6 La revisione legale nelle cooperative di Andrea Dili

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1 di Andrea Dili 6.1 Premessa Nel presente capitolo sono analizzate le particolari problematiche connesse all attività di revisione legale nelle società cooperative. Occorre preliminarmente sottolineare come anche alle società cooperative sono generalmente applicabili le regole e le procedure analizzate nei capitoli precedenti, ma, considerate le peculiarità di tali soggetti, è imprescindibile focalizzare l attenzione su tutte quelle fattispecie che sono proprie soltanto di tale tipologia societaria. Come noto, infatti, alle società cooperative sono generalmente applicabili le norme civilistiche e fiscali proprie delle società di capitali, ma occorre tenere conto che tali soggetti sono altresì disciplinati da norme peculiari che, in molti casi, assumono una notevole ed autonoma rilevanza: si pensi, ad esempio, al concetto di prevalenza mutualistica, all istituto del ristorno, al particolare regime fiscale ad esse riservato. Si comprende, dunque, che prima di procedere all analisi dell attività di revisione sulle società cooperative, è necessario predisporre un breve inquadramento normativo con l obiettivo di sottolinearne le principali caratteristiche. Si procederà, successivamente, ad un breve excursus sulle varie forme di controllo cui sono sottoposte le società cooperative, per poi affrontare in modo sistematico il tema della revisione legale. 6.2 Scopo mutualistico e inquadramento normativo Le società cooperative, rispetto agli altri soggetti societari, sono caratterizzate dal particolare fine perseguito, comunemente conosciuto come scopo mutualistico. Se, infatti, lo scopo di una società di capitali è massimizzare il profitto, distribuendo tale vantaggio ai propri soci sotto forma di dividendo, il fine perseguito da una società cooperativa consiste nel fornire ai propri soci beni e/o servizi ovvero occasioni di lavoro a condizioni più favorevoli di quelle che essi troverebbero sul mercato. Tra socio e cooperativa, dunque, si instaura un ulteriore rapporto, definito mutualistico, distinto rispetto al rapporto sociale. Tale concetto sebbene non ne esi-

2 sta alcuna definizione legislativa 1 è direttamente richiamato dall art. 45 della Carta Costituzionale che, infatti, dispone: La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. La disciplina generale sulle società cooperative è contenuta nel Titolo VI del Libro V c.c. (artt e ss.). Essa è integrata da numerose leggi e norme dettate specificamente per tali soggetti. Come accennato, in estrema sintesi, le società cooperative possono configurarsi in due specifici modelli che fanno riferimento: generalmente alle norme sulla società per azioni; alle norme sulla società a responsabilità limitata, nei casi in cui il numero dei soci cooperatori sia inferiore a venti ovvero l attivo dello stato patrimoniale non sia superiore a un milione di euro L art c.c. qualifica le cooperative come società a capitale variabile con scopo mutualistico iscritte presso l albo delle società cooperative, senza fornire alcuna definizione del concetto di mutualità. 2. In questi casi la cooperativa può liberamente scegliere se adottare le norme previste per la società a responsabilità limitata o per la società per azioni. In realtà esiste anche una terza fattispecie, previ- 408

3 Si comprende, dunque, come, a parità di condizioni, l attività di revisione legale che abbia per oggetto una società cooperativa sia normalmente più complessa di quella riferita ad una società di capitali. Nelle pagine successive si cercherà di evidenziare tutte quelle peculiarità proprie del mondo cooperativo che direttamente e indirettamente vanno a incidere sull attività di revisione legale. In tale contesto, assume particolare rilevanza il peculiare regime fiscale che la normativa tributaria dedica alle società cooperative. Si tratta, in estrema sintesi, di un regime che analogamente a quello civilistico deve fare riferimento: in primo luogo alle norme di carattere generale previste per le società di capitali; in secondo luogo, alle numerose norme fiscali di carattere agevolativo e non, alcune dettate per la generalità delle società cooperative, altre previste soltanto per specifiche tipologie (generalmente settoriali) di cooperative. Ulteriore specificità è data dal fatto che il regime tributario IRES riservato alle società cooperative, regime che contempla una lunga serie di agevolazioni 3, ha uno dei suoi presupposti nel rispetto di determinati parametri di natura civilisticocontabile: alle sole cooperative a mutualità prevalente è, infatti, destinato il pieno godimento di tali benefici. 6.3 Le tipologie cooperative Nel paragrafo precedente si è affermato che lo scopo mutualistico consiste nel fornire ai soci delle cooperative condizioni più favorevoli di quelle che essi troverebbero sul mercato: tale fine si realizza nello scambio socio/cooperativa (comunemente noto come scambio mutualistico ), ove oggetto di tale scambio è la prestazione del socio nei confronti della cooperativa. Ovviamente, tale scambio può assumere connotazioni diverse a seconda delle modalità in cui si instaura il rapporto tra cooperativa e socio, ovvero: cooperazione di lavoro, dove il socio svolge la propria prestazione lavorativa nei confronti della cooperativa, nelle forme contemplate dall art. 1 della Legge n. 142/2001. Il vantaggio mutualistico si estrinseca nelle migliori condizioni di lavoro (anche migliore retribuzione) rispetto a quelle mediamente praticate dal mercato. In tale categoria rientra la cooperazione sociale; sta dal secondo comma dell art c.c.: si tratta delle cooperative con un numero di soci tutte persone fisiche da tre a otto, che devono obbligatoriamente applicare le regole previste per la società a responsabilità limitata. 3. Anche se, a causa degli interventi del legislatore fiscale che hanno caratterizzato l ultimo decennio, la loro portata è stata, per la maggioranza degli enti cooperativi, notevolmente ridotta. 409

4 cooperazione di consumo o utenza, dove il socio è cliente della cooperativa. In tali fattispecie il vantaggio mutualistico si realizza nell acquisto di beni e/o servizi a prezzi migliori di quelli mediamente praticati sul mercato; cooperazione di imprenditori o consortile, dove il socio è un imprenditore che fornisce beni o servizi alla cooperativa. In tali casi il vantaggio mutualistico consiste in una migliore valorizzazione dei prodotti o servizi conferiti rispetto a quella mediamente ottenibile sul mercato. È necessario sottolineare come in realtà, all interno di queste macro-categorie, esistano ulteriori specificazioni 4, a cui spesso si riferiscono particolari disposizioni di legge. Di conseguenza, l attività di revisione sulle società cooperative dovrà prendere in considerazione anche le specifiche peculiarità che caratterizzano le singole categorie esaminate. 6.4 Cooperative a mutualità prevalente e cooperative a mutualità non prevalente All interno di un insieme unitario qualificato dal perseguimento dello scopo mutualistico, la riforma del diritto societario ha previsto la coesistenza di due modelli, con aspetti molto simili tra loro, denominati rispettivamente cooperative a mutualità prevalente e cooperative a mutualità non prevalente. Le differenze tra queste due fattispecie rilevano quasi esclusivamente sul piano delle agevolazioni fiscali (di cui godono pienamente soltanto le prime); mentre le caratteristiche strutturali tipiche del soggetto cooperativo rimangono proprie di entrambi. 4. È interessante fare riferimento alla classificazione contenuta nel modello C17, utilizzato per le comunicazioni all Albo delle cooperative, allegato al bilancio d esercizio e depositato presso le 410

5 Il contemporaneo rispetto di queste due opzioni qualifica le cooperative a mutualità prevalente ed è condizione necessaria per usufruire pienamente delle agevolazioni fiscali dettate dalla normativa tributaria a favore delle società cooperative. Anche le cooperative a mutualità non prevalente, comunque, possono usufruire di benefici fiscali, seppur molto più limitati. Come accennato, la prevalenza gestionale viene normalmente rilevata mediante la costruzione di parametri che traggono la loro origine da dati contabili, specificatamente da alcune voci contenute nel conto economico del bilancio d esercizio. Non mancano, tuttavia, eccezioni a questa regola di carattere generale, eccezioni che possono essere riferite, in alcuni casi particolari specificamente indicati dalla legge, all utilizzo di modelli di calcolo speciali o ai casi di cooperative prevalenti di diritto o comunque esentate dal dare dimostrazione del conseguimento dell opzione gestionale. Come prescritto dal citato art c.c., la prevalenza gestionale deve essere documentata dagli amministratori in nota integrativa e dai sindaci nella loro relazione al bilancio. Nessun riferimento diretto è fatto alla figura del soggetto incaricato della revisione legale dei conti. Tuttavia, a parere di chi scrive, tale verifica rientra pienamente anche tra i compiti del revisore, che sarà chiamato ad esaminare tanto le procedure messe in atto dagli amministratori della cooperativa per consentire la corretta rilevazione dei dati necessari ai fini della costruzione dei parametri di prevalenza come la loro regolare contabilizzazione 5. Lo stesso art c.c. dispone che la documentazione della prevalenza gestionale deve essere effettuata mediante l individuazione e la verifica dei seguenti parametri di origine contabile: Camere di commercio. Tale modello contempla le seguenti categorie: cooperative di produzione e lavoro; cooperative sociali; cooperative di conferimento prodotti agricoli e allevamento; cooperative edilizie di abitazione; cooperative della pesca; cooperative di consumo; cooperative di dettaglianti; cooperative di trasporto; consorzi agrari; banche di credito cooperativo; consorzi e cooperative di garanzia fidi; altre cooperative. 5. Si pensi alle implicazioni che la verifica di tali parametri potrebbe comportare sul calcolo delle imposte d esercizio. 411

6 ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi nei confronti dei soci superiori al 50% del totale dei ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi di cui al punto A1 del conto economico del bilancio di esercizio, per quanto attiene alle cooperative che svolgono la propria attività nei confronti dei soci consumatori o utenti di beni e servizi; costo del lavoro dei soci superiore al 50% del totale del costo del lavoro di cui al punto B9 (computate le altre forme di lavoro inerenti lo scopo mutualistico che trovano allocazione nel punto B7) del conto economico del bilancio di esercizio, per quanto riguarda le cooperative che si avvalgono nello svolgimento della propria attività delle prestazioni lavorative dei soci; costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci rispettivamente superiore al 50% del totale dei costi dei servizi di cui al punto B7 del conto economico del bilancio di esercizio ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate o conferite di cui al punto B6 del conto economico del bilancio di esercizio, per quanto concerne le cooperative che si avvalgono nella propria attività degli apporti di servizi o di beni da parte dei soci. Per quanto attiene alle cooperative agricole, la legge prevede che il parametro di prevalenza gestionale possa essere alternativamente costruito tanto sulla base di grandezze contabili nei termini appena esposti come utilizzando dati extracontabili, specificatamente le quantità dei prodotti acquistati e conferiti. Nei casi in cui la stessa cooperativa realizza diverse tipologie di scambio mutualistico, invece, occorre fare riferimento alla media ponderata delle percentuali dei singoli parametri considerati. Come accennato, tuttavia, le regole appena esposte non sono applicabili all universalità delle società cooperative: il legislatore, infatti, ha previsto alcuni particolari casi di deroga. Innanzi tutto, già in sede di riforma del diritto societario, era stato specificato come alcuni soggetti fossero esonerati di diritto dall obbligo di dimostrare la propria prevalenza gestionale e, dunque, dovessero essere considerati a mutualità prevalente in considerazione della loro tipica rilevanza sociale o di determinate caratteristiche soggettive. Si tratta: delle cooperative sociali, a condizione che rispettino le disposizioni di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381; delle banche di credito cooperativo, a condizione che osservino le norme delle leggi speciali ad esse relative; 412

7 delle banche popolari; dei consorzi agrari. Infine, il d.m. 30 dicembre 2005, dando attuazione a quanto previsto dall art undecies disp. att. c.c., ha introdotto i cosiddetti regimi derogatori, ovvero una serie di regole specifiche da applicare in ben determinati casi, essenzialmente riconducibili alle seguenti fattispecie 6 : casi in cui le cooperative devono dare dimostrazione della prevalenza secondo criteri, contabili o extracontabili, ad hoc, differenti dalle norme generali sopra esposte; casi in cui le cooperative sono esentate dal dare dimostrazione del rispetto della prevalenza. Un ulteriore approfondimento sui temi legati al concetto di prevalenza mutualistica qui trattati in maniera estremamente sintetica esula dagli scopi di questo libro; tuttavia, la seguente tabella 7 può costituire un rapido strumento di ausilio per orientarsi nel complesso ambito della dimostrazione della prevalenza gestionale. 6. Le fattispecie definite dal d.m. 30 dicembre 2005 riguardano: il costo del lavoro dei lavoratori non soci assunti in forza di obbligo di legge o di CCNL o di convenzione con la P.A. e dei lavoratori che per espressa disposizione di legge non possono acquisire la qualità di socio ovvero il costo del lavoro dei lavoratori non soci di nazionalità straniera impiegati in attività svolte all estero, per quanto riguarda le cooperative di lavoro; le cooperative per la produzione e la distribuzione di energia elettrica; le cooperative di allevamento e le cooperative agricole di conduzione associata di terreni; gli enti di formazione costituiti in forma cooperativa; le cooperative per il commercio equo e solidale; le società finanziarie costituite in forma cooperativa; le cooperative giornalistiche; le cooperative di consumo operanti nei territori montani; i casi di perdita della prevalenza a causa di calamità naturali; i casi in cui la cooperativa effettui cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di persone fisiche socie di enti giuridici aventi la qualità di soci della cooperativa, per quanto attiene alle cooperative di consumo o utenza; le cooperative di editori che gestiscono agenzie giornalistiche. 7. La tabella è tratta da A. DILI, L IRES nelle società cooperative. Mutualità, ristorni, agevolazioni, Giuffrè, Milano, 2007, pag

8 DIMOSTRAZIONE DELLA PREVALENZA MUTUALISTICA COOPERATIVE Cooperative di consumo e di utenza Cooperative di lavoro Cooperative di servizi Cooperative di conferimento Cooperative miste Cooperative agricole di conferimento Regimi derogatori Cooperative sociali Banche di credito cooperativo Banche popolari Consorzi agrari AREA DI RIFERIMENTO Ricavi delle vendite e delle prestazioni Costi per il personale Costi per servizi Costi per mat. prime, suss., cons. e merci Media ponderata delle diverse aree di riferimento Valore dei beni conferiti o quantità dei beni conferiti Regole specifiche per soggetti individuati con apposito decreto Esonerate dalla dimostrazione Esonerate dalla dimostrazione Esonerate dalla dimostrazione Esonerati dalla dimostrazione NORMA DI RIFERIMENTO art. 2513, c. 1, lett. a), c.c. art. 2513, c. 1, lett. b), c.c. art. 2513, c. 1, lett. c), c.c. art. 2513, c. 1, lett. c), c.c. art. 2513, c. 2, c.c. art. 2513, c. 3, c.c. d.m. 30 dicembre 2005 art. 111-septies disp. att. c.c. art. 5, c. 3, legge 3 ottobre 2001 n. 366; art. 28, c. 3, e art. 150-bis d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 art. 5, c. 3, legge 3 ottobre 2001 n. 366; art. 150-bis d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 art. 9, c. 1, legge 23 luglio 2009, n. 99 Le cooperative che intendono qualificarsi a mutualità prevalente, come sopra evidenziato, devono inserire nei propri statuti le clausole indicate dall art c.c. (opzione statutaria). Tali clausole, che limitano notevolmente il lucro soggettivo dei soci cooperatori, contemplano: 414

9 il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all interesse massimo dei buoni postali fruttiferi 8, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato ; il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi ; il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori ; l obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. La rilevanza del concetto di prevalenza mutualistica ed i suoi riflessi sulla determinazione del carico fiscale di una società cooperativa rendono imprescindibile che l attività di revisione si concentri particolarmente sul controllo del rispetto delle norme e dei comportamenti che ne sono all origine: le procedure per la rilevazione delle grandezze che permettono la verifica dell opzione gestionale, la loro contabilizzazione e l adeguatezza del piano dei conti e, dunque, della struttura amministrativo-contabile, l accertamento della sussistenza e del rispetto delle clausole statutarie ex art c.c. sono, infatti, tutte attività che richiedono al soggetto incaricato della revisione di una società cooperativa un approfondita attività di analisi e che toccano aspetti ulteriori se paragonati alle società di capitali. 6.5 Breve analisi delle ulteriori specificità cooperative Come evidenziato nelle pagine precedenti, le società cooperative presentano numerosi aspetti che le differenziano notevolmente dalle società di capitali. Il perseguimento dello scopo mutualistico, infatti, implica che la società cooperativa sia strutturata secondo principi volti alla sua integrale realizzazione. Nel presente paragrafo si analizzeranno sinteticamente le principali caratteristiche strutturali di tali soggetti societari. Capitale variabile A differenza delle altre tipologie societarie le cooperative sono società a capitale variabile: la variazione del capitale sociale, di conseguenza, non implica una modifica statutaria, non essendo individuato in un ammontare prestabilito all interno dell atto costitutivo. 8. È opportuno sottolineare come tale limite massimo debba essere determinato in sede di assemblea che delibera la distribuzione dei dividendi, facendo riferimento al decreto ministeriale relativo all emissione della serie più recente di buoni postali fruttiferi. 415

10 Voto per testa Nelle società cooperative essendo prevalente, centrale la remunerazione della prestazione mutualistica rispetto a quella del capitale il diritto dei soci a partecipare alle decisioni sociali non è legato alla percentuale di capitale posseduta: quindi, ad ogni socio viene attribuito un voto in assemblea indipendentemente dal capitale sottoscritto. Principio della porta aperta Dal concetto di variabilità del capitale sociale deriva che l iter di entrata (ma anche di uscita ) dei soci dalla cooperativa risulta estremamente semplificato rispetto a quanto avviene nelle altre tipologie societarie: la legge, infatti, favorisce l ingresso di nuovi soci nella cooperativa mediante una procedura ad hoc stabilita dall art c.c. È opportuno sottolineare, altresì, come tale principio non debba essere interpretato come mero diritto di ammissione per qualunque persona fisica o giuridica che ne faccia richiesta: si deve fare riferimento, infatti, tanto ai requisiti 9 che l atto costitutivo contempla al fine di poter acquisire lo status di socio quanto alle condizioni oggettive 10 in cui si trova la stessa cooperativa nel momento in cui l organo amministrativo è chiamato a deliberare sull eventuale ammissione. Numero minimo di soci Per costituire una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno nove 11. Nel caso in cui il numero dei soci si riduca al di sotto del minimo legale, esso deve essere reintegrato entro un anno, altrimenti la società si scioglie e deve essere messa in liquidazione. Soci cooperatori e soci finanziatori Fino ad ora, tutte le volte che si è fatto riferimento alla figura del socio si è parlato di soggetti che realizzano con la cooperativa il cosiddetto scambio mutualistico: tale figura è comunemente conosciuta come socio cooperatore. Accanto a questa fondamentale figura l ordinamento civilistico contempla che altri soggetti 9. Secondo criteri non discriminatori. 10. La cooperativa deve trovarsi in condizioni che permettano di instaurare con il nuovo socio il rapporto mutualistico. 11. Esistono alcune eccezioni a tale regola di carattere generale, ovvero: se la cooperativa adotta le norme della società a responsabilità limitata e i soci sono persone fisiche, il numero minimo di soci è pari a tre; particolari tipologie di cooperative possono richiedere un numero di soci diverso, secondo quanto stabilito dalla legge. 416

11 possano divenire soci della cooperativa anche senza realizzare direttamente lo scambio mutualistico 12. Si tratta essenzialmente dei cosiddetti soci finanziatori, fattispecie delineata dall art c.c. e che normalmente viene connotata dal godimento di minori diritti amministrativi e maggiori diritti patrimoniali rispetto ai soci cooperatori. Organo amministrativo La maggioranza dei membri dell organo amministrativo deve essere scelta tra i soci ovvero tra le persone indicate dai soci cooperatori persone giuridiche. Destinazione del risultato di esercizio La destinazione del risultato d esercizio di una società cooperativa presenta numerose peculiarità, che la differenziano notevolmente dalle società di capitali. Innanzi tutto, occorre porre l attenzione su quanto previsto dai primi due commi dell art quater c.c., ovvero: qualunque sia l ammontare del fondo di riserva legale, deve essere a questo destinato almeno il trenta per cento degli utili netti annuali ; una quota 13 degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con le modalità previste dalla legge. Di conseguenza, le destinazioni obbligatorie riguardano, generalmente, il 33% degli utili netti annuali di una società cooperativa. Inoltre, qualora la cooperativa rispetti i vincoli per la prevalenza mutualistica, dovrà qualificare le proprie riserve indivisibili tra i soci cooperatori. In estrema sintesi, si rileva come la società cooperativa sia l unica tipologia societaria in cui si assiste alla contemporanea presenza di riserve divisibili e indivisibili tra i soci. Ristorni Tra gli strumenti tipici della cooperazione spicca per rilevanza l istituto del ristorno. Anche se non ne esiste alcuna definizione legislativa, esso potrebbe essere descritto come il vantaggio mutualistico riconosciuto al socio cooperatore, allo stesso attribuito in via posticipata e quindi a seguito dell evidenziazione, nel bi- 12. La presenza dei soci finanziatori è legata a un investimento finanziario in un ottica di potenziamento della società cooperativa. 13. Si tratta di una quota pari al 3% degli utili netti annuali, secondo quanto disposto dall art. 11 della legge n. 59/

12 lancio di esercizio, di un avanzo di gestione 14. La Corte di Cassazione lo ha definito come uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico (risparmio di spesa o maggiore remunerazione) derivante dai rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa 15. Esso può essere equiparato ad una sorta di conguaglio, giacché permette alla società di restituire ai soci una parte del prezzo pagato per acquistare beni o servizi da essa ceduti ovvero incrementare i corrispettivi pagati ai soci che abbiano fornito beni o servizi alla cooperativa 16. Fatte queste premesse, occorre sottolineare come la legge preveda che l atto costitutivo di una società cooperativa debba contenere i criteri per la ripartizione dei ristorni 17, criteri che devono comunque rispettare la proporzionalità tra quantità e qualità degli scambi mutualistici intrattenuti dai singoli soci con la cooperativa e valore dei ristorni ad essi erogati G. PETRELLI, I profili della mutualità nella riforma delle società cooperative, in Studi e materiali in tema di riforma delle società cooperative, collana studi del Consiglio Nazionale del Notariato, Giuffrè, Milano 2005, pag Corte di Cassazione, sez. I, sentenza 8 settembre 1999, n COMMISSIONE COOPERATIVE UNIONE GIOVANI DOTTORI COMMERCIALISTI DI ROMA, Mutualità: determinazione della prevalenza e definizione dei requisiti, ottobre 2005, pag Art c.c. 18. Art sexies c.c. 418

13 L assemblea dei soci è l organo deputato a deliberare in merito all assegnazione dei ristorni. Essendo ormai pacifico che non esiste in capo ai soci un diritto soggettivo alla percezione dei ristorni 19, l assemblea può liberamente deliberare per la loro erogazione o meno. È opportuno sottolineare come la legge ponga dei limiti all erogazione dei ristorni: in primo luogo, è fondamentale considerare il concetto secondo il quale può essere retrocesso ai soci, sotto forma di ristorno, soltanto il surplus relativo all attività che la cooperativa ha svolto con i soci stessi, ovvero l avanzo di gestione generato dall attività con i soci. In secondo luogo, occorre considerare le modalità di calcolo del massimo ristorno distribuibile secondo quanto previsto dalle specifiche indicazioni contenute nel verbale di revisione delle società cooperative. Si comprende, dunque, come il processo di attribuzione dei ristorni ai soci cooperatori comporti una serie di passaggi e adempimenti anche sul piano fiscale che richiedono un attenta attività di verifica da parte del soggetto incaricato della revisione legale sulla cooperativa. 6.6 Il bilancio d esercizio: aspetti peculiari Alle società cooperative sono applicabili le norme e le regole previste per la redazione dei bilanci di esercizio delle società di capitali. Tuttavia, in considerazione del fatto che le cooperative perseguono lo scopo mutualistico, ulteriore obiettivo del bilancio di esercizio di tali soggetti è rappresentare in modo completo e dettagliato tutti gli aspetti relativi alla gestione mutualistica dell impresa. Si comprende, dunque, come le ordinarie norme civilistiche sulla redazione dei bilanci debbano essere integrate con le specifiche regole previste per le società cooperative. Fatte queste premesse, si cercherà di evidenziare sinteticamente le principali peculiarità proprie dei bilanci di tali soggetti. In tal senso, occorre focalizzare l attenzione sulle seguenti fattispecie: operazioni effettuate con soci rispetto a non soci; voci di credito e debito riferite a rapporti vari con soci; varie tipologie di soci; riserve, evidenziandone il regime di divisibilità; politica dei ristorni; prestito sociale; 19. Corte di Cassazione, sez. I, sentenza 8 settembre 1999, n. 9513, cit. 419

14 rapporti con altre cooperative e consorzi e informazioni sul gruppo paritetico cooperativo; rapporti con i fondi mutualistici; rapporti con la vigilanza; gestione della prevalenza mutualistica; criteri di gestione della mutualità; agevolazioni fiscali godute Il regime fiscale Come accennato, le società cooperative possono usufruire di una serie di norme fiscali di carattere agevolativo, opportunamente dettate dal legislatore anche al fine di riconoscere l apposita funzione sociale della cooperazione. 20. La presente classificazione è tratta da E. BELBELLO A. DILI, Il bilancio delle società cooperative, Franco Angeli, Milano, 2010, pag. 68 e ss. 420

15 Le norme fiscali di carattere agevolativo previste per le società cooperative ineriscono una pluralità di imposte e tasse, ma, senza dubbio, è all interno del regime IRES che si concentrano le peculiarità più rilevanti; mentre all interno dei regimi IRAP e IVA sono contenute norme dettate per specifiche tipologie di cooperative (sociali, agricole, edilizie di abitazione, ecc.). Per quanto attiene al regime IRES delle società cooperative, le disposizioni dettate dal legislatore fiscale possono essere classificate in due macro categorie: norme contemplate per la generalità delle società cooperative; norme prescritte a favore di specifiche tipologie di cooperative. Fanno parte della prima categoria: l art. 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904 (non imponibilità delle somme destinate a riserva indivisibile); il comma 10 dell art. 21 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (deducibilità delle imposte sui redditi calcolate sulle variazioni fiscali); il comma 3 dell art. 7 della legge 31 gennaio 1992, n. 59 (non imponibilità degli utili destinati a rivalutazione del capitale sociale entro i limiti Istat); il comma 9 dell art. 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59 (deducibilità del contributo sugli utili netti annuali destinato ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione). La seconda categoria, invece, annovera essenzialmente le norme dettate dal d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601 (dall art. 10 all art. 14). La non imponibilità delle somme destinate a riserva indivisibile Tale disposizione, definita e considerata come norma cardine del regime fiscale delle società cooperative, contempla che non concorrono a formare il reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi le somme destinate alle riserve indivisibili, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell ente che all atto del suo scioglimento. La portata di tale disposizione è stata progressivamente ridotta da successivi interventi legislativi volti a riformare il regime tributario delle società cooperative, fino alla legge finanziaria 2005 che ha delineato la disciplina tuttora vigente. Per quanto concerne le cooperative a mutualità prevalente, il comma 460 di tale legge dispone che: Fermo restando quanto disposto dall art. 6 commi 1, 2 e 3, del d.l. 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 giugno 2002, n. 112, l art. 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, non si applica alle società cooperative e loro consorzi a mutualità prevalente di cui al libro V, titolo VI, capo 421

16 I, sezione I, del codice civile, e alle relative disposizioni di attuazione e transitorie, e che sono iscritti all Albo delle cooperative sezione cooperative a mutualità prevalente di cui all art. 223-sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codice civile: a) per la quota del 20% degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi di cui al d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi; b) per la quota del 30% degli utili netti annuali delle altre cooperative e loro consorzi. In sintesi, dunque, la possibilità di usufruire dell agevolazione prevista dall art. 12 della legge n. 904/1977 viene esclusa relativamente: alla quota del 20% degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loro consorzi e delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi; alla quota del 30% degli utili netti annuali delle altre cooperative e loro consorzi. Le cooperative sociali, invece, possono applicare la norma senza alcuna limitazione, dunque sul 100% degli utili netti annuali destinati a riserva indivisibile. Un successivo intervento del legislatore fiscale 21 ha preso in considerazione le cooperative di consumo e i loro consorzi, incrementando di fatto la quota di imponibilità degli utili netti annuali dal 30% al 55%. La seguente tabella illustra il regime di applicazione della norma in oggetto: COOPERATIVE A MUTUALITÀ QUOTA DI UTILE QUOTA DI UTILE PREVALENTE NON IMPONIBILE IMPONIBILE Cooperative agricole 80% 20% Cooperative di consumo 45% 55% Cooperative sociali 100% Altre cooperative 70% 30% Cooperative a mutualità non prevalente 33% 67% 21. Si tratta del comma 28 dell art. 82 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n

17 La deducibilità delle imposte sui redditi calcolate sulle variazioni fiscali Tale norma prevede che, ai fini di quanto previsto dall art. 12 della legge n. 904/ 1977, l IRES che deriva dalle variazioni fiscali effettuate ai sensi del Tuir non concorra a formare il reddito delle società cooperative: in altre parole, l IRES diviene deducibile proporzionalmente alla quota di utile netto non imponibile, nelle percentuali indicate nella tabella precedente. Cooperative agricole (art. 10, comma 1, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601) Tale disposizione prevede l esenzione da IRES dei redditi conseguiti: mediante l allevamento di animali con mangimi ottenuti per almeno un quarto dai terreni dei soci; ovvero mediante la manipolazione, valorizzazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici e di animali conferiti prevalentemente dai soci 22. Per effetto delle limitazioni introdotte dalla citata legge finanziaria 2005, tale esenzione non opera su una quota pari al 20% degli utili netti delle cooperative agricole. Di conseguenza, la verifica delle citate condizioni rende esenti: l intero reddito che deriva dalle variazioni fiscali; l 80% degli utili netti annuali, indipendentemente dalla loro destinazione. Cooperative della piccola pesca (art. 10, comma 2, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601) Analogamente alle cooperative agricole, anche i redditi delle cooperative della piccola pesca godono di un esenzione da ires che riguarda: l intero reddito che deriva dalle variazioni fiscali; l 80% degli utili netti annuali, indipendentemente dalla loro destinazione. Cooperative di produzione e lavoro (art. 11, comma 1, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601) I redditi delle cooperative di produzione e lavoro possono godere di una parziale esenzione da IRES 23, a seconda del valore di un parametro che include al nume- 22. È evidente, dunque, che l agevolazione in oggetto è limitata alle cooperative agricole che nella loro attività si avvalgono, secondo diverse modalità, principalmente dell apporto dei soci. È necessario, quindi, verificare se sia stato predisposto un opportuno sistema di misurazione che permetta di riscontrare la presenza delle condizioni indicate dalla norma. 23. Anche in questo caso la portata originaria della norma in esame è stata notevolmente ridotta dalle previsioni della legge finanziaria

18 ratore il costo del lavoro dei soci ed al denominatore tutti gli altri costi del conto economico, con l eccezione di quelli relativi alle materie prime e sussidiarie. Cooperative sociali (art. 11, comma 1, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 601) Le cooperative sociali, contrariamente alle cooperative di produzione e lavoro, possono applicare la norma nella sua portata originaria: una volta verificato il visto parametro, infatti, si possono configurare le seguenti fattispecie: se il risultato è non inferiore al 50%, i redditi della cooperativa sono esenti da IRES; se, invece, il risultato è inferiore al 50% ma non al 25%, la cooperativa ha diritto ad applicare un aliquota d imposta ridotta alla metà sull intero reddito IRES; se, infine, tale valore è inferiore al 25%, la cooperativa non può beneficiare di tale norma. 6.8 Il sistema dei controlli Le società cooperative sono sottoposte a molteplici forme di controllo, alcune equivalenti a quelle previste per le società di capitali, altre tipiche della fattispecie cooperativa. In estrema sintesi, le tipologie di controllo sulle società cooperative ineriscono: il controllo del Collegio sindacale; il controllo interno rappresentato dalla revisione legale dei conti; la certificazione di bilancio, secondo quanto disposto dall art. 15 della legge 31 gennaio 1992, n. 59; la vigilanza cosiddetta esterna ai sensi del d.lgs. 2 agosto 2002, n

19 Collegio sindacale Le società cooperative devono fare riferimento alla normativa prevista per le società per azioni o per le società a responsabilità limitata a seconda di quanto indicato nello statuto sociale. L art. 2543, primo comma, c.c. indica i casi in cui è obbligatoria la nomina del Collegio sindacale nelle società cooperative: in realtà, tale norma rimanda ai casi stabiliti dai commi 2 e 3 dell art c.c., nonché all ipotesi di emissione di strumenti finanziari non partecipativi. In sintesi, l obbligo di nomina del Collegio sindacale è previsto quando: il capitale sociale è pari ad almeno euro; per due esercizi consecutivi sono superati due dei limiti indicati dall art bis c.c. (bilancio in forma abbreviata); la cooperativa emette strumenti finanziari non partecipativi; è previsto dallo statuto; la cooperativa è obbligata alla redazione del bilancio consolidato; la cooperativa controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti 24. Le ultime due fattispecie sono state introdotte dal d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39. Soggetto incaricato della revisione legale Nelle cooperative che adottano le norme sulla società per azioni mentre la nomina del Collegio sindacale è obbligatoria soltanto nei casi sopra contemplati, la nomina del soggetto incaricato della revisione legale è sempre necessaria. Per quanto attiene alle cooperative che adottano le norme sulla società a responsabilità limitata, invece, il Collegio sindacale se non è prescritto diversamente dall atto costitutivo esercita automaticamente anche la funzione di revisione legale. Certificazione di bilancio Le società cooperative ed i loro consorzi sono sottoposte alla certificazione annuale del bilancio nei casi in cui si verifichi almeno una delle seguenti fattispecie: valore della produzione superiore a euro ; riserve indivisibili superiori a euro ; prestiti o conferimenti di soci finanziatori superiori a euro ; partecipazione di controllo in società per azioni. Tale obbligo decorre dall esercizio successivo a quello del verificarsi della fattispecie, mentre decade nello stesso esercizio in cui tale presupposto viene meno. 24. Il presente elenco è tratto da G. GENTILI F. FRANGUELLI, Le forme di controllo nelle società cooperative, in Cooperative & Consorzi n. 7/2010, Ipsoa, pagg. 14 e ss. 425

20 La certificazione deve essere eseguita: nei casi in cui la cooperativa sia iscritta ad una associazione nazionale di rappresentanza e tutela cooperativa, da parte di una società iscritta all albo speciale o di una società di revisione autorizzata dal Ministero dello sviluppo economico che siano convenzionate con l associazione stessa; nei casi in cui la cooperativa non aderisca ad alcuna delle predette associazioni, da una delle società di revisione iscritte nell apposito elenco formato dal Ministero dello sviluppo economico; nei casi in cui la cooperativa sia sottoposta alla vigilanza delle regioni a statuto speciale, da una società di revisione iscritta negli elenchi formati dalle stesse regioni. Vigilanza esterna Le società cooperative ed i loro consorzi sono sottoposte a vigilanza esterna, secondo quanto previsto dal d.lgs. 2 agosto 2002, n Scopo della revisione è: fornire agli organi direttivi delle cooperative suggerimenti per migliorare il livello di democrazia interna e la gestione; controllare la gestione amministrativa, contabile e sociale ai fini dell accertamento della natura mutualistica dell ente; verificare la partecipazione dei soci allo scambio mutualistico con la società e alla vita sociale; controllare la consistenza della situazione patrimoniale; verificare l esistenza e la corretta applicazione del regolamento sul socio lavoratore 25. La revisione esterna sulle cooperative viene eseguita: nei casi in cui la cooperativa sia iscritta ad una associazione nazionale di rappresentanza e tutela cooperativa, da revisori incaricati da tali associazioni; nei casi in cui la cooperativa non aderisca ad alcuna delle predette associazioni, dal Ministero dello sviluppo economico. La vigilanza esterna ha normalmente cadenza biennale, ma sono previsti alcuni specifici casi in cui la revisione deve essere svolta annualmente. 25. Tale elenco è tratto da G. GENTILI F. FRANGUELLI, Le forme di controllo nelle società cooperative, op. cit., pagg. 14 e ss. 426

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