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1 Dieta e Calcoli alla Colecisti Dieta e Calcoli alla Colecisti Il ruolo della dieta nella comparsa e nella prevenzione, primaria e secondaria, dei calcoli della colecisti e delle vie biliari è spesso trascurata, in virtù dei numerosi fattori di rischio che entrano in gioco nell'origine di questa patologia. D'altronde, la maggior parte delle malattie ha un'origine plurifattoriale e ciò spiega perché alcune persone - pur seguendo una dieta piuttosto sregolata ad alto rischio per lo sviluppo di determinate malattie - non vadano mai in contro a tali patologie, e viceversa. Nonostante ciò, dati alla mano, è indubbio che alcune abitudini alimentari e particolari stili di vita ricoprano, più di altri, un ruolo di primo piano nell'eziopatogenesi di alcune malattie. Per quanto riguarda i calcoli della colecisti e delle vie biliari, questi elementi di rischio si concretizzano nel sovrappeso, nell'obesità, nello stile di vita sedentario e nell'eccessiva assunzione di grassi animali e carboidrati, contrapposta ad un apporto insufficiente di fibre, soprattutto di quelle solubili. Aldilà di questi elementi, piuttosto comuni nella letteratura esaminata, esistono numerose controversie su quali siano gli alimenti, e più in generale le abitudini dietetiche, utili nella prevenzione dei calcoli della colecisti e delle vie biliari. Tra le evidenze scientifiche accettate in maniera abbastanza unanime, sembra che l'aumento dell'attività fisica e la riduzione graduale del peso corporeo siano elementi piuttosto utili nella profilassi di questa patologia. Come sottolineato, la perdita di peso dev'essere graduale e non troppo repentina, elemento - quest'ultimo - che sembra aumentare il rischio di formazione di questi aggregati cristallini (concreto per riduzioni ponderali superiori ad 1.5 kg a settimana, conseguenza tipica delle "diete yo-yo"). Anche il digiuno prolungato sembra - aumentando il tempo di permanenza della bile nella cistifellea - favorire la comparsa della calcolosi biliare; ciò giustifica il consiglio di consumare pasti piccoli e frequenti per prevenirne l'insorgenza. Tra gli altri fattori protettivi nei confronti dei calcoli della cistifellea e delle vie biliari, rientra a pieno titolo la preferenza per i grassi monoinsaturi e polinsaturi (derivanti

2 dal consumo di olio di pesce, oli vegetali, come quello di oliva, e di frutta secca, come le mandorle o le noci) rispetto ai grassi saturi (di origine animale, come il burro. lo strutto e in generale i grassi di carne e latticini). Anche la dieta vegetariana, e in genere la preferenza per le proteine vegetali rispetto a quelle animali, è stata segnalata come fattore positivo nella prevenzione dei calcoli alla colecisti. Infine, il consumo di caffè - rigorosamente caffeinato - o l'integrazione di caffeina, potrebbe rivelarsi utile nella prevenzione di questa patologia. Per quanto riguarda l'eziopatogenesi dietetica dei calcoli della colecisti si ipotizza che l'elevato apporto di zuccheri alimentari, oltre a predisporre all'obesità, incrementi la sintesi di colesterolo come conseguenza dell'aumentato stimolo insulinico. Ricordiamo, a tal proposito, come la sovrasaturazione del colesterolo nella bile, con conseguente precipitazione del lipide, sia uno dei più importanti fattori che portano alla formazione dei calcoli biliari. Tale precipitazione può realizzarsi sia per l'eccesso del lipide in sé, sia per la carenza di sostanze che lo mantengono in soluzione (come i fosfolipidi ed i sali biliari). I livelli di colesterolo nell'organismo, naturalmente, aumentano anche per l'apporto diretto di grassi animali e di grassi idrogenati nella dieta, ma anche per la scarsità di fibra alimentare, che riduce l'assorbimento enterico sia del colesterolo alimentare che di quello biliare. Per contro, che un'alimentazione ricca di fibre vegetali, come per esempio la crusca, abbassi la saturazione della bile, è noto ormai da tempo. Considerato che parte del colesterolo riversato nel coledoco sottoforma di acidi biliari viene eliminata con le feci, anche la stitichezza sembra predisporre allo sviluppo dei calcoli alla colecisti. Per contro, l'apporto di lecitina di soia (ricca di fosfolipidi) potrebbe facilitare il mantenimento in soluzione del colesterolo biliare, prevenendo la formazione dei calcoli. Anche la specifica integrazione di vitamina C sembrerebbe utile in termini preventivi. Naturalmente, come per tutte le evidenze emerse nel corso dell'articolo, il condizionale è d'obbligo, poiché nell'insorgenza della calcolosi entrano in gioco numerosi altri fattori, come la predisposizione genetica, il diabete, e l'assunzione di alcuni farmaci a base di estrogeni (terapia sostitutiva in menopausa e pillole anticoncezionali), che aumentano la concentrazione di colesterolo nella cistifellea e ne riducono la contrattilità. Bibliografia generale Altern Med Rev Sep;14(3): Nutritional approaches to prevention and treatment of gallstones. Gaby AR. Potrebbe interessarti:

3 Grassi animali Grassi animali Grassi Animali: quali sono? Grassi animali e Salute Grassi Animali: quali sono? I grassi animali sono prodotti alimentari di consistenza generalmente solida o semisolida, ricavati da tessuti animali ad alto contenuto lipidico. Tra i più noti rappresentanti della categoria ricordiamo: Burro: prodotto alimentare ottenuto per lavorazione della crema ricavata dal latte di vacca o dal suo siero. Strutto o sugna: prodotto alimentare ottenuto per fusione dei grassi presenti nel tessuto adiposo del maiale. Sego: prodotto alimentare ottenuto per fusione dei grassi presenti nel tessuto adiposo di bovini, o più raramente di equini od ovini. Lardo: prodotto alimentare ottenuto per salagione, aromatizzazione e stagionatura dello strato di grasso che si trova appena sotto la cute (cotenna) del maiale. Pancetta: prodotto alimentare, più o meno stagionato ed aromatizzato, preparato a partire dal ventre e dal costato del maiale. Oli marini: prodotti alimentari ottenuti per spremitura a freddo di tessuti ricchi di grasso o per estrazione chimica dai residui della lavorazione industriale; ne sono esempi l'olio di fegato di merluzzo, l'olio di balena e quello di capidoglio. Grassi animali e Salute In senso lato per grassi animali si intendono tutte le parti lipidiche isolabili dagli alimenti e dai prodotti alimentari di origine animale (carne, latticini, uova ecc.). In termini nutrizionali, quando si parla di grasso animale viene generalmente escluso dalla categoria quello di pesce, poiché vanta una composizione acidica particolare.

4 I lipidi animali sono infatti ricchi di acidi grassi saturi, che dovrebbero essere consumati con una certa moderazione, specie in presenza di sovrappeso, iperlipidemia e aumentato rischio cardiovascolare; in una sana alimentazione i grassi saturi non dovrebbero superare il 7-10% delle calorie quotidiane (max g/die in relazione al fabbisogno calorico quotidiano). L'eccesso di questi nutrienti, infatti, in sinergia con il colesterolo di cui i grassi animali sono altrettanto ricchi, facilita la crescita di placche aterosclerotiche all'interno delle arterie. Di conseguenza, chi consuma elevate quantità di grassi animali è più soggetto ad alcune malattie cardiovascolari, in particolare la cardiopatia ischemica e le sue temibili conseguenze (angina pectoris, infarto miocardico e ictus). Questa relazione vale soprattutto se sussistono altri fattori di rischio, come il fumo, la sedentarietà, l'ipertensione e l'obesità androide (grasso concentrato nella regione addominale). NOTA BENE: gli acidi grassi saturi hanno un diverso potere aterogeno, che è minimo per l'acido stearico e per quelli a catena più corta, e massimo per l'acido miristico e per quello palmitico.

5 I crostacei, pur essendo alimenti particolarmente ricchi di colesterolo, sono considerati meno aterogeni rispetto ai grassi animali, poiché contengono pochi acidi grassi saturi ipercolesterolemizzanti. Anche il contenuto in colesterolo della carne rossa e di quella bianca è simile, ma essendo quest'ultima meno ricca di grassi saturi viene preferita alla rossa. Nei grassi del pesce il contenuto in grassi saturi è limitato rispetto agli animali, mentre aumenta nettamente la quota di acidi grassi polinsaturi omega-3; questi grassi hanno un effetto neutro sui livelli di colesterolo nell'organismo, mentre facilitano la riduzione dei trigliceridi ematici e riducono lo stato infiammatorio dell'organismo (utile nella prevenzione delle suddette malattie cardiovascolari). Tutti i grassi animali sono sconsigliati per la frittura o comunque per cotture ad elevata temperatura. Anche se va meglio per la crema ed il burro rispetto a tutti gli altri grassi animali, in questi casi la scelta dovrebbe ricadere su oli vegetali come quello di oliva, di arachidi o di girasole ad alto contenuto in acido oleico. I Fulani, una etnia nomade dell'africa occidentale, ricavano circa il 25% delle calorie giornaliere dai grassi saturi (quindi 2,5 volte in più rispetto ai livelli raccomandati); nonostante ciò il loro profilo lipidico (concentrazione dei vari lipidi nel sangue) indica chiaramente un basso rischio cardiovascolare. Tale evidenza si può spiegare sulla base dell'alto livello di attività fisica, contrapposto ad un basso apporto energetico. E' quindi importante ribadire come il pericolo derivante dall'eccesso di grassi animali nella dieta venga amplificato dall'alimentazione ipercalorica e dalla sedentarietà tipiche dei Paesi industrializzati. Potrebbe interessarti:

6 Fibre solubili Fibra solubile o insolubile? Benefici delle Fibre alimentari Integratori alimentari di fibre solubili Benefici delle Fibre alimentari Il ruolo di primo piano ricoperto dalle fibre nell'alimentazione e nella salute umana viene oggi sottolineato, con insistenza sempre maggiore, da tutti coloro che lavorano nel settore benessere, come dietisti, nutrizionisti, medici e personal trainer. Alcuni benefici delle fibre alimentari: prevenzione di stitichezza, emorroidi e diverticolite; miglior controllo del peso corporeo; effetto protettivo su alcuni tipi di cancro, in particolare al colon ed alla mammella; contribuiscono inoltre a diminuire il colesterolo LDL e totale, e a stabilizzare i livelli glicemici; hanno quindi un effetto protettivo sullo sviluppo delle malattie cardiovascolari e del diabete. Tuttavia, non sempre viene speso tempo sufficiente a spiegare che le fibre non sono tutte uguali. Sappiamo, ad esempio, che esistono due tipi di fibre: quelle solubili e quelle insolubili, ma quale dovrebbe essere la loro proporzione ottimale nella dieta? Le fibre, indipendentemente dalla loro solubilità, non sono digeribili e come tali non vengono assorbite dall'intestino. Di conseguenza, vengono eliminate dall'organismo espletando i loro effetti positivi soprattutto nell'ultimo tratto

7 dell'intestino. Le fibre solubili, a contatto con i liquidi enterici, formano un gel, al contrario delle fibre insolubili che passano attraverso l'intestino senza subire grosse alterazioni. Normalmente, la dieta contiene il 70-75% di fibre insolubili ed il 25% di fibre solubili. I nutrizionisti non danno troppo peso alla scelta di alimenti contenenti un tipo principale di fibre piuttosto che un altro, poiché è molto più importante raggiungere i livelli raccomandati, che ricordiamo essere pari a grammi di fibra al giorno per l'adulto (in relazione all'apporto energetico).

8 * In realtà entrambi i tipi di fibra sono presenti in tutti gli alimenti vegetali, seppur in proporzioni diverse. Molti esperti sono concordi nel riconoscere nei legumi la miglior fonte di fibra, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. **La fermentazione intestinale è comune ad entrambi i tipi di fibra (ad esclusione della lignina, che non è una vera e propria fibra ma ricopre comunque importanti funzioni), ma è nettamente superiore per alcuni (pectine, gomme, mucillaggini, inulina, oligosaccaridi, emicellulosa) rispetto ad altri. Integratori alimentari di fibre solubili Grazie alla diffusa consapevolezza dell'importante ruolo salutistico della fibra alimentare, molte persone scelgono di assumere specifici integratori per aumentare la quota di fibre solubili della loro dieta. A tal proposito ricordiamo che gli integratori più ricchi di fibre solubili sono quelli a base di: psillio pectina, gomma guar, gomma arabica, policarbofil (di acacia senegal) ed inulina.

9 Grassi monoinsaturi Grassi monoinsaturi Struttura Chimica Proprietà dei grassi monoinsaturi ed effetti sulla salute Struttura Chimica Gli acidi grassi monoinsaturi sono molecole formate da una lunga catena carboniosa, che inizia con un gruppo carbossilico (COOH), termina con un gruppo metilico (CH3) e presenta nella parte centrale una serie di atomi di carbonio, ciascuno dei quali è accoppiato a due atomi di idrogeno; fa eccezione a quanto descritto una solo coppia che - legando un solo atomo di idrogeno per unità di carbonio - è tenuta insieme da un doppio legame (vedi figura). A differenza degli acidi grassi monoinsaturi, la catena carboniosa dei polinsaturi presenta almeno due doppi legami, mentre quella degli acidi grassi saturi ne è priva. In ogni acido grasso monoinsaturo si registra un "ripiegamento" molecolare in corrispondenza del doppio legame. Per questo motivo i trigliceridi che li contengono non possono "impacchettarsi" in maniera sufficiente per formare una struttura solida; di conseguenza, un alimento ricco di grassi monoinsaturi è liquido a temperatura ambiente, è più fluido di quelli in cui prevalgono i grassi saturi, ma presenta un punto di fusione superiore rispetto ai cibi ricchi di polinsaturi (che solidificano a temperature più basse). In natura, i grassi monoinsaturi più comuni sono: l'acido palmitoleico (C16:1ω7); l'acido oleico (C18:1ω9); l'acido erucico (C22:1ω13). Se prendiamo come esempio l'acido monoinsaturo palmitoleico, la sigla C16:1ω7

10 sta ad indicare la presenza di 16 atomi di carbonio, con un doppio legame tra il settimo e l'ottavo a partire dall'estremità metilica (terminale). Proprietà dei grassi monoinsaturi ed effetti sulla salute L'acido oleico è senza dubbio il più importante e conosciuto acido grasso monoinsaturo, capace di conferire peculiarità interessati agli alimenti che ne sono ricchi. L'elevata stabilità - che si traduce in un'alta resistenza al calore e all'ossidazione - migliora la conservabilità di questi alimenti, li preserva dall'irrancidimento e li rende particolarmente adatti alla frittura. Pertanto il costante miglioramento genetico delle coltivazioni di piante oleaginose mira, in molti casi, ad aumentare il loro contenuto in acido oleico. Un alimento particolarmente ricco di questo prezioso nutriente è l'olio di oliva, che lo contiene in percentuali variabili dal 59 all'80%. Ottime concentrazioni di acido oleico si registrano anche nelle mandorle, nelle nocciole, nelle arachidi, nei pistacchi e nei rispettivi oli. Se comparata ad una dieta ricca di acidi grassi saturi, un'alimentazione ricca di acido oleico favorisce il mantenimento della normale fluidità del sangue e riduce la quota di colesterolo associata alle lipoproteine a bassa densità (LDL o colesterolo cattivo), mentre non ha effetto importante sul livello di trigliceridi e sul colesterolo associato a lipoproteine ad alta densità (che tende eventualmente ad aumentare). Questo non significa che tanto più olio di oliva si consuma e tanto più si guadagna in salute (anzi...), ma semplicemente che occorre preferirlo ai lipidi animali, contenuti nel burro, nello strutto e nel lardo, e a quelli idrogenati delle margarine. L'acido erucico, al contrario dell'oleico, fa parte degli acidi grassi monoinsaturi "indesiderabili" (almeno nel settore alimentare e salutistico). Se consumato in elevate quantità (la legge impone che gli oli alimentari e le margarine lo contengano in misura inferiore al 5%) ha ripercussioni negative sulla crescita, sul fegato e sul cuore. Per questo motivo, grazie al già ricordato miglioramento genetico delle coltivazioni, oggi abbiamo a disposizione oli di colza (ribattezzati "di canola") a bassissimo contenuto di acido erucico. Anche l'acido grasso monoinsaturo palmitoleico non è amico della salute umana, in quanto si comporta esattamente come un acido grasso saturo aterogeno. Se comparata ad una dieta ricca di acido oleico, un'alimentazione ricca di acido palmitoleico tende ad aumentare il colesterolo cattivo LDL e a diminuire quello buono HDL. L'acido palmitoleico si trova in diversi alimenti ed abbonda in particolare nell'olio di Macadamia (Macadamia integrifolia) e in quello di olivello spinoso (Hippophae rhamnoides).

11 Grassi saturi Grassi saturi Cisa sono i grassi saturi: Struttura Chimica Grassi saturi e salute Cisa sono i grassi saturi: Struttura Chimica Gli acidi grassi si dividono in saturi ed insaturi. Questi nutrienti sono formati da una lunga catena carboniosa, che inizia con un gruppo carbossilico (-COOH), termina con un gruppo metilico (CH3) e presenta nella parte centrale una serie di atomi di carbonio, ciascuno dei quali è accoppiato a due atomi di idrogeno. Se questa concatenazione rispecchia quanto descritto in ogni suo punto si parla di acidi grassi saturi; al contrario, se lungo la catena una o più coppie di atomi di carbonio legano a sé un solo atomo di idrogeno per unità, l'acido grasso si definisce insaturo (presenta uno o più doppi legami C=C). Quando tale deficit si registra soltanto in un punto della catena l'acido grasso viene detto monoinsaturo, al contrario, quando vengono a mancare due o più paia di idrogeni si definisce polinsaturo. Per ognuna di queste tre famiglie esistono diversi tipi di acidi grassi, che differiscono per numero di atomi di carbonio e disposizione degli eventuali doppi legami. Anche se la cosa è piuttosto frequente, non è corretto utilizzare come sinonimi i termini "Acidi grassi" e "grassi"; questi ultimi, infatti, sono formati da una molecola di glicerolo esterificata con tre acidi grassi e prendono il nome di trigliceridi. Pertanto, si definisce saturo un trigliceride in cui tutti e tre gli acidi grassi sono saturi.

12 Grassi saturi e salute Insieme agli eccessi di colesterolo, esiste un'associazione positiva tra dieta ricca di acidi grassi saturi e aumentata incidenza di alcune malattie cardiovascolari, in particolare la cardiopatia ischemica e le sue temibili conseguenze (angina pectoris, infarto miocardico e ictus). Dall'altra parte vi sono molti dati che sottoilineano l'effetto protettivo, contro le suddette patologie, ricoperto dagli acidi grassi monoinsaturi (come l'acido oleico contenuto nell'olio di oliva) e da quelli polinsaturi (in particolare gli omega-tre, tendenzialmente carenti nell'alimentazione di molte persone, e gli omega-sei, spesso consumati in eccesso). Su tali premesse si fondano i consigli per una sana e corretta alimentazione, secondo i quali non più del 10% delle calorie quotidiane dovrebbe derivare dagli acidi grassi saturi (le ultime linee guida americane consigliano di non superare il 7%). Se ad esempio prendiamo una dieta da 2000 KCal al giorno, questa non dovrebbe apportarne più di grammi. Un calcolo preciso di tale quantità non è per niente pratico; per questo, il più delle volte si consiglia semplicemente di moderare i seguenti alimenti: carni grasse, insaccati, fritture di ogni tipo, burro, strutto, margarine e qualsiasi altro grasso idrogenato, latte intero, panna, formaggi grassi, frattaglie, uova, insaccati e cibi ad alto indice glicemico, incluse le bevande tipo cola ed i succhi di frutta industriali. preferendo: carni bianche magre (tacchino e pollo senza pelle), pesce, verdura e frutta (moderando quella ad alto indice glicemico), oli vegetali crudi (come quello di oliva, senza comunque esagerare), oli di pesce, yogurt (preferibilmente non intero e non zuccherato), pane, pasta ed altri cereali complessi (scegliendo in una o due occasioni giornaliere quelli integrali). Niente privazioni assolute o mortificazioni del piacere alimentare, dunque, ma una logica di sana moderazione di tutti gli alimenti ricchi di grassi saturi. I cibi di cui ci nutriamo ogni giorno contengono proporzioni variabili di grassi insaturi e saturi; questi ultimi abbondano nei latticini (in particolar modo nel latte intero, nel burro e nei formaggi), nella carne (in particolare nel grasso visibile), nei grassi animali (lardo, strutto ecc.), ma anche in alcuni vegetali, come l'olio di cocco, l'olio di cotone, l'olio di palma ed il cioccolato. Questi ultimi sono largamente utilizzati nell'industria alimentare, soprattutto per la preparazione di dolciumi e prodotti da forno. Il rapporto grassi saturi/insaturi è di circa 2:1 nei formaggi, scende a 0.7:1 nelle carni e intorno a :1 nel pesce e negli oli vegetali. Elevati livelli di acidi grassi saturi nel siero si registrano spesso nei forti fumatori, negli etilisti e nelle persone obese.

13 Dieta vegetariana Dieta vegetariana L'interesse nei confronti della dieta vegetariana è aumentato molto in questi ultimi anni, anche grazie allo scalpore suscitato da recenti vicende come l'influenza aviaria, la cosiddetta "mucca pazza" o i reiterati episodi di maltrattamenti animali negli allevamenti intensivi. Molte persone aderiscono a questo modello alimentare spinte da considerazioni ideologiche, altre soltanto perché la ritengono una dieta particolarmente efficace e salutare. Un po' di chiarezza... Nell'immaginario comune la dieta vegetariana viene spesso intesa come un regime alimentare semplice privo di prodotti di origine animale. In realtà il concetto è ben più ampio dato che nella grande famiglia del vegetarianesimo si possono far rientrare diversi modelli alimentari: dieta vegetariana: è vietato il consumo di carne e pesce (molluschi e crostacei compresi) mentre sono consentiti alimenti derivanti dagli animali come uova, latte, formaggi e miele (latte-ovo vegetariani); il lacto-vegetariano oltre a carne, pesce e selvaggina esclude anche le uova dieta vegana: rinuncia a tutti i prodotti di origine animale, compresi i derivati (dieta vegetariana "in senso stretto") dieta crudista: basata sul solo consumo di frutta e verdure crude dieta fruttista: sì solo a frutta, semi oleosi e semi germogliati dieta eco-vegana: simile alla tradizionale dieta vegana impone il consumo di soli alimenti vegetali provenienti da coltivazioni biologiche o bio-dinamiche. La dieta vegetariana ha radici antichissime e le motivazioni che spingono una persona ad adottarla possono essere numerose (religiose, etiche, economiche, ecologiche, salutiste, ecc.). In questo articolo ci concentreremo soprattutto

14 sull'aspetto salutistico, analizzando pregi e difetti della dieta vegetariana e proponendo qualche esempio di menù vegetariano correttamente bilanciato. Pregi della dieta vegetariana La dieta vegetariana, associata ad uno stile di vita salutare, riduce il rischio di queste malattie legate allo stile di vita moderno: diabete; ipertensione; obesità; iperlipidemia; alcune forme di cancro come quello al colon (per la presenza in letteratura di dati contrastanti, il rapporto tra alimentazione e cancro rimane tutt'oggi ancora controverso); malattie alle coronarie. DIABETE: una dieta ricca di fibre e Carboidrati complessi e povera di Grassi migliora il controllo della concentrazione ematica di glucosio. MALATTIE CARDIOVASCOLARI: il consumo di frutta, verdura e fibre riduce il rischio di patologie coronariche. ICTUS: l'aumentato consumo di frutta e verdura tipico della dieta vegetariana riduce la mortalità per questo tipo di malattia. Potassio, antiossidanti, acido α-linolenico e folati, presenti in frutta e verdura, contribuiscono a ridurre i livelli ematici di colesterolo e la pressione sanguigna Secondo i suoi sostenitori, una dieta vegetariana, intesa sia come lacto-ovo-vegetariana che come vegana, è in grado, da sola e senza integrazioni, di soddisfare le raccomandazioni correnti per tutti i nutrienti. Difetti della dieta vegetariana I classici problemi della dieta vegetariana riguardano la presunta carenza di ferro, vitamina B12, vitamina D, proteine e calcio (soltanto nel caso vengano eliminati dalla dieta anche latte e derivati). Se è vero che è possibile soddisfare i bisogni di questi nutrienti evitando il ricorso a prodotti animali non si può tenere conto di alcuni aspetti molto importanti: non tutte le persone possiedono approfondite conoscenze in campo alimentare e dietetico; in assenza di tali basi è molto facile cadere in errore, basta infatti discostarsi anche di poco dai modelli alimentari proposti (per esempio sostituendo il radicchio verde con quello rosso) per ridurre l'apporto di nutrienti al di sotto dei valori consigliati (in questo caso si genererebbe un importante deficit di ferro). Gli stessi sostenitori del vegetarianesimo si tirano da soli la zappa sui piedi quando, dopo aver affermato che la dieta vegana è salutare e completa, suggeriscono il ricorso ad integratori o alimenti fortificati per evitare specifiche carenze vitaminiche o minerali.

15 La fibra alimentare, come abbiamo visto, è fondamentale per la nostra salute ma come tutte le cose è bene non eccedere con il suo consumo. Esagerare con l'apporto di fibra alimentare (tipico dei vegetariani) può essere infatti pericoloso. Troppa fibra apporta un eccesso di acido fitico, una sostanza che ostacola l'assorbimento di alcuni minerali - tra cui il calcio, il ferro e lo zinco - di cui la dieta vegetariana è già tendenzialmente povera. Occorre inoltre ricordare che la parte esterna del chicco, che viene normalmente asportata durante la raffinazione, è la più esposta alle sostanze chimiche utilizzate in agricoltura. Per questo motivo è bene accertarsi della provenienza dell'alimento integrale acquistato, onde evitare l'introduzione di sostanze dannose per il nostro organismo. Il FERRO presente negli alimenti è assorbito lentamente ed in misura ridotta (in media solo il 5-10% del ferro ingerito viene effettivamente assorbito). L'assorbimento di questo minerale dipende dalla forma in cui esso si trova nell'alimento, infatti il ferro emico è meglio assorbito di quello non-emico. Il ferro emico è presente negli alimenti di origine animale mentre il ferro non-emico si trova soprattutto nei vegetali. Più del 20% del ferro EME introdotto con la dieta viene assorbito a livello intestinale mentre meno del 5% del ferro non EME viene assimilato. L'assorbimento di ferro aumenta in presenza di vitamina C (punto a favore della dieta vegetariana) ma diminuisce se associato a fibre ed aumenta al diminuire del ph gastrico (punti a favore della dieta tradizionale onnivora).

16 Caffeina Caffeina Caffeina negli Alimenti Effetti della caffeina Caffeina, sport e doping Caffeina e dimagrimento Effetti negativi della caffeina La caffeina é una sostanza appartenente alla famiglia degli alcaloidi, un gruppo di composti assai diffusi nelle piante. La caffeina, così come gli altri alcaloidi (atropina, nicotina, stricnina, morfina ecc.) é fisiologicamente attiva sugli animali anche a concentrazioni molto basse e probabilmente viene impiegata dalla pianta come meccanismo di difesa dagli erbivori. Anche nell'uomo la caffeina influenza numerosissime reazioni biologiche. Alcune di queste interazioni sono favorevoli per l'organismo mentre altre sono responsabili degli effetti collaterali di questa sostanza. La caffeina (estratta soprattutto dal caffè, Coffea arabica, famiglia Rubiaceae), appartiene al gruppo degli alcaloidi purinici come la teofillina (dal té, Camellia sinensis, fam. Theaceae), e la teobromina (dal cacao, Theobroma, famiglia Sterculiaceae). La caffeina non é contenuta soltanto nel caffè ma si trova anche in altre piante ed alimenti. E' il caso, ad esempio, della coca cola, dell'erba mate, del cioccolato, delle bevande energizzanti a base di Cola, dei prodotti erboristici come il guaranà, per non parlare poi degli analgesici, dei cosmetici anticellulite o dei farmaci per malattie da raffreddamento. E' curioso notare, ad esempio, come le foglie di the abbiano un contenuto in caffeina circa doppio (2-4%) rispetto ai semi di caffè (1-2%); tuttavia, a causa del diverso metodo estrattivo, l'infuso contiene all'incirca quattro volte meno caffeina del percolato.

17 Caffeina negli Alimenti Bevande Contenuto in caffeina CAFFE' 85 mg (una tazzina). COCA-COLA mg (una lattina) THE 28 mg/150 ml (tanto maggiore quanto più lungo è l'infuso) CACAO 100 mg/100 g RED BULL 30 mg/100 ml NOTA BENE: negli sportivi occorre tener conto dell'effetto sommatorio della caffeina assunta con i vari alimenti in modo da non superare i limiti imposti dalle normative antidoping. Il contenuto in caffeina del caffè moka tradizionale è superiore rispetto all'espresso Nelle donne l'utilizzo di alcuni contraccettivi (etinilestradiolo) incrementa la durata di azione della caffeina di circa il 50%. TEMPO DI ASSORBIMENTO INTESTINALE: c.a. 45 minuti. EMIVITA: ore. Effetti della caffeina La caffeina é il farmaco psicoattivo più usato al mondo, la sua conformazione chimica la rende infatti idonea ad interagire con specifici recettori biologici che regolano la funzionalità del sistema cardiovascolare, endocrino e nervoso. Il tratto intestinale assorbe la caffeina molto rapidamente ed i picchi di concentrazione plasmatica si osservano dopo circa un'ora dalla sua ingestione. Il suo metabolismo è tuttavia rapido e decisamente superiore rispetto ad altri stimolanti come le amfetamine. Già dopo 3-6 ore dall'assunzione i livelli plasmatici di caffeina si riducono del 50%. Essendo lipofila, la caffeina ha la capacità di passare rapidamente la barriera emato-encefalica (una specie di parete virtuale presente nel cervello, preposta ad impedire il passaggio di molte molecole trasportate dal sangue). La caffeina riesce ad attraversare anche la placenta e può essere presente nel latte materno. Durante la gravidanza e l'alattamento é pertanto consigliabile ridurre fortemente l'assunzione di caffè e degli altri alimenti ricchi in caffeina. Anche se gli effetti di questa sostanza sono numerosissimi (come vedremo nel dettaglio tra poche righe) la maggior parte di essi é dovuta agli effetti stimolanti che la caffeina esercita sull'intero organismo. SISTEMA NERVOSO: o eccitabilità, miglioramento dei riflessi e della capacità di concentrazione, azione analgesica, AZIONE MEDIATE DALL'INTERAZIONE CON RECETTORI BIOLOGICI (sistema cardiocircolatorio e respiratorio):

18 o grazie alla sua azione di antagonista competitivo nei confronti dei recettori dell'adenosina, la caffeina favorisce il rilascio di due ormoni chiamati adrenalina e noradrenalina. o Le catecolamine favoriscono l'aumento del metabolismo corporeo, della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e del numero di atti respiratori (aumentando così l'ossigenazione del sangue) ULTERIORI FUNZIONI: o aumento della sintesi acida a livello gastrico, aumento della diuresi; o se applicata sulla cute tramite cosmetici specifici (creme, gel e patch), risulta utile nel trattamento delle adiposità localizzate. Caffeina, sport e doping Se assunta entro i livelli massimi consentiti la caffeina ha un'azione positiva sulla performance della maggior parte degli atleti. Anche dosi tutto sommato moderate ( mg) ingerite un'ora prima della competizione migliorano l'attenzione, la concentrazione e la resistenza. Considerata la grande variabilità individuale si consiglia comunque di sperimentarne l'utilizzo in allenamento prima di assumerla in gara. Un atleta risulta positivo ai controlli antidoping quando la concentrazione di caffeina nelle sue urine supera i mg/ml (= 12 mcg/ml). Non é facile stabilire con esattezza quale sia la dose di assunzione in grado di far superare tale soglia. In genere si consiglia di non assumere più di 6-8 tazzine di caffè espresso o due tre tazze di caffè tradizionale, nelle tre ore precedenti la competizione. Caffeina e dimagrimento In virtù del loro elevato contenuto in caffeina, the e caffè vengono spesso consigliati per favorire il dimagrimento (in associazione ad una dieta corretta). Diversi studi hanno confermato tale proprietà, che trova una spiegazione logica nel suo effetto stimolatorio sul metabolismo basale. In particolare 500 mg di caffeina (l'equivalente di 5 o 6 caffè) aumentano il metabolismo basale del 10-15%. Tradotto in termini più semplici ed immediati un simile livello di assunzione permette di consumare calorie in più al giorno (in relazione alla taglia corporea e soprattutto alla massa muscolare del soggetto). La caffeina è un ingrediente caratteristico dei cosmetici per trattare la cellulite e le adiposità localizzate; applicata sulla cute favorisce la mobilizzazione dei trigliceridi dal tessuto adiposo sottocutaneo mediata dalla lipasi lipolitica. ALTRE INFORMAZIONI UTILI: masticare 1-2 chicchi di caffè aiuta a purificare l'alito dopo un pasto abbondante. Il caffè non favorisce la digestione, anzi, se preso con molto zucchero o peggio ancora con panna o alcolici, la rallenta. Gli effetti stimolanti della caffeina possono comunque dare la sensazione di una digestione apparentemente migliore.

19 Effetti negativi della caffeina Il caffè riduce l'assorbimento e la biodisponibilità di alcune sostanze: riboflavina o vitamina B2 calcio (ridurre il consumo in presenza di osteoporosi e fratture ossee) ferro creatina Un intossicazione da caffeina causata dalla massiccia assunzione di questa sostanza (oltre mg in relazione alla sensibilità individuale) causa eccitazione smodata, nervosismo, insonnia e tachicardia La caffeina va quindi assunta con moderazione in caso di: esofagite e reflusso gastroesofageo (oltre ad aumentare il potere lesivo dei succhi gastrici la caffeina rilassa lo sfintere esofageo, una specie di valvola che impedisce la risalita del contenuto gastrico nell'esofago) ulcera allo stomaco anemia ipertensione tachicardia, aritmie e problemi cardiaci in genere osteoporosi L'utilizzo prolungato di caffeina tende a smorzare gli effetti benefici visti precedentemente e, se assunta ad alte dosi, ne accentua quelli collaterali (acidosi, edema polmonare, allucinazioni). Diversi studi hanno descritto la presenza di una lieve sindrome da astinenza.

20 Sintesi Colesterolo e HMG-CoA riduttasi Sintesi Colesterolo e HMG-CoA riduttasi Dal momento che il colesterolo è una sostanza fondamentale per la vita, l'organismo umano non poteva dipendere dal solo apporto alimentare. Presumibilmente per questo motivo l'evoluzione ha fatto sì che il corpo sviluppasse un efficace meccanismo per la biosintesi del colesterolo. A fronte di un apporto dietetico quotidiano di circa 300 mg (0,3 grammi), il corpo di una persona adulta sintetizza ogni giorno circa mg di colesterolo. Fegato, intestino e pelle, in tal senso, sono gli organi più attivi. Considerando anche che non tutto il colesterolo ingerito viene assorbito a livello intestinale (circa il 50% passa nelle feci), l'influenza dell'alimentazione sulla colesterolemia totale (concentrazione di colesterolo nel sangue) è modesta e stimabile in un 15%. Modificazioni importanti dell'apporto dietetico di colesterolo possono comunque provocare variazioni fino ad un ±30%. Assunzione alimentare e sintesi endogena sono infatti fortemente legate da un meccanismo regolatorio a feed-back, per cui la sintesi endogena viene tanto più rallentata quanto maggiore è il colesterolo di origine dietetica, e viceversa. La produzione del colesterolo nell'organismo è frutto di una complessa serie di reazioni. Si parte dall'aceti-coa derivato dal metabolismo dei vari nutrienti (carboidrati, proteine ed in particolare grassi) per arrivare finalmente, dopo una trentina di reazioni, al colesterolo. Tra i numerosi enzimi che intervengono in tale processo, un ruolo di primo piano è ricoperto dal HMG-CoA riduttasi, che interviene in una delle prime tappe catalizzando la riduzione dell'hmg-coa a mevalonato. Questo enzima, infatti, si caratterizza per una vita media di sole 4 ore, motivo per cui dev'essere continuamente sintetizzato a livello epatico. La velocità con cui viene prodotto dipende dai livelli cellulari di colesterolo; quando sono bassi il ritmo di sintesi aumenta e viceversa. Questo sistema regolatorio è particolarmente attivo a livello epatico, dov'è massima l'influenza alimentare; in tal senso l'attività dell'hmg-coa riduttasi è inibita dal colesterolo neoformato e da quello assunto tramite le LDL. L'inibizione di questo enzima può avvenire non solo per diminuzione della sintesi, ma anche tramite fosforilazione ad opera degli ormoni corticosteroidi e glucagone; insulina ed ormoni tiroidei, invece, ne favoriscono la defosforilazione esaltandone l'attività.

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