I NUMERI E LE STORIE DELL ASSALTO ALLE COSTE

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1 Mare monstrum I NUMERI E LE STORIE DELL ASSALTO ALLE COSTE Roma, 28 giugno 2000

2 IL "CHI E'" DI LEGAMBIENTE LEGAMBIENTE è l'associazione ambientalista italiana con la diffusione più capillare sul territorio (1000 gruppi locali, 20 comitati regionali, tra soci e sostenitori). Nata nel 1980 sull onda delle prime mobilitazioni antinucleari, LEGAMBIENTE è un'associazione completamente apartitica, aperta ai cittadini di tutte le idee politiche, religiose, morali, che si finanzia con i contributi volontari dei soci e dei sostenitori delle campagne. E' riconosciuta dal Ministero dell'ambiente come associazione d'interesse ambientale, fa parte del "Bureau Européen de l'environnement", l'unione delle principali associazioni ambientaliste europee, e della International Union for Conservation of Nature. Campagne e iniziative Tra le iniziative più popolari di LEGAMBIENTE vi sono grandi campagne di informazione e sensibilizzazione sui problemi dell inquinamento: "Goletta Verde", il Treno Verde, l'"operazione Fiumi", che ogni anno "fotografano" lo stato di salute del mare italiano, la qualità dell'aria e la rumorosità nelle città, le condizioni d'inquinamento e cementificazione dei fiumi; "Salvalarte", campagna di analisi e informazione sullo stato di conservazione dei beni culturali; Mal Aria, la campagna delle lenzuola antismog stese dai cittadini alle finestre e ai balconi per misurare i veleni presenti nell aria ed esprimere la rivolta del popolo inquinato. LEGAMBIENTE promuove anche grandi appuntamenti di volontariato ambientale e di gioco che coinvolgono ogni anno centinaia di migliaia di persone ( Clean-up the World/Puliamo il Mondo l ultima domenica di settembre, l operazione Spiagge Pulite l ultima Domenica di maggio, i campi estivi di studio e recupero ambientale, Caccia ai tesori d Italia all inizio della primavera), ed è fortemente impegnata per diffondere l'educazione ambientale nelle scuole e nella società (sono migliaia le Classi per l'ambiente che aderiscono all'associazione e molte centinaia gli insegnanti che collaborano attivamente in programmi didattici, educativi e formativi). L azione sui temi dell economia e della legalità Da alcuni anni LEGAMBIENTE dedica particolare attenzione ai temi della riconversione ecologica dell economia e della lotta all illegalità: sono state presentate proposte per rinnovare profondamente la politica economica e puntare per la creazione di nuovi posti di lavoro e la modernizzazione del sistema produttivo su interventi diretti a migliorare la qualità ambientale del Paese nei campi della manutenzione urbana e territoriale, della mobilità, del risanamento idrogeologico, della gestione dei rifiuti; è stato creato un osservatorio su ambiente e legalità che ha consentito di alzare il velo sul fenomeno delle ecomafie, branca recente della criminalità organizzata che lucra migliaia di miliardi sullo smaltimento illegale dei rifiuti e sull'abusivismo edilizio. Gli strumenti Strumenti fondamentali dell'azione di LEGAMBIENTE sono il Comitato Scientifico, composto di oltre duecento scienziati e tecnici tra i più qualificati nelle discipline ambientali; i Centri di Azione Giuridica, a disposizione dei cittadini per promuovere iniziative giudiziarie di difesa e tutela dell'ambiente e della salute; l'istituto di Ricerche Ambiente Italia, impegnato nel settore della ricerca applicata alla concreta risoluzione delle emergenze ambientali. LEGAMBIENTE pubblica ogni anno "Ambiente Italia", rapporto sullo stato di salute ambientale del nostro Paese, e invia a tutti i suoi soci il mensile La Nuova Ecologia, voce storica dell ambientalismo italiano.

3 MARE MONSTRUM INDICE 1. Premessa 1 2. I numeri del mare illegale.5 3. L onda nera Il mare inquinato Cemento in spiaggia L erosione delle coste La pesca di frodo E la nave va: l illegalità del popolo dei naviganti Uranio impoverito e armi chimiche : le guerre sui fondali..80

4 Ringraziamenti Il dossier MARE MONSTRUM è stato realizzato dall Ufficio Ambiente e Legalità, dall Ufficio Campagne e dall Ufficio Stampa di Legambiente Nazionale. Hanno collaborato: Francesca Biffi, Stefano Ciafani, Nunzio Cirino Groccia, Giulio Conte, Lucia Fazzo, Enrico Fontana, Angelo Mancone, Rossella Muroni, Antonio Nicoletti, Peppe Ruggiero, Sebastiano Venneri. Si ringraziano per i contributi forniti: il Comando generale delle Capitanerie di porto, il Comando generale dell Arma dei Carabinieri, il Nucleo Operativo Ecologico dell Arma dei Carabinieri, il Comando generale della Guardia di Finanza, il Corpo Forestale dello Stato che hanno fornito i dati statistici relativi alle attività di controllo in materia di tutela ambientale; Agci Pesca, Fias di Lecce, Cooperativa Gente di Mare 1991 di piccola pesca, Lega Pesca; Ezio Amato, ricercatore Icram; Massimo Avancini, Difesa Mare, Guido Ferraro Commissione Europea Trasporti, Roberto Giangreco, Legambiente Sub, Enzo Incontro, Legambiente Sub; Stefania Massimino, presidente cooperativa Gente di Mare 1991 di piccola pesca; Stefan Micalef Rempec, Toni Mira, giornalista dell Avvenire; Alberico Simioli, direttore dell Area Protetta di Punta Campanella; Alberto Vignali, giornalista de La Nazione de La Spezia; Andrea Costantini, Fias Gallipoli.

5 1. Premessa Dagli ecomostri sulle coste alla pesca dei datteri, passando per gli scarichi illegali e per il catrame sulle spiagge, contro il quale Legambiente ha lanciato quest anno una campagna nazionale (con tanto di cartolina da firmare e spedire all Unione europea, per chiedere misure più severe in materia di trasporto di petrolio). E come se lungo le sponde del nostro paese, nei fondali dei nostri mari o qualche miglia al largo, le leggi non fossero più in vigore: tutto, nel mare monstrum, sembra governato da norme non scritte, da logiche primitive, dalla corsa allo sfruttamento selvaggio assicurato a chi arriva per primo. Quello che succede quotidianamente nei fondali di Punta Campanella, dove i datterari distruggono indisturbati ettari e ettari di fondali, è qualcosa di primordiale e violento, come la Erika che affonda al largo delle coste della Bretagna, come la logica che consente di tenere prigionieri per anni i membri degli equipaggi a bordo delle navi di armatori falliti o inadempienti, come l arroganza che svetta dall alto delle torri del Villaggio Coppola o dalla saracinesca di Punta Perotti, sul lungomare di Bari. Le storie di mare raccolte da Legambiente sono quasi sempre storie di violenza e di illegalità favorite dalle caratteristiche dell elemento mare, che tutto nasconde e sottrae al controllo: bombe o rifiuti, cemento o scarichi, petrolio o bracconieri. Sono quattro i principali fattori di pressione sull ecosistema marino individuati in questo dossier: i fenomeni d illegalità (dalle violazioni al codice della navigazione alla pesca di frodo, dai depuratori fuorilegge fino all abusivismo edilizio); i trasporti e gli sversamenti di petrolio; l inquinamento e il deficit di depurazione, sia quantitativo che qualitativo; la cementificazione, legale e abusiva. Ecco, di seguito, i numeri più significativi che emergono da questa attività di ricerca: nel 1999, le forze dell ordine e le Capitanerie di porto hanno accertato infrazioni, le persone denunciate e 4744 i sequestri effettuati; le attività di prevenzione e repressione hanno riguardato, in particolare, le violazioni al codice della navigazione e alle norme che regolano la nautica da diporto (7.440 infrazioni, pari al 38,5% del totale); l abusivismo edilizio in aree demaniali (4.148 infrazioni accertate, pari al 21,5%); la pesca di frodo (3.418, pari al 17,7%), l inquinamento in generale, dai depuratori allo sversamento di idrocarburi (1.151 infrazioni, 6%); la regione in cui si concentra il maggior numero di illeciti è la Campania, sia in valori assoluti (3.612) sia per quanto riguarda l incidenza delle infrazioni per chilometro di costa (7,69); una maglia nera che, purtroppo, conferma il triste primato di questa regione per quanto riguarda, più in generale, i fenomeni d illegalità ambientale; particolarmente grave appare la situazione nella regione Lazio, che occupa il terzo posto sia della classifica espressa in valori assoluti (2.360 infrazioni, dopo le registrate in Sicilia) sia di quella relativa 1

6 all incidenza dei reati per chilometro di costa (6,53 contro i 7,07 del Veneto, in seconda posizione); in Italia risultano vietati alla balneazione per inquinamento ben 415,8 chilometri di costa, dei quali 270,7 in modo permanente; la regione con il maggio numero di coste proibite è la Campania (89,4 km), mentre la provincia con il mare più inquinato è quella di Caserta (45,3% di costa non balneabile); il maggior numero di infrazioni riscontrate dalle forze dell ordine e dalle Capitanerie di Porto sul fronte dell inquinamento marino si registra, invece, in Puglia (256), seguita dalla Sicilia (183) e dalla Campania (155); l Italia è caratterizzata da un grave deficit di depurazione, che oscilla dai 29 milioni di abitanti equivalenti secondo il censimento dell ISTAT, ai 41 milioni, dell indagine realizzata da Proaqua. Infatti, secondo i dati pubblicati dall Istituto nazionale di statistica nel 1996, che si riferiscono alla situazione al 93, la domanda complessiva di depurazione degli scarichi reflui di origine civile si attesta intorno ai 99 milioni di abitanti equivalenti, dei quali ne risultano depurati circa 70 milioni; in base allo studio dell Istituto di ricerca della Federgasacqua, invece, la domanda di depurazione complessiva dei reflui civili nel nostro Paese si aggira intorno ai 111 milioni di abitanti equivalenti, con una capacità di trattamento dei nostri impianti di depurazione di 69,9 milioni. Questo deficit di depurazione si concentra soprattutto nel Sud (con notevoli e clamorose eccezioni, a cominciare da Milano, ancora priva di impianti); si stima che ogni anno vengano disperse nel Mediterraneo circa un milione di tonnellate di idrocarburi, che determinano una concentrazione di catrame nei fondali pari a 38 milligrammi per metro cubo, la più alta tra i bacini del Pianeta; questa situazione è determinata da un insostenibile carico di trasporti petroliferi: soltanto per ciò che riguarda il nostro Paese, nel 1999 sono state importante, secondo i dati dell Unione Petrolifera, tonnellate di greggio, con una movimentazione di circa 2 milioni di barili al giorno, il 65% dei quali è transitato attraverso i quattro maggiori porti italiani (Augusta, Cagliari, Genova e Trieste); ai fattori diretti d inquinamento si devono sommare quelli indotti da una costante attività di cementificazione abusiva delle coste: grazie al lavoro coordinato dall Unità di gestione infrastrutture per la navigazione e il demanio marittimo del Ministero dei Trasporti, sono stati accertati, nel demanio marittimo, ben casi di abusivismo edilizio; al primo posto, come numero di abusi, figura la Calabria (1.745 casi), seguita dalla Puglia (554) e dalla Campania (550); una classifica sostanzialmente confermata dai dati delle forze dell ordine e delle Capitanerie di Porto, relativi alle infrazioni riscontrate nel 1999: la Calabria, infatti, guida anche questa seconda graduatoria, con 935 infrazioni, seguita dalla Campania (806), dalla Sicilia (803) e dalla Puglia (388); 2

7 a questi dati sulla cementificazione illegale del demanio, già abbastanza impressionanti, occorre aggiungere quelli relativi alle opere e alle occupazioni ancora oggetto di accertamento da parte del Ministero delle Finanze e delle Capitanerie di Porto: si tratta di una superficie pari a circa 8 milioni di metri quadrati, anche questa emersa grazie al già citato lavoro di monitoraggio svolto dal Ministero dei Trasporti; non bastasse il cemento illegale e quello la cui legittimità è ancora tutta da accertare, premono sulle coste italiane nuovi e insensati progetti per la realizzazione di porti turistici, che vengono promossi sfidando qualsiasi corretta analisi economico-finanziaria e lasciando spesso irrisolti, laddove esistono, i veri problemi legati al deficit di posti barca e servizi di qualità; è il caso del porto di Fossacesia, in Abruzzo, in fase di realizzazione alla foce del fiume Sangro, un area di grande rilievo naturalistico: secondo i dati dell Ucina (l Unione cantieri e industrie nautiche ed affini, che aderisce a Confindustria), la navigabilità dei litorali abruzzesi è già assicurata dalla sequenza dei porti presenti ; Regione ed enti locali la pensano diversamente e vorrebbero costruire altri 5 porti, tra cui quello di Fossacesia, ottenendo così un vero e proprio risultato da guinnes dei primati: un porto ogni 13 chilometri di costa; nel Lazio, invece, altre regione a rischio, il Piano di coordinamento dei porti elaborato dalla Regione prevede la realizzazione di altri posti barca (anche in questa regione, secondo l Ucina, le attuali infrastrutture sono più che sufficienti e, semmai, vanno ammodernate); nelle isole minori italiane, infine, si vorrebbero realizzare interventi per la portualità turistica per oltre 625 miliardi di lire; nella sola Isola d Elba dovrebbero essere costruiti, secondo le richieste dei Comuni, 10 nuovi approdi e porti turistici per oltre posti barca; Fin qui i numeri, perlomeno quelli più significativi. Ma anche questo dossier, come gli altri dedicati da Legambiente ai fenomeni d illegalità ambientale che colpiscono il nostro paese, è ricco di storie. E di vertenze promosse da Legambiente: anche quest anno, Goletta Verde guiderà gli assalti agli ecomostri, i Demolition day di Legambiente: 20 obiettivi (da quelli storici, come la saracinesca di Punta Perotti, alle new entry, come il Villaggio Lo Pilato, in provincia di Catanzaro, o quello Sindona, sull isola di Lampedusa), che rappresentano altrettanti emblemi di una frenesia cementificatoria, illegale e non, senza soste né pudori; sempre a bordo delle tre imbarcazioni di Legambiente, viaggerà quest anno la cartolina No al catrame sulle spiagge, indirizzata al Commissario europeo ai trasporti, la signora Loyola de Palacio, in cui si chiedono, dopo il disastro della petroliera Erika, misura assai più severe contro le carrette dei mari e per la tutela del Mediterraneo; 3

8 infine, la pesca di frodo, con tre obiettivi principali: la lotta contro i datterari, che ogni anno sventrano migliaia di metri quadrati di coste (dalla Riserva marina di Punta Campanella, lungo la penisola Sorrentina, a Porto Cesareo, in Puglia, fino alle coste di Siracusa) per mettere sul mercato, a 40mila lire al chilogrammo, i datteri di mare; la repressione della pesca a strascico illegale nel Golfo di Catania, caratterizzata dalla presenza di soggetti malavitosi e che determina danni gravissimi e un clima di totale sfiducia nelle istituzioni da parte degli operatori della piccola pesca, quegli artigiani del mare che Legambiente è impegnata fortemente a salvaguardare; una decisa regolamentazione delle attività dei vongolari nella laguna di Venezia, che presenta diversi motivi di preoccupazione (dalla pesca in aree non consentite, perché inquinate, alle gravi alterazioni causate su migliaia di ettari di fondali, spesso da imbarcazioni non autorizzate). L elenco delle emergenze potrebbe continuare ancora: la pesante eredità delle guerre, fatta di bombe a grappoli, proiettili all uranio impoverito e ordigni chimici rimasti sui fondali, a decine di migliaia, dalla fine della Seconda guerra mondiale a quella, più recente, dei bombardamenti in Kosovo e Serbia; l erosione delle coste, con regioni, come la Calabria (67% di litorali in crisi) e la Campania (58% di spiagge colpite) che rischiano di perdere per sempre una delle loro principali risorse; gli appetiti estrattivi che ancora insistono in particolare sull Alto Adriatico, con la minaccia di ulteriori fenomeni di subsidenza rispetto a quelli naturali. Minacce altrettanto gravi rispetto a quelle riassunte in questa premessa, che rimandano tutte a precise responsabilità. Di fronte ai numeri del mare monstrum, come l ha ribattezzato Legambiente, la classe politica di questo paese è chiamata a scelte chiare e inequivoche, assai simili a quelle che Legambiente sollecita per quanto riguarda la lotta alla criminalità ambientale, da un lato, e la scelta strategica dell ecosviluppo dall altro: tollerenza zero nei confronti degli eco-criminali, attraverso norme più severe anche a tutela dell ecosistema marino; abbandono di scellerate politiche di cementificazione ulteriore delle nostre coste; promozione dei parchi e delle riserve marine; rilancio delle attività di pesca tradizionali, come volano economico e culturale di molte comunità locali. Riconquistare il mare di nessuno al controllo e alla legalità è l obiettivo che come Legambiente vogliamo perseguire nei prossimi anni. Accendere i riflettori su questa terra di confine, su chi ci vive, sulle economie sane che operano sul mare: anche questo farà parte dell attività di Goletta Verde di quest anno. Per un mare più pulito. E più ricco. 4

9 2. I numeri del Mare illegale Dall abusivismo edilizio ai depuratori fuorilegge, dalla pesca di frodo allo scarico di idrocarburi fino ai comportamenti di chi naviga in motoscafo o in gommone, purtroppo spesso, non rispettosi delle più elementari norme di sicurezza. I dati forniti da Nucleo operativo ecologico dell Arma dei carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo forestale dello Stato e regionale e dalle Capitanerie di porto (il cui contributo al rispetto della legalità viene per la prima volta monitorato dalla nostra associazione), elaborati da Legambiente, offrono uno scenario davvero preoccupante per quanto riguarda i fenomeni d illegalità ambientale relativi all ecosistema marino: infrazioni accertate, persone denunciate o arrestate e sequestri effettuati.. IL QUADRO GENERALE (1999) Noe - Cc* Gdf** Cfs - Cfr*** Capitanerie TOTALE di porto Infrazioni accertate Persone denunciate o arrestate Sequestri effettuati Fonte: elaborazione Legambiente su dati delle forze dell ordine e Capitanerie di porto *: i dati del Noe si riferiscono all Operazione Mare pulito 1999 (17 giugno - 24 settembre); **: i dati della Guardia di Finanza si riferiscono ai settori Pesca e Codice della navigazione e, per quanto riguarda i sequestri, anche all abusivismo su aree demaniali; ***: i dati dei Cfr si riferiscono a Sicilia e Sardegna. La disaggregazione dei dati su scala regionale è stata effettuata tenendo conto sia dei valori assoluti sia della loro incidenza rispetto ai chilometri di costa di ogni regione. Le sorprese, come emerge dalle due tabelle successive, non mancano. Insieme a qualche conferma. La Campania, infatti, con infrazioni accertate, guida purtroppo anche questa nuova classifica dell illegalità ambientale elaborata da Legambiente: nell ultimo rapporto Ecomafia, vale la pena ricordarlo, questa regione figurava al primo posto per numero di reati. Un dato ancora più preoccupante se si considera il fatto che la Campania rimane al primo posto anche per quanto riguarda la classifica relativa all incidenza di infrazioni per chilometro di costa (7,69). 5

10 LA CLASSIFICA DEL MARE ILLEGALE IN ITALIA: VALORI ASSOLUTI (1999) Regione Infrazioni Persone denunciate Sequestri accertate o arrestate effettuati 1 Campania Sicilia Lazio Calabria Puglia Sardegna Veneto Liguria Marche Emilia Romagna Toscana Abruzzo Molise Friuli Venezia Giulia Basilicata Fonte: elaborazione Legambiente su dati Noe - Cc (Operazione Mare pulito 1999), Guardia di Finanza, Corpo forestale dello Stato e regionale e Capitanerie di porto. LA CLASSIFICA DEL MARE ILLEGALE IN ITALIA: INFRAZIONI PER KM DI COSTA (1999) Regione Infrazioni accertate Km. di costa Infrazioni per Km. di costa 1 Campania ,7 7,69 2 Veneto ,9 7,07 3 Lazio ,5 6,53 4 Emilia Romagna ,37 5 Marche ,00 6 Molise ,4 3,79 7 Abruzzo ,8 3,24 8 Calabria ,7 2,96 9 Liguria ,3 2,95 10 Puglia ,02 11 Sicilia ,9 1,97 12 Toscana ,1 1,37 13 Friuli Venezia Giulia ,7 1,18 14 Sardegna ,1 0,68 15 Basilicata 31 62,2 0,50 Fonte: elaborazione Legambiente su dati Noe - Cc (Operazione Mare pulito 1999), Guardia di Finanza, Corpo forestale dello Stato e regionale e Capitanerie di porto 6

11 Proprio l utilizzo di questo secondo parametro consente di leggere in maniera meno superficiale i dati relativi alle altre regioni. Se, infatti, sotto il profilo dei valori assoluti la Sicilia (2.929 infrazioni) e il Lazio (2.360) figurano rispettivamente al secondo e al terzo posto, considerando l estensione delle coste lo scenario cambia radicalmente e subito dopo la Campania spuntano il Veneto (7,07 infrazioni per chilometro di costa), il Lazio (6,53) e l Emilia Romagna (6,37). In Veneto si fa sentire, in maniera particolare, l azione della Guardia di Finanza (ben 546 reati accertati, con 439 persone denunciate e 280 sequestri effettuati) e delle Capitanerie di porto (486 infrazioni accertate, 112 denunciati e 38 sequestri). Il settore dove si concentra il maggior numero di illeciti è quello della nautica da diporto, seguito dalla pesca di frodo e dall abusivismo demaniale. In Emilia Romagna, invece, è stata particolarmente intensa, in occasione dell operazione Mare Pulito 1999, l attività del Nucleo operativo ecologico dell Arma dei carabinieri: 400 infrazioni accertate, 262 persone denunciate e 84 sequestri. I fenomeni d inquinamento, sia da rifiuti solidi che liquidi, rappresentano da soli circa l 80% degli illeciti accertati, seguiti dalle violazioni alle normative paesaggistico - ambientali (53 illeciti). Risalgono anche le Marche, che passano dal nono posto della classifica espressa in valori assoluti al quinto posto di quella relativa all incidenza dei reati per chilometro di costa: le infrazioni più frequenti sono quelle relative al codice di navigazione e alla nautica da diporto, seguita dalla pesca di frodo e dall abusivismo sul demanio. Desta preoccupazione, infine, la situazione riscontrata nella regione Lazio, al terzo posto nella classifica in valore assoluto e in quella per incidenza del numero di reati per chilometro di costa: questa regione, infatti, si trova al secondo posto nella classifica più generale elaborata da Legambiente nel suo Rapporto Ecomafia 2000 e i risultati di questa ricerca confermano la rilevante diffusione dei fenomeni di illegalità ambientale. E in particolare l attività di controllo svolta dalla Guardia di Finanza (1.009 infrazioni, 94 persone denunciate e 154 sequestri) e dalla Capitaneria di porto (688 infrazioni, 484 persone denunciate e 72 sequestri) a determinare il risultato della regione nelle classifiche nazionali. Gli illeciti più ricorrenti si riscontrano nella violazione della normativa relativa alla nautica da diporto e alla pesca. La regione dove si registra, infine, il minor numero di reati per chilometro di costa è la Basilicata, seguita dalla Sardegna e dal Friuli Venezia Giulia. Un ulteriore livello di analisi è quello relativo alle principali categorie di reato riscontrate dalle forze dell ordine: codice della navigazione e nautica da di porto, abusivismo edilizio in aree demaniali, pesca di frodo e inquinamento. Restano fuori da questo schema altre tipologie di illeciti (come l inquinamento da rumore e quello atmosferico o lo smaltimento di rifiuti) che pur costituendo una minaccia all ambiente non sono tipici dell ecosistema marino e presentano, comunque, dati inferiori a quelli presi in esame. Il maggior numero di infrazioni riguarda i reati relativi al codice della navigazione e alla nautica da diporto: infrazioni accertate, pari al 38,5% del totale, persone denunciate e 465 sequestri effettuati. I marinai italiani, insomma, non sembrano brillare per la loro correttezza. Più rilevante, sotto il profilo strettamente ambientale, è il dato relativo ai reati relativi all abusivismo edilizio sul demanio 7

12 marittimo: infrazioni, pari al 21,5% del totale, persone denunciate e sequestri. Resta su valori elevati, inoltre, il fenomeno della pesca di frodo (3.418 reati, pari al 17,7%, 975 persone denunciate e ben sequestri). Chiude questa classifica l inquinamento marino causato da depuratori non a norma, scarichi fognari non trattati e sversamenti di idrocarburi (1.151 infrazioni, pari al 6,0% del totale, 789 persone denunciate e 55 sequestri). I PRINCIPALI REATI (1999) Reato Infrazioni accertate Persone denunciate o arrestate Sequestri effettuati Abusivismo edilizio sul demanio Depuratori, scarichi fognari, inquinamento da idrocarburi Pesca di frodo Codice navigazione e nautica da diporto Totale Fonte: elaborazione Legambiente su dati Noe - Cc (Operazione Mare pulito 1999), Guardia di Finanza, Corpo forestale dello Stato e regionale e Capitanerie di porto 8

13 3. L onda nera L andamento dell estrazione del greggio negli ultimi 20 anni è piuttosto lineare. Quantitativamente si è passati dai milioni di tonnellate prodotti nel 1976 ai del 1996, con un incremento di circa il 12%. Dopo la crisi energetica del '73, quando a causa dell'embargo deciso dai Paesi arabi in seguito alla Guerra del Kippur il greggio divenne improvvisamente molto caro, il prezzo dell'"oro nero" ha iniziato una lenta, inesorabile discesa, che ha vanificato ogni concreta possibilità di riconvertire il modello energetico verso fonti meno inquinanti. In Italia i consumi di petrolio sono stabilizzati intorno al valore di 75 milioni di tonnellate all'anno, a fronte di una produzione interna che supera di poco i 5 milioni di tonnellate. Il trasporto di petrolio rappresenta più del 40% del traffico marittimo mondiale di materie prime. Nel 1990 il 58% del petrolio prodotto nel mondo veniva trasportato via mare. In Italia, alla fine del 1996 erano operanti 174 petroliere nazionali: di queste solo una piccola parte batte bandiera italiana, le altre sono registrate in Paesi con regime fiscali e autorizzativi molto più vantaggiosi, come Panama e Liberia che raccolgono insieme quasi il 30% della flotta mondiale. Attualmente la più grande petroliera del mondo è la Jahre Viking, di oltre 560 tonnellate di stazza lorda, lunga 458 metri e larga Il petrolio nel Mediterraneo Il traffico petrolifero nel Mediterraneo, ammonta a 300milioni di tonnellate annue, più del 25% del traffico mondiale. Una cifra impressionante per un bacino che costituisce appena lo 0,7% della superficie delle acque mondiali, ma in cui vengono movimentati il 16% delle merci trasportate via mare. In Italia nel 1998, secondo L Unione Petrolifera, sono transitate nei porti Italiani complessivamente di tonnellate di petrolio greggio, in gran parte nei porti dell Adriatico, nel 1999 (fonte UPI), sono state importate nel nostro Paese tonnellate di greggio, con una movimentazione di circa di barili al giorno, di cui il 65% nei maggiori porti (Agusta, Cagliari, Trieste e Genova). Il Mediterraneo è il bacino del pianeta più inquinato dagli idrocarburi. Si stima che le immissioni di idrocarburi nel Mediterraneo si aggirino intorno al milione di tonnellate annue. Gli effetti di questo inquinamento sono aggravati da alcune caratteristiche specifiche del Mediterraneo: un mare chiuso e poco profondo, con un lento ricambio di acqua, densamente abitato lungo le coste e tra le più importanti mete turistiche del mondo. 9

14 Tabella 1. Traffico marittimo mondiale di materie prime (1995) Materia prima Totale trasportato (milioni di tonnellate) Petrolio greggio Carbone 423 Minerali di ferro 402 Granaglie 196 Fonte: Confitarma Tabella 2. Traffico marittimo mondiale di petrolio greggio Quantitativi imbarcati e sbarcati nei porti nel 1995 (milioni di tonnellate) Porti di imbarco Porti di sbarco Medio Oriente 713 Nord America 380 Caraibi 188 Giappone 224 Africa Occidentale 145 Mediterraneo 222 Nord Africa 104 Mare del Nord 180 Sud Est Asiatico 77 Sud America 69 Vicino Oriente 19 altri 169 altri 340 Totale 1415 Totale 1415 Tabella 3. Densità del catrame pelagico negli oceani mondiali Catrame trovato in media (mg/m 3 ) Mediterraneo 38 Mar dei Sargassi 10 Sistema giapponese 3,8 Corrente del Golfo 2,8 Atlantico nord-occidentale 1 Golfo del Messico 0,8 Caraibi 0,6 Pacifico nord orientale 0,4 Pacifico sud occidentale < 0,01 Fonte: Bilardo e Mureddu 3.2 Le petroliere nel mondo La flotta mondiale delle petroliere è composta da circa navi per una stazza lorda complessiva di circa 300 milioni di tonnellate. Secondo stime recenti, più del 60% della flotta circolante ha più di anni di età, mentre sarebbe addirittura del 90% la percentuale della grandi petroliere che hanno superato i 16 anni di età. Una 10

15 situazione oltremodo allarmante, se si considera che una petroliera dovrebbe essere avviata al disarmo tra i 15 e i 20 anni di età. Dal 1996 per effetto della Marpol, la convenzione dell International Maritime Organization, le navi cisterna devono essere costruite con scafo doppio o con tecnologia equivalente, mentre i tankers monoscafo andranno gradualmente a scomparire. La Marpol però non fissa una tempistica rigorosa e celere per l eliminazione. Dati Intertanko (Associazione internazionale dei proprietari indipendenti di petroliere) danno al 1 gennaio 2000 una percentuale di cisterne a doppio scafo in servizio nel mondo del 20,8%, che sale al 42,8% per i tankers tra le e le tonnellate ed al 33.3% per quelli superiori alle tonnellate, percentuale che è molto più bassa in Mediterraneo. L Oil polluction Act americano del 1990 a seguito del disastro dell Exxon Valdez, che vieta l accesso nelle acque territoriali americane alle petroliere monoscafo, ha finito con il concentrare la parte più vecchia della flotta cisterne, che non potrebbe più accedere ai porti americani, verso le destinazioni asiatiche o mediterranee. Con un applicazione puntuale della Marpol le navi da avviare al disarmo dovrebbero essere complessivamente 842, applicando la Opa90, ovvero la normativa antiinquinamento degli Stati Uniti, il numero delle navi da radiare salirebbe a Se, infine, dovesse entrare in vigore la nuova normativa proposta dall Unione Europea, le unità destinate a uscire di scena sarebbero ben 2.892, per un totale di 59 milioni di stazza lorda. Nella flotta a rischio fermo, figurano anche le 172 Vlcc, le superpetroliere da oltre 250 tonnellate di portata. Tabella 4. Petroliere a rischio in caso di approvazione delle tre diverse discipline nel periodo Stazza Disciplina Marpol Opa 90 Normativa UE Vlcc TSL Suezmax TSL Aframax TSL Panamax TSL Product Altre Totale

16 3.3 Cause di inquinamento da idrocarburi Il petrolio che finisce in mare proviene dalle petroliere, dagli scarichi da terra, dalle piattaforme off-shore di produzione. Gli sversamenti dovuti ad incidenti sono solo una piccola parte, mentre il grosso delle "perdite", dall 80 al 95%, avviene per operazioni di routine come il lavaggio delle cisterne e lo zavorramento. Le navi vuote per aumentare la stabilità riempiono parzialmente di acqua le cisterne, che prima dell'arrivo nei porti di imbarco vengono scaricate in mare insieme a grandi quantità di residui petroliferi. Possiamo distinguere tre differenti tipi di inquinamento: Inquinamento sistematico: Causato dall immissione continua nel tempo di inquinanti: scarichi fognari, reflui industriali, dilavamento terreni, ecc. Inquinamento operativo: Causato dall esercizio di natanti: lavaggio cisterne, scarico delle acque di zavorra e di sentina, ricaduta fumi, vernici antifouling, ecc. Inquinamento accidentale Causato da incidenti: naufragi, operazioni ai terminali, blow-out da piattaforme, rottura condotte, ecc. A tutt oggi, il quadro per definire con precisione i quantitativi e le fonti dell inquinamento marino da idrocarburi, è piuttosto confuso. Sono varie le fonti e ognuna riporta dati diversi. Secondo l IMO, l International Maritime Organization, nel Mediterraneo la percentuale degli inquinamenti da idrocarburi da sversamenti da navi è del 10%, mentre secondo l UNEP, L United Nations Environment Programme, questa percentuale salirebbe a quasi il 50%. Si tratta ovviamente di statistiche relative agli sversamenti accidentali che non tengono conto delle operazioni illegali, quali il lavaggio delle cisterne. Analizzando le cause di questi incidenti, è possibile riscontrare che per il 64% dei casi esse sono imputabili ad errore umano, il 16% a guasti meccanici ed il 10% a problemi strutturali della nave, il restante 10% non è attribuibile a cause certe. Secondo l Itopf, infine, l associazione di categoria dei trasportatori di idrocarburi, le statistiche sugli spills avvengono secondo le seguenti proporzioni, durante le operazioni di carico e scarico circa il 35%, durante il bunkeraggio circa il 4,5%, per collisioni circa il 4,5%, per arenamento circa il 4,5%, per falle nello scafo circa il 4,5%, in seguito a incendi o esplosioni (come nel caso della Haven) per il 2%, per altre cause non meglio determinate il 45%. Nel 1999 sono stati compiuti oltre 100 interventi per oil spill superiori alle 500 tonnellate, un record per gli ultimi anni. Di questi, una buona parte è avvenuta in Mediterraneo. La media annuale di spill superiori a 500 tonnellate si aggira nel nostro bacino sulle tonnellate annue. 3.4 Gli incidenti La notte tra il 16 e il 17 marzo 1978, la superpetroliera Amoco Cadiz perse tutto il suo carico di tonnellate di greggio al largo delle coste bretoni di Portsall. 12

17 Oltre 130 spiagge furono invase da una coltre di 30 cm di catrame. Morirono uccelli marini, tonnellate tra crostacei e pesci. L economia locale basata sulla pesca delle aragoste e sull allevamento delle ostriche venne completamente sconvolta. Subito si parlò di disastro ecologico, marea nera, emergenza. Si parlò anche di nuove regole, di inadeguatezza degli interventi, si parlò di compagnie petrolifere, di bandiere di comodo (la Amoco Cadiz era registrata a Monrovia, di proprietà della Standard Oil, noleggiata dalla Shell international) e di indennizzi. Dopo esattamente venti anni, passando per centinaia di altri incidenti, Haven compresa, sembra di essere al punto di partenza. Il 12 dicembre dello scorso anno la petroliera Erika, battente bandiera maltese con a bordo 26 membri d equipaggio, si spezza in due al largo di Brest, nella Francia occidentale. La petroliera di tonnellate di stazza lorda, era partita da Dunkerque (Francia) per portare un carico di olio combustibile tipo N2 alla centrale Enel di Piombino. Sono stati necessari 40 giorni per risalire al proprietario di quella vecchia carretta nata nei cantieri navali giapponesi nel 1975 con il nome di Shinsei Maru e che avrebbe cambiato nome ancora 6 volte prima di diventare Erika. L età media delle navi coinvolte in incidenti rilevanti è pari a 11 anni, inferiore dunque all'età media delle petroliere circolanti. Sulla reale efficacia dei più avanzati sistemi di sicurezza, come il doppio fasciame, le opinioni del resto divergono: secondo alcuni se la Exxon Valdez fosse stata dotata di un doppio fondo, lo sversamento si sarebbe ridotto con una percentuale variabile tra il 25 e il 65%, per altri invece in questo caso sarebbe scivolata sugli scogli e si sarebbe capovolta, con danni difficili da prevedere. Tab.5 Principali sversamenti di petrolio in mare DATA LOCALITA' NAVE SVERSAMEN TO (tonn.) Luglio 1979 Trinidad Atlantic Express Novembre 1987 Iran Fortuneship Maggio 1991 Angola Abt Summer Marzo 1978 Francia Amoco Cadiz Settembre 1985 Iran Son Bong Agosto 1983 Sud Africa Castillo de Belver Aprile 1991 Italia Haven Maggio 1988 Iran Barcelona Novembre 1991 Terranova Odissey Marzo 1967 Gran Bretagna Torrey Canion Dicembre 1972 Golfo di Oman Sea Star Febbraio 1980 Grecia Irenes Serenade Maggio 1976 Spagna Urquiola Luglio 1985 Iran M.Vatan Febbraio 1977 Pacifico del Nord Hawaian Patriot Novembre 1979 Bosforo Independenta Gennaio 1993 Gran Bretagna Braer

18 Tab.5 Principali sversamenti di petrolio in mare DATA LOCALITA' NAVE SVERSAMENTO (tonn.) Dicembre 1987 Oman Norman Atlantic Gennaio 1975 Portogallo Jacob Maersk Dicembre 1992 Spagna Aegeum Sea Agosto 1979 India World Protector Dicembre 1985 Iran Nova Dicembre 1989 Marocco Khark V Febbraio 1971 Sud Africa Wafra Febbraio 1996 Gran Bretagna Sea Empress Maggio 1983 Iran Panoceanic Fama Febbraio 1985 Iran Neptunia Maggio 1975 Porto Rico Epic Colocotroni Dicembre 1960 Brasile Sinclail Petrolone Gennaio 1983 Oman Assimi Agosto 1974 Stretto di Magellano Metula Novembre 1974 Giappone Yuyo Marn Ottobre 1987 Iran Shinig Star Maggio 1988 Iran Seawise Geant Dicembre 1978 Spagna Andros Patria Dicembre 1983 Qatar Pericles G C Giugno 1968 Sud Africa World Glory Gennaio 1975 Nord Pacifico British Ambassade Aprile 1979 Francia Gino Febbraio 1968 Oregon Mandoil Gennaio 1975 Delaware Corinthos Dicembre 1978 Stretto di Hormuz Todotzu Novembre 1979 Texas Burmah Agate Giugno 1973 Cile Napier Dicembre 1982 Iran Scapmount Marzo 1989 Alaska Exxon Valdez Dicembre 1999 Francia Erika Fonte: Bilardo e Mureddu 1992, Intertanko Il caso Haven L undici aprile 1991, la Haven, con il suo carico di tonnellate di greggio Iranian Heavy, prese fuoco con due violente esplosioni mentre era ancorata nella rada del porto di Genova. Una parte del del ponte si inabissò a 80 metri di profondità, la nave in fiamme andò alla deriva verso sud-ovest per alcune miglia, la prua si staccò e si depositò a 500 metri sul fondo del mare. I "resti" della nave vennero trainati da un rimorchiatore a circa un miglio e mezzo dalla costa dove, 72 ore dopo, 14

19 colò a picco. La Haven era stata costruita in Spagna assieme ad altre tre petroliere gemelle, tutte tristemente famose: l Amoco Cadiz, responsabile del disastro ecologico in Bretagna di 20 anni fa, la Maria Alejandra, esplosa quattro anni dopo davanti alle coste della Mauritania e la Mycene, esplosa un mese dopo in acque senegalesi. Si è stimato che delle tonnellate di greggio stivate a bordo della Haven, si depositarono sul fondale in un area estesa per 500 kmq, provocando il più grave disastro ecologico mai avvenuto nel Mediterraneo. Le operazioni di pulizia vennero affidate ad un associazione temporanea di imprese che concluse il lavoro di bonifica verso la fine di agosto. Durante tutta quell estate si assistette ad una continua ricontaminazione delle spiagge, per effetto della risalita in superficie di una parte del greggio andato a fondo. La vicenda giudiziaria della Haven è intricatissima: la Procura di Genova aveva inizialmente incriminato gli armatori della superpetroliera per disastro colposo, negligenza e inquinamento. Nel novembre 1997 il Tribunale di Genova, in primo grado, emetteva sentenza di assoluzione. La vicenda legata al risarcimento è ancora più intricata, con decisioni, ricorsi e contro-ricorsi. Per riuscire a mettere la parola fine il Parlamento italiano ha individuato una via stragiudiziale per la chiusura della vicenda. Per l'incidente della Haven hanno chiesto un risarcimento circa soggetti tra Enti locali, Cooperative di pescatori, stabilimenti balneari, per un importo complessivo di 765 miliardi; il Governo ha chiesto circa 261 miliardi per i costi sostenuti per interventi di emergenza e quelli per la pulizia e 883 miliardi per il danno ambientale. Oggi gran parte dei privati è stato liquidato, mentre come risarcimento allo stato italiano sono stati riconosciuti 117 miliardi e neppure una lira per il danno ambientale. I 117 miliardi rappresentano meno di un milione a tonnellata sversata, mentre per l'incidente delle Exxon Valdez lo stato dell'alaska ottenne un risarcimento di duecento milioni a tonnellata. 3.5 Gli effetti degli sversamenti di petrolio L'impatto degli sversamenti di petrolio nell'ecosistema marino dipendono da molti fattori concomitanti: quantità di petrolio sversato, modalità dell'incidente (l'incendio del petrolio può trasferire parte degli idrocarburi in atmosfera), distanza e morfologia della costa, condizioni meteorologiche. In generale, uno sversamento consistente produce effetti acuti nel breve termine e cronici nel lungo periodo sugli organismi marini (in particolare sulle uova o sui piccoli pesci), sui crostacei (ad esempio lo zooplancton, che rappresenta la principale fonte di cibo per i pesci), sugli invertebrati filtratori (coralli, spugne, anemoni di mare, bivalvi, etc.) e sull'avifauna che viene a contatto con gli strati oleosi galleggianti. Quando le chiazze raggiungono il litorale, i danni colpiscono anche gli organismi stanziali, siano essi alghe, piante o animali. In particolare, per quanto riguarda gli effetti acuti, il petrolio forma una sottile pellicola che: impedisce gli scambi gassosi provocando condizioni di anossia; 15

20 limita la penetrazione della luce con ripercussioni sull attività fotosintetica di alghe, fanerogame marine, fitoplancton e quindi provoca una diminuzione della produzione primaria; aderisce agli organismi che vivono o interagiscono all interfaccia aria/acqua (mammiferi marini, uccelli, organismi bentonici intertidali, alghe, stadi larvali, gameti, ecc.) impedendone le normali funzioni vitali. Gli effetti cronici, si verificano per gli organismi quando la tossicità rimane ad un livello sub-letale ma, la presenza delle sostanze inquinanti provoca alterazioni sostanziali delle condizioni chimico-fisiche che, con tempi più o meno lunghi si ripercuotono sulla comunità, presentandosi come: alterazioni fisiologiche, fisiche e comportamentali; modificazioni della composizione in specie; modificazioni delle interazioni ecologiche (es. preda-predatore). Il petrolio nell ambiente marino subisce una serie di trasformazioni chimico-fisiche e biologiche, in percentuale variabile a seconda del tipo di greggio. Il petrolio evaporato viene fotossidato in alcune ore o in alcuni giorni producendo emissioni di anidride carbonica, ossido di carbonio, composti organici ossigenati ed aerosol secondari. La fotossidazione interessa anche il petrolio galleggiante. Il petrolio che sedimenta sul fondo è quello più dannoso per l'ecosistema marino: analisi condotte sui sedimenti di una spiaggia inquinata hanno evidenziato che alcune componenti idrocarburiche rimanevano assolutamente inalterate per molti anni. Il petrolio sedimentato nei fondali può interferire con la vita sia degli organismi superiori che dei microrganismi. Goletta Verde ha effettuato una ricerca sulla presenza di idrocarburi nei sedimenti dei fondali marini. L indagine ha riguardato principalmente i fondali del Tirreno e dell alto Adriatico, e ha sostanzialmente confermato la situazione già rilevata in precedenti occasioni: un inquinamento da idrocarburi forte e diffuso, con valori molto superiori a quelli registrati dall'unep in altre aree del Mediterraneo. Particolarmente significativi i picchi rilevati lungo la costa del Friuli Venezia Giulia, in prossimità del porto di Trieste e della centrale Enel di Monfalcone, e davanti al litorale di Reggio Calabria. Oltre agli sversamenti, ci sono altri danni che una petroliera può causare all'ambiente. Particolarmente rilevante è il problema dell'introduzione di specie esotiche nell'ecosistema marino attraverso le acque di zavorra. Infine, un rischio collegato all'attività delle petroliere è quello dell'inquinamento atmosferico: a differenza di tutti gli altri mezzi di trasporto, infatti, le navi usano carburanti in cui il contenuto in zolfo non è sottoposto ad alcuna limitazione. 3.6 La legislazione in materia di trasporto di sostanze petrolifere Sul trasporto delle sostanze petrolifere in Mediterraneo si stratificano diversi livelli legislativi, a livello internazionale sono operanti convenzioni di tipo globale emanate dall I..M.O. (agenzia O.N.U. specializzata in materia marittima), che hanno al centro della normativa la nave, la sua struttura, la sua operatività, il regime degli scarichi ed 16

21 il regime delle assicurazioni. C è poi un livello regionale e sub-regionale che prevede normative particolari in relazione alla specificità delle aree geografiche interessate (UNEP/PAM). A livello sovranazionale opera la normativa emanata dalla U.E. attraverso regolamenti e direttive, ed infine il livello nazionale, che in parte recepisce le altre normative, in altra parte come nel caso della legge 979/82 che stabilisce regole ancora più restrittive e severe in campo di rilascio di sostanze in mare rispetto alle convenzioni internazionali. 3.7 Iniziative dell Unione Europea La Commissione Europea a seguito dell incidente della petroliera Erika, avanzato alcune proposte che mirano a rendere più incisiva la legislazione comunitaria sui controlli dello Stato di approdo e sulle società di classificazione, nonché a realizzare il progressivo ritiro delle petroliere monoscafo dalle acque della Comunità. La volontà espressa dalla Commissione europea è di spingere tutte le parti in gioco del mondo dello shipping, armatori, noleggiatori, proprietari del carico, ecc., ad accettare le proprie responsabilità. L attuale quadro normativo internazionale, nel quale rientrano le regole dell'organizzazione marittima internazionale (IMO), non garantisce, secondo la Commissione europea, un adeguata sicurezza marittima. Può quindi risultare utile un azione volta a dissuadere dall uso di navi vetuste, obsolete sotto il profilo tecnologico e potenzialmente pericolose nonché a fare applicare, rafforzandolo, l attuale quadro normativo, soprattutto dal punto di vista dei controlli nei porti comunitari. È questo l approccio seguito dagli Stati Uniti nel 1990, l anno successivo al disastro ecologico provocato dalla Exxon Valdez. La Commissione ha pertanto proposto una serie di interventi immediati e di azioni a lungo termine: Intensificazione dei controlli delle navi che approdano nei porti europei e maggiore severità nei confronti delle navi che non soddisfano le norme. La Commissione propone di bandire dai porti comunitari tutte le navi di oltre 15 anni che sono state oggetto di provvedimento di fermo da parte delle autorità di controllo dello Stato di approdo più di due volte nel corso dei due anni precedenti. Ogni sei mesi la Commissione pubblicherà una «lista nera» di queste navi. Per quanto riguarda le navi più vecchie, inoltre, i controlli dello Stato di approdo dovranno sistematicamente prevedere l ispezione delle cisterne di zavorra e le navi in questione saranno tenute a comunicare, prima dell ingresso nel porto, una serie di informazioni volte a consentire una corretta preparazione dell ispezione. Dal canto loro, gli Stati membri dovranno impegnarsi, principalmente mediante il reclutamento e la formazione di ispettori, a procedere a controlli più frequenti e più approfonditi nonché ad impedire il crearsi di «porti di comodo». Controllo più approfondito delle società di classificazione. Le società di classificazione sono organismi autorizzati, per delega conferita dagli Stati di bandiera, a verificare la stabilità strutturale delle navi. La Commissione potrà sospendere o revocare il riconoscimento di quelle società che forniscono prova di 17

22 negligenza. Gli organismi riconosciuti saranno inoltre tenuti a conformarsi a criteri qualitativi più severi e dovranno, in particolare, attenersi a determinate procedure in caso di cambiamento di classe di una nave. In tal caso, la società di classificazione precedente dovrà comunicare a quella subentrante l intero fascicolo dei precedenti della nave. La Commissione propone di bandire dalle acque dell Unione le petroliere monoscafo, adottando lo stesso scadenzario seguito dagli Stati Uniti (2005, 2010 o 2015, in funzione della stazza). Inoltre, la Commissione sostiene con fermezza ogni iniziativa volta ad accelerare i tempi di disarmo di queste navi a livello internazionale. Le principali associazioni di costruttori navali sostengono che, in un futuro prevedibile, l industria disporrà di capacità produttive sufficienti per assorbire l aumento della domanda di petroliere a doppio scafo indotta dalla proposta della Commissione. Queste tre proposte formano un pacchetto normativo che non riguarda le sole petroliere ma tutte le navi che trasportano carichi pericolosi o inquinanti. I dati raccolti durante le ispezioni nei porti o ad opera delle società di classificazione saranno oggetto di ampia diffusione mediante EQUASIS, una base dati creata di concerto tra la Commissione e la Francia, in grado di fornire in qualsiasi momento una descrizione dettagliata dello stato della nave e quindi di contribuire a stabilire le responsabilità delle parti in caso di incidente. In un secondo tempo, prima della fine del 2000, la Commissione intende presentare proposte supplementari sui seguenti aspetti: Sistematizzazione degli scambi di informazioni tra tutti i soggetti della comunità marittima, potenziando in particolare il sistema EQUASIS. Miglioramento della sorveglianza della navigazione marittima, in particolare nelle zone più frequentate dal naviglio petrolifero. Oltre all'obbligo di "dichiarazione" già previsto da una proposta della Commissione del dicembre 1993, non ancora adottata dal Consiglio, occorre esaminare le modalità di controllo delle navi più pericolose al di fuori delle acque territoriali. Costituzione di una struttura europea per la sicurezza marittima, con compiti di supervisione, per garantire una maggiore coerenza nell'organizzazione e nell'efficacia dei controlli nazionali. Definizione di misure relative alla responsabilità dei vari soggetti del trasporto marittimo di idrocarburi. Nonostante il regime di responsabilità sia attualmente disciplinato da convenzioni internazionali la Commissione intende costituire un nuovo regime collettivo di risarcimento che preveda anche il principio di una responsabilità del trasportatore e del proprietario del carico. Il potenziamento della sicurezza del trasporto marittimo non può essere visto come uno scopo a sé stante. Esso implica la comprensione di regole spesso molto tecniche nonché la necessità di trovare il giusto equilibrio tra le esigenze dell Unione in materia di tutela dell ambiente e gli interessi industriali comunitari ed internazionali, tra cui la capacità di rinnovo della flotta. Per evitare che si producano nuovamente disastri come quello dell Erika, prima ancora dell adozione delle proprie proposte legislative, la Commissione esorta le 18

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