LA LEGGE SULLA FECONDAZIONE ASSISTITA OGGI, TRA GIURISPRUDENZA DI MERITO E CORTE COSTITUZIONALE

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1 LA LEGGE SULLA FECONDAZIONE ASSISTITA OGGI, TRA GIURISPRUDENZA DI MERITO E CORTE COSTITUZIONALE 1. Con il 2005 nella tribolata storia della legge italiana sulla procreazione medicalmente assistita (d ora in avanti, pma) la legge 19 febbraio 2004, n. 40, intitolata Norme in materia di procreazione medicalmente assistita si apriva una fase in cui quella legge sembrava consolidata : sembrava cioè destinata a non conoscere mutamenti significativi in tempi brevi Ricordiamo tutti come l esito del referendum del 2005 fu letto in maniera diversa dalle parti vorrei dire, dalle fazioni che si erano fronteggiate nella campagna referendaria. Si può dissentire da Camillo Ruini, all epoca presidente della CEI, allorché aveva visto nel referendum la prova che «i valori cristiani sono profondamente radicati nella società italiana». Ciò che non si può contestare, tuttavia, è che il referendum aveva rafforzato la legge già per il fatto che la aveva lasciata immodificata e indenne Anche i risultati delle elezioni politiche dell aprile del 2006 non incoraggiavano le aspettative di una riforma della legge n. 40/2004 che, a costo di una tutela meno esasperata dell embrione, attribuisse più ampi spazi e maggiori possibilità di successo alla fecondazione assistita. Il nuovo Parlamento, infatti, risultava diviso quasi perfettamente a metà tra centrosinistra e centrodestra; ma sui temi della bioetica era (ed è) sempre pronta a compattarsi una maggioranza trasversale, nella quale confluiscono cattolici e atei devoti, presenti gli uni e gli altri sia nel centro-destra, sia nel centro-sinistra Un segnale dello stesso tenore era venuto poi dalla Corte costituzionale. Come è noto, la legge aveva evitato di assumere una posizione chiara a proposito dell ammissibilità della diagnosi genetica preimpianto sull embrione creato in vitro. Nella legge convivono disposizioni, contenute nell art. 13, che sembrano esprimere disfavore per la diagnosi preimpianto: dal divieto di sperimentazione su embrioni umani (art. 13 comma 1) al divieto di selezionare embrioni a scopo eugenetico (art. 13 comma 3 lett. b). Altrove all art. 14 comma 5 la legge prevede però che chi intende sottoporsi alla pma possa essere informato, su richiesta, in merito allo stato di salute degli embrioni prodotti: e una seria informazione in proposito, come segnala la scienza medica, può venire soltanto dall indagine genetica. In ogni caso, nelle Linee guida del 2004 il problema era stato risolto nel senso che le indagini di cui all art. 14 comma 5 debbano essere «di tipo osservazionale»: nessuno spazio, dunque, secondo le Linee guida, per indagini genetiche preimpianto. Il Tribunale di Cagliari, in un ordinanza del 2005 (Trib. Cagliari, ord. 16 luglio 2005, in Riv. it. med. leg., 2006, p. 648 ss., con nota di A. GENTILOMO, A. PIGA), muovendo Relazione tenuta al Seminario La fecondazione assistita: prospettive ed incertezze dopo Corte cost. n. 438/2008 e Corte cost.n.151/2009: tutela dell embrione e del feto nel diritto italiano ed il ruolo della giurisprudenza di legittimità civile e penale, CSM, Roma, 17 settembre

2 dall assunto che nel nostro ordinamento la diagnosi preimpianto sull embrione debba considerarsi vietata, aveva sollevato questione di legittimità costituzionale in relazione all art. 13 della legge, appellandosi in primo luogo al diritto alla salute, costituzionalmente garantito. L anno successivo, però, la Corte costituzionale (Corte cost., ord. 25 ottobre 2006 n. 369, in Giur. cost., 2006, p ss., con note di: C. CASINI e M. CASINI; A. CELOTTO; C. TRIPODINA; M. D AMICO), liquidava la questione di legittimità come manifestamente inammissibile. 2. La legge n. 40 si era affermata nella prassi, d altra parte, in una versione particolarmente arcigna. Laddove il legislatore aveva lasciato spazio non di rado intenzionalmente a diverse interpretazioni del dettato normativo, aprendo in alcuni casi vere e proprie vie di fuga dai rigori della legge (si è parlato, in proposito, di passerelle presenti nel tessuto legislativo), le Linee guida, da un lato, la prassi medica e giurisprudenziale, dall altro lato, avevano sistematicamente sposato le interpretazioni più rigoriste Ho già detto del problema della liceità della diagnosi preimpianto sull embrione e delle soluzioni che esso aveva inizialmente trovato in giurisprudenza. Un dato di grande rilievo riguarda poi l interpretazione della formula embrione : all interno di una legge che proprio per tutelare l embrione impone una serie di rigorosi limiti alla procreazione assistita (una legge che si sostanzia, potremmo dire, alla tedesca, in un Embryonenschutzgesetz: una legge per la tutela dell embrione), interpretare in un senso o nell altro la parola embrione significa incidere pesantemente sulla portata dell intero testo normativo. È ben noto che nella stessa letteratura scientifica di embrione si parla in accezioni diverse, anche molto distanti tra loro. Senza pretese di completezza: se ne parla a partire ora dall attivazione dell oocita (dal primo contatto, cioè, tra gamete maschile e gamete femminile), ora dalla penetrazione dello spermatozoo nell oocita, ora dalla fusione dei genomi (l ootide, cioè l oocita fecondato a due pronuclei, non sarebbe dunque un embrione), ora dall inizio della divisione cellulare, ora dall annidamento nell utero, ora dalla comparsa di caratteri antropomorfi, ora dal momento in cui può dirsi acquisita la capacità di una vita autonoma. Tutte accezioni, dunque, che, in quanto presenti nella letteratura scientifica, sono teoricamente proponibili in sede di interpretazione della legge n. 40/2004. La plurivocità del termine embrione (e, per altro verso, l opportunità che sia lo stesso legislatore ad uscire dall equivoco) trova conferma anche in un esame della legislazione straniera. Nella legge tedesca e nella legge svizzera sulla pma (rispettivamente, legge 13 dicembre 1990, Embryonenschutzgesetz, 8 comma 1, e legge federale 18 giugno 1998, Sulla medicina della procreazione, LPAM, art. 2 lett. i) sono presenti definizioni di embrione, sostanzialmente concordanti tra loro: entrambe considerano decisivo, perché possa parlarsi di 2

3 embrione, il momento della fusione dei nuclei (con la conseguenza che in entrambi gli ordinamenti l ootide cioè, l oocita fertilizzato a due pronuclei non è ancora embrione ). Anche la legge spagnola sulla pma (legge 26 maggio 2006 n. 14, sobre Técnicas de Reproducción Umana Asistida) contiene una definizione di embrione. Più precisamente, il legislatore spagnolo chiarisce la sua nozione di embrione attraverso una definizione di preembrione (art. 1 comma 2): dato che, per quel legislatore, si ha un preembrione fino al quattordicesimo giorno dalla fecondazione dell oocita, di embrione può parlarsi solo a partire dal giorno successivo, cioè quindici giorni dopo la fecondazione. Una nozione diversa, dunque, da quelle proposte dai legislatori tedesco e svizzero, con i quali il legislatore spagnolo condivide peraltro il rifiuto dell equazione tra embrione e prodotto del concepimento: in tutti e tre gli ordinamenti il concepimento, ovvero la fecondazione dell oocita, non consente ancora di affermare l esistenza di un embrione. Con una conseguenza di grande rilievo: in un ordinamento come quello tedesco che vieta di produrre embrioni in numero superiore a tre, è lecito fecondare un numero superiore di oociti, purchè se ne arresti lo sviluppo congelandoli in una fase anteriore alla fusione dei nuclei. Per contro, in Italia la prassi medica prima ancora della prassi giurisprudenziale ha adottato la nozione di embrione più ampia possibile: ha riferito cioè la formula legislativa embrione già all oocita attivato, o all oocita penetrato. Con la conseguenza che in Italia in nessun caso si sono fecondati in vitro più di tre oociti, né si è mai proceduto alla crioconservazione di ootidi Quali i fattori che hanno orientato la prassi italiana verso una nozione di embrione tanto ampia, quanto divergente da quelle accolte nelle norme definitorie presenti in alcuni ordinamenti europei? Da un lato, le sanzioni terroristiche comminate dalla legge n. 40, del tutto incoerenti con il quadro complessivo del nostro ordinamento penale. Ad esempio, per la produzione di embrioni in numero superiore a quello consentito o per il congelamento di embrioni si prevedono la reclusione fino a tre anni, la multa da a e la sospensione fino ad un anno dall esercizio della professione sanitaria (art. 14 commi 1, 2, 6 e 7). D altro lato, la martellante campagna della Chiesa cattolica a tutela della vita umana fin dal concepimento : una tutela che la Chiesa pretende si realizzi anche con lo strumento tutto secolare della pena. 3. A dispetto dei molteplici segnali che potevano far presagire un sostanziale immobilismo nella disciplina e nella prassi della fecondazione assistita, a partire dal 2007 importanti spunti di novità sono giunti però dalla giurisprudenza di merito. Sono state oggetto di ripensamento, in particolare, proprio quelle discipline, contenute nella legge 40/2004, alle quali si faceva poco fa riferimento: quelle che riguardano la diagnosi 3

4 preimpianto sull embrione (art. 13) e quelle relative ai «limiti all applicazione delle tecniche sugli embrioni» di cui all art Quanto alla diagnosi preimpianto, è lo stesso Tribunale di Cagliari il giudice, cioè, che nel 2005 aveva invano sollevato eccezione di illegittimità costituzionale a proporre un interpretazione secondo Costituzione della disciplina contenuta nell art. 13 l. 40/2004: secondo una sentenza pronunciata dal Tribunale di Cagliari nel 2007 (Trib. Cagliari, sent. 22 settembre 2007, in Corriere del merito, 2008, p. 313 ss., con note di G. CASABURI e C. SIANO) sul divieto che potrebbe ricavarsi dalla legge ordinaria deve prevalere il diritto alla salute della donna, dotato di rilievo costituzionale ex art. 32 Cost. Questa pronuncia dà il la ad una svolta giurisprudenziale, le cui tappe ulteriori sono segnate da un ordinanza del Tribunale di Firenze e da una sentenza del Tar del Lazio, che si succedono tra il dicembre 2007 e il gennaio Secondo il Tribunale di Firenze (Trib. Firenze, ord. 17 dicembre 2007, in Altalex, , con nota di G. BALDINI, nella legge 40 gli artt. 13 e 14 comma 5 hanno ambiti applicativi distinti: il primo riguarda la (sola) ricerca scientifica sull embrione, il secondo il rapporto tra la coppia che intende avvalersi della pma e l embrione, così da assicurare che il trattamento avvenga in presenza di un consenso informato. Di qui la conclusione che il divieto di indagini preimpianto sull embrione è stato introdotto soltanto dalle Linee guida del 2004, in violazione del principio di legalità dei reati e delle pene. Si pongono così le premesse per la pronuncia con la quale, nel gennaio 2008, il Tar Lazio annulla, in quanto illegittima per eccesso di potere, la previsione delle Linee guida secondo la quale «ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro, ai sensi dell'articolo 14, comma 5, dovrà essere di tipo osservazionale» (Tar Lazio, sez. III quater, sent. 21 gennaio 2008, n. 398, in Guida dir., 2008, fasc. 6, p. 60 ss., con nota di G. CARUSO). Questa previsione scompare pertanto nelle nuove Linee guida, emanate nell aprile 2008: con l effetto, parrebbe, di autorizzare i centri italiani di pma a procedere, in caso di necessità e ove i pazienti ne facciano richiesta, alla diagnosi genetica preimpianto sull embrione In realtà, questo effetto non si è prodotto nella prassi: per tutto il 2008, e anzi, credo, sino ad oggi, nei centri italiani non si sono eseguite diagnosi preimpianto sull embrione. Questo, per due ordini di ragioni. Un primo ostacolo alla diagnosi preimpianto è stato scorto, da alcuni, nel divieto di «ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni» dettato dall art. 13 comma 3 l. 40/2004, che le Linee guida sia nella prima, sia nella seconda versione traducono nel divieto di «ogni diagnosi preimpianto a finalità eugenetica»: anche se è più fortemente dubbio che l eugenetica vietata nel nostro ordinamento ricomprenda anche indagini sullo stato di salute dell embrione, finalizzate alla scoperta di gravi patologie o malformazioni. 4

5 Un ulteriore, e più consistente, ostacolo veniva poi dall art. 14 comma 2 l. 40/2004: vietare di produrre un numero di embrioni superiore a tre significava impedire di fatto le indagini preimpianto. Il prelievo di cellule dall embrione può infatti di per sé pregiudicare lo sviluppo dell embrione stesso (può accadere che si danneggino cellule vicine a quella rimossa); d altro canto, alla diagnosi preimpianto si sottopongono soltanto coppie che presentino particolari rischi di trasmissione di malattie genetiche o di anomalie cromosomiche (in una coppia nella quale uno dei componenti non sia solo portatore di malattia genetica, ma sia già malato, il rischio che anche l embrione risulti malato è dell ordine del 50%): di qui la necessità, per la diagnosi preimpianto, di disporre di un numero relativamente elevato di embrioni. 4. Una svolta giurisprudenziale ancora più dirompente si profila poi, nel corso del 2008, a proposito della normativa contenuta nell art. 14 della legge, ai commi 1, 2 e 3: una normativa che rappresenta, a mio avviso, non solo uno dei punti nodali, ma addirittura il punto nodale della legge. Mi riferisco in particolare al divieto di produrre più di tre embrioni per ciclo di trattamento (che comporta il divieto di inseminare più di tre oociti, in quanto, se così non fosse, si rischierebbe di produrre un numero di embrioni superiore a tre), al divieto di crioconservazione di embrioni, nonché all obbligo di trasferire contemporaneamente tutti gli embrioni prodotti; un obbligo, quest ultimo, che, secondo il disposto dell art. 14 comma 3, era derogabile soltanto per «grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione» Parte della dottrina aveva da tempo evidenziato come tale normativa si ponesse in un rapporto problematico con il principio costituzionale di eguaglianza (art. 3 Cost.) e con il diritto alla salute, pure garantito dalla Costituzione (art. 32). Da un lato, appariva irragionevole quasi percorsa da una contraddizione una disciplina che, mentre dichiara di essere rivolta «al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana» (art. 1 comma 1), crea deliberatamente, attraverso le norme ora evocate, gravi ostacoli al successo della procreazione assistita: dopo l entrata in vigore della legge, le gravidanze ottenute per prelievo di oociti subiscono un netto calo, passando da un valore prossimo al 25% nel 2003 al 21,2% nel 2006, mentre gli aborti spontanei salgono dal 23,4% nel 2003 al 24,7% nel 2006 (per questi e per altri dati, tratti dalla Relazione del Ministro della salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge n. 40 del 2004, anno 2007, può vedersi E. DOLCINI, La fecondazione assistita tra prassi medica e svolte giurisprudenziali, in Corr. Merito, 2009, p. 5 ss.). D altro lato, si metteva in rilievo come quella normativa attentasse al diritto alla salute della donna: per le donne meno giovani, riducendo le probabilità di successo dei trattamenti di pma, la disciplina dell art. 14 creava l esigenza, in moltissimi casi, di procedere a nuove stimolazioni ormonali, con notevoli costi per la salute della donna; per le donne più 5

6 giovani, l obbligo di trasferire contestualmente tutti gli embrioni prodotti esponeva la donna ad un elevato rischio di gravidanze plurigemellari (come attesta il primato dell Italia in materia, con un 3,6% di gravidanze plurigemellari nel 2006, contro valori inferiori all 1% nel resto d Europa). Muovendo da rilievi di questo tenore, la dottrina aveva prospettato alternativamente o un interpretazione restrittiva delle disposizioni dell art. 14 (che eviti di riferire all ootide la disciplina dettata per l embrione) o la sottoposizione di quelle disposizioni al vaglio della Corte costituzionale: in entrambe le prospettive, i parametri costituzionali di riferimento venivano individuati negli artt. 3 e 32 Cost Si muovono dunque nella scia della dottrina il Tar del Lazio e il Tribunale di Firenze, allorché sollevano questioni di legittimità costituzionale relative alle svariate disposizioni dell art. 14 citate in precedenza. Quanto al Tar del Lazio, l occasione è fornita dalla stessa sentenza del gennaio 2008 che dichiara l illegittimità del divieto di diagnosi preimpianto sull embrione contenuto nelle Linee guida del A proposito dell art. 14 commi 2 e 3 della legge, il Tar, oltre a far propri i dubbi di legittimità costituzionale che illustravo poco fa, svolge alcuni ulteriori rilievi, fondati, sempre, sugli artt. 3 e 32 Cost. Tra l altro, il Tar sottolinea che la legge è modellata sulle esigenze di «persone di medie condizioni fisiche», mentre trascura le donne non giovani o non in grado di produrre contestualmente tre embrioni di buona qualità (in grado cioè di impiantarsi e svilupparsi): accade così, secondo il giudice amministrativo, che «situazioni diverse» siano «sottoposte allo stesso trattamento predeterminato per legge». Per altro verso, sotto il profilo del diritto alla salute, il Tar Lazio sottolinea che la reiterazione dei cicli di trattamento imposta dalla legge contrasta con il principio della «minore invasività», al quale dovrebbe ispirarsi l applicazione delle tecniche di pma (art. 4 comma 2 lettera a). Al Tar Lazio fa eco, pochi mesi dopo, il Tribunale di Firenze, con due ordinanze pronunciate, rispettivamente, nel luglio e nell agosto 2008 (Trib. Firenze, ord. 12 luglio 2008 e ord. 26 agosto 2008, in Foro it., 2008, fasc. 11, c ss.) è in questa fase che le censure di illegittimità costituzionale vengono estese all art. 14 comma 3 l. 40/2004, laddove si prevedeva quale unica deroga al divieto di crioconservazione di embrioni l ipotesi della «grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione». Nella motivazione che correda l ordinanza di luglio, il Tribunale richiama espressamente la prevalenza che secondo l insegnamento della Corte costituzionale deve essere accordata al diritto alla salute della donna, che è già persona, rispetto ai diritti del concepito, che persona non è ancora. Con la seconda ordinanza, emessa il mese successivo, fa 6

7 poi la sua comparsa, tra i parametri di legittimità costituzionale, anche l art. 2 Cost.: osserva infatti il Tribunale di Firenze che viola la dignità della persona una disciplina legislativa che impone trattamenti sanitari invasivi e scarsamente efficaci. 5. Come risponde la Corte costituzionale al Tar Lazio e al Tribunale di Firenze? 5.1. A differenza di quanto aveva fatto nel 2006 quando, come ho ricordato, aveva liquidato come manifestamente inammissibile una questione relativa al divieto di diagnosi preimpianto, nel 2009 con la sentenza 8 maggio 2009 n. 151 (in Riv. it. dir. proc. pen., 2009, 928 ss., con nota di E. DOLCINI, Embrioni nel numero strettamente necessario : il bisturi della Corte costituzionale sulla legge n. 40 del 2004, ivi, p. 950 ss.) la Corte costituzionale fa proprie, integralmente, le istanze critiche manifestate dai giudici remittenti nei confronti della legge 40/2004. Tra le diverse questioni sottoposte al suo esame, la Corte costituzionale analizza nel merito quelle relative all art. 14 commi 2 e 3, accogliendole entrambe: la Corte dichiara costituzionalmente illegittimi l art. 14 comma 2, limitatamente alle parole «ad un unico e contemporaneo impianto, e comunque non superiore a tre», nonché l art. 14 comma 3, nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio per la salute della donna Eviterò di dilungarmi sulla motivazione della sentenza: ciò in quanto le argomentazioni della Corte riproducono i principali rilievi svolti nelle ordinanze di rimessione, che a loro volta ricalcano in larga misura le osservazioni da tempo sviluppate dalla dottrina. In sintesi. Secondo la Corte, la disciplina sottoposta al suo esame attenta alla salute della donna, in violazione dell art. 32 Cost., sotto un duplice profilo: accentua artificialmente sia i rischi di iperstimolazione ovarica, sia la probabilità di gravidanze plurigemellari. Per altro verso, precludendo al medico «la possibilità di una valutazione del singolo caso sottoposto al trattamento», quella disciplina non soltanto contraddice il principio dell «autonomia» e della «responsabilità del medico», ma viola anche il principio costituzionale di eguaglianza, in quanto «il legislatore riserva il medesimo trattamento a situazioni dissimili» Per effetto della pronuncia della Corte, l art. 14 comma 2 l. 40/2004 risulta così riformulato: «Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell evoluzione tecnicoscientifica e di quanto previsto dall art. 7 comma 3 [in tema di Linee guida], non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario». Che cosa comporta questa nuova formulazione della norma?. Chi decide del numero di embrioni da produrre (rectius: del numero di oociti da inseminare) è ora il medico, attraverso un accertamento da compiersi in concreto, alla luce delle condizioni di età della donna e di salute della coppia. Il nuovo art. 14 comma 2 chiede al 7

8 medico di determinare il numero minimo di oociti da inseminare per assicurare al trattamento apprezzabili prospettive di successo; nel contempo, gli chiede di produrre un numero di embrioni che non comporti il significativo rischio di una gravidanza plurima. Necessario è dunque un numero di embrioni il cui trasferimento possa portare quella donna alla gravidanza: ad una gravidanza singola o magari ad una gravidanza gemellare, ma non, possibilmente, ad una gravidanza plurigemellare Nel nuovo art. 14 comma 2 la Corte ha soppresso oltre alla parte che imponeva il limite massimo di tre unità agli embrioni producibili per ciascun ciclo anche quella che comportava l obbligo di «un unico e contemporaneo impianto» (rectius, trasferimento) degli embrioni prodotti. In situazioni particolari, dunque, si possono ora produrre embrioni in numero superiore a tre e non c è obbligo di trasferirli immediatamente e contemporaneamente. Ma quale la sorte degli embrioni non immediatamente trasferiti? Opportunamente la Corte costituzionale sottolinea che il nuovo tenore dell art. 14 comma 2 comporta un ulteriore deroga al divieto di crioconservazione. «La caducazione, nei limiti indicati, del comma 2 afferma la Corte determina la necessità del ricorso alla tecnica di congelamento con riguardo agli embrioni prodotti ma non impiantati per scelta medica»: tali embrioni possono, e anzi devono, essere sottoposti a crioconservazione. 6. La Corte ferma poi la sua attenzione sull art. 14 comma 3 l. 40/2004, per dichiararne l illegittimità costituzionale, come si è detto, «nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna». Almeno due gli elementi di novità rispetto al passato: a) le ragioni relative alla salute della donna che suggeriscono al medico di non trasferire alcuni embrioni possono essere anche ragioni prevedibili al momento della fecondazione; b) ragioni relative alla salute della donna potranno escludere anche definitivamente, a giudizio del medico, il trasferimento degli embrioni. La salute della donna, bene che la Corte ha ricollocato al centro della disciplina della procreazione assistita, acquista così un ruolo decisivo per ogni decisione relativa al trasferimento degli embrioni: interprete delle esigenze di salvaguardia della salute sarà il medico, il quale potrà escludere il trasferimento di alcuni embrioni vuoi in ragione del protocollo prescelto ex art. 14 comma 2, vuoi a norma dell art. 14 comma 3 in ragione di patologie che siano insorte nella donna. 7. Quali gli effetti dell intervento della Corte costituzionale sulla prassi medica? 8

9 Le modifiche apportate dalla Corte costituzionale alla legge 40/2004 sono in grado di incidere immediatamente sui trattamenti che vengono eseguiti presso i centri italiani di fecondazione assistita? 7.1. Il problema non può essere eluso. In effetti, tra le prime voci che hanno commentato la sentenza della Corte costituzionale alcune hanno denunciato la situazione di incertezza che sarebbe ingenerata dalla sentenza in esame (mi riferisco, tra gli altri, a Eugenia Roccella, sottosegretario alle Politiche sociali con delega alla Bioetica: cfr. Legge 40: la Consulta cancella il limite dei tre embrioni, 1 aprile 2009, altre hanno proposto letture della sentenza tali da neutralizzarne nella sostanza la stessa portata modificativa della disciplina della fecondazione assistita (mi riferisco, soprattutto, a Francesco D Agostino, presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica: cfr. Avvenire, 3 aprile 2009, p. 1). Al tema della fecondazione assistita dopo la sentenza della Corte costituzionale il Corriere della sera a circa venti giorni dal deposito della sentenza (27 maggio 2009, p. 9) ha dedicato un ampio articolo intitolato «Fecondazione, i centri senza regole»; il sottotitolo suonava così: «Dopo la sentenza della Consulta sul numero di ovociti incertezza dei medici: Serve un protocollo comune». Questo, addirittura, l incipit di quello scritto: «Dopo la sentenza il caos». Poco oltre, nella stessa sede, si leggeva che «molti centri, soprattutto pubblici, continuano ad applicare le vecchie regole: si fecondano al massimo tre ovociti e si trasferiscono tutti gli embrioni prodotti in un unico e contemporaneo impianto». Alla base di questo orientamento, per espressa ammissione dei direttori di alcuni centri, la «paura della reazione del Ministro» Non tutti, però, si prodigano nello sforzo di porre nel nulla la sentenza della Corte costituzionale: nel mondo della medicina, della politica e della bioetica si registrano anche orientamenti diversi. Così, ad esempio, si sono espressi i responsabili di due importanti ospedali pubblici milanesi, Mangiagalli e Humanitas: «Noi siamo obbligati a produrre gli embrioni necessari a un serio tentativo»; «La Corte ha rimesso nelle mani del medico quello che solo per la pma era stato rubato, ma contemporaneamente ci ha dato un enorme responsabilità. E noi ce la prendiamo volentieri» (Corriere della sera, 27 maggio 2009, p. 9). La stessa Eugenia Roccella sembra aver ripensato la propria posizione sul tema in esame (cfr. ancora Corriere della Sera, 27 maggio 2009, p. 9). Le è stata posta questa domanda: «Se un centro decide di fecondare sei ovociti, e, ottenuti tre embrioni, ne trasferisce solo due, congelandone uno, è nella legalità?». Con una visibile correzione di rotta rispetto alle sue prime prese di posizione, l on. Roccella ha risposto affermativamente. Particolare attenzione, a mio avviso, merita poi quanto un bioeticista cattolico, Stefano Semplici, ha scritto su Avvenire (S. SEMPLICI, Incrinato un pilastro. Occhio agli altri, in 9

10 Avvenire, 9 aprile 2009, p. 2): «Il medico potrà adesso creare il numero di embrioni che ritiene strettamente necessario al raggiungimento del risultato. Potranno essere due, ma anche quattro o cinque. Il medico potrà non procedere ad un unico e contemporaneo impianto. L argine di difesa che alcuni vedono conservato nella scelta della Corte di non pronunciarsi (per ora) sul divieto di crioconservazione è in realtà sbriciolato, nonostante le apparenze Sarebbe contraddittorio rendere possibile qualcosa che prima era escluso (più embrioni, più impianti) e contemporaneamente continuare a vietare l esito inevitabile di questa procedura». Le affermazioni di Semplici, proprio in quanto provengono dal mondo cattolico, compatto nella difesa della legge 40/2004, mostrano a chiare lettere, mi sembra, la debolezza della tesi secondo la quale la sentenza della Corte costituzionale non sarebbe idonea ad incidere immediatamente sulla prassi medica Segnalo, per concludere su questo punto, che il 24 maggio 2009 la Società Italiana di Studi di Medicina della Riproduzione (SISMER) ha promosso l adozione di un protocollo comune da parte numerosi centri italiani per la determinazione individualizzata del numero di embrioni da formare (cfr. in quei centri, sotto l impulso della Corte costituzionale, la prassi della pma si accinge a mutamenti profondi. 8. Ritorno ancora una volta e si tratta dell ultimo punto di questa chiacchierata al tema della diagnosi genetica preimpianto Dopo il varo delle Linee guida del 2008, la possibilità di procedere alla diagnosi genetica preimpianto rimaneva comunque preclusa lo segnalavo in precedenza ( 3.2.) dalla presenza nella legge della disposizione che fissava a quota tre il numero massimo di embrioni producibili in vitro per ciascun ciclo di trattamento. La diagnosi preimpianto richiede in effetti un numero di embrioni superiore: alcuni embrioni possono perdersi per effetto del prelievo di cellule, altri verosimilmente sono destinati a risultare malati. Per effetto di tale limite legale, in Italia tuttora non si effettuano diagnosi preimpianto, o almeno questo accadeva fino a ieri: e le coppie italiane (almeno quelle che avevano la possibilità economica di farlo) hanno continuato a rivolgersi all estero nei casi in cui apparisse necessaria un indagine di quel tipo. Secondo una recente rilevazione compiuta dalla Associazione internazionale di studi sulla procreazione assistita (Eshre) della quale riferisce M. SMARGIASSI, Le rotte della maternità, in La Repubblica, 10 agosto 2009, 23 ss. il numero delle coppie italiane che negli ultimi anni si sono rivolte a centri esteri è pari, almeno, a 8000 l anno (un numero doppio rispetto a quello che emergeva in precedenza da altre indagini), per una quota del 31,8% dei migranti della provetta in Europa: e nella grande maggioranza dei casi (7 su 10) la scelta dell estero da parte di pazienti italiani è motivata dall esigenza di ottenere trattamenti preclusi in Italia, spesso proprio la diagnosi genetica preimpianto. 10

11 Ora, eliminando il limite dei tre embrioni, la Corte costituzionale ha reso possibile effettuare in Italia indagini genetiche preimpianto. Il numero di embrioni «necessario» si determinerà, dunque, anche in funzione della diagnosi preimpianto, qualora la situazione di salute della coppia orienti verso quella soluzione e la coppia ne faccia richiesta Rimane, come si è accennato, un ulteriore ostacolo, che deriverebbe dal divieto di «ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni» dettato dall art. 13 comma 3 l. 40/2004, ovvero dal divieto di «ogni diagnosi preimpianto a finalità eugenetica» stabilito dalle Linee guida, sia nella prima, sia nella seconda versione. Secondo Eugenia Roccella, a questo proposito «la modifica della Consulta cambia poco: la diagnosi preimpianto resta vietata in quanto soluzione eugenetica» (cfr. Procreazione: Roccella, entro dicembre nuove linee guida per la l. 40, Questa tesi non mi persuade. Con la sentenza 151 del 2009 la Corte costituzionale ha rivalutato il bene salute della donna nel quadro della complessiva disciplina della fecondazione assistita: tra l altro, come si è visto, ha dichiarato l illegittimità dell art. 14 comma 3, nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni debba essere effettuato senza pregiudizio per la salute della donna. Mi sembra che, con il contributo della Corte costituzionale, le tessere del mosaico della legge in tema di indagine preimpianto e di eugenetica possano essere così ricomposte. La legge n. 40/2004 vieta di selezionare embrioni al fine di predeterminare il sesso o altri caratteri del nascituro: in assenza di situazioni patologiche, vieta una selezione degli embrioni finalizzata a costruire un bambino su misura. Per contro, a mio avviso, la legge non si oppone ad indagini volte ad accertare la presenza nell embrione di gravi malattie o anomalie, tali da esporre a pericolo la stessa salute fisio-psichica della donna: la legge non contiene nessun divieto al riguardo. 9. Il problema della ammissibilità della diagnosi genetica preimpianto è emerso ancora una volta in un ordinanza del Tribunale di Bologna, depositata lo scorso 29 giugno (cfr. che ha autorizzato la diagnosi preimpianto a favore di una coppia nella quale la donna era portatrice sana di distrofia muscolare ed era già madre, dal 1999, di un figlio affetto dalla stessa malattia genetica Uno dei passaggi più significativi della pronuncia riguarda il nesso sottolineato dal Tribunale, richiamandosi alla Corte costituzionale tra la possibilità di effettuare diagnosi preimpianto sull embrione e l esigenza (affermata dalla Corte) che il trasferimento di embrioni ex art. 14 comma 3 avvenga senza pregiudizio per la salute della donna. A favore dell ammissibilità della diagnosi preimpianto il Tribunale osserva poi che un divieto in materia sarebbe «irragionevole e incongruente col sistema normativo se posto in parallelo con la diffusa pratica della diagnosi prenatale, altrettanto invasiva del feto, rischiosa 11

12 per la gravidanza, ma perfettamente legittima». Di qui la conclusione che non solo deve ritenersi «ammissibile» quella procedura, ma deve altresì riconoscersi alla donna il «diritto di abbandonare l'embrione malato e di ottenere il solo trasferimento di quello sano». Procedendo ancora sulla strada indicata dalla Corte costituzionale, il Tribunale chiarisce che il medico dovrà eseguire i trattamenti «in considerazione dell età e del rischio di gravidanze plurigemellari pericolose» e dovrà provvedere al congelamento «per un futuro impianto degli embrioni risultati idonei che non sia possibile trasferire immediatamente e comunque di quelli con patologia»: l ordinanza si spinge fino a indicare in sei il numero minimo di embrioni che dovranno essere sottoposti ad analisi in laboratorio Il Tribunale, a mio avviso, ha correttamente sviluppato premesse poste dalla sentenza 151/2009 della Corte costituzionale. Una forzatura potrebbe forse ravvisarsi nel numero (minimo) di sei embrioni, espressamente indicato dal giudice: ma si tratta, a ben vedere, di un indicazione del tutto coerente con le regole dell arte medica Per altro verso, non si possono ignorare le veementi critiche mosse alla pronuncia del Tribunale di Bologna da parte di chi considera la legge n. 40/2004 come un doveroso baluardo contro pratiche moralmente riprovevoli. Segnalo in primo luogo una dichiarazione del sottosegretario Roccella, contenuta in un comunicato-stampa (il n. 314 del 1 luglio 2009) diramato dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali: «L ordinanza del tribunale di Bologna è l ennesimo tentativo, operato da alcuni magistrati, di forzare l interpretazione di una legge votata dal Parlamento e confermata da un referendum popolare». Ancora. Si è parlato di un chiaro esempio di «creatività giuridica» (Avvenire, 2 luglio 2009), ovvero di una riscrittura di fatto della legge sulla procreazione assistita (così Adriano Pessina, presidente del Centro di Bioetica dell Università cattolica di Milano: cfr. Un punto di vista talora sintetizzato in veri e propri anatemi: «Nessuno, men che meno dei magistrati, può arrogarsi la facoltà di permettere che si distrugga o si manipoli indiscriminatamente la vita dell essere umano» (così Laura Bianconi, Pdl: cfr. A. GALLI, Legge 40, la strategia è di riscriverla in tribunale, in Avvenire, inserto È Vita, 2 luglio 2009). Altri (Massimo Polledri, parlamentare della Lega nord) ha definito l ordinanza del Tribunale di Bologna «un atto contro la vita e l embrione», che «si oppone al Parlamento e alla sovranità popolare»: «un gesto golpista, ideologico, che impone l eugenetica» (cfr. Con una punta di involontario umorismo, non rara, peraltro, nei suoi interventi sui temi della bioetica, l on. Luca Volontè, presidente del gruppo UDC alla Camera dei deputati, ha poi affermato che «l ordinanza del Tribunale di Bologna conferma che la sentenza della Corte costituzionale del marzo scorso non era un caso isolato» (cfr. assumendo, parrebbe, che una sentenza della Corte costituzionale possa essere ignorata dalla 12

13 giurisprudenza successiva, non producendo alcun effetto sul diritto vivente. Altri esponenti della politica inquadrano, infine, la loro critica al Tribunale di Bologna nella più vasta, consueta polemica contro una magistratura che si vuole bisognosa di normalizzazione : così, ad esempio, il sottosegretario all Interno, Alfredo Mantovano, ha imputato al Tribunale di Bologna di voler assurgere «al ruolo di attore politico senza passare al vaglio del consenso» (cfr Qui mi fermo. Il collage di interventi sopra riportato è più che sufficiente, mi sembra, per dimostrare che anche nel prossimo futuro la legge sulla fecondazione assistita continuerà a navigare in un mare in tempesta. EMILIO DOLCINI 13

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