La Malattia Minima Residua nelle Sindromi Linfoproliferative Acute e Croniche.

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1 Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia Sezione di Ematologia DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE EMATOLOGICHE XXVI CICLO Coordinatore Prof. Robin Foà TESI DI DOTTORATO La Malattia Minima Residua nelle Sindromi Linfoproliferative Acute e Croniche. Relatore Prof.ssa Anna Guarini Dottoranda Dott.ssa Irene Della Starza Anno Accademico

2 INDICE Introduzione...pag.5 I Progetto: Whole-genome amplification (WGA) per la valutazione di target molecolari ed il monitoraggio della malattia minima residua nella leucemia acuta linfoide. La Leucemia Acuta Linfoide...pag.10 La ricombinazione genica...pag.20 I riarrangiamenti genici del B Cell Receptor...pag.25 I riarrangiamenti genici del T Cell Receptor...pag.31 Obiettivo dello studio...pag.38 Materiali e Metodi...pag.39 Pazienti e campioni studiati...pag.39 Estrazione del DNA...pag.39 Whole Genome Amplification...pag.39 Screening dei riarrangiamenti genici Ig/TCR...pag.40 Sequenziamento e analisi del gene...pag.42 Disegno dei primers ed analisi RQ-PCR...pag.42 Risultati...pag.44 Riarrangiamenti genici Ig/TCR identificati al momento della diagnosi: DNA genomico vs DNA amplificato...pag.44 Confronto della quantificazione della malattia e risultati di MMR tra DNA genomico e amplificato...pag.46 Conclusioni...pag.48 Bibliografia...pag.51 2

3 II Progetto: Confronto di due strategie di RQ-PCR per la valutazione della malattia minima residua nelle malattie linfoproliferative: correlazione tra lo stato mutazionale dei geni delle immunoglobuline e performance di RQ-PCR. La Leucemia Linfatica Cronica...pag.63 Stato mutazionale dei geni delle catene pesanti delle immunoglobuline...pag.71 Obiettivo dello studio...pag.75 Materiali e Metodi...pag.76 Pazienti e campioni studiati...pag.76 Estrazione del DNA e analisi IgH...pag.76 Sequenziamento e analisi del gene...pag.77 Disegno di primer e sonde per l'analisi RQ-PCR...pag.78 Risultati...pag.80 Riarrangiamenti del gene IGH e analisi di mutazione...pag.80 Confronto tra diverse strategie di disegno di set di primers/probe per la valutazione RQ-PCR...pag.82 Correlazione tra il carico mutazionale IGH e le performance di RQ-PCR...pag.84 Conclusioni...pag.86 Bibliografia...pag.89 3

4 III Progetto: La malattia minima residua condiziona la prognosi dei pazienti affetti da linfoma follicolare: risultati del trial FIL FOLL05. Il Linfoma Follicolare...pag. 97 Il gene BCL-2 nel linfoma follicolare...pag.104 Obiettivo dello studio...pag.108 Materiali e Metodi...pag.109 Pazienti e campioni studiati... pag.109 Screening del riarrangiamento BCL2/IGH@...pag.109 Sequenziamento e analisi del gene...pag.110 Analisi RQ-PCR...pag.111 Risultati...pag.112 Analisi qualitativa e burden tumorale dei pazienti all'arruolamento...pag.112 Valutazione della MMR ai diversi time points...pag.115 Conclusioni...pag.118 Bibliografia...pag.121 Pubblicazioni...pag.131 Abstracts...pag.133 4

5 Introduzione La Malattia Minima Residua (MMR) La genetica delle malattie neoplastiche rappresenta uno dei campi che ha visto il maggiore sviluppo negli ultimi anni, offrendo grandi speranze sul fronte di una completa comprensione della genesi di queste patologie ed aprendo nuove possibilità diagnostiche e terapeutiche. Ogni neoplasia origina necessariamente da una o più alterazioni del DNA e dalla trasformazione del corredo genetico della cellula colpita. Comprendere la natura e le cause di queste trasformazioni permette di identificare il tipo di patologia cui ci troviamo di fronte e di studiare la possibilità di intervenire direttamente sull'origine della malattia, con trattamenti specifici. Le maggiori conoscenze cliniche e biologiche in campo oncoematologico hanno permesso lo sviluppo di nuovi farmaci e di strategie terapeutiche potenzialmente sempre più efficaci, tuttavia ancora un significativo numero di pazienti ricade a causa della persistenza di cellule neoplastiche residue, indicate con il termine di malattia minima residua (MMR). L' uso dello studio della malattia minima residua come marker di risposta molecolare al trattamento, può migliorare la valutazione della risposta clinica, guidare la selezione delle strategie terapeutiche e, possibilmente, indicare l'esito clinico a lungo termine (Cazzaniga G et al, Haematologica 2005) in un certo numero di patologie ematologiche. Lo studio della MMR viene oggi eseguito nell ambito delle leucemie acute linfoblastiche (LAL) e nelle malattie linfoproliferative croniche, sulla base di protocolli che ne regolano il monitoraggio. Nelle LAL la MMR è fondamentale per guidare e modificare la gestione terapeutica dei pazienti (Bruggemann M et al, Blood 2006). La riduzione del carico tumorale durante e dopo il trattamento di induzione fornisce informazioni cruciali sulla risposta alla terapia e rischio di recidiva. La negatività della MMR ai diversi tempi del trattamento è risultata significativamente associata ad una bassa incidenza di recidive (3-15% a tre anni), ed al contrario un incremento di 5-10 volte degli eventi (39-86% a tre anni) si è osservato nei casi di MMR positiva (Cazzaniga G et al, Clin. Exp. Heamatol. 2003). Questo permette di identificare pazienti "a basso rischio" e "ad alto rischio", che possono trarre profitto dalla riduzione o dalla intensificazione della terapia, rispettivamente (Vidriales 5

6 MB et al, Blood 2003; Flohor T et al, LeuKemia 2008; Bassan R et al, Blood 2009). Il dato della MMR nella LAL del bambino e dell'adulto è risultato essere un fattore prognostico indipendente da altri parametri clinici e biologici caratterizzanti la malattia all esordio. L analisi della malattia minima a tempi più distanti dalla diagnosi è risultata ancora più significativa nell identificare i pazienti a rischio di recidiva, fornendo le basi per un suo utilizzo nei protocolli clinici. L'ampia introduzione di nuove strategie terapeutiche efficaci ha permesso che un numero crescente di pazienti con neoplasie ematologiche potesse essere indagato per la valutazione della MMR. Nella leucemia linfatica cronica (LLC) diversi studi hanno dimostrato che i criteri di risposta morfologici non sono sufficientemente sensibili per predire il risultato e che i pazienti che abbiamo conseguito una eradicazione rilevabile della MMR, presentano una sopravvivenza prolungata (Moreno C et al, Blood 2006; Böttcher S et al, J Clin Oncol 2012). Nonostante questo, il ruolo clinico della MMR nella LLC resta da chiarire. Nel Linfoma follicolare (LF) il monitoraggio della MMR è risultato essere un fattore predittivo ben consolidato dell'andamento clinico della malattia post-trapianto (Ladetto M et al, Blood 2008), al contrario il suo ruolo dopo terapia convenzionale è ancora in discussione, sebbene molti studi sono stati in grado di dimostrarne il valore prognostico (Corradini P et al, J Clin Oncol 2004; Rown JR et al, Biol Blood Marrow Transplant 2007; Procházka V et al, J Clin Oncol, 2011; Ladetto M et al, Blood 2013). La biologia variabile dei tumori maligni delle cellule B influenza non solo l'interpretazione dei dati di MMR per le decisioni cliniche, ma ha anche implicazioni per gli aspetti tecnici in campo diagnostico. Solo l impiego di tecniche dotate di adeguata sensibilità, specificità nel riconoscimento delle cellule patologiche, di stabilità dei marcatori identificati e di riproducibilità, può permettere di distinguere tra loro i pazienti in remissione sulla base dei diversi livelli di MMR permettendo così, una più precisa definizione di stato di remissione. Attualmente, la tipizzazione immunofenotipica tramite citofluorimetria insieme allo studio molecolare effettuato utilizzando la Polymerase Chain Reaction (PCR) sono le due tecniche che possiedono i requisiti necessari allo studio della MMR dimostrando una sensibilità di almeno 10-4 (ovvero capacità di rilevare una cellula neoplastica ogni 10 4 cellule normali), alta specificità, riproducibilità, espressione quantitativa del risultato ed applicabilità. 6

7 L introduzione nella diagnostica molecolare della PCR quantitativa (RQ-PCR) ha ampliato le conoscenze sul significato della MMR, grazie alla possibilità di individuare e quantizzare sequenze specifiche di DNA e DNA complementare (cdna), attraverso l'utilizzo di sonde fluoromarcate, la cui frammentazione durante la fase di allungamento della reazione di amplificazione, permette emissione di fluorescenza che viene captata e quantizzata, portando ad un'elevata riproducibilità e specificità dei risultati. Le cellule leucemiche possono essere distinte dalle normali cellule ematopoietiche sulla base di specifici patterns di espressione antigenica evidenziabili tramite analisi immunofenotipica, analizzando la presenza di aberrazioni cromosomiche che risultano in trascritti di un gene di fusione o nell espressione aberrante di trascritti, e ancora valutando il riarrangiamento dei geni delle IGH e del TCR nelle regioni giunzionali paziente-specifiche, considerate markers tumorali specifici, simili ad impronte digitali che differiscono in lunghezza e composizione per clone linfocitario e conseguentemente per ogni paziente affetto da neoplasia linfoide. L'analisi molecolare quantitativa della MMR (RQ-PCR) attraverso l'utilizzo di sonde allele-specifiche (ASO), è in grado di raggiungere limiti di sensibilità riproducibili di 1x10-5, tuttavia l'applicabilità del metodo è limitata ai pazienti con riarrangiamenti genici IG/TCR aventi regioni giunzionali adatte a raggiungere una sensibilità sufficiente. Questo tipo di valutazione della MMR presenta però un certo numero di limitazioni, tra cui il fallimento nell'identificare il marcatore molecolare nei casi somaticamente ipermutati, dove il basso livello di infiltrazione tumorale non consente un approccio quantitativo adeguato. Inoltre, l'evoluzione di diversi subcloni leucemici durante il trattamento, nonché la presenza di oligoclonalità alla diagnosi che non viene detectata molecolarmente dagli ASO, può anche essere un motivo per potenziali risultati falsi negativi. Pertanto, si è resa necessaria l'introduzione di tecniche molecolari alternative, che negli ultimi tempi si stanno sempre più diffondendo in campo oncoematologico.. Il metodo di sequenziamento di seconda generazione, denominato next-generation sequencing (NGS) permette l'identificazione delle cellule B o T clonogeniche con alta sensibilità e specificità ed è risultato adatto per il rilevamento di MMR, come recentemente dimostrato in pazienti con LLC (Logan AC et al, Leukemia 2013). La valutazione della MMR mediante NGS può non solo superare alcuni svantaggi dei metodi basati sulla PCR, come la necessità di primers specifici del paziente, ma esso ha il potenziale per raggiungere un livello di sensibilità superiore (fino a 1x10-6 ) con un 7

8 migliore range di quantificabilità della malattia. Inoltre, l'approccio NGS permette di analizzare la diversità genetica e l'eterogeneità clonogenica che possono contribuire alla nostra attuale comprensione della biologia della malattia e della cinetica di ricaduta (Gawad C et al, Blood 2012). Nonostante questi vantaggi, va osservato che entrambi i metodi (NGS e ASO-RQ-PCR) richiedono un campione contenente un'infiltrazione tumorale significativa per l'identificazione del clone alla diagnosi ed entrambi risentono dell'evoluzione clonale. Pertanto è ragionevole ipotizzare che l'uso di un approccio NGS darà un valore aggiunto alle attuali tecniche di valutazione della MMR consentendo l'identificazione di un marcatore molecolare nella stragrande maggioranza delle neoplasie linfoidi. In conclusione, grazie all'integrazione di tecniche multidisciplinari ci si sta sempre più avvicinando ad un sistema in grado di tradurre rapidamente le informazioni necessarie per una diagnosi efficace ed una più precisa valutazione della risposta al trattamento, con il fine di elaborare terapie mirate adatte al singolo paziente e di predire la ricaduta prima della manifestazione clinica. 8

9 I Progetto: Whole-genome amplification (WGA) per la valutazione di target molecolari ed il monitoraggio della malattia minima residua nella leucemia acuta linfoide. 9

10 La Leucemia Acuta Linfoide La leucemia acuta linfoide rappresenta un gruppo clinicamente e biologicamente eterogeneo di malattie che originano dai precursori linfoidi, caratterizzate da morfologia indifferenziata. La trasformazione leucemica genera una progenie di blasti linfoidi leucemici che hanno subito un blocco maturativo in una fase precoce del processo di differenziazione. Le basi fisiopatologiche dei sintomi e segni delle LAL consistono in una soppressione della normale emopoiesi, nell'infiltrazione e colonizzazione degli organi linfoidi e non e nella liberazione di linfochine e mediatori dell'infiammazione sia delle cellule leucemiche che delle cellule normali, con conseguente anemia (emoglobina ridotta nel 75% dei casi), aumento del numero dei leucociti (da ad oltre /mm 3 nel 66% dei casi), e piastrinopenia (numero delle piastrine ridotto nell 80% dei casi). La caratteristica principale delle LAL è la presenza in circolo di cellule blastiche leucemiche (linfoblasti) in percentuale variabile da meno del 10% ad oltre il 90%. L accumulo extramidollare di linfoblasti può risultare in diversi siti e specialmente a livello di linfonodi, fegato, sistema nervoso centrale, testicoli ed ossa (Hoelzer D et al, Hematology 2002). La LAL è la più frequente sindrome neoplastica nei bambini, con una prevalenza nell età di 3-4 anni, mentre rappresenta il 20% delle leucemie dell adulto, con una prognosi migliore nei bambini rispetto agli adulti. L'eterogeneità delle LAL ha reso necessaria la messa a punto di criteri classificativi che permettessero di identificare gruppi di pazienti con caratteristiche e prognosi differenti. I marcatori clinici che definiscono la prognosi dei pazienti affetti da LAL sono rappresentati dall'età, dal numero di globuli bianchi, dalla risposta al trattamento, dalla presenza di marcatori citogenetici e molecolari, dalla farmaco resistenza e dalla presenza di MMR dopo terapia. La diagnosi e la conseguente classificazione della malattia è resa possibile mediante la valutazione di una combinazione di fattori morfologici, citochimici, immunologici, citogenetici e molecolari. L esame morfologico degli strisci di sangue venoso periferico e del midollo osseo, in relazione a criteri definiti dal sistema di classificazione FAB (French-American-British) consente di riconoscere 3 sottotipi distinti di LAL noti come L1, L2, L3. La forma predominante è la L2 con un incidenza pari al 65-70%, rispetto alle forme L1 e L3 la cui 10

11 incidenza è rispettivamente del 25-30% e del 5-10%. La forma L1 è prevalente nei bambini, mentre la forma L2 nell adulto (Guglielmi C et al, Leukemia 1997). La forma L3 interessa le cellule B mature ed è per questo che viene considerata non una leucemia linfoblastica in senso stretto, ma la leucemizzazione di un particolare tipo di linfoma non-hodgkin detto linfoma di Burkitt. Nell ambito dell analisi citochimica per la valutazione della LAL viene usato un pannello costituito da diverse reazioni. Tutte le LAL sono negative alla mieloperossidasi (MPO), tranne una piccola percentuale di casi (3-5%) che risultano essere MPO+ ed in cui è stata riscontrata un alta incidenza di ricadute. Il 95% di LAL L1 e L2 sono positive alla deossinucleotidil transferasi terminale (TdT) e la sua presenza è utile nella diagnosi differenziale con i casi di linfocitosi reattiva. Più dell 80% di blasti in casi di LAL T mostrano una forte positività alla fosfatasi acida e all α-naftil-acetato esterasi (ANAE). L analisi immunofenotipica permette non solo di confermare la diagnosi di LAL, ma anche di classificarne le diverse forme e di monitorarne la malattia minima residua durante e dopo la terapia (Campana D et al, Blood 1995). I blasti cellulari dei pazienti affetti da LAL sono caratterizzati dall espressione di antigeni di superficie ed intrascitoplasmatici che corrispondono a marcatori di maturazione fisiologica dei progenitori cellulari linfoidi, per cui le LAL vengono distinte fenotipicamente in B o T, in base all appartenenza alla linea cellulare ed al loro stadio di maturazione. Le LAL B rappresentano circa l 80-85% dei casi di LAL e possono essere classificate in base all espressione di antigeni caratteristici della linea B (CD79a intracitoplasmatico e CD19 di superficie) del CD10 e delle immunoglobuline citoplasmatiche (cyig) e di membrana (sig) in 4 sottogruppi, LAL pro-b, LAL B common, LAL pre-b e LAL B mature (tabella 1). La LAL B common è il più frequente sottotipo di LAL B dell adulto (60%), la sopravvivenza è del 30-35% e può essere paragonata alla LAL pre-b, poiché non esistono differenze rilevanti. Rispetto ai bambini, gli adulti mostrano una più bassa incidenza di fattori prognostici favorevoli (iperdiploidia, presenza del trascritto TEL/AML- 1) ed una predominanza di fattori sfavorevoli (BCR-ABL+). Probabilmente negli adulti vi è una più alta resistenza alla terapia ed una sfavorevole farmacocinetica dei chemioterapici. La LAL pro-b, nota come LAL CALLA negativa o LAL pre pre B (CD10-, CD19+, cyigm-, sigm-, CD24+/-) è riscontrata nell 11% degli adulti e nel 25% dei bambini, ed è 11

12 associata ad una cattiva prognosi sia nei bambini, particolarmente in quelli con età inferiore ad 1 anno, che negli adulti. In questa tipologia di LAL si trova quasi esclusivamente la traslocazione t(4;11) ed un alta incidenza di coespressione degli antigeni mieloidi CD15, CDw65. La LAL B matura è caratterizzata da un alta frequenza di coinvolgimento d organo e del SNC e da alti livelli di LDH. Le cellule blastiche mostrano una morfologia di tipo L3, per questo è oggi considerata la variante leucemica del linfoma di Burkitt. Le LAL T costituiscono invece il 15-25% dei casi di LAL e sono classificati in 4 sottogruppi principalmente in relazione all espressione di antigeni (CD7 ed altri T associati) corrispondenti a stadi di maturazione differenti delle cellule T all interno del Timo; LAL T precoci, le LAL T corticali e le LAL T mature (tabella 2). Le LAL T sono caratterizzate da una predominanza del sesso maschile, dall insorgenza in soggetti di giovane età, dall elevato numero di globuli bianchi alla diagnosi, dalla presenza di masse mediastiniche e dal coinvolgimento del sistema nervoso centrale (SNC) con un alto grado di recidive cerebrali. I pazienti affetti da LAL T hanno spesso una grande massa tumorale e mostrano una rapida progressione della malattia sia alla diagnosi che alla recidiva, i cui fattori di rischio includono: un numero di globuli bianchi superiore a /µl, il raggiungimento tardivo della remissione completa dopo trattamento terapeutico (RC) ed il sottotipo immunologico. A prescindere dai fenotipi linea-specifici, le leucemie acute linfoblastiche possono variamente esprimere antigeni legati a stadi alti di immaturità, come il CD34 caratteristico del 70% dei casi di LAL, con un incidenza dell 80% nelle LAL-B e del 20-30% nelle LAL-T; la sua espressione è stata anche riscontrata in un alta proporzione di LAL Ph+. I vari sottotipi di LAL si differenziano per distinte caratteristiche chimiche e biologiche, con gradi di sopravvivenza che vanno dal 10% al 50% (Foà R et al, Hematology 2005). Tabella 1: Immunofenotipo caratteristico delle LAL B marker LAL pro-b LAL common-b LAL pre-b LAL B-mature CD19/22/79a CD /- cyig sig TdT

13 A partire dagli anni '80 la citogenetica e la biologia molecolare hanno contribuito ad identificare nelle leucemie un ulteriore livello di eterogeneità attraverso l'identificazione di riarrangiamenti cromosomici, alcuni dei quali non solo si associavano a particolari fenotipi, ma anche ad un decorso clinico più o meno aggressivo della malattia. Attualmente, tali riarrangiamenti si possono documentare in circa il 50-60% delle LAL e numerosi studi clinici dimostrano come essi costituiscano i più importanti markers prognostici utilizzabili per la valutazione dell'andamento clinico dei pazienti. I più comuni difetti cromosomici osservati nei blasti leucemici sono guadagni (gains) numerici o perdite (losses) di interi cromosomi e traslocazioni. L iperdiploidia è segnalata in quasi un terzo dei casi pediatrici e l iperdiploidia con cromosomi è associata ad un buona prognosi. La prognosi favorevole nella iperdiploidia sembra esser maggiormente correlata con i gains dei cromosomi 4, 10 e 17 (Tripla Trisomia) o dei cromosomi 4 e 10 (Doppia Trisomia). Di contro, l ipodiploidia con meno di 44 cromosomi nei blasti leucemici è legata ad una cattiva prognosi (Harrison C.J., Br J Haematol 2009). Tabella 2: Immunofenotipo caratteristico delle LAL T. Marker LAL pro-t LAL pre-t LAL T LAL T scd3- scd3+ LAL T mature TdT CD1a CD cycd CD CD4-/CD CD4+/CD8- - +/- +/- +/- + CD4-/CD8+ - +/- +/- +/- +/- CD4+/CD /- CD CD TCRαβ % 80% TCRγδ % 20% Tra i difetti cromosomici le alterazioni strutturali sono le più frequenti e sono rappresentate da eventi di traslocazione. La traslocazione cromosomica determina l'attivazione di un protoncogene e lo studio a livello dei punti di rottura sul cromosoma ha permesso di identificare due meccanismi patogenetici: 13

14 1. in seguito alla traslocazione il protoncogene è sottoposto al controllo di nuovi enhancer che aumentano la velocità di trascrizione dei geni da esso regolati; 2. la traslocazione cromosomica può determinare la formazione di un mrna di fusione che porta alla sintesi di una proteina chimerica dotata di nuove proprietà. La maggior parte di tali alterazioni ha un profondo effetto sui meccanismi di controllo dei processi di proliferazione, differenziamento, maturazione e sopravvivenza dei progenitori emopoietici midollari. Circa il 90% delle LAL in età pediatrica rivela anomalie cromosomiche clonali, il 50% di queste sono rappresentate da traslocazioni (Harrison CJ et al, Rev Clin Exp Hematol 2002). Le principali anomalie cromosomiche delle LAL sono: BCR/ABL t(9;22)(q34;q11), ALL1/AF4 t(4;11)(q21;q23), E2A/PBX1 t(1;19)(q23;p13), TEL/AML1 t(12;21)(p13;q22), c-myc/igh t(8;14)(q24;q32), SIL/TAL1 t(1;14)(p32;q11) (tabella 3). Tutte le leucemie con anomalie del cariotipo hanno una prognosi peggiore, in particolare quelle con la t(4;11) e con la t(9;22). L incidenza delle traslocazioni è diversa tra adulti e bambini. La t(9;22)(q34;q11) è la traslocazione più comune nelle LAL B common e nelle LAL pre-b, con un incidenza del 25-30% nelle leucemie acute linfoidi dell adulto e del 3-5% in quelle pediatriche. La conseguenza molecolare di questa traslocazione è la formazione di un gene ibrido BCR/ABL codificante per una proteina oncogenica di fusione con attività tirosin-chinasica costitutiva, in grado di attivare molteplici vie di trasduzione del segnale che influenzano la crescita, la sopravvivenza e le proprietà adesive dei progenitori linfoidi. Il gene c-abl, presente sul cromosoma 9, contiene 11 esoni e codifica per una proteina di 145 Kd (p145) appartenente alla famiglia delle tirosin-chinasi, enzimi in grado di catalizzare il trasferimento di un gruppo fosfato dall adenosin trifosfato (ATP) al residuo di serina o tirosina di proteine substrato. Il gene BCR, presente sul cromosoma 22, codifica per una proteina di 160 Kd (p160) associata ad attività serin-treonin-chinasica. L acquisizione della capacità trasformante da parte di c-abl può dipendere dal fatto che la sequenza del I esone BCR aumenta l attivazione della tirosin-chinasi quando viene fusa al II esone di ABL (Cimino G et al, Haematologica 2006). Il punto di rottura sul cromosoma 22 avviene all interno di un area detta zona bcr (breakpoint cluster region) comprendente 4 esoni chiamati b1, b2, b3 e b4, mentre il punto di rottura sul cromosoma 9 avviene in un area molto vasta che si trova al 5 del II esone di ABL. La maggior parte dei punti di rottura del bcr cadono in una zona detta major breakpoint cluster region (M-bcr) ed interessa gli esoni b2 e b3 con produzione 14

15 di una proteina di 210 Kd (p210), presente nel 50% dei casi di LAL Ph+. Nella restante metà dei casi, la rottura sul cromosoma 22 non cade all interno della M-bcr, ma cade più vicino al 5 del gene BCR, in una regione localizzata nel I introne e definita minor breakpoint cluster region (m-bcr). Questo porta alla formazione di un gene ibrido più corto che codifica per una proteina di 190 Kd (p190). Entrambe le proteine (p210 e p190) sono dotate di attività autocatalitica, poiché si autofosforilano in tirosina, questo è l evento critico per il controllo della proliferazione, della progressione attraverso il ciclo cellulare e dei processi di differenziazione cellulare. Alcuni studi attribuiscono alla p190 una maggiore attività trasformante dovuta ad una diversa configurazione spaziale tra le regioni biochimicamente rilevanti di BCR e ABL. Negli ultimi anni inoltre è stato individuato un nuovo punto di rottura che coinvolge gli esoni 19 e 20 (originariamente denominati c3 e c4) del gene BCR. Tale punto è localizzato distalmente al M-bcr ed è denominato µ-bcr. Il gene chimerico c3a2 derivante dalla giustapposizione dei geni e19 a2 BCRJABL, codifica per un proteina di 230 Kd (p230) che è stata riscontrata in alcuni pazienti affetti da Leucemia Mieloide Cronica Neutrofila, una rara malattia mieloproliferativa caratterizzata dalla presenza di un elevato numero di granulociti maturi. Il trascritto TEL/AML1 t(12;21)(p13;q22), è presente in meno dell 1% dei pazienti adulti e nel 20-30% dei casi pediatrici. La traslocazione determina la formazione di un prodotto chimerico che coinvolge il gene AML1, codificante per una proteina che si lega a specifiche sequenze del DNA regolando l espressione di altri geni quali il gene della mieloperossidasi, il gene del GM-CSF ed i geni della linea T, ed il gene TEL che codifica per un fattore di trascrizione (Hübuer J et al, Leukemia 2004). Il trascritto ALL1/AF4 t(4;11)(q21;q21;q23), è presente nel 5-7% sia degli adulti che dei pediatrici, esclusi i bambini con età inferiore ad 1 anno, dove è riscontrato nel 60% dei casi. Il gene ALL1, localizzato nella regione 11q23 del cromosoma 11, è costituito da 36 esoni distribuiti su un segmento di 100 kb e codifica per una proteina con una massa molecolare di 431 KDa. E un gene promiscuo che può fondersi con più di 30 partners differenti e le sue mutazioni non sono associate con una linea leucemica definita. Nelle traslocazioni dell 11q23 i punti di rottura sono localizzati in una regione di 8.5 Kb detta breakpoint cluster region (bcr), compresa tra gli esoni 5 ed 11 (Cimino G et al, Blood 2000). Tali traslocazioni portano alla formazione di prodotti costituiti dalla porzione N- terminale di ALL1 e da sequenze codificanti poste sui rispettivi geni partners. Nelle 15

16 t(4;11) e t(11;19) il gene ALL1 si riarrangia con il gene AF4 ed il gene ENL, posti rispettivamente sui cromosomi 4 e 19 e si ipotizza che il prodotto chimerico abbia la funzione di fattore di trascrizione. Altri geni sono coinvolti in traslocazioni con ALL1: AF1, AF6, AF10, AF9, AF17, AFX ELL. La traslocazione t(1;19)(q23;p13), genera un fattore di trascrizione derivato dalla fusione del gene E2A, localizzato nel punto di rottura sul cromosoma 19, codificante fattori che favoriscono il legame delle Ig, e PBX1, un gene homeobox posto sul braccio lungo del cromosoma 1 (Foà R et al, Br J Haematol 2003). Tale traslocazione si associa spesso ad età pediatrica, è presente nel 25% delle LAL pre-b e nel 1% delle LAL early pre-b; le forme associate con mutazioni di N-Ras ed inattivazione del gene TP53 presentano una prognosi più sfavorevole rispetto ai casi in cui non si osservano queste alterazioni. Una osservazione chiave è che più dei due terzi di casi pediatrici con LAL B presentano alterazioni genetiche che modificano il normale processo di maturazione linfoide (Mullighan C. Best Pract Res Clin Haematol 2011). Tabella 3: Principali traslocazioni presenti nelle LAL. Traslocazione Gene coinvolto Patologia t(9;22)(q34;q11) BCR/ABL LAL common-b e pre-b t(4;11)(q21;q23) ALL1/AF4 LAL pre-b t(8;14)(q24;q32) MYC/IgH LAL B t(12;21)(p13;q22) TEL/AML1 LAL B t(1;19)(q23;p13) E2A/PBX1 LAL pre-b t(10;14)(q24;q11) HOX11/TRD LAL T t(1;14)(p32;q11) SIL/TAL1 LAL T Lo sviluppo dei linfociti B dai precursori staminali midollari è regolato da numerosi fattori di trascrizione che inducono il commitment del lineage linfocitario, la repressione dei lineage alternativi, la maturazione linfocitaria. I geni targets sono PAX5 (paired box 5), IKZF1 (gene codificante per il fattore di trascrizione linfoide IKAROS), EBF1 (early-b factor 1) e LEF1 (lymphoid enhancer factor 1). Queste alterazioni genetiche si presentano generalmente in eterozigosi ed includono delezioni focali o ampie, mutazioni e traslocazioni. Quella più comune colpisce il gene PAX5 (circa il 30% dei casi) anche sottoforma di traslocazioni con altri geni come TEL, senza però incidere sulla prognosi. Le alterazioni di IKZF1 sono meno comuni, si presentano più 16

17 frequentemente come delezioni che mutazioni e sono associate a sottogruppi di bambini con LAL ad alto rischio di ricaduta (Mullighan C. Best Pract Res Clin Haematol 2011). Queste alterazioni possono direttamente influenzare il trascrittoma della cellula leucemica oppure possono essere associate ad alterazioni genetiche aggiuntive che inducono l attivazione di chinasi. Nel 50% dei casi pediatrici, sono stati riscontrati dei riarrangiamenti che alterano l espressione del gene CRLF2 (cytokine receptor like factor 2), il quale è localizzato nella regione pseudoautosomica 1 (PAR1) di Xp/Yp. Le alterazioni genetiche di questa banda includono l inserimento (juxtaposition) nel locus IgH (14q32), generando il trascritto IgH@-CRLF2 o la delezione focale di PAR1 che sovrappone gli elementi regolatori del gene del recettore purinergico P2RY8 a CRLF2, generando il trascritto chimerico P2RY8-CRLF2. I mediatori a valle (downstream) del segnale di CRLF2 non sono ancora ben caratterizzati ma probabilmente coinvolgono i geni della famiglia delle Janus Kinase; infatti recentemente, numerosi studi, hanno dimostrato come fino al 50% dei casi con CRLF2 riarrangiato presentano concomitanti mutazioni attivanti i geni JAK1 o JAK2 (Mullighan C. Best Pract Res Clin Haematol, 2011; Hertzberg L et al, Blood 2010) Queste forme sono potenzialmente sensibili ai farmaci inibitori di JAK, attualmente in studi preclinici. Nei pazienti affetti da LAL-T, le traslocazioni più ricorrenti interessano prevalentemente le regioni regolatorie dei geni codificanti per il T Cell Receptor, che mappano sul cromosoma 14 ed in un 30% di casi sono riscontrate alterazioni del gene TAL-1. In un numero ristretto di casi il locus tal-1, posto sul braccio corto del cromosoma 1, (1p32) è coinvolto in una traslocazione definita tal-t, con un locus TCR [t(1;14) o t(1;7)], mentre nella maggior parte dei casi è presente una delezione (tal-d) che determina la rottura della zona 5 di tal-1 e giustappone quest ultimo ad un altro gene, chiamato SIL, localizzato sempre sul cromosoma 1p, ma in posizione più centromerica rispetto a tal-1 (Nirmala K et al, Leukemia Res 2002). In entrambi i casi tal-1 è sottoposto al controllo di un nuovo promotore rappresentato da TCR o SIL. I pazienti che presentano tal-d o tal-t non differiscono significativamente dagli altri casi di LAL T in cui non sono evidenti alterazioni citogenetiche a livello del cromosoma 1p32. Soltanto poche aberrazioni cromosomiche e molecolari mostrano una chiara correlazione con la prognosi di LAL negli adulti. Queste includono la traslocazione t(4;11) e la traslocazione t(9;22). Un altra aberrazione con impatto prognostico 17

18 sfavorevole sembra essere l ipoploidia, mentre la traslocazione t(10;14), il 12p ed un alta iperploidia sembrano rappresentare fattori prognostici favorevoli. Le cellule leucemiche possono essere distinte dalla controparte normale inoltre, attraverso l'analisi del riarrangiamento dei geni che codificano per le immunoglobuline o il T Cell Receptor (Ig/TCR) (Vitale A et al, Cur Opinion in Oncol 2006). Durante l ontogenesi dei B e dei T linfociti, i geni Ig e TCR vengono assemblati mediante un processo di riarrangiamento somatico. I segmenti genici separati codificanti le regioni V, D, J vengono riuniti per formare un unico esone codificante la regione variabile. Lo studio di questi riarrangiamenti è divenuto il metodo più sensibile per valutare la clonalità di un espansione linfoide. Il riarrangiamento dei geni che codificano per la catena pesante delle Ig è stato riscontrato nel 90-95% di LAL B, mentre il riarrangiamento dei geni che codificano per il TCR è stato riscontrato nel 95% di LAL T e nel 50-70% di LAL B (Foroni L et al, Best Pract Res Clin Haematol 2002). Poiché tali ricombinazioni sono di origine clonale, l analisi della configurazione genica delle Ig e del TCR può essere usata per valutare la persistenza di cloni maligni i cui riarrangiamenti sono stati determinati al momento della diagnosi. La resistenza farmacologica può essere un importante fattore nel fallimento della terapia in caso di LAL. Nelle LAL del bambino è stata riscontrata una maggiore resistenza in soggetti iperdiploidi con età superiore ai 10 anni, rispetto a pazienti più giovani, mentre nelle LAL dell adulto, soprattutto nei casi BCR/ABL+, è stata riscontrata una resistenza ai farmaci cortisonici (prednisone) associata con un basso grado di remissione completa (66%vs 84%)(Foà R et al, Rew Cli Exp Hemat 2002). La presenza della MMR dopo terapia è un importante fattore prognostico che permette di stimare il rischio di recidiva nei singoli pazienti. Nonostante i significativi progressi ottenuti nella terapia delle LAL, soprattutto pediatriche, il 30% dei bambini e più della metà degli adulti presenta recidiva della malattia. Nella maggior parte dei casi alla diagnosi viene riscontrata la presenza di cloni multipli aventi alterazioni genetiche distinte, le quali possono influenzare in maniera decisiva la risposta al trattamento e quindi il rischio di recidiva. E' dimostrato che le due fasi della malattia (diagnosi e recidiva) condividono origini comuni clonali ancestrali, ma mostrano differenze nella natura delle alterazioni genetiche. In meno del 10% dei casi pediatrici alla recidiva viene identificato un clone completamente differente da ciò che è stato visto alla diagnosi (Mullighan C. Best Pract Res Clin Haematol 2011). La recidiva è quindi espressione della persistenza di un clone leucemico resistente 18

19 alla terapia convenzionale e di conseguenza il monitoraggio della MMR può contribuire alla comprensione della storia biologica della malattia stessa (Cazzaniga G et al, Rew Clin Exp Hemat 2003). Non è ancora noto per quanto tempo le cellule leucemiche persistano durante la fase di remissione della malattia. I criteri convenzionali per stabilire la remissione in pazienti affetti da LAL sono basati sull esame morfologico di campioni di sangue midollare ed i pazienti vengono considerati in completa remissione quando gli aspirati midollari contengono meno del 5% di blasti. I pazienti adulti con LAL che non vanno in remissione entro 4-5 settimane dall inizio della terapia hanno una cattiva prognosi. Dato che la scomparsa dei blasti è un importante fattore predittivo di sopravvivenza, la risposta alla terapia è oggi valutata precocemente, entro 2 settimane per gli adulti ed entro 7 giorni per i bambini (Foà R et al, Rew Cli Exp Hemat 2002). L approccio molecolare allo studio della MMR in pazienti affetti da LAL ha assunto un importanza rilevante, data anche la crescente rapidità ed il continuo affinamento delle tecniche di analisi. Tale strategia consente di dimostrare una remissione molecolare precoce in risposta alla terapia, fondamentale per valutare la prognosi e la sopravvivenza dei pazienti, potendoli stratificare in funzione del rischio relativo di ricaduta. 19

20 La ricombinazione genica I geni delle immunoglobuline sono presenti in configurazione germinale in tutte le cellule di un organismo, ma solo i linfociti B esprimono questi geni in forma funzionalmente riarrangiata capace, durante lo sviluppo, di dare origine a proteine funzionali. In un linfocita B in via di maturazione, la prima ricombinazione si verifica nel locus della catena pesante (heavy chain, H) μ e porta al congiungimento di uno dei segmenti D con uno dei segmenti JH, accompagnato dall eliminazione del tratto di DNA interposto. Successivamente alla ricombinazione DJH, uno dei segmenti VH in posizione 5 rispetto al complesso DJH, riarrangia dando origine ad un unità codificante VHDJH. In questa fase, tutti i segmenti in posizione 5 rispetto al segmento D riarrangiato vengono eliminati, come tutti i segmenti VH a valle (Jung D et al, Annu Rev Immunol 2006). I geni della regione C (regione costante) rimangono separati dal complesso VH DJH da un introne: in questo modo il gene riarrangiato a partire dall estremità 5 sarà costituito da un esone leader, una sequenza promotrice, un introne, un segmento VH DJH, un altro introne e diversi segmenti C. Terminato il riarrangiamento l RNA polimerasi si lega al promotore e inizia a trascrivere il gene: il trascritto di RNA primario viene sottoposto ad un processo di poliadenilazione differenziale, splicing delle sequenze introniche e la formazione di RNA messaggero, il quale esce dal nucleo, si lega ai ribosomi e viene tradotto in proteina. Nella catena pesante inizialmente vengono trascritti sia il segmento genico Cμ che il segmento Cδ, la processazione seguente porta la formazione di un messaggero contenente il trascritto Cμ o Cδ. La proteina prodotta dal gene riarrangiato su uno dei due cromosomi inibisce irreversibilmente il riarrangiamento nell altro cromosoma, secondo il meccanismo dell esclusione allelica (Daly J et al, EMBOJ 2007). Questo meccanismo assicura che i linfociti B funzionali non contengano mai più di un unità VH-D-JH e una unità VL-JL. I prodotti proteici di un riarrangiamento funzionale danno un segnale di feedback negativo che previene il riarrangiamento sul secondo allele. L espressione della forma transmembrana, ma non della forma secreta della catena µ porta al silenziamento dell altro allele della catena pesante ed innesca il riarrangiamento dei geni della catena leggera k. La ricombinazione VH DJH, nel locus della catena pesante delle immunoglobuline si verifica solo nei precursori B linfocitari e rappresenta una tappa critica nell espressione delle Ig, poiché solo il gene V riarrangiato verrà successivamente trascritto. Quando la cellula ha completato il riarrangiamento della catena pesante è classificata come cellula pre-b. La maturazione 20

21 da cellula pre-b a linfocita maturo richiede il riarrangiamento produttivo della catena leggera k o λ, con meccanismi sostanzialmente analoghi a quelli della catena pesante. L espressione della catena k sul BCR dà un segnale di silenziamento ed esclusione allelica del secondo allele della catena leggera (Langerak AW. Crit Rev Immunol 2006). Se il riarrangiamento k non è produttivo su entrambi gli alleli inizia il riarrangiamento dei geni della catena λ. Se anche questo non è produttivo, il linfocita B interrompe la maturazione e muore per apoptosi. Dato che dal riarrangiamento dei geni della regione variabile vengono prodotti due diversi RNA messaggero per le catene pesanti, l ulteriore maturazione del linfocita B porta alla coespressione in membrana di IgD e IgM dotate della stessa specificità antigenica, che caratterizza i linfociti B maturi. Gli stadi successivi della maturazione del linfocita B sono sotto il controllo dell antigene e nel corso di tale processo maturativo una cellula B può iniziare ad esprimere sulla membrana e secernere IgG, IgA, IgE al posto delle IgM e IgD (figura 1). Figura 1: Eventi di ricombinazione e trascrizionali per la produzione di una catena pesante completa IgH. Fonte: Jayanta Chaudhuri & Frederick W. Alt. Class-switch recombination: interplay of transcription, DNA deamination and DNA repair. Nature Reviews Immunology July 2004;4, Per ogni singola cellula B ognuna di queste classi di immunoglobuline ha una diversa regione costante nelle catene pesanti, ma presenta le stesse regioni variabili, quelle 21

22 cioè formate nella cellula precursore e che hanno costituito il sito combinatorio dell antigene. Poiché ogni catena pesante conferisce ad un anticorpo una differente funzione effettrice, la stessa regione variabile può essere coinvolta in differenti tipi di reazioni immunitarie, ma sempre specifiche per quel determinato antigene. Questo fenomeno, detto cambio di classe (switch isotipico), dipende dal coinvolgimento di brevi sequenze di DNA, regioni di switch, localizzate in posizione 5 rispetto ad ogni segmento CH, per cui il DNA viene riarrangiato avvicinando il gene codificante una determinata regione costante al segmento riarrangiato VHDJH. Il clivaggio della ricombinazione V(D)J viene iniziato da due ricombinasi denominate rispettivamente RAG1 e RAG2, enzimi in grado di riconoscere sequenze segnale di ricombinazione specifiche (RSS), localizzate a valle dei segmenti V, ad entrambi i lati dei segmenti D ed a monte dei segmenti J (figura 2) (Sen R et al, Curr Opin Immunol 2006). Figura 2: Schema rappresentativo delle ricombinasi RAG1 e RAG2. Fonte: David G. Schatz & Yanhong Ji. Recombination centres and the orchestration of V(D)J recombination. Nature Reviews Immunology April 2011;11, Ogni RSS contiene un eptamero palindromico conservato e un nonamero conservato ricco in A-T, separati da una sequenza spaziatrice di 12 o 23 paia di basi che corrispondono rispettivamente ad uno o a due giri dell elica del DNA, per questa ragione vengono chiamate sequenze segnale di ricombinazione a un giro oppure sequenze segnale a due giri. Le sequenze segnale con spaziatori a un giro possono unirsi solamente con sequenze segnale con spaziatori a due giri. Nel DNA della catena 22

23 pesante le sequenze segnale dei segmenti VH e JH possiedono spaziatori a due giri, mentre le RSS fiancheggianti i segmenti DH hanno spaziatori a un giro; nel DNA della catena leggera k la sequenza segnale dei segmenti V ha uno spaziatore a un giro, mentre quella dei segmenti J è a due giri, nel DNA della catena λ invece accade il contrario, le RSS di V hanno uno spaziatore a due giri, mentre quelle di J sono a un giro. Questa regola assicura il riarrangiamento VDJ o VJ nell ordine corretto, evitando la giunzione tra segmenti dello stesso tipo. Successivamente al riconoscimento si ha l avvicinamento delle sequenze RSS con le sequenze codificanti e la formazione di un ansa di DNA intercalato che viene tagliata a livello giunzionale da RAG1 e RAG2, con la formazione di sequenze nucleotidiche palindromiche (nucleotidi P) (Jackson KJ et al, BMC Immunol 2004). La giunzione tra le sequenze codificanti è spesso imprecisa, nonostante l esatto riconoscimento delle sequenze segnale, questa flessibilità porta alla formazione di numerosi riarrangiamenti non produttivi, ma anche di numerose combinazioni produttive che codificano per diversi amminoacidi a livello di ciascuna giunzione, contribuendo alla diversità anticorpale. Può inoltre avvenire l aggiunta di nucleotidi, detti nucleotidi N, alle estremità libere delle sequenze codificanti VDJ da parte dell enzima desossiribonucleotidiltransferasi (TdT). L unione delle sequenze codificanti e delle RSS viene catalizzata da enzimi del normale processo di riparazione del DNA. Dopo una ricombinazione delle catene leggere e successiva espressione insieme con le catene pesanti in superficie per formare il BCR, i geni RAG-1 e RAG-2 sono nuovamente down-modulati. Possono comunque essere riattivati quando il recettore è autoreattivo in risposta ad autoantigeni. Questo porta ad una nuova espressione delle proteine RAG e ad una ricombinazione sulla catena leggera k per eliminare la self-reattività (recupero del recettore). In questo modo le cellule esprimeranno una IgM di membrana modificata con una catena leggera diversa e non avranno autoreattività. I meccanismi con cui il DNA in configurazione germinale del TCR nei linfociti T viene riarrangiato per formare geni funzionali sono simili a quelli coinvolti nel riarrangiamento dei geni delle Ig: sono state identificate le sequenze segnale di riconoscimento, separate da sequenze spaziatrici che fiancheggiano ciascun segmento V, D e J simili a quelle dei linfociti B. Tutti i riarrangiamenti dei geni del TCR seguono la regola di giunzione osservata per i 23

24 geni delle immunoglobuline: le cellule pre-t esprimono i geni attivanti la ricombinazione (RAG-1/2) che riconoscono le sequenze segnale eptameriche e nonameriche catalizzando le giunzioni V-D-J con gli stessi meccanismi osservati nei geni delle immunoglobuline. Sebbene i linfociti B e T utilizzino meccanismi simili per i riarrangiamenti genici delle regioni variabili, i geni delle Ig non vengono normalmente riarrangiati nei linfociti T e i geni del TCR non vengono riarrangiati nei linfociti B. Probabilmente il sistema delle ricombinasi è regolato in modo che, in ogni tipo cellulare, si verifichi solo il riarrangiamento del DNA che codifica il recettore corretto. Il riarrangiamneto VDJ avviene nel caso della catena pesante delle immunoglobuline (IgH), del TCR β e del TCR δ, il riarrangiamento diretto dei segmenti V-J avviene per la catena leggera delle immunoglobuline (IgK e IgL), per il TCR α e per il TCR γ. Le diverse combinazioni VDJ rappresentano il repertorio genico di ricombinazione che è stimato essere 2x10 6 molecole per le immunoglobuline, 3x10 6 molecole per il TCRαβ e 5x10 3 per il TCRγδ. La grande diversità anticorpale è data dalla giunzione combinatoria VDJ, dalla flessibilità giunzionale, dall inserzione random di nucleotidi P ed N dando origine a regioni altamente diversificate che contribuiscono ad un repertorio totale delle molecole delle Ig e del TCR superiore a (Van Dongen JJM et al, Leukemia 2003). I linfociti B inoltre estendono il loro repertorio immunoglobulinico sul riconoscimento dell antigene nei centri germinativi attraverso l ipermutazione somatica, un processo che porta alla maturazione dell affinità degli anticorpi prodotti in risposta ad un antigene proteico (Inlay MA et al, J Immunol 2006). Questo processo avviene nei centri germinativi dei follicoli linfoidi ed è il risultato dell ipermutazione somatica dei geni delle Ig nelle cellule B in divisione, seguita dalla selezione dei linfociti B ad alta affinità da parte dell antigene presentato dalle cellule dendritiche follicolari. Anche se il processo di ipermutazione produce mutazioni nell intera regione variabile, la maggior parte delle mutazioni cade nei CDR e questo riflette il ruolo dell antigene nella selezione dei linfociti B con recettori ad affinità più elevata nel corso della maturazione. 24

25 I riarrangiamenti del B Cell Receptor La catena pesante H Il locus della catena pesante delle immunoglobuline (IgH) è localizzato sul cromosoma 14q32.3, in un area ricoprente approssimativamente 1250 kb. Sono stati identificati complessivamente segmenti VH che possono essere raggruppati secondo la loro omologia in 6-7 sottogruppi VH. In aggiunta, sono stati descritti 30 segmenti genici VH non funzionali, ai quali vanno inseriti 27 DH funzionali e 6 JH (figura 3). I segmenti genici VH più frequentemente utilizzati dalle cellule B normali e patologiche appartengono alla famiglia VH3 (30-50%), VH4 (20-30%) e VH1 (10-20%), ricoprendo così il 75-95% di tutto il repertorio VH usato (Camacho FI et al, Blood 2003). Nelle LAL pre-b sono usati in maniera relativamente frequente anche i segmenti del VH6. I segmenti genici VH sono composti da 3 regioni cerniera (Framework region, FR) e 2 regioni determinanti la complementarietà (Complementary determin region, CDRs). Gli FRs sono caratterizzati dalla loro similarità tra le varie famiglie VH, mentre i CDRs sono molto diversi all interno della stessa famiglia VH; i CDRs rappresentano le sequenze target preferite per le ipermutazioni somatiche nel corso della reazione del centro germinale, processo che ne aumenta la variabilità. Gli FRs sono meno toccati da tali mutazioni, possono essere ritrovate sostituzioni nucleotidiche, specialmente nei linfociti B, solo sotto un forte evento mutazionale. Basandosi sull omologia di sequenza i 27 segmenti DH possono essere raggruppati in 7 famiglie, tutte le famiglie comprendono almeno 4 membri, tranne la VII che consiste di un solo segmento posto a monte della regione JH (DH7-27). La ricombinazione tra i segmenti DH e JH risulterà nella formazione di giunzioni incomplete DH-JH, che possono essere facilmente messe in evidenza in cellule pre-b CD10+/CD19+ derivate dal midollo e quindi in un subset (20-25%) di LAL pre-b che mostrano un genotipo immaturo (Van Dongen JJM et al, Leukemia 2003). E stata messa in evidenza una maggior frequenza di espressione dei segmenti DH2, DH3, DH7-27 comprendendo rispettivamente il 36%, il 33% ed il 19% di tutti i segmenti identificati. Tuttavia possono essere riscontrati riarrangiamenti incompleti DH-JH anche nelle 25

26 patologie a cellule B mature (Ghia P et al, J Exp Med 1996). I riarrangiamenti incompleti DH-JH sono anche presenti in altri tipi di leucemie e linfomi a cellule B, inoltre sono stati identificati riarrangiamenti cross-lineage in patologie a cellule T immature (LAL T immature TCRαβ-) e coinvolgono i segmenti DH6-19 e DH7-27 più a valle. Figura 3: Diagramma schematico del complesso genico IgH. Fonte: JJM van Dongen, AW Langerak, M Bruggemann et al. Design and standardization of PCR primers and protocols for detection of clonal immunoglobulin and T-cell receptor gene recombinations in supect lymphoproliferations: Report of the BIOMED-2 Concerted Action BMH4-CT Leukemia 2003; 17: L ultimo segmento (DH7-27) è usato frequentemente nelle cellule B fetali, ma raramente nelle B adulte. Le cellule B mature e i precursori usano preferibilmente i segmenti DH2 e DH3. I riarrangiamenti DH-JH possono rappresentare un importante target per l analisi di clonalità basata sulla PCR (Polymerase Chain Reaction), poichè i riarrangiamenti incompleti nel locus IgH non contengono ipermutazioni somatiche, dato che la trascrizione che ha inizio dai promotori nei segmenti V non può avvenire: questo è il requisito essenziale affinché le ipermutazioni somatiche avvengano. 26

27 La catena leggera K Il locus della catena leggera Igk posizionato sul cromosoma 2p11.2, contiene molti segmenti genici distinti Vk, raggruppati in 7 famiglie Vk, oltre a 5 segmenti genici Jk a monte della regione Ck. Le Vk1, Vk2 e Vk3 sono famiglie multi membri includenti sia i segmenti genici funzionali che gli pseudogeni, mentre la altre famiglie (Vk4, Vk5, Vk7) contengono un singolo segmento o pochi segmenti (Vk6). Tutti i segmenti genici Vk sono suddivisi in due grandi cluster, uno posto immediatamente a monte e nello stesso verso dei segmenti Jk, l altro posto in maniera più distanziata ed in senso inverso, rispettivamente definiti prossimale e distale. L ultimo cluster costituisce i riarrangiamenti così detti invertiti, che sono richiesti per formare le giunzioni Vk-Jk coinvolgenti i geni Vk del cluster distale. In aggiunta ai segmenti Vk e Jk, ci sono altri elementi nel Igk locus che possono essere coinvolti nella ricombinazione. Il Kde, approssimativamente 24 Kb a valle della regione Jk-Ck, può riarrangiare ai segmenti Vk (Vk-Kde), ma anche ad un introne nella regione Jk-Ck (IRSS-Kde)(figura 4). Entrambi i tipi di riarrangiamento portano all inattivazione dell allele Igk, attraverso la delezione dell esone Ck (IRSS-Kde) oppure dell intera area Jk-Ck (Vk-Kde)(Beishuizen A et al, Leukemia 1994). Dato che la ricombinazione Igk inizia nelle cellule pre B del midollo osseo, i riarrangiamenti Igk possono anche essere evidenziati nelle LAL pre-b (40-60% dei casi) e coinvolgono il Kde per il 35-50%. Nelle LAL pre-b dei bambini, la ricombinazione Vk-Kde predomina sull IRSS-Kde, mentre nelle LAL degli adulti le delezioni riguardano esclusivamente Vk-Kde (Van der Velden VHJ et al, Leukemia 2002). Nelle leucemie croniche a cellule B, i riarrangiamenti Igk sono più frequenti, essendo evidenziabili in tutti i casi Igk+ e λ+. Per definizione i riarrangiamenti funzionali Vk-Jk sono riscontrati su almeno un allele nelle leucemie B-cell k+, il secondo allele non codificante è in configurazione germinale (circa 50% dei casi), contiene un riarrangiamento Vk-Jk fuori marker di lettura (20%) oppure è inattivato dal riarrangiamento del Kde (circa 30% dei casi). I riarrangiamenti Kde (virtualmente) si trovano in tutte le leucemie B-cell λ+ (85% degli alleli), con una predominanza di ricombinazione dell IRSS-Kde su Vk-Kde. 27

28 Questo implica che tutte le leucemie λ+ contengono un riarrangiamento Kde, mentre riarrangiamenti Vk-Jk potenzialmente funzionali, sono rari. Diversi studi hanno mostrato che l uso del segmento genico Vk è identico tra diverse popolazioni di cellule B normali e patologiche e questo ampiamente riflette il numero di segmenti genici disponibili in ogni famiglia. In entrambi i riarrangiamenti Vk-Jk o Vk-Kde, i segmenti genici delle prime quattro famiglie predominano. Figura 4: Diagramma schematico del complesso genico IgK. Fonte: JJM van Dongen, AW Langerak, M Bruggemann et al. Design and standardization of PCR primers and protocols for detection of clonal immunoglobulin and T-cell receptor gene recombinations in supect lymphoproliferations: Report of the BIOMED-2 Concerted Action BMH4-CT Leukemia 2003; 17: L uso del gene Vk2 sembra essere più elevato nelle LAL pre B rispetto alle linfoproliferazioni B più mature o anche alle cellule B normali. Il cluster distale ed invertito Vk è raramente usato nei riarrangiamenti Vk-Jk, mentre i segmenti pseudogenici Vk non sono mai coinvolti, anche nei casi λ+. Poco si sa sull uso del segmento genico Jk, è stato messo in evidenza che i segmenti Jk più usati sono Jk1, Jk2 e Jk4 (van der Burg M et al, Blood 2001). I riarrangiamenti Vk-Jk possono essere importanti target di PCR per quei tipi di proliferazioni B in cui le ipermutazioni somatiche possono ostacolare l amplificazione del 28

29 target VH-JH. Le ricombinazioni coinvolgenti il Kde sono però probabilmente più rilevanti, dato che la delezione delle sequenze coinvolte nell introne risulta nella rimozione dell attivatore delle Igk, che è ritenuto essere essenziale affinché il processo di ipermutazione somatica avvenga. La catena leggera λ I riarrangiamenti genici IGλ sono presenti nel 5-10% dei tumori a cellule B IgK+ ed in tutte le malignità Igλ+. Il locus IGλ è posizionato sul cromosoma 22q11.2, contiene geni Vλ, tra cui sono funzionali (Figura 5). Sulla base dell' omologia di sequenza, i geni Vλ possono essere raggruppati in 11 famiglie (10 contenenti segmenti genici funzionali Vλ) e tre clan. I membri della stessa famiglia tendono ad essere raggruppati sul cromosoma. I geni Jλ e Cλ sono organizzati in tandem con un segmento Jλ che precede un gene Cλ. Ci sono sette segmenti genici J-Cλ, di cui J-Cλ1, J-Cλ2, J-Cλ3, e J-Cλ7 sono funzionali e codificano i quattro isotipi IGλ. Esiste tuttavia un variazione polimorfica del numero di segmenti genici J-Cλ, poiché alcuni individui possono trasportare fino a 11 di loro su un allele, a causa di un'amplificazione della regione Cλ2-Cλ3 (van der Burg M et al, J Immunol 2002). Figura 5: Diagramma schematico del complesso genico Igλ. Fonte: JJM van Dongen, AW Langerak, M Bruggemann et al. Design and standardization of PCR primers and protocols for detection of clonal immunoglobulin and T-cell receptor gene recombinations in supect lymphoproliferations: Report of the BIOMED-2 Concerted Action BMH4-CT Leukemia 2003; 17:

30 Diversi studi hanno dimostrato che il repertorio genico IGλ di cellule B normali e maligne è condizionato (Tu mkaya T et al. Leukemia 2001). Oltre il 90 % dei geni Vλ utilizzati dalle cellule B normali appartengono alle famiglie Vλ1, Vλ2 e Vλ3, comprendenti il 60% dei geni funzionali. Inoltre, tre geni (2-14, 1-40 e 2-8) rappresentano circa la metà del repertorio espresso. Mentre le cellule B normali usano i segmenti genici J-Cλ1, J-Cλ2, e J-Cλ3 in proporzioni più o meno equivalenti, le cellule B neoplastiche tendono ad utilizzare prevalentemente i segmenti genici J-Cλ2 e J Cλ3. Sia nelle cellule B normali che maligne, il segmento J-Cλ7 è usato molto raramente (1%). Contrariamente a quanto avviene nel topo, nei riarrangiamenti IGλ umani vi è una certa diversità giunzionale a causa dell' attività esonucleasica e dell'aggiunta di nucleotidi N nei riarrangiamenti.(farner NL et al, J Immunol 1999; Ignatovich O et al, J Mol Biol 1999). Questa diversità giunzionale è tuttavia molto meno estesa di quella del locus IGH, ed un numero di riarrangiamenti derivano direttamente dall'accoppiamento dei segmenti genici Vλ e Jλ della linea germinale. Il locus IGλ potrebbe rappresentare una complementare alternativa al locus IGH per gli studi di clonalità sulle cellule B. 30

31 I riarrangiamenti genici del T Cell Receptor (TCR) La catena γ I riarrangiamenti del TCRγ sono stati usati a lungo per la valutazione molecolare della clonalità linfoide e rappresentano il prototipo di un repertorio ristretto di target molecolare. Il TCRγ è un target preferenziale per l analisi di clonalità, poiché è riarrangiato ad uno stadio precoce dello sviluppo linfoide T, probabilmente appena dopo il TCRδ, in entrambi i precursori TCRαβ e TCRγδ. La catena gamma è riarrangiata in più del 90% delle LAL T, nelle leucemie LGL (Large Granular Lymphocyte) e nelle T-PLL (Leucemie Prolinfocitiche a cellule T), nel 50-75% di T-NHL (Linfomi non Hodking a cellule T) periferici e nelle micosi fungoide, ma non nelle proliferazioni NK, è anche riarrangiata nella maggior parte di LAL-B, ma molto meno nei B-NHL (Linfomi non Hodking a cellule B)(Szczepanski T et al, Leukemia 1998; Szczepanski T et al, Leukemia 1999). Il TCRγ contiene un limitato numero di segmenti Vγ e Jγ. Il locus umano del TCRγ è situato sul cromosoma 7p14 e contiene 14 segmenti Vγ, per 10 di questi è stato dimostrato il riarrangiamento. Il repertorio Vγ espresso include solo sei geni Vγ (Vγ2, Vγ3, Vγ4, Vγ5, Vγ8 e Vγ9), ma il riarrangiamento avviene anche con i segmenti Vγ7, Vγ10 e Vγ11. Il riarrangiamento di VγB (anche conosciuto come Vγ12) è così eccezionale che raramente è usato nella diagnostica molecolare. I segmenti Vγ riarrangianti possono essere suddivisi in quelli appartenenti alla famiglia VγI (Vγ2, Vγ3, Vγ4, Vγ5, Vγ7 e Vγ8, con un omologia >90% ed ancora più elevata tra Vγ2 e Vγ4 e tra Vγ3 e Vγ5) e nei singoli membri Vγ9, Vγ10 e Vγ11 1. Il locus del TCRγ contiene 5 segmenti Jγ: Jγ1.1 (JP1), Jγ1.2 (JP), Jγ1.3 (Jγ1), Jγ2.1 (JP2) e Jγ2.3 (Jγ2) di cui Jγ1.3 e Jγ2.3 sono altamente omologhi, come Jγ1.1 e Jγ2.1 (figura 6). Il locus TCRγ non contiene segmenti D e dimostra addizioni di nucleotidi relativamente 1 -Il segmento Vγ4 è circa 40bp più lungo degli altri membri della VγI ed i riarrangiamenti Vγ4 sono relativamente comuni in entrambe le cellule linfoidi fisiologiche e patologiche. -E stata descritta una delezione interstiziale di circa 170 bp all estremità 3 del segmento Vγ2 in diversi casi di LAL T e questa rappresenta approssimativamente il 5% dei riarrangiamenti. 31

32 limitate (Griesinger F et al, J Clin Imvest 1989). La lunghezza giunzionale V-J del TCRγ varia da bp, paragonata approssimativamente a 60 bp per le IgH e il TCRδ completo. La capacità di distinguere i riarrangiamenti clonali da quelli policlonali dipende dalla complessità del repertorio policlonale. Mentre lo stretto repertorio in configurazione germinale del TCRγ facilita l amplificazione molecolare, la limitata diversità giunzionale dei riarrangiamenti complica la distinzione tra i prodotti di PCR clonali e policlonali (Kode J et al, Leuk Lymphoma 2004). In generale, le popolazioni clonali minori che usano i riarrangiamenti più frequenti come VγI-Jγ1.3/2.3 sono a rischio di essere persi tra il repertorio policlonale, mentre le combinazioni rare possono essere messe in evidenza con una sensibilità maggiore. Tuttavia è possibile che linfociti T policlonali occasionali dimostranti rari riarrangiamenti Vγ-Jγ possono essere scambiati per un riarrangiamento clonale, a causa dell assenza di un background policlonale per quel tipo di riarrangiamento. Un ulteriore possibile sorgente di popolazioni clonali minori risultano dalla presenza di linfociti T esprimenti TCRγδ+ che dimostrano riarrangiamenti canonici TCRγ, ma non dimostrano l addizione di nucleotidi N. Figura 6: Diagramma schematico del complesso genico TCRγ sulla banda cromosomica 7p14. Fonte: JJM van Dongen, AW Langerak, M Bruggemann et all. Design and standardization of PCR primers and protocols for detection of clonal immunoglobulin and T-cell receptor gene recombinations in supect lymphoproliferations: Report of the BIOMED-2 Concerted Action BMH4-CT Leukemia , Il riarrangiamento TCRγ canonico umano più comunemente riconosciuto coinvolge i segmenti Vγ9-Jγ1.2 ed avviene nell 1% di linfociti T del sangue. 32

33 Risulta quindi estremamente importante analizzare i prodotti molecolari del TCRγ usando tecniche elettroforetiche ad alta risoluzione o usando criteri di separazione degli stessi prodotti che vanno al di là del peso molecolare, per ridurre il rischio di risultati falsi positivi. E anche importante conoscere il profilo dei riarrangiamenti canonici e le situazioni in cui loro più comunemente avvengono; i Vγ9-Jγ1.2 si trovano principalmente nel sangue periferico ed aumentano la frequenza con l età, poiché vi è l accumulo di linfociti T TCR γδ+. Diversamente dal TCRδ il gamma non è deleto nelle cellule αβ+, dal momento che questo tipo di riarrangiamento avviene in entrambi i precursori αβ e γδ, la sua identificazione non può essere usata per la determinazione del tipo di linea cellulare. La catena α/δ I geni della catena α/δ del TCR si trovano in un unico complesso locus genico localizzato sul cromosoma 14. I geni della catena δ sono assemblati nei timociti CD4CD8 doppi negativi, mentre quelli della catena α nei timociti CD4CD8 doppi positivi, questo probabilmente dovuto in parte all'attività specifica dei rispettivi enhancer (Eδ e Eα) durante le fasi di maturazione della cellula T (Krangel M. S.et al, Immunol Rev 1998). Il repertorio genico della catena α contiene 80 segmenti genici V, 61 segmenti genici J ed 1 segmento genico C, mentre i segmenti genici D sono assenti. Tra i segmenti genici V e J della catena α è localizzato il locus della catena δ, più precisamente sulla banda 14q11.2, costituito da un numero limitato di segmenti; 8 elementi V, 4 elementi J, 3 elementi D. Almeno 5 degli 8 segmenti genici V possono riarrangiare con I segmenti Jα ed alcuni segmenti Vα possono in rari casi riarrangiare con la catena δ. II riarrangiamento di Vα con i segmenti genici di Jα causa la delezione dell intero locus intermedio del TCRδ (figura 7). Il TCRδ V101S1 (Vδ1), il TCRδ V102S1 (Vδ2) ed il TCRAD V17S1 (Vδ3) sono usati esclusivamente nei riarrangiamenti del TCRδ, mentre il TCRαδ V6S1 (Vδ4), il TCRαδ V21S1 (Vδ5) ed il TCRαδ V17S1 (Vδ6) possono essere usati sia nella catena delta che nella catena alpha del TCR Il TCRαδ V28S1 (Vδ7) ed il TCRαδ V14S1 (Vδ8) sono usati raramente nei riarrangiamenti del δ (Verschuren MC et al, Immunology 1998). 33

34 Il repertorio in configurazione germinale delle cellule T γδ+ è piccolo paragonato a quello di cellule T αβ+ e l intero repertorio di ricombinazione è più limitato dato il riarrangiamento preferenziale nel sangue periferico e nel timocita di cellule Tγδ+. Alla nascita il repertorio di cellule T γδ+ presenti nel sangue di cordone ombelicale è ampio, con nessuna restrizione apparente o preferenziale di particolari combinazioni Vγ/Vδ. Durante l infanzia tale repertorio nel sangue periferico è formato così che negli adulti predominano cellule portanti il riarrangiamento Vγ9/Vδ2. I repertori Vδ1 e Vδ2 diventano ristretti con l età portando all insorgenza di cellule Vδ1+ e Vδ2+ oligoclonali nell intestino. Le cellule T γδ+ sono distribuite attraverso i tessuti linfoidi umani, con una maggiore espressione di particolari segmenti Vδ in alcune localizzazioni anatomiche umane. Molte cellule T γδ+ intraepiteliali presenti nell intestino tenue e nel colon esprimono Vδ1. Similarmente Vδ1 è espresso anche da cellule spleniche normali, mentre cellule T γδ+ della pelle esprimono Vδ2. Tuttavia il piccolo numero di segmenti genici VDJ adatti per la ricombinazione limita la potenziale diversità di ricombinazione, il CDR3 o la diversità giunzionale è estesa data l aggiunta di regioni N, regioni P e delezioni casuali mediate dalle ricombinasi. Il locus del TCRδ è il primo di tutti i loci del TCR a riarrangiare durante l ontogenesi della cellula T. Il primo evento è un riarrangiamento Dδ2-Dδ3, seguito da un Vδ2-(Dδ1-Dδ2)-Dδ3 per ottenere alla fine un riarrangiamento Vδ-Dδ-Jδ. Riarrangiamenti immaturi (Vδ2-Dδ3 o Dδ2-Dδ3) si trovano nel 70% di LAL pre B, mentre c è una predominanza di riarrangiamenti maturi comprendenti sia la forma incompleta Dδ2-Jδ1 che completa Vδ1, Vδ2, Vδ3-Jδ1 riscontrati nelle LAL T(Schneider M et al, Br J Haematol 1997). Le LAL T γδ+ formano un gruppo di LAL relativamente piccolo (10-15% di LAL T) e costituiscono un 2% di tutte le LAL. I riarrangiamenti Vδ1-Jδ1 predominano nelle LAL T γδ+; il Vδ1 non è mai stato trovato riarrangiare con un altro segmento Jδ che non sia Jδ1. Le catene Vδ1-Jδ1-Cδ1 sono quasi sempre legate alle famiglie VγI e VγII ricombinate a Jγ2.3-Cγ2. L uso di questo gene correla con l origine timica immatura di queste cellule leucemiche. Molti linfomi a cellule T esprimono TCRαβ, mentre una minoranza esprime TCRγδ e 34

35 comprende diverse entità distinte. I linfomi periferici che esprimono TCRγδ comprendono l 8-13% di tutti i linfomi T periferici e sono stati documentati riarrangianti Vδ1-Jδ oltre ad altri riarrangiamenti di Vδ a Jδ1. Figura 7: Diagramma schematico del complesso genico del TCRα/δ. Fonte: JJM van Dongen, AW Langerak, M Bruggemann et al. Design and standardization of PCR primers and protocols for detection of clonal immunoglobulin and T-cell receptor gene recombinations in supect lymphoproliferations: Report of the BIOMED-2 Concerted Action BMH4-CT Leukemia 2003; 17: Il linfoma epatoslpenico a cellule T γδ+ è derivato da cellule T TCRγδ+ spleniche che normalmente esprimono Vδ1. Si tratta di un entità non comune che esibisce caratteristiche clinico-patologiche distinte. Il linfoma cutaneo a cellule T TCRγδ+ esprime Vδ2 e sembra perciò rappresentare un espansione clonale di cellule T γδ+ che normalmente risiedono nella pelle. Altre proliferazioni clonali γδ includono proliferazioni LGL γδ+ CD3+ che comprendono circa il 5% di tutte le LGL CD3+ e spesso mostrano riarrangiamenti Vδ1-Jδ1. La catena β I riarrangiamenti genici del TCRβ si verificano non solo in quasi tutti i tumori maligni delle cellule T mature, ma anche in circa l'80% delle LAL T CD3- ed il 95 % delle LAL T CD3+(Langerak AW et al, Leukemia 1999). I riarrangiamenti del TCRβ non sono ristretti alle malignità di linea T, poichè circa un terzo delle LAL pre-b portano riarrangiamenti del TCRβ (Szczepanski T et al, Leukemia 1999). La loro frequenza è molto più bassa nelle proliferazioni a cellule B mature (0-7%) (van Dongen JJM et al, Clin Chim Acta 1991). 35

36 Il locus umano del TCRβ è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 7, a banda 7q34 e si estende su una regione di 685 kb. In contrasto con i loci del TCRγ e del TCRδ, il cluster genico della regione V è molto più complesso (Figura 8). Contiene circa 65 elementi genici Vβ suddivisi in 30 sottogruppi. Le più grandi famiglie, Vβ5, Vβ6, Vβ8, e Vβ13 raggiungono una dimensione di sette, nove, cinque e otto membri, rispettivamente. 12 famiglie Vβ contengono solo un singolo membro (Arden B et al, Immunogenetics 1995). Di tutti gli elementi genici Vβ, sono qualificati come funzionali ed appartengono a 23 famiglie elementi genici sono classificati come pseudogeni. Inoltre, un gruppo di sei geni orfani Vβ non funzionali sono stati riportati localizzati sul braccio corto del cromosoma 9 (9p21)(Charmley P et al, Immunogenetics 1993). Essi non vengono rilevati in trascritti. Tutti i geni Vβ, tranne uno, si trovano a monte di due cluster Dβ-Jβ-Cβ. La Figura 8 mostra come entrambi i segmenti genici Cβ (Cβ1 e Cβ2) sono preceduti da un gene Dβ (Dβ1 e Dβ2) ed un cluster Jβ, che comprende sei (Jβ1.1-Jβ1.6) e sette (Jβ2.1-Jβ2.7) segmenti Jβ funzionali. I loci della regione Jβ sono classificati in due famiglie secondo la loro localizzazione genomica, e non vi è omologia di sequenza (Wei S et al, Immunogenetics 1994). A causa del grande repertorio codificato dalla linea germinale, la diversità combinatoria dei riarrangiamenti genici del TCRβ è ampia rispetto ai riarrangiamenti del TCRγ e del TCRδ. Il repertorio principale delle molecole TCRβ è ulteriormente prorogato dall' aggiunta di una media di 3,6 e 4,6 nucleotidi alle giunzioni Vβ-Dβ e Dβ-Jβ rispettivamente e dalla delezione di una media di 3.6 (Vβ), 3.8 (5'Dβ), 3.7 (3'Dβ), e 4.1 (Jβ) nucleotidi (Rowen L et al, Science 1996). Durante la maturazione delle cellule T, il riarrangiamento del TCRβ avviene in due fasi consecutive: Dβ-Jβ e Vβ-Dβ-Jβ, con un intervallo di 1-2 giorni tra questi due processi. Il segmento genico Dβ1 può aderire sia a Jβ1 che ai segmenti genici Jβ2, mentre il segmento genico Dβ2 unisce generalmente solo segmenti genici Jβ2 per la sua posizione nel locus genico (Langerak AW et al, Leukemia 1999). Tuttavia, a causa della presenza di due cluster consecutivi Dβ-Jβ, è anche possibile che due riarrangiamenti siano rilevabili su un unico allele: un riarrangiamento incompleto Dβ2- Jβ2 ed un riarrangiamento completo o incompleto nella regione Dβ1 Jβ1. Nei riarrangiamenti del TCRβ è riscontrato l'uso di una distribuzione non casuale dei segmenti genici. Negli individui sani, alcune famiglie Vβ predominano nel repertorio 36

37 delle cellule T periferiche (ad esempio Vβ1-Vβ5), mentre altri sono solo raramente utilizzati (ad esempio Vβ11, Vβ16, Vβ18 e Vβ23). Figura 8: Diagramma schematico del complesso genico TCRβ. Fonte: JJM van Dongen, AW Langerak, M Bruggemann et al. Design and standardization of PCR primers and protocols for detection of clonal immunoglobulin and T-cell receptor gene recombinations in supect lymphoproliferations: Report of the BIOMED-2 Concerted Action BMH4-CT Leukemia 2003; 17: I valori medi del repertorio Vβ sembrano essere stabili durante l'invecchiamento, anche se vi è l'aumento della deviazione standard nei soggetti anziani (Van den Beemd MWM et al, Cytometry 2000). La rappresentazione dei segmenti Jβ è tutt'altro che uniforme. La famiglia Jβ2 è usata più frequentemente rispetto alla famiglia Jβ1 (72 vs 28%). In particolare, la percentuale di Jβ2.1 è superiore alle altre (24 %), seguita da Jβ2.2 (11%) e Jβ2.3 e Jβ2.5 (10% ciascuno) (Jores R et al, J Immunol 1993). I riarrangiamenti del TCRβ differiscono tra le categorie di tumori maligni delle cellule T. Riarrangiamenti completi Vβ-Jβ1 e incompleti Dβ-Jβ2 sono stati riscontrati più frequentemente in casi di LAL T TCRαβ+, rispetto ai casi di LAL T CD3- e LAL T TCRγδ+. Più in generale, nelle LAL T, la regione del TCRβ Dβ-Jβ1 è relativamente frequentemente coinvolta nei riarrangiamenti, in contrasto con i riarrangiamenti nelle LAL pre B che coinvolgono esclusivamente la regione Dβ-Jβ2 del TCRβ (Szczepanski T et al, Leukemia 1999). 37

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