NON AUTOSUFFICIENZA, EMERGENZA SOCIALE Assemblea pubblica SPI CGIL e FNP CISL. Tolentino, 23 aprile Traccia di intervento introduttivo
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- Ivo Silvestri
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1 NON AUTOSUFFICIENZA, EMERGENZA SOCIALE Assemblea pubblica SPI CGIL e FNP CISL Tolentino, 23 aprile 2012 Traccia di intervento introduttivo Care amiche, cari amici, i sindacati dei pensionati SPI CGIL e FNP CISL di Macerata, sollecitate dalle rispettive Federazioni regionali, hanno voluto organizzare questa assemblea per rilanciare il tema della non autosufficienza sul quale le Federazioni nazionali hanno presentato una piattaforma unitaria chiedendo l apertura di un confronto con i Ministeri del Welfare, della Salute e della Coesione sociale, nonché con la Conferenza Stato Regioni. Su questo tema il sindacato dei pensionati è impegnato da anni, in una vertenza difficile ma necessaria per dare risposta a milioni di anziani e alle loro famiglie. Ricordiamo che nel 2005, solo nelle Marche, sono state raccolte più di firme - di cui nella Provincia di Macerata - per sostenere una proposta di legge di iniziativa popolare per la tutela delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie miglie. Nella Regione Marche gli anziani non autosufficienti si stimano intorno a Circa di essi sono assistiti all interno delle strutture residenziali (RSA, Residenze protette e Case di riposo) anziani sono seguiti attraverso l Assistenza domiciliare integrata. Poco più di fruiscono dei Servizi di Assistenza Domiciliare dei Comuni. La forma più estesa di sostegno pubblico è ancora oggi costituita dalle indennità di accompagnamento, di cui fruiscono quasi anziani. Sono numeri dai quali è si desume con chiarezza che il principale soggetto che si fa carico dei bisogni di cura delle persone non autosufficienti è la famiglia, direttamente
2 o attraverso il ricorso al mercato di cura privato. Sono almeno gli anziani marchigiani assistiti a domicilio da collaboratrici familiari, principalmente straniere. La struttura demografica della società italiana tende inesorabilmente ad invecchiare, soprattutto nelle Marche, che sono una delle Regioni più anziane d Italia. Nel 2051 gli anziani marchigiani rappresenteranno un terzo della popolazione complessiva. Il 25% di essi avrà più di 85 anni. Per effetto dell invecchiamento e dell incidenza di patologie croniche e degenerative aumenterà anche la disabilità. Non è assurdo prevedere che tra 40 anni avremo quasi anziani non autosufficienti di cui prenderci cura. Qualsiasi considerazione va inquadrata nel contesto di un momento storico particolarmente difficile. Gli effetti della crisi finanziaria si ripercuotono su tutti i settori della vita economica e sociale europea. Le famiglie italiane hanno visto ridursi il reddito disponibile in conseguenza della perdita dell occupazione. Sono migliaia i pensionati che oggi, con pensioni non rivalutate che hanno perso buona parte del loro potere d acquisto, devono farsi carico dei loro figli che hanno perso il lavoro. Complessivamente sta venendo meno la capacità delle famiglie di far fronte, con risorse proprie, alle spese ingenti che derivano dal lavoro di cura. Ma anche le politiche pubbliche di sostegno ai bisogni sociali e socio sanitarie stanno regredendo. Le misure di austerità introdotte dalle manovre finanziarie del 2011 hanno avuto come conseguenza la drastica riduzione, quando non addirittura l eliminazione, dei più importanti fondi nazionali di sostegno agli interventi e ai servizi sociali, tra i quali il Fondo unico per le politiche sociali, il Fondo famiglia e appunto, il Fondo per la non autosufficienza. Le vicende relative a quest ultimo destano sconcerto e indignazione. Introdotto nel 2008, il Fondo aveva consentito nella nostra Regione di potenziare i servizi di assistenza domiciliare gestiti dai Comuni e dagli Ambiti sociali e di avviare la positiva sperimentazione degli assegni di cura familiari. Sebbene insufficienti per numero e per entità del contributo, tramite questi ultimi stava partendo un percorso virtuoso di sostegno delle famiglie e di qualificazione del lavoro di cura privato.
3 I 400 milioni di del finanziamento rappresentavano un mero segnale e non certo la soluzione del problema. Proprio mentre era ragionevole attendersi un potenziamento di questo strumento, le ben note vicende relative al quadro negativo di finanza pubblica hanno portato nel 2011 al suo azzeramento. Il sindacato dei pensionati pretende che il Fondo venga ripristinato per finanziare i livelli essenziali delle prestazioni per i non autosufficienti da definire con un apposita legge quadro, in coerenza con quelli delle altre prestazioni sociali e in un più chiaro quadro di ripartizione di competenze e di risorse rse tra Stato centrale e Autonomie locali. Non possiamo essere ingenui e pensare che da un giorno all altro il contesto sfavorevole col quale ci stiamo confrontando improvvisamente cambierà volgendo al meglio. Ci attendono altri anni di sacrifici. Proprio per questo è urgente ragionare su una riforma complessiva dell assistenza continuativa alle persone non autosufficienti. Un tema che deve entrare tra le priorità dell agenda politica del nostro paese. Un primo passo è la riqualificazione della spesa attuale. Oggi in Italia spendiamo circa 9 miliardi di - un decimo della spesa sanitaria - per una misura come l indennità di accompagnamento, erogata a prescindere da qualsiasi discorso sulla prova dei mezzi o sulla gravità della condizione di disabilità di chi ne fruisce. Le difficoltà del contesto nazionale rilanciano oggi più che mai il ruolo della Regione e degli Enti locali. E su questo livello che si giocano le partite più importanti sulla non autosufficienza. A cominciare da quella sulla residenzialità. Da anni i sindacati dei pensionati, insieme a quelli confederali, sono impegnati in una vertenza per migliorare la qualità dell assistenza socio sanitaria agli anziani non autosufficienti ospiti nelle strutture residenziali, abbassando le rette che gravano sull utenza. Con l accordo del 2 agosto 2010 la Regione Marche metteva a disposizione circa 20 milioni di er aumentare i minuti di assistenza infermieristica e tutelare dei posti letto di residenza protetta. All incremento della quota a carico del Servizio sanitario avrebbe dovuto corrispondere la diminuzione della quota di partecipazione a carico degli ospiti. Questo percorso è stato disatteso. Infatti, una attenta analisi di tutte le convenzioni delle strutture provinciali, nelle quali sono stati convenzionati 758 posti letto, dimostra che le rette non sono diminuite.
4 L escamotage degli Enti gestori per non applicare correttamente la convenzione è stata quella di prevedere prestazioni aggiuntive a quelle indicate dal modello generale di convenzione, di fatto vanificando il senso dell accordo. A seguito delle nostre segnalazioni le Segreterie regionali Spi-Fnp-Uilp hanno chiesto e ottenuto la convocazione del tavolo di monitoraggio, per capire come poter far fronte a questa situazione. Non sono stati sufficienti un sollecito e una circolare all ASUR per sbloccare la situazione; solo un ulteriore e urgente incontro del tavolo di monitoraggio alla presenza dell ASUR ha permesso l emanazione di un Decreto del Direttore del Dipartimento Salute della Regione Marche per dare cogenza alla corretta applicazione delle convenzioni, pena il non trasferimento delle risorse agli Enti Gestori. Il problema della quantificazione del costo effettivo di un anziano non autosufficiente ospite in una struttura residenziale (certamente superiore a 66 al giorno) o), che la regione Marche oggi non ha ancora risolto, non può essere scaricato sui non autosufficienti e le loro famiglie Un obiettivo prioritario dell assistenza continuativa dovrebbe essere quello di permettere agli anziani di invecchiare nel proprio ambiente abituale di vita. Purtroppo invece il sistema delle cure domiciliari riveste nel nostro paese una rilevanza del tutto marginale. Solo lo 0,04% della spesa pubblica per la protezione sociale in Italia è destinata alle cure domiciliari in particolare all assistenza domiciliare integrata di competenza sanitaria e al servizio sociale di assistenza domiciliare comunale. Se si prende in considerazione la sola spesa pubblica per l assistenza ai non autosufficienti, quella per i servizi domiciliari assorbe solo il 23% del totale. Sebbene cresciuta sensibilmente nell ultimo decennio, l utenza seguita è ancora del tutto inadeguata rispetto alle necessità. Il basso investimento sulla domiciliarità ha la natura di una vera e propria scelta politica. Una scelta clamorosamente sbagliata che ancora una volta pone il nostro paese tra i fanalini di coda a livello europeo, dove da anni si è compreso che spesso l istituzionalizzazione dell anziano fragile è una soluzione impropria e costosa. Bisogna costruire un sistema di cure domiciliari a rete basato su punti unici di accesso diffusi
5 sul territorio, in cui operino professionisti in grado di effettuare una valutazione multidimensionale completa, assicurando la scelta del percorso assistenziale più appropriato, espresso in un piano di assistenza individuale. Il rafforzamento delle cure domiciliari deve rientrare in un percorso complessivo di potenziamento della medicina territoriale. Percorso verso il quale tende il nuovo Piano socio sanitario regionale, che in attuazione del Patto per la salute si pone l obiettivo di convertire i posti letto ospedalieri in favore delle strutture residenziali e semiresidenziali, sviluppando l assistenza territoriale mediante il modello della Casa per la salute. Contemporaneamente - recita il Piano - il territorio deve riorganizzarsi per assicurare la continuità assistenziale in particolare per le situazioni di cronicità e di maggiore fragilità. Questi obiettivi di carattere generale dovranno trovare concreta attuazione in un piano strategico aziendale di Area Vasta, che vedrà la luce entro il 30 aprile prossimo e sul quale ci aspettiamo una concertazione con le forze sociali. La non autosufficienza è un area d intervento in cui le prestazioni sanitarie devono fortemente integrarsi con i servizi sociali. Questa considerazione chiama in causa il ruolo degli enti locali, che sono titolari di buona parte dei servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari per anziani. Negli ultimi anni i Comuni italiani hanno visto ridursi le risorse a disposizione in conseguenza dei tagli ai trasferimenti erariali. Con non poche difficoltà i sindaci sono riusciti a conservare i livelli dei servizi sociali erogati ai cittadini. E ormai evidente che l attuale contesto di frammentazione nella gestione del welfare locale sia diventato insostenibile. Per questo non è più possibile rinviare un ragionamento sulla gestione associata dei servizi sociali. Relativamente alla non autosufficienza questo comporta l attribuzione agli Ambiti territoriali della gestione diretta dei servizi di assistenza domiciliare. Soprattutto però significa rivedere l attuale configurazione dei servizi residenziali. La nostra realtà è caratterizzata dalla presenza di troppe strutture, molte delle quali di piccole dimensioni, che difficilmente riescono a garantire gli standard - strutturali e funzionali - previsti dalla normativa vigente. Abbiamo bisogno di residenze protette più grandi, polivalenti, che comprendano nuclei dedicati ai malati di demenza e centri diurni. Residenze aperte al territorio, in grado di supportare gli anziani che ancora
6 possono vivere soli e soggette a regolamenti unici di accesso redatti a livello di Ambito sociale. La gestione associata è una riforma coraggiosa, iniziata quasi dieci anni orsono, ma mai veramente decollata. Dobbiamo trovare insieme il modo per rilanciarla, ad esempio vincolando il trasferimento dei fondi nazionali (se e quando verranno ripristinati) e regionali. L alternativa è ripiegare verso un modello gestionale obsoleto ed inefficiente, frantumato e personalistico. Un modello assistenzialista in cui i diritti sociali e di cittadinanza scompaiono e sfumano nella beneficienza verso chi è più sfortunato Mi avvio a concludere segnalando un ultimo, problematico aspetto legato alla non autosufficienza. Il tema del lavoro di cura che coinvolge migliaia di lavoratrici e di famiglie. Sappiamo bene che il welfare pubblico non sarà mai in grado di coprire direttamente ed in forma completa i bisogni socio assistenziale che derivano dalla non autosufficienza. In un ottica di sussidiarietà orizzontale vanno allora potenziate e valorizzate le capacità delle famiglie di prendersi cura dei propri anziani non autosufficienti, direttamente o ricorrendo al mercato di cura privato. Quest ultimo in particolare va sottoposto a regole e controlli più stringenti per favorire l emersione di quella fetta ancora troppo ampia di lavoro sommerso e irregolare e tenendo anche conto che la crisi economica sta spingendo tantissime donne italiane a cercare un nuovo impiego in questo settore. Bisogna a tutti i costi evitare che si interrompa il percorso avviato con la sperimentazione degli assegni di cura, affiancandovi politiche di formazione adeguate - non solo per le assistenti ma anche per le famiglie - e rendendo più agevole l incontro tra domanda ed offerta attraverso appositi sportelli, sviluppando sinergie con le realtà già attive del terzo settore. In altre parole bisogna integrare l assistenza domiciliare offerta dalle assistenti familiari ari e dalle famiglie nella rete dei servizi sociali e socio-sanitari sanitari pubblici, garantendone maggiore qualità ma anche sostenendo le lavoratrici e le famiglie in tutte gli aspetti legati alle attività di cura.
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