Acustica. Fondamenti. L'acustica musicale è una scienza interdisciplinare

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1 Acustica Fondamenti Acustica Psicoacustica - Cultura L'analisi del fatto musicale non può limitarsi a una pura questione fisica, ma sconfina ampiamente nella psicoacustica e in modo più generale, nella cultura con confini che non sono tracciati nettamente, ma sfumati. Ne consegue che: L'acustica musicale è una scienza interdisciplinare Nell'apprezzamento di un brano musicale, il suono come fenomeno fisico ha un peso relativamente basso. Il modo in cui noi percepiamo questo insieme di suoni ha, invece, una importanza maggiore. Ancora più importante è l'elaborazione di tale percezione in base alla nostra cultura. Nello studio del suono musicale, quindi, sono coinvolte varie scienze: Fisica: indaga la realtà dei fenomeni (nel caso specifico abbiamo a che fare con l'acustica) Fisiologia: scienza che studia le funzioni degli organismi animali e vegetali (in questo caso, fisiologia dell'apparato percettivo) Psicofisiologia: disciplina che studia le relazioni tra l'attività psichica e le funzioni fisiologiche dell'uomo. Nel nostro caso ci rivolgiamo alla Psicoacustica: scienza che studia le modalità di percezione e elaborazione del suono. Per una valutazione quantitativa delle tre parti, possiamo fare il paragone seguente: se consideriamo una pesca, l'acustica corrisponde al seme dentro il nocciolo, la psicoacustica occupa lo spazio del nocciolo, la cultura è la polpa. La musica, quindi, è principalmente un fatto culturale fondato su base fisica e psicoacustica. Analizzando musica prodotta da culture diverse possiamo evidenziare le differenze, che dipendono dalla cultura e alcuni elementi comuni che invece sono legati a dati di fatto reali e/o percettivi.

2 Origine e propagazione del suono Il suono è un fenomeno fisico, non un oggetto. Per esistere ha bisogno di una sorgente, cioè di un corpo vibrante e di un mezzo elastico di propagazione in cui le onde possano viaggiare. Aria, acqua, legno, alcuni metalli e perfino il vetro possono vibrare e propagare le onde sonore. Naturalmente la distanza a cui queste ultime si propagano dipende dall'elasticità del mezzo. Abbiamo quindi un primo dato di fatto: all'origine del suono c'è un corpo vibrante Vibrando, questo corpo trasmette le proprie vibrazioni al mezzo che lo circonda (nel nostro caso, l'aria). L'energia sonora, quindi, è una forza meccanica che, partendo dalla sorgente, si irradia sotto forma di onde attraverso il mezzo di propagazione fino all'ascoltatore. il suono è energia che si propaga sotto forma di onda La figura seguente visualizza un'onda che si propaga da un punto centrale in tutte le direzioni. In questa animazione vedete l'onda dall'alto (grazie al già citato Dr. Dan Russel per tutte le animazioni di questa pagina) Nel caso degli strumenti musicali, però, l'irradiazione maggiore è verso una direzione preferenziale determinata dalla forma dello strumento. Nella figura seguente abbiamo una situazione simile vista dall'alto. Le lettere A e B mostrano i punti di compressione (la cresta dell'onda) e rarefazione.

3 L'onda si muove, espandendosi, nella direzione indicata con W. Proprio a causa dell'espansione (e dell'assorbimento dell'aria), l'onda perde lentamente energia, per cui il suono si propaga fino a una certa distanza, ma poi non si sente più. Questa animazione vi mostra come si comportano le molecole dell'aria quando vengono messe in movimento da un corpo vibrante. Vedete che ognuna di esse si muove leggermente e poi colpisce quelle vicine trasferendo loro il proprio moto, un po' come nel caso di una "ola". per poter sentire un suono continuo, la sorgente deve vibrare con continuità, non una sola volta.

4 Notare che un mezzo in grado di propagare il suono è assolutamente necessario. Non c'è suono senza il mezzo di propagazione perché non ci sarebbero molecole da muovere. Se le vibrazioni della sorgente non si trasmettono a nulla, si esauriscono nel punto di origine e non arrivano a un eventuale ascoltatore, quindi non c'è suono nel vuoto. Il mezzo di propagazione può essere un qualsiasi elemento in grado di vibrare. Il suono si propaga nell'aria e in tutti i gas, ma anche nell'acqua e anche in sostanze solide che siano almeno leggermente elastiche. Quello che cambia è la velocità di propagazione. Nell'aria a 20 è 344 metri/secondo ed è influenzata dalla temperatura e dalla densità del mezzo. Per soddisfare la vostra curiosità, questa tabella riporta la velocità del suono in molti materiali. Ora andiamo a vedere queste onde sonore. Prendiamo come esempio una parte del brano di Albeniz che abbiamo ascoltato. Potete risentire questa parte. Qui sotto vedete la partitura e il suono così come è stato registrato dal computer. A questo livello di ingrandimento non si vede ancora la forma dell'onda, ma solo il profilo di variazione in ampiezza. Quello che vediamo, tuttavia, è già sufficiente per distinguere i punti di attacco delle note. Prima di studiare il suono in maggior dettaglio, però, andiamo a vedere che cosa succede al momento della ricezione, cioè quando l'onda arriva all'ascoltatore.

5 L'orecchio come trasduttore Perché sentiamo Un trasduttore è un sistema o un congegno capace di trasportare l'energia da un punto a un altro eventualmente passando attraverso vari stadi di trasformazione. Se ragionate su questa definizione, vi accorgerete che la nostra vita è piena di trasduttori: dalla manopola di accelerazione del motorino che trasforma un moto rotatorio in lineare per aprire la valvola della miscela, a quella che regola il gas in un fornello (stessa trasformazione), al freno della bicicletta, al tasto di un pianoforte, fino alle cose più complesse come la TV o l'impianto stereo in cui un'onda elettrica viene trasformata in segnale video e/o audio. Anche l'orecchio è un trasduttore: il sistema timpano - catena degli ossicini, trasporta la vibrazione dell'onda audio dall'aria all'orecchio interno, trasformando l'onda acustica in una serie di onde nel liquido contenuto nella coclea. Un particolare organo contenuto in quest'ultima, trasforma, poi, l'energia meccanica (onde nel liquido) in impulsi elettrici che vengono inviati al cervello tramite il nervo acustico. 1. Condotto uditivo 2. Timpano 3. Martello 4. Incudine 5. Staffa 6. Finestra ovale 7. Tromba di Eustachio 8. Chiocciola o coclea (contiene l'organo del Corti) 9. Nervo acustico 1,2 = Orecchio esterno 3,4,5,6,7 = Orecchio medio 8,9 = Orecchio interno (labirinto membranoso) E' noto che il suono si propaga in un mezzo per onde di compressione e rarefazione; limitando il discorso al mezzo aereo, i mammiferi hanno messo a punto un sistema atto a captare (orecchio esterno) e a trasmettere (orecchio medio) tali vibrazioni all'organo dell'udito vero e proprio, la coclea (orecchio interno), ove tali segnali vengono trasformati in segnali elettrici che, tramite le vie acustiche, raggiungono la corteccia cerebrale uditiva ove vengono percepiti, e quindi interpretati tali segnali.

6 Il padiglione uditivo ed il condotto uditivo esterno costituiscono nel loro insieme un canale aereo atto a raccogliere le onde acustiche ed a convogliarle sulla membrana timpanica che chiude il condotto uditivo stesso. Si tratta di una membrana dotata di grande flessibilità ed elasticità che viene quindi fatta facilmente vibrare dalle onde acustiche. Sulla faccia interna della membrana timpanica è fissato un sistema di leve (la catena degli ossicini: martello, incudine, staffa) che consente di trasmettere le vibrazioni del timpano fino alla finestra ovale, e da questa all'organo dell'udito propriamente detto (l'organo del Corti) che risiede su una parte della coclea detta membrana basilare. La chiocciola (o coclea) è un condotto osseo avvolto a spirale che descrive due giri e mezzo di spira. Essa contiene e protegge la parte membranosa cioè il condotto cocleare. Una particolare differenziazione dell'epitelio di rivestimento del condotto cocleare dà luogo all'organo del Corti. Tra gli elementi costitutivi dell'organo del Corti si distinguono le cellule sensoriali che sono di due tipi: cellule acustiche esterne e cellule acustiche interne. E' a livello di tali cellule che avviene la trasduzione cioè la trasformazione dell'energia meccanica vibratoria, trasmessa dalla membrana del timpano, dalla catena degli ossicini e dai liquidi labirintici, in energia elettrica che si propaga attraverso i filuzzi nervosi che si dipartono dall'organo del Corti e che vanno a costituire il nervo acustico che trasporta quindi la sensazione sonora all'encefalo. Qui potete vedere una breve animazione che vi mostra quanto sopra viaggiando dentro l'orecchio (cortesia Opticon Inc.) Per schematizzare possiamo dire che 1. il suono si propaga attraverso l'aria, 2. colpisce la membrana del timpano che si muove 3. trasmettendo il movimento alla catena degli ossicini. 4. L'ultimo di questi, la staffa, comprime la finestra ovale, 5. trasmettendo il movimento al liquido endolinfatico del labirinto membranoso. 6. Il movimento del liquido si propaga all'interno della chiocciola 7. stimolando la membrana basilare su cui si trovano le cellule acustiche dell'organo del Corti 8. e da cui parte lo stimolo nervoso che attraverso i filuzzi nervosi che vanno a costituire il nervo acustico 9. si propaga fino all'encefalo e viene percepito in maniera cosciente.

7 L'inviluppo Ora torniamo al brano di Albeniz che abbiamo ascoltato. Potete risentire questa parte. Qui sotto vedete la partitura e il suono così come è stato registrato dal computer. A questo livello di ingrandimento non si vede ancora la forma dell'onda, ma si può già apprezzare il profilo della variazione in volume (ma come vedremo, il termine esatto è "ampiezza") dei singoli suoni. Come è noto, nella chitarra e in altri strumenti a corde pizzicate o percosse, la nota si estingue gradualmente dopo il pizzicato iniziale. Osservando alcune note isolate di chitarra, che potete ascoltare qui, la cosa appare evidente. In questo grafico, la linea centrale è la linea di zero (non suono). Si vede che le note della chitarra hanno il massimo volume nel momento del pizzicato iniziale (è l'istante in cui la corda e l'onda da essa generata hanno la massima ampiezza di oscillazione, da cui l'uso del termine "ampiezza") e poi decrescono fino al nulla. Le irregolarità nel decadimento (come la gobba della terza nota) sono causate dal vibrato dell'esecutore. Questa variazione di ampiezza nel corso del tempo è chiamata inviluppo. Inviluppo Ogni suono ha una sua evoluzione dinamica. Ci sono suoni con attacco istantaneo come le percussioni o il pianoforte, mentre altri hanno un attacco più dolce e graduale come il flauto. Alcuni suoni possono essere tenuti finchè l'esecutore desidera (o ha fiato), mentre altri scompaiono in un tempo più o meno lungo senza che l'esecutore possa influire sul loro comportamento. In figura vedete una nota di vari strumenti che potete ascoltare qui: piano, tamburo, tromba, contrabbasso. Il profilo della variazione dinamica è evidenziato in rosso.

8 Il piano e il tamburo hanno un attacco immediato e poi il suono può solo diminuire gradualmente di intensità. La tromba ha un attacco rapido, caratterizzato da un lieve sforzato, ma poi il suono può essere tenuto per un certo tempo. Il contrabbasso ha un attacco più lento a causa della lunghezza e dello spessore delle corde. Già guardando questa immagine possiamo intuire che, per quanto riguarda l'evoluzione dinamica, esistono due classi di strumenti che esibiscono un comportamento molto diverso. strumenti a evoluzione libera - sono quelli in cui l'esecutore si limita a fornire una energia iniziale, ma poi non può fare altro per influire sull'evoluzione dinamica del suono che diminuisce gradualmente fino all'estinzione. Esempi: corde pizzicate (arpa, chitarra, liuto, clavicembalo) o percosse (pianoforte), strumenti a percussione. strumenti a evoluzione controllata - sono quelli in cui l'esecutore deve continuare a fornire energia per mantenere il suono. Nel momento in cui l'esecutore cessa di dare energia, il suono scompare più o meno rapidamente. Esempi: strumenti ad arco e a fiato, voce, organo (in quest'ultimo caso l'energia e fornita dal motore). Capite che i due casi sono molto diversi. Nel secondo, l'esecutore può controllare completamente l'evoluzione dinamica del suono nel tempo fino a ottenere sforzato o crescendo anche all'interno del suono singolo. Con uno strumento a fiato, per es., una singola nota può attaccare rapidamente, abbassarsi molto di volume e poi tornare a crescere nel finale. Tutto questo è impossibile con gli strumenti a evoluzione libera. I suoni, quindi, differiscono notevolmente per quanto riguarda la loro evoluzione dinamica.

9 La variazione dinamica di un suono nel tempo è detta inviluppo Un inviluppo può avere fino a 4 fasi in sequenza: 1. Attacco (attack) - corrisponde all'inizio del suono e dura fino al momento in cui il suono ha raggiunto la massima energia. Può essere immediato (l'attacco del piano o di uno strumento a percussione dura circa 1/100 di secondo) o graduale (negli strumenti ad arco e a fiato l'esecutore può creare un attacco in crescendo della durata di vari secondi). Tutti i suoni hanno un attacco. 2. Decadimento (decay), detto anche decadimento iniziale o primo decadimento - in alcuni strumenti (es. ottoni), all'attacco segue una breve e rapida diminuzione di ampiezza, prima che il suono si stabilizzi. Di solito è dovuto al fatto che il suono scatta solo quando si supera una certa soglia di energia (es. una certa pressione del soffio), non prima. La conseguenza di questo scatto è un attacco abbastanza rapido seguito da un breve decadimento. 3. Tenuta (sustain) - è la fase in cui il suono rimane stabile mentre l'esecutore continua a fornire energia. Ovviamente non esiste negli strumenti a evoluzione libera. 4. Rilascio (release), detto anche decadimento finale - è la fase che inizia nel momento in cui l'esecutore smette di dare energia e il suono decade più o meno rapidamente. Questa fase può essere anche molto lunga negli strumenti a evoluzione libera (note basse del piano), mentre è di solito breve in quelli a evoluzione controllata. Tutti i suoni hanno un rilascio. In figura vedete lo schema generico dell'inviluppo e gli inviluppi reali di alcuni strumenti. Notate che non tutti i suoni hanno tutte le 4 fasi. Alcuni ne hanno meno. Gli strumenti a evoluzione libera non hanno né decadimento, né tenuta. Anche se alcuni vedono come decadimento il rapido calo di ampiezza che segue la percussione o il pizzicato, si può dire che questi strumenti abbiano solo 2 fasi: attacco e rilascio (l'esecutore fornisce l'energia all'inizio e poi non può fare niente). Al contrario, negli strumenti a esecuzione controllata, l'esecutore può influenzare notevolmente l'inviluppo. Gli archi, per es., normalmente non hanno un decadimento perché l'ampiezza del suono cresce rapidamente con il movimento dell'arco e raggiunge uno stato di tenuta senza scatti (3 fasi: attacco, tenuta, rilascio), ma l'esecutore può creare un decadimento suonando sfz. Negli ottoni, invece, il decadimento di solito esiste per le ragioni già esposte, ma l'esecutore può evitarlo eseguendo un attacco dolce. Al limite, sia negli archi che nei fiati, è possibile creare un inviluppo formato solo da un attacco molto lungo e da un rilascio come nel caso di una minima suonata in crescendo pp < ff. Il suono dell'organo può avere una coda dovuta alla riverberazione del luogo in cui di solito viene piazzato. Considerate, infine, che le 4 fasi dell'inviluppo sono schematiche: si tratta di una semplificazione utile per studiare l'evoluzione dinamica dei suoni. Anche nella fase di tenuta, il suono non è mai perfettamente fermo (non sarebbe umano) anche a causa di pratiche esecutive come il vibrato o di particolarità costruttive come le doppie o triple corde del piano. In alcune situazioni, infine, si verificano variazioni di ampiezza molto rapide dette transienti, soprattutto nel corso dell'attacco quando il mezzo inizia a vibrare, ma non ha ancora raggiunto la

10 stabilità. Osservate, nella figura a destra, i primi 2 decimi di secondo di una nota bassa di pianoforte studiati "al microscopio" e notate quante micro-variazioni di ampiezza si possono chiaramente vedere. Sono dovute al fatto che una corda lunga e spessa come quella di una nota bassa del piano, percossa dal martelletto in un punto vicino a una estremità, impiega un certo tempo a entrare in vibrazione nella sua interezza. Di conseguenza, all'inizio, ha un comportamento irregolare in cui al suono si mescola anche il rumore del martelletto che viene ad essere parte integrante dell'attacco del piano. Cicli e altezze Misurare l'onda: la frequenza Arriviamo finalmente alle onde. Nella figura seguente potete vedere un frammento delle onde prodotte da una nota singola di pianoforte, violoncello, clarinetto, oboe (dall'alto al basso, potete ascoltare questi suoni cliccando sui nomi). Si nota subito che l'andamento di queste onde non è casuale. Esiste un ciclo che si ripete di continuo, con lievi differenze. Queste onde sono periodiche. Ora osservate queste onde tratte da un gong, un suono elettronico tipo campana, un piatto di batteria. Noterete che, a differenza delle prime, in queste onde non è possibile individuare con facilità un ciclo. C'è una notevole differenza con quelle dell'immagine precedente in cui la periodicità è molto evidente. Ascoltando questi suoni, vi accorgerete subito che, a differenza dei precedenti, non è possibile attribuire loro una nota precisa. I primi due vengono percepiti quasi come un accordo, mentre l'ultimo suggerisce solo vagamente una sensazione di altezza.

11 Qualcuno, a questo punto, si chiederà se esiste un collegamento fra la periodicità dell'onda e la sensazione di altezza? Per il momento possiamo solo rispondere: in linea di massima, sì. Ci occuperemo in dettaglio di questo problema quando parleremo di armonici, comunque ne accenniamo perché, secondo i vecchi manuali di acustica, la periodicità dell'onda era una condizione indispensabile perché quel suono avesse una altezza precisa, tanto che questi suoni erano chiamati "suoni musicali", opposti ai cosiddetti "rumori" (suoni non musicali, non periodici, privi di altezza). Oggi sappiamo che questa distinzione non ha valore perché non è così netta, ma è un continuum: si puòpassare gradualmente dalla sensazione di altezza precisa a una sensazione di altezza sempre più vaga fino a perderla. Pensate, per es., al soffio in uno strumento a fiato (flauto, clarinetto, sassofono): se si soffia senza produrre una nota e si aprono, via via, le chiavi, il soffio cambia, suggerendo una altezza. Oppure pensate alle campane che spesso sono "quasi note", cioè danno una sensazione di altezza, ma con dentro qualcosa di leggermente stonato. Ancora, ascoltate e guardate nella figura seguente questi due suoni che contengono una certa quantità di rumore. Noterete che la sensazione di altezza è meno precisa nel secondo rispetto al primo, ma c'è. Noterete anche, guardando la figura, che una periodicità esiste, ma non è così precisa. In definitiva, pur con qualche eccezione, possiamo dire che un onda strettamente periodica produce quasi certamente una sensazione di altezza via via che la periodicità dell'onda diventa meno stretta, anche la sensazione di altezza è meno precisa

12 Misurare l'onda Ora vedremo che cosa è possibile misurare con precisione in un'onda. Consideriamo una forma d'onda strettamente periodica. Per prima cosa è possibile misurare la lunghezza di un ciclo, la sua durata e il numero di volte che esso si ripete in un secondo. La lunghezza è un valore raramente utilizzato in acustica musicale (serve invece nel campo delle trasmissioni radio). Concentriamoci, quindi sulle ultime due misure. Durata del ciclo o Periodo: il periodo è la durata di un ciclo e si misura in frazioni di secondo Frequenza: il numero di ripetizioni del ciclo per secondo. Si misura in Hertz (abbr. Hz). Un'onda il cui ciclo si ripete 100 volte al secondo ha una frequenza di 100 Hertz. è strettamente collegata all'altezza del suono. Nota: in inglese, come misura della frequenza si usa anche la definizione CPS (Cycles Per Second). Ovviamente 1 CPS = 1 Hertz. Chiaramente, il Periodo e la Frequenza sono strettamente collegati: se il ciclo di un'onda si ripete 100 volte al secondo, ogni ciclo dura necessariamente 1/100 di secondo. Quindi il Periodo è uguale a 1/Frequenza e la Frequenza = 1/Periodo. Ampiezza: è lo scostamento dell'onda dalla linea di zero (non suono). Si misura in decibel. Come vedremo più avanti, è legata alla dinamica/intensità/volume del suono. Fase: la fase, in un certo punto, è l'istante in cui l'onda si trova nel ciclo. Il ciclo ha una certa forma; in ogni istante, l'onda si trova in un punto di quel ciclo: questa è la fase. Si misura in gradi (da 0 a 360, come un angolo) o in radianti (da 0 a 2 pi-greco; c'è un legame fra le onde e la trigonometria, ma sorvoliamo). Per vostra fortuna, nel caso di suoni singoli, l'orecchio è insensibile alla fase, quindi, per il momento non ci serve, ma la troveremo nei battimenti. La figura visualizza queste misure. La frequenza e l'ampiezza sono le misure che utilizzeremo più spesso. Frequenza e Altezza Come già accennato, frequenza e altezza sono strettamente collegate. In effetti, tutti noi ci accordiamo sul LA 440 Hz. In breve, per ogni nota c' una frequenza. Innanzi tutto, la frequenza permette di definire con precisione il nostro campo udibile. Gli umani sentono frequenze da circa 16 a circa Hz La soglia superiore si abbassa rapidamente con l'età e l'usura (chi ascolta spesso suoni molto forti perde frequenze alte più rapidamente del normale). Ma quanta di questa estensione noi utilizziamo effettivamente in musica? In termini di note, solo una parte (circa 1/4), ma in realtà quasi tutta, perché sopra a ogni suono ci sono gli armonici.

13 A titolo di esempio, in questa tabella, trovate le frequenze corrispondenti alle note del sistema temperato (evidenziata l'estensione del pianoforte) C C#/Db D D#/Eb E F F#/Gb G G#/Ab A A#/Bb B Da questa tabella possiamo dedurre delle cose interessanti. Se, per esempio, osservate la riga del LA (A) noterete che lo scarto di frequenza tra le varie ottave non è costante (più piccolo nelle ottave basse, più grande in quelle alte). Tuttavia noi sentiamo una differenza costante, sempre una ottava. E allora? Notate che, se non è costante la differenza, è invece costante il rapporto: la frequenza dell'ottava superiore è sempre il doppio di quella inferiore. La cosa è ben visibile in questa immagine che rappresenta onde della famiglia degli ottoni: dall'alto al basso, corno, tromba, trombone, tuba. Si vede bene che corno e tromba stanno eseguendo la stessa nota, infatti la durata del ciclo è identica (i picchi corrispondono). Il trombone è una ottava sotto la tromba, infatti ogni suo ciclo corrisponde a due della tromba. Il tuba è una ottava sotto il trombone e due sotto la tromba, infatti ogni suo ciclo corrisponde a due del trombone e a 4 della tromba.

14 L'ottava, quindi, corrisponde a un rapporto di frequenza 2:1. La cosa ha una precisa corrispondenza fisica: dividendo una corda a metà, si ottiene l'8va superiore (corde più corte producono frequenze più alte in base al loro rapporto; la barretta del 12mo tasto della chitarra si trova a metà corda). Nello stesso modo funzionano le colonne d'aria: se si prende un tubo e lo si suona in stile flauto di pan, si ottiene una nota. Se si taglia a metà il tubo, si ottiene l'8va superiore. Anche per gli altri intervalli ci sono rapporti fissi. Nella scala pitagorica, direttamente derivata dagli armonici, alla 5a corrisponde il rapporto di 3:2 = 1.5. Ne consegue che, dato un LA 440 Hz, il MI alla 5a sopra avrà una frequenza di 440 x 1.5 = 660. Ma, un momento; se guardiamo il MI sopra il La 440 nel sistema temperato, vediamo che non è 660, ma Il fatto è che, come saprete, la scala costruita sugli armonici conduce direttamente ai semitoni non coincidenti, al DO# diverso dal REb, cosa che il temperamento equabile ha eliminato, con il prezzo di approssimare gli intervalli. La tabella seguente mostra l'approssimazione per alcuni intervalli maggiori Intervallo Temp. equabile Scala Pitagorica Rapporto Pitagorico 2a /8 3a /4 4a /3 5a /2 6a /3 Allora, qual'è il rapporto che equivale a un semitono nel sistema temperato? Bene, si tratta di dividere il rapporto 2:1 (l'ottava) in 12 parti uguali, ognuna corrispondente a un semitono. Il risultato è = (approssimato) Al di là dei numeri (che non dovete sapere a memoria), qual'è l'importanza di tutto ciò? per la percezione sono importanti i rapporti di frequenza Ovvero, noi percepiamo sempre lo stesso intervallo quando il rapporto fra le frequenze è costante. Partendo da un LA 110 Hz, per percepire un intervallo di 8va dobbiamo raddoppiarlo andando a 220 Hz, poi a 440 Hz, a 880 Hz e così via. Per ottenere la 5a superiore dobbiamo moltiplicarlo per 1.5 = 165 Hz, eccetera. Ciò che resta costante è il rapporto, non la differenza. A questo punto punto abbiamo anche bisogna di una unità di misura degli intervalli, cioè una unità basata sui rapporti. Ovviamente è il più piccolo intervallo che usiamo, cioè il semitono, infatti le scale e gli intervalli sono definiti in termini di semitoni. Volendo misurare una differenza minore di un semitono possiamo utilizzare il cent che equivale a 1/100 di semitono (1 semitono = 100 cent, 1/4 di tono = 50 cent). La Percezione della Frequenza Una scala cromatica, per noi, equivale a una scala con gradini tutti uguali, praticamente una linea retta, come la linea in rosso nella figura a destra. Se però, guardiamo questa scala in termini di frequenze, segnando sul grafico la frequenza in Hz che corrisponde a ogni semitono, otterremo la linea blu che invece è una particolare curva detta esponenziale.

15 La differenza fra le due linee è netta ed è anche strutturale: si ha una retta quando ogni punto è il precedente più qualcosa (somma) mentre si ottiene un esponenziale quando ogni punto è il precedente per qualcosa (moltiplicazione). In pratica, noi sentiamo una retta quando in realtà abbiamo una curva. Questo comportamento non è limitato solo all'acustica, ma si trova spesso quando abbiamo a che fare con il sistema percettivo. In questo caso, è dovuto al modo in cui le frequenze vengono mappate dall'organo del Corti all'interno della chiocciola. È stato osservato, infatti, che le onde generate dalle basse frequenze si spingono più avanti nella chiocciola, mentre le alte frequenze si esauriscono prima. In tal modo, le cellule poste all'inizio della chiocciola sono interessate solo dalle alte frequenze. Le onde generate dalle frequenze più basse, invece, riescono a penetrare di più e vanno a toccare anche cellule che stanno più all'interno della chiocciola. In pratica, l'organo del Corti è un raffinato analizzatore che scompone il suono nelle sue componenti basse, medie e alte inviando al cervello informazioni differenziate per ogni registro. Se si va a vedere quali cellule rispondono alle diverse ottave, si nota che la loro distanza è all'incirca uguale. La figura sotto mostra la distanza percorsa all'interno della chiocciola dalle onde generate da diverse frequenze. Le onde di frequenza pari al LA7 (3520 Hz) penetrano per circa 12 mm, quelle del LA6 per circa 17 mm, quelle del LA5 per circa 22 mm e così via. Si nota che un salto di 8va corrisponde a circa 4 mm all'interno della chiocciola. Di conseguenza un salto di frequenza variabile in termini di Hertz, come quello dell'8va, quando arriva all'organo del Corti viene mappato su uno spazio all'incirca sempre uguale, come nella figura sotto. Si ritiene che questa sia la ragione per cui noi percepiamo come identici gli intervalli, cioè i rapporti e non le differenze di frequenza. Notate anche un'altra cosa. L'estensione di frequenze che va approssimativamente da 20 Hz fino a 4000 Hz copre circa i due terzi dell'estensione della membrana basilare (dai 12 ai 35 mm dalla base) su cui risiede l'organo del Corti. La rimanente porzione della scala di frequenze ( Hz) è compressa nel rimanente terzo. Ne consegue che, in quest'ultima parte, composta da suoni che noi giudichiamo acutissimi, la percezione è più difficoltosa, meno sicura, in ogni caso meno precisa. Ora, notate come il range di frequenze fra 20 e 4000 Hz corrisponde alle prime 7 ottave musicali, riconosciute come le più importanti in musica. Non a caso corrisponde esattamente all'estensione del pianoforte. Quindi, la nostra musica si è conformata alle capacità del nostro sistema percettivo (ovviamente). Soglia della discriminazione di frequenza Qual'è la minima differenza di frequenza che riusciamo a percepire? Anche qui la risposta è un po' più complessa di quanto si potrebbe pensare. Innanzitutto dobbiamo distinguere due casi molto diversi: frequenze successive (l'una inizia dopo la fine dell'altra) e simultanee (suonano insieme). Nota: nei testi inglesi la soglia di discriminazione della frequenza è chiamata JND (Just Noticeable Difference: minima differenza percepibile)

16 Frequenze successive In questo caso la differenza minima non è fissa. Dipende da due cose: l'altezza: è più semplice accorgersi di una differenza in frequenza sopra i 1000 Hz che a frequenze più basse (questo perché, come vedremo, è la zona in cui l'orecchio funziona meglio) la dinamica: se il suono è ppp è più difficile notare la differenza rispetto a mf o superiore. In figura vediamo le curve di discriminazione della frequenza per diverse ampiezze in db scritte vicino alla curva. La minima differenza percepibile è espressa come rapporto fra le due frequenze. Il fatto che le curve si alzino in corrispondenza delle frequenze sotto ai 1000 Hz significa che, per discriminare in questa zona, occorrono differenze maggiori. Per esempio, a 1000 Hz, con dinamica 60 db (circa mf), viene percepita una differenza pari a circa lo 0.002, il che significa 2 Hz (1000 * = 2). Quindi, avendo due suoni successivi, il primo di 1000 Hz e l'altro almeno a 1002 o 998, si dovrebbe percepire la differenza. Con dinamica più bassa, per es. a 10 db (appena percettibile), la soglia sale a circa lo 0.006, cioè 6 Hz. A frequenze più basse, le cose cambiano. A 100 Hz e 60 db serve circa lo 0.26 cioè 2.6 Hz di differenza. A 100 Hz e 10 db la differenza non è avvertibile. In questo esempio audio potete sentire varie coppie di frequenze in cui la prima è sempre 1000 Hz mentre la seconda aumenta sempre di 1 Hz (1001, 1002, 1003, etc). Potete sperimentare quando riuscite a notare la differenza. Avete fatto l'esperimento? Se siete riusciti a notare una differenza già alla prima coppia di frequenze siete dei mentitori perché sono uguali. Nella seconda, la differenza è 1 Hz, nella terza è 2 Hz e così via. Frequenze simultanee Nel caso di frequenze simultanee, la discriminazione richiede una differenza maggiore. La percezione simultanea di più frequenza investe vari argomenti come quello della banda critica, dei battimenti e dei suoni di combinazione, come il terzo suono. Il problema è quello del potere di risoluzione dell'orecchio, cioè della capacità di distinguere due frequenze simultanee. Questa faccenda è complicata anche dalle varie interferenze che si formano nel liquido della chiocciola quando cominciano a circolare contemporaneamente onde diverse. Per chiarire, vediamo prima un esempio relativo all'occhio. Nella figura qui sotto, varie linee bianche e nere diventano sempre più sottili. Quando le linee sono abbastanza grosse, si distinguono bene. Quando diventano più sottili si entra in una zona di incertezza. Alla fine, non si distinguono più e si vede una barra grigia, cioè la media fra bianco e nero. Questo accade perché, ad un certo punto, le linee diventano così piccole che vanno a stimolare lo stesso gruppo di cellule sulla retina. Per questa ragione, l'occhio non riesce più a differenziarle. Accade la stessa cosa anche con il tatto:

17 se non si guarda, due punture di spillo molto vicine sembrano nello stesso punto. Come vedremo ora, nell'orecchio accade una cosa simile. Banda critica Introduciamo ora il concetto di Banda Critica che è molto importante perché determina sia la percezione di suoni simultanei (accordi) che quella del timbro. Esso, inoltre, ha influenzato vari aspetti della pratica musicale, come vedremo. Abbiamo visto che l'orecchio interno è un potente analizzatore in grado di distinguere le componenti di un suono. La sua capacità di discriminazione ha però dei limiti. Le cellule dell'organo del Corti che interpretano le informazioni di frequenza, infatti, lavorano a gruppi di circa 1300, ognuno dei quali occupa fisicamente circa 1.3 mm di membrana basilare e copre, in frequenza, circa 1/3 di ottava. Ognuno di tali gruppi costituisce una Banda Critica (Critical Band). Quando due frequenze simultanee sono abbastanza vicine da stimolare lo stesso gruppo di cellule e quindi cadono entrambe entro la stessa banda critica, la loro distinzione diventa difficile, se non impossibile e dà luogo a vari fenomeni. Questo esempio sonoro e la figura a fianco spiegano che cosa accade in pratica. Partiamo con due frequenze uguali e mentre una rimane fissa, l'altra si alza in glissando. All'inizio non avrete la sensazione di due frequenze, ma di un solo suono. Via via che la seconda frequenza si allontana dalla prima, sentirete: 1. battimenti, che diventano più rapidi fino a 2. un suono aspro (rough), sempre senza distinguere le due frequenze (avrete sempre la sensazione di un unico suono). 3. Solo quando la loro differenza supererà una certa soglia di discriminazione (il limite di discriminazione di due frequenze simultanee, circa 15 Hz), inizierete a distinguere le due frequenze, pur permanendo la sensazione di suono aspro. 4. Quando, infine, verrà superata una seconda soglia pari al limite della banda critica, finirà la sensazione di asprezza. Se ne deduce che quando due suoni simultanei sono interni alla banda critica danno luogo a uno dei seguenti fenomeni: battimenti suono aspro A questo punto è molto importante capire quanto è larga la banda critica. La figura sotto ci mostra che, nella maggior parte dello spettro sonoro, la sua estensione è un po' più di un tono e un po' meno di una 3a minore sia in più che in meno rispetto a una qualsiasi frequenza centrale. Ciò significa che, se prendiamo un LA come frequenza centrale, la banda critica andrà all'incirca dal SOL fino al SI.

18 L'intervallo coperto da una banda critica è circa 1/3 di ottava. Intanto notate che il tono e quindi anche il semitono sono sempre dentro la banda critica. Questo spiega perché i bicordi di 2a mag. e min. danno sempre una sensazione aspra. Spiega anche perché nei "cluster" di semitoni e toni (cluster = accordo formato da varie note a distanza di semitono o tono) non si distinguono i singoli suoni, mentre invece si distinguono benissimo in un accordo di terze sovrapposte. Notate inoltre che nella parte bassa dello spettro sonoro, la banda critica è un po' più larga, tanto da includere anche la 3a minore (e nella parte bassissima, anche la 3a mag). Questa spiega perché, sui bassi, un bicordo di 3a suona male e anche perché, nella pratica del contrappunto, si lascia sempre un certo spazio fra il basso e le altre voci. Battimenti Ora vediamo un po' più in dettaglio alcuni fenomeni legati alla banda critica. I battimenti possono essere di due tipi Battimenti di prima specie (o primo ordine) Un battimento di prima specie è provocato da due suoni con frequenze molto vicine, tali da non essere distinguibili, che quindi cadono entrambe dentro la stessa banda critica. In acustica si dicono fenomeni di prima specie (o primo ordine) quelli provocati da suoni che cadono nella stessa banda critica. È il tipico fenomeno che si sente quando uno o più strumenti si accordano su un unico suono (battimento fra le fondamentali). In questo caso, le due frequenze producono, all'interno della chiocciola, due onde che interferiscono fra loro e formano il battimento. Il perché si formi è illustrato nella figura a fianco. Quando due onde di frequenza leggermente diversa

19 (sopra) iniziano, hanno probabilmente la stessa fase, cioè si trovano entrambe nello stesso punto del ciclo. In tal caso si rinforzano l'una con l'altra (si sommano) e il suono risultante (sotto) avrà una ampiezza pari alla loro somma. Però, dato che una frequenza è leggermente più alta dell'alta, il suo ciclo andrà più veloce, quindi, dopo un po', le due onde saranno sfasate e a un certo punto saranno in controfase, cioè il ciclo dell'una è nella parte alta mentre quello dell'altra è nella parte bassa. In questo caso, le due onde si annullano (si sommano algebricamente, cioè si sottraggono) e il suono risultante sarà molto debole. Il battimento, quindi, è una alternanza di fasi di rinforzo e annullamento fra due onde di cui questo suono è l'esempio classico. La frequenza del battimento, cioè la sua velocità, è determinata dalla differenza in frequenza fra le due onde, mentre la frequenza del suono effettivamente sentito è la loro media. Per esempio, se mettiamo insieme un LA a 220 Hz e un LA a 222 Hz, sentiremo un LA a 221 Hz (la media: ( )/2) con un battimento a 2 Hz (che si ripete 2 volte al secondo). La figura sotto mostra le onde sovrapposte: in blu e giallo le onde che creano il battimento, in rosso l'onda risultante dalla loro somma algebrica. Il battimento di prima specie è un fenomeno acustico e psicoacustico che si può creare sia in aria, quando le onde provengono dallo stesso punto, che nella chiocciola per interferenze fra le onde che si creano nel liquido in essa contenuto. Battimenti di seconda specie (o secondo ordine) Ma, anche se sembra strano, si possono avere battimenti anche fra onde fra loro lontane in frequenza. Sono i battimenti di seconda specie che hanno origine neurologica, cioè sono provocati dalla elaborazione del suono effettuata nel cervello. In acustica si dicono fenomeni di seconda specie (o secondo ordine) quelli provocati da suoni che non cadono nella stessa banda critica per cui la loro origine non può essere attribuita a interferenze nella chiocciola. Ascoltate questo esempio in cui un battimento, seppure leggero, si sente chiaramente. Le due frequenze sono di 220 e 445 Hz (8va leggermente stonata). Ascoltate ora questo esempio di battimento binaurale, così chiamato perché il suono è stereo e le onde che creano il battimento stanno una sul canale destro e l'altra sul sinistro. Il punto è che questo battimento SI SENTE ANCHE IN CUFFIA quando le onde non hanno alcun modo di interagire se non nel cervello. In musica questo tipo di battimento si ha quando a interagire sono, per es., la fondamentale e gli armonici. Battimenti in musica In musica, difficilmente esistono onde senza armonici, quindi si hanno battimenti complessi, contemporaneamente di prima e seconda specie. Ascoltate questo esempio in cui abbiamo 3 suoni che illustrano vari casi in cui ascoltiamo insieme i battimenti di 1a specie fra le fondamentali e fra gli armonici uguali e di 2a specie fra fondamentali e armoniche in 8va. Si sente nettamente che vi sono vari battimenti insieme. Nella figura seguente potete anche vedere le onde e rendervi conto della maggiore complessità.

20 Toni di combinazione Un altro effetto delle interferenze fra onde è quello dei cosiddetti toni di combinazione, fra cui il più famoso è il terzo suono di Tartini (che è anche quello che si sente più facilmente). Si tratta di suoni in realtà non esistenti, prodotti da varie combinazioni di differenza fra le frequenze dei due suoni generatori o fra le loro ottave. Devo avvertirvi che i toni di combinazione sono un argomento controverso. Se da un lato è evidente che, in certe condizioni, si sentono, non tutti gli studiosi sono d'accordo sia sulla loro origine (cervello o chiocciola) sia sulle condizioni migliori per sentirli. Il dato di fatto è che anche il terzo suono (il più facile) non è sentito da tutti e non si sente sempre. Si può sentire, per es., su un pianoforte e non su un altro oppure, nel caso di registrazioni, con delle casse ma non con altre e spesso anche la distanza dalle casse o dagli strumentisti è importante. Quindi non preoccupatevi se non li sentite. Chiaramente, il violinista che ha lo strumento a 10 cm dalla testa, con tutte le onde che arrivano al suo orecchio sinistro, è nella condizione migliore per sentirli (non a caso se ne è accorto Tartini). Il terzo suono Il terzo suono di Tartini corrisponde alla differenza fra le frequenze generatrici: un LA a 440 Hz e un MI 660 Hz, quindi, producono un LA 220 Hz cioè l'8va sotto ( = 220). In questo esempio è proprio così. Si sentono le due frequenze generatrici a 440 e 660, prima staccate e poi unite. Quando suonano insieme si avverte la presenza del LA 220 (terzo suono) che poi è ripetuto da solo come controprova. Qui nel mio studio, con i miei altoparlanti (ma anche in aula) si sente l'8va sotto, sia pure debolmente. D'altra parte tonica e dominante insieme hanno quella forza anche perché spesso si crea l'8va inferiore. Questo sistema è utilizzato anche nella costruzione degli organi per creare un DO basso per cui sarebbe necessaria una canna troppo lunga. A volte, al posto di questa canna se ne mettono due, una al DO 8va sopra e una al SOL 12ma. Come nell'esempio appena sentito, esse creano il DO basso. Lo specchio completo dei possibili toni di combinazione, però, non si esaurisce con il terzo suono. Oltre a quest'ultimo, che è la differenza semplice fra le frequenze generatrici (f 2 - f 1 ), in teoria è possibile sentire anche un suono di frequenza pari a (2f 1 - f 2 ) e un altro pari a (3f 1-2f 2 ). Bisogna però provare con coppie di frequenze diverse da tonica e 5a perché in questo caso due toni di combinazione coincidono e il terzo è zero. Infatti abbiamo: = 220 2* = 220 3*440-2*660 = 0 In tutta sincerità, l'unico che sono certo di aver sentito è il terzo suono. Gli altri... forse. Comunque in questo esempio audio si sentono due frequenze di cui una è fissa, mentre l'altra glissa fino all'8va sopra (in rosso in figura). Ascoltandolo con un buon impianto, dopo i battimenti si sente un suono basso che glissa verso l'alto. È il terzo suono (in figura è chiamato Difference Tone). Se qualcuno sente anche gli altri toni di combinazione visibili in figura, me lo faccia sapere.

21 La percezione delle altezze Finiamo questo lungo capitolo con alcune considerazioni sui legami fra l'altezza e gli altri parametri del suono. La durata ha una certa influenza sull'altezza in quanto diventa difficile giudicare l'altezza se il suono è di durata molto breve ed è impossibile farlo se la durata è inferiore a 1/100 di secondo. Questo perché il cervello ha bisogno di una durata minima per elaborare il segnale. In questo esempio sentite un suono molto breve, la cui durata si accorcia ancora. Sentirete chiaramente che a un certo punto non c'è più alcuna altezza e il suono diventa un toc indistinto. Anche la dinamica ha una certa influenza sul suono. Vari esperimenti indicano che l'altezza stimata cambia un po' se il suono è più o meno meno forte. Anche questa è una questione controversa. In questo esempio, il bicordo sembra cambiare un po'. Infine, una questione non controversa è che la sensazione di 8va si espande andando sui suoni molto acuti e si stringe in quelli molto gravi. Nella figura seguente si vede lo schema dell'accordatura di un piano da concerto effettuata da due diversi accordatori. Dove la linea coincide lo lo zero, è stato rispettato il sistema temperato. Dove sale, gli intervalli sono espansi, mentre dove scende, sono ristretti. La misura della deviazione è in cents, per si tratta di deviazioni piccole, però, nella parte alta l'espansione massima supera di poco i 30 cents, mentre in quella bassa, arriva anche a 60 cents (più di 1/4 di tono). Se ricordate, durante una lezione vi ho fatto ascoltare questo esempio in cui si ascoltano tre coppie di suoni di cui il primo è sempre 3000 Hz e il secondo dovrebbe essere la sua 8va (quindi 6000), invitandovi a indicare quale delle coppie fosse l'8va giusta. Quasi tutti (me compreso) avete indicato la seconda o la terza che sono espanse. In realtà l'8va giusta è la prima ( ); la seconda è (circa 9a min) e la terza è (circa 9a magg). Per ovviare a questo fenomeno, nel 1947 è stata proposta la scala in Mel (figura sotto) che, rispetto agli Hertz, se espande molto sugli acuti e si contrae un po' sui bassi (la scala è stata definita sperimentalmente, non con una relazione matematica), che però non ha trovato grande favore. Ecco la scala cromatica in Mel.

22 Misurare l'onda: la dinamica Ampiezza/Dinamica/Intensità/Volume Ampiezza, dinamica, intensità e volume sembrano essere 4 termini per la stessa cosa. In realtà non sono equivalenti. Li possiamo sempre usare, ma facciamo un po' di chiarezza. Ampiezza è il termine della fisica acustica per misurare lo scostamento massimo dell'onda dalla linea di zero (che è l'assenza di suono). Si misura con un semplice numero in una scala arbitraria oppure, più comunemente, in decibel (decimi di Bel; abbr. db). È una misura assoluta ed è il termine giusto per parlare della misura fisica (es. un camion arriva a 100 db). Dinamica è il termine musicale con la ben nota scala ppp - fff. A differenza dell'ampiezza, è relativa al contesto: il fff di un violino solo è diverso da quello dell'orchestra; il fff dello stesso strumento può essere diverso anche nel corso dello stesso brano. Intensità è un termine generico che può indicare la dinamica, ma anche altre cose (suona con grande intensità non significa che suona forte) Volume viene usato comunemente, ma è un termine tipicamente elettrico e presuppone una manopola da girare. Nota: gli anglofoni hanno anche il termine loudness che corrisponde alla dinamica effettivamente percepita (si può tradurre con "volume percepito") e tiene conto di vari fattori, come il timbro e le curve di Fletcher, di cui parliamo più avanti in questa pagina. La percezione della dinamica Dunque, come la frequenza è legata all'altezza, l'ampiezza corrisponde alla dinamica, ma anche qui non si tratta di una corrispondenza precisissima. Intanto facciamo una considerazione. Quando ascoltiamo a casa nostra un CD di una orchestra non teniamo certo un volume pari a quello dell'orchestra dal vivo, altrimenti, prima o poi, i vicini faranno una spedizione punitiva. Tuttavia, pur tenendo un volume anche molto basso, siamo in grado di capire quando l'orchestra suona ff. Come mai? Evidentemente la nostra idea della dinamica non dipende solo dall'ampiezza fisica del suono, altrimenti anche una heavy metal band, sentita da una radiolina, suonerebbe sempre ppp. In effetti, dipende anche dal tipo di suono, cioè dal timbro: una nota ff, infatti, ha molti più armonici della stessa nota pp. Quindi

23 la sensazione dinamica dipende in parte dall'ampiezza, ma anche dal timbro In secondo luogo, se ascoltiamo un crescendo che ci appare lineare e andiamo a misurare l'ampiezza numerica del suono, esce la stessa curva esponenziale che abbiamo visto nel caso dell'altezza (vedi figura seguente). Ciò significa che, come per le ottave, uno scatto dinamico da f a ff richiede un aumento maggiore di quello da pp a p. Così come la scala in semitoni, la scala in decibel è nata proprio per ovviare a questa situazione e rendere lineare ciò che in natura non lo è. Come quella in semitoni, infatti, la scala in decibel è basata sui rapporti. In realtà, però, capire i decibel non è così semplice per varie ragioni: in elettrotecnica (cioè nel mondo degli impianti audio con amplificatori, mixer, etc.) e in acustica le misurazioni vengono eseguite in modo diverso. Quando si ha a che fare con un impianto audio non si misurano i decibel assoluti, ma il rapporto fra il segnale in entrata e quello in uscita. Considerate, ad esempio, il vostro lettore CD o MP3. Il volume che sviluppa non è assoluto, ma dipende dall'audio presente sul CD o nell'mp3. Non si può dire a un lettore CD "suona a 40 db" perché il suo volume di uscita è condizionato dal volume del brano che sta eseguendo. Anche senza toccare il controllo del volume, se il brano è un adagio eseguito in pp, il lettore suonerà piano, ma se è una heavy metal band suonerà forte. La realtà è che il vostro lettore CD o MP3 non è un generatore di suono, come uno strumento, ma solo un amplificatore che riceve in input il suono presente sul CD o nell'mp3, lo amplifica o lo attenua usando un controllo di volume e lo invia alle cuffie o alle casse. In questa situazione, una misurazione dell'ampiezza assoluta non ha senso. Si misura, invece, quanto il suono originale è amplificato o attenuato. Ora, il vostro lettore CD o MP3, sulla manopola del volume, avrà una scala indicativa che va, per es., da 0 a 10, intesi come 0 = nulla, 10 = massimo. Gli strumenti professionali, invece, hanno una scala che va da - (meno infinito), passando per vari livelli negativi (-40, -20, -6, -3) e poi per 0 (zero), fino ad arrivare a +6 o +12. Tale scala deve essere interpretata così: o un valore con un segno - (meno) significa che il segnale viene attenuato di quella quantità in db rispetto al segnale di entrata; o lo 0 (zero) significa che il segnale non viene modificato; o un valore con un segno + significa che il segnale viene amplificato. la percezione dell'ampiezza, poi, dipende anche dalla distanza: anche ammesso che uno strumento suoni a un certo volume, a voi il suono arriverà più forte o più piano in base alla vostra distanza dallo strumento stesso. in acustica, infine, c'è una differenza fra potenza acustica e pressione sonora: la seconda è molto più significativa della prima perché rappresenta la pressione media che si esercita sul timpano. Considerate la seguente situazione: un qualsiasi strumento (uno solo) esegue una melodia. Se adesso un altro strumento uguale lo affianca e suona all'unisono, il volume dovrebbe raddoppiare perché prima era uno e adesso sono due, ma invece aumenta di un po', ma percettivamente non raddoppia. Questo accade perché non è detto che le due onde siano perfettamente in fase, cioè che tutti i picchi corrispondano. In pratica, in questo modo, abbiamo raddoppiato la potenza del segnale ma non la pressione acustica media. Per raddoppiare effettivamente quest'ultima occorre un aumento di potenza pari a 4 volte, cioè il doppio del doppio (2x2=4) perché la pressione si calcola su una superficie, non su un solo punto. Quindi per raddoppiare il volume del nostro strumento singolo occorreranno altri 3 strumenti uguali all'unisono, il che corrisponde a un aumento di 6 db: 6 db corrispondono a una pressione acustica doppia

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