Trib. Torino, , DIFFAMAZIONE E RISARCIMENTO DANNO: UN CASO ESEMPLARE Sabrina PERON

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1 Trib. Torino, , DIFFAMAZIONE E RISARCIMENTO DANNO: UN CASO ESEMPLARE Sabrina PERON La sentenza del Tribunale di Torino che qui si pubblica ha suscitato enorme scalpore per l entità dei risarcimenti, disposta in solido dal Tribunale nei confronti del giornalista autore del servizio televisivo e della RAI, nella sua qualità di emittente della trasmissione AnnoZero, per i danni - patrimoniali e non subiti da FIAT Group Automobiles s.p.a. In particolare nel caso di specie Fiat Group lamentava la diffamatorietà del servizio mandato in onda nel corso della trasmissione AnnoZero, durante il quale era stata effettuata una gara automobilistica (sulla falsariga di una gara analoga effettuata dalla rivista Quattroruote) nella quale erano state messe a confronto tre autovetture sportive di cui una del Gruppo Fiat (Alfa Romeo Mito), che risultava perdente rispetto alle altre. Al riguardo, a seguito di esperimento di CTU sul punto, il Tribunale accertava sia che le modalità con le quali era stata effettuata la gara, sia che le modalità con le quali - nel corso del servizio -erano stati presentati i risultati della medesima, avevano assunto una valenza gravemente diffamatoria. In particolare veniva rilevato che mentre la rivista Quattroruote aveva inserito il giro di pista all interno di un set più completo di prove atte a valutare nella loro globalità le prestazioni di una vettura sportiva, ma destinata all uso quotidiano, suggerendo che un giudizio complessivo su autovetture di quel tipo non poteva basarsi esclusivamente sulla velocità adottata su una pista ; di conseguenza a rivista estendendo la una valutazione sulle autovetture su una gamma di parametri più ampia aveva concluso collocando l autovettura al primo posto della classifica. Diversamente invece, dalla CTU era emerso che il servizio televisivo aveva scelto come parametro unicamente quello della velocità (peraltro effettuando la gara sul bagnato e senza avvertire il pubblico che l autovettura FIAT aveva il dispositivo di sicurezza ESP non disinseribile); e che in tal modo l informazione veicolata dal giornalista, era tendenzialmente parziale, generando nel telespettatore medio la non vera percezione che l Alfa Romeo non solo fosse meno veloce, ma avesse anche caratteristiche di positività - ed in generale di qualità inferiori rispetto a quelle delle autovetture concorrenti. Ad avviso del Tribunale in tal modo: - il giornalista ha tenuto un comportamento illecito, sia perché denigratorio, poiché scredita il valore di un auto che è il modello simbolo della Fiat; sia perché difforme dal vero in quanto atto a rappresentare una falsa realtà ; - ai telespettatori, potenziali consumatori, è stata fornita una non vera e denigratoria informazione tecnica, capace di distoglierli ( ) dall acquisto di vetture Alfa Mito, così influendo in maniera distorta, sulla loro libera formazione del pensiero e, di conseguenza sulla loro capacità di scelta; il tutto a danno della Fiat Group. Ciò posto il Tribunale ha proceduto a valutare la sussistenza dei presupposti richiesti dalla giurisprudenza in materia di diritto di cronaca: interesse pubblico, continenza e verità. Ricordando che per giurisprudenza costante è sufficiente che venga violato anche solo uno dei tre limiti sopra ricordati, perché il diritto di cronaca (di per sé stesso da intendersi come libera manifestazione del pensiero, ex art. 21 Cost.), venga meno, nel senso che, in caso di condotta diffamatoria, non è operante la scriminante (ex art. 51 c.p.) dell esercizio di una facoltà legittima da parte del giornalista ed il fatto conserva i suoi caratteri di illiceità giuridica penale e/o civile. 1

2 Ora pur ritenendo sussistenti i parametri di interesse pubblico e di continenza, il Tribunale di Torino ha ritenuto violato il parametro della verità della notizia, dato che quest ultima deve investire l intero contenuto della comunicazione, in quanto solo il rigoroso rispetto della verità soddisfa l interesse sociale all informazione, che non è configurabile in relazione a notizie false. Già in passato la Cassazione in un caso analogo (di un servizio giornalistico, sempre della RAI, relativo ad alcuni prodotti) aveva statuito che il giornalista televisivo dovrebbe avere una maggiore responsabilità professionale che deve manifestarsi in una più scrupolosa prudenza nella trasmissione delle notizie, specie quando tali notizie incidono direttamente sui diritti dei terzi. In particolare, il mezzo radio-televisivo richiede nel giornalista un grado più elevato di prudenza per andare esente da responsabilità in relazione a divulgazioni che ledano diritti soggettivi; prudenza che deve estrinsecarsi nell accertare (o nel tentare di accertare) con ogni mezzo a sua disposizione l assoluta verità dell informazione che si intende trasmettere quando a priori si apprezza in modo certo in essa una valenza lesiva dei diritti dei terzi ai quali la notizia si riferisce (Cass., , n in FI, I, 2127 con nota di V. ROPPO, Diffamazione per «mass media» e responsabilità civile dell editore). Il Tribunale aggiunge poi che il fondamentale diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, scaturente dal disposto dell art. 21 della Costituzione, non può, oggi, in una moderna società democratica, che essere intrinsecamente inteso nella sua accezione più ampia, e cioè come diritto non solo ad informare, ma anche ad essere informato. In altre parole, il diritto di libera manifestazione del pensiero deve essere considerato valido non solo per chi direttamente lo diffonde, ma anche per chi direttamente lo riceve sotto forma di informazione. La estrinsecazione del pensiero di chi effettua comunicazioni può infatti influire sulla formazione del pensiero di chi informazioni percepisce, e, di conseguenza, delle sue libere scelte, che, se alterate da non vere, denigratorie informazioni, possono risultare direttamente pregiudizievoli non solo per i destinatari della notizia, ma anche eventualmente per soggetti terzi, che da tale comportamento illecito risultino, ex art c.c., direttamente pregiudicati. In particolare il Tribunale ritiene che al concetto di libera espressione del pensiero vada attribuito non solo un significato di natura individuale (libera espressione del pensiero del giornalista), ma anche uno di natura sociale di libera espressione del pensiero e dei cittadini ( ), in quanto titolari del diritto di vedere tutelata la libera formazione del loro pensiero, e di conseguenza la formazione di una loro opinione consapevole in riferimento a fatti di pubblica rilevanza. Ad avviso del Tribunale un informazione distorta, pregiudicando il diritto di pensiero degli ascoltatori, in quanto idonea ad agire in maniera anomale sul pensiero e a sviare così le scelte dei cittadini, causa un danno ingiusto anche ad eventuali soggetti terzi, questi ultimi, diventano titolari di un diritto risarcitorio ex art c.c., in riferimento all art. 21 della Costituzione. In altre parole: il diritto di manifestare il proprio pensiero tramite una trasmissione televisiva, inteso ( ) come irrinunciabile espressione del singolo giornalista, non può che riguardare anche l altra faccia della stessa medaglia e cioè il diritto, altrettanto irrinunciabile di tutti i cittadini videoascoltatori di poter formare liberamente (cioè senza l inquinamento di informazioni inesatte e/o tendenziosamente non vere) il proprio pensiero, per poterlo, a loro volta, liberamente manifestare ( ), anche attraverso una libera determinazione di acquisto di un certo tipo di autovettura ( ); libertà di scelta che se compromessa, può venire a ledere ex art c.c. anche il diritto della Casa Automobilistica produttrice di vendere i suoi prodotti secondo le regole della libera concorrenza e di non vedere compromessa la propria reputazione. Tale argomentazione del Tribunale sia pure interessante, a chi scrive, suscita quale perplessità. 2

3 La dottrina ha da tempo sottolineato come sia di non agevole individuazione il fondamento costituzionale di un diritto soggettivo all informazione (ossia la libertà di essere informati, quale aspetto passivo della libertà di informazione) e come la stessa giurisprudenza costituzionale non qualifichi come un diritto quello all informazione, né vi individui una libertà munita di tutela dall art. 21 della Costituzione, ma si limita ad individuarvi un mero «interesse generale all informazione», indirettamente protetto dalla norma richiamata, mentre ( ) è al lato attivo della libertà di informazione che viene riconosciuta la dignità di un vero e proprio diritto di libertà (così M. POLVANI, La diffamazione a mezzo stampa, CEDAM, 1998, 20). Altra parte della dottrina ha espresso posizioni ancora più drastiche: «del diritto ad essere informati, come diritto della personalità e dunque come diritto assoluto non è possibile individuare neppure il contenuto ( ), perché la notizia, l informazione non possono essere considerati beni, in senso giuridico ( ). E evidente, allora, che una ricostruzione del diritto ad essere informati, in chiave di diritto della personalità, non solo e non tanto costituirebbe una offesa alla ragione, quanto, ciò che a mio giudizio è più grave, almeno sotto il profilo culturale, rappresenterebbe un crimine contro il comune buon senso» (G.B. FERRI, Diritto all informazione e diritto all oblio, Riv. dir. civ., 1990, I, p. 803). In ogni caso dottrina e giurisprudenza ha valutato tale aspetto sono profili prevalentemente di natura pubblicistica (cioè la libertà in senso passivo di ricevere ed essere destinatario di informazioni ( ) rappresenta un presupposto per la democraticità del sistema - G. GARDINI, Le regole dell informazione, Roma, 2005, 30; cfr. anche V. ZENO-ZENCOVICH, Il diritto ad essere informati quale elemento del rapporto di cittadinanza, D.Inf. 2006, 1) per collegarlo all accertamento della sussistenza del parametro dell interesse pubblico. Recentemente la Cassazione ha conferito particolare pregnanza al requisito dell interesse pubblico cui devono sottostare le notizie, collegandolo direttamente con il principio di sovranità di cui all art. 1, comma 2, Cost. Secondo la Corte tale norma, nell affermare che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, presuppone come condizione per il pieno e corretto esercizio di detta sovranità che la stessa si realizzi mediante tutti gli strumenti democratici», tra i quali rientra anche «con posto e funzione preminenti», il diritto di informazione. Ne seguirebbe quindi che «il popolo può ritenersi costituzionalmente sovrano ( ) in quanto venga, al fine di un compiuto e incondizionato formarsi dell opinione pubblica, senza limitazioni e restrizioni di alcun genere, pienamente informato di tutti i fatti, eventi e accadimenti valutabili come di interesse pubblico (Cass. civ., , n , RCP, 2010, 2257). Il Tribunale di Torino ha invece ritenuto la sussistenza del parametro dell interesse pubblico ed ha ritenuto che la violazione del principio di libera manifestazione del pensiero (attuata mediante la diffusione di notizie inveritiere) costituisce un illecito plurioffensivo, che lede e/o pone in pericolo non un solo bene, ma i più diversi beni e, segnatamente tanto l interesse dei cittadini ascoltatori a poter esprimere liberamente le proprie idee liberamente formate, quanto l eventuale interesse in capo al soggetto denigrato a non vedere pregiudicata la propria immagine commerciale e compromessa la possibilità di vendita sul mercato dei propri prodotti secondo le regole del mercato, tanto da patire un danno ex art c.c.. Ciò posto il Tribunale di Torino ha individuato in capo a parte attrice a seguito di esperimento CTU - la sussistenza di un danno patrimoniale di un danno non patrimoniale. Con riferimento al danno patrimoniale, applicata in proposito la regola della preponderanza dell evidenza o del non più probabile che non, stante la diversità dei valori in gioco nel processo penale tra accusa e difesa, e l equivalenza di quelli in gioco nel processo civile tra le due parti contendenti, il giudice torinese ha ravvisato un nesso di causalità tra il fatto attribuibile alla sfera giuridica del convenuto e la lesione di interessi giuridicamente potetti della attrice, per essere positivamente risultato che l ulteriore [rispetto al fenomeno del calo delle vendite che all epoca dei fatti era già in atto] decremento delle vendite Alfa Mito, era autonomamente ricollegabile alle denigratorie informazioni diffuse dalla RAI. Al riguardo per completezza si noti che in materia di diffamazione tramite mass-media, le domande di 3

4 risarcimento danno patrimoniale, vengono solitamente respinte in assenza di prova di un nesso causalità immediata e diretta tra la diffusione delle notizie diffamatorie e l esistenza di un danno (cfr. Cass., , n. 9672, GI, 1998, 2276). La decisione del Tribunale di Torino è quindi una delle poche sentenze che hanno liquidato un danno patrimoniale da diffamazione. Quanto alla quantificazione del predetto danno il Tribunale si è basato sulle risultanze della CTU le quali avevano individuato un danno economico limitato al marchio Alfa Romeo e al sub-brand Mito da quantificare con riferimento al costo di una campagna pubblicitaria idonea a contrastare i pregiudizievoli effetti conseguiti dell ingiusta diffamazione, costo quantificato nella misura di 1,75 milioni di euro, quale budget necessario per effettuare una campagna pubblicitaria: idonea a coprire un target di circa spettatori, pari al 20% di share ; essere ricordata a circa l 11% di spettatori (pari a circa su spettatori-target) a distanza di tempo (almeno 5 mesi) ; e modificare le percezioni (da negative a positive) in misura pari all 1,2% (pari a circa su , spettatori target). A tale ultimo riguardo ad avviso del collegio peritale (con motivazione fatta propria dal Tribunale), l informazione aveva generato un danno d immagine per Alfa Romeo MiTo che si è manifestato in un cambiamento nella percezione dei clienti pari all 1,2%. Quanto al danno non patrimoniale, il Tribunale ne ha ritenuto la sussistenza ed ha proceduto a quantificarlo in via equitativa ricorrendo all applicazione di quattro parametri: 1) mezzo dell offesa in riferimento al numero di persone offese ; 2) gravità dell offesa ; 3) personalità dell offeso ; 4) comportamento post-factum dell offensore. Con riferimento al primo parametro ( mezzo dell offesa in riferimento al numero di persone offese ), il Tribunale ha ritenuto che il mezzo dell offesa quale aspetto esterno-relazionale) in rapporto al numero di persone offese (quale aspetto interno), sia fattore che deve essere posto alla base del danno non patrimoniale. Il giudice, quindi, riprendendo il concetto che aveva elaborato di illecito diffamatorio come illecito plurioffensivo (idoneo a ledere sia l interesse del pubblico che quello del danneggiato), ha ritenuto che una volta ravvisata ( ) l esistenza di un fatto diffamatorio, fonte di responsabilità in capo all offensore, lo strumento utilizzato per la comunicazione dell offesa determina, in capo a ciascuna ed a tutte le persone offese, in funzione del numero di persone che ne vengono a conoscenza, il raggio di offensività, venendo così ad influire in modo determinante sulla consistenza della lesione delle reputazione del/i soggetto/i passivo/i. A parere di chi scrive tuttavia, il soggetto leso dalla diffamazione tramite mass-media (sia che questa venga in rilievo come fattispecie di reato ex art. 595 c.p. che come mero illecito civile), non è mai il pubblico, ma solo ed esclusivamente la parte che si ritiene lesa dalla diffusione delle notizie lesive, non pare quindi corretto parlare di pubblico di ascoltatori come di persone offese (anche perché, se così fosse, ognuno di essi sarebbe titolare di un autonomo diritto di risarcimento danni da diffusione di notizie non vere, ipotesi questa che non mi pare accoglibile sussistendo sì un interesse generale della collettività ad essere correttamente informata, ma non un diritto positivo la cui violazione porterebbe come in questo caso ad un risarcimento ad un soggetto terzo, rispetto al gruppo indefinito degli spettatori). Il Tribunale ha poi proceduto correttamente a ritenere che anche le persone giuridiche possono essere soggetti passivi dell illecito diffamatorio (cfr. ex multis: Cass , n , in dottrina per tutti si veda F. ANTOLISEI, Manuale dir. penale, parte speciale, Giuffrè, 2002, 205). Motivando tale assunto, con il seguente ragionamento: la misura del pregiudizio interno della sofferenza non può che essere calcolata in funzione del riflesso nei vari soggetti passivi che organicamente la compongono e segnatamente, per il Tribunale di Torino la lesione alla reputazione della Fiat Group non può che avere avuto un diffuso effetto sul senso di dignità professionale di un assai rilevante numero di lavoratori Fiat. Anche con riferimento a tale statuizione chi scrive ha qualche perplessità, in quanto 4

5 sarebbe stato più pregnante esaminare l aspetto della reputazione professionale / commerciale di parte attrice leso dal servizio, che non richiamare una supposta lesione del senso di dignità professionale dei lavoratori Fiat, che ancora una volta (come per gli spettatori), non va a risarcire questi ultimi ma la società. In ogni caso all esito di tale ragionamento il Tribunale ha indicato un danno non patrimoniale in cinque milioni di euro (quindi circa un euro a spettatore considerato che gli spettatori erano stati ,00). Su tale base di calcolo (cinque milioni di euro) il Tribunale ha poi proceduto a valutare gli altri tre parametri presi in considerazione ai fini della quantificazione del danno, ritenendo che: - quanto al secondo parametro (gravità del,l offesa) tale importo andasse dimezzato dato che dalla CTU era emerso che gli effetti pregiudizievoli non si erano estesi all intero gruppo Fiat; - quanto al terzo parametro (personalità dell offeso) fosse ininfluente dato che se è vero che la Fiat è nota in tutto il territorio nazionale; è altrettanto vero che la sua storica collocazione nel mercato comporta anche la necessità di dovere tollerare come naturale una maggiore esposizione alle critiche. Infine, quanto al quarto parametro (comportamento post-factum dell offensore), da una lato si è ritenuto irrilevante, ex art c.c., la circostanza che la società avesse declinato l invito a partecipare alla trasmissione per far sentire le proprie ragioni; dall altro lato, si è ritenuto che l inserimento del servizio nel sito internet della RAI, fosse da considerarsi una circostanza idonea ad aggravare il danno, amplificandone la portata. Affermazione questa che non si può non condividere. Del resto già per i servizi televisivi la Cassazione aveva avuto modo di osservare come tale mezzo sia indubbiamente ed oggettivamente diverso, per la sua natura e per le implicazioni che ne derivano, dal giornalismo della carta stampata, diversità che si manifesta nel maggior impatto che sul pubblico la trasmissione televisiva può esplicare, ed in effetti esplica, per la sua caratteristica di mezzo che aggredisce, per così dire, i telespettatori nella loro sfera privata domestica, con un immediatezza ed una forza di suggestione che non sono certo di altri mezzi di comunicazione (in proposito basti considerare che, proprio per questa ragione, la pubblicità a mezzo della televisione è preferita dagli operatori commerciali, pur essendo molto costosa). Il pubblico, la gran maggioranza cioè delle persone raggiunte dalla notizia, è propenso a ritenere acriticamente vero quanto viene comunicato, anche perché è istintivamente portato ad attribuire al mezzo televisivo un autorità (che certamente non ha) e comunque una grande attendibilità. Va considerato inoltre che rispetto al mezzo televisivo vi è quasi impossibilità di immediata riflessione e di critica (cosa che invece non si verifica nei confronti della stampa) sicché la notizia si fissa nella memoria così come data (Cass., , n. 1147, cit.). Il Tribunale di Milano in un recente provvedimento riguardante un caso di diffamazione commessa per il tramite di un motore di ricerca, osservava come la potenzialità lesiva di tale mezzo, fosse suscettibile, per la sua peculiare natura e per le modalità con si realizzata, di ingravescenza con il passare del tempo (Trib. Milano (ord.), , RCP, 2011, 1320). Per tale ragione il Tribunale ha ritenuto che la quantificazione del danno non patrimoniale andasse più che raddoppiata rispetto ai 2,5 milioni di euro ai quali era pervenuto applicando i primi tre parametri e liquidando, quindi, a titolo di danno non patrimoniale complessivi Suscettibili di riduzione in misura pari ad ,00, dato che ad avviso del Tribunale una parte del danno non patrimoniale è risarcibile per equivalente mediante la pubblicazione del dispositivo della sentenza di condanna in quattro testate giornalistiche (tre quotidiani a tiratura nazionale e la rivista Quattroruote). 5

6 Complessivamente, quindi, vengono liquidati danni (patrimoniali e non) nella misura di ,00, oltre la pubblicazione del dispositivo della sentenza, la rimozione dal sito internet della RAI del servizio in questione e la rifusione delle spese di lite. Con riferimento a tale importo e alle modalità con le quali il Tribunale è pervenuto a determinarlo, si impongono alcune considerazioni. Anzitutto pur condividendo l assunto che uno dei criteri risarcitori da tenere i considerazione il l ampiezza e la capacità di penetrazione del mezzo mass-mediatico (primo parametro), non si condivide né il principio che gli spettatori possano considerarsi persone offese ; né che la lesione di un diritto alla reputazione/immagine professionale/commerciale di una società debba misurarsi tenendo come parametro anche la dignità dei lavoratori dell'intero gruppo societario (neppure citati nel servizio giornalistico la cui professionalità non era stata messa in discussione). Qualche perplessità suscita altresì la statuizione della sentenza laddove ha considerato ininfluente (ex art c.c.) la circostanza che la FIAT abbia rifiutato di partecipare alla trasmissione: la partecipazione alla trasmissione avrebbe forse dato l opportunità di chiarire al pubblico i pregi ed i caratteri di sportività della autovettura che il servizio aveva invece sottaciuto; si sarebbe quindi potuto (non dico eliminare) ma almeno limitare il danno subito sia per gli aspetti patrimoniali e per quelli non patrimoniali. Non si comprende poi come il tribunale giunga a ritenere equa sulla base della diffusione della notizia la somma, sicuramente esorbitante, di cinque milioni di euro. Anche perché se, da un lato, gli spettatori erano risultati essere stati ,0; dall'altro lato, dalla CTU era emerso che solo 1,2% di essi aveva ricevuto una percezione negativa del prodotto, a seguito dell'informazione ricevuta: forse quindi qualche considerazione su questo dato doveva essere compiuta. Poi, considerato che invertendo l'ordine dei parametri (anzi dei "fattori", come li chiama il Tribunale) il risultato finale appare suscettibile di mutamenti sostanziali sorge il dubbio se tale modo di procedere nel calcolo danno non nasconda un vizio logico (ex falso sequitur quodlibet). Da ultimo si consideri che: - da ricerche pubblicate, risulta che il risarcimento del danno non patrimoniale da diffamazione si attesta - in media - su valori nettamente inferiori, pari a circa 20/30.000,00 euro (cfr. al riguardo: PERON - GALBIATI, Diffamazione e risarcimento del danno tra contrasti giurisprudenziali e orientamenti consolidati, G.Merito, 2011, 720; V. ZENO ZENCOVICH, Analisi di trecentoventi sentenze sulla lesione della personalità rese dal tribunale di Roma; D.Inf., 2009, 263; PERON - GALBIATI, La giurisprudenza della Corte d'appello civile di Milano in materia di diffamazione, RCP, 2007; PERON - GALBIATI, La diffamazione a mezzo stampa nelle sentenze del tribunale civile e penale di Milano, D.Inf., 2006, 57). - l'importo liquidato dal Tribunale di Torino nella fattispecie in esame, appare sproporzionato non solo con riferimento ad altri casi di diffamazione, ma anche con riferimenti ad altri casi di risarcimento danni liquidati per situazioni ben più gravi e drammatiche (ad esempio - per citarne una tra le più recenti - si vedano gli importi liquidati dal Tribunale di Palermo , n pubblicata anche in questo sito - a favore dei parenti delle vittime di Ustica, che non arriva a tali importi, ovviamente se singolarmente considerati a favore di ciascuna vittima). 6

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