I PAZIENTI CON STENT DA SOTTOPORRE A CHIRURGIA NON CARDIACA MAGGIORE

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1 IL GIORNALE ITALIANO DI CARDIOLOGIA INVASIVA N I PAZIENTI CON STENT DA SOTTOPORRE A CHIRURGIA NON CARDIACA MAGGIORE Piera Capranzano 1, Roberta Rossini 2 1 Dipartimento Cardiovascolare, Ospedale Ferrarotto, Università degli Studi di Catania 2 USC Cardiologia, Dipartimento Cardiovascolare, A.O. Papa Giovanni XXIII, Bergamo Introduzione Una considerevole e crescente proporzione di pazienti (4-8%) sottoposti a impianto di stent coronarico e trattati con terapia antiaggregante piastrinica, necessita di chirurgia non cardiaca inaspettata entro il 1 anno dalla procedura di impianto dello stent (1-6). Il periodo perioperatorio comporta importanti rischi per i pazienti con cardiopatia ischemica; in particolare, il rischio di trombosi dello stent e di eventi avversi cardiovascolari è incrementato durante il periodo perioperatorio, come risultato sia dello stato protrombotico indotto dalla risposta allo stress chirurgico, sia dalla frequente sospensione della terapia antiaggregante piastrinica. Di nota, la prematura sospensione della doppia terapia antiaggregante è emersa come il predittore indipendente più importante di complicanze aterotrombotiche in pazienti con stent coronarico (7-10). Dall altro lato, la terapia antiaggregante piastrinica, eseguita nel periodo perioperatorio, incrementa il rischio di sanguinamenti maggiori che, di per sé, sono stati indipendentemente associati con un incremento di mortalità (11). I due rischi opposti, ischemico ed emorragico, rendono particolarmente complessa la gestione perioperatoria della terapia antipiastrinica, che attualmente non è stata chiaramente e sistematicamente definita. Gli studi pubblicati che hanno valutato l in - cidenza di eventi ischemici ed emorragici dopo chirurgia non cardiaca in pazienti sottoposti a precedente impianto di stent, hanno diverse importanti limitazioni, soprattutto la mancanza di dettagli sullo stato perioperatorio della terapia antipiastrinica e la variabilità della durata del monitoraggio postoperatorio, oltre al fatto che la mag gior parte sono studi retrospettivi e di piccole di - mensioni (12,13). Considerata la limitatezza delle attuali evidenze scientifiche, non è possibile trarre conclusioni sui rischi e l efficacia perioperatori della terapia antiaggregante piastrinica. Di conseguenza esistono numerose Linee Guida e raccomandazioni di esperti sulla gestione perioperatoria della terapia antiaggregante che si basano su opinioni, piuttosto che su chiare evidenze scientifiche, e presentano alcuni limiti, che ne condizionano l applicabilità nella pratica clinica (14-23). Tali limiti includono le seguenti mancanze di: un consenso intersocietario di cardiologi, chirurghi e anestesisti; una ben definita stratificazione del rischio emorragico per i singoli interventi e del rischio trombotico in relazione alle caratteristiche angiografiche e cliniche; indicazioni operative e algoritmi decisionali precisi, da applicare alle diverse tipologie di interventi, in relazione al rischio trombotico ed emorragico, suggerendo piuttosto di effettuare una valutazione multidisciplinare caso per caso, in relazione al rischio ischemico ed emorragico individuale; indicazioni sulle modalità di ripresa della terapia antiaggregante (quando e con quali dosi). Nonostante sia condivisibile il consiglio alla discussione Indirizzo per la corrispondenza: Dott.ssa Roberta Rossini USC Cardiologia - Dipartimento Cardiovascolare - A.O. Papa Giovanni XXIII - Bergamo - Piazza O.M.S., Bergamo Tel Fax roberta_rossini@yahoo.it 28

2 I PAZIENTI CON STENT DA SOTTOPORRE A CHIRURGIA NON CARDIACA MAGGIORE collegiale dei casi più complessi tra cardiologi, chirurghi e anestesisti, questa opzione potrebbe risultare non sempre percorribile nella pratica clinica e potrebbe condurre a una decisione opinabile. Infine, l approccio non codificato da protocolli chiari e standardizzati per le diverse tipologie di interventi chirurgici, comporta una notevole variabilità e individualità di gestione perioperatoria della terapia antiaggregante piastrinica. Quindi emerge la necessità di maggiore standardizzazione della gestione perioperatoria della terapia antiaggregante piastrinica, per indirizzare il paziente, in modo ragionevole, e soprattutto condiviso dal cardiologo, dal chirurgo, e dall anestesista, alle scelte terapeutiche più ottimali associate alla minimizzazione dell intrinseco rischio ischemico-emorragico dei pazienti in terapia antiaggregante piastrinica sottoposti a chirurgia non cardiaca. Per colmare questa necessità è stato recentemente pubblicato (24) e ufficialmente presentato (a Stresa il 15 settembre, durante un evento congiunto delle due Società scientifiche che hanno coordinato i lavori) un Documento di Consenso multidisciplinare sulla gestione perioperatoria della terapia antiaggregante nel paziente portatore di stent coronarico candidato a intervento chirurgico, stilato dalle sezioni Lombarde della Società Italiana di Cardiologia Invasiva (GISE) e dell Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO). Il Documento di Consenso è stato inoltre sottoscritto dalle stesse società scientifiche nazionali, GISE e ANMCO, e da ben 15 Società Chirurgiche o Medico/Odon - toiatriche con subspecialità invasive e dalla Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI). Gli Autori di questo Documento di Consenso appartengono alle categorie professionali che intervengono nei vari scenari clinici in cui è richiesta la gestione perioperatoria della terapia antiaggregante: cardiologi, chirurghi di varie specialità, endoscopisti e anestesisti. Il presente articolo rappresenta una sintesi del suddetto Documento di Consenso. Stratificazione del rischio Nel Documento di Consenso sono state chiaramente definite: 1. categorie di rischio ischemico (Tab. I); 2. categorie di rischio emorragico specificatamente associato a diverse tipologie di intervento chirurgico (Tabb. II-IV). Rischio ischemico Il rischio ischemico è stato definito come alto, intermedio o basso, sulla base del tempo trascorso dall impianto di uno specifico tipo di stent (metallico o medicato) e sulle caratteristiche angiografiche che in diversi studi sono emerse come fattori associati a un maggior rischio di trombosi dello stent, anche tardiva, o che sono associate a elevata probabilità di mortalità nel caso di occorrenza di eventi trombotici (Tab. I) (25,26). In particolare, i pazienti trattati con stent metallico vengono considerati a basso rischio trombotico dopo i 6 mesi dall impianto dello stent a prescindere dalla tipologia delle lesioni trattate. È stato ritenuto opportuno estendere a 6 mesi il periodo di rischio ischemico intermedio-alto dopo impianto di stent metallico poiché, nel Documento di Consenso, è contemplata un eventuale, completa sospensione della terapia antiaggregante nei pazienti ritenuti a basso rischio TABELLA I Definizione del rischio trombotico Rischio basso Rischio intermedio Rischio alto > 6 mesi dopo PCI con BMS >1 mese <6 mesi dopo PCI con BMS <1 mese dopo PCI con BMS >12 mesi dopo PCI con DES >6 <12 mesi dopo DES <6 mesi dopo DES >12 mesi dopo DES a rischio elevato <12 mesi dopo DES a rischio (stent lunghi, multipli, in overlapping, elevato (stent lunghi, multipli, piccoli vasi, biforcazioni, tronco comune, in overlapping, piccoli vasi, ultimo vaso rimanente) biforcazioni, tronco comune, ultimo vaso rimanente) 29

3 IL GIORNALE ITALIANO DI CARDIOLOGIA INVASIVA N TABELLA II Interventi chirurgici considerati a rischio emorragico basso Branca chirurgica Chirurgia generale Chirurgia maxillo-facciale Chirurgia plastica Chirurgia toracica Chirurgia vascolare Endoscopia digestiva Ginecologia Neurochirurgia Pneumologia Odontoiatria Oftalmologia Ortopedia Urologia Tipo di intervento a rischio emorragico basso Ernioplastica; plastica per laparoceli; colecistectomia; appendicectomia; colectomie; gastroresezione; resezioni intestinali; chirurgia mammella Riduzione chiusa di frattura arco zigomatico; riduzione chiusa frattura mandibolare; lipofilling; artrocentesi e artroscopia temporo-mandibolare; chirurgia oncologica cutanea Exeresi e sutura piccoli epiteliomi e piccole lesione benigne cutanee; correzione cicatrici; trattamento delle patologie dei tessuti molli della mano (tunnel carpale, dita a scatto, cisti tendinee ed articolari, malattia di Dupuytren); blefaroplastica superiore; blefaroplastica inferiore; rinoplastica; otoplastica; ricostruzione mammaria dopo asportazione totale (mastectomia) o parziale (quadrantectomia) per motivi oncologici, con posizionamento protesi artificiali; mastoplastica additiva; mastopessi; ricostruzione mammaria postmastectomia con lembo microchirurgico; asportazione di neoplasie di considerevole entità dei tessuti molli del volto e del collo e ricostruzione plastica mediante lembo microchirurgico Resezione atipica; videotoracoscopia diagnostica; resezione di parete toracica Endoarterectomia carotidea; bypass arti inferiori; endarterectomia arti inferiori; EVAR; TEVAR EGDS; colonscopia ± biopsia; ecoendoscopia senza biopsia; polipectomia polipi <1 cm; ERCP; stent; dilatazione papilla senza sfinterotomia Isteroscopia diagnostica con biopsia endometrio e polipectomia; isteroscopia resettoscopica polipectomia, metroplastica; dilatazione e curettage cavità uterina (D&C); conizzazione con ansa diatermica della portio (LEEP); marsupializzazione/asportazione cisti ghiandola del Bartholin; asportazione laparoscopica/laparotomica annessi per patologia benigna; chirurgia laparoscopica/laparotomica per endometriosi lieve; sterilizzazione tubarica; isteroscopica/laparoscopica; laparoscopia diagnostica o con operatività minima (adesiolisi semplice, DTC impianti endometriosici) Neurochirurgia spinale: ernia discale, laminectomia (max 2 spazi) senza mezzi di fissazione; neurochirurgia cranica: derivazione ventricolare esterna, posizionamento catetere intraventricolare per monitoraggio pressione intracranica; posizionamento reservoir intraventricolare Broncoscopia ispettiva Terapia parodontale non chirurgica (inclusa ablazione del tartaro); terapia endodontica non chirurgica; posizionamento della diga di gomma Iniezioni intravitreali; intervento di cataratta; anestesie peribulbari Chirurgia mano; artroscopia spalla e ginocchio; chirurgia rachide minore Cistoscopia flessibile; cateterismo ureterale; ureteroscopia EVAR: riparazione endovascolare di aneurisma aortico; TEVAR: riparazione endovascolare di aneurisma dell aorta toracica; EGDS: esofago-gastro-duodenoscopia; ERCP: colangiopancreatografia retrograda endoscopica. 30

4 I PAZIENTI CON STENT DA SOTTOPORRE A CHIRURGIA NON CARDIACA MAGGIORE TABELLA III Interventi chirurgici considerati a rischio emorragico intermedio Branca chirurgica Chirurgia generale Chirurgia maxillo-facciale Chirurgia plastica Chirurgia toracica Chirurgia vascolare Endoscopia digestiva Ginecologia Neurochirurgia Pneumologia Odontoiatria Oftalmologia Ortopedia Urologia Tipo di intervento a rischio emorragico intermedio Emorroidectomia; splenectomia; gastrectomia; chirurgia obesità; resezione di retto; tiroidectomia Implantologia e chirurgia orale; riduzione chiusa di frattura ossa nasali; riduzione aperta di frattura dei mascellari; parotidectomia; chirurgia ortognatica; rianimazione facciale in paralisi acuta e cronica Trattamento delle malformazioni mammarie (asimmetrie, seno tuberoso, seno tubulare ecc.); trattamento della ginecomastia; lipoaspirazione arti inferiori, superiori, addome di entità intermedia; trattamento funzionale di esiti traumi (incidenti stradali, esiti interventi chirurgici ecc.), perdite di sostanza postdemolitiva, di entità intermedia in particolare del volto, della regione perioculare (cicatrici palpebrali con alterazioni funzionali), peribuccale, degli arti inferiori e superiori, mediante tecniche di local flap, skin graft, associato o meno a impiego di sostituto dermico artificiale; trattamento ulcere arti inferiori (Classe ASA II-I); correzione cicatrici e avvallamenti (lipofilling) di moderata entità; trattamento chirurgico delle ustioni (10% < X <15%); lifting; mastoplastica riduttiva; addominoplastica Lobectomia; pneumonectomia; mediastinoscopia; sternotomia; escissione masse mediastiniche Intervento aorta addominale a cielo aperto Endoscopia + biopsia con ago sottile (FNA) di lesioni solide; dilatazione di stenosi (esofagocardiali, colorettali); stent apparato gastroenterico; coagulazione con argon plasma; sfinterotomia endoscopica (ERCP); polipectomia polipo >1 cm; gastrostomia percutanea; legatura/sclerosi varici esofagee; legatura/sclerosi emorroidi Isteroscopia resettoscopica miomectomia; ablazione endometriale; chirurgia laparoscopica/laparotomica per endometriosi (media); isterectomia semplice addominale per patologia benigna; isterectomia semplice vaginale per patologia benigna/prolasso; chirurgia riparativa fasciale vaginale (riparazione cistocele/rettocele); chirurgia riparativa vaginale protesica; chirurgia radicale vulvare; omentectomia Neurochirurgia spinale: laminectomia >2 spazi, artrodesi vertebrale (qualsiasi); Neurochirurgia cranica: deviazione ventricolo peritoneale, asportazione di lesione extradurale Biopsie bronchiali Terapia parodontale chirurgica (chirurgia resettiva, chirurgia rigenerativa, chirurgia mucogengivale); chirurgia orale in genere (chirurgia estrattiva, chirurgia ricostruttiva preimplantare); chirurgia implantare Vitrectomia; trabeculectomia Chirurgia protesica spalla; chirurgia rachide maggiore; chirurgia ginocchio (LCA osteotomie); chirurgia piede Chirurgia scrotale/peniena; biopsia prostatica 31

5 IL GIORNALE ITALIANO DI CARDIOLOGIA INVASIVA N TABELLA IV Interventi chirurgici considerati a rischio emorragico alto Branca chirurgica Chirurgia generale Chirurgia maxillo-facciale Chirurgia plastica Chirurgia toracica Chirurgia vascolare Endoscopia digestiva Ginecologia Neurochirurgia Pneumologia Odontoiatria Oftalmologia Ortopedia Urologia Tipo di intervento a rischio emorragico alto Resezioni epatiche; duodenocefalopancreasectomia Chirurgia oncologica demolitiva e ricostruttiva del distretto testa e collo; riduzione aperta di frattura orbito-zigomatica; scialoadenoctomia sottomandibolare Trattamento funzionale di esiti traumi (incidenti stradali, esiti interventi chirurgici ecc.), perdite di sostanza postdemolitiva di entità considerevole in particolare del volto, degli arti inferiori e superiori, dell addome, del dorso mediante lembi microchirurgici o lembi di trasposizione peduncolati pluritissutali di notevole entità; lipoaspirazione arti inferiori, superiori, addome di notevole entità; trattamento chirurgico delle ustioni (>15%); trattamento ulcere arti inferiori (Classe ASA V-IV-III); correzione cicatrici e avvallamenti (lipofilling) di notevole entità; chirurgia postbariatrica Esofagectomia; pleuropneumonectomia; decorticazione polmonare Intervento aorta toracica e toraco-addominale a cielo aperto Dilatazione per acalasia; mucosectomia/resezione sottomucosa; ecografia con biopsia FNA di lesioni cistiche pancreatiche; ampullectomia papilla di Vater Isterectomia laparoscopica o laparotomica per uteri di grosse dimensioni (>750 gr); miomectomia laparotomica/laparoscopica; chirurgia laparoscopica/laparotomica per endometriosi severa/profonda; chirurgia di debulking per carcinoma ovarico; chirurgia radicale per carcinoma portio e endometrio; linfoadenectomia pelvica/lomboaortica; eviscerazione pelvica Neurochirurgia spinale e cranica: asportazione di lesioni intradurali (tumori intracerebrali, emorragie intraparenchimali) Biopsie polmonari e transbronchiali; broncoscopia operativa (con broncoscopio rigido) Nessuno Nessuno Chirurgia protesica maggiore (anca, ginocchio); traumatolgia maggiore (bacino, ossa lunghe); fratture prossimali femore anziano Nefrectomia totale e parziale; nefrostomia percutanea; litotrissia percutanea; cistectomia e prostatectomia radicale; resezione endoscopica della prostate (TURP)/interventi endoscopici vescicali; penectomia; orchiectomia parziale ischemico; mentre i pazienti trattati con stent medicati vengono classificati a basso rischio se sono intercorsi più di 12 mesi dall impianto dello stent in assenza delle seguenti caratteristiche angiografiche: stent lunghi, multipli, in overlapping, piccoli vasi, biforcazioni, tronco comune, ultimo vaso rimanente (Tab. I). Nonostante sia stato riportato che la sospensione della doppia terapia antiaggregante, con continuazione della monoterapia con aspirina, oltre i 6 mesi dallo stenting, non sia associata a un incremento del rischio di trombosi intrastent, e 32

6 I PAZIENTI CON STENT DA SOTTOPORRE A CHIRURGIA NON CARDIACA MAGGIORE nonostante stiano emergendo delle evidenze sulla sicurezza della sospensione a 6 mesi della duplice terapia antiaggregante, soprattutto nel caso di alcuni tipi di stent medicati di seconda generazione (26-28), tali evidenze non sono state ritenute sufficienti per suggerire la sospensione perioperatoria della doppia antiaggregazione in tutti i casi dopo i 6 mesi o per proporre strategie diverse in relazione agli interventi chirurgici in pazienti trattati con stent medicati di seconda generazione. Infine i pazienti sottoposti a CABG (Coronary Artery Bypass Graft surgery) e i pazienti con sindrome coronarica acuta non sottoposti a PCI vengono considerati ad alto rischio entro il 1 mese, rischio intermedio tra 1 e 6 mesi, basso rischio oltre i 6 mesi. I pazienti sottoposti ad angioplastica con pallone sono ritenuti ad alto rischio entro 2 settimane, a rischio intermedio tra 2 e 4 settimane, a basso rischio oltre le 4 settimane. Rischio emorragico Il rischio emorragico è stato specificatamente definito per ogni tipo di intervento relativo alle principali branche chirurgiche. Gli interventi non cardiaci classificati a basso, intermedio e alto rischio chirurgico sono elencati nelle Tabelle II, III e IV, rispettivamente. La definizione delle categorie di rischio emorragico è basata sull esperienza dei chirurghi interpellati, oltre che sui dati della Letteratura. Strategie di gestione perioperatoria Gli Autori del Documento di Consenso forniscono indicazioni precise e pratiche sulla gestione della terapia antipiastrinica per ogni categoria di rischio combinato ischemico ed emorragico, specifiche per le diverse tipologie di interventi chirurgici (24). In particolare il Documento di Consenso si compone di 14 semplici tabelle 3x3 (una per ogni specialità chirurgica), dove sulle ascisse è indicato il rischio trombotico del paziente e sulle ordinate sono suddivisi i singoli interventi chirurgici in base al rischio emorragico basso, intermedio e alto associato all esecuzione dello specifico intervento (24). In questo modo, in ogni casella corrispondente all incrocio delle colonne del rischio trombotico e di quelle del rischio emorragico, si trova l indicazione sulla gestione più ottimale della terapia antiaggregante da somministrare al paziente nel periodo che precede e segue un intervento chirurgico. In linea generale sono indicate le seguenti strategie terapeutiche perioperatorie riguardanti la doppia terapia antiaggregante con aspirina più un inibitore del recettore piastrinico P2Y12: proseguire la terapia con aspirina nella maggior parte dei casi; sospendere la terapia con aspirina solo nei seguenti casi: in quelli con rischio trombotico basso in caso di interventi a rischio emorragico alto (Tab. IV) di tutte le branche chirurgiche (tranne pneumologia e ortopedia) e di interventi a rischio emorragico intermedio (Tab. III) di urologia, neurochirurgia e chirurgia toracica; in quelli con rischio trombotico intermedio solo in caso di interventi a rischio emorragico alto di chirurgia toracica, endoscopia digestiva, neurochirurgia e urologia; in quelli con rischio trombotico alto solo in caso di interventi a rischio emorragico alto di chirurgia toracica e neurochirurgia; sospendere la terapia con inibitori del recettore piastrinico P2Y12 (5 giorni prima per clopidogrel e ticagrelor, e 7 giorni prima per prasugrel) nella maggior parte dei casi; proseguire la terapia con inibitori del recettore piastrinico P2Y12 solo nei seguenti casi: tutti gli interventi di odontoiatria; in quelli con rischio trombotico intermedio o alto solo in caso di interventi a rischio emorragico basso di tutte le branche chirurgiche, tranne quelli di chirurgia toracica, in cui non va mai proseguita, e quelli di neurochirurgia e ortopedia, in cui va proseguita solo in caso di rischio trombotico alto; nel postoperatorio riprendere la terapia con dose di carico dell inibitore del recettore piastrinico P2Y12, ore dopo tutti i tipi di intervento, tranne in quelli neurochirurgici a intermedio o alto rischio emorragico o nei casi di complicanze emorragiche, in cui la tempistica della ripresa va considerata caso per caso; riprendere la terapia con aspirina il prima possibile; nel caso di sospensione della terapia orale con l ini - bitore del recettore piastrinico P2Y12, considerare la terapia bridge con inibitori dei recettori piastrinici GPIIb/IIIa per via endovenosa, eptifibatide o tirofiban, che sono antagonisti competitivi reversibili con ripresa della funzione piastrinica da 2 a 4 ore dopo la sospensione dell infusione, nei pazienti con rischio trombotico alto nei casi di tutti gli interventi a inter- 33

7 IL GIORNALE ITALIANO DI CARDIOLOGIA INVASIVA N medio e alto rischio emorragico, tranne quelli di neurchirurgia, dove l uso di tale strategia terapeutica non è contemplato. Nel Documento di Consenso non è stato suggerito l uso perioperatorio dell eparina come bridge in sostituzione della terapia antipiastrinica, in quanto tale terapia è associata a un aumento del rischio dei sanguinamenti (29) e non ha alcun effetto antiaggregante, il quale è fondamentale per la prevenzione della trombosi intrastent. Inoltre, l eparina stimola l attività delle piastrine, rendendola inadatta come terapia di bridge (1). Infine, per la breve emivita dell eparina, potrebbe esserci un effetto rebound in cui l aumento della trombina e dell attività piastrinica persistono per diverse ore dopo la sospensione dell infusione di eparina, malgrado la rapida riduzione dell effetto protettivo anticoagulante (30). Infine, poiché il periodo più a rischio di complicanze ischemiche è quello postoperatorio, è raccomandata un attenta sorveglianza clinica ed elettrocardiografica del paziente, mediante ECG seriati (2-3 volte al giorno), o meglio con il monitoraggio continuo ECG. Infatti, una terapia antalgica postoperatoria potrebbe attenuare la sintomatologia anginosa nel caso di sindrome coronarica acuta, rendendo, in tal modo, più difficile una diagnosi tempestiva. Conclusioni Il Documento di Consenso sulla gestione perioperatoria della terapia antiaggregante nel paziente portatore di stent coronarico candidato a intervento chirurgico è un protocollo standardizzato, condiviso da diverse figure professionali della sanità, che rappresenta uno strumento pratico di formidabile supporto nella gestione clinica del paziente portatore di stent nel periodo perioperatorio. La praticità e l unicità dell approccio adottato in questo protocollo ne fanno uno strumento utile per un efficiente e ragionevole pratica clinica in scenari complessi, con il potenziale di una notevole popolarità. Per tale motivo, per facilitarne la diffusione e la facile consultazione nella pratica, i risultati sono stati pubblicati anche in una versione pocket, ed è inoltre, disponibile un App gratuita per iphone/ipad (Stent & Surgery di Araneum Group srl. e per Android ( google.com/store/apps/details?id=com.araneum.stentsurgery) che permette di consultare in modo semplice e intuitivo il Documento. Tale App consente di visualizzare la terapia antiaggregante ottimale per ogni paziente, sulla base del suo rischio trombotico e di quello emorragico, legato all intervento chirurgico che dovrà sostenere, e di inviare una con questi suggerimenti. È stato promosso un registro nazionale per raccogliere nuovi dati sul campo e capire se e come cambierà la gestione perioperatoria della terapia antipiastrinica con questo approccio. Nuovi farmaci antiaggreganti saranno introdotti e nuove evidenze scientifiche emergeranno, che richiederanno una revisione del presente protocollo ma, in ogni caso, è stato avanzato un primo importante passo verso una maggior standardizzazione e una più efficiente gestione dei pazienti con stent da sottoporre a chirurgia non cardiaca. Bibliografia 1. Vicenzi MN, Meislitzer T, Heitzinger B, Halaj M, Fleisher LA, Metzler H. Coronary artery stenting and non-cardiac surgery: a prospective outcome study. Br J Anaesth 2006;96: Berger PB, Kleiman NS, Pencina MJ, et al. EVENT Investigators. Frequency of major noncardiac surgery and subsequent adverse events in the year after drug-eluting stent placement: results from the EVENT (Evaluation of Drug-Eluting Stents and Ischemic Events) Registry. JACC Cardiovasc Interv 2010;3: To AC, Armstrong G, Zeng I, Webster MWI. Noncardiac surgery and bleeding after percutaneous coronary intervention. Circ Cardiovasc Interv 2009;2: Cruden NLM, Harding SA, Flapan AD, et al. on behalf of the Scottish Coronary Revascularisation Register Steering Committee. Previous coronary stent implantation and cardiac events in patients undergoing noncardiac surgery. Circ Cardiovasc Interv 2010;3: Anwaruddin S, Askari AT, Saudye H, et al. Characterization of postoperative risk associated with prior drug eluting stent use. JACC Cardiovasc Interv 2009;2: Brilakis ES, Cohen DJ, Kleiman NS, et al. Incidence and clinical outcome of minor surgery in the year after drug-eluting stent implantation: results from the evaluation of drug-eluting stents and ischemic events registry. Am Heart J 2011;161: McFadden EP, Stabile E, Regar E, et al. Late thrombosis in drugeluting coronary stents after discontinuation of antiplatelet therapy. Lancet 2004;64: Iakovou I, Schmidt T, Bonizzoni E, et al. Incidence, predictors and out- 34

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