La segale. Lavori della terra e alimentazione sulle Alpi dell Ossola. L agricoltura mista di montagna. La civiltà alpina

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1 Paolo Crosa Lenz La segale Lavori della terra e alimentazione sulle Alpi dell Ossola Gennaio 2013 L agricoltura mista di montagna L agricoltura mista di montagna (Alpwirtschaft) è il modello economico basato sull integrazione di coltura della terra e allevamento del bestiame che ha permesso la vita delle comunità umane sulle Alpi. L anello di congiunzione tra agricoltura e allevamento è dato dalla raccolta del fieno per l alimentazione invernale del bestiame. Il rapporto tra agricoltura e allevamento varia con il variare dell altitudine e ha dato vita a due forme di civiltà.: La civiltà alpina La civiltà rurale montana La civiltà alpina Quota: sopra i m Orizzonte vegetazionale: boschi misti di conifere a prevalenza di larice Attività prevalente: allevamento dei bovini con l accumulo di foraggio per la stabulazione invernale (7 mesi) Alpeggi d alta quota Affresco sul palazzo comunale di Ernen (Valle di Binn, Vallese) che racconta la fienagione in montagna.

2 La civiltà rurale montana Quota: dai 200 agli 800 m Orizzonte vegetazionale: boschi misti di latifoglie a prevalenza di castagno e faggete Agricoltura mista di montagna (Alpwirtschaft) Colture su terrazzamento Corti e alpeggi bassi La coltura dei cereali La coltura dei cereali è sempre stata l attività primaria del contadino di montagna. Non essendo possibile coltivare il frumento per le particolari condizioni ambientali, le comunità alpine hanno selezionato cereali particolari che venivano coltivati con particolari tecniche rotatorie. La segale (biava) L orzo Il grano saraceno Venivano anche coltivati il miglio e il panìco L alimentazione invernale era integrata dalle castagne La patata venne introdotta solo alla fine del XVIII secolo La comparsa dei cereali nell Italia settentrionale

3 La segale Si origina probabilmente in Asia Minore, e segue come infestante le coltivazioni di frumento prendendo piede nei climi più freddi. Nel mondo se ne coltivano 10 milioni di ettari, con una produzione di oltre 20 milioni di tonnellate, concentrata nei paesi freddi per latitudine e altitudine, grazie alla resistenza al freddo che ne consente la semina autunnale anche in climi proibitivi per altri cereali. Un tempo molto coltivata in Italia e nelle Alpi in particolare, oggi è in abbandono di pari passo con lo spopolamento montano. La segale E stata la coltura principe dell agricoltura di montagna La segale (secale cereale) richiede precipitazioni annue non superiori ai 1400 mm e ripartite in giorni e quote normalmente inferiori ai 1600 m; al di sopra il tempo di vegetazione è troppo breve. Solo combinando questi fattori è possibile la coltivazione della segale, cereale rustico per eccellenza che cresce su terreni magri e resiste al freddo. A Findeln (2100 m) sopra Zermatt fino al 1996 sono stati coltivati campi di segale. C è segale e segale Si distinguono due tipi principali di segale: La segale invernale grande segale Viene seminata in luglio-agosto e raccolta il settembre dell anno successivo con un ciclo di crescita di mesi e un raccolto biennale ( riposo d altitudine ). La segale dormiente viene seminata in ottobre prima del gelo La segale primaverile piccola segale Si semina in aprile-maggio e si raccoglie alla fine di luglio. Cresce solo a quote inferiori ai 1000 m. La segale coltivata sui monti dell Ossola era la segale invernale

4 La coltura della segale La segale veniva seminata alla fine di ottobre e germinava per alcuni centimetri. Continuava la maturazione sotto la neve per il passaggio della luce. Veniva raccolta alla fine di luglio e subito dopo, sugli stessi campi, veniva seminato il grano saraceno (formentone) che veniva raccolto in ottobre. L abbinamento segale grano saraceno era tipica delle valli interne dell Ossola Il grano saraceno (Fagopyrum esculentum) Il Grano saraceno Nonostante il nome e la farina che si ottiene dai suoi frutti non è una graminacea, bensì una poligonacea, come altre specie ben conosciute, il romice o il rabarbaro! Introdotto in Europa nel XV secolo, si è diffuso come integrazione dei cereali tradizionali in Nord e Centro Europa, e nelle zone montane dell Europa meridionale. In Italia è caratteristico di alcune zone alpine (Valtellina, Trentino, Friuli). Nelle valli ossolane, oggi quasi completamente scomparso, era un tempo molto diffuso. Molto esigente in temperatura, ha un ciclo molto breve, che permette anche nelle zone montane un raccolto estivo.

5 Il formentone La raccolta della segala, anche negli anni più prosperi, non è sufficiente ai bisogni della popolazione per tre mesi. La medesima spesso manca dei tutto, e ciò quando le pianticelle periscono durante i rigidi, e lunghi inverni. Il formentone, o grano saraceno, si semina alla fine di luglio, appena tagliata la segala, e si raccoglie al principio di ottobre. Questo grano, ben seccato nel forno, si riduce in farina, e con questa si fa una polenta non meno salubre, che gradita ai Vigezzini. Egli è sommamente produttivo, e sarebbe importante per la Valle, se non soffrisse la brina, la quale il più degli anni lo distrugge intieramente prima della maturità. C. CAVALLI 1845 Miglio e panìco Miglio o panìco coltivato Il miglio, molto diffuso sulle Alpi, ha sviluppo rapidissimo e resiste alla siccità. Chiamato per lo più panìco, era coltivato nelle valli dell Ossola già da tempi antichi e le sue farine erano utilizzate per cuocere polente. Panìco o pabbio coltivato Simile al miglio si distingue per un inflorescenza compatta e cariossidi più pccole. La casa della segale Stadel o Torba Sulle alte Alpi è il granaio, isolato dai roditori perché appoggiato su funghi di legno e pietra, in cui veniva conservata la segale per permetterle di ultimare la crescita e di perdere l umidità. Ha un corridoio centrale per la trebbiatura della segale.

6 Per aiutarla a maturare Il Rascan Il Rascan è una caratteristica impalcatura in legno coperta da un tettuccio in scandolee formato da graticci a cui venivano appesi i covoni per farli dorare al sole e ultimare la maturazione. Per aiutarla a maturare Il mulino ad acqua Ogni villaggio di montagna possedeva uno o più mulini idraulici per la macina dei cereali. Erano di proprietà collettiva e venivano utilizzati a turno dalle famiglie della comunità contadina.

7 Il forno del pane Il forno del pane era, con il mulino, l altra infrastruttura collettiva presente sulle alte Alpi. Veniva acceso collettivamente e, quando la camera di cottura era in temperatura veniva utilizzato a turno. Il pane di segale Perfettamente macinata e setacciata la farina di segale è biancastra, morbida al tatto, con un profumo di violetta. Per la lievitazione viene viene utilizzata la pasta della panificazione precedente nella misura di 1/5 rispetto al nuovo impasto. Sulle Alpi Walser fino alla fine del XIX secolo si panificava una volta l anno in dicembre. I pani venivano conservati in ambienti aerati e asciutti. Il pane veniva poi sbriciolato e ammollato nel latte. Il pane di segale Il fabbisogno alimentare di un adulto era di kg di pane l anno.

8 Le castagne, il pane d albero Le castagne permisero per secoli alle comunità contadine di supplire alle periodiche crisi cerealicole La raccolta e la conservazione delle castagne diventarono estreme nel XVIII secolo con l apice della piccola età glaciale. Un arbul adulto di 70 anni forniva un raccolto per l alimentazione invernale di una persona adulta. La rivoluzione della patata Già conosciuta precedentemente, la patate si diffuse sulle Alpi alla fine del XVIII secolo quando il raffreddamento del clima mise in crisi la coltura dei cereali. Facilmente conservabile, resistente al freddo e con buona resa, le patate sostituirono in parte le castagne come integratore alimentare, non soppiantando tuttavia la coltura della segale che rimase la base dell alimentazione contadina. La provvidenza della montagna In alta montagna la patata poteva essere coltivata fino a 1900 m, ad altitudini non più adatte alla coltura della segale o dell orzo, su terreni poco feritili e ombreggiati, assicurando in qualsiasi condizione climatica e contro qualsiasi calamità, un minimo di raccolto.

9 Bibliografia Rizzi E. Cucina d alpe Fondazione Monti, Anzola, 2003 Mortarotti R. Storia dell Ossola nell età moderna Grossi, Domodossola, 1985 Grazie per l attenzione

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