Pesca e acquacoltura in Europa

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1 n. 35 agosto 2007 Commissione europea Pesca e acquacoltura in Europa Cambiamento climatico: qual è l'impatto sulla pesca? Il rombo: fra cattura ed allevamento Romania: una pesca in sospeso Pubblicazione della Commissione europea I Direzione generale della Pesca e degli affari marittimi I ISSN

2 [Calendario Fiere ed esposizioni Interpescas, Aveiro (Portogallo), settembre 2007 È la prima volta che una grande fiera nazionale è dedicata al settore della pesca e dell'acquacoltura in Portogallo. Gli organizzatori auspicano di farne un grande evento annuale destinato a favorire gli incontri fra gli operatori del settore. > Per ulteriori informazioni: Tel.: comercial@exposan.pt Sito Internet: NAFO, riunione annuale, Lisbona (Portogallo), settembre 2007 Questa riunione determinerà gli orientamenti della gestione degli stock sfruttati nell'atlantico nordoccidentale, sulla base delle raccomandazioni formulate dal Consiglio scientifico. > Per ulteriori informazioni: Tel.: info@nafo.int Sito Internet: World Seafood Congress, Dublino (Irlanda), settembre 2007 È l'irlanda ad ospitare questa manifestazione annuale itinerante. Le mostre e il programma delle conferenze sono dedicati al tema dell'innovazione, in particolare in materia di tecnologia, nuovi prodotti, nuovi metodi, garanzia della qualità ed etichettatura ecologica. > Per ulteriori informazioni: Sito Internet: SEAFO, riunione annuale della Commissione, Windhoek (Namibia), 8-12 ottobre 2007 Questa riunione annuale raduna gli Stati membri che partecipano alla gestione degli stock d'alto mare dell'atlantico sudorientale (al largo dell'africa australe). Si terrà sulla scia della riunione del comitato scientifico che formulerà le sue raccomandazioni sotto il profilo della gestione. > Per ulteriori informazioni: Tel.: info@seafo.org Sito Internet: In questo numero 2 Calendario 3 Editoriale 4-8 Dossier Cambiamento climatico: qual è l'impatto sulla pesca? L'Europa si impegna a ridurre del 20% le emissioni dei gas a effetto serra 9 Profilo Romania: un settore in sospeso Inchiesta Il rombo d'allevamento: un prodotto di lusso in piena espansione 12 In breve Avviso ai lettori Inviateci i vostri commenti o suggerimenti al seguente indirizzo: Commissione europea Direzione generale della Pesca e degli affari marittimi Unità Comunicazione e informazione Rue de la Loi 200 B-1049 Bruxelles o via fax al n. (+ 32) citando Pesca e acquacoltura in Europa. fisheries-magazine@ec.europa.eu Per maggiori informazioni sulla pesca e gli affari marittimi, è possibile consultare i siti web seguenti: Pesca e acquacoltura in Europa è una rivista pubblicata dalla direzione generale della Pesca e degli affari marittimi della Commissione europea. Viene distribuita gratuitamente mediante semplice richiesta d abbonamento (cfr. tagliando a pagina 12). Pesca e acquacoltura in Europa esce cinque volte l anno. La si può anche trovare alla pagina web della DG della Pesca e degli affari marittimi: ( Editore responsabile: Commissione europea, direzione generale della Pesca e degli affari marittimi, il direttore generale. Clausola di esclusione della responsabilità: La DG della Pesca e degli affari marittimi, pur partecipando alla produzione di questa rivista, non si assume alcuna responsabilità per quanto riguarda l accuratezza, il contenuto o le opinioni espresse in articoli specifici. La Commissione, salvo laddove altrimenti affermato, non ha adottato o approvato in alcun modo le opinioni illustrate nella presente pubblicazione e le affermazioni ivi contenute non devono essere considerate come affermazioni della Commissione o come opinioni della DG della Pesca e degli affari marittimi. La Commissione non garantisce l accuratezza dei dati riportati nella presente pubblicazione. Né la Commissione né qualsiasi altra persona a nome della Commissione sono da considerarsi responsabili dell uso che potrebbe essere fatto di tali dati. Comunità europee, Riproduzione autorizzata con citazione della fonte. Foto: Realizzazione: Mostra Printed in Belgium Stampato su carta riciclata

3 Cambiamento climatico e pesca: combattere il riscaldamento e rafforzare gli stock Tutti gli scienziati riconoscono la realtà del cambiamento climatico che viviamo attualmente. Da un secolo l'atmosfera terrestre si è riscaldata di 0,74 C. Il dato può sembrare trascurabile, ma le conseguenze di questo «piccolo» riscaldamento sugli ecosistemi sono già notevoli e lasciano presagire ciò che potrebbe accadere se la Terra si riscaldasse ancora di più, come previsto da tutti gli scenari scientifici. Le conseguenze sull'ambiente marino si fanno già sentire; il livello del mare si innalza, le correnti marine si modificano, gli oceani diventano più acidi, le zone di ripartizione delle specie si spostano, ecc. Gli scienziati del Gruppo di esperti intergovernativo sull'evoluzione del clima (GIEC) confermano la realtà del cambiamento climatico e delle sue conseguenze. Alcuni segnali indicano che questa tendenza sta accelerando. I 10 anni più caldi sono stati registrati dopo il Le concentrazioni atmosferiche di metano e di CO2 si attestano oggi a livelli che non sono mai stati eguagliati nel corso dei anni precedenti. Per questi esperti, il riscaldamento è un fenomeno ineluttabile. Ed è quindi la sua ampiezza che dobbiamo ormai sforzarci di ridurre. Oltre a un innalzamento della temperatura media sul nostro pianeta pari a 1,5-2,5 C, gli sconvolgimenti sarebbero tali da costituire una catastrofe per la biodiversità, ma anche per la civiltà umana. Di qui la necessità di limitare l'aumento delle temperature, obiettivo che i 27 paesi dell'unione europea hanno fissato a 2 C all'inizio di quest'anno. Sono stati definiti, quindi, obiettivi ambiziosi che vanno ben oltre gli attuali impegni internazionali assunti dall'ue: ridurre entro il 2020 del 20% le nostre emissioni dei gas a effetto serra e portare al 20% la quota di energia rinnovabile nell'ambito del nostro consumo energetico. A tal fine, la lotta contro il cambiamento climatico deve diventare una priorità in tutte le politiche dell'unione europea. La pesca è una di queste. Al pari di tutte le attività economiche che consumano energia, il settore in questione ha un impatto negativo sul clima. Avviando oggi una riflessione sui rendimenti energetici dei suoi metodi e degli attrezzi di pesca, può contribuire a ridurre il consumo di energie fossili, produttrici di gas a effetto serra. Ma occorre anche ricordare che la pesca fa parte delle attività economiche che risentono di più del cambiamento climatico. Gli ecosistemi marini, dai quali dipende la pesca, cambiano e sono suscettibili di cambiare ancora in misura considerevole con l'evoluzione del clima. La migrazione delle specie marine è già una realtà. È quindi essenziale rafforzare gli stock al fine di affrontare questo cambiamento. È necessario più che mai smettere di rendere fragili le risorse e quindi porre fine all'eccesso di pesca. La redazione 3

4 Cambiamento climatico Qual è l'impatto sulla pesca? Il clima del pianeta si riscalda e l'attività umana ne è la causa principale. Questa realtà è oggi ampiamente riconosciuta dalla comunità scientifica e dalla maggior parte delle autorità politiche. La constatazione è inevitabile: gli ecosistemi sono già colpiti dal riscaldamento e se non reagiamo rapidamente assisteremo a notevoli sconvolgimenti che avranno importanti conseguenze sull'ambiente e su tutte le attività umane. In particolare, quelle che dipendono dallo sfruttamento delle risorse naturali, come la pesca. Il cambiamento climatico ha già un impatto sugli ecosistemi marini. Provoca attualmente l'acidificazione degli oceani, l'innalzamento del livello del mare, l'aumento delle tempeste e il riscaldamento della temperatura dell'acqua. Il Gruppo di esperti intergovernativo sull'evoluzione del clima (GIEC), che riunisce scienziati di tutto il mondo, ha valutato l'impatto attuale e futuro del cambiamento climatico. Ha elaborato una breve sintesi dei lavori, che non si sofferma nei dettagli sull'ecosistema né sulla pesca, ma ci si attende che la versione integrale della relazione, che sarà pubblicata quest'anno in un momento successivo, confermi i numerosi studi che mostrano come il cambiamento climatico abbia già avuto ripercussioni sugli ecosistemi marini, sugli stock di pesce e sulla pesca. Le conclusioni della relazione rivelano constatazioni generali inquietanti. Il GIEC afferma che numerosi ecosistemi sono minacciati da una combinazione senza precedenti di perturbazioni associate ai cambiamenti climatici, come l'acidificazione delle acque degli oceani e altri fattori quali l'inquinamento e l'eccessivo sfruttamento delle risorse. Dal 20 al 30% delle specie vegetali e animali correranno verosimilmente un rischio di estinzione se l'aumento della temperatura media dell'atmosfera supererà un margine valutato a 1,5-2,5 C, mentre tutti gli scenari studiati prevedono aumenti di temperatura di 1,5 C o anche superiori per la fine del secolo. Queste evoluzioni non risparmiano evidentemente gli ecosistemi marini, che risentono già di alcune conseguenze del cambiamento climatico 1. Ne citiamo alcune fra le principali: Il riscaldamento marino L'aumento della temperatura atmosferica si ripercuote sulle masse d'acqua. La temperatura delle acque di superficie è aumentata di circa 1,5 C dagli anni '60. Studi recenti hanno rivelato un riscaldamento marino fino metri di profondità. Ad esempio, la temperatura del Mare del Nord si è innalzata di 1,1 C negli ultimi 30 anni. L'acidificazione delle acque di superficie I mari e gli oceani hanno la proprietà di assorbire la CO2 dell'atmosfera. Dato che la concentrazione di questo gas ha continuato ad aumentare, anche la quantità assorbita è aumentata, il che comporta l'acidificazione dell'acqua. Il ph oceanico è passato da 8,2 a 8,1 a partire dalla metà del XIX secolo 2. 4 (1) Cfr. SEC (2007)8, studio d'impatto della comunicazione COM (2007)2 «Limitare il surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2 gradi Celsius La via da percorrere fino al 2020 e oltre». (2) Il ph è l'unità di misura dell'acidità, il livello neutro è un ph di 7.

5 L'innalzamento del livello del mare Il riscaldamento provoca lo scioglimento dei ghiacci, sia quelli delle banchise polari che quelli dei ghiacciai di montagna. Tutta quest'acqua, immagazzinata sotto forma solida, si distribuisce adesso negli oceani, il cui livello si innalza inevitabilmente. L'innalzamento è di 19,5 cm dal 1870, il che provoca sconvolgimenti a livello della fascia costiera. L'aumento delle manifestazioni meteorologiche estreme Il cambiamento climatico provoca attualmente un aumento dei periodi di siccità, di precipitazioni e di tempeste. Nell'Atlantico nordorientale gli episodi di venti forti e di onde alte sono in aumento. Risorse fragili in pericolo Questi impatti, già ampiamente constatati, hanno ripercussioni osservabili su alcune specie. Il riscaldamento può, ad esempio, svolgere un ruolo nella diminuzione degli stock di merluzzi nel Mare del Nord e nel Mar Baltico. E questo per motivi diversi, data l'estrema complessità dell'interazione del clima con gli ecosistemi. Nel Mare del Nord, questa diminuzione sembra causata dagli spostamenti delle popolazioni di plancton. Il Calanus finmarchicus, la specie dominante di cui si nutrono le larve di merluzzo, si è spostato dal Mare del Nord verso l'oceano Artico, alla ricerca di acque più fredde. La sua biomassa nel Mare del Nord si è ridotta del 70% dagli anni '60. Le specie di plancton venute dal sud, che la sostituiscono, sono meno abbondanti e non sembrano essere adatte alle larve del merluzzo. La diminuzione della preda favorita delle loro larve spiegherebbe quindi in parte i problemi del merluzzo nel Mare del Nord. Nel Mar Baltico, gli inverni miti, la diminuzione dell'afflusso di acqua di mare dallo Skagerrak e l'aumento della piovosità e delle portate fluviali hanno causato una desalinizzazione progressiva. L'acqua salata, più pesante dell'acqua dolce, deve quindi essere cercata a un profondità maggiore. Le uova di merluzzo, che affondano prima di trovare una certa densità di sale che consenta loro di restare in sospensione, discendono quindi maggiormente verso il fondale, a profondità in cui la mancanza di ossigeno rende la loro sopravvivenza molto più difficile. Se si aggiunge a questo fenomeno l'inquinamento, gli spostamenti del plancton e l'eccesso di pesca, si può immaginare l'enorme pressione che grava su questa popolazione in difficoltà. Spostamenti di specie Come si è visto per il plancton, oggi la manifestazione più visibile del cambiamento climatico è lo spostamento delle specie. Pesci, molluschi e crostacei risalgono verso il nord alla ricerca di acque più fredde, sia perché il loro organismo ha bisogno di una gamma specifica di temperature che il loro habitat naturale, divenuto troppo caldo, non fornisce più, sia perché seguono i vegetali, il plancton e altri organismi marini di cui si nutrono e che migrano verso il nord. In questo modo, la triglia di scoglio, che si trova poco a nord della Manica, è diventata dall'inizio del secolo una specie commerciale nel Mare del Nord: da 10 tonnellate nel 1985, le sue catture sono passate a 700 tonnellate nel La spigola segue la medesima tendenza: le sue catture sono passate in vent'anni da 31 a 558 tonnellate nel Mare del Nord e da 694 a tonnellate ad ovest delle isole britanniche. Senza raggiungere risultati altrettanto straordinari, altre specie un tempo note per vivere a latitudini più basse si diffondono al di là del 50 parallelo, come l'acciuga, la sardina, il tonno rosso, il pesce balestra, la pastinaca, lo squalo volpe, la verdesca. Lo stesso fenomeno si verifica anche più a sud. Specie che vivono abitualmente lungo le coste africane risalgono verso il nord. Specie tropicali di merluzzo (Physiculus dalwigki), di motella (Gaidropsarus granti) e di serpente di mare (Pisodonophis semicinctus) sono attualmente registrate fino in Galizia. Analogamente, l'atlante del CIESM 3 delle specie esotiche continua ad allungare l'elenco di pesci tropicali che si sono installati stabilmente nel Mediterraneo attraverso il canale di Suez o lo stretto di Gibilterra, tra cui lo squalo seta e la sogliola del Senegal, due specie dal potenziale commerciale interessante. Questi cambiamenti non sono di per sé negativi, perché sfociano talvolta in nuove possibilità di attività di pesca. Ma i loro effetti indiretti sull'equilibrio fragile degli ecosistemi marini, e sulle specie attuali che vi vivono, non sono ancora ben conosciuti. Pertanto, si impone una vigilanza permanente. Effetti multipli Oltre allo spostamento di specie, il cambiamento climatico esercita altri tipi di pressioni sugli ecosistemi acquatici. Alcuni esempi. Nutrita dall'inquinamento agricolo e dalle acque reflue non trattate, la vegetazione acquatica si sviluppa in modo esagerato, provocando una rarefazione dell'ossigeno dell'acqua. È ciò che si chiama eutrofizzazione, una forma di inquinamento che colpisce tutte le acque costiere dell'europa da lungo tempo. Ma, da una trentina d'anni, l'eutrofizzazione si estende a causa dell'aumento della temperatura dell'acqua e dell'apporto di materie terrestri erose dall'innalzamento del livello del mare. Questo fenomeno è all'origine dell'aumento del numero di maree verdi, rosse o nere e delle spinte planctoniche sulle coste europee. Questi eventi mettono in pericolo la vita sottomarina, privandola di ossigeno e, talvolta, liberando sostanze tossiche. Oltre ai problemi che creano all'acquacoltura, provocano una forte mortalità di novellame di organismi marini che vivono lungo le coste. Da alcuni decenni, inoltre, in tutto il mondo si è assistito a un processo di sbiancamento dei coralli. Si tratta di una delle prime manifestazioni dell'acidificazione dell'acqua di mare che colpisce questi organismi particolarmente fragili. Gli scienziati si preoccupano degli effetti di questa acidificazione sul sistema respiratorio degli animali acquatici e anche sullo sviluppo di quelli il cui scheletro o la cui conchiglia contiene calcare, come la maggior parte dei molluschi. Un dato di cui i molluschicoltori devono tenere conto. Come abbiamo visto per gli spostamenti delle specie, il mare è un ecosistema complesso dalle ramificazioni ancora non conosciute. La catena alimentare è lunga e sinuosa e fenomeni locali, o le maree verdi o la scomparsa di coralli hanno inevitabilmente conseguenze sull'intero ecosistema. 5 (3) Commissione internazionale per l'esplorazione scientifica del Mediterraneo

6 Il declino degli stock di merluzzo è dovuto in parte agli effetti del cambiamento climatico sulle popolazioni di plancton presenti nel Mare del Nord e sulla salinità dell'acqua nel Mar Baltico. Ma in questi due mari, la causa principale resta l'eccesso di pesca. Una coalizione di pressioni sull'ambiente Certo, il cambiamento climatico che noi viviamo non è il primo che la Terra abbia conosciuto. La successione di riscaldamenti e di glaciazioni che ha caratterizzato la storia del nostro pianeta ha svolto un ruolo preponderante sull'evoluzione della fauna e della flora terrestri. Tuttavia, l'evoluzione attuale è di natura differente. L'odierno cambiamento climatico è causato dall'uomo e dalle sue emissioni artificiali di gas a effetto serra. Questa evoluzione ha un ritmo sostenuto mai visto; dalla metà del XIX secolo, la temperatura globale è aumentata di 0,76 C e gli ultimi dieci anni sono stati i più caldi da quando si registrano le temperature. In occasione dei precedenti cambiamenti del clima, la natura ha sempre avuto la possibilità di adattarsi alle nuove condizioni climatiche e di ritrovare un nuovo equilibrio (gli animali migrano o cambiano alimentazione, la vegetazione si sviluppa per assorbire la CO2). Non è così questa volta, perché l'uomo ha reso fragile la natura e le impedisce di evolversi e di adeguarsi al cambiamento la cui rapidità è senza precedenti. Per quanto riguarda gli ambienti marini, le diverse forme di inquinamento delle acque e l'eccessivo sfruttamento di alcuni stock di pesce crea una situazione tale che l'adeguamento delle specie alle nuove condizioni può essere reso difficile, se non addirittura impossibile. L'osservazione parallela, in uno stesso habitat, di specie non sfruttate e di specie commerciali tende a mostrare che le prime si adattano meglio e più rapidamente delle seconde alle nuove condizioni imposte dal clima.. Come reagire? La pesca ha una doppia interazione con il clima: da un lato, contribuisce al cambiamento climatico attraverso la combustione di carburanti e quindi l'emissione di gas a effetto serra; dall'altra, è interessata dal cambiamento climatico perché quest'ultimo modifica gli ecosistemi marini, che costituiscono la base delle risorse della pesca. L'azione da condurre deve quindi tenere conto di questi due aspetti del problema. Per quanto concerne il primo aspetto, la pesca può contribuire ad attenuare i cambiamenti climatici riducendo il consumo di carburanti fossili, partecipando all'azione generale decisa dall'unione europea per limitare le emissioni dei gas a effetto serra (cfr. articolo pagina 8). Riguardo alla gestione della pesca, per il mantenimento di una pesca sostenibile è essenziale che aiutiamo gli ecosistemi a gestire gli importanti cambiamenti che si trovano ad affrontare. La limitazione della pressione sulle specie fragili e la gestione della pesca basata sull'ecosistema, secondo il principio del «rendimento massimo sostenibile» (RMS) 4, costituiscono le azioni più appropriate per aiutare gli ecosistemi marini ad adattarsi all'evoluzione del clima. 6 (4) Il rendimento massimo sostenibile è un approccio che determina una quantità massima di individui (chiamata presa massima equilibrata) che si possono prelevare da uno stock nel corso degli anni senza mettere in pericolo la sua capacità di riproduzione. Cfr.: Pesca e acquacoltura in Europa n. 32.

7 Molte incertezze L'effetto del cambiamento climatico sugli ecosistemi marini è già palpabile e scatena importanti alterazioni. Si pone la questione di sapere cosa ci attende in futuro. «È una questione estremamente difficile», osserva Keith Brander, coordinatore del programma internazionale Globec nell'ambito del Consiglio internazionale per l'esplorazione del mare (CIEM). «Il GIEC prevede un aumento della temperatura globale di 0,2 per decennio. Si può dunque supporre che la temperatura degli oceani si innalzerà ancora e che avremo più spostamenti di specie. Si migra più facilmente nel mare che sulla terra! Ma vi sono ancora molte incertezze perché oltre al riscaldamento, esistono altri parametri che intervengono nell'evoluzione degli ecosistemi e complicano la situazione». È quindi difficile prevedere schemi in materia di spostamenti e di sostituzioni di specie. «È difficile dire se il merluzzo sarà sostituito nel Mare del Nord, ad esempio, perché in quanto generalista a livello alimentare, occupa una nicchia molto specifica», prosegue Keith Brander. «La triglia di scoglio e il nasello possono prenderne il posto, ma la triglia è un pesce molto più piccolo e il nasello ha un regime alimentare più specifico». A più lungo termine, altri effetti del cambiamento climatico rischiano di acuirsi ulteriormente. «L'acidificazione è un grosso problema», aggiunge lo scienziato. «È un cambiamento importante, perché le previsioni annunciano un livello di acidità degli oceani che non era più stato raggiunto da milioni di anni. Il fenomeno è studiato solo da due o tre anni e le sue conseguenze sono ancora poco conosciute. Sono gli animali a scheletro calcare che ne subiranno le conseguenze. Si sa anche che i calamari sono sensibili agli elevati livelli di acidità e presentano una scarsa facilità di adattamento. Le conseguenze dovrebbero farsi sentire fra qualche decennio». Per Keith Brander, ricercatore presso il Consiglio internazionale per l'esplorazione del mare, è difficile sapere cosa riserverà il futuro, «perché, oltre al riscaldamento, esistono altri parametri che intervengono nell'evoluzione degli ecosistemi e complicano la situazione». «Con un aumento della temperatura media di oltre 1,5-2,5 C e una crescita equivalente della concentrazione di CO2 nell'atmosfera, le proiezioni mostrano cambiamenti importanti nella struttura e nella funzione degli ecosistemi, nelle interazioni ecologiche fra specie e nelle zone di ripartizione delle specie, con conseguenze essenzialmente negative per la biodiversità e per i prodotti e i servizi forniti dagli ecosistemi, ad esempio l'approvvigionamento di acqua e di prodotti alimentari» Gruppo di esperti intergovernativo sull'evoluzione del clima, Cambiamento climatico 2007: impatto, adattamento e vulnerabilità Sintesi all'attenzione dei responsabili delle decisioni, Bruxelles, 6 aprile L'impatto più spettacolare del cambiamento climatico sulla pesca è lo spostamento delle zone di ripartizione di talune specie. La triglia di scoglio e la spigola sono così diventate specie commerciali nel Mare del Nord e ad ovest delle isole britanniche. 7

8 L'Europa si impegna a ridurre del 20% le emissioni dei gas a effetto serra L'Unione europea è fermamente impegnata nella lotta contro il cambiamento climatico. Nel febbraio scorso i 27 Stati membri hanno fissato, su raccomandazione della Commissione, un programma ambizioso; ridurre entro il 2020 del 20% le nostre emissioni di gas a effetto serra e portare al 20% la parte di energie rinnovabili. Uno sforzo che va ben oltre l'obiettivo di Kyoto. In tal modo, l'europa vuole creare una dinamica forte e mobilitare il resto del mondo. Per realizzare questo obiettivo, i settori economici e i cittadini saranno portati a riflettere sul loro consumo energetico. Compresa la pesca, ovviamente. Al vertice della Terra, tenutosi nel giugno 1992 a Rio de Janeiro, un centinaio di capi di Stato e di governo adottava la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici 1, con cui questi si impegnavano a ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra. Questo impegno di principio è diventato concreto nel 1997, a Kyoto, quando gli Stati industrializzati hanno fissato un obiettivo per il 2012: ridurre le emissioni di biossido di carbonio (CO2) del 5% rispetto ai livelli del L'Unione europea (UE), responsabile del 15% delle emissioni mondiali, si è impegnata per una riduzione dell'8%. La prima lotta dell'ue è stata salvare il protocollo di Kyoto, che la defezione degli Stati Uniti e dell'australia nel 2002 aveva ridotto a lettera morta. In occasione di un importante lavoro diplomatico, la Commissione europea è riuscita a mantenere l'adesione di tutti gli altri partner, il che ha permesso l'entrata in vigore del protocollo il 16 febbraio L'UE diveniva, di fatto, leader della lotta per salvare il clima. Ma l'ue è passata dalle parole ai fatti adottando misure destinate a ridurre l'impiego delle energie fossili. Queste misure riguardano oggi l'intera società. Alcuni esempi: Nel 1998, la Commissione stipula un accordo con i costruttori di autoveicoli al fine di diminuire del 25% la media delle emissioni di CO2 dei veicoli nuovi. Le marche devono indicare chiaramente il consumo e le emissioni dei modelli proposti. Dal 2001, una direttiva impone obiettivi in materia di impiego delle energie rinnovabili: il 12% dell'energia e il 22% dell'elettricità consumati nel 2010 devono essere di origine rinnovabile. Impegni forti Ma il quadro del protocollo di Kyoto non sarà sufficiente per limitare il cambiamento climatico. Il Gruppo di esperti intergovernativo sull'evoluzione del clima (GIEC) ha elaborato diversi scenari per l'evoluzione del clima nel XXI secolo 2. Si sa ormai che si deve mantenere il riscaldamento del pianeta nel limite di 1,5-2,5 C per evitare sconvolgimenti irreversibili, addirittura catastrofici. A tal fine, le emissioni di gas a effetto serra devono essere ridotte del 30% rispetto ai livelli del All'inizio del 2007, l'ue ha stabilito un obiettivo che consiste nel limitare l'aumento delle temperature medie del pianeta a 2 C rispetto ai livelli dell'era preindustriale. Un obiettivo che evidentemente non dipende solo dall'europa, ma dagli sforzi di tutti i paesi del mondo. Tuttavia, ponendosi in questa prospettiva, e mostrando ad esempio che è raggiungibile, l'europa intende trascinare non pochi governi in questa dinamica. Concretamente, da ora al 2020, i leader europei si impegnano a ridurre del 20% le emissioni dei gas a effetto serra nell'ue e a produrre il 20% dell'energia consumata a partire da fonti rinnovabili. Lo sforzo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dovrà essere portato al 30% per tutti i paesi industrializzati qualora si concludesse un accordo a livello mondiale per il periodo successivo al E la pesca? In quanto consumatrice di gasolio, la pesca è ovviamente interessata da questa azione. Il settore della cattura rappresenta l'1,2% del consumo globale di prodotti petroliferi e necessita di 640 litri di carburante per tonnellata sbarcata. Si tratta di una media perché si comprende facilmente che le esigenze energetiche della pesca con reti a strascico sono nettamente superiori a quelle della pesca con rete fissa. Inoltre, da un'analisi europea del ciclo di vita dei prodotti della pesca 3 è emerso che, nella catena di produzione che culmina con questi prodotti, è proprio il settore delle catture a contribuire in misure maggiore al riscaldamento del pianeta. Il potenziale di risparmio energetico del settore è importante. È possibile risparmiare fino al 20% di energia migliorando la progettazione e l'impiego delle navi e delle attrezzature. Tali investimenti possono inoltre essere sostenuti finanziariamente dal Fondo europeo per la pesca (FEP). Dal 2003, tutti gli edifici nuovi e ristrutturati devono rispettare norme minime in materia di efficienza energetica. Dal 2005, il sistema europeo di scambio dei diritti di emissione impone quote di emissioni di CO2 a imprese dei settori dell'energia, della siderurgia, del petrolio, del cemento, della carta, del vetro e della ceramica. Dal 2005, la direttiva sulla promozione dell'impiego dei biocarburanti impone l'impiego del 5,75% di biocarburanti nel 2010 per i trasporti. Grazie a questa politica, l'ue dovrebbe raggiungere i suoi obiettivi di Kyoto, malgrado la difficoltà di gestire le emissioni del settore dei trasporti, in aumento del 22% nell'ue dal 1990 (40% per gli autocarri). Di recente, la Commissione ha avviato uno studio su questa importante questione, al fine di individuare tutte le azioni possibili e di analizzare la loro redditività nel tempo. Questo studio culminerà con l'allineamento delle informazioni accessibili a tutti i professionisti attraverso un sito Internet e regolarmente aggiornate. Ma occorre anche sottolineare che le misure adottate per proteggere la risorsa e mantenere gli stock al loro livello migliore consentono altresì di ridurre il consumo di energia. Una gestione più oculata degli stock li renderà più abbondanti e ridurrà lo sforzo di pesca necessario per sfruttarli. Il settore della pesca, come molti altri, è quindi in prima linea nella lotta contro il riscaldamento climatico. I notevoli danni che quest'ultimo potrebbe causare all'attività di pesca costituiscono la migliore motivazione per impegnarsi con determinazione. 8 (1) Cfr. (2) Cfr. (3) M. Thrane, LCA of Danish fish products New methods and insights, in The International Journal of Life Cycle Assessment, 11, 2006, pagg ;

9 Profilo In Romania, la maggior parte della flotta è costituita da piccole imbarcazioni artigianali che pescano con reti fisse lungo le coste. Romania: un settore in sospeso Con l'allargamento del 1 gennaio 2007 l'unione europea tocca il Mar Nero grazie ai litorali rumeni e bulgari. Due nuove comunità di pesca hanno integrato la politica comune della pesca. In Romania, il settore deve affrontare difficoltà che riguardano l'ambiente e l'economia. In Romania, gli anni sono stati caratterizzati da una produzione intensiva della pesca marittima e interna e dall'acquacoltura. Il consumo raggiungeva 12 kg/anno/abitante, uno dei maggiori dell'europa centrale. La flotta rumena operava nell'atlantico orientale fino all'africa meridionale. La produzione acquicola era di 6 volte più importante di quella di oggi. A partire dal 1989, la privatizzazione del settore in un contesto di recessione economica ha modificato radicalmente la situazione. La pesca marittima si è concentrata da una quindicina d'anni sul Mar Nero. Da tonnellate nel 1988, la produzione è passata a tonnellate nel 1990 per scendere alle attuali tonnellate. Gli sbarchi sono composti principalmente da piccoli pelagici (85%), essenzialmente da spratti (75%). Le altre specie catturate (fra 20 e 50 tonnellate l'anno) sono l acciuga, il merlano, l'alosa del Mar Nero (una specie di aringa che risale il Danubio fino a 80 km dalla foce), il rombo chiodato del Mar Nero, diverse specie di cefalo e, a seconda delle annate, la palamita. È una pesca artigianale, praticata su barche manovrate da uno o due pescatori (3 000 addetti registrati). Pescano specie d'acqua dolce come l'alosa, l'abramide, il luccioperca, il luccio, il siluro e diverse specie di carpe. Il Danubio e le acque salmastre vicine al delta racchiudono diverse specie di storioni, fra cui il famoso storione Ladano, tutte in pericolo di estinzione. La Romania ha appena annunciato una moratoria di 10 anni sulla pesca allo storione per favorire la ricostituzione dello stock. Quanto all'acquacoltura, la produzione è passata progressivamente da tonnellate nel 1990 a tonnellate nel Impiegando persone, è praticata esclusivamente in acque dolci, negli stagni naturali o artificiali, e produce diverse specie di carpe, come è tradizione nell'europa centrale. Le autorità rumene intendono sviluppare l'acquacoltura con il sostegno del Fondo europeo per la pesca: gran parte dei 230 milioni di euro destinati alla Romania fino al 2013 è quindi riservata a progetti acquicoli. Con un consumo crollato oggi a 4,4 kg/abitanti/anno, il mercato rumeno non è attualmente favorevole allo sviluppo di un'industria della trasformazione. Esiste solo un' importante azienda di salatura e di affumicatura di pesce che impiega 200 persone, sul delta del Danubio. Commissione europea Visto lo scarso livello delle conoscenze scientifiche sulle risorse alieutiche nel Mar Nero, è difficile individuare le cause del declino della pesca rumena che non siano il disinvestimento economico. Si sa che il Mar Nero risente di problemi ambientali attualmente presi in considerazione (cfr. riquadro), ma in assenza di una valutazione sistematica degli stock è difficile conoscerne l'impatto sulla pesca. Su iniziativa della Commissione europea, sono attualmente in fase di preparazione discussioni con altri Stati rivieraschi (Turchia, Ucraina, Russia, Georgia) per gettare le basi di una gestione degli stock condivisi. La flotta rumena è composta da circa 450 navi, di cui la maggior parte è costituita da piccole imbarcazioni artigianali che pescano con la rete fissa lungo le coste. Una decina di pescherecci da traino in attività pescano i piccoli pelagici nella fascia costiera di 12 miglia. Pesca interna La pesca interna, praticata principalmente sul Danubio e sul delta del Danubio, è sempre stata più produttiva della pesca nel Mar Nero. Le comunità del delta del Danubio dipendono principalmente da questa attività che a sua volta ha risentito del declino del settore. La produzione è passata da tonnellate nel 1988 a tonnellate nel 1990 per crollare a tonnellate nel Un mare eutrofico e invaso Nel Mar Nero si concentrano tutti gli inquinamenti portati dai tre immensi bacini fluviali che l'alimentano: il Danubio, il Dniepr e il Don. Il problema principale è l'eutrofizzazione 1, provocata dai concimi agricoli e dalle acque reflue non trattate. È responsabile del deperimento dei fondali marini, delle spinte planctoniche e della riduzione della biodiversità. Da alcuni anni, si registrano progressi grazie al lavoro di organismi internazionali quali la Commissione del Mar Nero 2 per quanto riguarda il ripristino ambientale e l'icpdr 3 per quanto concerne il miglioramento della qualità delle acque provenienti dal Danubio. L'altro problema è la proliferazione di una specie di medusa, lo ctenoforo americano (Mnemiopsis leidyi), accidentalmente introdotta verso il 1980 dall'acqua di zavorra di una nave. Nutrendosi di plancton, di uova e di larve, ha provocato un calo delle popolazioni di piccoli pelagici indigeni. Questa medusa è oggi a sua volta vittima di un altro ctenoforo dell'atlantico occidentale (Beroe ovata), che si nutre esclusivamente di altre meduse e che sta decimando lo ctenoforo americano. (1) Rarefazione dell'ossigeno dell'acqua a causa dello sviluppo esagerato della vegetazione acquatica. (2) Commission on the Protection of the Black Sea Against Pollution Commissione sulla protezione del Mar Nero contro l'inquinamento (3) International Commission for the Protection of the Danube River Commissione internazionale per la protezione del Danubio 9

10 Inchiesta Il rombo d'allevamento: un prodotto di lusso in piena espansione Il rombo (Psetta maxima) è un grande pesce piatto molto ricercato dai gastronomi per la finezza della sua carne. Mentre le catture sono in diminuzione costante, l'allevamento del rombo, che esiste da più di 20 anni, registra una fase di crescita che offre prospettive economiche sia ad ovest che ad est dell'europa. Al pari di numerose specie, il rombo registra un calo delle catture in tutti i mari in cui è pescato. Sulla costa atlantica dell'unione europea, le catture raggiungono attualmente solo tonnellate e sono diminuite di un terzo negli ultimi 10 anni 1. In mancanza di studi specifici su questa specie, la Commissione europea ha chiesto agli organismi scientifici di valutare questo stock di pesce, al fine di determinare se sono necessarie misure di protezione. Nell'attesa, il rombo è sottoposto, per il Mare del Nord, ad una quota comune con il rombo liscio di tonnellate nel L'85% delle catture proviene dal Mare del Nord, dalla Manica e dal Mare Celtico. I Paesi Bassi, la cui flotta è particolarmente efficiente per la pesca ai pesci piatti, sono di gran lunga i primi produttori (1 915 tonnellate nel 2005). Ad est dell'europa, nel Mar Nero, viene sfruttata tuttavia anche una sottospecie del rombo chiodato. Come per il cugino occidentale, l'elevato valore culinario e gustativo della sua carne ne fa un prodotto di lusso ricercatissimo e decisamente redditizio, in particolare in Turchia, che ne è il principale utilizzatore (650 tonnellate nel 2005). Solo 50 tonnellate sono catturate dai pescatori artigianali bulgari e rumeni. E gran parte di queste è destinata all'esportazione verso il mercato turco. Il mercato europeo si è sviluppato innanzitutto in Spagna e in Francia, mentre la produzione degli altri Stati rappresenta appena il 3% del totale. Con tonnellate nel 2005, è chiaramente la Spagna, e più precisamente la Galizia, a dominare il mercato. Il gruppo Stolt Sea Farm è il primo produttore dell'ue (4 000 tonnellate). È alla guida di due avannotterie e di sei aziende in Galizia, nonché di un'azienda in Centro (Portogallo), una in Aquitania (Francia) e una nel Sørlandet (Norvegia). Il secondo è Pescanova, una multinazionale spagnola del settore alimentare attiva anche nella conservazione e nella surgelazione, che possiede un'avannotteria e due aziende in Galizia. L'importanza della Galizia dipende dalla qualità delle sue acque di mare la cui temperatura è ideale per il rombo (circa 17 C). Ciò consente agli acquacoltori di lavorare in un circuito aperto, vale a dire rinnovando continuamente l'acqua delle vasche con l'acqua proveniente dal mare. Più a nord, l'acqua è troppo fredda in inverno (e talvolta troppo calda in estate), di qui il ricorso al sistema di ricircolo attraverso il quale l'acqua dei bacini è in gran parte riciclata, riossigenata e riscaldata (o raffreddata) in un circuito interno. Questo sistema richiede impianti più complessi e più costosi, ma ha anche un effetto negativo sulla crescita dei rombi, che viene rallentata considerevolmente durante il secondo anno di crescita: un fenomeno oggetto attualmente di studi scientifici. La Francia è il secondo allevatore europeo di rombi (800 tonnellate). Il principale operatore è France Turbot (600 tonnellate), filiale del gruppo Adrien, che possiede un'avannotteria e un'azienda sull'isola di Noirmoutier (Paese 10 Anche le catture di rombi chiodati del Mar Nero sono in costante calo. Dieci anni fa circa si attestavano fra e tonnellate, contro le circa 700 tonnellate di oggi. L'eccesso di pesca ne è una causa, ma anche i problemi ambientali (cfr. articolo pag. 9). Dalla fine degli anni '90, la Turchia adotta misure di limitazione delle catture (taglie minime, chiusure, ecc.). In Bulgaria, per ridurre la pressione su questa ricorsa, il ministero della Pesca fissa ogni anno un contingente sulla base delle raccomandazioni formulate dall'istituto delle risorse alieutiche. Un futuro per l'allevamento Poiché il rombo è fortemente richiesto su tutti i mercati, il suo allevamento presenta evidenti prospettive di sviluppo. Nella parte occidentale dell'unione europea, l'allevamento del rombo è cominciato in Galizia all'inizio degli anni '80. La produzione annua dell'unione europea è attualmente di circa tonnellate. L'elevato valore culinario e gustativo della carne di rombo fa di questo pesce piatto un prodotto di lusso ricercatissimo. (1) Fonte Eurostat per i dati dei primi quattro paragrafi.

11 L'allevamento del rombo è iniziato in Galizia nei primi anni '80. La produzione annua dell'unione europea è attualmente di circa tonnellate. della Loira) e un'azienda in Bretagna. Il gruppo fornisce anche avannotti all'altro operatore francese del settore, la Società acquicola dell'isola di Ré, che possiede due aziende, sulle isole di Noirmoutier e di Ré (Poitou-Charentes). Un mercato in crescita Il mercato del rombo d'allevamento va bene. «Non vi sono problemi di mercato per il rombo», spiega Dominique Duval, direttore della Società acquicola dell'isola di Ré. «La domanda è di gran lunga superiore all'offerta. Esiste soprattutto un problema di produzione. Per produrre di più, dovremmo espanderci. Per rifornirci di acqua di mare, abbiamo bisogno di collocare le nostre vasche sul litorale. E là sorgono i problemi di conflitti di spazio. Ci sono stati tentativi di allevare il rombo al largo, in gabbie con un fondo stile trampolino, ma non funziona bene». L'offerta si arricchirà presto di un nuovo polo di produzione nell'europa orientale. Gli scienziati turchi hanno appena terminato la costruzione dell'allevamento di rombi del Mar Nero e il prossimo autunno sarà lanciata un'applicazione commerciale. Il rombo del Mare Nero è quindi d'ora in poi un prodotto d'allevamento, il che potrebbe aprire prospettive di sviluppo sulle rive di questo mare ancora poco coinvolto nell'acquacoltura. Il costante lavoro degli allevatori sulla qualità e la quantità della produzione dovrebbe avere un effetto positivo sul mercato della ristorazione, sulle vendite al dettaglio e sulle esportazioni. Soprattutto se si tiene conto del miglioramento del livello di vita dei paesi dell'europa centrale. Di recente, i problemi di disponibilità territoriale hanno fatto parlare di sé in Galizia, dove il gruppo Pescanova non ha ottenuto l'autorizzazione a costruire un nuovo impianto per motivi di protezione dell'ambiente costiero. Ha quindi scelto il Portogallo per realizzare i suoi progetti d'espansione; nel maggio scorso, il gruppo ha annunciato la costruzione a Mira, sulla costa del Centro, della più grande azienda di rombi del mondo, con una capacità di tonnellate. Dovrebbe raggiungere la velocità di crociera a partire dal Ci si può stupire di una tale capacità in grado di raddoppiare la produzione europea di rombi di allevamento? Bisogna sapere che al ritmo attuale, l'allevamento del rombo è destinato essenzialmente al mercato della ristorazione. La parte venduta ai grandi centri è del 20% per Stolt Sea Farm e del 5-7% per France Turbot. Resta quindi un margine considerevole per cercare nuovi acquirenti. Inoltre, il mercato degli alberghi e dei ristoranti non dà segnali di saturazione. Così, quando i due operatori francesi hanno lanciato il rombo Label Rouge 2 nel 2002, l'effetto è stato spettacolare sulla domanda. «Gli operatori francesi nutrono una grande fiducia in questa etichetta di qualità e le nostre vendite sono considerevolmente aumentate sul mercato interno», spiega Christian Cloutour, direttore di France Turbot. Attualmente, iniziamo a ritornare sul mercato all'esportazione, anch'esso in aumento». Una crescita in due anni Pesce piatto, il rombo trascorre la maggior parte del tempo sul fondale marino, nascosto per metà nella sabbia da cui attinge il suo nutrimento. Ciò impone un limite importante per il suo allevamento, perché il riparo nel quale è allevato deve essere imperativamente dotato di un fondo duro e piatto coperto di sabbia. Non è quindi il caso di utilizzare gabbie marine galleggianti, come per il salmone o la spigola. L'unico sistema attualmente praticabile è la vasca installata a terra, non troppo lontana dal mare, per facilitare l'apporto d'acqua. Giocando artificialmente sulla temperatura dell'acqua e sulla sua luce, gli allevatori arrivano oggi ad intervenire sul ciclo di riproduzione degli animali riproduttori e a ottenere deposizioni di uova «fuori stagione» che consentono di fare affidamento su una produzione regolare per tutto l'anno. Dalla deposizione alla taglia commerciale si deve calcolare un processo di allevamento di due anni e mezzo. Nel mese che segue lo schiudimento, la larva viene nutrita con microrganismi marini. Dopo un mese, il rombo ha già tutte le caratteristiche morfologiche dell'adulto (a parte la taglia) e la sua alimentazione si compone, fra l'altro, di farina di pesce. Dopo 3-4 mesi, gli avannotti sono trasportabili e passano nell'azienda di crescita il cui il loro allevamento, fino all'abbattimento, dura circa 2 anni. 11 (2) Etichetta agricola francese creata nel 1960 che certifica che un prodotto alimentare possiede un insieme di caratteristiche preventivamente fissate che gli conferiscono un livello di qualità superiore al prodotto corrente.

12 [ In breve > Accordo con la Guinea-Bissau Lo scorso maggio l'unione europea e la Guinea-Bissau hanno concluso un nuovo accordo di partenariato di pesca che entrerà in vigore non appena sarà stato ratificato dagli organi decisionali delle due parti. L'accordo ha una durata di 4 anni e può essere rinnovato. A fronte di una contropartita europea di 7 milioni di euro l'anno, la Guinea-Bissau apre la propria zona economia esclusiva ai pescatori dell'unione europea. È un accordo misto che autorizza lo sfruttamento degli stock di tonnidi (23 pescherecci a sciabica e a palangari, 14 pescherecci con lenze e canne), di gamberi (4 400 tonnellate di stazza lorda) e di pesci e cefalopodi (4 400 tonnellate di stazza lorda). Per la prima volta dalla conclusione di accordi di pesca fra l'ue e la Guinea-Bissau il vecchio accordo quadro risale al 1980 quest'ultimo contempla un importante strumento di sostegno al settore locale, come tutti gli accordi conclusi a seguito della riforma della politica comune della pesca: 2,45 milioni di euro l'anno investiti in progetti di sviluppo di una pesca guineese sostenibile e responsabile. L'accordo prevede inoltre il versamento di un importo annuo di euro alla Guinea-Bissau per rafforzare i controlli sanitari e la sorveglianza delle attività di pesca. Fa parte del nuovo accordo anche un importo aggiuntivo, per un massimo di 1 milione di euro l'anno, condizionato all'ottimizzazione dell'uso dei diritti di pesca. > Consultazione sull'acquacoltura nell'ue Il settore dell'acquacoltura possiede un potenziale economico importante a motivo dell'aumento della domanda di prodotti della pesca. Inoltre, lo sviluppo tecnologico e i progressi della ricerca scientifica consentono oggi di prevedere investimenti in grado di aumentare e di diversificare l'offerta. Tuttavia, quest'attività deve affrontare un certo numero di sfide quali i problemi ambientali, i requisiti sanitari, le nuove specie, lo sviluppo tecnologico, la disponibilità dello spazio e la ricerca. Per aiutare gli operatori europei ad avvalersi completamente delle opportunità di sviluppo, la Commissione ha lanciato un'ampia consultazione tesa a fare il punto sul settore e a consentirgli di formulare le sue attese e le sue esigenze sulla base di un documento di consultazione che affronta questi temi. Il risultato delle riflessioni costituirà la base di proposte in materia di acquacoltura. Per ulteriori informazioni: consultation_100507_en.htm > Atlantico nordorientale: nuovo regime di controllo Dal 1 maggio, gli Stati la cui flotta di pesca è attiva nella zona della Commissione per la pesca nell'atlantico nordorientale (NEAFC) sono tenuti ad applicare un nuovo sistema di controllo al fine di facilitare la lotta contro la pesca illegale. Il principio è il seguente: a una nave da pesca straniera 1 è concesso sbarcare le sue catture congelate in un porto della NEAFC solo se lo Stato di cui batte bandiera abbia dato autorizzazione allo Stato del porto. Per ciascuno sbarco, lo Stato di bandiera deve quindi esercitare la sua responsabilità e verificare se la nave da pesca dispone di un contingente sufficiente per il pesce sbarcato, se le catture in questione sono registrate nel sistema nazionale di controllo dell'impiego del contingente, se la nave era autorizzata a pescare e se la zona di cattura dichiarata è stata verificata attraverso informazioni ricevute dall'intermediario del sistema di sorveglianza delle navi via satellite. La decisione della NEAFC è stata recepita nella legislazione comunitaria nel quadro del regolamento relativo alle possibilità di cattura per il (1) Ovvero, una nave da pesca battente bandiera di un'altra parte contraente della NEAFC. KL-AG IT-C Tagliando d abbonamento Inviare questo tagliando per posta al seguente indirizzo: Commissione europea Direzione generale della Pesca e degli affari marittimi Unità Comunicazione e informazione Rue de la Loi 200 B-1049 Bruxelles o via fax al n. (+ 32) fisheries-magazine@ec.europa.eu Desidero ricevere gratuitamente la rivista Pesca e acquacoltura in Europa (5 numeri l anno) in: BG ES CS DA DE ET EL EN FR GA IT LT HU MT NL PL PT RO SK SL FI Numero di esemplari: Cognome: Nome: Organizzazione/Titolo: Via: N.: CP: CAP: Città: Paese: Tel.: Fax: SV LV

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