Discorso dell Ambasciatore Reinhard Schäfers presso l ISPI. Germania Italia in Europa. il 19 marzo 2015

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1 Traduzione Discorso dell Ambasciatore Reinhard Schäfers presso l ISPI Germania Italia in Europa il 19 marzo 2015 Anreden, è per me una gioia avere oggi l occasione di discutere con Voi, esperti e imprenditori selezionati, sull attuale ruolo della Germania e dell Italia in Europa. Quale uno dei principali think thank in Europa e nel mondo (Anm: Ergebnis einer Studie!), l ISPI è già da anni uno stretto partner della Germania del Governo Federale e degli istituti partner tedeschi e ha acquisito prestigio ben oltre i confini dell Italia per il suo ruolo di precursore nelle riflessioni tra l altro su tematiche europee. Desidero rinnovare i miei ringraziamenti all ISPI e in particolar modo a Lei, Ambasciatore Aragona, per l eccezionale collaborazione in occasione del Forum di dialogo italo-tedesco organizzato su iniziativa del Presidente Federale Gauck e del Capo di Stato Napolitano l 11 dicembre scorso a Torino. In una non sempre facile fase delle nostre relazioni bilaterali com è quella attuale, tale evento ha fornito importanti spunti di riflessione per la nostra futura collaborazione nonché per il nostro impegno congiunto in Europa. Sul legame tra i nostri due Paesi hanno inciso secoli di storia comune, strettissime relazioni culturali e intensi rapporti economici. Anche sul piano politico l Italia e la Germania, ambedue membri fondatori dell Ue, si consultano regolarmente nell ambito di una strettissima concertazione sia su questioni bilaterali, che europee e di politica estera. Mi riferisco ad esempio alla visita della Cancelliera Federale Merkel dal Presidente del Consiglio Renzi a Firenze lo scorso gennaio. Sono inoltre lieto che il primo viaggio all estero del Capo 1

2 dello Stato Mattarella l abbia condotto il 2 marzo a Berlino, dove egli ha parlato a mio avviso giustamente di una sintonia, di un tasso di univocità, di condivisione, di amicizia il più alto possibile nelle relazioni italo-tedesche. Nonostante queste strette relazioni e i molti interessi comuni nella politica, economia e cultura, non possiamo però ignorare il fatto che la crisi degli ultimi anni abbia lasciato il segno nelle relazioni tra i nostri due Paesi. Purtroppo abbiamo dovuto riconoscere che, a seguito della crisi nell eurozona, non di rado al posto della comprensione reciproca sono emersi cliché superficiali e che spesso appariva più facile considerare l altro Paese come il capro espiatorio degli errori commessi piuttosto che confrontarsi con le possibili soluzioni. Devo costatare che qui in Italia tali sviluppi sfavorevoli hanno trovato soprattutto espressione in ampia parte del panorama mediatico. Questo non è soltanto spiacevole per noi tedeschi, bensì compromette anche ciò che costituisce la base della solidarietà in un Unione economica e monetaria: la fiducia reciproca. A questo proposito desidero fare alcune considerazioni fondamentali. Per noi europei la prima decade dell Unione economica e monetaria è stata molto positiva. Dallo scoppio della crisi nella zona euro, nel 2009, a quest ottima decade per l Unione monetaria è subentrata una situazione nettamente più difficile. I recenti sviluppi ad Atene e Bruxelles hanno evidenziato nuovamente che abbiamo, al massimo, abbastanza sotto controllo la crisi in Europa, ma non l abbiamo affatto superata. I motivi non sono tuttora chiari. Desidero rivolgere dapprima un breve sguardo all inizio della crisi nell eurozona. A seguito della crisi finanziaria mondiale scoppiata già nel 2007, in molti Stati membri della zona euro sono venuti alla luce deficit di solidità dei bilanci e di competitività. L incapacità dei mercati di valutare i rischi specifici dei Paesi e soprattutto gli effetti delle interazioni negative tra i debiti delle 2

3 banche e il debito pubblico hanno poi portato a un inasprimento della situazione e alla crisi. Come abbiamo reagito noi europei? Per rafforzare la solidità dei bilanci abbiamo creato il Fiscal compact e ampliato il Patto di stabilità con il Six e il Two Pack. Per spezzare il circolo vizioso tra debiti bancari e indebitamento pubblico abbiamo istituito l ESM come fondo salva-stati permanente e abbiamo fondato un Unione bancaria con una vigilanza unica affidata alla BCE, un meccanismo unico di risoluzione delle crisi e un fondo di risoluzione unico. E per coordinare le politiche economiche ricorriamo al Semestre europeo, in cui è integrata anche la procedura per gli squilibri macroeconomici. Che risultati vediamo? Nel 2015 presumibilmente ancora una crescita economica piuttosto contenuta: la Commissione europea prevede per l Ue una crescita dell 1,7 %, per l eurozona dell 1,3 %. Nella zona euro si spazia dallo 0,4 % di Cipro al 3,5 % dell Irlanda. Nel 2016 la crescita economica dovrebbe poi riprendere. Finora è comunque troppo poco per poter dare un rilevante contributo alla riduzione della disoccupazione, che nel 2015 nell eurozona si prevede ammonti all 11,2 %. E il debito pubblico? Nel 2015 nella zona euro raggiungerà il suo livello più alto, pari al 94,4 % del PIL. Un successo è invece rappresentato dalla riduzione dei deficit di bilancio a cui stiamo assistendo: nel 2015 scenderanno addirittura al 2,2 % nell intera eurozona. Se volete sapere come sta il paziente Europa, questa era appunto, per così dire, una descrizione dei sintomi. Qual è però la diagnosi? Osserviamo in effetti una convergenza dei deficit di bilancio dei singoli Stati membri. Al contempo tuttavia registriamo ancora una divergenza economica tra questi Stati membri. E questa divergenza mette costantemente alla prova l Unione monetaria e continua a porre anche la BCE dinanzi a grandi sfide. Come si deve procedere? Come si può approfondire l Unione economica e monetaria e rafforzare l Europa? Dobbiamo procedere con vigore e al tempo 3

4 stesso con moderazione. Innanzitutto bisogna sfruttare tutte le possibilità offerte dai Trattati. Vi sono ancora potenziali inutilizzati al di sotto della soglia della modifica dei Trattati. Poiché sulla modifica dei Trattati lo dobbiamo ribadire al momento non c è consenso tra gli Stati membri. Il Consiglio europeo a giugno affronterà tale questione sulla base della Relazione dei quattro Presidenti, ovvero una relazione che dovranno presentare i Presidenti di BCE, Commissione, Vertice euro ed Eurogruppo. Dal punto di vista tedesco, un più stretto coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri è fondamentale per un approfondimento dell Unione economica e monetaria. Vanno assunti maggiori impegni a favore di riforme strutturali per il rilancio della crescita. Il Semestre europeo e in particolare le Raccomandazioni specifiche per Paese elaborate dalla Commissione europea rivestono qui un importanza centrale. Abbiamo bisogno di maggiori incentivi affinché vengano anche attuate queste Raccomandazioni specifiche per Paese. Poiché se le politiche economiche nazionali hanno in mano le leve e di fatto ce le hanno per aiutare con decisioni sagge anche l intera zona euro, gli Stati membri dovrebbero applicarle. Giova a tutti se in un Paese migliorano le condizioni generali per l occupazione e gli investimenti privati. Il miglioramento delle condizioni generali per l occupazione e gli investimenti privati è anche parte integrante dell agenda di riforme italiana. Soprattutto con il Jobs Act e i suoi decreti attuativi, il Presidente del Consiglio Renzi si è dato obiettivi notevoli: in Germania sappiamo per esperienza cosa significhi decidere e implementare una riforma del mercato del lavoro. La Cancelliera Federale Merkel anche a gennaio, al termine del suo incontro con il Presidente Renzi, ha ampiamente elogiato il piano di riforme italiano. E se due Stati membri che insieme rappresentano il 45 % del PIL dell Unione monetaria uniscono i loro 4

5 sforzi in politica economica, ciò rafforza la fiducia all interno dell Unione monetaria e di conseguenza la fiducia dei mercati nell Unione monetaria. Un approfondimento del mercato interno sarebbe un secondo passo, realizzabile nel breve termine, per potenziare l Unione economica e monetaria. Pensate a titolo di esempio all economia digitale, un settore di crescente importanza. Quanto invece alle misure a medio termine per consolidare l Europa, sarà difficile evitare una modifica dei Trattati. E se non dovesse funzionare, dovremo procedere di volta in volta a livello intergovernativo, anche se questa non è la soluzione ideale. Lo abbiamo già fatto diverse volte nel corso dell attuale crisi. Per quanto concerne l indirizzo economico e finanziario generale, se vogliamo consolidare l Europa in modo sostenibile, sono tre gli elementi da osservare: consolidamento del bilancio, riforme strutturali e misure volte a rafforzare la crescita economica. Questi tre obiettivi non sono in contraddizione tra loro, bensì si condizionano a vicenda. È assolutamente scorretto contrapporre alla cosiddetta austerità un modello di crescita e investimenti. Ciò di cui necessitiamo è una politica di bilancio solida e orientata alla crescita nonché investimenti pubblici e soprattutto privati, agevolati dalle giuste condizioni quadro create politicamente. Queste priorità politiche non vengono meno neanche in presenza di una politica monetaria espansiva della BCE con un basso tasso di cambio dell euro né a fronte di un basso prezzo del petrolio in the long run queste sono nel migliore dei casi delle iniezioni di vitamine dall effetto temporaneo, che possono anche avere effetti collaterali potenzialmente pericolosi. Questo trinomio costituito da consolidamento di bilancio, riforme strutturali e rafforzamento della crescita economica lo abbiamo deciso politicamente insieme in Europa, ma tutti devono poi rispettarlo quando si passa ai fatti concreti. È incluso anche il nuovo Governo greco, che ora deve dare attuazione agli impegni presi. La fiducia è il presupposto della solidarietà. Ma potete anche 5

6 prendere ad esempio le discussioni sulla flessibilità del Patto di stabilità e di crescita. L interpretazione della flessibilità deve essere compatibile con le regole esistenti e può trovare applicazione soltanto se vengono attuate completamente le necessarie riforme strutturali. In caso contrario si rischia uno scostamento dagli obiettivi concordati, una mancanza di credibilità del Patto e una perdita di fiducia dei mercati nella nostra valuta comune. Consentitemi di chiarire a questo punto ciò che conta per noi tedeschi nella zona euro: la stabilità, e non tanto dominare, come viene purtroppo riferito di continuo in alcuni media italiani. Chi rimprovera alla Germania di avere aspirazioni egemoniche pecca di logica. Noi tedeschi sappiamo perfettamente che non possiamo stare bene se i nostri vicini stanno male nel lungo termine. La Germania ambisce anzi alla ripresa nelle regioni indebolite dell eurozona, accollandosi gran parte dei rischi finanziari. Chi rimprovera alla Germania di avere aspirazioni egemoniche spesso non conosce i fatti. Così talvolta veniamo criticati per essere troppo puntigliosi e mettere troppo in primo piano anche in Germania la gestione economica. A questo proposito devo dire che il nostro Paese va incontro, più di qualunque altro, ad un massiccio mutamento demografico. Nei prossimi anni perderemo circa 6 milioni di persone in età lavorativa. E in merito ai nostri investimenti pubblici all inizio di marzo il Governo Federale ha aumentato peraltro gli investimenti per i comuni finanziariamente deboli da 10 a 15 miliardi di euro è un illusione credere che così si possa dare una spinta significativa alla domanda in tutta la zona euro. Gli effetti spillover che normalmente si producono a livello transfrontaliero non bastano. Per noi tedeschi invece vale tuttora una celebre frase di Thomas Mann, pronunciata nel 1953 a seguito delle esperienze della seconda guerra mondiale: Non vogliamo un Europa tedesca, bensì una Germania europea. Quest affermazione riveste oggi la stessa importanza di 60 anni fa: noi tedeschi 6

7 non vogliamo un Europa tedesca. Vogliamo una Germania europea, ma soprattutto anche un Europa europea! I sondaggi pubblici in Germania confermano sempre di più che non si può parlare neanche lontanamente di aspirazioni egemoniche. In fondo è vero il contrario: la maggior parte dei miei connazionali (Anm: lt Körber-Stiftung 60%) continua ad essere spaventata all idea di una maggiore responsabilità internazionale. Ma questo noi tedeschi non possiamo più permettercelo perché, a prescindere dalle questioni relative alla gestione della crisi dell euro, non dovremmo dimenticare che l Ue non è soltanto un unione economica, ma soprattutto anche un unione di valori. Un Unione il cui grande obiettivo è quello di creare e preservare la pace e la stabilità in Europa e nei Paesi vicini attraverso l integrazione. Il rapido evolversi delle crisi, basta guardare solo lo scorso anno, soprattutto quelle in Ucraina e Medio Oriente, ci ha fatto nuovamente capire in modo drammatico, a 25 anni dalla caduta del Muro di Berlino, che anche una volta superata la Guerra Fredda e la presunta fine della storia i conflitti violenti non appartengono al passato, nemmeno nelle nostre immediate vicinanze. Al contrario: il fatto che, come nel caso dell ISIS, le parti belligeranti siano sempre più spesso gruppi non statali che non temono nulla e in veste ideologica o religiosa sono in grado di reclutare combattenti anche nei nostri Paesi, ci dimostra che nei prossimi anni i rischi di conflitti aumenteranno invece di diminuire. È chiaro pertanto che l Ue in futuro dovrà svolgere un ruolo maggiore anche nella politica estera e di sicurezza, di concerto con le Nazioni Unite, l OSCE e la NATO. La crescente instabilità in Africa del nord in primo luogo la situazione sempre più drammatica in Libia ha portato soltanto negli ultimi mesi ad un rapido aumento del numero di profughi, che cercano di raggiungere l Ue in gran parte passando per l Italia. Al contempo, con la diffusione dell ISIS fuori da Siria e 7

8 Iraq, è aumentato anche il pericolo del terrorismo in Europa. La lotta all immigrazione clandestina e al terrorismo sono due fenomeni a cui l Ue si dovrà dedicare maggiormente, cercando peraltro di contribuire alla riduzione della pressione migratoria attraverso la stabilizzazione dei Paesi d origine e di transito. Tutto questo è più semplice da dire che da fare! In ogni caso l Ue potrà avere successo soltanto se tutti gli Stati membri metteranno a disposizione della politica estera e di sicurezza comune le loro capacità. Questo vale anche per Germania e Italia. Riconosco che il conflitto in Ucraina e le sanzioni inflitte ai politici e imprenditori russi a seguito dell annessione della Crimea e dell occupazione dell Ucraina orientale negli ultimi mesi hanno più volte messo a dura prova la coesione dell Ue. La percezione della minaccia e gli interessi economici dei 28 Stati membri dell Ue rispetto alla Russia e all Ucraina sono infatti molto divergenti. Tanto più importante era ed è, tuttavia, che l Ue abbia mantenuto un atteggiamento unito e compatto nei confronti della Russia e non si sia lasciata dividere. Poiché in fondo in questo conflitto non sono in gioco solo la Crimea, l Ucraina orientale o la vendita di mele europee! Sono in gioco la pace e la sicurezza in Europa e, oltre a ciò, la futura validità dei principi che abbiamo concordato nella Carta delle Nazioni Unite e nella CSCE/OSCE. Il rischio è che questi principi vengano rimpiazzati da una politica di potere nello stile del XIX secolo o, peggio ancora, della prima metà del XX secolo. Non è certo un caso che in tempi di crescente insicurezza politica ed economica la ricaduta nella presunta sicurezza delle politiche degli Stati nazionali trovi ovunque sostenitori in Europa. Secondo il principio della sussidiarietà c è senz altro tutta una serie di questioni risolvibili più efficacemente a livello nazionale che a livello europeo. Tuttavia un uscita dall euro o dall Ue nel suo complesso - di cui si è discusso recentemente di nuovo, a mio avviso più concretamente che mai, con riguardo alla Grecia, ma anche in prospettiva 8

9 nell ottica di un referendum in Gran Bretagna - sarebbe chiaramente la strada nella direzione sbagliata, considerando le sfide del XXI secolo. Lo Stato nazionale in senso classico non sarebbe all altezza del mondo globalizzato e sempre più interconnesso, con i suoi grossi problemi e le sfide dei nostri tempi. Pertanto sono convinto che non sia un mero slogan dire che oggi per noi non c è alternativa all Ue. Dobbiamo piuttosto adattare alle sfide attuali un assetto concepito inizialmente per 6 Paesi e che oggi include 28 e più Stati. Questo vale per l Unione economica e monetaria, ma anche per la politica estera e di sicurezza comune e per altri ambiti politici come la giustizia e gli affari interni. Infine, per compiere dei passi più in avanti, verso un Unione politica, non sarà possibile evitare un ulteriore rinuncia alla sovranità. La Germania ha sostanzialmente segnalato di essere disposta a farlo. Forse sarà anche necessario che un gruppo di Stati membri vada avanti per mostrare agli altri che vale la pena seguire il loro esempio. Rimane comunque importante non perdere di vista l obiettivo principale: la risposta agli attuali problemi non è meno, bensì più Europa. 9

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