di laboratorio Riscaldamento ugello accesso dell'aria

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1 5 Le tecniche di laboratorio L a conoscenza di alcune tecniche fondamentali di laboratorio è indispensabile per mettere a punto esperimenti di qualunque natura. Poiché ogni tecnica prevede l uso di un apposito strumento, avremo cura volta per volta di spiegarne il funzionamento. 1 Riscaldamento Come fonte di calore in laboratorio si può usare la fiamma diretta, il bagnomaria o semplicemente la piastra elettrica. La scelta dipende dalla temperatura desiderata, dalla velocità del riscaldamento e dalle misure di sicurezza. 1 Schema di becco Bunsen semplice in ottone nichelato con regolatore d aria e stabilizzatore di fiamma. A destra, le varie zone della fiamma. Becco Bunsen È un bruciatore di laboratorio che produce una fiamma a forma conica come è illustrato nella figura 1. Esso è alimentato a gas di città o a gas metano ed è provvisto di regolazione per l aria e per il gas. Il gas entra nel bruciatore da un ugello posto alla base dell apparecchio e l erogazione è regolata da un rubinetto. Il flusso di gas provoca l aspirazione dell aria attraverso una presa, a forma di manicotto forato, sistemata immediatamente sopra l ugello di alimentazione e coassiale al tubo di miscelamento. C zona canna del bruciatore 1500 ossidante miscela gas-aria 1550 riducente ugello 1550 ossidante accesso dell'aria anello girevole con apertura entrata del gas riducente ossidante

2 2 La quantità di aria aspirata viene regolata ruotando il manicotto. Il becco Bunsen consente di ottenere temperature molto elevate ma il controllo del riscaldamento è solo approssimativo. Per evitare pericolosi surriscaldamenti locali, il recipiente di vetro o di porcellana va appoggiato su un diffusore (reticella metallica) sostenuto da un treppiede. L impiego a fiamma libera richiede attenzione e un certo addestramento ed è da evitare in presenza di sostanze infiammabili. 2 Becco Bunsen di sicurezza. Istruzioni per l uso a b c d c Chiudere completamente i fori di accesso dell aria; collegare il tubo di gomma al rubinetto del gas sul banco di lavoro aprendo la valvola completamente; accendere il bruciatore: la fiamma di colore giallo dovrà essere larga; aprire lentamente i fori di accesso dell aria: quanto più si aprono, tanto più la fiamma diventa incolore; quando il foro d ingresso dell aria è sufficientemente aperto, la fiamma presenta due zone nettamente distinte (schema a destra nella figura 1); la zona interna è di colore azzurro chiaro e a forma di cono. Il punto a temperatura più elevata è appena al di sopra della parte superiore di questa zona. Può capitare che il gas bruci all interno della canna alla base del becco Bunsen, invece che alla sommità. Quando ciò accade la canna diventa molto calda e bisogna interrompere l accesso di gas per uno o due minuti e poi riaccendere secondo il procedimento già descritto. Sono disponibili anche becchi Bunsen di sicurezza particolarmente indicati per un laboratorio didattico. Essi sono muniti di valvola di sicurezza che interrompe l erogazione del gas nel caso di accidentale spegnimento della fiamma. Stufa È un armadio metallico, con pareti e porte accuratamente coibentate, che può essere termostatato elettricamente fino a C e talvolta è munito di timer. La stufa viene utilizzata per essiccare delle sostanze solide e per asciugare la vetreria, ma non per condurvi reazioni. Bagnomaria È una vasca in cui viene termostatata dell acqua nella quale si immerge il recipiente da riscaldare. Il riscaldamento è efficace e veloce, però si possono raggiungere solo temperature relativamente basse (ca. 80 C); questo tipo di riscaldamento viene preferito a quello a fiamma diretta per evitare nocivi surriscaldamenti per contatto della fiamma che, oltre a provocare spruzzi, possono anche determinare indesiderati fenomeni di decomposizione. Piastra riscaldante e agitante È un agitatore magnetico il cui piatto di supporto è dotato di una resistenza elettrica. I comandi e le regolazioni delle due funzioni sono indipendenti. Pertanto, l apparecchio è idoneo a riscaldare solo recipienti a fondo piatto (beute o bicchieri). 3 Piastra riscaldante e agitante.

3 2 Raffreddamento Per operare a temperature inferiori a quella dell ambiente, si ricorre all uso di un bagno refrigerante in cui immergere il recipiente contenente la miscela che si vuole raffreddare. La sorgente fredda più utilizzata in un laboratorio didattico è senz altro l acqua corrente (15-20 C) in quanto è più che sufficiente per la maggior parte delle necessità. Quando invece sia necessario raggiungere temperature più basse, il bagno refrigerante viene realizzato con la miscela frigorifera più appropriata. Nella tabella sono riportate, a titolo di esempio, le temperature corrispondenti ad alcune tipiche composizioni. Il ghiaccio viene frantumato in piccoli pezzi. Al fine di ottenere una migliore trasmissione del calore lo si mescola con poca acqua formando una poltiglia. La miscela di ghiaccio e sale viene preparata mescolando 1 Bagni refrigeranti e relative temperature di raffreddamento Temperatura (in C) Bagno refrigerante 0 ghiaccio 20 ghiaccio e sale 78 acetone e ghiaccio secco 100 etere e ghiaccio secco ghiaccio finemente suddiviso con circa 1/3 del suo peso di cloruro sodico. Introducendo biossido di carbonio solido (ghiaccio secco) in metanolo, acetone oppure altri solventi adatti si possono raggiungere temperature molto basse. 3 3 Essiccamento È il procedimento che permette l allontanamento del solvente residuo trattenuto da un solido dopo filtrazione o da un liquido dopo estrazione. Noi prenderemo in esame soltanto l eliminazione dell acqua perché questa è indubbiamente la situazione più frequente, sebbene alcune delle tecniche proposte siano applicabili ad altri solventi. 4 Un tipo di essiccatore. Essiccamento di solidi Il procedimento più semplice consiste nel facilitare la vaporizzazione dell acqua operando a temperatura elevata oppure a pressione ridotta. La scelta fra i due metodi è dettata dalla stabilità termica del composto, il quale deve possedere una tensione di vapore molto bassa. In caso contrario si deve ricorrere all impiego di sostanze che abbiano per l acqua un affinità elevatissima: gli essiccanti. Queste sostanze, anch esse dei solidi, possono essere: 1) forme anidrificate di sali il cui reticolo cristallino più stabile ha un numero definito di molecole d acqua (acqua di cristallizzazione). Per esempio: Na 2 SO 4 > Na 2 SO 4 10H 2 O CaCl 2 > CaCl 2 6H 2 O CaSO 4 0,5H 2 O > CaSO 4 2H 2 O 2) sostanze che reagiscono con l acqua con formazione di un nuovo composto più stabile. È il caso dell anidride fosforica (P 4 O 10 ), che dà luogo ad acido fosforico; 3) setacci molecolari, una famiglia di silicati caratterizzati da canali reticolari di dimensioni e forme tali da poter trattenere selettivamente le molecole d acqua che vi penetrano.

4 4 5 Preparazione del capillare per il punto di fusione. 4 apertura del capillare sostanza il composto è forzato nel capillare L eliminazione residua dell acqua dai solidi, impiegando agenti essiccanti, viene condotta in un recipiente apposito, l essiccatore, un vaso provvisto di coperchio a tenuta. Sul fondo si stende uno strato di essiccante, mentre il composto, distribuito su un vetro da orologio, viene sistemato su un piano forato di porcellana. Nel recipiente chiuso, l essiccante assorbe dapprima il vapor d acqua presente nell aria; a sua volta questa, diventata più secca, favorisce l evaporazione dell acqua ancora presente nel solido. Istruzioni per l uso a b c d L essiccamento a pressione ridotta richiede l impiego di una pompa meccanica; l uso della pompa ad acqua manterrebbe infatti il campione in un ambiente saturo di umidità; l efficienza dei vari essiccanti è diversa, quindi la scelta va fatta in funzione della quantità, assoluta e relativa, di acqua da allontanare; usare un eccesso di essiccante e scartare quello esaurito che avrebbe un effetto nullo o addirittura opposto a quello desiderato; una volta essiccata, la sostanza va usata subito oppure va conservata in essiccatore; lasciata all aria riassumerebbe infatti umidità. Essiccamento di liquidi I liquidi vengono essiccati lasciandoli in contatto con essiccanti finemente suddivisi e agitando energicamente. Gli essiccanti vengono poi separati per filtrazione. Punto di fusione Si definisce punto di fusione la temperatura alla quale una sostanza solida si trova in equilibrio con il suo liquido. Esso è uno dei punti fissi di ogni sostanza pura e il suo controllo costituisce un utile criterio per stabilire il suo grado di purezza. La determinazione del punto di fusione è di semplice esecuzione pratica. Il metodo più comunemente utilizzato consiste nello scaldare una piccolissima quantità di sostanza, ben asciutta, posta in un tubo capillare, utilizzando un sistema che consente di leggere la temperatura alla quale avviene la fusione. il capillare viene fatto cadere lungo il tubo e lasciato rimbalzare Il riempimento del capillare avviene nel modo seguente: una piccola quantità di sostanza ben secca viene posta su un vetrino o su un pezzetto di carta da filtro e dopo essere stata polverizzata con l aiuto di una spatolina metallica viene raccolta in una sorta di mucchietto. L estremità aperta del capillare viene immersa nel campione aiutandosi, se necessario, con la spatolina. Il solido così introdotto nell estremità viene fatto scendere nel capillare battendo l estremità chiusa di quest ultimo sul bancone o facendolo scivolare lungo una canna di vetro in maniera tale che, rimbalzando ripetutamente, si agevoli la discesa della sostanza sul fondo.

5 5 L apparecchio più diffuso per la determinazione del punto di fusione prende il nome di bagno di Thiele e consiste in un tubo di vetro riempito con olio di silicone, scaldato con un becco Bunsen. termometro il tappo sezionato tiene il termometro senza creare sovrapressione pinza di sostegno anello di gomma (sopra il livello dell'olio) capillare con il composto l'olio caldo ascende l'olio freddo discende 6 Bagno di Thiele. 7 Apparecchio elettrico per la determinazione del punto di fusione. termometro finestra di osservazione sorgente luminosa becco Bunsen Il capillare contenente la sostanza da esaminare viene posto, aderente al bulbo di un termometro, dentro il bagno d olio. Seguendo il progressivo riscaldamento della sostanza, si annota la temperatura alla quale avviene la fusione del solido. capillare manopola di controllo interruttore on-off È necessario che il riscaldamento avvenga all inizio piuttosto rapidamente e poi, quando mancano ancora 15 C circa alla fusione, a una velocità di circa due gradi al minuto fino a fusione completa. Si lascia raffreddare il bagno, si sostituisce il capillare e si ripete la determinazione per almeno altre due volte, controllando la concordanza dei valori ottenuti. Se la sostanza è pura l intervallo di fusione dovrà essere di non oltre 1-2 C. La presenza di piccole quantità di impurezze infatti provoca di solito un aumento notevole di tale intervallo, in quanto la fusione inizia a un valore di temperatura più basso rispetto a quello previsto per la sostanza pura. Oltre all apparecchio già descritto, esistono in commercio strumenti più comodi e precisi, dove il riscaldamento viene effettuato elettricamente e una lente di ingrandimento, o addirittura un microscopio, permettono di osservare meglio il processo di fusione.

6 5 Filtrazione La filtrazione è l operazione che consente di separare una fase solida (precipitato) da una fase liquida (filtrato) in un sistema eterogeneo, mediante percolazione attraverso un diaframma poroso (filtro) permeabile soltanto al liquido. Il materiale poroso è di solito la carta da filtro, disponibile in commercio in diversi tipi che differiscono per le dimensioni dei pori. Nei casi in cui la carta può dar luogo a interazioni con le sostanze da trattare, si ricorre a diaframmi di vetro poroso. Vi sono due metodi di filtrazione: filtrazione per gravità e filtrazione per aspirazione. 6 sostegno imbuto a gambo corto anello di sostegno cono di carta da filtro beuta pulita miscela da filtrare soluzione priva di impurezze insolubili Filtrazione per gravità È il tipo più semplice di filtrazione, che richiede una comune attrezzatura di laboratorio del tipo mostrato in figura. Se le particelle sono sufficientemente granulose la filtrazione non presenta difficoltà. Se le particelle sono molto fini, può accadere che non vengano trattenute per intero dai pori della carta da filtro e la soluzione passa torbida. In tal caso è opportuno filtrare la soluzione attraverso lo stesso filtro, i cui pori sono stati ulteriormente rimpiccioliti dalle stesse particelle. Se il filtrato continua a essere torbido nonostante la doppia filtrazione, si ricorre all uso di aggreganti che vanno introdotti nella miscela prima della filtrazione. Essi possono essere costituiti da pezzetti di carta da filtro o da carbone animale in polvere. In questo caso, ovviamente, non è possibile recuperare il precipitato. 8 Un semplice schema di filtrazione per gravità. Filtrazione per aspirazione Questa tecnica viene utilizzata quando interessa raccogliere un precipitato cristallino separandolo dalla sua soluzione. Invece dell imbuto di vetro si utilizza l imbuto di Büchner, che è un imbuto di porcellana a fondo piatto forato sul quale viene posto un dischetto di carta da filtro. Le dimensioni dell imbuto devono essere rapportate alla quantità di precipitato da raccogliere, il quale, in ogni caso, deve coprire interamente la superficie filtrante dello stesso. 9 Foto e disegno dell imbuto di Büchner.

7 7 sostegno cristalli carta da filtro piatto forato tappo forato pinza tubo da vuoto 10 Schema di filtrazione per aspirazione. beuta da vuoto pulita Per piccole quantità da filtrare, in alternativa all imbuto di Büchner si può usare l imbuto di Hirsch, che per le sue dimensioni verrà collegato a una provetta da vuoto, come mostrato in figura 11a. L apparecchiatura usata per produrre l aspirazione richiesta per questo tipo di filtrazione può essere una semplice pompa ad acqua come quella schematizzata in figura 11b. direzione dell'acqua tubi di gomma alla pompa da vuoto aria aspirata dal sistema 11 Imbuto di Hirsch con provetta da vuoto (a) e pompa da vuoto ad acqua (b). a) b) aria + acqua 6 Centrifugazione La centrifugazione permette di separare una fase solida immiscibile da una fase liquida o due liquidi immiscibili di densità diversa sfruttando la forza centrifuga. L apparecchio utilizzato in questo caso è la centrifuga, dove i campioni da trattare, posti in speciali provette, vengono sottoposti a velocità di rotazione di circa giri al minuto.

8 8 Per azione della forza centrifuga le particelle più pesanti vengono spinte verso il fondo della provetta permettendo, in tal modo, la separazione della fase liquida (surnatante) dal solido (precipitato). surnatante precipitato 12 Schema di una centrifuga. Il surnatante può essere allontanato prelevandolo con una pipetta, mentre il precipitato viene lavato per aggiunta di porzioni di solvente che verrà rimosso per ulteriore centrifugazione. 7 Cristallizzazione La cristallizzazione è una tecnica utilizzata per la purificazione delle sostanze solide. Essa consiste nello sciogliere a caldo il composto impuro, filtrare le impurezze insolubili e lasciare raffreddare fino a quando dalla soluzione satura precipita il composto sotto forma di cristalli. Le impurezze non cristallizzano in quanto la loro concentrazione è talmente bassa da non raggiungere la condizione di saturazione. Per una corretta cristallizzazione è importante scegliere l opportuno solvente che deve avere la proprietà di sciogliere il composto a caldo e non a freddo e di solubilizzare a freddo le impurezze. 13 Purificazione di una sostanza per mezzo della cristallizzazione. imbuto a gambo lungo sostegno soluzione bollente contenente le impurezze cono di carta insolubili da filtro soluzione priva di impurezze insolubili capsula a fondo piatto

9 9 La scelta del solvente da utilizzare viene effettuata di solito per via empirica sfruttando il vecchio principio che il simile scioglie il suo simile, il che significa che una sostanza si scioglie quando è chimicamente affine al solvente. In ogni caso, il solvente non deve mai interagire chimicamente con il soluto. Quando non si trova il solvente ottimale si può ricorrere anche a miscele di solventi la cui composizione viene determinata per tentativi fino a trovare quella che risulta più adatta alla cristallizzazione. Il procedimento operativo di tale metodica è riportato nella scheda di laboratorio Purificazione per cristallizzazione. 8 Estrazione Il processo di estrazione permette di trasferire un composto da una fase liquida nella quale si trova sospeso o disciolto a un altra fase liquida. Mediante tale metodica, pertanto, è possibile separare vari componenti di una miscela di composti organici da una soluzione acquosa o da una sospensione con un opportuno solvente organico che abbia la proprietà di essere immiscibile con l acqua. I solventi più comunemente utilizzati sono: l etere etilico, l etere di petrolio, l esano, l acetato di etile ecc. che hanno tutti una densità minore di quella dell acqua, oppure il cloroformio e il tetracloruro di carbonio che sono più densi dell acqua. La scelta del solvente è dettata non solo da esigenze di solubilità, ma soprattutto dalla facilità con cui può essere rimosso dal soluto e dall inerzia chimica che presenta nei confronti del composto da estrarre. Il principio su cui si basa l estrazione è la legge di ripartizione di Nerst, secondo cui: in condizioni di equilibrio il rapporto tra le concentrazioni di un soluto distribuito fra due fasi liquide immiscibili tra loro è costante quando la temperatura è mantenuta costante. Tale rapporto rappresenta il coefficiente di ripartizione o di distribuzione, il cui valore K è indipendente dai volumi di solvente usati, dipende dalla temperatura ed è legato alla solubilità del soluto nella coppia di liquidi utilizzati. Il coefficiente K è espresso dalla relazione: K = C A C B dove: C A = concentrazione del soluto nel solvente meno denso (fase superiore); C B = concentrazione del soluto nel solvente più denso (fase inferiore). etere etere fase A 14 Ripartizione di un soluto tra due fasi liquide immiscibili tra loro. H 2 O + soluto H 2 O + soluto fase B

10 10 15 Imbuto separatore. fase acquosa con sostanza da estrarre estraente L apparecchiatura utilizzata per l estrazione è l imbuto separatore che, come si vede nella figura, è un semplice contenitore di vetro che consente il contatto diretto tra le due fasi non miscibili e quindi il passaggio della sostanza da una fase all altra e la successiva stratificazione delle due fasi nonché la finale separazione in due diversi contenitori. Affinché si abbia un estrazione completa è necessario trattare ripetutamente la soluzione acquosa con aliquote di solvente puro che verranno riunite e sottoposte a distillazione fino a ottenere la sostanza estratta. Quest ultima necessita di una ulteriore purificazione, che può essere effettuata per cristallizzazione se si tratta di sostanza solida o distillazione se si tratta di sostanza liquida. 9 Distillazione La distillazione è una delle principali tecniche di purificazione molto usata in laboratorio per separare composti liquidi attraverso un processo di evaporazione e condensazione. La fase liquida viene portata all ebollizione per riscaldamento e trasformata in vapore, il quale a sua volta, passando attraverso un refrigerante, viene condensato e raccolto come distillato. Esistono diverse tecniche di distillazione le cui caratteristiche variano a seconda dei composti da separare. Esse verranno descritte di seguito. Distillazione a pressione ordinaria È detta anche distillazione semplice e viene utilizzata per separare liquidi, con punti di ebollizione al di sotto di 150 C, da impurezze non volatili oppure da un altro liquido che abbia un punto di ebollizione che differisce almeno di 25 C dal primo. L apparecchiatura utilizzata è quella riportata in figura 16. termometro condensatore uscita acqua pallone di distillazione pallone di raccolta entrata acqua 16 Apparato di distillazione semplice. mezzo di riscaldamento bagno a ghiaccio

11 11 Come si vede, la caldaia di distillazione è costituita da un pallone che si riempie per metà circa del suo volume: volumi eccessivamente maggiori, infatti, tratterrebbero una quantità di miscela di partenza eccessiva, mentre volumi minori potrebbero provocare indesiderati riflussi del liquido in ebollizione. L ebollizione deve risultare regolare e non tumultuosa e tale da consentire una distillazione lenta e costante; a tal fine risulta molto utile aggiungere alla miscela in caldaia cocci di porcellana o di pomice che, grazie alla loro porosità, rendono regolare e continua l ebollizione. Come fonte di calore bisogna evitare il becco Bunsen nel caso in cui sia in presenza di sostanze infiammabili; esistono comunque mantelli elettrici riscaldanti di forma e volume adeguati a quelli della caldaia. Per quanto riguarda l esecuzione della tecnica di distillazione semplice si rimanda alla scheda di laboratorio Distillazione. Distillazione frazionata È utilizzata per separare miscele di due o più componenti liquidi con temperature di ebollizione che differiscono tra loro meno di 25 C. L apparecchiatura utilizzata è rappresentata in figura 17 e differisce da quella descritta per la distillazione semplice per la presenza di una colonna di rettifica. Essa serve per ottenere che i due processi di evaporazione e di condensazione avvengano ripetutamente al suo interno in maniera da consentire una migliore separazione di liquidi i cui punti di ebollizione sono talmente vicini da non poter essere separati attraverso un unico processo di evaporazione-condensazione. Due sono i tipi di colonne di rettifica di solito adoperate in laboratorio: la colonna di Vigreux e la colonna a riempimento. 17 Apparato per la distillazione frazionata. raccordo di Claisen termometro condensatore colonna di Vigreux colonna a riempimento uscita acqua entrata acqua porcellino pallone di distillazione mezzo di riscaldamento

12 12 10 La colonna di Vigreux è un semplice tubo di vetro che presenta numerose rientranze puntate verso il basso sulle quali avvengono gli scambi tra la fase liquida e la fase di vapore. La colonna a riempimento, invece, è un tubo di vetro riempito con palline o anelli di vetro che hanno la funzione di aumentare enormemente la superficie di contatto tra il vapore e il liquido con il vantaggio di accrescere l efficacia del frazionamento. Oltre alle due tecniche già descritte esistono altre tecniche che, per gli scopi didattici di questo testo, descriveremo soltanto in termini generali. Distillazione a pressione ridotta È utilizzata per separare liquidi con punti di ebollizione superiori ai 150 C. La pressione ridotta in questo caso abbassa la temperatura di ebollizione consentendo anche la separazione di sostanze altobollenti che, in quelle condizioni di temperatura, potrebbero subire alterazioni. Distillazione in corrente di vapore Viene usata per la purificazione di composti liquidi immiscibili con l acqua che presentano temperature di ebollizione intorno ai 100 C. Generalmente, la distillazione in corrente di vapore viene usata per composti termolabili o per liquidi che presentano temperature di ebollizione particolarmente elevate. Cromatografia La cromatografia è una particolare tecnica di separazione così chiamata in quanto per la prima volta è stata utilizzata per separare i pigmenti colorati estratti dalle foglie. Tale tecnica è stata messa a punto dal botanico russo M. Tswett, il quale utilizzò una colonna di vetro contenente gesso finemente suddiviso con un rubinetto sul fondo. Egli versò in cima alla colonna l estratto concentrato dei pigmenti da separare lasciandoli adsorbire sulla polvere di gesso, che costituisce la fase stazionaria. pigmenti da separare solvente gesso 18 Esperienza di Tswett.

13 13 Ciascun componente in tal modo si sarebbe legato al gesso più o meno tenacemente a seconda della sua costituzione chimica. Per riottenere i vari componenti Tswett fece passare attraverso la colonna etere di petrolio, che costituisce la fase mobile. Poiché, come si è detto, i vari componenti vengono adsorbiti in modo differente sulla fase stazionaria, ognuno di essi, per effetto della eluizione, migrava con velocità diversa verso l uscita della colonna con conseguente separazione dagli altri. L effetto che si poteva osservare era la formazione di bande separate di diversi colori, da cui il nome cromatografia. Tale termine è utilizzato anche per la separazione di sostanze non colorate e in generale si riferisce a tutte le tecniche che permettono la separazione di miscele di composti sfruttando la differente velocità di migrazione dei componenti lungo una fase stazionaria, sotto l azione di una fase mobile. La fase stazionaria può trovarsi all interno di una colonna o distesa su una superficie e trattiene i vari componenti da separare per adsorbimento nel caso di un solido o per solubilità se si tratta di un liquido. La fase mobile può essere un liquido oppure un gas che passando attraverso la fase stazionaria trascina, dopo averli sciolti, i componenti della miscela. Si verifica cioè un trasferimento dei soluti dalla fase stazionaria a quella mobile e viceversa; la velocità di spostamento dipenderà dalla differenza di affinità per le due fasi. Esistono vari tipi di cromatografia che differiscono per la natura della fase stazionaria e della fase mobile: di solito vengono distinti in cromatografia di adsorbimento, cromatografia di ripartizione, cromatografia a scambio ionico, cromatografia a filtrazione di gel. Per gli scopi didattici di questo testo limiteremo la trattazione soltanto alla cromatografia di adsorbimento. Cromatografia di adsorbimento Per questo tipo di tecnica la fase stazionaria è costituita da un solido che, a causa delle interazioni attrattive con la sostanza, presenta un elevata capacità adsorbente. L adsorbimento deve essere reversibile e non deve provocare alterazioni sulle sostanze da separare. La forza dell adsorbimento sulla fase stazionaria dipende, oltre che dall affinità di quest ultima con le sostanze da separare, anche dalla granulometria del solido adsorbente e dalla sua area superficiale. Gli adsorbenti sono normalmente divisi in polari e non polari; la polarità è, infatti, il parametro più colonna importante da cui dipende l entità dell adsorbimento. adsorbente setto poroso Tra gli adsorbenti polari solidi ricordiamo l allumina e la silice; come adsorbente non polare normalmente si usa il carbone finemente suddiviso. Le molecole polari saranno trattenute maggiormente dai substrati polari e il tempo di eluizione sarà tanto più lungo quanto maggiore è la polarità. lana di vetro 19 Colonna per cromatografia.

14 14 Pertanto, si può empiricamente determinare un ordine approssimativo di sequenza di uscita che dipende esclusivamente dalla polarità dei componenti della miscela: idrocarburi saturi < idrocarburi insaturi < eteri < esteri < aldeidi e chetoni < ammine < alcoli < acidi. Normalmente l adsorbente viene posto in una colonna di vetro rastremata verso il basso in modo tale da favorire la raccolta dell eluato. Al fondo della colonna viene posto un setto poroso o della lana di vetro che ha lo scopo di trattenere la fase stazionaria. La colonna termina con un rubinetto che serve per interrompere l uscita dell eluato tutte le volte che inizia a uscire una nuova frazione. I solventi comunemente usati come fase mobile sono riportati in tabella. 2 Solventi in ordine di polarità crescente Temperatura (in C) 1 esano, eteri di petrolio 2 eptano 3 cicloesano 4 tetracloruro di carbonio 5 benzene 6 toluene 7 cloroformio 8 etere dietilico Bagno refrigerante 9 acetato di etile 10 piridina 11 acetone 12 propanolo 13 etanolo 14 metanolo 15 acqua 16 miscela di acidi o basi con acqua, alcoli o piridina L andamento di una cromatografia su colonna di un ipotetica miscela di componenti A, B e C può essere rappresentato dallo schema in figura 20, dove è ben evidenziato lo stadio iniziale dell analisi (a) in cui la miscela è posta all inizio della colonna, gli stadi intermedi (b) e (c) nei quali i componenti, migrando con velocità diverse, si separano in bande ben distinte e la fase finale (d) in cui si osserva la separazione completa e l uscita del primo componente. 20 Esempio di separazione di una miscela A+B+C per cromatografia su colonna. A+B+C eluente C A B C B A C B A a) b) c) d)

15 15 Una particolare versione della cromatografia di adsorbimento è la cromatografia su strato sottile, TLC (Thin Layer Chromatography), dove, al pari di quella su carta, il processo di separazione avviene su una superficie piana su cui i componenti separati vengono esaminati. La fase stazionaria è costituita da un sottile strato di materiale finemente suddiviso su una lastra di supporto di vetro, plastica o metallo mentre la fase mobile si muove attraverso la fase stazionaria per capillarità. Gli adsorbenti più usati sono il gel di silice, l allumina, i silicati e il carbone attivo. La fase mobile viene scelta in funzione delle sostanze da separare. La miscela da esaminare viene sciolta in un solvente e con l ausilio di un capillare viene caricata in un punto della piastra distante almeno un centimetro dal bordo inferiore. 1 2 sostanze campioni sciolte in un solvente sostanze caricate su una piastrina cromatografica tramite un sottile capillare di vetro A B A B 21 Caricamento di sostanze su lastra cromatografica. miscela miscela Dopo l evaporazione del solvente, la piastra viene sviluppata all interno di una vaschetta cromatografica costituita da un recipiente di vetro dotato di un coperchio a tenuta. 22 Vaschetta cromatografica. 3 A B miscela Il solvente che in colonna eluiva per gravità, dall alto verso il basso, in questo caso migrerà per capillarità dal basso verso l alto, consentendo, con lo stesso principio visto per la cromatografia su colonna, la migrazione differenziata dei vari componenti della miscela.

16 16 fronte del solvente 23 Lastra TLC su cui sono state caricate le sostanze A, B e una miscela di A+B, con relativo sviluppo cromatografico. c a b A B miscela R fa = a c R fb = b c Nel caso della cromatografia su strato sottile il movimento di ciascuna sostanza rispetto al fronte del solvente è una proprietà caratteristica della sostanza e viene definito come: R f = distanza percorsa dalla sostanza distanza percorsa dal solvente fronte del solvente 24 Sistema per misurare l R f. A B miscela A B miscela Per quanto riguarda l esecuzione di questa tecnica sperimentale si rimanda alla scheda di laboratorio Cromatografia su strato sottile.

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