'area del linguaggio" Tabella 4.1: Sintomi di afasia Tuttavia, in questi ultimi decenni nuovi studi sugli effetti delle lesioni e ricerche di psicolinguistica e di neuropsicologia sperimentale hanno dimostrato che questo modello generale presenta notevoli limitazioni: in particolare, sono stati fatti molti progressi dopo l'avvento di nuove tecnologie, fra le quali la risonanza magnetica funzionale per immagini (fmri), la tomografia ad emissione di positroni (PET), la registrazione di potenziali elettrici coincidenti con eventi nervosi (ERP) e la registrazione diretta di potenziali elettrici dalla superficie cerebrale esposta di pazienti sottoposti ad interventi chirurgici per la terapia di forme intrattabili di epilessia. CXXV

126 Tutte queste tecniche hanno contribuito a fornire una migliore definizione delle aree per l'esecuzione di compiti linguistici. Dai risultati di queste ricerche è apparso chiaro che il ruolo delle aree di Wernicke e di Broca non è così netto come sembrava ad un primo esame. Analogamente, sappiamo oggi che il fascicolo arcuato è un sistema bidirezionale che mette in comunicazione estese parti delle cortecce sensitive con le cortecce prefrontale e premotoria. Si è anche osservato che diverse altre regioni dell'emisfero cerebrale sinistro, sia corticali che sottocorticali, hanno un'importanza critica nell'elaborazione del linguaggio, queste comprendono: le cortecce associative di ordine superiore delle regioni frontale, temporale e parietale sinistre, che sembrano avere importanza come interfaccia fra concetti e linguaggio; parti circoscritte della regione insulare sinistra, che si pensa abbiano importanza per l'articolazione del linguaggio; e le aree prefrontale e del cingolo, che migliorano il controllo esecutivo e il necessario intervento della memoria e dei processi dell'attenzione. L'elaborazione del linguaggio richiede pertanto l'interazione di una ampia rete di aree cerebrali. Lo schema moderno che emerge da queste ricerche suggerisce che vi siano tre vasti sistemi che interagiscono strettamente nella percezione e nell'emissione del linguaggio. Uno è formato dalle aree del linguaggio di Broca e di Wernicke, da regioni circoscritte della corteccia dell'insula e dai nuclei della base, che prese nel loro insieme, costituiscono il sistema di implementazione del linguaggio. Il sistema di implementazione analizza i segnali uditivi afferenti in modo da attivare la loro CXXVI

127 conoscenza concettuale e provvede altresì alla costruzione dei fonemi, delle forme grammaticali nonché al controllo dell'articolazione delle parole. Il sistema di implementazione è circondato da un secondo sistema, il sistema di mediazione, composto da numerose regioni distinte localizzate nelle cortecce associative dei lobi temporale, parietale e frontale (Figura 4.6). Le regioni di quest ultimo sistema agiscono come mediatori fra il sistema di implementazione e un sistema concettuale, rappresentato da un gruppo di regioni distribuite nella parte restante delle cortecce associative d'ordine superiore, che sono di supporto alla conoscenza concettuale Altre aree cerebrali rivestono importanza per il linguaggio oltre a quelle classiche I correlati anatomici delle forme classiche di afasia interessano soltanto una zona limitata di aree cerebrali in rapporto con il linguaggio. In questi ultimi dieci anni, le ricerche sulle afasie hanno portato alla scoperta della presenza di numerose altre strutture corticali e sottocorticali correlate con il linguaggio e localizzate, per lo più, nella regione temporale sinistra. Queste ricerche hanno messo in luce che le lesioni della corteccia temporale sinistra (aree 21, 20 e 38 di Brodmann) determinano l incapacità di ricordare i nomi ma non si accompagna ad altre difficoltà grammaticali, fonemiche o fonetiche. Se le lesioni sono limitate al polo temporale sinistro (area 38 di Brodmann), il paziente prova difficoltà nel ricordare i nomi propri di determinati luoghi e persone, ma non nel ricordare quelli delle cose comuni. CXXVII

128 Quando le lesioni interessano invece il settore mediotemporale sinistro (aree 21 e 20), i pazienti hanno difficoltà a ricordare sia i nomi propri che quelli comuni. Infine, una lesione localizzata al settore inferotemporale posteriore sinistro determina un deficit nel ricordo dei nomi di particolari tipi di oggetti, di certi strumenti od utensili, ma non dei nomi delle cose naturali o di particolari entità. Il ricordo dei vocaboli relativi ad azioni o a relazioni spaziali non viene compromesso. Queste osservazioni fanno ritenere che nelle cortecce del lobo temporale sinistro abbiano sede sistemi neurali che consentono l'accesso alle parole che specificano diverse categorie di oggetti ma non a quelle che specificano le azioni relative a quegli oggetti o il rapporto fra un certo oggetto ed altre entità. La localizzazione delle regioni cerebrali che permettono di trovare il nome di determinate categorie di oggetti è stata trovata mediante da due tipi di ricerche: l'esame di pazienti portatori di lesioni cerebrali secondarie ad incidenti vascolari, ferite al capo, encefalite erpetica o processi degenerativi come il morbo di Alzheimer e la malattia di Pick, e dallo studio di soggetti normali mediante metodiche di visualizzazione cerebrale in vivo o mediante la stimolazione cerebrale di queste aree corticali temporali nel corso di interventi chirurgici. Un'altra area non compresa nel modello classico delle afasie è una regione circoscritta dell'insula, che è un lembo di corteccia nascosto in profondità, all'interno degli emisferi cerebrali. Questa ha un ruolo importante nella pianificazione e nella coordinazione dei movimenti articolatori necessari per l'emissione delle parole. I pazienti portatori di una lesione di quest'area provano difficoltà a pronunciare i fonemi nel loro giusto ordine, emettono combinazioni di suoni abbastanza simili ma non identici alle parole che vogliono pronunciare. I pazienti di queste forme non hanno difficoltà nella percezione dei suoni del linguaggio o nel ricordare le parole CXXVIII

129 ma soltanto nella loro pronuncia. Quest'area è anche compromessa nelle forme pure di afasia di Broca ed è in buona parte responsabile dei difetti di pronuncia di questi soggetti. Anche la parte della corteccia frontale localizzata sulla superficie mesiale dell'emisfero sinistro, e che comprende sia l'area motrice supplementare che la regione anteriore del cingolo (nota come area 24 di Brodmann), svolge un'importante funzione nell'inizio e nello sviluppo del discorso. Queste stesse aree hanno anche una funzione nell'attenzione e nelle emozioni e sono in grado, di influenzare molte facoltà mentali superiori. La lesione di queste aree non determina la comparsa di un'afasia vera e propria ma rende difficile l'inizio del discorso (acinesia) e può determinare anche l'assenza completa della parola o mutismo. I pazienti che presentano acinesia e mutismo non riescono più a comunicare né a parole né a gesti o con la mimica facciale. In questi soggetti più che un'afasia è presente un'alterazione della motivazione a comunicare con gli altri. 4.5 Le metodiche che confermano la dominanza linguistica dell emisfero sinistro in soggetti sani Il Test di Wada Con questa tecnica, viene iniettato nell'arteria carotide, che porta sangue a uno dei due lati del cervello, un anestetico: l'amytal sodico. CXXIX

130 Se la sostanza arriva al lato linguistico del cervello, si verifica una paralisi momentanea delle funzioni linguistiche. Il paziente è disposto con le braccia allungate in avanti, lentamente il braccio opposto all'emisfero "linguistico" del paziente, di solito il braccio destro, si abbassa, in quanto le aree dell'emisfero opposto che dovrebbero intervenire per farlo restare alzato non sono più operative. Il paziente non è in grado di parlare per vari minuti e, nei minuti successivi, si esprime in maniera afasica. I risultati di questo test confermano le statistiche derivate dall'incidenza delle afasie in seguito a lesioni cerebrali. Fra i destri manuali senza precedenti di lesioni all'emisfero sinistro, circa il 95% prova un momentaneo impedimento al linguaggio dopo un'iniezione di amytal sodico nella carotide sinistra (l'arteria che porta il sangue all'emisfero sinistro). Circa il 70% dei mancini prova un impedimento simile dopo l'iniezione alla carotide sinistra. Del rimanente 30%, solo una metà prova una paralisi temporanea della funzione linguistica in seguito a iniezione alla carotide destra, l'altra metà sembrerebbe avere almeno un certo grado di controllo bilaterale del linguaggio [130]. Per il linguaggio visuogestuale le cifre possono essere leggermente diverse. Alcuni soggetti che si esprimono con linguaggi gestuali mostrano sintomi di afasia dopo l'iniezione di amytal sodico all'emisfero sinistro [131]. Tuttavia, alcune ricerche suggeriscono un maggiore coinvolgimento dell'emisfero destro nell'elaborazione del linguaggio segnico [132]. Il test di Wada è usato principalmente come metodo per determinare quale emisfero sia linguisticamente dominante in pazienti che devono essere sottoposti a operazioni chirurgiche al cervello, spesso sono soggetti epilettici nei quali non si è CXXX

131 riuscito a controllare l'epilessia per via farmacologica (benché non presentino disfunzioni gravi, presentano per definizione dei problemi neurologici). Nella popolazione neurologicamente normale, ci si può verosimilmente aspettare un tasso ancor minore di bilateralità linguistica La presentazione tachistoscopica La tecnica di presentazione tachistoscopica fa sì che un soggetto normale reagisca ad uno stimolo visivo presentato in maniera selettiva ad uno solo dei campi visivi, per cercare di capire quale tra gli emisferi intervenga nella sua elaborazione. Quando un soggetto fissa un punto di fronte a sé, tutte le informazioni che provengono dalla metà del campo visivo situato a destra della ipotetica verticale tracciata attraverso quel punto raggiungono le due emiretine sinistre, cioè quella nasale dell occhio destro e quella temporale dell occhio sinistro. Al contrario le informazioni provenienti dalla metà sinistra del campo visivo raggiungono le altre due emiretine. Poiché le fibre nasali, ma non quelle temporali, si incrociano (a livello del chiasma ottico), tutte le informazioni provenienti dalla metà destra del campo visivo raggiungono l emisfero sinistro; viceversa tutte le informazioni provenienti dalla metà sinistra del campo visivo raggiungono l emisfero destro. Dal momento che le informazioni presenti in un emicampo visivo raggiungono l emisfero cerebrale controlaterale, per inviare l informazione ad un solo emisfero è sufficiente presentare lo stimolo ad un solo emicampo [127]. Lo stimolo viene proiettato dall'uno o dall'altro lato del punto di fissazione per un tempo così breve che i soggetti non hanno il tempo di spostare lo sguardo in modo tale che l'immagine entri nell'altro campo visivo. CXXXI

132 Nei soggetti normali le aree visive cerebrali destra e sinistra comunicano attraverso il corpo calloso, questo significa che l'informazione viene elaborata in maniera indipendente dal campo visivo in cui viene presentata. Tuttavia, gli stimoli linguistici vengono elaborati più velocemente e accuratamente quando sono presentati nel campo visivo destro (all'emisfero sinistro). Si può constatare tale regolarità attraverso l'esame tachistoscopico di un elevato numero di stimoli, benché le indicazioni fornite dalla presentazione tachistoscopica non abbiano la medesima precisione di quelle ricavate dalle lesioni cerebrali nell'individuazione del lato del cervello dominante per il linguaggio (solo un numero di soggetti normali tra il 60% e 70% mostra, per esempio, una dominanza linguistica dell'emisfero sinistro nella presentazione tachistoscopica, mentre attraverso gli studi sulle lesioni cerebrali sappiamo che il numero dovrebbe essere più alto, circa il 97%). La tecnica è certamente non invasiva, per questo motivo, un numero elevato di studi tachistoscopici è stato condotto a partire dagli anni Cinquanta per determinare quale emisfero sia dominante nei diversi aspetti dell'elaborazione linguistica e non linguistica La tecnica dell ascolto dicotico Un altra tecnica sviluppata per studiare la dominanza laterale negli individui normali è detta ascolto dicotico. Mentre la presentazione tachistoscopica fa ricorso a stimoli visivi, quella dicotica usa stimoli uditivi. La tecnica si basa sul fatto che l'orecchio destro ha collegamenti più sviluppati con l'emisfero sinistro che con il destro (vale il contrario per l'orecchio sinistro). CXXXII

133 Perciò l'informazione presentata all'orecchio destro, pur essendo inviata ai centri uditivi di entrambi gli emisferi, sarà elaborata meglio controlateralmente. In circostanze normali non si notano gli effetti di questa strana organizzazione ma, quando "sovraccarichiamo il sistema", usando cioè un numero di stimoli superiore alla capacità di mantenerli tutti in memoria, si assiste ad un ricordo migliore delle informazioni che provengono da un orecchio rispetto a quelle provenienti dall altro [127]. Si può affermare quindi che uno dei due emisferi è capace di prestazioni migliori in relazione a un dato tipo di stimolo. Per esempio, se dei soggetti normali ascoltano triadi di parole diverse, presentate simultaneamente ai due orecchi (l'orecchio destro potrebbe sentire "2", "8", "5", mentre il sinistro ascolterebbe "9", "1", "6"), e viene loro chiesto di ripetere tutto ciò che ascoltano, la maggior parte dei soggetti tenderà a dimenticare "1", l'informazione che è arrivata all'orecchio sinistro - cioè all'emisfero destro - in posizione centrale nella triade. Su un numero adeguato di prove, si possono osservare prestazioni in relazione a materiali linguistici come i "numeri" opposte a quelle osservabili per materiali significativi non verbali, quali pianti di bambini, sirene di allarme, canti di uccelli ecc. Questa tecnica, dunque, rappresenta per il linguaggio parlato un complemento alla presentazione tachistoscopica per il linguaggio scritto per quanto riguarda la valutazione della dominanza laterale. Come la presentazione tachistoscopica però, non ci fornisce risultati con la stessa chiarezza di quelli basati sulle lesioni cerebrali, ma è infinitamente più facile da eseguire La stimolazione corticale CXXXIII

134 Una tecnica attuale, utile per determinare quali aree dell'emisfero sinistro intervengano nell'elaborazione linguistica, è quella detta stimolazione corticale. In pazienti in cui è necessario rimuovere dei tessuti cerebrali per un'epilessia non altrimenti curabile, o per tumori, la stimolazione elettrica della superficie cerebrale viene usata per disegnare una mappa del loro cervello, in particolare per determinare quali aree corticali del cervello sono coinvolte nella produzione linguistica. Il cervello non contiene recettori del dolore, perciò i pazienti possono rimanere coscienti e tentare di dare un nome agli oggetti le cui immagini vengono loro presentate mentre in vari punti del cervello vengono loro applicate stimolazioni elettriche (Figura 4.7). A B CXXXIV

135 Figura 4.7: Mappe di stimolazione corticale A. Una mappa di stimolazione corticale. I settori circolari pieni indicano la percentuale di pazienti che manifestano anomia quando vengono stimolati nel punto corrispondente (adattato da Ojemann, "Brain organization for language from the perspective of electrical stimulation mapping", Behavioral and Brain Science, 1983, 6, p. 199) B. Mappaggio intraoperatorio delle aree del linguaggio Se la stimolazione avviene in un'area del cervello normalmente coinvolta nel linguaggio, questa può interferire con l'abilità del paziente di dare un nome all'oggetto o addirittura nel farlo divenire del tutto incapace nel parlare. In altri casi, il paziente può mostrare esitazione, difficoltà di pronuncia o ripetizione nel tentativo di nominare l'oggetto raffigurato. Tali interferenze non si verificano mai nel caso di stimolazione di parti dell'emisfero cerebrale a dominanza non linguistica. 4.6 L importanza dell emisfero cerebrale destro I dati presentati dagli studi sull'afasia possono portare a far pensare che l'emisfero sinistro sia l'unico responsabile del linguaggio. Di fatto, la scarsità di pazienti con deficit linguistici in seguito a un danno all'emisfero destro è stata una delle prove fondamentali a favore della lateralizzazione del linguaggio nell'emisfero sinistro per la maggior parte delle persone. Si è ritenuto che l'emisfero destro avesse poche capacità linguistiche, o nessuna, tranne nel caso di precoce danno ingente all'emisfero sinistro. CXXXV

136 Al contrario, l emisfero destro sarebbe connesso con l'espressività del linguaggio, l'elaborazione delle emozioni, dei materiali spazio-visivi, della musica e simili. In quasi tutti i soggetti destrimani e in una leggera maggioranza dei soggetti mancini le capacità linguistiche, la fonologia, il lessico e la grammatica sono localizzate nell'emisfero sinistro. Questa conclusione è confortata da numerosi studi eseguiti su pazienti portatori di lesioni cerebrali e dalle ricerche sull'attività elettrica e metabolica degli emisferi cerebrali dei soggetti normali. Nei soggetti "commessurotomizzati" (pazienti split brain, letteralmente cervello diviso ), nei quali è stato sezionato il corpo calloso come mezzo terapeutico di forme gravi di epilessia resistenti al trattamento farmacologico, allo scopo di impedire la diffusione della scarica epilettica da un emisfero all altro, si osserva che il trattamento è efficace ai fini del miglioramento clinico ma ne deriva che i due emisferi vengono separati anatomicamente e funzionalmente ( cervello diviso ) [127]. In qualche caso, si può osservare che l'emisfero destro possiede una rudimentale facoltà di capire o di leggere parole, ma le capacità sintattiche sono modeste e in molti casi l'emisfero destro si rivela privo del tutto di capacità lessicali o grammaticali. Nonostante ciò, l'emisfero cerebrale destro ricopre una sua funzione nel linguaggio, in particolare, esso riveste importanza negli aspetti di prosodia della comunicazione e delle emozioni (sottolineature, pause e intonazione del discorso). I pazienti con lesioni destre anteriori non danno un'intonazione adeguata alle loro parole, quelli portatori di lesioni posteriori provano difficoltà a capire il tono emotivo dei discorsi degli altri. CXXXVI

137 L'emisfero destro, svolge inoltre una funzione importante nella così detta pragmatica del discorso, infatti i pazienti con lesioni dell'emisfero destro non riescono a strutturare correttamente le loro frasi in modo da costruire un discorso o una narrazione coerente e ad adeguare il proprio linguaggio a seconda dell'ambiente sociale in cui si trovano, spesso non capiscono le barzellette. Questi disturbi fanno sì che i pazienti affetti da lesioni dell'emisfero destro non riescano ad avere un comportamento socialmente accettabile e vengano spesso isolati per via del loro comportamento inopportuno. Più verosimilmente, si suppone oggi, che l'emisfero destro e quello sinistro possiedono strutture diverse di interconnessione cellulare dove quelle tipiche dell'emisfero sinistro sono più adatte alle capacità analitiche richieste dal linguaggio, così come forse alla loro successiva automatizzazione, quelle dell'emisfero destro invece, risultano particolarmente adatte per i generi olistici di conoscenza, possono, in caso di bisogno, farsi carico anche delle capacità di elaborazione linguistica. CXXXVII

138 CAPITOLO 5 IL NEUROIMAGING Molte delle novità più interessanti sulle funzioni cognitive sono nate dal grande sviluppo avuto negli ultimi due decenni dai metodi di visualizzazione funzionale dell'attività cerebrale dell'uomo in vivo. Prima dell'avvento dei metodi di visualizzazione in vivo le localizzazioni funzionali venivano fatte in base alle inferenze suggerite dalle osservazioni cliniche di pazienti portatori di lesioni cerebrali (e da parallele ricerche funzionali eseguite sul cervello dei primati). Oggi è possibile esaminare direttamente le funzioni delle diverse regioni cerebrali dell'uomo normale con una vasta gamma di differenti tecniche di visualizzazione. La visualizzazione tridimensionale del cervello prese inizio con la tomografia computerizzata mediante raggi X (TC) e con la risonanza magnetica per immagini (RM) negli anni intorno al Questi due metodi sono ancor oggi largamente in uso come mezzi diagnostici fornendo immagini anatomiche tridimensionali assai dettagliate del cervello. 5.1 La Risonanza Magnetica per Immagini (RM) La risonanza magnetica per immagini (RM) ha lo scopo di ottenere immagini dettagliate dell anatomia cerebrale sfruttando le proprietà nucleari di alcuni atomi in presenza di campi magnetici. CXXXVIII

139 5.1.1 Le basi fisiche del segnale in RM Il segnale RM nel normale uso clinico, deriva quasi interamente dai protoni dell acqua contenuti nei tessuti. L intensità dell immagine dipende, in primo luogo, dalla densità dei protoni ma può essere profondamente influenzata dall ambiente locale delle molecole d acqua. Ciascun protone possiede una carica ed ha la caratteristica di ruotare attorno al proprio asse, cioè possiede uno spin. Questa rotazione produce un dipolo magnetico con orientamento parallelo all asse del nucleo ed è caratterizzato da un momento magnetico. In assenza di campo magnetico esterno, i dipoli sono disposti casualmente nello spazio. Quando il tessuto viene posizionato all interno di un campo magnetico statico (B 0 ), i protoni, nel giro di pochi secondi, si ordineranno secondo la sua direzione, assumendo verso parallelo (up) o antiparallelo (down); tale orientamento dipende dall energia dei nuclei stessi in quanto i versi up e down rappresentano due situazioni di livello energetico diverse (Figura 5.0). CXXXIX

140 Figura 5.0 A: Il segnale della risonanza magnetica In un tessuto a riposo, i protoni ruotano intorno al proprio asse, creando campi magnetici individuali con direzione casuale (1). Se si applica al tessuto un campo magnetico verticale, i protoni si allineano con quest'ultimo dando origine a un campo magnetico netto, anch'esso verticale, ma piuttosto piccolo e difficile da mettere in evidenza (2). L'applicazione di una radio frequenza in una seconda direzione (orizzontale) fa oscillare i protoni attorno al loro asse verticale (precessione) (3). Ciò crea un campo magnetico variabile nel tempo e dà origine a una corrente elettrica che, in pratica, è quella che viene misurata con la RM. Il campo magnetico netto può venir suddiviso in una componente verticale e una orizzontale (4). La RM misura le variazioni di queste due componenti dovute alla risposta dei protoni al campo magnetico e agli impulsi di radio frequenza applicati. CXL

141 Figura 5.0 B: Il segnale della risonanza magnetica In generale, l'esame RM di un soggetto prende inizio collocando il paziente in un campo magnetico verticale. Quando i protoni si sono allineati verticalmente, si applica un impulso orizzontale di radio frequenza per fare inclinare i protoni in modo che essi ruotino nel piano orizzontale in maniera sincrona, o "in fase", gli uni con gli altri (1). A questo punto l'impulso orizzontale viene interrotto (2) e i protoni in rotazione cominciano a muoversi fuori fase, sfasati l'uno rispetto all'altro (grafico in alto a destra). La sfasatura avviene piuttosto rapidamente e determina una perdita di magnetizzazione orizzontale e una diminuzione del segnale di sfasatura nel piano orizzontale. La costante di tempo di questo decadimento è la T2. Dopo l'interruzione dell'impulso orizzontale i protoni si riallineano con il campo magnetico verticale, ripristinando la magnetizzazione verticale (3-5). Questo "raddrizzamento" dei protoni ha luogo assai più lentamente della loro sfasatura (grafico in basso a destra) e viene misurato in maniera indiretta. La costante di tempo del recupero della magnetizzazione longitudinale è rappresentata da T1. In particolare il livello up richiede minor energia da parte dei protoni rispetto a quello down; quindi il verso antiparallelo è meno probabile poiché necessita di maggior energia da parte dei protoni. L insieme dei nuclei formerà una CXLI

142 magnetizzazione netta M 0, avente come direzione e verso quello del campo magnetico statico e come risultante la somma vettoriale tra i nuclei. Aumentando l intensità di B 0 cresce, proporzionalmente, anche quella del vettore M 0 con conseguente aumento della quantità del segnale utile per le immagini RM. Inoltre tali nuclei, che già possiedono un movimento di rotazione, acquistano un altro moto rotazionale lungo la superficie di un cono ideale attorno al proprio asse. Tale movimento, detto di precessione, è costante per ogni specie nucleare; questa costante viene detta giromagnetica (γ) e dipende direttamente dall intensità del campo magnetico statico B 0 nel quale i nuclei sono immersi. La precessione crea un campo magnetico rotante variabile nel tempo che, seguendo la legge di Faraday, genera una corrente elettrica che verrà poi misurata nella RM. I nuclei che noi consideriamo sono i protoni (H + ) dell atomo di idrogeno (H) del tessuto biologico da esaminare. La condizione indispensabile affinché si verifichi il fenomeno della risonanza magnetica è che deve essere inviata un onda a radiofrequenza (RF) specifica, cioè a frequenza uguale a quella di precessione dei protoni di H secondo la legge di Larmor ω=γ B 0, dove ω è la frequenza di precessione e γ è la costante giromagnetica. In questo modo si produce un eccitazione sul sistema protonico; l energia fornita al tessuto dall impulso di eccitazione a radiofrequenza (RF) sarà tanto maggiore quanto più lunga è la durata dell impulso stesso. I nuclei risentono della transizione energetica, e quindi perdono la loro situazione di equilibrio. L impulso di eccitazione a RF ha due funzioni: I. fornire l energia necessaria ai protoni per allinearsi in modo perpendicolare alla direzione del campo statico B 0 ; II. riallineare le fasi di oscillazione di precessione dei singoli protoni. CXLII

143 Al cessare dell impulso di eccitazione a RF, il sistema protonico si trova in una situazione di non equilibrio, dovuta alla quantità di energia assorbita e ad un conseguente aumento dell energia potenziale che genera instabilità e tendenza al ripristino delle condizioni iniziali. All eccitazione protonica segue quindi una fase durante la quale gli spin tenderanno a liberarsi dell energia in eccesso fino a tornare nella condizione iniziale che è assai più stabile e più probabile (gli assi dei protoni tendono ad allinearsi secondo il campo magnetico originario). La magnetizzazione ritorna al suo equilibrio secondo un processo di decadimento con andamento esponenziale nel tempo. Il vettore magnetizzazione precessa nel piano perpendicolare alla direzione del campo magnetico statico, decadendo esponenzialmente con una costante di tempo detta di rilassamento trasversale T2 (Figura 5.1); questo meccanismo è dovuto alla dispersione di fase incoerente, dovuta all interazione spin-spin. Figura 5.1: Rappresentazione grafica, per diversi tipi di tessuto, del fenomeno del decadimento (rilassamento) trasversale del vettore magnetizzazione, che avviene con costante di tempo T2 CXLIII

144 Inoltre se le particelle paramagnetiche producono una variazione spaziale (disomogeneità) del campo magnetico statico B 0 nell oggetto, si verifica un ulteriore dispersione di fase (oltre a quella dovuta all interazione spin-spin) che produce un ancor più rapido decadimento del segnale. La costante di tempo relativa a questo rilassamento trasversale addizionale è indicata con T2'. Questi due effetti producono il fenomeno del decadimento temporale T2*. Infine, la magnetizzazione ritorna al suo stato di equilibrio allineandosi alla direzione del campo magnetico statico B 0 con una costante di tempo detta di rilassamento longitudinale T1 (Figura 5.2). Figura 5.2: Rappresentazione grafica, per diversi tipi di tessuto, del fenomeno del decadimento (rilassamento) longitudinale del vettore magnetizzazione, che avviene con costante di tempo T1 CXLIV

145 La RM misura appunto la velocità di questi due processi di rilassamento caratterizzati dalle due costanti di tempo T1 e T2. Queste variazioni hanno luogo nei tessuti quando i protoni eccitati si rilassano verso il loro stato iniziale a un livello più basso di energia dopo l'interruzione dell'impulso di radio frequenza. I protoni posseggono diverse velocità di rilassamento e, di conseguenza, anche diverse costanti di tempo T1 e T2, a seconda che siano circondati da grassi, da liquido cerebrospinale, da sostanza bianca, ecc. I segnali previsti per i protoni immersi in ambienti tissutali diversi possono venir confrontati con immagini calibrate di RM (Figura 5.3). Figura 5.3: Le diverse costanti di tempo T1 e T2 danno un contrasto che permette di distinguere i diversi tessuti nelle immagini di RM. L'insieme delle immagini ponderate di T1 e T2 fornisce un notevole numero di informazioni sulle strutture cerebrali. A. La velocità di rilassamento del liquido cerebrospinale (LCS) è assai più lenta di quella della sostanza bianca per entrambe le costanti di tempo T1 e T2. B. Le immagini ottenute mostrano un segnale debole (in nero) in T1, e un segnale forte (in bianco) in T2, per il LCS CXLV

146 Uno degli sviluppi più importanti della risonanza magnetica per immagini è costituito dalla possibilità di localizzare in tre dimensioni i segnali presenti nelle immagini cerebrali. Questo obiettivo viene raggiunto usando gradienti magnetici, vale a dire campi magnetici la cui forza varia gradualmente lungo uno degli assi. Applicando gradienti di intensità lungo tre assi è possibile circoscrivere il tessuto in esame: uno dei gradienti viene impiegato per porre in eccitazione una singola "fetta" del cervello del paziente e gli altri due per ripartire ulteriormente la fetta stessa in righe e colonne (Figura 5.4). Figura 5.4: Codificazione tridimensionale del segnale di RM I segnali emessi da un volume tridimensionale vengono codificati eccitando per prima cosa una sola "fetta" di tessuto e quindi applicandovi due gradienti diversi in grado di suddividere il tessuto stesso in righe e colonne di pixel. Un paziente viene collocato in un campo magnetico la cui forza viene graduata lungo un asse. I pazienti vengono posizionati in una struttura tubulare circondata da avvolgimenti magnetici, nella figura, per semplicità, CXLVI

147 i magneti sono rappresentati come planari). II gradiente suddivide il tessuto in "fette". Si seleziona una fetta di tessuto da visualizzare mediante l'impiego di impulsi specifici di radio frequenze in modo tale da eccitare o "inclinare" i protoni nel campo magnetico desiderato (A). La fetta di tessuto scelta viene quindi suddivisa in righe graduando la forza del campo magnetico lungo un secondo asse. I protoni di ciascuna riga, mentre ruotano, si troveranno ad un diverso stadio, o fase, di precessione. Quando si interrompe il secondo gradiente magnetico, ogni riga mantiene la sua fase caratteristica (B). La fetta di tessuto, viene ulteriormente suddivisa in colonne graduando i campi magnetici verticali in modo che i protoni di ogni colonna entrino in precessione a frequenze diverse (C). Con questo tipo di codificazione, ogni pixel di una fetta di tessuto possiede un segnale individuale unico (D); un'operazione matematica, detta trasformata di Fourier, provvede ad identificare il segnale che proviene da ciascun pixel 5.2 La Risonanza Magnetica Funzionale per Immagini (fmri) Questo metodo di indagine si basa sul cambiamento del segnale RM, in seguito alla risposta emodinamica e metabolica in una regione in cui si ha un attivazione neuronale indotta da stimoli interni o esterni. Esistono diversi metodi di esplorazione mediante RM funzionale (fmri), ma quello che è maggiormente in uso si basa sul rilevamento dei livelli di ossigeno del sangue (blood oxygen level detection o BOLD) [133] rappresentando un indice dell'attività cerebrale quando i neuroni si attivano Il segnale BOLD Il segnale fmri-bold proviene esclusivamente dall attività sinaptica o da una combinazione tra attività sinaptica e dendritica ma non dall attività neuronale assonale, deriva quindi, solo dalla sostanza grigia e non dalla sostanza bianca. L incremento dell attività elettrica neuronale ha come conseguenza una maggiore richiesta da parte dei neuroni di energia con conseguente maggior necessità CXLVII

148 di ossigeno che verrà fornita dall aumento localizzato del flusso sanguigno (Figura 5.5). Figura 5.5: Aumento regionale del flusso sanguigno dovuto ad un aumento dell attività neuronale-sinaptica regionale, con conseguente aumento locale della concentrazione di ossiemoglobina (risposta emodinamica) Questo fenomeno causa una variazione del segnale RM attorno ai vasi che irrorano la corteccia. Il segnale BOLD (blood oxygen level detection) riflette in sostanza, le variazioni del rapporto tra ossiemoglobina e deossiemoglobina, che è a sua volta funzione di altri parametri, come il volume e il flusso sanguigno, il metabolismo e la velocità di perfusione dei tessuti. Utilizzando questa metodologia è possibile: - visualizzare le variazioni dell ossigenazione delle regioni corticali; CXLVIII

149 - ricostruire la mappa di attivazione del cervello per funzioni sensoriali, mentali e motorie, con un alta risoluzione spaziale. Sebbene l aumento regionale del flusso sanguigno sia un indicatore dell aumento dell attività elettrica cerebrale, non è ancora chiaro il meccanismo legato al controllo della richiesta di un maggiore flusso sanguigno. Le ipotesi più probabili sono: - il rilascio di fattori chimici come l ossido nitrico, l adenosina, gli ioni idrogeno o potassio; - una stimolazione nervosa diretta della muscolatura vascolare. Nello stato inattivo, le cellule nervose prelevano una certa quantità di ossigeno dall emoglobina ossigenata (ossiemoglobina, HbO 2 ), che quindi diviene emoglobina deossigenata (deossiemoglobina, Hbr). Nello stato attivo la richiesta, da parte dei neuroni, di ossigeno aumenta e quindi il flusso sanguigno porterà una quantità di emoglobina ossigenata maggiore rispetto allo stato inattivo. Nelle aree attivate, quindi, ci sarà un netto aumento della concentrazione di ossiemoglobina e ciò determina una riduzione della concentrazione della deossiemoglobina (Tabella 5.0). Stato basale: Flusso normale Livello basale [Hbr] Volume del sangue (CBV) basale Segnale RM normale Stato attivato Aumento del flusso Diminuzione della [Hbr] Aumento di CBV Aumento del segnale RM Tabella 5.0: Caratteristiche degli stati attivo/inattivo CXLIX

150 La RM funzionale (fmri), analogamente alla scansione mediante PET, è sensibile all'aumento del flusso sanguigno che si accompagna all'attività nervosa ma rispetto a quest'ultima presenta parecchi vantaggi: - la risoluzione spaziale è molto maggiore; - la risoluzione temporale del segnale BOLD è dell'ordine dei secondi poiché dipende sia dal volume di sangue che dalla sua ossigenazione che cambia con relativa lentezza - non richiede l'iniezione di alcun materiale estraneo di contrasto nel torrente circolatorio, si impiega infatti, l'emoglobina endogena come tracciante. L'emoglobina ossigenata e la non ossigenata hanno proprietà magnetiche diverse: la deossiemoglobina (Hbr) è una molecola paramagnetica al contrario dell'ossiemoglobina (HbO 2 ) quindi determina uno sfasamento maggiore e, pertanto, una diminuzione della sua concentrazione determina uno sfasamento minore e un segnale RM più forte (Figura 5.6). La natura paramagnetica dell emoglobina deossigenata e la sua influenza sul segnale RM è stata riconosciuta molto prima dell applicazione clinica nella fmri. Nell emoglobina deossigenata, il ferro dell eme è in uno stato ferroso (Fe 2+ ) a spin-alto, prodotto dal fatto che quattro dei suoi sei elettroni esterni sono spaiati. CL

151 Gli spin degli elettroni spaiati hanno un momento magnetico molto grande e le proprietà paramagnetiche a questo associate ne producono un comportamento simile a quello dei mezzi di contrasto esterni. Nell emoglobina ossigenata, uno degli elettroni viene trasferito alla molecola di ossigeno, ed il ferro dell eme cambia il suo stato in spin-basso, perciò non presenta più momento magnetico e, quindi, proprietà paramagnetiche. La presenza della Hbr paramagnetica causa la distorsione del campo magnetico statico B 0 che diviene non uniforme (disomogeneo), questo comporta che gli spins precessano a frequenze diverse determinando una maggiore dispersione di fase e perciò un decadimento trasversale più rapido del segnale RM. Questo effetto, responsabile delle variazioni dei segnali RM, è detto BOLD [ ]. La variazione dell ossigenazione nel sangue causa una variazione del parametro T2* (costante di tempo che tiene conto del decadimento trasversale della magnetizzazione dovuta sia al campo magnetico non omogeneo che all interazione spin-spin) che a sua volta porta ad una variazione dell intensità dell immagine T2*- weighted (Figura 5.6). CLI

152 Figura 5.6: Studio di fmri sulla corteccia visiva La RM funzionale (fmri) localizza l'attività nervosa cerebrale attraverso l'esame del flusso sanguigno cerebrale regionale. Dove l'attività nervosa è più intensa, l'apporto del sangue ossigenato è maggiore del suo consumo e ciò determina lo stabilirsi di un rapporto del sangue ossigenato a quello deossigenato maggiore della norma. Poiché ciascuna delle due forme di emoglobina esercita effetti diversi sulla sfasatura dei protoni, esse producono anche segnali di risonanza magnetica diversi. A. In assenza di stimoli specifici, l'informazione visiva è ridotta al minimo di conseguenza l'attività dei neuroni è modesta; il flusso sanguigno è lento e gran parte della emoglobina è in forma deossigenata. Poiché la desossiemoglobina determina uno sfasamento pronunciato dei protoni in rotazione, la curva T2* che caratterizza la frmi è relativamente ripida e il segnale di risonanza è debole. B. Sotto stimolazione, al paziente viene proiettato, ad intermittenza, uno stimolo luminoso a forma di scacchiera. I neuroni entrano in attività, il flusso sanguigno aumenta e la proporzione della desossiemoglobina diminuisce. Di conseguenza, la sfasatura dei protoni diviene più lenta e la curva T2* diviene meno ripida e il corrispondente segnale di risonanza magnetica, più forte. C. Dal confronto delle immagini ottenute dalla corteccia non stimolata e di quella stimolata si ottengono immagini che dimostrano l'aumento del segnale nella corteccia visiva CLII

153 Figura 5.7: Rappresentazione grafica dell effetto BOLD La Tabella 5.0 mostra come variano i parametri durante l attivazione corticale. Parametri RM Flusso sanguigno Consumo di O 2 Livello di O 2 nel sangue Livello di deossiemoglobina Distorsione di B 0 Dispersione di fase di M Velocità effettiva del decadimento (1/T2*) Segnale T2*- weighted Variazione Tabella 5.0: Variazione dei parametri RM durante l attivazione corticale CLIII

154 La fmri non produce immagini dirette di quello che avviene nel cervello, questo succede non solo perché queste immagini raffigurano un effetto indiretto (risposta emodinamica) dell attività neuronale (che è molto più rapida), ma anche perché, più che delle istantanee, sono in realtà delle mappe di distribuzione statistica di questo effetto indiretto su tutto il cervello. L effetto BOLD (Figura 5.8) determina, una variazione del segnale dell ordine del 5-8%, ancora troppo debole perché si possa essere sicuri di riconoscerlo nell evento singolo, per questo il segnale BOLD non fornisce una misurazione assoluta dell attività neurale, ma relativa. Figura 5.8: A. Andamento temporale del segnale BOLD (grafico della risposta emodinamica) effettuato con un campo di 1.5T; B. Tipica risposta impulsiva del segnale BOLD (IR) CLIV

155 Durante una sessione d esame, perciò, vengono acquisite sia immagini funzionali in assenza di stimoli, che serviranno come immagini di confronto (livello basale, di riposo del segnale BOLD), sia immagini generate grazie alla presentazione di stimoli durante il periodo di acquisizione, come ad esempio: task cognitivi, sensoriali o motori. Lo stesso task viene ripetuto periodicamente in modo da fare una media statistica di tutti i valori delle immagini relativi all attivazione. L immagine finale si ottiene facendo una sottrazione mediata tra l immagine acquisita durante l assenza di stimoli e l immagine acquisita durante la presentazione dello stimolo. In questo modo si ottiene un immagine statistica parametrica, che va poi sovrapposta all immagine anatomica (Figura 5.9). Figura 5.9: Rappresentazione grafica di come si ottiene la mappa dei parametri statistici, cioè l immagine statistica parametrica (sottrazione mediata tra l immagine acquisita durante l assenza di stimoli e l immagine acquisita durante la presentazione dello stimolo), che viene poi sovrapposta all immagine anatomica per ricavare l immagine finale I Problemi in fmri CLV

156 1) di tipo tecnico-fisico A) Il rumore (Figura 5.10) Figura 4.18: Il rumore durante la registrazione fmri Durante la registrazione fmri possiamo identificare 2 tipi di rumore: I) rumori a basse frequenze * (curva blu) o rumori 1/f II) rumori con componenti sia a bassa che ad alta frequenza (retta celeste) o rumori bianchi Il segnale BOLD ha una frequenza f =0,02 Hz che corrisponde ad 1/durata del periodo on-off (21 s x 2). Questi rumori sono dovuti a: - bobine di ricezione * CLVI

157 - pre-amplificatori e gli altri componenti elettronici * - rumore di quantizzazione nel convertitore A/D * - ciclo cardiaco - ciclo respiratorio - movimenti della testa Le soluzioni hardware per ridurre il rumore sono: I) usare speciali bobine di ricezione, ad esempio realizzate per ricevere segnali da parti specifiche del cervello; II) usare alti campi magnetici statici, che aumentano la magnetizzazione e di conseguenza aumentano la non uniformità del campo dovuta all effetto paramagnetico della deossiemoglobina. Si possono avere diverse soluzioni per migliorare il rapporto segnale rumore; un possibile modo, ad esempio, può essere quello di ridurre la risoluzione spaziale aumentando la dimensione dei singoli voxel (si aumenta V) ma ciò porta a modesti miglioramenti dei dati fmri; l altro modo è aumentare il campo magnetico statico B 0 e aumentare il tempo TA/D (tempo totale trascorso campionando il k-space per una data dinamica). Per minimizzare gli effetti indesiderati del ciclo cardiaco, respiratorio e dei movimenti della testa si usa una tecnica di acquisizione rapida come l echo-planar imaging (EPI) [136], l immagine rapida permette di congelare i movimenti fisiologici: in questo modo il loro contributo sull immagine diventa inconsistente. CLVII

158 B) Le cattive prestazioni o malfunzionamenti del sistema di acquisizione possono originare critiche disomogeneità nelle immagini, artefatti, distorsioni geometriche o perdite improvvise di segnale. C) Il cattivo set-up o malfunzionamenti nel sistema di somministrazione degli stimoli possono peggiorare la performance del soggetto nell esecuzione dei tasks. Esempi: - non corretto posizionamento dei dispositivi audio-video sul paziente - non perfetto sincronismo tra il sistema si acquisizione e il sistema di stimolazione. D) La non corretta immobilizzazione del paziente può generare artefatti da movimento nella mappe di attivazione. E) La scelta non ottimale sia dei parametri della sequenza di acquisizione, che dei parametri di processing dei dati (es. TR, TE, caratteristiche dello smoothing, soglie di significatività, ecc.). F) Il mancato controllo della performance del soggetto porta a evidenti problemi di attendibilità dei risultati. G) La cattiva coregistrazione delle mappe di attivazione all immagine anatomica. 2) di tipo clinico A) Nel paziente non collaborante o anche solo leggermente claustrofobico si ha un peggioramento delle performance e un aumento delle probabilità di non attendibilità dei risultati. CLVIII

159 B) La mancata o inadeguata preparazione ed istruzione del paziente abbassa notevolmente la probabilità di una buona riuscita dell esame. C) Nel paziente con basso Q.I. o in età infantile è molto ridotta la probabilità di riuscita del task, soprattutto per le prove del linguaggio. D) La presenza di un tumore e/o di deficit vascolare alterano la reattività cerebrovascolare e di conseguenza si riduce l effetto BOLD. 5.3 La Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) La Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) è un metodo sensibile di visualizzazione che si basa sulla rivelazione di isotopi radioattivi in tracce. Questi isotopi segnalano la presenza di molecole di interesse biologico emettendo positroni. I traccianti rivelatori raggiungono il cervello dopo esser stati iniettati nel torrente circolatorio e permettono di visualizzare le variazioni regionali del flusso sanguigno e le variazioni nel metabolismo del glucoso che hanno luogo nelle diverse regioni cerebrali. Entrambi questi tipi di variazioni sono un indice delle variazioni dell'attività nervosa. Per visualizzare il metabolismo del glucoso si impiega l'isotopo 18 F-desossiglucoso. Sebbene i neuroni siano in grado di assumere questa sostanza, analogamente al glucoso, non sono però in grado di metabolizzarla, essa viene infatti fosforilata dalla esochinasi ma non metabolizzata ulteriormente. Il desossiglucoso si accumula perciò nelle cellule e il suo accumulo è un indice dell'attività metabolica del glucoso stesso. CLIX

160 Louis Sokolov e collaboratori dimostrarono per primi che il consumo locale di glucoso, valutato dall'accumulo di desossiglucoso radioattivo, costituisce un indice affidabile dell'attività nervosa locale. Infatti, la maggior parte dell'energia che deriva dal glucoso viene impiegata per ristabilire (tramite la Na + -K + ATP-asi) il gradiente ionico presente ai capi delle membrane dei neuroni entrati in attività. L'assunzione del glucoso che consegue all'attività nervosa sarà quindi localizzata a livello delle sinapsi attive piuttosto che nei corpi cellulari. Le variazioni locali del flusso sanguigno sono correlate linearmente con il consumo del glucoso e sono perciò anche un buon indice dell'attività locale dei neuroni. Per mettere in evidenza l'entità del flusso sanguigno sono stati impiegati numerosi isotopi, in particolare H 15 2 O. L'aumento del flusso sanguigno necessario per aumentare l'assunzione del glucoso e l'apporto di O 2 non sembra dovuto a ioni o a metaboliti prodotti dai neuroni in attività. Si ritiene, piuttosto, che sia qualche mediatore, alcuni pensano all NO liberato dalle cellule nervose nel corso della loro attività, che determina la vasodilatazione dei vasi cerebrali. È importante ricordare che sia le sinapsi eccitatorie che quelle inibitorie sono fonte di dispendio energetico e che pertanto eccitamento e inibizione nervosa non devono venir confuse con attivazione o disattivazione del consumo energetico cerebrale. Per visualizzare taluni analoghi di ligandi specifici per certi recettori vengono impiegate altre sostanze radiotraccianti. Gli isotopi che emettono positroni sono innocui e possono perciò venir usati senza pericoli per i pazienti. È possibile rilevare l'emissione dei positroni con sensibilità analoga sia nelle regioni superficiali dell'encefalo che in quelle profonde. Questa tecnica, tuttavia, può venire eseguita soltanto in pochi grandi centri di ricerca, CLX

161 in quanto questi radioisotopi dal breve tempo di emivita devono venir prodotti localmente da un ciclotrone. La tecnica della tomografia computerizzata che si basa sull'emissione di singoli fotoni (SPECT) è una tecnica correlata alla PET che, tuttavia, non richiede isotopi dal breve tempo di emivita e che pertanto si presta ad un impiego assai più largo. La SPECT impiega radioisotopi che emettono una radiazione di singoli fotoni, in generale sotto forma di raggi gamma (p.es. xeno-133, iodio-123 e tecnezio- 99), metodica che fornisce preziose informazioni sul flusso cerebrale e sulla distribuzione di ligandi radioattivi, ma la sua limitazione consiste piuttosto nella sua risoluzione spaziale e nella sua sensibilità che sono relativamente basse. Poiché la RM fornisce immagini particolarmente nitide, la PET e le altre tecniche di analisi funzionale vengono spesso eseguite contemporaneamente a un esame RM per sfruttare la finezza con cui questa tecnica è in grado di localizzare i siti cerebrali dove avvengono le emissioni degli isotopi messe in evidenza dalla PET. Queste tecniche permettono anche di studiare soggetti normali nel corso dell'esecuzione di compiti ben controllati che impegnano processi cognitivi come il linguaggio, l'attenzione, la percezione o la memoria (Figura 5.11). CLXI

162 Figura 5.11: La visualizzazione mediante PET per studiare il linguaggio Le differenze di colore indicano i diversi livelli di flusso sanguigno cerebrale che si stabiliscono regionalmente. Nel corso dell esperimento illustrato veniva chiesto ai soggetti di pensare, senza parlare ad alta voce, al maggior numero di verbi che fossero in relazione con una parola che veniva loro presentata. A. Nel compito in cui i verbi dovevano essere solo pensati (pensiero silente) si attivavano l area di Broca, le aree motorie supplementari e una parte della corteccia temporale postero-superiore dell emisfero dominante (il sinistro). B. Nel gruppo dei soggetti di controllo, che associavano verbalmente parole e verbi corrispondenti (pensiero verbalizzato) si attivavano elettivamente le due cortecce uditive e per uditive. Attualmente con la PET si possono ottenere mappe affidabili e facilmente interpretabili delle funzioni cerebrali che dipendono dallo stato mentale del soggetto. Tali mappe si ottengono per mezzo di scansioni della durata di 90 s, integrando le diverse immagini dell'attività cerebrale che si osservano a seconda dello stato mentale del soggetto. Anche la RM funzionale fornisce, con ugual rapidità, mappe funzionali che dipendono e sono variabili in funzione del diverso stato mentale del soggetto; esse presentano, inoltre, il vantaggio di possedere una risoluzione spaziale nettamente maggiore di quelle PET e di essere realizzate con un metodo non invasivo. CLXII

163 CAPITOLO 6 L INDAGINE SPERIMENTALE 6.1 Analisi della letteratura sull uso della fmri nello studio del linguaggio nei soggetti di controllo Nel diciannovesimo e diciottesimo secolo, la nostra conoscenza su come il cervello umano analizzasse o producesse le parole derivava solo dallo studio sulle afasie. Questo approccio ci ha aiutato a definire il modello dell architettura del linguaggio, dove all area di Broca e di Wernicke - due aree localizzate nella parte frontale e temporale sinistra- fu assegnato il principale ruolo nella produzione e nella comprensione del linguaggio, rispettivamente. Negli anni ottanta, l avvento delle tecniche di imaging funzionale non invasive del cervello, come la Tomografia ad Emissioni di Positroni (PET) e la Risonanza Magnetica Funzionale (fmri) spostarono l attenzione verso le basi neurali del linguaggio in soggetti sani. Queste tecniche sono in grado di investigare le specifiche componenti del cervello implicate nel linguaggio attraverso l utilizzo di paradigmi neurolinguistici. Una meta analisi su larga scala [137] ha analizzato 129 lavori scientifici selezionati tra 260 articoli pubblicati tra il 1992 e il 2004, includendo 262 tipi di contrasto componente-specifici e riportando 730 picchi di attivazione nell emisfero sinistro, con lo scopo di definire la composizione delle reti di connessione delle tre classi essenziali per la processazione del linguaggio: la fonemica, la semantica e la CLXIII

164 elaborazione di frasi, nei lobi frontali, temporali e infero parietali dell emisfero sinistro (Figura 6.0). Figura 6.0: Mappa in proiezione sagittale dei 730 picchi di attivazione. Ciascuno di questi picchi di attivazione è colorato in base alla differente classe di appartenenza: fonemica (blu), semantica (rosso) e sintattica (verde) [137] La selezione degli articoli in questa meta analisi sottostava a cinque criteri: CLXIV

165 1- studi su volontari sani, 2- esclusione degli articoli che usano regioni di interesse (ROI), 3- compiti fortemente componente-specifici, progettati per una componente specifica, mentre sono state scartate indagini a basso livello, come il confronto tra i task del linguaggio e la fissazione di croci o momenti di riposo e lo stato di riposo, perché davano dei multipli picchi di attivazione che corrispondevano a molteplici funzioni cognitive, 4- selezione dei picchi di attivazione localizzati nel giro frontale sinistro medio e inferiore, l insula, il giro temporale superiore, medio e inferiore e il giro parietale inferiore, 5- esclusione dei picchi che si situavano nella sostanza bianca. I picchi selezionati per ciascuna classe sono stati studiati con un algoritmo di raggruppamento spaziale in riferimento allo spazio neuroanatomico standard utilizzando una mappa del cervello comune (per esempio, il Montreal Neurologic Institute (MNI) space), dopo un appropriata conversione quando necessario. Questa metodica fornisce una dettagliata analisi delle attivazioni funzionali del cervello, cercando l esistenza di aree dedicate per ciascuna delle componenti del linguaggio. I 262 protocolli componente-specifici estratti dai 129 studi sono stati classificati in base alle tre componenti del linguaggio: 1) Processi Fonemici, investigati in 45 studi comprendenti 86 tipi di compito che hanno portato alla determinazione di 125 picchi di attivazione nel lobo frontale sinistro e 122 nel temporale sinistro e nelle aree parietali inferiori sinistre. I tasks fonemici, richiedevano al soggetto di ripetere o articolare sillabe; di leggere, ascoltare sillabe o lettere; di stare attento quando le parole finivano con le stesso suono; di leggere pseudo-parole (parole senza significato)o di contare il numero di sillabe che le formavano; di contare il numero di sillabe in una parola. CLXV

166 Sono stati inclusi tra i task fonemici anche alcuni sulla memoria di lavoro, basati sulla ripetizione silenziosa di diverse lettere (Tabella 6.0). Frontal type of contrast (number of contrasts) Articulation, repetition (16) (Bookheimer et al., 2000; Braun et al., 1997; Heim et al., 2002; McGuire et al., 1996; Price et al., 1996c; Riecker et al., 2000; Warburton et al., 1996; Wildgruber et al., 2001) Reading, listening, attending to, discriminating syllables or letters (13) (Beauregard et al., 1997; Jancke and Shah, 2002; Jessen et al., 1999; Joanisse and Gati, 2003; Paulesu et al., 2000; Poeppel et al., 2004; Sekiyama et al., 2003; Zatorre et al., 1992) Reading, syllable counting with pseudowords (10) (Herbster et al., 1997; Kotz et al., 2002; Mechelli et al., 2000; Meyer et al., 2002; Paulesu et al., 2000; Poldrack et al., 1999) Discriminating, syllable counting, word rhyming (14) (Booth et al., 2002; Heim and Friederici, 2003; Poldrack et al., 1999; Price et al., 1997; Roskies et al., 2001; Zatorre et al., 1996) Working memory on letters (8) (Bunge et al., 2001; Cohen et al., 1997; Hautzel et al., 2002; Paulesu et al., 1993; Rypma et al., 1999) Temporal and parietal type of contrast (number of contrasts) Articulation, repetition (10) (Bookheimer et al., 2000; Braun et al., 1997; Calvert et al., 1999; Howard et al., 1992; Price et al., 1996c; Warburton et al., 1996; Wildgruber et al., 2001) Reading, listening, attending to, discriminating syllables or letters (20) (Beauregard et al., 1997; Belin and Zatorre, 2003; Hugdahl et al., 2003; Jancke et al., 2002; Jancke and Shah, 2002; Jessen et al., 1999; Joanisse and Gati, 2003; Poeppel et al., 2004; Sekiyama et al., 2003; Zatorre et al., 1992) Listening, reading, discriminating pseudowords (11) (Binder et al., 2000; Cappa et al., 1998; Fiez et al., 1996; Herbster et al., 1997; Hickok et al., 2003; Hugdahl et al., 2003; Meyer et al., 2002; Paulesu et al., 2000) Reading, discriminating, syllable counting, rhyming task with words (8) (Booth et al., 2002; Buchanan et al., 2000; Heim and Friederici, 2003; Scott et al., 2003; Zatorre et al., 1996) Working memory on letters (7) (Bunge et al., 2001; Cohen et al., 1997; Hautzel et al., 2002; Paulesu et al., 1993; Rypma et al., 1999) Human selective voice area (2) (Belin et al., 2000, 2002) Tabella 6.0: Elenco dei 45 studi che includono 86 tipi di contrasto, per investigare i processi fonologici [137] CLXVI

167 Figura 6.1: I clusters fonemici [137] CLXVII

168 2) Processi Semantici, investigati in 67 studi comprendenti 111 tipi di contrasto che hanno portato alla determinazione di 145 picchi di attivazione nel lobo frontale e 177 temporo-parietali. I task semantici richiedevano al soggetto di leggere o ascoltare parole, categorizzare (decidere se l oggetto mostrato era una creatura vivente o non, se era un oggetto naturale o un manufatto, una parola o una non parola); associare (generare un verbo semanticamente correlato con parole lette o udite oppure con immagini); selezionare tra le conoscenze semantiche (per esempio, capire o ritrovare nella memoria delle proprietà di un oggetto); selezionare tra le conoscenze semantiche (task dove l attivazione dell associazione semantica è confrontata fra parole più o meno somiglianti) (Tabella 6.1). CLXVIII

169 Frontal type of contrast (number of contrasts) Reading words (6) (Cohen et al., 2002; Hagoort et al., 1999; Herbster et al., 1997; Heun et al., 2000; Price et al., 1996b) Categorization (17) (Binder et al., 1996; Binder et al., 2003; Braver and Bongiolatti, 2002; Bright et al., 2004; Buchanan et al., 2000; Heim et al., 2002; Jennings et al., 1998; Noesselt et al., 2003; Perani et al., 1999; Poldrack et al., 1999; Scott et al., 2003) Semantic association, word generation (17) (Adams and Janata, 2002; Booth et al., 2002; Damasio et al., 2001; Gurd et al., 2002; Kotz et al., 2002; Martin et al., 1996; McDermott et al., 2003; Noppeney and Price, 2004; Roskies et al., 2001; Savage et al., 2001; Vandenberghe et al., 1996; Vingerhoets et al., 2003; Warburton et al., 1996) Semantic retrieval (11) (Heun et al., 2000; James and Gauthier, 2004; Kelley et al., 2002; Ronnberg et al., 2004; Thompson-Schill et al., 1999; Wiggs et al., 1999) Selection (9) (Thompson-Schill et al., 1997; Wagner et al., 2001) Semantic priming (1) (Wagner et al., 2000) Temporal and parietal type of contrast (number of contrasts) Reading, listening to words (27) (Binder et al., 1996; Binder et al., 2000; Bookheimer et al., 1995; Bu chel et al., 1998; Cohen et al., 2002; De monet et al., 1994; Fiez et al., 1999; Giraud et al., 2000; Hagoort et al., 1999; Herbster et al., 1997; Howard et al., 1992; Menard et al., 1996; Moore and Price, 1999; Price et al., 1996b; Price et al., 1996c; Small et al., 1996; Specht and Reul, 2003; Wise et al., 2001) Categorization (18) (Binder et al., 1996; Binder et al., 2003; Binder et al., 1999; Bright et al., 2004; Cappa et al., 1998; Chee et al., 1998; Fiebach et al., 2002; Grossman et al., 2002; Heim et al., 2002; Hugdahl et al., 2003; Jennings et al., 1998; Perani et al., 1999; Price et al., 1997; Scott et al., 2003) Semantic association, word generation (31) (Adams and Janata, 2002; Booth et al., 2002; Buckner et al., 2000; Chee et al., 2000; Crosson et al., 1999; Damasio et al., 2001; Davis et al., 2004; Etard et al., 1999; Fiez et al., 1996; Kosslyn et al., 1994; Martin et al., 1995; McDermott et al., 2003; Noppeney and Price, 2004; Roskies et al., 2001; Vandenberghe et al., 1996; Vingerhoets et al., 2003; Warburton et al., 1996; Wise et al., 2001) Semantic retrieval (10) (Heun et al., 2000; James and Gauthier, 2004; Sevostianov et al., 2002; Thompson-Schill et al., 1999; Wiggs et al., 1999) Selection (2) (Thompson-Schill et al., 1997) Semantic priming (3) (Kotz et al., 2002; Wagner et al., 2000) Tabella 6.1: Elenco dei 67 studi che includono 111 tipi di contrasto, per investigare i processi semantici [137] CLXIX

170 Figura 6.2: I clusters semantici [137] 3) Processi di elaborazione di frasi, investigati in 36 studi comprendenti 65 tipi di contrasto che hanno portato alla determinazione di 59 picchi di attivazione nel lobo frontale e 102 nel lobo temporale. CLXX

171 Questi task includevano la comprensione di frasi/testi, come per esempio un ascolto passivo o lettura confrontata con l ascolto o la lettura di pseudo-frasi (parole di senso compiuto ma senza nessun collegamento tra loro); esercizi che avevano come target la comprensione di una specifica parte della frase (come ad esempio l attenzione selettiva alla voce o attenzione a chi parlava durante l ascolto delle frasi); il giudizio emotivo; il confronto tra la comprensione di frasi con elevato o basso contenuto immaginativo; la memoria di lavoro per le frasi paragonata con quella per le parole; il completamento della frase; e il giudizio di plausibilità nel contenuto semantico della frase. Sono stati inclusi inoltre, task per lo studio della processazione sintattica (syntactic processing task), in cui si confrontava il processamento di frasi complicate con quello di frasi semplici (per esempio, frasi attive vs frasi passive), fenomeno questo, chiamato movimento sintattico (syntactic movement) (Tabella 6.2). Frontal type of contrast (number of contrasts) Temporal and parietal type of contrast (number of contrasts) Sentence or text comprehension: passive Sentence or text comprehension: passive CLXXI

172 listening or reading (3) (Meyer et al., 2004; Vingerhoets et al., 2003) Working memory (1) (Hashimoto and Sakai, 2002) Attention (2) (Homae et al., 2002, 2003) Sentence completion (3) (Kircher et al., 2001; Nathaniel-James and Frith, 2002) Plausibility judgment (3) (Baumgaertner et al., 2002; Bottini et al., 1994; Kuperberg et al., 2000) Emotional judgment (1) (Kotz et al., 2003) Syntactic processing (19) (Ben Shachar et al., 2004; Caplan, 2001; Caplan et al., 1999; Constable et al., 2004; Cooke et al., 2002; Dapretto and Bookheimer, 1999; Embick et al., 2000; Luke et al., 2002; Stowe et al., 1998; Stromswold et al., 1996; Waters et al., 2003) listening or reading (13) Crinion et al., 2003; Fletcher et al., 1995; Goel et al., 1998, 2000; Kansaku et al., 2000; Meyer et al., 2004; Scott et al., 2000; Vingerhoets et al., 2003) Attention (5) (Homae et al., 2002; Homae et al., 2003; von Kriegstein et al., 2003) Sentence completion (3) (Kircher et al., 2001) Plausibility judgment (7) (Baumgaertner et al., 2002; Bottini et al., 1994; Kuperberg et al., 2000; Zysset et al., 2002) Mental imagery (2) (Just et al., 2004) Comprehension (3) (Ferstl and von Cramon, 2002; Maguire and Frith, 2004; Vogeley et al., 2001) Syntactic processing (14) (Ben Shachar et al., 2004; Constable et al., 2004; Cooke et al., 2002; Embick et al., 2000; Gandour et al., 2003; Luke et al., 2002; Stowe et al., 1998; Waters et al., 2003) Tabella 6.2: Elenco dei 36 studi che includono 65 tipi di contrasto, per investigare i processi di comprensione di frasi [137] CLXXII

173 Figura 6.3: I clusters dell elaborazione di frasi/parole [137] Per ogni componente del linguaggio, è stata selezionata la corrispettiva serie di picchi nel lobo temporale sinistro, parietale inferiore, giro frontale inferiore e CLXXIII

174 medio e nell insula del frontale. Ciascuna serie di picchi è stata isolata in gruppi spazialmente distinti usando un algoritmo di classificazione gerarchica che minimizza l estensione spaziale di ogni gruppo mentre massimizza la distanza geometrica picco-picco. Inoltre, visto che il processo di raggruppamento è stato fatto per ogni componente indipendentemente, sono state controllate se le coppie di gruppi appartenenti a diverse reti di linguaggio erano spazialmente distinte oppure no. Questa analisi ha portato all isolamento da tre a cinque clusters nel lobo frontale e da cinque a sette nelle aree del lobo temporale e parietale sinistri. Mentre sono stati trovati un numero simile di picchi temporali (122) e frontali (125) per le funzioni fonemiche, un grande numero di picchi temporali sono stati osservati per la semantica (frontali: 145, temporali: 177) e per l elaborazione di frasi (frontali:59, temporali: 102). Riassumendo, il raggruppamento delle attivazioni frontali sinistre con quelle temporali sinistre, rivela distinte, anche se parzialmente sovrapposte, reti per la fonemica, per la semantica e per l elaborazione di frasi. Le componenti delle reti del linguaggio sembrano grossolanamente seguire l architettura dei giri del lobo corrispondente, con cluster per la fonemica in una posizione più caudale nel lobo frontale e dorsale nel lobo temporale. La parte anteriore del giro temporale superiore sembra essere in comune a tutte e tre le componenti del linguaggio; il polo temporale e la parte laterale del giro temporale medio sono comuni ai gruppi della semantica e a quelli della elaborazione di frasi; il giro temporale inferiore posteriore è comune ai gruppi della semantica e a quelli della fonemica. Nel lobo frontale solo i gruppi della semantica e quelli della sintattica hanno dei cluster di attivazione sovrapposti nella parte dorsale della parte CLXXIV

175 opercolare del giro frontale inferiore sinistro e nella parte ventrale della parte triangolare del giro frontale inferiore sinistro. 6.2 Premessa L'emicrania e l'epilessia hanno in comune molte caratteristiche biologiche e per questo non deve sorprendere se alcuni farmaci antiepilettici siano risultati efficaci sia per la prevenzione degli attacchi emicranici sia per quelli epilettici. Uno di questi farmaci è il Topiramato (Topamax ) che grazie alle sue prestazioni riscontrate negli studi ha ricevuto dalla FDA (Food and Drug Administration) l'indicazione per un suo utilizzo nella prevenzione dell emicrania. Come il Topiramato eviti gli attacchi emicranici non è ancora ben chiaro, ma sembra che questo agisca riducendo l ipereccitabilità del cervello in individui geneticamente suscettibili. Pur essendo il Topiramato un farmaco vantaggioso in termini di efficacia, sia per i pazienti colpiti da epilessia sia per quelli affetti da emicrania cronica, questo non è esente dal provocare effetti collaterali. All inizio della terapia il Topiramato può causare nausea o altri disturbi gastrointestinali. Effetto collaterale più frequentemente riscontrato è la parestesia, riferita dai pazienti come "una sensazione di punture d aghi" che può coinvolgere le mani, i piedi, o persino la faccia, questo effetto secondario è benigno, non provoca danni di tipo neurologico ed è solitamente transitorio. Quello che più interessa è però la potenzialità del Topiramato di causare effetti collaterali di tipo cognitivo che si manifestano tipicamente con confusione, CLXXV

176 rallentamento psicomotorio, difficoltà nella concentrazione/attenzione, difficoltà nella memoria, disturbi nella fluenza del linguaggio,in modo particolar modo si presenta con difficoltà nella ricerca delle parole. Anche se questi disturbi di tipo cognitivo si presentano in una minoranza di pazienti e possono essere minimizzati cominciando con una dose bassa e aumentando gradualmente il dosaggio ogni settimana, la tecnica start low/go slow non elimina completamente la possibilità di una loro presentazione. Il Topiramato può inoltre causare perdita di peso che tende a correlarsi con la dose e la durata della terapia ed in rari casi, durante i primi 1-2 mesi di terapia può portare un alterazione della visione aumentando la pressione intraoculare. 6.3 Scopo Lo scopo di questo studio è quello di individuare il correlato anatomofunzionale dei disturbi del linguaggio conseguenti all assunzione di Topiramato in soggetti affetti da emicrania cronica che non abbiano risposto o siano intolleranti ad altre terapie standard. Il disegno sperimentale prevedeva la valutazione delle prestazioni cognitive prima dell inizio della terapia e dopo un periodo di trattamento di almeno 3 mesi a dosaggio stabilizzato; negli stessi tempi sono state effettuate due Risonanze Magnetiche Funzionali (fmri) per valutare l eventuale modificazione delle attivazioni cerebrali durante l esecuzione di compiti linguistici. L ipotesi formulata è stata che i soggetti, che riportavano effetti collaterali di tipo cognitivo con diminuzione della fluenza verbale, manifestassero un alterazione delle attivazioni cerebrali rispetto ai soggetti di controllo. CLXXVI

177 6.4 Materiali e metodi Soggetti Sono stati esaminati 13 pazienti (10 femmine; 3 maschi; età media = anni; di cui 10 destrimani; 1 mancini e 2 ambidestri). Tutti i soggetti soffrono di emicrania, con (10 pazienti) o senza aura (3 pazienti) da molti anni, sebbene la durata della malattia non è stata considerata un parametro discriminante per la selezione. I criteri di inclusione sono: 1. la diagnosi di emicrania con o senza aura in accordo con i criteri formulati dalla Classificazione Internazionale delle Cefalee Seconda edizione IHS-ICHD-2; 2. la frequenza degli attacchi non inferiore a 2 al mese; 3. la decisione da parte del medico curante di intraprendere la terapia con Topiramato. Sono stati esclusi dallo studio: 1. soggetti con patologie renali; 2. donne in terapia con contraccettivi orali; 3. donne che potevano essere potenzialmente fertili e sessualmente attive e che non usavano nessun metodo di contraccezione; 4. soggetti che avevano intrapreso una terapia profilattica nei 2 mesi precedenti lo studio; 5. presenza di crisi negli ultimi 15 giorni; 6. presenza di lesioni cerebrali non correlate all insorgenza delle crisi; 7. età inferiore ai 18 anni. Nei mesi precedenti lo studio, i soggetti selezionati hanno annotato su un diario il numero e l intensità delle crisi, il numero dei giorni di disabilità e la quantità di farmaci sintomatici presi. Le caratteristiche della popolazione studiata sono mostrate nella Tabella 6.0. CLXXVII

178 Numero totale pazienti Maschi Femmine Età Media ± ds Range Lateralità manuale Destrimani Mancini Ambidestri ± Pazienti affetti da emicrania con aura, n 10 Pazienti affetti da emicrania senza aura, n 3 Media degli attacchi prima dello studio ± ds 6.54 ± 2.9 Media degli attacchi durante lo studio ± ds 1.53 ± 1.51 Dosaggio TPM (mg), media ± ds ± 20.8 Durata del trattamento (mesi), media 6 Tabella 6.0: Caratteristiche della popolazione studiata Tutti i soggetti hanno iniziato la terapia con Topiramato (TOPAMAX ) partendo con un dosaggio di 25 mg/die, che veniva incrementato di 25 mg a settimana (Tabella 6.1). La dose raccomandata per il trattamento profilattico dell emicrania è di 100 mg/die da somministrarsi in due dosi giornaliere. Settimana Mattina Sera Prima Settimana 25 mg Seconda settimana 25 mg 25 mg Terza settimana 25 mg 50 mg Quarta settimana 50 mg 50 mg Settimana Mattina Sera Prima settimana 50 mg 50 mg CLXXVIII

179 Seconda settimana 25 mg 50 mg Terza settimana 25 mg 25 mg Quarta settimana 25 mg Tabella 6.1: Schema posologico Topiramato per indicazione profilassi emicrania ; mantenere il dosaggio raggiunto (50 mg + 50 mg al dì) per 3-6 mesi Sono stati esaminati inoltre, 5 soggetti di controllo di cui 2 anche a distanza di tre mesi tra un esame di fmri e l altro Test Neuropsicologici [127], [ ] (a) I test neuropsicologici preliminari per accedere all indagine sono stati: 1. Edinburgh handedness inventory (di preferenza manuale) 2. Mini-Mental State Examination (b) Una volta eseguiti i due test preliminari, sono stati effettuati i seguenti test neuropsicologici: 3. Test di fluenza verbale per lettere 4. Test di fluenza verbale per categorie 5. Rey auditory verbal learning test (15 parole) - rievocazione immediata 6. Rey auditory verbal learning test (15 parole) - rievocazione differita dopo 15'' 7. Figura di Rey - copy 8. Figura di Rey - recall 9. Trail making test (Tipo B) EDINBURGH HANDEDNESS INVENTORY CLXXIX

180 [0] indifferente dx/sx [1] preferenza dx [2] preferenza sx [3] assoluta preferenza dx [4] assoluta preferenza sx Prefrenza manuale [0] [1] [2] [3] [4] Scrivere [0] [1] [2] [3] [4] Disegnare [0] [1] [2] [3] [4] Gettare un oggetto [0] [1] [2] [3] [4] Usare le forbici [0] [1] [2] [3] [4] Usare lo spazzolino da denti [0] [1] [2] [3] [4] Usare il coltello (senza forchetta) [0] [1] [2] [3] [4] Usare il cucchiaio [0] [1] [2] [3] [4] Usare la scopa [0] [1] [2] [3] [4] Accendere un fiammifero [0] [1] [2] [3] [4] Aprire il coperchio di una scatola [0] [1] [2] [3] [4] Calciare con il piede [0] [1] [2] [3] [4] Guardare con un occhio solo MINI MENTAL STATE EXAMINATION Il paziente sa riferire il giorno del mese, l anno, il mese, il giorno della settimana e la stagione. [0] [1] [2] [3] [4] [5] Il paziente sa riferire il luogo in cui si trova, a quale piano, in quale città, regione, stato. [0] [1] [2] [3] [4] [5] L esaminatore pronuncia ad alta voce tre termini (casa, pane, gatto) e chiede al paziente di ripeterli subito. L esaminatore deve ripeterli fino a quando il paziente non li abbia imparati (max 6 ripetizioni). [0] [1] [2] [3] Far contare per sette all indietro, partendo da 100. Fermarsi dopo le prime 5 risposte. [0] [1] [2] [3] [4] [5] Se il paziente avesse difficoltà di calcolo, far scandire all indietro la parola MONDO una lettera alla volta. [0] [1] [2] [3] [4] [5] Richiamare i tre termini precedentemente imparati. [0] [1] [2] [3] Orientamento temporale Orientamento spaziale Memoria Attenzione e calcolo Richiamo delle tre parole CLXXX

181 Come si chiama questo? (indicando una matita). Come si chiama questo? (indicando un Denominazione orologio). Il paziente deve riconoscere due oggetti. [0] [1] [2] Invitare il paziente a ripetere la frase tigre contro tigre Ripetizione [0] [1] Invitare il paziente ad esguire correttamente i seguenti ordini: a) prenda un foglio con la mano Esecuzione di un compito su comando orale destra, b) lo pieghi a metà, c) e lo butti per terra. [0] [1] [2] [3] Presentare al paziente un foglio con la seguente scritta: Chiuda gli occhi. Invitare il paziente Esecuzione di un compito su comando scritto ad eseguire il comando indicato. [0] [1] Far scrivere al paziente una frase formata almeno da soggetto e verbo. Scrittura [0] [1] Far copiare al paziente il disegno indicato. [0] [1] Prassia costruttiva Orientamento temporale [0] sbagliato [1] giusto Giorno del mese [0] sbagliato [1] giusto Anno [0] sbagliato [1] giusto Mese [0] sbagliato [1] giusto Giorno della settimana [0] sbagliato [1] giusto Stagione Orientamento spaziale [0] sbagliato [1] giusto Luogo [0] sbagliato [1] giusto Piano [0] sbagliato [1] giusto Città [0] sbagliato [1] giusto Regione [0] sbagliato [1] giusto Stato Memoria [0] sbagliato [1] giusto Casa [0] sbagliato [1] giusto Pane [0] sbagliato [1] giusto Gatto Attenzione e calcolo [0] sbagliato [1] giusto 93 [0] sbagliato [1] giusto 86 [0] sbagliato [1] giusto 79 [0] sbagliato [1] giusto 72 [0] sbagliato [1] giusto 65 [0] sbagliato [1] giusto O [0] sbagliato [1] giusto D [0] sbagliato [1] giusto N [0] sbagliato [1] giusto O [0] sbagliato [1] giusto M Richiamo CLXXXI

182 [0] sbagliato [1] giusto Casa [0] sbagliato [1] giusto Pane [0] sbagliato [1] giusto Gatto Denominazione [0] sbagliato [1] giusto Penna [0] sbagliato [1] giusto Orologio Comando orale [0] sbagliato [1] giusto Prendere con la mano dx [0] sbagliato [1] giusto Piegare a metà [0] sbagliato [1] giusto Buttare per terra TEST DI FLUENZA VERBALE PER LETTERE L esaminatore dice al paziente: Ora Le chiederò di dirmi tutte le parole che Le vengono in mente che iniziano con una determinata lettera dell alfabeto; ad es., con la lettera S Lei può dirmi sole, sasso, sciare, ma che non nomi propri di persona o nomi di città; tutto il resto va bene: verbi, aggettivi, sostantivi Cominciamo con la lettera F. Il tempo massimo per ogni lettera è di 1 minuto. L esaminatore approva ogni risposta esatta; se il paziente si interrompe prima che sia trascorso 1 minuto, si può incoraggiarlo a trovare altre parole. Punteggio totale: / 1 minuto TEST DI FLUENZA VERBALE PER CATEGORIE L esaminatore dice al paziente: Ora Lei dovrà dirmi tutti i nomi che conosce appartenenti a determinate categorie di cose che Le nominerò. Cominciamo con le marche delle auto". Tempo massimo per ogni categoria: 1 minuto. L esaminatore approva ogni risposta esatta; se il paziente si interrompe prima che sia trascorso 1 minuto, si può incoraggiarlo a trovare altre parole. Punteggio totale: / 1 minuto REY AUDITORY VERBAL LEARNING TEST RIEVOCAZIONE IMMEDIATA Questo Test viene somministrato leggendo al paziente una lista di 15 parole, alla velocità di 1 parola al secondo. Alla fine della lettura si chiede al paziente di ripetere il maggior numero possibile di parole appena udite. Questa procedura viene ripetuta, con la stessa lista di parole, per cinque volte consecutive, registrando ogni volta il numero delle parole rievocate dal paziente. Dopo 15 minuti, durante i quali vanno eseguite prove visuo-spaziali, al paziente viene richiesto di ricordare (senza che la lista venga riproposta all esaminatore) il maggior numero possibile di parole facenti parte della lista. E utile riportare nel protocollo anche le eventuali intrusioni. Parole Tenda Tamburo CLXXXII

183 Caffè Cintura Sole Giardino Baffi Finestra Fiume Paesano Colore Tacchino Scuola Casa Cappello Totale /15 /15 /15 /15 /15 Falsi riconoscimenti REY AUDITORY VERBAL LEARNING TEST RIEVOCAZIONE DIFFERITA DOPO 15 min Tenda Tamburo Caffè Cintura Sole Giardino Baffi Finestra Rievocazione differita Fiume Paesano Colore Tacchino Scuola Casa Cappello Totale Rievocazione differita Punteggio:../15 FIGURA DI REY COPY L esaminatore invita il paziente a copiare la figura A, dicendogli che non è necessario farne una copia rigorosa, ma bisogna fare attenzione alle proporzioni e soprattutto non dimenticare niente. Non è necessario affrettarsi. Il paziente dovrà eseguire il disegno con diverse matite colorate (5 o 6 colori diversi); basterà annotare la successione dei colori per ritrovare sul disegno il procedimento della copia. CLXXXIII

184 Ad ognuna di queste unità viene dato un punteggio a seconda di come viene riprodotta: Se corretta: 2 punti: ben posta; 1 punto: mal posta; Se deformata e incompleta ma riconoscibile: 1 punto: ben posta; 1/2 punto: mal posta; Se irriconoscibile o assente: 0 punti Score Elemento [0] [1/2] [1] [2] 1. la croce esterna vicina all' angolo superiore sinistro del grande rettangolo [0] [1/2] [1] [2] 2. il grande rettangolo, armatura della figura [0] [1/2] [1] [2] 3. la croce di S.Andrea formata dalle due diagonali del rettangolo 2 [0] [1/2] [1] [2] 4. la mediana orizzontale del rettangolo 2 [0] [1/2] [1] [2] 5. la mediana vertcale del rettangolo 2 [0] [1/2] [1] [2] 6. il piccolo rettangolo interno (dalla parte sinistra del rettangolo 2, limitato dalle due semidiagonali sinistre del medesimo e a cavallo della mediana 4), con le sue diagonali interne [0] [1/2] [1] [2] 7. il piccolo segmento posto sopra il lato superiore orizzontale dell' elemento 6 [0] [1/2] [1] [2] 8. le quattro linee parallele situate nel triangolo formato dalla semimediana superiore, il semilato superiore e la semidiagonale superiore sinistra del rettangolo 2 [0] [1/2] [1] [2] 9. il triangolo rettangolo formato dal semilato superiore del rettangolo 2, il prolungamento superiore della sua mediana 5, ed il segm. Congiungente la sommità di questo prolungamento con l' angolo sup. destro del rettangolo 2 [0] [1/2] [1] [2] 10. la piccola perpendicolare al lato superiore del rettangolo 2, posta al di sotto dell' elemento 9 [0] [1/2] [1] [2] 11. il cerchio con i tre punti interni posto nel settore superiore destro del rettangolo 2 CLXXXIV

185 [0] [1/2] [1] [2] 12. le cinque linee parallele, perpendicolari alla diagonale inferiore destra del rettangolo 2 [0] [1/2] [1] [2] 13. i due lati uguali formanti il triangolo isoscele costruito sul lato destro del rettangolo 2 ed al di fuori di esso [0] [1/2] [1] [2] 14. la piccola losanga posta alla sommità del triangolo 13 [0] [1/2] [1] [2] 15. il segmento posto nel triangolo 13 parallelamente al lato destro del rettangolo 2 [0] [1/2] [1] [2] 16. il prolungamento della mediana orizzontale 4, costituente l' altezza del triangolo 13 [0] [1/2] [1] [2] 17. la croce inferiore compreso il braccio parallelo al lato inferiore del rettangolo 2 ed il prolungamento della mediana 5 dello stesso rettangolo [0] [1/2] [1] [2] 18. il quadrato situato all' angolo inferiore sinistro del rettangolo 2 compresa la sua diagonale Punteggio totale: /36 FIGURA DI REY - RECALL (dopo 15'') Consegnare al soggetto un foglio bianco chiedendogli di disegnare ciò che ricorda della figura precedentemente ricopiata. TRAIL MAKING TEST B Il paziente deve unire nella giusta sequenza alternativamente dei numeri, da 1 a 13 e delle lettere da A a N, il più rapidamente possibile, con un tratto di penna. Il test è preceduto da una prova preliminare costituita da 8 cerchi numerati. L esaminatore deve subito attirare l attenzione del paziente su ogni errore, che deve essere corretto dal paziente prima di procedere con il test. CLXXXV

186 6.4.3 Stimoli Abbiamo presentato due compiti linguistici composti da sequenze alternate Task-Rest caratterizzate da sei fasi di on, in cui il soggetto svolgeva il task e sei fasi di off o di riposo. Durante il primo compito linguistico, il soggetto doveva cercare parole che iniziavano per la lettera corrispondente alla categoria fonemica presentata (task della fluenza fonemica); durante il secondo compito invece, il soggetto doveva cercare i nomi degli elementi appartenenti alla categoria semantica mostrata (task della fluenza semantica). CLXXXVI

187 Il paziente veniva istruito nel dire le parole mentalmente e non ad alta voce per evitare la formazione di fenomeni di artefattualità durante l acquisizione delle immagini di RM. Le lettere e le parole sono state scritte in nero utilizzando il carattere Arial, di grandezza 35 mm, su di uno sfondo bianco, posizionate al centro di uno schermo per proiezione. Alla fine di ogni sequenza di stimolo (fase on ) veniva presentata la scritta in nero riposo (grandezza 35 mm). Il soggetto poteva vedere gli elementi proiettati tramite l utilizzo di uno schermo per proiezione posizionato davanti al magnete e uno specchio centrato al di sopra dei suoi occhi. Gli stimoli venivano mostrati al soggetto all interno del magnete per una durata di 4 min e 12 sec, utilizzando un PC collegato ad un videoproiettore (Figura 6.0 A e B). Magnete Sala RM Specchio Schermo per retroproiezione PC Console RM PC CLXXXVII

188 Figura 6.0: A e B Posizionamento degli strumenti per l esecuzione dell esame di fmri Task e Paradigmi Abbiamo somministrato ai soggetti due tipi di task, il primo della Fluenza Fonemica ed il secondo della Fluenza Semantica, utilizzando uno stesso disegno di blocchi per entrambi i paradigmi. Task di Fluenza Fonemica Il blocco del paradigma era composto da 12 periodi, in cui si alternavano 6 epoche di task e 6 epoche di controllo o rest ( riposo ). Il paradigma aveva una durata di 4 min e 12 sec; ciascuna epoca invece, durava 21 s. Ogni epoca era costituita da 7 dinamiche, ciascuna della durata di 3 s; in ogni epoca venivano presentate 3 lettere diverse (ogni lettera era presentata per una durata di 1 sec, ma il soggetto doveva continuare a pensare parole che derivassero dalla lettera mostrata fino a quando non si presentava la lettera successiva, cioè dopo un tempo totale di 7 s). CLXXXVIII

189 Durante le epoche di task, sono state presentate 6 sequenze in cui il soggetto doveva pensare mentalmente le parole che iniziano per la lettera corrispondente alla categoria fonemica scelta come ad es. lettera M : mamma, mare, montagna, ecc. Nel corso delle epoche di controllo veniva invece proiettata la parola riposo, quindi il soggetto, doveva interrompere il compito da svolgere. Task di Fluenza Semantica Il blocco del paradigma era composto da 12 periodi, in cui si alternavano 6 epoche di task e 6 epoche di controllo ( riposo ). Il paradigma aveva una durata di 4 min e 12 sec; ciascuna epoca invece, durava 21 s. Durante le epoche di task, come per il compito precedente, sono state presentate 6 sequenze in cui il soggetto doveva pensare mentalmente i nomi delle componenti appartenenti alla categoria semantica scelta come ad es. Animali, Frutta, Colori, Mestieri, ecc. Prima di entrare nella sala di RM, il soggetto veniva fatto accomodare di fronte ad una unità video, dove veniva accuratamente istruito e fatto esercitare per CLXXXIX

190 eseguire ciascuno dei due tasks. Durante questa esercitazione gli stimoli visivi presentati erano simili, ma differenti nell ordine, rispetto a quelli successivamente presentati durante la seduta di risonanza magnetica funzionale (fmri). Al termine di ogni task si chiedeva al soggetto un suo giudizio sull esercizio svolto; se il soggetto riferiva di non aver svolto l esercizio correttamente o se si evidenziava una scarsa attivazione delle aree nelle zone di interesse, si somministrava nuovamente il task Procedure di Imaging La RM è stata eseguita con un tomografo da 1.5T, Philips Gyroscan ACS-NT 1.5T (Figura 6.1). La sequenza utilizzata per la fmri è una gradient-eco EPI (echo-planar) e per la ricezione si è usata una bobina SENSE-Head. CXC

191 Figura 6.1: Tomografo da 1.5T (Philips Gyroscan ACS-NT 1.5T) Prima di eseguire i task veniva acquisita una sequenza standard morfologica IRT1 (Inversion Recovery) (Tabella 6.2). TR (tempo di ripetizione) 2449 ms (per volume) TE (tempo di echo) 15 ms FOV (field of view) 230 mm flip angle 120 matrice 304 x 512 dimensioni del voxel 0,44 x 0,44 x 4 mm numero di sezioni 34 piano assiale spessore strato 4 mm Tabella 6.2: Caratteristiche delle sequenze standard morfologiche IRT1 Il volume acquisito (imaging volume) è stato centrato sulla commessura anteriore e orientato parallelamente alla linea bicommessurale. Il posizionamento del piano delle immagini è stato eseguito con una scout image sul piano sagittale (Figura 6.2). Figura 6.2: Orientamento dell imaging volume CXCI

192 I dati della fmri sono stati acquisiti usando sequenze di immagini ecoplanari, EPI MR pulse, dell'intero cervello in 3D a singolo scatto dipendenti dal livello di ossigeno nel sangue (Tabella 6.3) TR (tempo di ripetizione) 3000 ms (per volume) TE (tempo di echo) 50 ms FOV (field of view) 230 mm flip angle 90 matrice 64 x 64 dimensioni del voxel 3,59 x 3,59 x 4 mm numero di sezioni 34 piano assiale spessore strato 4 mm Tabella 6.2: Caratteristiche delle sequenze di immagini ecoplanari Ogni 3 s veniva acquisito l intero encefalo (34 slice) in ripetizione continua. Grazie al comando visivo impartito dall esterno, ogni 21 s, il pz alterna lo stato di task (attivo) con uno di rest (riposo), il tutto per 7 cicli task-rest consecutivi. In totale ogni singolo esame aveva la durata di 21x6x2 = 252 s (4 min 12 sec) e prevedeva 34 (slice) x 84(dinamiche) cioè 2856 immagini (Figura 6.3). CXCII

193 Figura 6.3: Schema della serie di 84 dinamiche Elaborazione dati L elaborazione dei dati successivi all acquisizione delle immagini è stata eseguita usando: un software proprietario Philips (c/o II console View Forum), il software SPM2 (Statistical Parametric Map), per l analisi di I livello e il software SPM5, per l analisi di II livello, sviluppati in ambiente MATLAB ed installati su di un PC dedicato. Le immagini di RM sono state sottoposte a tre steps (Figura 6.4): a) pre-processing spaziale a1) riallineamento CXCIII

194 a2) coregistrazione a3) normalizzazione a4) smoothing b) definizione del modello e stima dei parametri c) inferenza statistica Figura 6.4: The SPM graphical user interface a1) Riallineamento delle immagini per eliminare eventuali spostamenti della testa soggetto (rototraslazione rigida a 6 parametri: repi) CXCIV

195 a2) Coregistrazione tra le immagini funzionali e anatomiche (EPI/T1) a3) Normalizzazione delle immagini funzionali su immagini di un cervello standard (template per le coordinate EPI-Talairach) e relativa scrittura delle normalizzate su T1, repi, mean (trasformazione non rigida 9 parametri) CXCV

196 a4) Smoothing (swrepi con FWHM = 8 mm in x,y,z), tecnica standard di filtraggio che aumenta il rapporto segnale/rumore senza alterare il contenuto informativo delle immagini CXCVI

197 Smoothing in 2D b) Analisi statistica per la produzione di mappe: il task di stimolazione è caratterizzato da un paradigma come dato di INPUT ossia una funzione che modellizza l attività neuronale dell encefalo conseguente all esecuzione del task. L andamento temporale atteso dei voxel è detto reference function ed è ottenuto come convoluzione tra il paradigma del task e la risposta emodinamica dell encefalo. Il modello statistico previsto dalla RF (reference function) permette di estrarre esclusivamente quei voxel che hanno una dinamica di attivazione simile a quella della RF quindi, se esistono voxel che si attivano in maniera diversa, non possono essere trovati tramite questa RF. Il modello statistico agisce come se fosse un filtro, estrae solo ciò che assomiglia alla sua dinamica tensoriale. Per questo motivo, esistono diverse CXCVII

198 possibilità di estrarre i voxel che risultano attivati in modo statisticamente significativo (problema della sogliazione). In sostanza vengono considerati attivati i voxels che seguono l andamento (ad onda quadra) del paradigma sperimentale. I voxels considerati attivi, vengono poi coregistrati alla corrispondente immagine anatomica. Nel nostro studio, la soglia di significatività statistica per ciascun pixel è stata di p =0,001. I clusters di attivazione sono stati identificati sulla base dell intensità di ciascuna risposta individuale e l estenzione spaziale dei clusters (per ciascun task, p =0,05 corretto e k 10 voxels/cluster). CXCVIII

199 CXCIX

200 c) sovrapposizione delle mappe di attivazione al template secondo Brodmann e alla T1 anatomica normalizzata CC

201 Aree di attivazione su Brodmann Template CCI

202 Aree di attivazione su T1 normalizzate 6.5 Risultati Ricostruzione 3D (Render) CCII

203 Neuropsicologia I risultati sulla capacità da parte dei soggetti di compiere i tasks linguistici, sia prima della somministrazione del farmaco che dopo aver intrapreso la terapia con Topiramato, sono stati ottenuti tramite due test di fluenza verbale (per lettere e per categorie) (Tabella 6.2 A e 6.2 B). n Paziente sesso anno nascita lateralità manuale fluenza fonemica prima (1 min/1 categoria) fluenza fonemica dopo (1 min/1 categoria) 1 C.L. F 27/04/68 50% mancina M.D. F 15/09/81 100% destrimane A.A. M 16/11/73 100% destrimane C.C. F 26/02/61 100% destrimane R.E. F 30/06/73 100% destrimane T.F. F 29/05/86 90% destrimane M.S. F 11/12/55 50% destrimane B.L. M 06/10/72 100% destrimane B.E. F 01/10/61 100% destrimane G.L. F 12/06/62 100% destrimane B.A. F 11/11/71 100% destrimane G.D. F 23/11/58 100% destrimane C.D. M 10/11/78 70% mancino Tabella 6.2 A: Risultati neuropsicologici sull esecuzioni del compito linguistico per lettere (Task di Fluenza Fonemica). n Paziente sesso fluenza semantica prima (1 min/1 categoria) fluenza semantica dopo (1 min/1 categoria) 1 C.L. F M.D. F A.A. M C.C. F R.E. F T.F. F M.S. F B.L. M B.E. F G.L. F B.A. F G.D. F C.D. M Tabella 6.2 B: Risultati neuropsicologici sull esecuzione del compito linguistico per categorie (Task di Fluenza Semantica). Neuroimaging CCIII

204 Una prima analisi è stata fatta considerando tutti i 13 pazienti insieme, confrontando i dati ottenuti dagli esami di fmri prima e dopo della terapia per ciascuno dei due tasks. All interno del gruppo dei 13 pazienti, in seguito, sono stati poi confrontati i soggetti (5 pazienti) che hanno mostrato una diminuzione delle prestazioni cognitive dopo il trattamento, con i restanti che non hanno presentato nessuna modificazione nelle loro prestazioni cognitive. I risultati dell elaborazione dei dati acquisiti durante l esecuzione dei tasks linguistici sono stati ottenuti mediante l utilizzo di due tipi differenti di analisi statistica, una di I Livello (analisi statistica che non tiene conto della variabilità tra i pazienti) ed una di II Livello (che tiene conto della variabilità tra i pazienti). Le tabelle qui di seguito riportate (6.3 e 6.4), mostrano le aree di Brodmann attive che risultano dai singoli confronti (contrasti); il confronto tra prima e dopo la terapia ci informa su quali aree sono risultate meno attive dopo la terpia mentre, il confronto tra dopo e prima ci informa su quali aree sono attivate soltanto dopo la terapia. 1. Analisi di I Livello servendosi di SPM2: CONTRASTO SEMp SEMd SEMd SEMp FONp FONd FONd FONp N CLUSTER/AREE DI BRODMANN FWE: 1 cluster BA 38 dx FWE: 3 cluster BA 37 sx, BA 46 dx, BA 9 dx FWE: negativo FWE: 1 cluster BA 48 dx Tabella 6.3: Risultati analisi I Livello 2. Analisi II Livello servendosi di SPM5: CONTRASTO N CLUSTER/AREE DI BRODMANN CCIV

205 SEMp SEMd SEMd SEMp FONp FONd FONd FONp FWE: negativo FWE: negativo FWE: negativo FWE: negativo Tabella 6.3: Risultati analisi II Livello 6.6 Discussione I. Grazie all analisi di II Livello abbiamo potuto constatare che il farmaco non ha prodotto aree corticali con variazioni significative di attivazione o disattivazione su entrambi i tasks (fonemica e semantica) eseguiti prima e dopo la somministrazione del farmaco. II. Nell analisi di I Livello, l utilizzo del contrasto prima - dopo, in entrambi i tasks, ha confermato il punto numero 1, al contrario con l uso del contrasto dopo - prima sono risultate esservi aree con attivazione significativa quali: BA 37 sx, BA 46 dx, BA 9 dx (SEMd SEMp), BA 38 dx (SEMp SEMd) e BA 48 dx (FONd FONp); dettaglio statisticamente rilevato da questa analisi di I Livello di norma non evidenziabile da un analisi di II Livello. III. Con l analisi di I LIVELLO è stata testata anche la riproducibilità della tecnica, evidenziando che la variabilità inter-pz (gruppo1-gruppo2) è > della variabilità intra-pz, ma in generale il test è riproducibile. CCV

206 CCVI

207 CCVII

208 CCVIII

209 CCIX

210 IV. L analisi di II Livello ha permesso anche di valutare le differenze di attivazione delle aree corticali tra i due tasks somministrati; i risultati ottenuti con i contrasti sia FON SEM che SEM FON, indicano che tra i due tasks non si rilevano differenze, per cui le due prove possono essere considerate equivalenti. CCX

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