La Cultura della Previdenza Riformare il Patto di stabilità per la crescita interna
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1 Università LUM Jean Monnet - Trani European Week maggio 2013 Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza La Cultura della Previdenza Riformare il Patto di stabilità per la crescita interna Intervento del Presidente della Corte dei conti Luigi Giampaolino Trani 11 maggio Il riaccendersi in Europa del dibattito circa l opportunità di affiancare alle misure di consolidamento fiscale quelle per la crescita fa seguito all accentuarsi della crisi economico-sociale nei Paesi che hanno dovuto affrontare, nell ultimo biennio, un percorso di aggiustamento dei conti pubblici particolarmente impegnativo. Non mi riferisco solo a paesi come la Grecia e la Spagna, dove nel 2012 la disoccupazione ha superato, rispettivamente, il 24 e il 25 per cento delle forze lavoro; ma anche all Italia dove, secondo gli ultimi dati presentati dall Istat, la disoccupazione è risultata pari al 10,7 per cento nella media del 2012 (11,2 per cento nel IV trimestre, con 2,9 milioni di persone in cerca di lavoro), percentuale che supera il 17 per cento se si guarda al Mezzogiorno o il 35 per cento se si prendono in considerazione i giovani. Segnali di allarme vengono anche dalla Francia (10,2 per cento di disoccupati). Tutti dati destinati a migliorare solo marginalmente (-0,5 punti in Spagna) o in alcuni casi a peggiorare (+ 0,9 punti in Italia) nel prossimo anno. Anche le proiezioni di medio periodo non offrono prospettive incoraggianti. Con riferimento all Italia, le stime ufficiali contenute nel DEF presentato nell aprile scorso evidenziano un tasso di disoccupazione nel 2017 pari al 10,9 1
2 per cento, più elevato quindi di 0,2 punti rispetto alla media 2012 e di 4,8 punti rispetto al livello raggiunto nel 2007 (6,1 per cento) prima dello scoppio della crisi economico-finanziaria. Tali andamenti del mercato del lavoro si accompagnano a tassi di crescita del prodotto al di sotto dell 1,5 per cento nel periodo di previsione, dopo la contrazione dell economia sperimentata lo scorso anno (-2,4 per cento) e quella attesa per il 2013( -1,3 per cento). Senza voler nascondere le cause ben note dei ritardi in termini di produttività e competitività che hanno portato il nostro Paese a crescere nell ultimo decennio a tassi estremamente contenuti e inferiori alla media europea, non può tuttavia sottovalutarsi il fatto che sulla recessione in atto pesano le continue (e pesanti) manovre correttive portate avanti dagli ultimi governi, oltre che il clima di incertezza che avvolge famiglie e imprese limitando l efficacia dei possibili interventi a sostegno della domanda. A sua volta, la contrazione del prodotto ha vanificato parte delle stesse manovre, consentendo di raggiungere solo parzialmente gli obiettivi di finanza pubblica annunciati, e costringendo quindi ad ulteriori correzioni per onorare gli impegni assunti in sede europea. Come la Corte ha avuto modo di sottolineare più volte in Parlamento, e da ultimo in occasione dell audizione sul Documento di economia e finanza 2013, a fronte di una tenuta sostanziale delle misure di contenimento della spesa primaria (che tuttavia, a fronte di una contrazione anche in termini nominali del PIL, non riduce tra il 2011 e il 2012 la sua incidenza sul prodotto), si assiste ad una caduta del gettito rispetto alle precedenti stime: ciò, nonostante lo sforzo richiesto ai contribuenti, come evidenziato da una pressione fiscale pari al 44 per cento. 2. Da qui l importanza del dibattito che si sta riaprendo in Europa, che ha visto passaggi importanti nelle conclusioni del Consiglio europeo del 14 e 15 marzo, nella comunicazione della Commissione europea relativa allo strumento di convergenza e, infine, nelle dichiarazioni del Vicepresidente Olli Rehn del 25 aprile. Il Consiglio europeo di marzo ha infatti concentrato i suoi lavori sulle problematiche economiche e sociali, riprendendo i grandi orientamenti in 2
3 materia di politica economica proposti dalla Commissione nell Analisi annuale della crescita presentata nel novembre scorso. In tale documento si sottolineava l urgenza di promuovere la crescita e la competitività, anche attraverso riforme strutturali in grado di rilanciare l economia dal lato dell offerta, e di lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi. Per tali finalità, si evidenziava la necessità, da un lato, di ripristinare la normale erogazione di prestiti all'economia, dall altro, di portare avanti il risanamento di bilancio attraverso un mix di misure attento alle problematiche relative alla crescita. Sul punto nell Analisi si sottolineava l opportunità, nei Paesi in cui il livello di tassazione è particolarmente elevato, di una riduzione del carico fiscale, cui fare fronte con una riduzione delle spese pur salvaguardando le risorse destinate agli investimenti strategici e al capitale umano. Al tempo stesso, si suggeriva una ricomposizione a favore delle imprese e del fattore lavoro, aumentando invece - nei Paesi in cui tale tipo di imposizione è relativamente bassa - la tassazione sul consumo e sul patrimonio immobiliare, elevando la tassazione ambientale, e rivedendo i sistemi agevolativi che, sebbene giustificati da finalità di giustizia e redistribuzione, ad avviso della Commissione, creano distorsioni, riducono l efficienza del sistema fiscale. Nonostante il duro confronto tra le posizioni espresse da alcuni Paesi membri orientati ad escludere modifiche normative nell approccio dell UE per quanto concerne il rispetto degli impegni in materia di finanza pubblica, e altri Paesi più sensibili alle esigenze di indirizzare le politiche economiche verso la crescita, la presa d atto della stagnazione dell attività economica prevista per l esercizio in corso e i livelli di disoccupazione inammissibilmente elevati, hanno portato il Consiglio a sottolineare nelle conclusioni che fondamentale è accelerare gli sforzi a sostegno dell economia, portando avanti un risanamento di bilancio favorevole alla crescita. Il Consiglio ha invitato quindi gli Stati ad intervenire sul versante delle spese e delle entrate adottando misure mirate a promuovere a breve termine la crescita e a sostenere la creazione di posti di lavoro, in particolare dei giovani, e dando la priorità agli investimenti favorevoli alla crescita. Nell ambito delle misure per stimolare la crescita sostenibile, l occupazione e la competitività, il Consiglio europeo ha ribadito l'importanza di alleggerire la fiscalità sul lavoro, migliorare l'efficacia della riscossione, contrastare l'evasione fiscale anche mediante accordi sulla tassazione dei redditi da risparmio con Paesi terzi, affrontare il problema della frode nel settore dell'iva. 3
4 Quanto al richiamo agli investimenti favorevoli alla crescita, esso sembra evocare la questione, più volte prospettata nelle sedi europee dai Governi italiani, dell introduzione di meccanismi volti ad attenuare i vincoli contabili con riferimento alle spese di investimento, quali la cosiddetta golden rule, in base alla quale le spese per investimenti non dovrebbero essere computate ai fini della determinazione dei saldi di finanza pubblica. Al riguardo, le conclusioni del Consiglio europeo si limitano tuttavia a ricordare che, nel pieno rispetto del Patto di stabilità e crescita, le possibilità offerte dal quadro di bilancio esistente dell UE per equilibrare la necessità di investimenti pubblici produttivi con la disciplina di bilancio potranno essere sfruttate". Il Consiglio ha infine indicato le questioni su cui ritiene che debba concentrarsi in via prioritaria il confronto per la realizzazione della cosiddetta Strategia UE 2020 volta a migliorare la competitività dell economia dell Unione europea. Si tratta del completamento del mercato interno dell energia, delle politiche per l innovazione, del completamento dell agenda digitale, dell integrazione dell industria europea della difesa, tutti fattori che dovrebbero concorrere a rendere più competitiva l industria europea. 3. Tali conclusioni del Consiglio europeo non possono che essere accolte positivamente. Ma la criticità della situazione attuale sul fronte dell occupazione e della stessa tenuta del disegno europeo richiedono un impegno straordinario che dia maggior concretezza ad un intervento che, come sottolineato nella comunicazione del marzo scorso del Governo italiano al Presidente del Consiglio europeo, consenta di ampliare i margini di manovra nelle politiche di bilancio, senza tuttavia pregiudicare il percorso di risanamento delle finanze pubbliche. Non ritengo al riguardo si tratti tanto di recuperare margini di flessibilità indistinti negli obiettivi e nelle riforme strutturali che ciascun paese si è assunto di conseguire. Prima ancora delle proteste dei partner europei e dei richiami della Commissione, sarebbero gli stessi mercati a punire l allontanamento da una strada di risanamento da parte di Paesi, come l Italia, con un debito pubblico così elevato. 4
5 Si tratta piuttosto di ricercare in una azione comune e in interventi mirati gli spazi necessari a sostenere adeguatamente la crescita. Su due punti penso ci debba muovere con ancora maggiore forza. Va potenziato l intervento previsto con il bilancio comunitario, intervenendo non solo sulla dimensione dello sforzo finanziario, ma anche sulla tempestività degli interventi, spesso rallentati da difficoltà di gestione nazionali. In tale ottica muove il recente aumento di capitale della Banca europea per gli investimenti pari a 10 miliardi di euro, che dovrebbe consentire all Istituto di prestare 60 miliardi di euro aggiuntivi a sostegno della crescita e dell'occupazione: unitamente al Fondo europeo per gli investimenti, questo contribuirà ad attivare progetti d investimento per un valore fino a 180 miliardi di euro nel periodo Tali risorse concorrono al finanziamento delle misure di stimolo alla crescita previste dal Patto per la crescita e l occupazione approvato dal Consiglio europeo di giugno 2012, riguardanti le infrastrutture, l'efficienza energetica, l'economia digitale, la ricerca e l'innovazione e le PMI. Una strategia di intervento che andrebbe ampliata. Ma si tratta anche di arrivare al più presto ad una definizione dei cosiddetti accordi contrattuali e dei mezzi per incoraggiare gli Stati membri che si impegnano ad attuare interventi di carattere strutturale. Un meccanismo, la cui introduzione è stata sostenuta dal nostro paese, che prefigura il ricorso ad accordi di natura contrattuale tra gli Stati membri e le istituzioni dell UE, attraverso i quali gli Stati assumerebbero l impegno ad attuare interventi specifici in tempi e modalità certe a fronte delle quali beneficerebbero di incentivi limitati, temporanei, flessibili e orientati sull obiettivo. Per il nostro paese potrebbe essere l occasione per dar corpo, ad esempio, ad interventi in materia ambientale (gestione dei rifiuti, questione di raccolta trattamento e smaltimento dei residui) in cui più forte è oggi il ritardo rispetto a regole e paesi della Unione europea. La necessità di superare le sanzioni e abbattere i costi economici e sociali legati a tali ritardi renderebbe coerente la richiesta di operare con finanziamenti nazionali in deroga e più facile misurare l efficacia dell intervento. 5
6 4. La riapertura del dibattito in seno al Consiglio europeo, e le più recenti vicende nazionali in termini di ritardo dei pagamenti per spesa in conto capitale, hanno riportato all attenzione la coerenza del meccanismo posto a presidio del concorso degli enti territoriali agli obiettivi di finanza pubblica con la necessità di garantire l adeguamento della dotazione infrastrutturale, base ed essa stessa forza propulsiva di un processo di crescita. Da più parti si sono levate accuse al Patto di stabilità interno di aver causato una caduta degli investimenti senza riuscire, invece, a garantire adeguatamente un processo di riduzione della spesa corrente. Una riflessione su possibili modifiche al funzionamento del Patto sono quindi, oggi, nell agenda politica. Una revisione delle norme che regolano il Patto interno deve essere letta innanzitutto alla luce dei vincoli che vengono attribuiti agli enti territoriali nella legge rinforzata che da attuazione al precetto del pareggio di bilancio in Costituzione. La legge n. 243/2012 prevede dal 2014 il pareggio del saldo complessivo di bilancio (entrate finali spese finali) e del saldo di parte corrente, includendo tra le spese la quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti. L accesso al debito da parte degli enti territoriali è consentito solo per finanziare spese di investimento e viene previsto secondo una procedura di intesa, a livello regionale, per consentire che questo sia coerente con la necessità di assicurare l equilibrio complessivo a livello di comparto regionale, misurato in termini di gestione di cassa finale del complesso degli enti della regione. Ciò richiede che, ad inizio anno, ciascun ente debba comunicare il saldo di cassa tra entrate finali e spese finali che prevede di conseguire e gli investimenti che intende realizzare, sia ricorrendo a indebitamento, sia utilizzando i risultati di amministrazione degli esercizi precedenti. Si tratta di una impostazione che valorizza l esperienza maturata in questi anni con i patti di solidarietà e che va potenziata. Il nuovo quadro normativo, quindi, definendo la condizione standard a cui devono attenersi gli enti, non esclude dal vincolo la spesa in conto capitale. Né potrebbe, pena il rischio di ingovernabilità della finanza pubblica. Il rinvio, sempre nella legge rinforzata, a norme specifiche per regolare il contributo aggiuntivo degli enti agli equilibri di finanza pubblica non esclude che questo venga concentrato sulla spesa corrente. Una scelta, tuttavia, di cui va attentamente valutata la sostenibilità, specie in un momento come quello 6
7 che stiamo vivendo di forte difficoltà per gli enti territoriali a garantire le funzioni fondamentali e i livelli essenziali di assistenza. Ritengo quindi che gli spazi per la rivisitazione del Patto interno debbano essere ricercati proprio nell ambito delle azioni comuni e degli interventi mirati concordati, come dicevo in precedenza, a livello europeo. Gli enti territoriali sono infatti i principali destinatari sia degli interventi comunitari e che di possibili accordi contrattuali. Ma deve essere chiaro che si tratta di intervenire non solo sulla dimensione dello sforzo finanziario, ma anche sulla tempestività degli interventi, spesso rallentati da difficoltà di gestione delle amministrazioni decentrate. 5. In conclusione, limitati appaiono oggi i margini per aprire a deroghe al Patto di stabilità e crescita europeo e, su questa base, ridisegnare il Patto di stabilità interno. Il percorso di risanamento intrapreso richiede che siano portate a termine e rese efficaci le misure volte a ridurre i costi eccessivi degli apparati pubblici, rivedendo ove necessario i confini stessi dell intervento pubblico e liberando in tal modo le risorse per una riduzione dell incidenza fiscale su lavoro e redditi. Non si tratta, quindi, di trovare regole ulteriori a quelle poste a presidio dell equilibrio economico dei paesi aderenti. La necessità di un intervento a sostegno della crescita non va ricercato in una deroga generica agli obiettivi, ma in azioni mirate di livello europeo. Si tratta di cogliere l occasione per ritrovare le ragioni di appartenenza all Unione europea non nei soli vincoli di bilancio, ma nell adozione di progetti di rilevante interesse strategico comune. Ciò, con un coinvolgimento delle strutture di governo decentrate in base a tempi di realizzazione certi e elevate penalizzazioni in caso di ritardo di attuazione. Azioni in cui gli stati in tutte le loro articolazioni siano misurati su capacità realizzativa ed efficienza gestionale. Terreni su cui il nostro Paese ha l obbligo, in primo luogo verso i suoi cittadini, di dimostrarsi in grado di superare tradizionali arretratezze e di non deludere le attese. 7
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