SICUREZZA SUL LAVORO KNOW YOUR RIGHTS! NEWSLETTER N.138 DEL 13/11/13

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1 SICUREZZA SUL LAVORO KNOW YOUR RIGHTS! NEWSLETTER N.138 DEL 13/11/13 NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA DEI LAVORATORI (a cura di Marco Spezia - sp-mail@libero.it) INDICE DURATA IN CARICA E MODALITA DI NOMINA DEI RLS NEL SETTORE PUBBLICO 1 UMBRIA OLII: SPERIAMO CHE LA CASSAZIONE RISTABILISCA LA VERITA 5 NO ALLA SORVEGLIANZA SANITARIA FUORI DALL ORARIO DI LAVORO 6 MOVIMENTAZIONE MERCI: PREVENZIONE E GESTIONE DEGLI INCENDI 8 SPAZI CONFINATI: CHIARIMENTI E CRITICITA DEL D.P.R.177/11 11 OBBLIGHI E PREVENZIONE IN MATERIA DI ALCOL E PROBLEMI ALCOLCORRELATI 14

2 DURATA IN CARICA E MODALITA DI NOMINA DEI RLS NEL SETTORE PUBBLICO LE CONSULENZE DI SICUREZZA KNOW YOUR RIGHTS! N.33 Come sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA KNOW YOUR RIGHTS! è anche quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare chiarezza sui diritti del lavoratori. Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie newsletters, queste consulenze. Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi. Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte. Marco Spezia QUESITO Ciao, siamo la RSU di un Amministrazione Comunale, ma non abbiamo ad oggi nostri Rappresentanti per la Sicurezza dei Lavoratori (RLS) all interno dell organizzazione aziendale. Abbiamo più volte evidenziato all Amministrazione la notevole disattenzione raggiunta dalla dirigenza rispetto alla tutela della salute del proprio personale Abbiamo formalmente richiesto informazioni sui risultati dell analisi dei rischi presenti in azienda e in particolare la possibilità di visionare il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR): l Amministrazione Comunale non ci ha mai fornito risposte conclusive e neppure i documenti richiesti, adducendo la ragione che può fornirli solo agli RLS. Gli RLS attualmente in carica non sono mai intervenuti su nostra richieste, anzi da parte loro vi è stato un silenzio totale. Non vi è assolutamente chiarezza di ruolo e funzioni. Mettiamo in evidenza che l elezione degli RLS è avvenuta 15 anni fa e ci sorge il dubbio sulla correttezza di una così lunga durata in carica di tale figura all interno di una Amministrazione Comunale. L Amministrazione Comunale non convoca un incontro da almeno sette mesi per arrivare a definire come andare al rinnovo degli RLS. Noi riteniamo che, seguitando ad agire in questo modo, si ledono i diritti fondamentali di lavoratrici/ori, come da normativa D.Lgs 81/08. Come componenti della RSU dell Amministrazione Comunale, vorremmo, per poter sbloccare questa situazione assurda ed incresciosa e per agire a tutela del personale comunale, nominare unilateralmente come RLS un nostro RSU. A questo punto vorremmo un tuo parere sulla possibilità da parte della RSU o di singoli lavoratori di poter visionare il DVR aziendale. Vorremmo poi un tuo parere su cosa stabilisce la normativa sulla durata in carica degli RLS, se è possibile una nomina unilaterale del RLS da parte della nostra RSU e se per la designazione del RLS è per forza necessaria una elezione da parte dei lavoratori, oppure se è sufficiente la loro designazione (il D.Lgs.81/08 parla di elezione o designazione ). RISPOSTA Ciao, a seguire riporto quanto stabilisce la normativa vigente per i vari quesiti che mi proponete

3 CONSEGNA DEL DVR Ai sensi della vigente normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori (D.Lgs.81/08, nel seguito Decreto), il Documento di Valutazione del Rischio (DVR) dell azienda (in questo caso l Amministrazione Comunale), redatto ai sensi degli articoli 17, 28, 29 del Decreto deve essere obbligatoriamente consegnato dal datore di lavoro ai RLS. Infatti l articolo 18, comma 1, lettera o) impone come obbligo a carico del datore di lavoro o dei dirigenti il seguente: Il datore di lavoro [...] e i dirigenti [...] devono consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all articolo 17, comma 1, lettera a) [il DVR]. Il mancato adempimento da parte del datore di lavoro e dei dirigenti dell obbligo di cui all articolo 18, comma 1, lettera o) è sanzionato dall articolo 55, comma 5, lettera a) con l arresto da due a quattro mesi o con l ammenda da 750 a euro. Il Decreto non prevede però tale obbligo nei confronti del singolo lavoratore o di associazioni sindacali. L obbligo è relativo ai soli RLS. E però vero che a carico del datore di lavoro e dei dirigenti sussiste l obbligo di informare i lavoratori sui rischi presenti in azienda e sulle misure di prevenzione e protezione da adottare. Infatti l articolo 36 comma 1, del Decreto impone che: Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale; b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l evacuazione dei luoghi di lavoro; [...]. Più in dettaglio l articolo 36, comma 2 del Decreto impone poi che: Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; b) sui pericoli connessi all uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate. Il mancato adempimento da parte del datore di lavoro e dei dirigenti degli obblighi di cui all articolo 36, commi 1 e 2 è sanzionato dall articolo 55, comma 5, lettera c) con l arresto da due a quattro mesi o con l ammenda da a euro. Inoltre l articolo 37, comma 1 del Decreto impone a datore di lavoro e dirigenti anche l obbligo di formazione relativamente ai rischi presenti in azienda. Infatti esso recita: Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza [...] con particolare riferimento a: [...] b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell azienda. [...] Il mancato adempimento da parte del datore di lavoro e dei dirigenti dell obbligo di cui all articolo 37, comma 1 è sanzionato dall articolo 55, comma 5, lettera c) con l arresto da due a quattro mesi o con l ammenda da a euro. Pertanto, al di là della consegna di tutto il DVR ai RLS, il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti a fornire dettagliate informazioni a tutti i lavoratori sui rischi presenti in azienda (e di conseguenza sull esito del processo di analisi dei rischi contenuto nel DVR) e sulle relative disposizioni di prevenzione e protezione e a svolgere per tutti i lavoratori adeguata formazione in me - rito. DURATA IN CARICA DEI RLS Il Decreto non specifica in dettaglio le modalità di elezione dei RLS, né riporta indicazioni sulla durata del loro incarico. A tale proposito si applica però quanto stabilito dal Provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 giugno 1996 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.177 Serie generale Parte prima del 30/07/96) recante Autorizzazione del Governo alla sottoscrizione - ai sensi dell art. 51, comma 1, del decreto legislativo n.29/ del testo del contratto collettivo quadro in merito agli aspetti applicativi del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.626, riguardanti il

4 rappresentante per la sicurezza, concordato il 7 maggio 1996 tra l ARAN e le confederazioni sindacali CGIL, CISL, UIL, CONFSAL, CISAL, CISNAL, CONFEDIR, USPPI e UNIONQUADRI che è scaricabile all indirizzo: Tale provvedimento (avente potere cogente in quanto pubblicato in Gazzetta Ufficiale), ancorché relativo al D.Lgs.626/94 è ancora del tutto valido in forza dell articolo 304, comma 3 del D.Lgs,.81/08, secondo il quale: Fino all emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 2, laddove disposizioni di legge o regolamentari dispongano un rinvio a norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, ovvero ad altre disposizioni abrogate dal comma 1, tali rinvii si intendono riferiti alle corrispondenti norme del presente decreto legislativo. Nella Parte Prima di tale Accordo, sono specificati in maniera chiara, oltre alle modalità di elezione dei RLS, anche i limiti temporali del loro incarico, fissato in tre anni, sia per piccole amministrazioni (con non più di 15 lavoratori), che per grandi amministrazioni (con più di 15 lavoratori) Infatti al punto II Amministrazioni o unità lavorative fino a quindici dipendenti è chiaramente specificato che: La durata dell incarico [del RLS] è di tre anni. Analogamente al punto V Procedure per l elezione o designazione del rappresentante per la sicurezza (per amministrazioni o unità lavorative con più di quindici dipendenti) è chiaramente specificato che: I rappresentanti per la sicurezza restano in carica per un triennio. E quindi evidente che per la vostra Amministrazione Comunale, nel quale i RLS sono in carica da 15 anni, occorre provvedere il prima possibile al loro rinnovo. ELEZIONE O DESIGNAZIONE DEI RLS Anche per tale argomento occorre fare riferimento al già citato Provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 giugno Al punto V Procedure per l elezione o designazione del rappresentante per la sicurezza il Provvedimento stabilisce quanto segue: a) All atto della costituzione della RSU il candidato a rappresentante per la sicurezza viene indicato specificamente tra i candidati proposti per l elezione della RSU. La procedura di elezione è quella applicata per le elezioni delle RSU. b) Nei casi in cui sia già costituita la RSU, per la designazione del rappresentante per la sicurezza si applica la procedura che segue: entro trenta giorni dalla data del presente accordo il/i rappresentante/i per la sicurezza e /sono designato/i dai componenti della RSU al loro interno; tale designazione verrà ratificata in occasione della prima assemblea dei lavoratori; nel caso di diversa indicazione da parte dell assemblea, si procederà a una nuova designazione sempre all interno della RSU; c) Nei casi in cui la RSU non sia stata ancora costituita - e fino a tale evento - e nelle ammini - strazioni o nelle unita lavorative operino esclusivamente le RSA costituite ai sensi del vigente art. 19 della legge n. 300/70 il/i rappresentante/i per la sicurezza e /sono eletto/i dai lavoratori al loro interno secondo le procedure sopra richiamate per le amministrazioni o unità lavorative con numero di dipendenti inferiore a 16, su iniziativa delle organizzazioni sindacali. d) Nelle amministrazioni o unita lavorative in cui vi sia compresenza di RSU e RSA la individuazione del rappresentante per la sicurezza avviene per tramite di una elezione con liste separate e concorrenti, a suffragio universale ed a scrutinio segreto. L elettorato passivo e riservato ai componenti della RSU e delle RSA. e) In assenza di rappresentanze sindacali, il rappresentante per la sicurezza e eletto dai lavoratori al loro interno secondo le procedure sopra richiamate per il caso delle amministrazioni con numero di dipendenti inferiori a 16, su iniziativa delle organizzazioni sindacali. Il verbale contenente i nominativi dei rappresentanti per la sicurezza deve essere comunicato al datore di lavoro. Tale enunciato definisce in maniera estremamente chiara le modalità di elezione o designazione del RLS. E evidente che una designazione unilaterale da parte della vostra RSU non ha alcun valore, non rispettando quanto stabilito dal Provvedimento. Il RLS così designato non potrebbe pertanto essere considerato a tutti gli effetti come effettivo rappresentante dei lavoratori e l Ammini

5 strazione Comunale potrebbe non riconoscerne il ruolo e pertanto non attribuirgli le attribuzioni stabilite dall articolo 50 del D.Lgs.81/08. La designazione unilaterale del RLS da parte della vostra RSU potrebbe però essere un importante segnale all Amministrazione (ancorché solo provocatorio, ma non realmente efficace) per mettere in evidenza la necessità del rinnovo del RLS attualmente in carica da ben 15 anni. Per le modalità di elezione o designazione del RLS, mi sembra che il Provvedimento sia più che chiaro e non richieda ulteriori commenti. Relativamente alla possibilità di designazione dei RLS in alternativa alla sua elezione diretta da parte di tutti i lavoratori, il Provvedimento prevede effettivamente anche la possibilità di loro designazione da parte delle RSU al loro interno, con successiva ratifica da parte dei lavoratori. In caso però di mancata ratifica, occorrerà ripetere la procedura di designazione

6 UMBRIA OLII: SPERIAMO CHE LA CASSAZIONE RISTABILISCA LA VERITA Da: Articolo 21 Io c ero (insieme ad altri amici che si occupano di sicurezza sul lavoro da anni), alla Fiaccolata del 19 Luglio 2008, per ricordare i 4 operai morti nella strage della Umbria Olii Di Campello sul Clitunno (PG) il 25 Novembre del La sentenza emessa dalla Corte di Appello di Perugia l 8 Novembre 2013 ci ha lasciati sconcertati, perché oltre a ridurre la pena all ex AD Giorgio del Papa da 7 anni e 6 mesi a 5 anni e 4 mesi, ha dato un terzo di concorso di colpa alla ditta esterna Manili Impianti dove lavoravano titolare e 3 operai morti carbonizzati nell esplosione. Questa sentenza mi lascia con l amaro in bocca e sinceramente faccio fatica a capirla. E una sentenza che rischia di creare un precedente molto pericoloso se non verrà ribaltata in Cassazione. L ex AD della Umbria Olii Giorgio Del Papa, ha fatto di tutto in questi anni per non venire processato: ha denunciato i periti del tribunale che avevano redatto una perizia a lui avversa, e l assicurazione Unipol che aveva liquidato i quattro lavoratori morti assolvendoli da qualsiasi responsabilità, ha ricusato il GIP a otto giorni dall udienza dell 11 Luglio 2008 (sapendo che la Procura di Spoleto l avrebbe rinviato quasi sicuramente a giudizio). Infine, ha fatto la cosa più vergognosa di tutte (che ha fatto indignare l Italia intera), cioè, ha chiesto in sede civile, oltre 35 milioni di euro di danni a familiari delle vittime. Per sua sfortuna il giudice Fornaci aveva annullato la perizia su cui si basava questa richiesta di maxi risarcimento, perché irregolare (ovviamente Del Papa ha ricusato pure lui). Scaricare una parte della colpa sulla ditta appaltatrice come è accaduto con la sentenza di appello, quindi sui 4 operai morti, lo trovo raccapricciante. Del Papa sapeva benissimo che quei silos contenevano un gas altamente esplosivo (esano), ma dubito avesse avvertito la ditta Manili. La dittà Manili pensava di avere a che fare con semplice olio di oliva e non poteva sapere assolutamente che dentro a quei silos ci fosse invece olio di sansa e gas esano, che è una miscela esplosiva, che ha provocato la morte dei 4 operai (compreso il titolare della ditta Manili). Se l avessero saputo, sono sicuro al 100% che non si sarebbero trovati a lavorare lassù! La cosa che inoltre mi lascia basito, è, che a parte la Cgil Umbria, la Fiom Cgil, il Comune di Campello, Rifondazione Comunista che si sono indignati di fronte a questa sentenza, i sindacati nazionali e gli altri partiti politici non hanno detto una sola parola su questa sentenza sconcertante! Per una volta, invece di criticarli come faccio di mio solito, voglio ringraziare i mezzi d informazione per aver dato ampio spazio a questa sentenza, che anche se è stata riformata parzialmente in appello, una condanna l ha prodotta ed è quella a 5 anni e 4 mesi di reclusione per Del Papa: questa è l unica nota positiva! Speriamo che la Cassazione ristabilisca la verità e ridia a Giuseppe Coletti, Tullio Mottini, Vladimir Todhe, Maurizio Manili il rispetto che si meritano. Ai loro famigliari va tutta la mia solidarietà umana e civile! Marco Bazzoni Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza Firenze 11 novembre

7 NO ALLA SORVEGLIANZA SANITARIA FUORI DALL ORARIO DI LAVORO Da: Cobas Pisa 24 ottobre 2013 In merito alla possibilità per un azienda di fare eseguire le visite mediche per la sorveglianza sanitaria al di fuori dell orario di lavoro, molte sono le inesattezze costruite ad arte per esigere dai lavoratori e dalle lavoratrici sempre maggiori prestazioni. I diritti sono ormai diventati un onere e le normative raggirate. La sorveglianza sanitaria, secondo il D.Lgs.81/08 rientra tra le misure generali di tutela della salute dei lavoratori. Infatti l articolo 15, comma 1 del Decreto recita: Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono: [...] l) il controllo sanitario dei lavoratori; [...]. Tale misura generale viene poi esplicitata come obbligo a carico del datore di lavoro e dei dirigenti ai sensi dell articolo 18, comma 1, lettera g): Il datore di lavoro [...] e i dirigenti [...] devono inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico competente l osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto e del medico competente, ai sensi dell articolo 25, comma 1, lettera b): Il medico competente programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati. In condizioni di routine (quindi al di là della visita preventiva, di quella a seguito di cambio di mansione, ecc.) la sorveglianza sanitaria si esplicita tramite visite mediche periodiche, secondo quanto stabilito dall articolo 41, comma 1, lettera b): La sorveglianza sanitaria comprende visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l anno [...]. La sorveglianza sanitaria, che può comprendere, a giudizio del medico competente, anche esami clinici e biologici e indagini diagnostiche, è a totale onere del datore di lavoro, secondo l articolo 41, comma 4: Le visite mediche di cui al comma 2 [sono] a cura e spese del datore di lavoro [...]. E chiaro quindi che ogni spesa relativa alla sorveglianza sanitaria deve essere a esclusivo carico del datore di lavoro e non può incidere minimamente sul lavoratore. Inoltre, l articolo 15, comma 2, specifica in maniera evidente che: Le misure relative alla sicurezza, all igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori. Il D.Lgs.81/08 stabilisce quindi l assoluta mancanza di qualunque onere a carico del lavoratore relativamente alle misure di tutela della sua salute e sicurezza, evidenziando con l inciso in nessun caso che tale concetto si applica a tutte le misure previste come obbligatorie dal Decreto stesso. Di conseguenza le visite mediche e gli ulteriori accertamenti definiti dal medico competente all interno del protocollo di sorveglianza sanitaria devono essere svolti all interno dell orario di lavoro

8 In caso contrario (visite e accertamenti al di fuori dell orario di lavoro) la sorveglianza sanitaria, come misura di tutela, comporterebbe un onere finanziario a carico del lavoratore (perdita di tempo, costo della trasferta). Fermo restando il principio di cui sopra (assenza di oneri a carico del lavoratore) si può, all interno della contrattazione nazionale e particolare, raggiungere un accordo secondo il quale le visite mediche possano essere svolte anche al di fuori dell orario di lavoro, alle precise condizioni però che al lavoratore venga corrisposta l indennità relativa al lavoro straordinario per la durata della visita e il rimborso delle spese sostenute per raggiungere da casa il luogo dove si svolgono le visite (azienda, ambulatorio, ecc.) e quelle per il ritorno. Alla luce di quanto scritto è utile e necessario: calendarizzare le visite mediche dal lunedì al venerdì secondo il principio che nessun onere deve essere a carico del lavoratore; in caso di visite mediche, il personale deve essere autorizzato ad usare il mezzo privato (soprattutto se chiamato nel corso della giornata); a tal riguardo serve una disposizione scritta dell ufficio Prevenzione e Protezione ai singoli dirigenti Si ricorda in ogni caso che il dipendente, sia che usi il mezzo privato che quello pubblico (ma in questo caso è a carico dell azienda la spesa del biglietto), è a tutti gli effetti in servizio. RAPPRESENTANTI LAVORATORI ALLA SICUREZZA COBAS In collaborazione con Marco Spezia della Newsletter Know Your Rights

9 MOVIMENTAZIONE MERCI: PREVENZIONE E GESTIONE DEGLI INCENDI Da: PuntoSicuro 24 ottobre 2013 La prevenzione e protezione antincendio e l uso dei mezzi estinguenti nella gestione degli incendi che avvengono durante la movimentazione di merci pericolose. Le misure tecniche e organizzative, le tipologie di estintori e il loro impiego. Ogni lavoratore addetto alla movimentazione di merci pericolose deve essere formato e addestrato non solo per affrontare i rischi direttamente correlati alle attività di sollevamento, movimentazione e trasporto, ma anche per affrontare le eventuali emergenze che si possono verificare. Ed una delle emergenze più frequenti è l incendio della merce. A questo proposito la pubblicazione Movimentazione merci pericolose. Carico, scarico, facchinaggio di merci e materiali. Manuale sulla sicurezza destinato agli addetti al carico, scarico, facchinaggio di merci e materiali pericolosi, realizzata dalla Direzione Centrale Prevenzione dell Inail in collaborazione con Parsifal Srl, riporta una breve guida ai comportamenti da assumere in caso di emergenze. Innanzitutto il documento sottolinea l importanza della prevenzione degli incendi per evitare sia danni diretti (incendio), che indiretti (sviluppo di sostanze pericolose in seguito all incendio). Queste le principali categorie di interventi di prevenzione, contro i prodotti infiammabili (o combustibili): misure tecniche: realizzazione di impianti e depositi sicuri con misure di inertizzazione, adozione di cicli chiusi prevenendo la formazione di miscele pericolose, all interno del campo di infiammabilità; accurata e periodica manutenzione degli impianti; impiego di materiali, di sistemi di messa a terra ed equipotenzialità, di impianti elettrici, di sistemi di movimentazione, volti a evitare la formazione di cariche elettrostatiche, scintille o fonti di innesco; ricambio dell aria, ventilazione naturale e realizzazioni ambientali volte a evitare l accumulo di gas, vapori o polveri infiammabili in concentrazioni pericolose; protezione dalle scariche atmosferiche e messa a terra; misure organizzative, procedurali, comunicative: minimizzazione dei quantitativi di sostanze pericolose presenti; rispetto dell ordine e pulizia; divieto di fumare e impiegare fiamme libere; procedure e permessi di lavoro; gestione e sorveglianza dei lavori in appalto o subappalto; adozione di regolamenti interni di sicurezza e sorveglianza sulle misure adottate; informazione, formazione e addestramento dei lavoratori. Vi sono poi interventi di protezione o contenimento, misure di sicurezza per la riduzione delle conseguenze di un incendio: misure tecniche: compartimentazione e separazione delle aree a rischio, in strutture resistenti al fuoco; impiego di rivestimenti e arredi realizzati con materiali ignifughi, o non partecipanti alla combustione; adozione di sistemi di rilevazione, allarme e spegnimento automatici, e delle attrezzature antincendio; realizzazione e mantenimento in perfetta efficienza di percorsi di esodo, porte e scale di emergenza; installazione di sistemi di illuminazione di emergenza e gruppi di continuità per le attrezzature e gli impianti critici; misure organizzative, procedurali, comunicative: manutenzione dei sistemi di allarme e di sicurezza e delle attrezzature antincendio; adozione di segnaletica; divieto di fumare e impiegare fiamme libere; organizzazione delle squadre di pronto intervento, definizione dei piani di emergenza e dei collegamenti con i mezzi di intervento esterni; informazione, formazione e addestramento dei lavoratori. Se poi, malgrado gli interventi di prevenzione e/o protezione adottati, la merce pericolosa movimentata è coinvolta in un incendio, occorre che i lavoratori adottino comportamenti atti a proteggere loro stessi dagli effetti dell incendio e, laddove possibile, a limitarli. A tal fine, è fondamentale la preliminare lettura della scheda dati di sicurezza del prodotto; infatti dalla scheda sono rilevabili le informazioni sulle adeguate misure antincendio (Sezione 5)

10 e sui prodotti di decomposizione in seguito a incendio (Sezione 10), prodotti che possono avere caratteristiche di pericolosità (tossici, corrosivi, ecc.), per le quali è necessario sottrarsi all esposizione o adottare opportuni dispositivi di protezione individuale. Veniamo ora brevemente a parlare degli interventi di estinzione degli incendi. Sappiamo che gli estintori portatili sono i mezzi più diffusi per contrastare l insorgere degli incendi, grazie alla facilità e prontezza di impiego. Il documento si sofferma su vari aspetti: le condizioni che originano un incendio, le caratteristiche e le tipologie degli estintori, il posizionamento e la manutenzione degli estintori, le indicazioni su come intervenire correttamente in caso di incendio. Ci soffermiamo su alcuni singoli aspetti rilevanti per l impiego di un estintore, ad esempio sulla capacità di estinzione. Infatti non tutti gli estintori sono uguali e la capacità di estinzione, indicata con una sigla (ad esempio 13A 89BC), individua il focolare convenzionale massimo che l estintore è in grado di spegnere. Il valore è determinato attraverso prove di spegnimento di focolari tipo, cioè realizzati secondo determinate caratteristiche e specifiche dimensionali fissate dalla norma. All aumentare dei numeri identificativi cresce anche la capacità di estinzione, tenendo conto che le lettere in maiuscolo indicano invece le classi di incendio compatibili con l impiego, ovvero per quali tipi di fuochi l estintore può essere utilizzato: classe A: incendi di materiali solidi, usualmente di natura organica, con formazione di braci (carta, legno, ecc.); classe B: incendi di materiali liquidi o solidi liquefacibili (petrolio, paraffina, vernici, oli, grassi, ecc.); classe C: incendi di gas; classe D: incendi di sostanze metalliche; classe E: incendi di materiale elettrico (impianti in tensione). Diamo brevemente qualche indicazione relativa all uso delle varie tipologie di estintori: estintore ad acqua: il suo impiego è generalmente riservato agli impianti di spegnimento fissi; nel corso degli anni, le ricerche svolte dall ingegneria antincendio hanno dimostrato che l aggiunta di alcune sostanze nell acqua (quali i tensioattivi) ne aumenta l efficacia estinguente potenziandone l azione bagnante, riducendo la tensione superficiale e permettendo all acqua di distribuirsi uniformemente e penetrare negli interstizi, raffreddando le parti incandescenti più profonde; grazie alla riduzione della tensione superficiale, alcuni tipi di fuochi di classe A, quali balle di cotone o di fieno, normalmente difficili da estinguere mediante la semplice acqua, possono essere spenti più facilmente attraverso l uso di un adeguato agente tensioattivo; gli estintori ad acqua NON possono essere utilizzati su impianti elettrici in tensione; estintore ad anidride carbonica: la CO2 è adatta a tutti i fuochi di classe C; essa non conduce elettricità, indi è raccomandata per i fuochi in presenza di un conduttore (classe E): trasformatori, centrali telefoniche, pannelli elettrici, computer, motori, ecc.; NON si può invece considerare validamente efficace su incendi di classe A, per la difficoltà di spegnimento delle braci; l erogazione del gas avviene tramite un ampio cono, che protegge la mano dell operatore dal repentino abbassamento della temperatura; gli estintori sono dotati di una valvola di sicurezza che assicura il rilascio della CO2, in caso di sovrappressione, possibile nel caso di una prolungata esposizione a temperature superiori ai 60 ; estintore a polvere: questo tipo di estintore è chiamato anche universale; infatti gli estintori a polvere sono idonei su tutte le classi di incendio, salvo mettere in evidenza che i residui di polvere potrebbero danneggiare le apparecchiature elettriche; la polvere deve essere indirizzata alla base dell incendio, con direzione concorde al vento prevalente; sugli incendi di classe B (liquidi infiammabili), occorre verificare che la quantità di estinguente sia sufficiente a spegnere l incendio; diversamente, con l affondamento della polvere nel liquido stesso, l incendio può riattivarsi; estintore a schiuma: la schiuma è idonea a estinguere i fuochi di classe A (solidi) e B (liquidi); NON è utilizzabile su apparecchi elettrici in tensione; la schiuma è l estinguente più usato nel settore industriale, in ambienti quali raffinerie, depositi di materiali infiammabili, ecc.; sul mercato, esistono diversi tipi di schiumogeni; l uso e la scelta delle schiume dipendono dalla compatibilità con esse del prodotto da proteggere e spegnere;

11 estintore a estinguenti gassosi: le sostanze utilizzate possono essere di natura diversa (principalmente clorofluorocarburi o CFC); nella scelta, è importante preferire gli estinguenti gassosi a bassa tossicità per l uomo e a impatto ambientale limitato; per prestazioni e utilizzo, sono simili agli estintori a CO2; possono quindi essere usati su apparecchi in tensione. Ricordando che l incendio è una reazione chimica incontrollata, in condizioni continuamente variabili, che dipendono dalla tipologia e dall entità dei materiali coinvolti, oltre che dai fattori ambientali, l impiego degli estintori può essere utile: nella fase iniziale di un incendio, per un primo intervento; negli incendi più gravi, per contrastare la propagazione delle fiamme, in attesa dell utilizzo dei mezzi antincendio più potenti. Per domare piccoli incendi può essere sufficiente l utilizzo di uno o due estintori, ma è sempre necessario agire in sicurezza, qualunque sia l entità del focolare. Veniamo infine alle indicazioni per l impiego di un estintore: prelevare l estintore; togliere il fermo di sicurezza; impugnare con la mano sinistra l estintore, e con la destra l erogatore; operare sempre sopravvento rispetto al focolare; dirigere il getto alla base delle fiamme, avvicinandosi progressivamente; durante l erogazione, muovere leggermente a ventaglio l estintore; evitare di colpire la fiamma dall alto in basso; avanzare mantenendo le spalle verso la via di fuga più libera vicina; se si interviene in due, avanzare sullo stesso fronte, con un angolo di circa 90 per non ostacolarsi o contrapporsi; al termine dell intervento, verificare che il focolaio sia effettivamente spento e che non ci siano braci accese. Ma soprattutto occorre intervenire solo se si è in grado di spegnere l incendio, operando alla giusta distanza di sicurezza! Se la situazione diviene incontrollabile, abbandonare immediatamente il luogo dell incendio, in particolare se al chiuso (la causa prima di decesso, in conseguenza degli incendi, è costituita dalle intossicazioni originate dai fumi di combustione). Il documento Movimentazione merci pericolose. Carico, scarico, facchinaggio di merci e materiali. Manuale sulla sicurezza destinato agli addetti al carico, scarico, facchinaggio di merci e materiali pericolosi, pubblicazione realizzata dalla Direzione Centrale Prevenzione dell Inail in collaborazione con Parsifal Srl, versione 2012 è scaricabile all indirizzo: pdf

12 SPAZI CONFINATI: CHIARIMENTI E CRITICITA DEL D.P.R.177/11 Da: PuntoSicuro 29 ottobre 2013 di Tiziano Menduto La confusione sulla definizione di spazio confinato, le criticità della normativa italiana e l importanza delle norme tecniche: alcuni chiarimenti in un intervista ad Adriano Paolo Bacchetta, esperto nazionale in materia. Gli spazi confinati non solo rappresentano un ambiente e una fonte di pericolo per i lavoratori che vi lavorano, ma sono anche un confine in cui si incrociano definizioni diverse, spesso con significati diversi (spazi confinati, ambienti sospetti di inquinamento o confinati, spazi chiusi, ambienti indoor, ecc.). E a questo confine giungono anche le velleità del legislatore che cercano, a volte senza riuscirci completamente, di fare ordine nella materia e obbligare alla prevenzione. Obbligo, che come vedremo, non sempre è efficace e dà i risultati sperati. Al margini del 3 Convegno Nazionale sulle attività negli Spazi Confinati, abbiamo pensato di girare dubbi e perplessità ad Adriano Paolo Bacchetta, coordinatore di e tra i principali esperti nazionali in tema di spazi confinati. La breve intervista, realizzata ad Ambiente Lavoro di Bologna, affronta innanzitutto il tema spinoso delle definizioni: cosa si intende con ambiente confinato? Un termine che lo stesso Bacchetta indica prestarsi a una non corretta interpretazione, anche in riferimento al fatto che si tende a sovrapporre la definizione di ambienti sospetti di inquinamento o confinati del D.P.R.177/11 (Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n.177 Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, a norma dell articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 ), alla definizione generale di spazio confinato. Dopo aver dato indicazioni più stringenti sui confined spaces, anche con riferimento alla normativa americana, non si può evitare di parlare delle criticità della normativa italiana, del D.P.R.177/11. Secondo Bacchetta il D.P.R.177/11 doveva semplicemente dire che era necessario appoggiarsi su una struttura normativa intesa come norma tecnica. Adesso abbiamo il D.P.R.177/11, con tutti i suoi problemi, della certificazione, della durata della formazione di almeno un giorno, del fatto del 30% dell esperienza, del fatto che obbliga dal 23 novembre 2011 le aziende a fare formazione ma non mi dà ancora i criteri e oggi ciascuno fa quello che vuole (durata argomenti modalità). Serviva un articolato legislativo che dava i principi da rispettare. Bisognerebbe continua Bacchetta limitare l applicazione o l orientamento legislativo a dare i principi derivanti dalla Costituzione: tutela del lavoro, tutela dei lavoratori, ecc. Poi su alcuni argomenti limitarsi a sollecitare in maniera puntuale l applicazione di norme tecniche che sono molto più dinamiche, che sono condivise, che fanno parte comunque dell evoluzione e che sono facilmente aggiornabili rispetto all esperienza. Anche perché chiedere a livello normativo troppe cose a fronte di rischi anche limitati o gestibili in maniera diversa, senza una scalabilità del rischio con obblighi conseguenti, pone le aziende nella condizione di non fare niente. Riportiamo a seguire la trascrizione dell intervista. DOMANDA: Esiste una definizione univoca relativa agli spazi confinati? ADRIANO PAOLO BACCHETTA: Cominciamo a dire che il termine ambiente confinato è un termine che oggi si presta a una non corretta interpretazione perché se noi andiamo a ricercare ambiente confinato su internet troviamo le problematiche dell indoor air quality. Nel senso che in definitiva nell accezione comune se associato a sospetto d inquinamento viene fuori il D.P.R.177/11, ma passando i primi due o tre punti che possiamo trovare sul motore di ricerca,

13 cominciamo a vedere che l ambiente confinato è relativo ai problemi del sistema di ventilazione, problema della legionella, la sindrome dell edificio malato, ecc.. E ci sono fior di documenti di organismi statali che parlano proprio di qualità dell aria nell ambiente confinato. Allora la domanda è: come può essere che lo stesso termine di ambiente confinato possa essere utilizzato per un ambiente che ha le peculiarità di un confined spaces o anche di qualcosa che rientra nel D.P.R.177/11 e contestualmente, con la stessa terminologia, altri enti, come ARPA o altre organizzazioni comunque statali, chiamano invece una stanza dove c è un impianto di ventilazione. Ad esempio nella terminologia del D.Lgs.272/99 (Decreto Legislativo n.272 del 27 luglio 1999 Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori nell espletamento di operazioni e servizi portuali, nonché di operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485 ), si parla di spazi chiusi della nave, quindi le stive e ambienti di questo tipo. Se andiamo a vedere la norma UNI EN 529, che poi è quella che tiene conto dei dispositivi di protezione respiratoria, c è un altra modalità ancora di chiamare questi ambienti. Si parla di ambienti circoscritti. Già partendo da lì, si ha l indicazione che da noi c è confusione. DOMANDA: Con da noi intende che da qualche parte ce n è di meno? ADRIANO PAOLO BACCHETTA: Il concetto è che se uno parla di confined spaces a livello internazionale quelli sono e sono chiari. Dopo di che, per fare una esemplificazione, a livello nazionale noi parliamo di ambienti sospetti d inquinamento o confinati di cui al D.P.R.177/11. Le stesse norme OSHA (Occupational Safety and Health Administration) hanno cinque definizioni diverse di confined spaces a seconda che sia edilizia, industriale, agricoltura, navi o porti. E lasciamo perdere l NFPA (National Fire Protection Association), perché anche le norme NFPA hanno altre modalità per identificare questi ambienti. Ci sarà un motivo per cui qualcuno ha perso tempo per definire in cinque modi (simili, ma con peculiarità differenti) l ambiente confinato a seconda di quale tipologia di ambiente è. Ci deve essere un motivo e il motivo è relativo al fat - to che non è possibile applicare gli articoli 66, 121 e l articolo 3 dell allegato IV del D.Lgs.81/08 a tutto il mondo. Ci sono peculiarità diverse che dovrebbero essere tenute in considerazione. DOMANDA: Cambierà qualcosa in Italia? Miglioreranno le definizioni e le normative? ADRIANO PAOLO BACCHETTA: Io amo citare Neil McManus (NorthWest Occupational Health & Safety Canada), che tra l altro è stato in audio conferenza ieri al mio terzo convegno nazionale. Lui, quando ad un certo punto, è stato chiamato dall ILO (International Labour Organization) a parlare degli ambienti confinati, dei confined spaces, ha detto una cosa lapidaria ma che è di una chiarezza cristallina: qualsiasi ambiente dove una persona lavora può diventare uno spazio confinato. Quindi in realtà questa abitudine italica di caratterizzare (quanto è lungo, quanto è largo, quanto è profondo) deve uscire. I concetti da noi sono quelli che, ad esempio, portano a fare la valutazione del rischio dimenticando un fattore di rischio che è fondamentale che nella normativa americana che definisce il cosiddetto IDLH (Immediately Dangerous to Life or Health), ovverossia la condizione di pericolo grave o immediato per la salute e sicurezza del lavoratore. E al di là del fatto che ci sia presente una sostanza chimica o meno, al di là del fatto che ci siano delle condizioni di rischio diverso, la terza condizione prevista nei IDLH è l autosalvamento. Se una persona non è in grado in particolari condizioni di essere capace con le proprie forze di poter uscire o poter risolvere una situazione pericolosa. Su questa condizione dell IDLH bisogna ragionare. E questo non fa parte della nostra cultura. No, il problema non è solo il TLV/TWA (il TLV/TWA rappresenta il valore limite di soglia, le concentrazioni sotto le quali la maggior parte dei lavoratori può rimanere esposta senza alcun effetto negativo per la salute) è l IDLH, perché anche se il TLV/TWA è anche rispettato, a un certo punto, come abbiamo sentito in alcuni interventi, vai a fare l analisi e scopri che la persona che sta facendo quel ripristino con un solvente è abbondantemente oltre all IDLH, cioè a quella concentrazione tale per cui si genera una situazione di pericolo o di rischio immediato per la salute e sicurezza, addirittura la vita, del lavoratore. Tuttavia l IDLH alcuni lo conoscono, altri non sanno cos è. Tutta la norma americana si basa su questo, non va a vedere quanto è lungo, quanto è largo. Dice, con alcune condizioni specifiche per quanto riguarda l accessibilità e la presenza di rischi, hai una condizione IDLH? Loro, ad esempio, dicono permitted required confined spaces (ambiente confinato con il permesso d ingresso). Se sei nella condizione di dover richiedere un permesso, di avere a che fare cioè con un permitted required confined spaces, a questo punto te lo modulo in tre classi: A, B e C. A è IDLH, B è un grado severo, ma non così rilevante, C è un

14 grado inferiore. Quest idea è di scalare i livelli di rischio, di scalare le attività necessarie in funzione dell effettivo rischio. L applicazione pedissequa del D.P.R.177/11 porta la gente fondamentalmente a fare tutto anche quando c è un livello di rischio molto basso. E tutto questo è spesso utilizzato per dire Devo fare tutta questa roba qui, per una roba così? Allora non faccio niente. Chiedere tutte queste cose a fronte di rischi anche limitati o gestibili in maniera diversa e non avere questa scalabilità del rischio con obblighi conseguenti, pone le aziende nella condizione o dà il là per non fare niente. DOMANDA: Dunque cosa dovrebbe cambiare? ADRIANO PAOLO BACCHETTA: Bisognerebbe limitare l applicazione o l orientamento legislativo a dare i principi derivanti dalla Costituzione: tutela del lavoro, tutela dei lavoratori. Poi su alcuni argomenti limitarsi a sollecitare in maniera puntuale l applicazione di norme tecniche che sono molto più dinamiche, che sono condivise, che fanno parte comunque dell evoluzione e che sono facilmente aggiornabili rispetto all esperienza. Il D.P.R.177/11 così è e ce lo terremo per i prossimi 10 anni. Esattamente nello stesso modo. Ti esce la circolare del Ministero che spiega il subappalto? È una circolare: che valenza giuridica ha un domani? Se qualcuno ha un problema e va in giudizio. Il giudice applicherà la legge o andrà a vedere anche le eventuali interpretazioni e i parerei dei vari soggetti? Credo che su alcune tematiche come questa andrebbe veramente fatto questo: uno sforzo per capire cosa c è a livello internazionale, a livello di evoluzione. Perché gli americani sono 40 anni che sono dietro alle norme OSHA

15 OBBLIGHI E PREVENZIONE IN MATERIA DI ALCOL E PROBLEMI ALCOLCORRELATI Da: PuntoSicuro 31 ottobre 2013 Un documento del CPT di Torino si sofferma sui rischi alcolcorrelati e propone l adozione di adeguate misure preventive con riferimento alla normativa nazionale e regionale. Gli effetti dell alcol, le attività a rischio, gli obblighi e la prevenzione. Il consumo di bevande alcoliche non solo può essere dannoso per la salute, ma costituisce anche un fattore di rischio negli ambienti di lavoro e aumentare i pericoli per i lavoratori e per l incolumità dei terzi. Ed infatti, secondo alcuni dati, oltre il 10% degli infortuni sul lavoro può essere riconducibile all assunzione di bevande alcoliche. Torniamo dunque a parlare di rischi alcolcorrelati con riferimento ad un documento elaborato dal CPT di Torino, dal titolo Indicazioni per l applicazione delle norme in materia di alcol e problemi alcolcorrelati, che ha lo scopo di evidenziare l importanza e la necessità di eseguire una corretta stima di questo fattore di rischio e di adottare adeguate misure preventive, anche alla luce della nuove disposizioni della Regione Piemonte. Infatti nel documento si fa riferimento alla Deliberazione della Giunta Regionale (DGR) del 22 ottobre 2012, n Atto di indirizzo per la verifica del divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche e per la verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l incolumità o la salute dei terzi, ai sensi dell Allegato 1 dell Intesa Stato-Regioni 2006 e dell articolo 41 comma 4-bis del D.Lgs.81/08. La Deliberazione della Regione Piemonte recepisce il Provvedimento della Conferenza Permanente Stato-Regioni del 16 marzo 2006 e approva gli allegati alla deliberazione stessa in assenza delle nuove modalità per l accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza in via di emanazione da parte della Conferenza Stato Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano. Il CPT di Torino sottolinea che, come indicato dall Organizzazione Mondiale della Sanità, l alcol è una sostanza psicotropa capace di indurre dipendenza. Inoltre il consumo di bevande alcoliche altera le prestazioni psicofisiche dei lavoratori e costituisce dunque un fattore di rischio per l accadimento di incidenti e infortuni sul lavoro. A seconda delle quantità ingerite, l alcol può: essere un sedativo e quindi rendere stanchi e disattenti, rallentare i riflessi, ridurre il campo visivo, diminuire la capacità di concentrazione, ridurre la capacità di riconoscere i pericoli; aumentare l effetto del calore ambientale nei periodi caldi, che causa la dilatazione delle arterie e la conseguente diminuzione della pressione del sangue, dando origine a stordimento, vertigini e perdita del senso di equilibrio; provocare danni biologici (es. malattie dell apparato digerente e cardiovascolare) e psicosociali (ad esempio l alcol, col tempo, favorisce l isolamento, riduce la capacita di autocontrollo, può determinare reazioni violente). Dopo essersi soffermato sulle norme vigenti in materia di alcol, il documento si sofferma sulle attività a rischio. In particolare le attività lavorative a rischio che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l incolumità o la salute dei terzi sono indicate nell Allegato 1 del Provvedimento del 16 marzo 2006 della Conferenza Stato-Regioni (riportate anche nell allegato 1 della DGR della Regione Piemonte). Questo un breve stralcio dell elenco: attività per le quali è richiesto un certificato di abilitazione per l espletamento di lavori peri

16 colosi come ad esempio l attività di fochino; sovrintendenti ai lavori entro tubazioni, canalizzazioni, recipienti e simili nei quali possono esservi gas, vapori o polveri tossici, asfissianti, infiammabili oppure esplosivi; mansioni inerenti alcune attività di trasporto come ad esempio gli addetti alla guida di veicoli stradali per i quali è richiesto il possesso della patente di guida categoria B, C, D, E; manovratori di apparecchi di sollevamento, con l esclusione di carri ponte con pulsantiera a terra; addetti alla guida di macchine di movimentazione terra e merci; lavoratori addetti ai comparti dell edilizia e delle costruzioni e tutte le mansioni che prevedono attività in quota, oltre i due metri di altezza. Inoltre si segnala che ai sensi dell articolo 40 del D.P.R. 20 marzo 1956, n.321 Norme per la prevenzione degli infortuni e l igiene del lavoro nei cassoni ad aria compressa è vietato agli addetti ai lavori in cassoni ad aria compressa fare uso di bevande alcoliche; è opportuno che tali lavori siano considerati a rischio al pari di quelli previsti dalle norme succitate. In relazione a tali attività veniamo dunque agli obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori. In considerazione degli obblighi previsti dalle norme e in funzione delle indicazioni contenute negli allegati alla DGR, il datore di lavoro e i dirigenti devono: integrare il DVR (Documento di valutazione dei rischi) con l elenco dei lavoratori adibiti alle mansioni a rischio; integrare il DVR con le azioni preventive e di promozione della salute da attuare in riferimento ai rischi connessi all assunzione di alcol; vietare la somministrazione e assunzione di bevande alcoliche e superalcoliche; informare e formare tutti i lavoratori, compresi i preposti, sulle azioni di cui ai punti precedenti; trasmettere al medico competente l elenco dei lavoratori adibiti alle mansioni a rischio; attivare la sorveglianza sanitaria; predisporre una procedura per fronteggiare i casi di lavoratori che hanno assunto bevande alcoliche e che presentano comportamenti inadeguati a causa di tale assunzione, in particolare a fronte del rifiuto degli stessi di abbandonare temporaneamente la mansione; segnalare al medico competente i casi sospetti di assunzione di alcol. Inoltre nell ambito degli obblighi previsti dalle norme il preposto deve: vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori del divieto di assunzione di bevande alcoliche in base agli obblighi di legge e alle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro; informare i suoi superiori diretti nei casi sospetti o evidenti di intossicazione da alcol; applicare e/o far applicare ai soggetti incaricati le procedure aziendali per i casi di lavoratori che hanno assunto bevande alcoliche e che presentano comportamenti inadeguati a causa di tale assunzione. Infine il lavoratore deve osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale. Concludiamo questa presentazione con una breve panoramica delle principali azioni preventive e di promozione della salute da attuare in riferimento ai rischi connessi all assunzione di alcol: informazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, dei dirigenti e dei preposti sullo specifico rischio; informazione/formazione dei lavoratori sul divieto di assumere alcolici prima di iniziare l attività lavorativa a rischio; divieto di somministrazione o assunzione di bevande alcoliche negli ambienti di lavoro e durante le attività lavorative; sorveglianza sanitaria finalizzata ad escludere eventuali condizioni di alcol dipendenza e alla verifica del rispetto del divieto di assunzione di bevande alcoliche. Si sottolinea che in base alla valutazione del rischio effettuata tali misure di prevenzione potranno essere modulate in base al livello di rischio correlato alle singole mansioni

17 Il documento del Comitato Paritetico Territoriale per la prevenzione infortuni l igiene e l ambiente di lavoro di Torino e provincia Indicazioni per l applicazione delle norme in materia di alcol e problemi alcolcorrelati è scaricabile all indirizzo: Il documento Deliberazione della Giunta Regionale Piemonte 22 ottobre 2012, n Atto di indirizzo per la verifica del divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche e per la verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l incolumità o la salute dei terzi, ai sensi dell Allegato 1 dell Intesa Stato-Regioni 2006 e dell articolo 41, comma 4-bis del D.Lgs.81/08 è scaricabile all indirizzo: pdf

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