4. Attività sismica 4.1 Sismicità storica

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1 65 4. Attività sismica Per cercare di valutare la potenzialità sismica di una zona è necessario avere una conoscenza più completa e dettagliata possibile dell attività sismica passata. Questa informazione è di seguito suddivisa in sismicità storica e sismicità strumentale. La prima (paragrafo 4.1) si riferisce alle scosse principali avvenute dopo il 1000 nelle Marche, in Umbria e dintorni di queste Regioni. La magnitudo o l intensità sotto la quale le informazioni mancano o sono molto incomplete non è ben definibile, anche se è presumibile che questa soglia si abbassi progressivamente con il procedere del tempo, per la maggiore disponibilità ed attendibilità delle fonti storiche ed archivistiche civili, religiose e private. La stessa considerazione si può fare per le possibili lacune dei cataloghi dei terremoti, che diventano sempre più improbabili avvicinandosi al periodo attuale. Anche l incertezza sulla localizzazione delle scosse nello spazio e nel tempo risente ovviamente della lontananza temporale. Questo vale in modo particolare per la profondità dei terremoti, che può essere molto difficilmente stimata senza un adeguato complesso di registrazioni strumentali attorno alla zona epicentrale. Per questo motivo, per la maggior parte delle scosse i cataloghi sismici non riportano la profondità dell ipocentro. E questo è anche il motivo per cui una parte dell informazione sulla sismicità è riportata in un paragrafo a parte (4.2) sotto il nome di sismicità strumentale. Questo tipo di notizie, disponibile solo per il periodo successivo al 1980, offre un quadro molto più completo dell attività sismica, in quanto riporta anche scosse di magnitudo molto piccola e fornisce anche informazioni attendibili sui dati ipocentrali, compresa la geometria della sorgente sismica (meccanismo focale) per i terremoti più importanti. Quest ultima informazione, descritta nel paragrafo 4.3, è poi confrontata con le indicazioni ottenute dalle misure geodetiche. 4.1 Sismicità storica Attualmente, il catalogo nazionale più aggiornato è il CPTI11 (Rovida et alii, 2011), che deriva dai precedenti Cataloghi Parametrici dei Terremoti Italiani (Gruppo di Lavoro CPTI, 2001 e 2004). Tali prodotti sono stati preceduti da altre raccolte, tuttora fonti di informazioni utili, come il Catalogo dei Forti Terremoti in Italia (CFTI), a cura di ING SGA (Boschi et alii, 1995, 1997, 2000), i cataloghi NT del GNDT (Camassi e Stucchi, 1997) ed anche il meno recente catalogo del Progetto Finalizzato Geodinamica (Postpischl, 1985). Sono inoltre da considerare le informazioni e le analisi storiografiche riportate in alcuni studi specifici (Guidoboni e Comastri, 2005). I dati usati in questa relazione derivano principalmente dal catalogo CPTI11, con alcune integrazioni prese dagli altri cataloghi e lavori citati sopra. Una prima sintetica informazione sull attività sismica nelle Marche e in Umbria è fornita dall elenco dei terremoti di M ³ 5.0 avvenuti dopo il 1000 (Tab ), che mette in evidenza come questa zona possa essere classificata tra le regioni più sismiche dell Italia. Ben 37 eventi hanno una magnitudo maggiore o uguale a 5.5 con 15 eventi che eguagliano o superano la magnitudo 6 L intervallo medio tra le scosse principali (M 5.5) è circa 18 anni. Tale informazione è comunque poco significativa, poiché l intervallo tra le scosse suddette varia da qualche ora come accaduto nella crisi sismica del Novembre Ottobre 1997 sino ad un secolo e mezzo (la distanza che separa le scosse della Valtiberina del 1458 e 1599). Questo implica che qualsiasi previsione sullo sviluppo dell attività sismica futura unicamente basata sull analisi statistica della storia conosciuta sarebbe associata ad un incertezza estremamente elevata. Inoltre, la frequenza di scosse forti è ben diversamente distribuita all interno della zona in esame, per esempio è maggiore nella dorsale appenninica rispetto al resto del territorio (Tab ). Questa constatazione ha contribuito a definire i contorni di specifiche zone sismogenetiche per l Umbria-Marche, come descritto nel seguito. La pericolosità sismica delle Marche e dell Umbria è poco influenzata dalle scosse forti che avvengono fuori dai confini regionali poiché, a parte la zona costiera del pesarese che risente soprattutto della sismicità del riminese, tutto il territorio è sede di eventi con intensità superiore a quelli avvenuti nelle regioni circostanti.

2 66 Per mettere in evidenza il quadro complessivo della sismicità in rapporto alla geologia della zona in oggetto, gli epicentri dei terremoti con M 4 sono riportati sulla figura Inoltre, per indagare possibili relazioni tra sismicità e lineamenti morfologici, la figura mostra gli epicentri suddetti su un modello topografico digitale di un area comprendente le Marche e l Umbria. Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine Longitudine Magnitudo Intensità T (N ) (E ) (Mw) Io (Imax) (anni) Spoleto Ancona Sansepolcro Orvietano (8.5) Spoleto Camerino (10) Reatino (10) Norcia Monterchi Sansepolcro G Fano Bocca Serriola Val Tiberina Città di Castello (7) Ancona Foligno (7.5) Monteprandone (7.5) Sansepolcro Sansepolcro Cupramontana (7) Alta Valtiberina (7.5) Trevi Gubbio Valnerina Fossato di Vico Macerata Est Accumoli Annifo Spoleto Foligno Anconetano Alta Valtiberina (7) Bagnoregio (9) Norcia Spello Appennino Umbro Reatino Spoleto Spoleto Acquasparta Frontone (7.5) Narni Cascia Alta Valnerina Annifo Alta Valtiberina (7.5) S.Lorenzo in Campo Valnerina Gubbio Bagnoregio (7.5) Fabrianese Bagnoregio Spoleto (8) Nocera Umbra Campodonico S. Gemini Appennino Umbro-Marchigiano San Gemini Umbria Spoletino Cagliese Alta Valle del Chienti (8) Umbria Meridionale Val Tiberina

3 Appennino Umbro Ferentillo Afrile Appennino Marchigiano (9.5) Macerata Est Valnerina Valle del Topino Alta Valle del Chienti Valnerina Valnerina Spoleto Valle del Topino Norcia Citta' della Pieve (7) Umbria Settentrionale Numana Marche Meridionali (9) Valle del Clitunno Valnerina Grottammare Accumoli Visso Baiano S.Anatolia Adriatico Centrale Appennino Umbro-Marchigiano (7.5) Visso Arrone Mucciafora (8) Accumoli Gualdo Tadino Alta Valle del Chienti Stroncone (7) Monti Sibillini (7) Reatino Valtiberina Ternano Numana (6.5) Monterchi Sarnano Medio Adriatico Senigallia (8.5) Caldarola (7.5) Bastia Deruta Offida Marche Meridionali-Abruzzo (9) Labro Accumoli Sarnano Castel Ritaldi Castel Giorgio (7.5) Gubbio Preci (7) Ancona Trasimeno Norcia Medio Adriatico Montefortino Valnerina (8) Valnerina Valnerina Gubbio Castel Ritaldi Massa Martana (7) Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano (9) Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano (8.5) Appennino Umbro-Marchigiano

4 Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Valnerina Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano (6.5) - Tab Elenco dei terremoti con M ³ 5 o Imax 7 avvenuti nelle Marche e Umbria dopo il 1000 (Rovida et alii, 2011). La magnitudo riportata in tabella corrisponde al parametro Maw descritto nel catalogo CPTI11, T è l intervallo di tempo trascorso dall evento precedente. In grassetto i terremoti con M 5.5. L intensità macrosismica è espressa nella scala Mercalli Cancani Sieberg (MCS). La lettera G accanto alla magnitudo indica un evento descritto da Guidoboni e Comastri (2005). Fig Sismicità storica di Umbria, Marche e dintorni dall anno 1000, riportata sulla Carta Strutturale d Italia (Bigi et alii, 1990) Per le scosse più forti (M 5.5, simboli rossi) è stato riportato l anno e l intensità MCS. I simboli blu indicano le scosse con 5.0 M < 5.5 (Rovida et alii, 2011). Alcune informazioni provengono da Guidoboni e Comastri (2005) e Mariotti e Guidoboni (2006). In rosso le linee di costa e in viola i confini delle Regioni coinvolte.

5 69 Fig Caratteristiche morfologiche e orografiche dell Appennino Tosco Emiliano Romagnolo (I simboli circolari indicano i terremoti con M ³ 5.0 avvenuti dall anno 1000 (Guidoboni e Comastri, 2005; Mariotti e Guidoboni, 2006; Rovida et alii, 2011). In blu i confini regionali. Le due figure viste sopra mostrano che gli epicentri dei terremoti principali sono tutti localizzati all interno della catena appenninica, lungo la serie di fosse tettoniche che la interessano, e soprattutto nella sua parte meridionale al contatto con la Piattaforma Laziale Abruzzese. L anconetano, che comunque genera eventi con intensità molto minore, è l unica zona sismica che si sviluppa al bordo con la placca adriatica nelle due regioni in oggetto. 4.2 Sismicità strumentale I dati disponibili, prevalentemente costituiti da eventi sismici di bassa o bassissima magnitudo, avvenuti dal 1981 all Agosto 2013, provengono in dalle banche dati dell INGV ( ingv/archivi e banche dati/). Sebbene la determinazione dei parametri ipocentrali sia basata su un modello di velocità piuttosto semplice (unidimensionale), il gran numero di stazioni sismografiche della rete nazionale permette di ottenere residui molto bassi (spesso < 1s) dall inversione dei tempi di primo arrivo delle onde P (Chiarabba et alii, 2005; Castello et alii, 2006). Questo implica che l errore sulla profondità dell ipocentro non dovrebbe superare 2-4 km per gran parte dei dati, ed in particolare per le scosse più importanti (M>2.5, Pasquale et alii, 2010). Questa indicazione, combinata con il numero elevato di dati disponibili (oltre dal 1981 nell area considerata), suggerisce che la sismicità strumentale può fornire un informazione non trascurabile sulla distribuzione delle faglie sismogenetiche nella zona in esame. Il quadro complessivo della sismicità strumentale (Fig ) mostra che la maggior parte delle scosse è situata nella catena appenninica: nella sua parte assiale a nord e quindi dalla latitudine di Ancona la sismicità strumentale interessa tutta la catena, comprese le falde più esterne del pedeappennino marchigiano da Cingoli ad Ascoli Piceno e la zona più interna fino alla Bassa Valtiberina. L unica eccezione riguarda i settori dell offshore anconetano e fermano dove si registra un certo rilascio di energia sismica con scosse anche di magnitudo 5, mentre a nord di Ancona si ha poca attività sismica, concentrata soprattutto tra 6 e 10 Km, Siccome tali zone sono state colpite da numerose scosse anche intense in epoca storica (Tab , Figg e 4.1.2), la scarsa attività recente non è facilmente spiegabile. La sismicità è ancora più ridotta nel pedeappennino pesarese: la zona del cagliese, interessata dal terremoto del 1781 (M=6.4), stranamente non è tra quelle maggiormente interessate dalla

6 70 sismicità strumentale. Le scosse più intense dal 1981, caratterizzano quasi esclusivamente la dorsale della catena, quasi a costituire una prosecuzione della sismicità dell aquilano. La distribuzione delle scosse per fasce di profondità dell ipocentro (Fig a-m) suggerisce alcune considerazioni: La sismicità più intensa, in accordo con quella storica, interessa quasi esclusivamente la parte centrale della catena appenninica e l aquilano, dove la maggiore concentrazione di scosse e il massimo rilascio di energia sismica avviene tra 0 e 10 km di profondità, mentre nelle strutture adriatiche dell anconetano e fermano, arriva fino a 20 Km. Nell offshore marchigiano e nella maggior parte delle zone di catena affiorante la sismicità, compresa quella più intensa, è prevalentemente localizzata nei primi 15 km. Attività non trascurabile, si estende anche in profondità dove però oltre i 20 Km interessa soprattutto le zone dell Ascolano e dell Appennino umbro-marchigiano dove nel 1998 è stata registrata una scossa (M=5.3) a 45 Km di profondità. Per il resto della zona in esame, la sismicità appare molto dispersa pur interessando sempre le stesse strutture. Da notare la quasi assoluta mancanza di sismicità a tutte le profondità nelle zone della Maiella, del Gran Sasso esterno ed in parte del bacino della Laga. Fig Distribuzione delle scosse strumentali avvenute nel periodo in Umbria, Marche e dintorni, riportata sulla Carta Strutturale d Italia (Bigi et alii, 1990). Dati sismici da Castello et alii (2006), Bollettino della Sismicità strumentale INGV ( ISIDe Working Group ( In viola le linee di costa ed i confini delle regioni implicate. Altre informazioni come in figura

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12 76 Fig Distribuzione della sismicità strumentale nella crosta e mantello superiore, sulla base della posizione dell ipocentro all interno di intervalli di 5 km di profondità: a) 0 5 km, b) 6 10 km, c) 11 15km, d) km, e) km, f) km, g) km, h) km, i) km, l) km m) > 50 km. Altre indicazioni come nella didascalia di figura Altre informazioni sulla distribuzione della sismicità strumentale si possono ottenere da sezioni verticali parallele, sia longitudinali che trasversali rispetto all andamento della catena, illustrate nelle figure e In queste figure si può notare che la sismicità presenta una zona di approfondimento massimo (circa km) prevalentemente localizzata sotto la parte meridionale della catena emersa. La distribuzione degli ipocentri sulle sezioni longitudinali NO SE, mette in evidenza che: - Nell offshore marchigiano e nella zona costiera, c è una diffusa sismicità fino a Km ma senza particolari concentrazioni a parte davanti a Porto S.Giorgio (sez B) dove il raggruppamento è dato soprattutto dalla crisi sismica del 1987 con un terremoto di M=5.1. Anche la zona intorno ad Ancona, nonostante la crisi sismica del Luglio 2013 comprendente un evento di M=4.9 non appare particolarmente interessata dalla sismicità. - La sismicità comincia ad essere molto frequente nel pedeappennino marchigiano (sez.d) tra le valli del Fiume Esimo e la Montagna dei Fiori, concentrandosi tra le valli dei fiumi Chienti e Tenna dove raggiunge i 35 Km. La distribuzione degli epicentri sembra indicare due strati sismici: uno fino a 10 Km e l altro tra 20 e Km che è particolarmente evidente procedendo verso la montagna dei Fiori. - Interessante appare la sez. E, dove la sismicità termina bruscamente all interno dei Monti della Laga a Sud e diminuisce considerevolmente a Nord nel Montefeltro da Cagli all Appennino forlivese. Dalle sezioni trasversali alla catena (Fig.4.2.4) orientate da SO a NE, appare molto evidente che la sismicità interessa quasi esclusivamente l Appennino: dapprima solo la sua parte centrale e poi

13 77 procedendo verso sud tutta la catena. La profondità si mantiene intorno ai Km nella parte centro settentrionale della catena per poi arrivare ai Km sotto la parte meridionale. Viene anche evidenziato che sotto i 10 Km le zone tra la catena e l Adriatico mostrano una sismicità maggiore (o almeno più distribuita) rispetto alla parte interna alla catena dove, a parte singole zone, c è una sismicità molto scarsa. Inoltre, nelle sez. da 7 ad 11, nella parte esterna della catena appare una concentrazione di sismicità tra 20 e 30 Km ed oltre forse dovuta a deformazioni all interno della placca adriatica. Si notano anche delle concentrazioni di terremoti, separate dalla sismicità della catena come a Cingoli (sez.6) Macerata (sez.7), M.ti Sibillini (sez. 8 e 9) ed infine Porto San Giorgio (sez. 9). Fig Sezioni verticali parallele alla catena, fino a profondità di 50 km, con ipocentri della sismicità strumentale. Tracce delle sezioni nell inserto.

14 78 Fig Sismicità strumentale lungo sezioni verticali trasversali alla catena, le cui tracce sono indicate nell inserto di Fig Altre indicazioni come nella didascalia di figura

15 79 5. Possibili zone sismogenetiche dell Umbria e delle Marche La ricostruzione della storia sismica si avvale della documentazione disponibile per la zona considerata e può coprire diversi secoli per le regioni di più antica civilizzazione, come la Cina, il Mediterraneo orientale e l Italia (e.g., Wang, 2004; Guidoboni et alii, 2007; Ambraseys, 2009). Negli ultimi decenni, le indagini paleosismologiche hanno permesso di riconoscere alcuni eventi sismici forti avvenuti in Italia nel passato preistorico, sino a circa anni fa (Galli et alii, 2008). Tali informazioni, incomplete e riferite ad un intervallo di tempo relativamente breve, non permettono tuttavia di definire un quadro attendibile dell attività sismica a lungo termine (e.g., Stein e Swafford, 2007). Come descritto nel Capitolo 2, l attuale regime sismotettonico dell Appennino è cominciato nel Pleistocene inferiore-medio - circa 1 milione di anni fa. Si comprende facilmente come la storia sismica conosciuta permetta di identificare solo una piccola parte delle faglie che si sono sviluppate durante questa fase dell evoluzione tettonica dell Appennino. Pertanto, definire la potenzialità sismogenetica della zona solo in base alle caratteristiche della sismicità storica può condurre a valutazioni poco realistiche. Quest ultima possibilità è suggerita dal fatto che molti terremoti distruttivi, sia in Italia che nel resto del mondo, hanno interessato zone precedentemente indicate come a bassa pericolosità, secondo le indicazioni fornite dalle stime fondate sull analisi statistica della documentazione storica (e.g., Stein et alii, 2012 e riferimenti). Per superare tale problema (o almeno attenuarlo), è necessario tener conto non solo della storia sismica ma anche di tutte le altre informazioni disponibili, allo scopo di riconoscere potenziali strutture sismogenetiche anche dove non sono documentati terremoti forti. L analisi del quadro sismotettonico dell Appennino settentrionale, descritto nel Capitolo 2 e riportato nella figura 5.1, è dunque alla base della proposta di zonazione sismica dell area umbro-marchigiana descritta nel seguito. Fig Schema sismotettonico dell Appennino settentrionale. I cerchi rossi indicano gli epicentri dei terremoti principali avvenuti dall anno 1000 (Guidoboni e Comastri, 2005; Rovida et alii, 2011). Le frecce bianche grandi definiscono la direzione della spinta trasmessa dalla Piattaforma lazialeabruzzese, mentre le frecce piccole indicano in modo schematico lo spostamento dei vari settori dell area umbromarchigiana. Sigle e altri simboli come in figura 2.7. L analisi della distribuzione spaziale dell attività sismica storica e strumentale (esaminata nel Capitolo 4) in rapporto ai lineamenti tettonici riconosciuti nell area in esame (discussi nei Capitoli 1

16 80 e 2) ha suggerito la definizione di 7 zone sismogenetiche nell area umbro-marchigiana (Figg. 5.2 e 5.3): Alta Val Tiberina, Cagliese, Anconetano, Dorsale Marchigiana, Dorsale Umbra, Valle Umbra e Orvietano. A queste si affiancano le zone sismogenetiche Riminese (che ricade nella Regione Emilia-Romagna) ed Aquilano (appartenente alla Regione Abruzzi), la cui attività sismica storica ha causato risentimenti significativi nei settori adiacenti dell Umbria e delle Marche. Come discusso in Mantovani et alii (2012, 2013), si assume che la potenzialità sismogenetica sia uniforme all interno delle zone suddette. Per definire tale potenzialità a ciascuna zona è assegnata una intensità massima attesa (Imax), che deriva dalle informazioni storiche disponibili eventualmente integrate da considerazioni sull assetto sismotettonico (Molin et alii, 1996; Mantovani et alii, 2012, 2013). Fig Configurazione delle 7 zone sismogenetiche proposte per l area umbro-marchigiana ed epicentri dei terremoti principali (M³4.0) avvenuti dall anno 1000 (Guidoboni e Comastri, 2005; Rovida et alii, 2011). 1) Alta Val Tiberina 2) Cagliese 3) Anconetano 4) Dorsale Marchigiana 5) Dorsale Umbra 6) Valle Umbra 7) Orvietano. Le lettere A e B indicano rispettivamente le zone sismogenetiche Rininese ed Aquilano, esterne al territorio delle Regioni Umbria e Marche. I criteri adottati per la scelta dei contorni delle zone sono descritti nel testo. I confini regionali sono indicati in viola. Lo sfondo è costituito dalla Carta Strutturale d Italia (Bigi et alii, 1990).

17 81 Fig Configurazione delle 7 zone sismogenetiche proposte per l area umbro-marchigiana ed epicentri dei terremoti registrati dalla Rete Simica Italiana dal 1981 al Informazioni prese da Castello et alii (2006), Bollettino della Sismicità strumentale INGV ( ISIDe Working Group ( Altre informazioni come in figura 5.2. Nel seguito sono descritte le evidenze e le considerazioni su cui è basata la scelta della configurazione di ciascuna zona sismogenetica. Prima di cominciare tale esposizione, è opportuno osservare che il confronto tra le ultime due figure fornisce un chiaro esempio della possibile discrepanza tra attività sismica a lungo e breve termine, discussa all inizio del capitolo. Infatti, mentre nel corso di un millennio tutte le zone sismogenetiche considerate hanno prodotto terremoti forti (Fig. 5.2), nelle ultime tre decadi solo due zone (Dorsale Umbra ed Aquilano) hanno subito attivazioni sismiche significative (Fig. 5.3). In particolare, l attività sismica recente delle zone Cagliese e Dorsale Marchigiana non presenta scosse con M>4. Pertanto, se si fossero considerate le sole informazioni fornite dalla sismicità strumentale (come avviene nei Paesi che non dispongono di un consistente patrimonio storico-archivistico), avremmo trascurato molte sorgenti sismogenetiche importanti, ottenendo una valutazione distorta ed inaffidabile della pericolosità sismica.

18 Zona sismogenetica 1: Alta Val Tiberina Siccome questa zona si estende anche in Toscana (Fig.5.3) è stata considerata come una sismogenetica di quella Regione da Mantovani et alii (2012), cui si rimanda per la descrizione dettagliata dell attività sismica storica e strumentale, dell assetto strutturale e dei lineamenti tettonici. Qui si riporta l elenco dei terremoti principali (M³5 o I 7) e la posizione dei relativi epicentri (Tab e Fig e 5.1.2). Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine Longitudine Magnitudo Intensità T (N ) (E ) (Mw) Io (Imax) (anni) Badia Sucastelli Sansepolcro Monterchi Sansepolcro Bocca Serriola Val Tiberina Città Di Castello (7) Sansepolcro Sansepolcro Alta Valtiberina (7.5) Alta Valtiberina Alta Valtiberina (7) Alta Valtiberina (7.5) Pieve Santo Stefano Val Tiberina Appennino Umbro Marchigiano (7.5) Valtiberina Monterchi Valtiberina Tab Elenco dei terremoti principali (M 5.0 o Imax 7 MCS) avvenuti all interno della zona sismogenetica 1 (Alta Val Tiberina). In grassetto gli eventi con M 5.5 o con Imax ³ 8.5 (Riferimenti come Fig.5.2). T è l intervallo di tempo trascorso tra una scossa e la successiva.. Come indicato in Mantovani et alii (2012), la configurazione suggerita per questa zona è basata sulla distribuzione spaziale dei terremoti (Fig e 5.1.2), sulla ubicazione dei principali sistemi di faglie attive (Fig e considerazioni nel Capitolo 1) e sulle caratteristiche del meccanismo sismotettonico proposto per l Appennino settentrionale (Fig. 5.1 e discussione nel Capitolo 2). Fig I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall anno La dimensione dei simboli è proporzionale alla magnitudo delle scosse, in accordo con la scala riportata a destra (M 4). Il contorno proposto per la zona sismogenetica 1 (Alta Valtiberina) è indicato in blu. I contorni delle zone adiacenti sono in nero a tratteggio. I confini regionali sono indicati in viola. Riferimenti e altre informazioni come in fig L esame della storia sismica della zona (Tab ) mostra che dall anno 1000 sono avvenute 19 scosse principali (M 5.0 o I 7), di cui ben 6 con I 8.5. L intensità massima risentita in questa zona è Imax=9.5 relativa al terremoto del Occorre notare che gli intervalli di tempo tra gli eventi riportati in tabella sono molto irregolari, potendo variare da meno di un anno ad oltre un secolo. Per le sorgenti sismiche di tale zona è piuttosto arduo supporre regolarità di comportamento,

19 83 connesse a concetti teorici come il ciclo sismico ed il terremoto caratteristico (e.g., Mulargia e Geller, 2003). Pertanto, sarebbe imprudente usare la sola storia sismica per le valutazioni della pericolosità. Fig I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall anno 1000 La dimensione dei simboli è proporzionale all intensità delle scosse, in accordo con la scala riportata a destra. Altre informazioni come in figura Fig Principali sistemi di faglie dell Alta Val Tiberina (da Brozzetti et alii, 2009, modificato e riportato in Mantovani et alii, 2012). Il bacino intermontano di Sansepolcro-Città di Castello è indicato in grigio; il tratteggio mette in evidenza i depositi fluvio-lacustri del Pleistocene inferiore-medio. Gli epicentri dei terremoti strumentali e storici sono rispettivamente indicati dai cerchi e dai quadrati. Per le scosse storiche più forti sono indicati anche l anno e l intensità massima. Per i terremoti più recenti (indicati dalle stelle) è riportata la data, la magnitudo ed il meccanismo focale. Le linee ab e cd sono le tracce delle sezioni verticali riportate sotto la carta. Faglie principali: CdCF=Città di Castello, FF=M. Favalto, MF=Monterchi, PF=Parnacciano, SF= Sansepolcro, SMTF= M. Santa Maria Tiberina. Per ulteriori dettagli sulla stratigrafia e l assetto strutturale della zona si rimanda ai Fogli 278-Pieve Santo Stefano, 289-Città di Castello e 299-Umbertide della Carta Geologica d Italia alla scala 1:50000 (

20 84 Le informazioni discusse sopra suggeriscono che la potenzialità sismogenetica di questa zona può essere descritta da Imax=8 MCS. Adottando lo stesso criterio seguito per la la Toscana e l Emilia-Romagna (Mantovani et alii, 2012, 2013), si assume che una scossa di pari intensità possa avvenire in qualsiasi punto della zona sismogenetica considerata. 5.2 Zona sismogenetica 2: Cagliese La tabella riporta l elenco delle scosse più importanti avvenute nella zona (M ³ 5 o I 7). In questo caso l unico evento significativo è il fortissimo terremoto del 1781, che ha raggiunto l intensità 10. Latitudine Longitudine Magnitudo Intensità T Anno Mese Giorno Zona epicentrale (N ) (E ) (Mw) Io (Imax) (anni) Cagliese Tab Elenco dei terremoti principali (M 5.0 o I 7) avvenuti all interno della zona sismogenetica 2 (Cagliese). Altre informazioni come in Tab Le figure e mostrano la posizione degli epicentri dei terremoti storici e strumentali (M 4), rispettivamente rappresentati in base alla magnitudo ed all intensità macrosismica. Fig I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall anno 1000 nel Cagliese. Riferimenti e altre informazioni come in fig Fig I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall anno 1000 nel Cagliese. Riferimenti e altre informazioni come in fig La geologia dell area compresa tra Urbino e Cagli (Fig ) è caratterizzata dal fronte di sovrascorrimento delle unità torbiditiche mioceniche sulla successione calcareo-marnosa umbromarchigiana. Ad est di tale lineamento, affiorano estesamente i termini torbiditici silicoclastici delle

21 85 avanfosse minori marchigiane e la successione post-evaporitica del Bacino adriatico. La distribuzione degli affioramenti suddetti, cui si intercalano le esposizioni delle più antiche formazioni del Bacino umbro-marchigiano, segue l andamento NO-SE degli assi strutturali. Fig Geologia dell area compresa tra l Alta Val Tiberina, Urbino e Cagli (modificata dallo schema di inquadramento regionale riportato nel Foglio 267-San Marino della Carta Geologica d Italia 1:50000). Ulteriori dettagli stratigrafici e strutturali sono reperibili sui Fogli 279-Urbino, 280-Fossombrone, 290-Cagli e 291-Pergola della stessa Carta. L assetto della zona in esame (Fig ) è infatti controllato dalle strutture compressive (pieghe anticlinali e sinclinali e sovrascorrimenti) orientate in senso NO-SE, sviluppate durante le fasi tettoniche del Miocene superiore-pliocene. A differenza delle zone poste ad ovest (Alta Val Ti- Fig Assetto tettonico del settore delle Marche che include la zona sismogentica 2 (modificato dallo schema geologico strutturale riportato nel nei Foglio 281-Senigallia della Carta Geologica d Italia alla scala 1:50000, rielaborato da Mazzoli et alii, 2002). Per ulteriori informazioni sulla stratigrafia e la tettonica si veda il Capitolo 1 ed i Fogli della Carta Geologica d Italia 1:50000, citati nella didascalia della figura berina e bacino di Gubbio), dove la tettonica recente e attiva è dominata da sistemi di faglie normali (Figg e 5.2.3), nell area attorno a Cagli non sono riconosciute importanti strutture di questo tipo. Si pone quindi il problema della natura della sorgente responsabile del forte terremoto del 1781.

22 86 Nell archivio DISS delle sorgenti sismogenetiche italiane, a cura dell Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ( si legge che The macroseismic field of the 1781 Cagli earthquake is characterised by a wide felt area which suggests a rather deep hypocenter probably located between 15 and 20 km. The same observation can be done for the other three events (i.e Fabriano; 1799 Camerino; 1873 Sarnano), depicting so a lateral continuity of seismic release on deep structures. We propose that the 1781 source is located between 17 and 20 km on the deeper segment of a major thrust emerging along the Adriatic coastline. This thrust is well imaged in the CROP03 seismic reflection profile (Barchi et al., 1998; Finetti et al., 2001; Lavecchia et al., 2004). Tale ipotesi implica quindi l attività una struttura compressiva relativamente profonda, connessa al sottoscorrimento dell Adriatico rispetto alla catena appenninica. Tuttavia, i deboli vincoli geologici e geofisici non permettono di escludere l ipotesi alternativa, ovvero l attivazione di una faglia normale confrontabile con le strutture presenti nelle fosse dell Alta Val Tiberina e di Gubbio, ancorchè non osservata in superficie. Sia in Italia che nel resto del mondo, è infatti suggerita la presenza di faglie normali sepolte o cieche, che pur essendo sismogenetiche non presentano ancora una chiara manifestazione superficiale (e.g., Cucci et alii, 1996; Chen et alii, 2010; Ganas et alii, 2013). A tale proposito, occorre ribadire che lo sviluppo dell assetto tettonico attuale dell Appennino (vedi Capitolo 2 e figura 5.1) risale al Pleistocene medio ed è quindi piuttosto recente in termini geologici. Nell area in esame, la tettonica estensionale e transtensiva ha interessato prima il settore umbro più occidentale, generando ampie fosse come la Val Tiberina e la Valle Umbra, poi la Dorsale umbro-marchigiana con la formazione di più piccoli bacini intramontani (Gubbio, Gualdo Tadino, Colfiorito ed altri). E quindi plausibile che l ulteriore sviluppo della deformazione transtensiva (connesso alla migrazione del cuneo orogenico umbro-marchigiano indicata nella figura 5.1) interessi il settore marchigiano ad est della Dorsale appenninica principale, e quindi anche il Cagliese. In ogni caso, le scarse informazioni disponibili impongono che la geometria della zona in esame sia definita in relazione alla posizione dell epicentro dei pochi terremoti registrati, compresa la scossa del 1781 (Figg e 5.2.2). La storia sismica esigua, del resto, non permette di fare valutazioni sull intervallo di tempo medio tra le scosse principali. Sulla base degli effetti osservati nel corso del fortissimo terremoto del 1781 (Tab ), possiamo attribuire Imax=10 alla zona sismogenetica in oggetto. 5.3 Zona sismogenetica 3: Anconetano Le scosse più importanti avvenute nella zona sono indicate nella tabella Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine Longitudine Magnitudo Intensità T (N ) (E ) (Mw) Io (Imax) (anni) Ancona Ancona Anconetano Numana Numana (6.5) Senigallia (8.5) Medio Adriatico Medio Adriatico Medio Adriatico Medio Adriatico Medio Adriatico Medio Adriatico Medio Adriatico Tab Elenco dei terremoti principali (M 5.0 o I 7) avvenuti all interno della zona sismogenetica 3 (Anconetano). Altre informazioni come in Tab Anche se nessun evento ha raggiunto magnitudo elevate, si è spesso osservato un danneggiamento significativo, relativo ad intensità di 8 ed 8.5. Ciò vale anche per le scosse della sequenza del 1972, a fronte di una magnitudo modesta (sempre inferiore a 5) ed alla ubicazione

23 87 fuori costa degli epicentri (Console et al., 1973; Crescenti et al., 1977). I tre eventi con M 5.5 sono separati da intervalli di tempo molto lunghi (rispettivamente 421 e 240 anni), mentre dalla scossa di Senigallia del 1930 sono trascorsi ben 83 anni. La distribuzione degli epicentri delle scosse elencate in tebella è illustrata nelle figure e Gli eventi della sequenza del 1972 sono collocati tra Ancona e Senigaliia, a nord di Falconara Marittima (coordinate epicentrali di Rovida et al., 2011). Fig I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall anno 1000 nell Anconetano. Altre informazioni come in Fig Fig I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall anno 1000 nell Anconetano. Altre informazioni come in Fig Le caratteristiche stratigrafiche e tettoniche dell area in esame sono descritte nei Fogli 281- Senigallia, 282-Ancona e 293-Osimo della Carta Geologica d Italia alla scala 1:50000, consultabili sul relativo sito ( Il lineamento morfologico più evidente è costituito dal promontorio del Monte Conero, il cui rilevo raggiunge quasi 600 m s.l.m. Come ricordato nel Capitolo 1, tale settore è caratterizzato dall affioramento di vari termini della Successione umbro-marchigiana dal Cretaceo al Miocene (Maiolica-Marne a Fucoidi-Scaglia

24 88 variegata, rosata, bianca e cinerea-bisciaro-schlier-formazione Gessoso Solfifera-Argille a Colombacci), che nell immediato entroterra sono sepolti sotto cospicui spessori di depositi quaternari (Fig ). Tale alto strutturale è connesso anche a significative anomalie gravimetriche e magnetiche (Figg ed 1.6.2; e.g., Maesano et al., 2013). Fig Particolare della Carta Geologica delle Marche alla scala 1: per il settore tra Senigallia, Jesi, Osimo e Numana (da Centamore, 1986). 1) Depositi alluvionali attuali e recenti (Olocene) 2) Depositi detritici e corpi di frana (Olocene-Pleistocene superiore) 4) Depositi alluvionali terrazzati antichi (Pleistocene superiore-medio) 7) Depositi da litorali a continentali: sabbie e conglomerati (Pleistocene superiore-inferiore) 8, 9, 10) Depositi di piattaforma e di transizione: pelitici, pelitico-arenacei ed arenaceo-pelitici (Pleistocene inferiore) 12) Depositi arenaceo-pelitici di ambiente non definito (Pleistocene inferiore) 13a) Depositi epibatiali pelitici (Pleistocene inferiore) 16) Depositi torbiditici (pelitico-arenacei o siltosi) di ambiente profondo (Pleistocene inferiore-pliocene medio) 17b) Depositi pelitici neritici (Pliocene superiore-inferiore) 37) Argille a Colombacci (Messiniano superiore) 52) Schlier (Messiniano inferiore-burdigaliano) 55) Scaglia variegata-scaglia rosata-scaglia bianca (Priabonano- Cenomaniano). Le linee rosse indicano la traccia di faglie affioranti o presunte. Per ulteriori informazioni si veda Centamore (1986). Poiché i principali lineamenti tettonici sono sepolti, l interpretazione del settore in esame è basata sulla documentazione raccolta per la ricerca di idrocarburi (stratigrafia sismica e perforazioni profonde). Tali informazioni suggeriscono che il bordo esterno del cuneo orogenico dell Appennino settentrionale (Fig. 5.1) si estende dal Pedeappennino marchigiano all Adriatico ed è formato da una serie di fasci di strutture compressive sepolte (sovrascorrimenti e pieghe), più o meno parallele tra loro ed alla linea di costa (Fig ). La formazione di tali strutture è cominciata circa 5 milioni di anni fa, tra la fine del Messiniano e l inizio del Pliocene. Peraltro, secondo Maesano et al. (2013) i sovrascorrimenti fuori costa sarebbero più antichi e meno attivi (con velocità media di slittamento <1 mm/anno). Invece, le strutture dell entroterra del fronte del Conero-Tortoreto sarebbero relativamente più recenti (da circa 2.6 Ma) e più mobili (velocità media di slittamento >1 mm/anno).

25 89 L andamento dei fronti di sovrascorrimento sopra descritti, possibilmente connessi a sorgenti sismogenetiche e con particolare riferimento al fronte Conero-Tortoreto (e.g., Artoni, 2013; Maesano et al., 2013), giustifica la geometria adottata per la zona sismica in oggetto. Le sue dimensioni sono invece suggerite dalla distribuzione delle scosse principali (Figg e 5.3.2). Fig Assetto strutturale del settore centrale delle Marche, dal pedeappennino al Mar Adriatico (da Artoni, 2013). A) Schema tettonico. Le strutture compressive sono indicate dalle linee con con triangoli (sovrascorrimenti) e losanghe (pieghe). Dall Adriatico al Pedeappennino si incontrano quattro fasci di strutture sepolte, indicati con i colori celeste (Elga-Adriatico secondo Artoni, 2013), giallo (Conero-Tortoreto), rosso (Jesi-Nereto-Zaccheo) e blu (Strada- Roccafinadamo). Esino 1, Monsano 1 ed Elga 1 sono i nomi di perforazioni profonde per la ricerca di idrocarburi. La linea nera spessa indica la traccia della sezione verticale illustrata in B. CM=unità tettonico-stratigrafiche premessiniane, LPI=unità del Pliocene superiore, Ple=unità del Pleistocene. AN=Ancona. B) Sezione verticale lungo la traccia indicata in A. La sezione è basata sulla geologia superficiale, sulle indagini di stratigrafia sismica e sui dati delle perforazioni profonde. 1,2,3) Depositi torbiditici di mare profondo (Pliocene-Pleistocene) 4,5,6,7,8) Depositi continentali, costieri e di piattaforma (Pliocene-Pleistocene) Pre, Ev, p-ev1, p-ev2) Unità pre-evaporitica, unità evaporitica, unità post-evaporitiche (Tortoniano superiore-messiniano) CM) Cretaceo inferiore-miocene TC) Triassico superiore-cretaceo inferiore Bas) Basamento paleozoico-triassico. Fronti di sovrascorrimento principali: CA=Adriatico centrale, CT=Conero-Tortoreto, E=Elga-Adriatico, JN=Jesi-Nereto-Zaccheo, MAF=Monte Acuto- Montagna dei Fiori, SR=Strada-Roccafinadamo. Per quanto riguarda l analisi della sismicità recente, occorre dire che i dati sismologici confermano solo in parte l attività delle strutture compressive sopra citate. Per esempio, il meccanismo focale della scossa principale della sequenza sismica del 1972 è di tipo transpressivo (Fig a). Inoltre, la ricostruzione del regime di sforzo (Fig b) indica che le scosse di tale sequenza sono compatibili con un regime trascorrente con un asse di massima compressione orientato ENE-OSO ed un asse di minima compressione orientato NNO-SSE. Nell ambito di tale regime è favorito lo slittamento sia di faglie trascorrenti sinistre dirette NO-SE (circa parallele ai sovrascorrimenti sepolti), sia di faglie destre NE-SO (trasversali alle strutture compressive). Le faglie sinistre potrebbero indicare una convergenza obliqua tra il cuneo orogenico appenninico e l avampaese adriatico, mentre le faglie destre rappresenterebbero l attivazione di fratture trasversali

26 90 alla catena orogenica sepolta. In effetti, la disposizione degli epicentri delle scosse della sequenza del 1972 (Figg e 5.3.2; Console, 1973, Crescenti et al., 1977) sembra più in accordo con quest ultima possibilità. L attivazione sismica di fratture trasversali alla catena è stata suggerita da Cello e Tondi (2011) e Sarti e Coltorti (2011), sulla base della distribuzione degli epicentri della sismicità minore (in particolare le sequenze del 1973, 1974 e 1975), nonché sul riconoscimento di strutture trasversali nell entroterra anconetano, come il lineamento del F. Esino (Fig ). Occorre comunque ricordare che tali presunte fratture trasversali, dedotte in base ad osservazioni geologiche e geomorfologiche (e.g., Coltorti et al., 1996) sono scarsamente documentate dalle più recenti analisi della stratigrafia sismica (Fig , e.g. Artoni, 2013; Maesano et al., 2013). Anche l interpretazione della recente scossa del Conero, avvenuta nel Luglio 2013 (M=4.9) presenta alcune ambiguità. I vari enti sismologici hanno infatti pubblicato meccanismi focali sia trascorrenti (Fig c) che compressivi (Fig d). L elemento comune alle due interpretazioni è la direzione NE-SO dell asse di massimo raccorciamento orizzontale, simile ma non identica a quella osservata per le scosse del 1972 (Fig a,b). Fig Sintesi delle informazioni sismologiche disponibili per la zona anconetana. A) Meccanismo focale della scossa principale della sequenza sismica del 1972 (4 Febbraio, M=4.9). In bianco i quadranti con polarità dilatazionale, in nero i quadranti con polarità compressionale (da Gasparini et al., 1985). B) Regime di sforzo dedotto dai meccanismi focali delle scosse della sequenza del Le direzioni di massima e minima compressione orizzontale sono indicate rispettivamente dalle frecce convergenti e divergenti. s 1, s 2 e s 3 sono gli assi principali di sforzo minimo, intermedio e massimo (da Boncio e Bracone, 2009). C) Meccanismo focale trascorrente del terremoto del Conero del 21 Luglio 2013 (M=4.9). Il meccanismo è trascorrente, con P e T rispettivamente l asse principale di raccorciamento e di allungamento (dal sito D) Meccanismo focale compressivo ottenuto per lo stesso terremoto dall Istituto GFZ di Potsdam (Germania) e dall Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste (dal sito Si noti che l asse di massimo allungamento (orizzontale in C) è verticale per questa soluzione. In definitiva, le informazioni sismologiche concordano nell indiduare un asse di massimo raccorciamento orientato da ENE-OSO a NE-SO, mentre presentano delle discrepanze riguardo alla cinematica delle strutture attivate (faglie inverse, trascorrenti destre o sinistre).

27 91 In assenza di vincoli più stringenti sulle possibili sorgenti sismiche dell area in esame, si può attribuire Imax=8-9 all intera zona sismogenetica, in base ai risentimenti prodotti dai terremoti storici (Tab ). 5.4 Zona sismogenetica 4: Dorsale Marchigiana I terremoti più importanti avvenuti nella zona (M³5 o I 7) sono elencati nella tabella Pur essendo la storia sismica di questo settore relativamente breve (meno di tre secoli), si notano tre forti scosse con magnitudo elevata e forte danneggiamento (M³6 e I³9). Tali eventi sono avvenuti nell arco di 132 anni, un intervallo di tempo minore di quello trascorso dalla scossa del Considerata la scarsa documentazione e la distanza temporale assai irregolare tra i terremoti forti, per questa zona la definizione del tempo di ritorno medio è poco significativa. Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine Longitudine Magnitudo Intensità T (N ) (E ) (Mw) Io(Imax) (anni) Fabrianese Appennino Marchigiano (9.5) Marche Meridionali (9) Sarnano Caldarola (7.5) Sarnano Tab Elenco dei terremoti principali (M 5.0 o I 7) avvenuti all interno della zona sismogenetica 4 (Dorsale Marchigiana). Altre informazioni come in Tab La posizione degli epicentri dei terremoti storici e strumentali (M 4) è mostrata nelle figure e 5.4.2, dove i dati sono rappresentati rispettivamente in base alla magnitudo ed all intensità macrosismica. Fig (sinistra) e (destra). I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall anno 1000 nella Dorsale Marchigiana. Altre informazioni come nelle Fig e Informazioni sulla stratigrafia e sulla tettonica dell area considerata sono riportate nei Fogli 292-Jesi, 302-Tolentino, 303-Macerata e 314-Montegiorgio della Carta Geologica d Italia alla scala 1:50000 ( La più evidente caratteristica geomorfologica della zona in esame è la dorsale montuosa che si estende circa NNO-SSE con vari rilievi tra 1000 e 1500 m s.l.m., tra cui il Monte San Vicino, il Monte Letegge ed il Monte Fiegni

28 92 (Fig ). Tale dorsale è bordata da due depressioni morfologiche, ad ovest il Bacino di Fabriano- Matelica-Camerino e ad est il Bacino di Tolentino-Amandola (Figg e 5.4.2). La geologia dell area (Fig ) mette in evidenza le differenze stratigrafiche e strutturali tra i settori sopra indicati. Fig Particolare della Carta Geologica delle Marche alla scala 1: per il settore tra Jesi, Fabriano,

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