Strategie di internazionalizzazione: delocalizzazione produttiva
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- Arturo Annibale Festa
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1 Panel agroalimentari Indagini monografiche Panel Agroalimentari Ismea Strategie di internazionalizzazione: delocalizzazione produttiva 2005 Introduzione Attraverso le aziende del Panel delle aziende di trasformazione agroalimentare Ismea, è stata condotta un indagine sulla delocalizzazione produttiva delle aziende italiane, al fine di approfondire la conoscenza dei cambiamenti in atto nei modelli produttivi dell impresa. Descrizione del Panel L indagine diretta si è basata sulle 620 aziende della trasformazione agroalimentare che fanno parte del Panel Agroalimentare Ismea. Le aziende sono rappresentative di 6 settori della trasformazione agroalimentare (tabella ) che, più dettagliatamente, comprendono 7 segmenti (grafico ). Queste aziende, inoltre, risultano distribuite sull intero territorio nazionale (grafico 2). (Per maggiori approfondimenti sul profilo del Panel si rimanda alla Nota metodologica). Tabella - Composizione Panel Agroalimentare Ismea per settore di appartenenza Settore: Codice Ateco 2002 Numero aziende Trasformazione vitivinicola Trasformazione ortofrutticola Produzione olio Trasformazione cereali 5.6&5.7 5 Trasformazione carni Trasformazione lattiero-casearia Totale 620
2 Grafico Composizione Panel agroalimentare Ismea per segmento (numero di aziende) Cunicola 5 Ovicaprino 25 Altro 45 Manigimistica 45 Avicola 25 Vino altro 68 Riso 20 Suina 40 Succhi 25 Patate 0 Olio Molitoria Bovina 40 Bovino 00 Vino docdocg 22 Pomodoro 30 Trasf. vitivinicola Trasf. ortofrutticola Produzione olio Trasf. cereali Macellazione Trasf. lattierocasearia Grafico 2 Ripartizione territoriale Panel agroalimentare Ismea (numero di aziende) Sud e Isole: 83 Nord Ovest: 25 Centro: 7 Nord Est: 24 Dei 620 operatori del Panel Agroalimentare Ismea, soltanto 2 hanno dichiarato di aver avviato nella loro impresa un processo di delocalizzazione produttiva (tabella 2). Questo dato ha le sue radici nella composizione del campione, all interno del quale prevalgono la micro e la piccola impresa, di cui fanno parte rispettivamente 325 e 94 aziende del Panel Agroalimentare Ismea. Solo 87 aziende appartengono, invece, alla media impresa e 4 alla grande. L economia italiana, del resto, è costituita da un esteso tessuto di piccole imprese, mentre sono soprattutto le imprese di grandi dimensioni ad abbracciare con più 2
3 facilità un ottica di internazionalizzazione. Il processo di delocalizzazione, infatti, comporta elevati costi di transazione che le piccole e medie imprese non sempre possono sostenere. La piccola dimensione, inoltre, spesso si accompagna ad una maggior fragilità finanziaria e quindi ad una più elevata esposizione ai rischi. La delocalizzazione produttiva, comporta poi la difficoltà di gestire nuove reti di divisione del lavoro a scala transnazionale, che richiede forme di coordinamento più evolute, tecnologie avanzate, che spesso non sono alla portata delle piccole aziende. Per le imprese di piccole dimensioni, la strada della delocalizzazione può essere intrapresa con maggior facilità attraverso la formazione di gruppi di imprese che realizzino progetti di investimento congiunti. Scendendo nel dettaglio dell analisi dei dati è importante notare che entrambe le aziende che hanno già avviato un processo di delocalizzazione appartengono al settore della trasformazione ortofrutticola. Una delle aziende è inoltre ubicata nel Nord-Est della Penisola e opera nel segmento della trasformazione delle patate, mentre l altra è collocata nel Meridione e il segmento di attività è quello della trasformazione ortofrutticola altro. Secondo dato interessante, è che l impresa del Nord-Est ha scelto di spostare all estero, precisamente nell Est Europeo, l intero ciclo produttivo, mentre l altra non ha specificato quali fasi delocalizzerà e in che area geografica. Tabella 2 - Aziende che hanno delocalizzato Numero aziende Sì 2 No 64 Non so, n.r. 4 Totale risposte 620 Nonostante solo due aziende, alla data dell intervista abbiano già avviato un processo di delocalizzazione, sono stati 4 gli operatori che hanno dichiarato che certamente delocalizzeranno e 8 quelli che probabilmente lo faranno (tabella 3). Tabella 3 - Imminente delocalizzazione da parte di chi non ha ancora delocalizzato Numero aziende Certamente sì 4 Probabilmente sì 8 Probabilmente no 63 Certamente no 56 Non so, n.r. 3 Totale risposte 64 3
4 Tabella 4 - Aziende propense a delocalizzare Hanno delocalizzato Certamente delocalizzeranno Probabilmente delocalizzeranno Totale Quota Campione Trasformazione vitivinicola ,3% Vino doc-docg Vino Altro Trasformazione ortofrutticola ,% - Pomodoro Patate Succhi di frutta Altro Produzione olio ,3% Trasformazione cereali ,5% - Mangimi Riso Molitoria Macellazione ,3% - Bovini Suini Avicoli Conigli Trasformazione lattiero-casearia ,8% - Bovino Ovicaprino Totale ,9% Delle 4 aziende che prevedono un imminente delocalizzazione (ovvero che certamente delocalizzeranno), 2 sono ubicate nel Nord-Est e appartengono ai settori della trasformazione ortofrutticola (in particolare al segmento della trasformazione delle patate) e della trasformazione dei cereali (più nel dettaglio al segmento della mangimistica), è collocata nel Nord-Ovest e opera nella macellazione suina e l ultima ha la sua sede nel Centro Italia e si occupa della trasformazione del latte ovicaprino. Tra le 8 aziende che probabilmente delocalizzeranno sono ben 7 quelle che appartengono al settore della trasformazione ortofrutticola, di cui 4 alla trasformazione ortofrutticola altro, al segmento della trasformazione del pomodoro e 2 a quello dei succhi. Le restanti, sono uniformemente distribuite tra gli altri settori agroalimentari (3 nella macellazione, 3 nella trasformazione dei cereali, 3 nella trasformazione vitivinicola e 2 nella produzione di olio) (grafico 3). Quanto alla localizzazione delle aziende che probabilmente delocalizzeranno, prevalgono quelle ubicate nel Nord-Est, dove si mostrano propense a delocalizzare 4 aziende della trasformazione ortofrutticola, di cui della trasformazione del pomodoro; del riso e della trasformazione suina. Nel Meridione sono invece collocate 3 azienda della trasformazione ortofrutticola, di cui della trasformazione ortofrutticola altro e 2 dei succhi di frutta; dell olio; dell industria molitoria e del vino senza denominazione. Più in ombra il Centro Italia, con azienda che opera nel segmento dell olio; nella macellazione suina; in quello del vino a do e l ultima in quello del vino senza denominazione. Solo 2 le aziende del Nord-Ovest, che appartengono al segmento del 4
5 riso e l altra della macellazione avicola. Una prima conclusione che si evince dall analisi dei dati, dunque, è che sono prevalentemente le aziende ortofrutticole ad incontrare maggiori difficoltà sul territorio nazionale e conseguentemente a mostrare una maggior propensione allo spostamento del ciclo produttivo all estero (il 9,% delle aziende corrispondenti del campione, hanno delocalizzato o vogliono delocalizzare, mentre per gli altri settori la stessa quota è sempre inferiore al 4%). Grafico 3 Numero di aziende che probabilmente delocalizzeranno Succhi 2 Pomodoro Vino altro Vino docdocg 2 Riso 2 Altro 4 Olio 2 Molitoria Avicola Suina 2 Trasf. vitivinicola Trasf. ortofrutticola Produzione olio Trasf. cereali Macellazione Rispondenti: 8 aziende che probabilmente delocalizzeranno Delle 22 aziende che prevedono di delocalizzare la produzione (4 che delocalizzeranno sicuramente; 8 che lo faranno probabilmente), solo 4 risultano propense a spostare all estero l intero ciclo produttivo (tabella 4); 2 di queste aziende appartengono al settore dell industria molitoria (più nel dettaglio al segmento del riso e della mangimistica) e trasferiranno la produzione nell Est Europeo, opera nel settore della trasformazione ortofrutticola (nel segmento dei succhi di frutta) e trasferirà in Cina il ciclo produttivo, mentre l ultima, appartiene al settore vinicolo (trasformazione del vino senza do) non ha ancora stabilito dove delocalizzerà. Tabella 5 - Processi interessati dall'ipotesi di delocalizzazione Numero aziende Intero ciclo 4 Alcune fasi 8 Altro 0 Non so, n.r. 0 Totale risposte 22 Rispondenti: 22 aziende (4 aziende che delocalizzeranno certamente; 8 aziende che delocalizzeranno probabilmente) Tra le aziende che delocalizzeranno certamente e probabilmente, sono 8 e, dunque, la maggioranza, quelle che trasferiranno all estero solo una fase del ciclo produttivo. A prevalere, sono ancora una volta le imprese che operano nel settore della trasformazione 5
6 ortofrutticola in numero di 7, seguite da quelle della macellazione (4) (Grafico 4). Quanto allo loro ubicazione, tra quelle propense a delocalizzare solo alcune fasi, sono le imprese del Nord-Est a prevalere (6 aziende: 5 trasformazione ortofrutticola, di cui trasformazione pomodoro e trasformazione patate; macellazione suina,), seguite dalle aziende del Centro Italia (5 in tutto: olio; macellazione suina; trasformazione latte ovicaprino; vino a denominazione d origine; vino senza do), del Meridione (4 aziende: 2 trasformazione ortofrutticola, di cui succhi di frutta; olio; industria molitoria) e, infine, del Nord-Ovest (3 aziende: riso; macellazione suina; macellazione avicola). La propensione al trasferimento all estero solo di alcune fasi del ciclo produttivo, dipende dal fatto che, in questo modo, non si pregiudica il radicamento dell azienda in Italia. L allungamento della filiera, spostando solo alcune fasi della produzione consente, infatti, di mantenere il controllo e la progettazione all interno dei confini nazionali. Nell Unione Europea, il trasferimento all estero di alcune fasi di lavoro è stato definito appunto TPP (traffico di perfezionamento passivo) ed è regolamentato da una procedura particolare che consente alle imprese europee di trasferire all estero un prodotto appena abbozzato e di reimportarlo in una fase di lavoro più avanzato senza pagare dazi. Grafico 4 Numero di aziende orientate a delocalizzare solo alcune fasi del processo produttivo Altro 4 Avicola Vino altro Succhi Vino docdocg Patate Pomodoro Riso Latte Olio 2 Suina 3 ovicaprino Molitoria Trasf. vitivinicola Trasf. ortofrutticola Produzione olio Trasf. cereali Macellazione Trasf.lattierocasearia Rispondenti: 8 aziende sulle 22 aziende che delocalizzeranno certamente o probabilmente Stando alle dichiarazioni degli operatori, 0 aziende su 8 sono favorevoli al trasferimento delle fasi collegate alla prima trasformazione cioè alla trasformazione delle materie prime, mentre 6 prevedono lo spostamento delle fasi collegate alla seconda trasformazione (tabella 5). Molte aziende, dunque, preferiscono la delocalizzazione delle sole attività a bassa specializzazione poiché, spesso, nei Paesi di destinazione non è facile trovare lavoratori specializzati. Questi dati confermano, inoltre, la tesi secondo cui uno dei motivi principali che spingono le imprese ad avviare un processo di delocalizzazione è l abbattimento dei costi, in particolare di quelli legati all approvvigionamento delle materie prime. 6
7 Tabella 6 - Fasi che si intende delocalizzare Numero aziende Quelle collegate alla prima trasformazione (trasformazione della materia prima) 0 Quelle collegate alla seconda trasformazione (trasformazioni successive) 6 Altro Non so, n.r. Totale risposte 8 Rispondenti: 8 aziende orientate a delocalizzare solo alcune fasi del processo produttivo I dati presi in esame rivelano, inoltre, l orientamento geografico delle 8 aziende che prevedono la delocalizzazione solo di alcune fasi del processo produttivo. Com è reso evidente dal grafico 5, tra le destinazioni preferite ci sono i Paesi dell Est Europeo (comunitari e non), dove pensano di spostare una parte del ciclo produttivo imprese. Questo dato, è riconducibile al fatto che sono soprattutto le aziende del Nord-Est della Penisola a prevedere la delocalizzazione. La prossimità geografica, infatti, costituisce un elemento importante nella scelta del Paese di destinazione. Altre mete di percorsi delocalizzativi, sono i Paesi asiatici (7 di cui: Cina: 3 aziende, India: azienda, Thailandia: 2 aziende) e quelli del Sud America (6 aziende). La scelta dei Paesi in cui trasferire la produzione avviene, dunque, anche sulla base di vantaggi competitivi come la disponibilità di manodopera e di terreni, facilitazioni sul piano fiscale, minori costi del lavoro e meno burocrazia. Se le motivazioni che incidono nella scelta del Paese in cui delocalizzare la produzione sono prevalentemente di tipo economico, esistono, o dovrebbero esistere anche altri aspetti. Ad esempio la presenza di una minoranza italiana, la diffusa conoscenza della lingua, la possibilità di trovare un contesto socio economico simile a quello italiano. Grafico 5 - Paesi verso i quali si orienterà il processo di delocalizzazione Paesi dell'est europeo (comunitari e non) Paesi Asiatici Cina 3 Thailandia India Altri 2 Sud America 6 Africa Altro Non so, n.r. 3 Rispondenti: 8 aziende orientate a delocalizzare solo alcune fasi del processo produttivo Nota: trattasi di domanda a risposta multipla, con un massimo di 3 risposte 7
8 A tutti gli operatori del Panel agroalimentare Ismea, a prescindere dalla loro intenzione di avviare nell azienda un processo di delocalizzazione produttiva, è stato chiesto di indicare quali possono essere i vantaggi conseguenti allo spostamento all estero della produzione (tabella 6). Osservando le opinioni degli intervistati si evince che il 37,6% degli intervistati non ritiene che ci siano vantaggi nella delocalizzazione, mentre il 36,3% evidenzia il vantaggio rappresentato dall abbattimento dei costi. Sono soprattutto gli operatori che operano nel settore della trasformazione lattiero-casearia (60: di cui 48 trasformazione latte bovino e 2 trasformazione latte ovi-caprino) a considerare il risparmio dei costi come il maggior beneficio, seguiti da quelli della trasformazione ortofrutticola (58: di cui 28 trasformazione ortofrutticola altro, 3 trasformazione pomodoro, 2 trasformazione patate e 5 succhi di frutta). Tra i fattori che rappresentano una spinta al trasferimento della produzione, importante risulta anche l acquisizione di nuovi mercati, indicata nel 0,8% delle risposte come un vantaggio della delocalizzazione. Il presidio dei mercati esteri da parte delle imprese, infatti, è spesso condizione necessaria per consolidare un vantaggio competitivo e la pensano in questo modo soprattutto gli operatori della trasformazione vinicola (in particolare del segmento del vino senza do: risposte) e dell industria molitoria (0). Il 2,4% delle risposte ha individuato altri vantaggi inerenti al processo di delocalizzazione, primo fra tutti la vicinanza al consumatore del prodotto finale. Altre risposte hanno invece considerato le questioni logistiche e normative. Anche aggirare la rigida normativa europea in generale e italiana in particolare, infatti, influisce nella decisione di delocalizzare. E importante considerare, però, che se lo spostamento della produzione all estero è finalizzato solo alla rimozione e all aggiramento della normativa internazionale e alla ricerca di minor pressione fiscale, la delocalizzazione assume caratteristiche di dumping sociale. Da sottolineare, comunque, che le 2 aziende che hanno già trasferito la produzione all estero e che quindi si avvalgono della loro esperienza, hanno individuato nel risparmio dei costi e nell acquisizione di nuovi mercati i maggiori vantaggi della delocalizzazione. Tabella 7 - Vantaggi del processo di delocalizzazione (numero di risposte) Risparmio dei costi (36,3%) Acquisizione nuovi mercati (0,8%) Altro (2,4%) Nessuno (37,6%) N.s/ n.r. (2,9%) Totale Trasformazione ortofrutta altro Trasformazione pomodoro Trasformazione patate Succhi di frutta Olio Industria molitoria Riso Mangimi Macellazione bovini Macellazione suini Macellazione avicoli Macellazione conigli Trasformazione latte bovino Trasformazione latte ovi-caprino Vino doc-docg Vino altro Totale risposte Rispondenti: 620 aziende del Panel Agroalimentare Ismea Nota: trattasi di domanda a risposta multipla, con un massimo di 3 risposte 8
9 Tabella 8 - Vantaggi e politiche di delocalizzazione (numero di risposte) Già Non Delocalizzerà delocalizzato delocalizzerà N.s./ n.r. Totale Num % Num % Num % Num % Num % Risparmio di costi 2 00,0 6 72, ,8 8 47, ,5 Acquisizione di mercati delle aree dove si delocalizza 50,0 9 40,9 60 0,4 5,9 7,5 Altro 0 0,0 2 9, 4 2,4 0 0,0 6 2,6 Nessuno 0 0,0 0 0, , 4 23, ,0 Non so, n.r. 0 0,0 4,5 79 3,6 5 29,4 85 3,7 Totale aziende Rispondenti: 620 aziende del Panel industria Ismea Nota: trattasi di domanda a risposta multipla, con un massimo di 3 risposte Ai 239 operatori che hanno indicato il risparmio dei costi come principale spinta alla delocalizzazione, è stato chiesto di evidenziare la tipologia di costi sui quali il trasferimento all estero della produzione comporta un vantaggio. La convenienza economica è individuata, nel 50,9% delle risposte, nel basso costo della manodopera e, a sostenere questa tesi, sono soprattutto gli operatori che fanno parte del settore della trasformazione ortofrutticola (55: di cui 28 trasformazione ortofrutticola altro, 3 trasformazione pomodoro, 2 trasformazione patate e 2 succhi di frutta) e della trasformazione lattiero-casearia (5: di cui 39 trasformazione latte bovino e 2 trasformazione latte ovicaprino). Altra fonte di risparmio, secondo il 28,8% delle risposte, è costituita dal minor costo delle materie prime e dei semilavorati. Hanno risposto in questo modo, ancora una volta, gli soprattutto gli operatori del settore della trasformazione del lattiero-casearia (35: di cui 28 trasformazione latte bovino e 7 trasformazione latte ovicaprino) e della trasformazione ortofrutticola (34: di cui 8 trasformazione ortofrutticola altro, 9 trasformazione pomodoro, trasformazione patate e 6 succhi di frutta). Nell,6% delle risposte, un altra tipologia di costi sui quali la delocalizzazione comporta dei vantaggi sul costo degli impianti e delle strutture di trasformazione, mentre per il 4,5% il risparmio è legato ai costi di trasporto. 9
10 Tabella 9 - Tipologia di costi sui quali la delocalizzazione comporta un vantaggio (numero di risposte) Materie prime e Manodopera (50,9%) semilavorati (28,8%) Impianti (,6%) Trasporti (4,5%) Altro (3,3%) N.s./ n.r. (0,9%) Totale Trasformazione ortofrutta altro Trasformazione pomodoro Trasformazione patate Succhi di frutta Olio Industria molitoria Riso Mangimi Macellazione bovini Macellazione suini Macellazione avicoli Macellazione conigli Trasformazione latte bovino Trasformazione latte ovicaprino Vino doc-docg Vino altro Totale risposte Rispondenti: 239 aziende che considerano il risparmio dei costi il maggior vantaggio della delocalizzazione Nota: trattasi di domanda a risposta multipla, con un massimo di 4 risposte Il risparmio di costi conseguente alla delocalizzazione produttiva, porta ad un miglioramento delle performance aziendali e, dunque, ad una crescita della competitività che favorisce il presidio e lo sviluppo di nuovi mercati. Secondo il 3,% delle risposte, il risparmio dei costi offre all azienda l opportunità di conquistare nuovi mercati e, a pensarla in questo modo, sono soprattutto le imprese della trasformazione ortofrutticola (25: di cui 2 trasformazione ortofrutticola altro, 6 trasformazione pomodoro, trasformazione patate e 6 succhi di frutta), del settore olio (5), e della trasformazione lattiero-casearia (5: di cui 2 trasformazione latte bovino e 3 trasformazione latte ovicaprino). Nel 23% delle risposte, invece, si ritiene che il risparmio dei costi favorisca la conquista di nuove quote di mercato dove l azienda è già presente. Orientate a questa ipotesi sono ancora le aziende operanti nel settore della trasformazione lattiero-casearia (9: di cui 8 trasformazione latte bovino e trasformazione latte ovicaprino) e della trasformazione ortofrutticola (7: di cui 0 trasformazione ortofrutticola altro, 4 trasformazione pomodoro e 3 succhi di frutta). Altra opinione largamente condivisa dagli operatori del Panel Agroalimentare Ismea è, inoltre, che il risparmio dei costi consente il consolidamento delle quote di mercato (34% delle risposte). Ancora una volta questa opinione prevale tra le aziende della trasformazione ortofrutticola (32: di cui 23 trasformazione ortofrutticola altro, 4 trasformazione pomodoro, trasformazione patate e 4 succhi di frutta) e della trasformazione lattiero-caseria (28: di cui 22 trasformazione latte bovino e 6 trasformazione latte ovicaprino). 0
11 Tabella 0 Strategie commerciali conseguenti al risparmio dei costi (numero di risposte) Conquistare nuovi mercati (3,%) Conquistare nuove quote di mercato (23,0%) Difendere le proprie quote (33,6%) Altro (0,0%) N.s./ n.r. (2,3%) Totale Trasformazione ortofrutta altro Trasformazione pomodoro Trasformazione patate Succhi di frutta Olio Industria molitoria Riso Mangimi Macellazione bovini Macellazione suini Macellazione avicoli Macellazione conigli Trasformazione latte bovino Trasformazione latte ovicaprino Vino doc-docg Vino altro Totale risposte Rispondenti: 239 aziende che considerano il risparmio dei costi il maggior vantaggio della delocalizzazione Nota: trattasi di domanda a risposta multipla, con un massimo di 3 risposte Ai 620 operatori del Panel Agroalimentare Ismea, è stato chiesto di evidenziare gli svantaggi e le difficoltà di un processo di delocalizzazione produttiva (tabella 2). Tenendo conto del fatto che ogni settore affronta delle problematiche diverse, nel 6,6% delle risposte si evidenzia il rischio legato alla qualità dei prodotti. Seguono per importanza la perdita di immagine del prodotto (3,8%), gli elevati costi di trasporto (,2%), l impossibilità di mantenere i requisiti dop/doc/igt/igp (%) e il maggior impegno necessario per controllare la produzione (0,4%). Altri svantaggi connessi al trasferimento della produzione all estero sono considerati la perdita di controllo del ciclo produttivo (5,9%), la difficoltà nel trovare lavoro specializzato (5,8%), l adeguamento a diverse disposizioni normative (3,4%), le diverse modalità di contratto, di fornitura e vendita (2,4%) e, infine, la perdita (totale o parziale) delle conoscenze acquisite dall impresa (,6%). Delle aziende che si possono avvalere dell esperienza diretta, poiché hanno già avviato un processo di delocalizzazione, una non ha saputo indicare svantaggi inerenti al trasferimento all estero della produzione, mentre l altra ha segnalato la difficoltà legata alle diverse modalità di contratto, di fornitura e di vendita.
12 Tab. - Svantaggi e difficoltà di un processo di delocalizzazione (numero di risposte) Diverse Adeguamento normativa (3,4%) modalità fornitura e vendita (2,4%) Perdita conoscenze acquisite dall impresa (,6%) Difficoltà trovare lavoro specializzato (5,8%) Rischi qualità dei prodotti (6,6%) Perdita requisiti dopdoc ecc. (,0%) Elevati costi di trasporto (,2%) Trasformazione ortofrutta altro Trasformazione pomodoro Trasformazione patate Succhi di frutta Olio Industria molitoria Riso Mangimi Macellazione bovini Macellazione suini Macellazione avicoli Macellazione conigli Trasformazione latte bovino Trasformazione latte ovicaprino Vino doc-docg Vino altro Totale risposte Perdita controllo ciclo produttivo (5,9%) Maggior impegno per controllo produzione (0,4%) Perdita immagine del prodotto (3,8%) N.s./ n.r. (7,0%) Totale Altro Nessuno Settore: (6,9%) (4,0%) Trasformazione ortofrutta altro Trasformazione pomodoro Trasformazione patate Succhi di frutta Olio Industria molitoria Riso Mangimi Macellazione bovini Macellazione suini Macellazione avicoli Macellazione conigli Trasformazione latte bovino Trasformazione latte ovicaprino Vino doc-docg Vino altro Totale risposte Rispondenti: 620 aziende del Panel industria Ismea Nota: trattasi di domanda a risposta multipla, con un massimo di 3 risposte 2
13 Ismea Direzione Mercati e Risk Management Unità operativa Osservatori e Panel Responsabile Unità : Franca Ciccarelli (+39) Redazione: Alessandra Pennacchietti (+39)
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