Perché e come realizzare un'europa più unita anche sulle vaccinazioni

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1 CORRIERE DELLA SERA SALUTE DOSSIER MEDICINA DEL 18 NOVEMBRE 2012 COGLIAMO L OCCASIONE PER RIPRODURRE PER INTIERO IL SERVIZIO DEL CORRIERE DELLA SERA SULLEVACCINAZIONI E SULLE ESIGENZE CHE NASCONO DALLA PREVENZIONE PER SCONGIURARE PERICOLI ALLA SALUTE BEN PIU SERI IL TEMA E ALL ATTENZIONE DELL EUROPA E NON SOLO DELL ITALIA SEGNALIAMO PER LA LETTURA LA VISIONE DELLE ELABORAZIONI ISTAT IN CALCE DOVE SI LEGGE CHE I GRANDI SUCCESSI SONO RAPPRESENTATI DALLA POLIOMELITE, CON OBBLIGO DI VACCINAZIONE DAL 1966,, DALLA DIFTERITE, CON OBBLIGO DAL 1939, DAL TETANO, CON OBBLIGO DAL 1968, E DELL EPATITE B, CON OBBLIGO DAL CI SONO INVECE MOLTE ALTRE AREE DI RISCHIO E TRA QUESTE QUELLA RAPPRESENTATA DALLA ROSOLIA CHE HA AVUTO UNA COPERTURA AL 90 % E CHE HA UNA ELEVATA PERCENTUALE DI CASI DI MORBILLO PER MILIONE DI ABITANTI PER LA QUALE NON ESISTE UN OBBLIGO MA SOLO UNA RACCOMANDAZIONE DAL MALATTIE INFETTIVE Perché e come realizzare un'europa più unita anche sulle vaccinazioni Servono risposte coordinate a minacce vecchie, attuali e future. Non bisogna lasciare rischiose falle nella prevenzione MILANO - Se in Europa esiste la libera circolazione di merci e persone, questa vale ancor più per virus e batteri, ignari di qualunque frontiera. Per questo negli ultimi dieci anni la Commissione Europea ha investito oltre 500 milioni di euro in progetti che coinvolgono esperti, università, istituzioni di sanità pubblica degli Stati membri - ma a volte anche di altri Paesi limitrofi, come Svizzera e Turchia - nella convinzione che proteggersi dalle malattie infettive nel ventunesimo secolo è ancora importante e che l'immunizzazione ottenuta con i vaccini è una colonna fondamentale, anche se non l'unica, di quest opera di prevenzione. Filo conduttore delle iniziative la volontà di rispondere in maniera coordinata a minacce vecchie, nuove e possibili in futuro. STRATEGIE - «Ciò non significa che le strategie debbano essere le stesse in tutti i Paesi - precisa Paolo D'Ancona, del Centro nazionale di Epidemiologia, sorveglianza e promozione della Salute dell'istituto Superiore di Sanità -. Esaminando le differenze è possibile però individuare punti di forza e di debolezza e rispondere in maniera adeguata». Prima di tutto occorre avere un quadro chiaro della situazione, sapere quali Paesi effettuano le varie vaccinazioni, a quali categorie di cittadini, con quali modalità: se per esempio attraverso un obbligo di legge o tramite un'offerta attiva, gratuitamente o con una compartecipazione alle spese. «È questo il principale obiettivo del progetto Venice II, coordinato dall'istituto Superiore di Sanità italiano, che si avvale di un network di esperti di 29 Paesi» prosegue D'Ancona, responsabile del progetto. Gli

2 esperti di Venice hanno studiato le strategie vaccinali nei vari Paesi europei per i principali vaccini, nonché temi specifici come la vaccinazione dell'adulto, o le modalità di introduzione di nuovi vaccini, quelli contro il papillomavirus umano o quello contro il rotavirus, responsabile di gravi gastroenteriti dell'infanzia. ROTAVIRUS - Quest'ultimo è un buon esempio di come in contesti sovrapponibili si possano prendere provvedimenti diversi: adottato e promosso in alcuni Paesi, non è invece incluso nel nuovo Piano nazionale di prevenzione vaccinale del Ministero della Salute italiano. Perché? «Per essere autorizzati dalle autorità competenti tutti i vaccini devono essere efficaci e sicuri - spiega Susanna Esposito, direttore della prima Clinica pediatrica all'ospedale Policlinico di Milano e presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica -. Poi, la scelta di consigliarli o di offrirli gratuitamente deriva essenzialmente da valutazioni di tipo economico e organizzativo: nel caso del vaccino per il rotavirus, per esempio, si devono somministrare 2 o 3 dosi per bocca a partire dal secondo mese di vita, prima quindi del primo appuntamento per le altre vaccinazioni, e ciò complica le cose». Il vaccino inoltre è abbastanza caro (nel nostro Paese ogni dose costa più di 50 euro) mentre la malattia, pur provocando nella sola Italia migliaia di ricoveri ogni anno, nei Paesi industrializzati difficilmente è mortale o lascia esiti permanenti. Per questo, per il momento, il vaccino è offerto con una partecipazione alla spesa solo in alcune Regioni. INFLUENZA - «In Italia, la scelta dell'adozione di un vaccino si basa essenzialmente sulla gravità delle conseguenze cliniche della malattia da evitare, mentre altrove si tiene in maggior conto anche il rapporto tra i costi della vaccinazione e quelli diretti e indiretti della malattia» prosegue Esposito. Per questo, restando sull esempio del vaccino per il rotavirus, mentre in Italia è somministrato solo all'1% dei bambini, in Finlandia, Belgio, Austria si è promossa questa vaccinazione. La stessa logica è seguita negli Stati Uniti non solo contro il rotavirus ma anche contro i virus influenzali: vaccinare tutti i bambini, anche se non sono a rischio, per bloccare la trasmissione del virus e pure per ridurre l'impatto economico e sociale dell'epidemia stagionale. Il vaccino antinfluenzale, peraltro, è sempre oggetto di attenzione: la sua sicurezza è stata ripetutamente accertata, ma sull'efficacia molti studi hanno espresso perplessità. «La sua capacità di proteggere dall'influenza può variare dal 30 all'80% - spiega Pierluigi Lopalco, a capo del programma per le malattie prevenibili da vaccino del Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (ECDC) -. Dipende da quanto si rivelano esatte le previsioni in base alle quali si producono ogni anno i vaccini, tenendo poi conto del fatto che i virus possono mutare nel corso della stessa stagione». EFFICACIA - Per monitorare di anno in anno quanto funzioni il vaccino in 17 Paesi europei, in relazione a modi e tempi di somministrazione, nei diversi gruppi di rischio e per ogni sottotipo virale, c'è il progetto I-MOVE che consente di avere dati indipendenti dall'industria e provenienti dalla popolazione europea, per correggere eventuali errori e migliorare i risultati. «Anche un'efficacia di poco superiore al 30%, comunque, per quanto insoddisfacente, non rende inutile la vaccinazione - puntualizza Lopalco -, perché permette di ridurre di un terzo il rischio di una malattia che nei soggetti a rischio può essere mortale». Una delle ragioni dello scarso entusiasmo di parte dell opinione pubblica nei confronti delle vaccinazioni è la scarsa percezione della gravità delle patologie che prevengono. Un problema che vale per l'influenza come per il morbillo, una delle malattie che, per il suo forte carico di vittime e disabilità, più preoccupa le autorità europee. BAMBINI - «L obiettivo di eliminare il morbillo dal continente europeo entro il 2015 ormai sembra sfumato - ammette Lopalco -. In Europa abbiamo ancora persone nate tra il 1998 e il 2008 che non sono vaccinate e l'italia è tra i Paesi con il più alto numero di casi, che negli ultimi anni aumenta invece di diminuire. Avere più del 90% di copertura non basta, e talvolta può non esserlo nemmeno quella auspicata del 95%: se piccoli non vaccinati si concentrano in un unico ambiente, nemmeno l'immunità del "gregge", come si dice, potrà proteggerli». Oltre al morbillo, l'ecdc tiene d'occhio anche altre importanti malattie del bambino, come la parotite, la rosolia (per le sue conseguenze sul nascituro quando è contratta in gravidanza) e la pertosse (che nei piccolissimi può bloccare i centri del respiro). Un tempo queste malattie erano considerate quasi un passaggio obbligato nell'infanzia e le conseguenze erano ritenute fatalità. Oggi si possono evitare.

3 DUBBI E PREGIUDIZI Le paure sui vaccini e le repliche degli esperti Per timore dei possibili effetti collaterali ci si espone a conseguenze più gravi. Nel nostro Paese i «contrari» sono il 5 per cento MILANO - La stragrande maggioranza dei genitori fa vaccinare i propri figli. La percentuale di chi si oppone, in Italia, non supera il 5%, ma la voce di questa minoranza è talmente forte, soprattutto sul web, da dare l'impressione che il movimento contrario alla profilassi delle malattie infettive sia molto più diffuso di quel che è in realtà. «In effetti, cercando la parola "vaccini" in un motore di ricerca, è facile incappare in siti che alimentano timori ingiustificati» dice Alberto Tozzi, pediatra dell Ospedale Bambino Gesù di Roma, che da molti anni si occupa di questo tema. Nella rete o in tv si raccontano spesso, con un forte coinvolgimento emotivo, vicende di bambini colpiti da gravi malattie, come l'autismo, imputandole alla vaccinazione eseguita giorni o settimane prima della comparsa dei sintomi. ALGORITMO - «Si dà per scontato che la relazione temporale tra due eventi implichi necessariamente un rapporto di causa ed effetto» prosegue Tozzi, da due anni impegnato in un progetto dell'organizzazione Mondiale della Sanità per mettere a punto un algoritmo che aiuti a valutare, caso per caso, la possibilità che esista un vero legame, e non solo una coincidenza temporale, tra vaccinazione ed effetto collaterale. «In Francia, per esempio, si verificò un aumento di morti in culla proprio durante l'introduzione di un nuovo vaccino antipertosse - ricorda il pediatra -, ma poi ci si rese conto che contemporaneamente era cominciata una campagna che invitava i genitori a mettere i neonati a pancia in giù, prima di capire che questo provvedimento, invece di proteggere, favoriva l'evento». Ma una volta che si è insinuato il dubbio, è difficile ristabilire la fiducia. AUTISMO - È bastata la frode scientifica di un solo individuo, il medico britannico Andrew Wakefield (poi espulso dall'ordine professionale), che falsificò i dati di un lavoro condotto su una manciata di pazienti, per instillare nell'opinione pubblica mondiale, e mantenere per decenni, il timore che il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia possa indurre l'autismo. La mole di lavori prodotti in seguito, che ha unanimemente smentito la relazione, non è riuscita a neutralizzare l'effetto mediatico di quel sospetto, di cui ancora paghiamo le conseguenze con una copertura vaccinale per il morbillo inferiore alle attese. «Per paura dei possibili effetti collaterali del vaccino ci si espone al rischio delle conseguenze ben più gravi e frequenti della malattia, che oltre a poter essere mortale può portare con una frequenza che va da un caso su mille a uno su 100 mila a una condizione gravemente invalidante come la panencefalite sclerosante subacuta» spiega Susanna Esposito, presidente della commissione dell'oms per l'eradicazione del morbillo e della rosolia congenita. CONTROLLI - «Va detto però che anche i vaccini, come qualunque farmaco, possono avere effetti collaterali - afferma Pierluigi Lopalco, del Centro Europeo per il Controllo delle Malattie -. I più comuni si possono vedere già negli studi che precedono l'immissione in commercio, ma se sono rari non si possono mettere in evidenza fino a quando il prodotto non è somministrato a centinaia di migliaia o milioni di persone». Per questo, anche dopo che le autorità competenti hanno accertato che il rapporto tra rischi e benefici è favorevole, occorre continuare la sorveglianza, come accade per qualunque medicinale: oltre ai controlli di qualità delle aziende, ogni nazione ha un suo sistema di rilevamento degli effetti collaterali dei farmaci, segnalati dai medici alle autorità centrali. «Questi casi però vanno verificati e non è facile accertare che dipendano dai vaccini, soprattutto quando si parla di condizioni

4 rare - prosegue Lopalco -. Per questo a livello europeo è stato istituito il progetto Vaesco, che permette di mettere in comune i dati provenienti da vari Paesi e di accertare di volta in volta la consistenza dei segnali di allarme». PANDEMIA - Molte preoccupazioni, per esempio, hanno accompagnato l'introduzione del vaccino contro la pandemia cosiddetta suina, del Il vaccino contro un virus simile, negli anni Settanta, aveva provocato negli Stati Uniti alcuni casi di una forma di paralisi detta di Guillain Barrè. «Attivando la nostra rete in tutta Europa - dice Lopalco - abbiamo potuto constatare che in relazione all evento del 2009 la vaccinazione di massa non ha influito sul numero di casi di Guillain Barrè che si verifica spontaneamente ogni anno». Viceversa, lo stesso sistema ha dato ragione ai neurologi finlandesi che avevano segnalato un preoccupante aumento dei casi di narcolessia, una condizione neurologica rara, alcuni mesi dopo la vaccinazione pandemica: «Abbiamo potuto confermare - prosegue l esperto - che questa relazione, se pur rara, solo in Finlandia e Svezia, e con un vaccino che ora non è più in uso, effettivamente c'è stata». Nessuna conferma scientifica hanno invece trovato le altre paure che serpeggiano sui siti contrari ai vaccini. «Come l idea, per esempio - riferisce Tozzi -, che troppe vaccinazioni possano indebolire le difese dell'organismo o che il sistema immunitario dei bambini piccoli non sia pronto a reagire a questi stimoli. Se così fosse i neonati non sarebbero in grado di reagire al ben maggior numero di sostanze estranee e microorganismi con cui vengono a contatto nella vita quotidiana». MERCURIO - Altri sostengono che la pratica delle vaccinazioni, influendo sul delicato equilibrio del sistema immunitario, avrebbe favorito il dilagare delle allergie. «Ma i fatti provano il contrario - replica il pediatra -, nel caso della pertosse, per esempio, chi si ammala rischia l'asma più di chi si vaccina». Poi c'è il timore degli eccipienti e degli adiuvanti: per esempio, del mercurio contenuto nel thimerosal, sostanza che serviva a mantenere sterile il contenuto delle fiale. Per prudenza è stato tolto da tutti i preparati in commercio, anche se non c'erano prove che rappresentasse una minaccia per la salute. «L alluminio, invece, è ancora contenuto, in quantità assolutamente innocue, in alcuni prodotti, come l'esavalente - precisa Alberto Tozzi -. Ha lo scopo di rendere più vivace la risposta immunitaria con una minore quantità di antigeni, cioè delle sostanze derivate dal microrganismo: l'arrossamento o il gonfiore che può provocare sulla pelle sono solo segni che funziona».

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