Unicredit: quota Libia al 12,5% Il Messaggero, fondo Abu Dhabi detiene il 5% 19 ottobre, 10:30

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1 Bce: Ft attacca Weber Candidatura N.1 Bundesbank a presidenza minata da atteggiamento 19 OTT - Le prese di posizione del presidente della Bundesbank Axel Weber, sempre critico nei confronti delle decisioni della Bce, rischiano di 'minare la sua candidatura' alla presidenza dell'istituto. Lo scrive il Financial Times secondo cui Weber sta allargando sempre piu' le distanze dal consiglio direttivo Bce e all'interpretazione del mandato adottata dal presidente Trichet il quale nel weekend ha sottolineato che la posizione di Weber non e' quella della 'maggioranza schiacciante' del consiglio. Unicredit: quota Libia al 12,5% Il Messaggero, fondo Abu Dhabi detiene il 5% 19 ottobre, 10:30 - La quota di Unicredit riconducibile ai libici sarebbe del 12,5%: al 7,5% in capo a Tripoli andrebbe aggiunto anche il 4,991% intestato al fondo di Abu Dhabi Aabar. Il legame - scrive Il Messaggero - emergerebbe dall'accertamento in corso da parte di Ranieri de Marchis, responsabile dell'internal audit che presentera' il suo rapporto nei prossimi giorni al comitato per il controllo interno e rischi presieduto dal francese Anthony Wyand. della Banca Mondiale "In Asia rischio di bolle "I bassi rendimenti nei paesi sviluppati fanno aumentare i flussi finanziari verso questi paesi, che vedono salire i prezzi degli asset. "Non ripetere gli errori del '97". La crescita del Far East rivista al rialzo all'8,9% nel 2010 ROMA - La Banca Mondiale avverte che l'aumento dei flussi di capitale verso l'asia orientale stanno alimentando timori di bolle finanziarie e le autorità devono stare attente a non ripetere gli errori commessi nella crisi finanziaria asiatica oltre un decennio fa. Le valute asiatiche si stanno apprezzando poiché i bassi rendimenti nei paesi sviluppati guidano il capitale verso quella zona. Ciò potrebbe creare inflazione, portare a bolle speculative e danneggiare il settore bancario. "Maggiori afflussi combinati con ampia liquidità interna e fiducia crescente hanno spinto al rialzo i mercati azionari, i prezzi degli immobili e valutazioni di altre attività in alcuni paesi, innescando timori di una nuova bolla" dice il rapporto. "Le autorità in Asia orientale devono adottare adeguate precauzioni per assicurarsi che non si ripeta lo stesso errore due volte in poco più di un decennio". Interventi per rallentare il rialzo della valuta hanno avuto un successo limitato, osserva la Banca Mondiale, aggiungendo che i controlli sui capitali non sono stati molto efficaci sui flussi di investimento a lungo termine. I paesi asiatici hanno un mix di strumenti disponibili per far fronte ai flussi in aumento, come la regolazione della politica monetaria, il ritiro di stimoli e la regolazione del settore bancario per evitare distorsioni di indebitamento e di prestiti, ha detto Vikram Nehru, capo economista per l'asia-pacifico della Banca Mondiale. Vi è qualche evidenza che i flussi di capitale verso l'asia orientale stando diventando più a breve termine, dice Nehru, ma è fiducioso che i governi asiatici non permettano che gli afflussi diventino così a breve termine da invertire rapidamente la direzione, come hanno fatto nella crisi finanziaria asiatica del 1997.

2 I responsabili di politica monetaria devono stare attenti che interventi valutari non sterilizzati non comportino inflazione, aggiunge Nehru. Le economie in via di sviluppo dell'asia orientale cresceranno dell'8,9% nel 2010, ha detto la Banca Mondiale nell'aggiornamento del suo rapporto semestrale sull'economia dell'est asiatico e del Pacifico, rivedendo al rialzo la precedente stima di 8,7% a fronte di un aumento del commercio e dei consumi privati. Escludendo la Cina, l'asia orientale in via di sviluppo crescerà del 6,7% quest'anno, rivista dalla precedente previsione di +5,5%. Nel 2011 la crescita dell'est asiatico rallenterà al 7,8%, meno della previsione precedente di 8,0%, perché la crescita nelle principali economie è debole e le economie emergenti stanno facendo rientrare gli stimoli, conclude la Banca. Unicredit, accordo su 4700 esuberi siglato all'alba da tutti i sindacati Il piano legato al riassetto per la Banca Unica. Uscita volontaria di 3000 lavoratori entro il 15 novembre. Poi sarà la volta dei pre-pensionamenti per cui sono previsti incentivi. L'intesa prevede anche stabilizzazione per 1700 apprendisti e 1121 assunzioni MILANO - E' stato firmato questa mattina all'alba, dopo una maratona notturna, l'accordo con tutti i sindacati sui 4700 esuberi di Unicredit previsti dal riassetto per la Banca Unica. L'intesa, da quanto si apprende da fonti sindacali, prevede, per 3000 persone la possibilità di decidere l'uscita volontaria fino al 15 novembre di quest'anno. Qualora non venga raggiunto il numero prefissato, è prevista l'uscita forzosa a cominciare dai dipendenti che hanno 40 anni di contributi. I prepensionandi, per i quali si procederà a un accordo specifico entro il 26 novembre, sono 600. Un accordo specifico entro la stessa data regolerà inoltre il problema dei 6000 lavoratori in attesa dallo scorso luglio di entrare nel fondo esuberi. Più in generale l'intesa tra la banca e i sindacati prevede la stabilizzazione a tempo indeterminato di 'apprendisti' e l'assunzione di giovani. E' stato ottenuto, dopo ore di discussione, anche l'impegno dell'azienda a privilegiare le assunzioni dei figli dei dipendenti con due vincoli legati alla laurea e alla conoscenza della lingua inglese. Unicredit non ha invece accettato l'idea di un'assunzione automatica dei figli dei propri dipendenti destinati al prepensionamento. Per quanto riguarda più in generale l'accordo nel triennio i dipendenti in usciti saranno incentivati con un numero di mensilità che varia da 16 a 6 a seconda degli anni d'uscita e dell'età. A chi non ha ancora maturato i requisiti per la pensione saranno concessi, oltre l'incentivo, una somma che varia da a euro netti. Un'altra novità dell'accordo è un premio aziendale per i dipendenti nel 2010, ma che sarà erogato nel 2011, di importo medio pari a euro. La tabella nel protocollo di intesa prevede 3000 lavoratori di Unicredit che lasceranno il gruppo entro le fine del 2013 e, di questi, sono dipendenti delle società coinvolte nel riassetto della Banca Unica: Unicredit Banca, Banca di Roma, Banco di Sicilia, Corporate Banking, Private Banking, Family Financing Bank, Bancassurance Management & Administration. La mappa degli esuberi per società vede poi 368 uscite da Unicredit Business Partner, 92 da Global Information Services, 76 da Uci Real Estate, 62 da Audit, 24 da Credit Manangement Bank, 11 da Leasing. I restanti 29 in uscita entro quest'anno e nel prossimo triennio sono oggi occupati in altre società del gruppo di Piazza Cordusio. L'accordo è stato sottoscritto da tutte le sigle sindacali evitando così spaccature e distinguo, sottolineano le parti sociali impegnate nella trattativa che ha visto così anche la firma della Cgil, dove all'interno si erano verificate perplessità e dubbi, evitando così quanto accaduto nell'accordo in

3 Intesa Sanpaolo qualche mese fa. "E' un risultato che va ascritto alla capacità negoziale del sindacato dei lavoratori del credito e delle buone relazioni esistenti con la controparte" spiega il segrentario generale Uilca Massimo Masi. "Abbiamo sconfitto le cassandre che volevano un sindacato subalterno ai processi di ristrutturazione aziendale. Abbiamo, soprattutto, sconfitto chi, all'interno della Banca, dopo l'inopinata uscita di scena di Profumo, ha cercato di ritagliarsi un ruolo senza fare i conti con le organizzazioni sindacali. Per il segretario nazionale Fabi Mauro Morelli "è stata una vertenza difficile perché volevamo garantire, oltre alle nuove assunzioni e alla stabilizzazione di tutti i precari, degli incentivi economici per quei tremila lavoratori che volontariamente sceglieranno di andare in pensione o in pre-pensionamento. Siamo soddisfatti dell'obiettivo raggiunto". Morelli sottolinea come "è stato possibile raggiungere un positivo accordo a tutela di tutti i lavoratori grazie allo spirito unitario di tutte le organizzazioni sindacali che, senza divisioni ideologiche, hanno lavorato esclusivamente per il bene dei lavoratori che rappresentano". L'accordo è complesso - ha detto il responsabile dell'organo di coordinamento Dircredito del gruppo Unicredit Maurizio Arena- dei colleghi che rientrano nel piano degli esuberi previsto per i prossimi tre anni, infatti, l'azienda ha richiesto che se identifichino entro metà novembre. "Se così non fosse e non tutti si dimostrassero pronti ad accedere al sistema degli esuberi volontari, l'azienda stessa si proporrebbe per scegliere la quota restante a partire da coloro che avessero maturato i 40 anni di contribuzione". Un secondo aspetto decisamente più positivo - ha aggiunto Maurizio Arena - è invece la volontà, da parte dell'azienda, di sostenere un piano di stabilizzazione fra coloro che hanno un contratto a scadenza, promuovendo, di conseguenza, l'opportunità per alcuni di essere assunti all'interno del gruppo. Tre gli elementi che tracciano la sostanza dell'accordo quindi: chi esce, chi resta e chi entra. Il segretario generale aggiunto Agostino Cassarà ha comunque spiegato che la decisione verrà rimessa alla segreteria dell'organo di coordinamento del gruppo Unicredit prevista per la giornata di domani in tarda serata Metano per il riscaldamento centralizzato scende la bolletta e scatta il rimborso dell'iva di Antonella Donati Riscaldamento meno caro per chi ha l'impianto centralizzato. L'Agenzia delle entrate ha infatti precisato che l'iva agevolata al 10%, prevista fino al tetto massimo di 480 metri cubi l'anno, va considerata sui consumi del singolo appartamento e non sul totale della fornitura. Il chiarimento dopo la presentazione di una class action conto l'applicazione indebita dell'aliquota al 20% da parte del Sunia, associazione di difesa dei diritti degli inquilini. Le novità riguardano i condomini e le case in cooperativa. Il calcolo dell'iva -Nella risoluzione 180 l'agenzia, accogliendo la tesi del Sunia, ha dunque chiarito precisato che il limite anno previsto per l'applicazione dell'aliquota agevolata stabilito dalla legge in 480 metri cubi di gas l'anno, va riferito alle singole utenze di ciascuna delle unità immobiliari che costituiscono il condominio, e non già al condominio nel suo complesso. In altri termini in presenza di un impianto centralizzato, il limite di 480 metri cubi deve essere moltiplicato per il numero delle unità immobiliari il cui riscaldamento è allacciato all'impianto stesso. Poichè invece i gestori per le forniture condominiali hanno sempre applicato l'aliquota massima del 20% sull'insieme della fornitura, senza effettuare i calcoli in base al numero degli appartamenti, scatta ora sia il taglio dei costi per le future bollette sia il diritto a chiedere il rimborso di quanto pagato in più e non dovuto.

4 Immediato il ribasso della bolletta - Dalla prossima bolletta, dunque, la fattura scenderà del 10%, con un risparmio annuo calcolato dal Sunia mediamente tra gli 80 e i 140 euro l anno. Le richieste di rimborso vanno presentate dai titolari del contratto di fornitura, quindi condomini o cooperative dato che si tratta di riscaldamento centralizzato, con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, facendo riferimento alla risoluzione 180/E del 15 ottobre dell'agenzia delle entrate. Possibile rivolgersi al Sunia per la procedura. SCENARIO/ Pelanda: alcune verità nascoste sulla ripresa italiana Carlo Pelanda martedì 19 ottobre 2010 Con le stesse alchimie ci "regalano" un'altra crisi: ecco le prove, di G. Gambarotta FINANZIARIA/ Ugo Bertone: cosa si nasconde dietro il progetto di Tremonti? Vai al Dossier Crisi o ripresa? Nei giorni scorsi è esplosa una polemica tra Banca d Italia e governo sui dati che descrivono la vera situazione dell economia e del bilancio statale. Tremonti si è affrettato a dichiarare che si è trattato di un incidente interpretativo, ma il ministro Sacconi ha insistito nel definire esoterici i numeri rilasciati dalla Banca d Italia e il Direttore generale di questa, Saccomanni, gli ha risposto, piccato, di leggerseli: implicita sfida a smentirli, se riesce. Questa tensione polemica, così come la fretta di chiudere la questione, lascia intendere che il governo tema il rilascio di dati che mostrino una situazione peggiore di quella che comunica, fatto che merita un commento di fondo. Da un lato, è comprensibile che il governo non voglia si inneschi un pessimismo che poi riduce nel mercato la quantità di capitale necessaria per alimentare (con più consumi e investimenti) la ripresa. E chiede, di fatto, complicità ai commentatori quando enfatizza i dati positivi, che ci sono, oscurando o minimizzando quelli negativi. Chi scrive è liberista è quindi incline a sostenere un governo che, pur non granché liberalizzante, cerca di almeno non espandere un suicida statalismo. D altro lato, è sbagliato tentare la costruzione della fiducia distorcendo la realtà. Anche perché la gente se ne accorge, percependo una discrasia tra ottimismo forzato e stato delle cose. Poiché liberale tendo ad avere fiducia nel buon senso della gente e penso che il dirle la verità poi sia la base per scelte politiche e di comportamento a beneficio del sistema complessivo. Il punto: i dati della Banca d Italia mostrano che l impatto della crisi recessiva 2008/09 in Italia è stato pesantissimo e che la rigidità del nostro sistema economico sta ostacolando la ripresa con rischio di peggioramenti gravi nell equilibrio del bilancio pubblico, nella tenuta dell occupazione e del sistema bancario. Sintesi: senza grandi e urgenti cambiamenti, questa volta, c è un serio rischio di andare a fondo. Mentre il governo tende a dare l immagine che l Italia ha assorbito la crisi esterna, che la disoccupazione è inferiore a quella media europea e che quindi non occorre fare grandi manovre di stimolazione economica, la priorità è quella del rigore per non far crescere il debito con in mente il caso della Grecia. Banca d Italia, correttamente: (a) aggiunge ai disoccupati sia quelli che sono in cassa integrazione sia quelli che hanno rinunciato a trovare un lavoro (per lo più tornati a quello in nero) e la somma fa 11%, picco negativo in Europa; (b) la qualità dei crediti sta peggiorando in uno scenario di imprese che fanno fatica a ripagare i debiti e quindi di banche che dovranno mettere a bilancio più sofferenze e perdite; (c) senza più crescita il rigore, alla fine, non sarà applicabile. La ripresa appare la continuazione della recessione per mancanza di stimoli alla crescita dovuti a problemi strutturali di modello. È vero? Lo è, con l annotazione che la parte sana del mercato

5 mostra, in effetti, una buona ripresa, ma le aziende sane sono di meno. In questa situazione un governo non può solo limitarsi al rigore, pur prioritario, e all assistenzialismo di mantenimento, ma deve cambiare il modello economico riducendo vincoli, tasse e spesa pubblica. I politici al governo non vogliono farlo perché tale azione, pur salvifica, comporterebbe un ondata di dissenso che ne distruggerebbe le ambizioni di carriera. Per questo oscurano i dati che li costringerebbero ad agire con più incisività. Ma ritengo che un politico debba pensare a salvare la nazione e non la propria carriera. E così invito a pensare. FINANZA/ 1. Dalla Corea una nuova minaccia per gli Usa Mauro Bottarelli martedì 19 ottobre 2010 / Così la Bce mette ancora a rischio l Europa, di M. Bottarelli Battuta dell anno: «La ripresa mondiale è a rischio se non si riesce a mantenere lo spirito di cooperazione tra le principali economie del globo». A deliziarci con questo picco di ironia degna di un consumato entertainer è stato Dominique Strauss-Kahn, direttore generale del Fmi, nel corso dell incontro di ieri a Shanghai con i responsabili delle principali Banche centrali a livello mondiale per discutere ufficialmente di «come far progredire il dialogo sugli impegni da prendere a livello di vigilanza prudenziale al fine di contribuire alla stabilità finanziaria». Insomma, per uno degli uomini più potenti della scena economica internazionale, il fatto che le grandi potenze litighino mette a repentaglio la ripresa dallo shock del 2008: il problema, verrebbe da chiedersi, è quando mai Strauss-Kahn abbia visto le principali economie del mondo cooperare e non farsi la guerra. Il sistema, che questo piaccia o meno, funziona proprio per questo, per l ossimoro dello squilibrio equilibrato garantito dalle forze economiche che configgono ognuna in nome del proprio interesse, garantendo così dinamicità al sistema e l esistenza stessa di un fenomeno come quello dei Bric (Brasile, Russia, India e Cina) a spezzare l oligopolio Usa e il vassallaggio di riflesso di cui vive l Europa. Il vertice arrivava a una settimana di distanza dalla chiusura dei lavori di Fmi e Banca Mondiale e a pochi giorni dal G20 finanziario di Gyeongju, in Corea del Sud, in una riunione che rientra «nell esame internazionale in corso delle sfide poste dalla crisi finanziaria globale»: se ogni meeting sul tema, da due anni a questa parte, portasse con sé un aumento dello 0,1% del Pil dei paesi protagonisti, saremmo tutti della Cina al cubo. Peccato che, invece, si perda tempo a parlare lasciando incancrenire la situazione e, nei fatti, facendo nascere ed emergere nuovi focolai di crisi: la bomba delle ipoteche immobiliari Usa, quella del mercato obbligazionario, quella delle commodities e quella monetaria. Già, la crisi monetaria. La riunione dei cervelloni, infatti, si è svolta con sullo sfondo il rischio di guerra delle valute e di un nuovo protezionismo dopo i recenti dissensi tra Europa, Cina e Stati Uniti. Il tutto, in uno scenario che vede lo yen intorno ai massimi degli ultimi 15 anni sul dollaro e, allo stesso tempo, lo yuan in lenta fase di apprezzamento sul dollaro, anche se secondo le autorità statunitensi sarebbe ancora svalutato di circa il 20-30% rispetto al valore effettivo. Come ormai abbiamo ripetuto fino alla nausea nelle ultime settimane, nell attuale quadro di difficile ripresa economica una moneta sottovalutata facilita le esportazioni e quindi il rilancio dell economia del paese che riesce a mantenere basso il cambio. Insomma, il cosiddetto debase, sia valutario ma soprattutto del debito. A questo proposito segnali di distensione sono arrivati dalla Cina, visto che nel corso del vertice Yi Gang, il numero due della Bank of China, ha detto che «la Cina continuerà a mantenere alta la domanda interna e procederà alla riforma graduale dello yuan», mentre per John Lipsky, vice direttore generale del Fmi, «non c è nessuna guerra sulle monete ma un approccio coerente e

6 cooperativo». Due non-sense in una sola frase, siamo a livelli di record: la Cina millanta apprezzamenti dello yuan che per essere reali dovrebbero essere almeno del 30% annuo ma, in realtà, traccheggia e lavora già al piano di sviluppo globale, ovvero quando sarà la prima potenza economica del mondo si sarà dotata di una grande piazza finanziaria a Shanghai che distruggerà Singapore e farà paura ad Hong Kong e, soprattutto, abbandonerà la logica del peg lasciando lo yuan libero di fluttuare sul mercato dei cambi. Il tutto per un solo motivo, da qui al 2020 (data studiata da Pechino per il sorpasso definitivo) la Cina non solo detterà le regole, le scriverà e le farà anche rispettare: tutti i poteri in mano a un solo soggetto. E i balletti valutari degli ultimi giorni, parlano la lingua di un nervosismo sospetto degli investitori-operatori. Nella mattinata di ieri l euro ha segnato un deciso ribasso rispetto al dollaro, quotando 1,3874 dollari contro 1,4019 di venerdì in chiusura. Sempre forte lo yen, che sale contro l euro a 112,6 da 113,81 e contro il dollaro a 81,16 da 81,31. Insomma, gli investitori stanno aggiustando le proprie posizioni in vista dei vertici internazionali in programma, visto che settimana scorsa l euro era salito fino a 1,4159 dollari, il massimo dal 26 gennaio scorso. La prudenza sui mercati sembra prevalere, mentre l attesa di eventuali interventi del Giappone sui mercati sembra meno probabile, dopo che il dollaro ha toccato settimana scorsa il minimo da 15 anni a 80,88 yen senza segnali di intervento. A tenere banco, però, è sempre la scelta della Fed di inondare i mercati con un altra messe di quantitative easing, comprando obbligazioni a man bassa, spargendo ulteriore liquidità inesigibile in circolo e puntando a una frantumazione controllata della concorrenza, ovvero minare le fondamenta dei partner internazionali senza però azionare opzioni shock che si ripercuoterebbero sugli stessi States, costretti a far buon viso a cattivo gioco vista la detenzione estera del loro debito. Qualcosa, però, scricchiola. La Corea del Sud, quinto detentore al mondo di riserve in valuta estera, sta considerando infatti di espandere, e non di poco, il proprio portafoglio, pesantemente denominato proprio in dollari, guardando all oro come bene alternativo. Per Kim Choong-Soo, governatore della Banca centrale sudcoreana, «occorre ragionare in maniera molto attenta riguardo l aumento dei volumi aurei delle nostre riserve estere». Detto fatto, se Seoul si muoverà in tal senso avrà avuto ragione chi settimane fa pronosticava un ulteriore rally dell oro. C è da dire che la Corea del Sud ha il livello di riserve auree più piccolo tra le economie avanzate - 14 tonnellate, ovvero lo 0,2% dei suoi 290 miliardi di dollari di riserve -, visto che la media mondiale è del 10% stando a dati del World Gold Council e che Usa, Germania e Francia vantano riserve in oro per oltre il 50% de totale. Quindi, in tempi di crisi, turbolenze valutarie e rischi di ripresa ulteriormente rallentata, un investimento di diversificazione nel bene rifugio per antonomasia non appare teoricamente un eresia, solo che i valori attuali e la crisi a orologeria innescata dal governo sudafricano, capace di inventarsi un emergenza furti tra i dipendenti di alcune delle sue più fruttuose miniere (la African Barrick, con tempismo perfetto, ha infatti annunciato un crollo delle produzione di 30mila once quest anno a causa di licenziamenti e sospensioni di personale accusato di rubare), sconsiglierebbero investimenti a molti zeri o, comunque, strutturali. l problema è che la febbre asiatica per l oro, comincia a diventare davvero un qualcosa di molto serio: Cina, India, Thailandia e Bangladesh si sono già lanciate in uno shopping aureo sfrenato all interno di un mercato reso squeezy dall alt alle vendite d oro deciso dalle banche centrali europee. Stando all ultima valutazione dell azienda di consulting sui metalli preziosi GFMS, le banche centrali mondiali stanno per diventare quest anno acquirenti netti d oro per la prima volta dal 1988: un anno che, non a caso, anticipò di pochi mesi il big bang del vecchio ordine mondiale.

7 Storicamente, poi, Seul ha sempre preferito obbligazioni legate al Tesoro che commodities poiché le prime sono più liquide e possono essere utilizzate come arma per tenere sotto controllo la notoriamente volatile moneta locale: il problema è che a oggi il 63% delle riserve estere sudcoreane è denominato in dollari, con il resto diviso tra euro, sterline e yen. Per Lee Ji-Pyeong, ricercatore al LG Economic Research Institute, «la banca centrale coreana resterà in questo limbo di esitazione ancora per un po in attesa che i prezzi dell oro calino, cosa che non accadrà. Avrebbe dovuto cominciare a creare stocks aurei lo scorso anno ma nessuno pensava alla necessità di una diversificazione a questi livelli. Nonostante il prezzo dell oro sia salito molto e molto in fretta, il trend è destinato a restare in crescita vista anche la debolezza del dollaro, le parole di Bernanke riguardo un nuovo programma di quantitative easing e la fame d oro delle banche centrali in periodo di tassi ancora estremamente bassi». Se però Seul deciderà di sfidare la logica e si getterà nel mercato aureo, un minimo aumento percentuale di acquisti in oro per le riserve si tradurrà in qualcosa come tonnellate d oro, un fonte di domanda pesante in un contesto di produzione annuale mondiale di sole 2500 tonnellate. Capite da soli che se il presidente di turno e paese organizzatore del G20 che si terrà tra due settimane si arrovella con scelte strategiche simili, significa che la discussione rischia di prendere la piega delle perle regalateci da Dominque Strauss-Kahn: ma Seul ha lanciato il sasso, nascondendo la mano per un motivo particolare. Al meeting, infatti, la presidenza chiederà l introduzione di un sistema globale di reti di salvataggio finanziario che potrebbe incoraggiare molti paesi e detenere riserve minori. Cash is king, nessuno - Cina in testa - accetterà mai una proposta simile. Siamo alla guerra di retroguardia, alla strategia pura in attesa di un evento shock che nessuno sembra riuscire a prefigurare: siamo ai livelli del 1988 per richiesta d oro, potrebbe essere la vigilia di un nuovo FINANZA/ 2. Ecco come evitare una guerra monetaria globale James Charles Livermore martedì 19 ottobre 2010 I movimenti monetari ricordano spesso un sistema di vasi comunicanti. Un sistema bilanciato da pesi e contrappesi che sovente, immersi nelle contrattazioni giornaliere, tendiamo a ignorare. Nella seconda metà di settembre uno di questi meccanismi, lento e inesorabile, potrebbe aver raggiunto una soglia critica: dopo una serie di resistenze, euro, sterlina, yen e yuan si apprezzavano all unisono sul dollaro. Sui mercati monetari erano iniziate le grandi manovre per la svalutazione del debito statunitense. Da allora i terminali informatici tracciano sugli schermi uno strano grafico in discesa: nella parte alta, il tasso di cambio dollaro-euro e dollaro-sterlina scende con decisione verso il fondo. Nella fascia bassa, invece, la curva dollaro-yen, già di per sé debole, scende in picchiata, quasi a voler uscire dallo schermo per piantarsi nella scrivania. Le principali valute mondiali sembrano calamitate verso un nuovo equilibrio economico. Un equilibrio caratterizzato da un dollaro forzatamente debole. Resta una linea retta, quasi impassibile, che solca il grafico senza mai registrare alcuna variazione: il cambio dollaro-yuan. La valuta di Pechino, insensibile alle spinte dei mercati, si apprezza leggermente sul dollaro a partire da settembre Questo è il primo movimento registrato tra le due sponde del Pacifico dal Elemento insolito, se consideriamo che i mercati valutari sono i più liquidi del pianeta.

8 Sugli effetti distorsivi di uno yuan artificialmente debole si è scritto molto. Io stesso ho trattato dell argomento in un paio di articoli qui precedentemente pubblicati. Oggi più di un analista vede in questo artificio - la massiccia svalutazione dello yuan attraverso operazioni turbative degli equilibri di mercato - un pericoloso precedente. D altronde se il paese dotato delle più grandi riserve monetarie al mondo si impegna a svalutare la propria valuta, perché non dovrebbero farlo quelli occidentali, ben più indebitati? Nell attuale congiuntura di incertezza, una logica del genere rischia di innescare un scontro monetario che nulla avrebbe da invidiare alla celebre sfida dell O.k. Corral. La logica del muro contro muro, delle barricate monetarie tra Est e Ovest è inevitabile oppure esiste un apertura? Scorrendo il dito su una mappa, da Occidente verso Oriente, effettivamente un muro a metà percorso si incontra. È la catena montuosa degli Urali. Poco sotto, si apre una distesa che dal Mar Caspio giunge fino ai primi villaggi uiguri dello Xinjiang, sulla frontiera occidentale cinese: questa distesa di steppa e deserti passa sotto il nome di Asia Centrale. Cinque paesi in tutto, per un area economica ancora poco sviluppata: Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan. Terre ricche di risorse e di storia: strade e commerci, la celebre via della seta, un crocevia che ha portato Oriente e Occidente a toccarsi. E non a caso, come gli appassionati di numismatica possono rilevare, il simbolo più ricorrente tra le banconote di questa regione è la porta, elemento ricorrente nei monumenti nazionali e forse l immagine più adatta a riassumere il passaggio di beni e culture. Terminata l influenza sovietica e superate le crisi degli anni Novanta, oggi questi paesi si affacciano ai mercati esteri cercando di agganciare il treno della crescita globale. I presupposti per una collaborazione fruttuosa non mancano, sebbene sulla strada dello sviluppo i pericoli siano sempre in agguato. Tra le basi su cui costruire una solida crescita basterà citare alcuni tra gli elementi chiave dell Asia Centrale. Il sistema educativo, innanzitutto: una rete capillare, ereditata dal dissolto regime sovietico, capace di riconoscere studenti di talento e sostenerli fino al raggiungimento di un ottima formazione tecnica e universitaria. Pure sul versante strettamente economico, le potenzialità non mancano. Con un economia regionale basata principalmente sul settore primario, questi paesi possono contare su grandi capacità di esportazione, grano e cotone in primis, sebbene le coltivazioni siano ancora in larga parte basate sulla forza-lavoro dei numerosi braccianti agricoli. La meccanizzazione agraria, cominciata già in periodo sovietico, oggi continua con il sostegno, sempre più determinante, della Cina che, per inciso, è oggi il più grande esportatore di macchinari agricoli nella regione. E qui cominciano i problemi. Fortuna o condanna di ogni paese emergente, le risorse minerarie ed energetiche sono abbondanti e distribuite pressappoco in tutto il territorio. Insomma, il rischio che l intera area si trasformi in un centro di shopping energetico all ombra del Dragone è alto. Eppure dallo sviluppo stabile di questa regione potrebbe passare un alternativa allo scontro monetario. Per comprendere la posta in gioco è necessario ritornare al grafico di poco sopra. Alle prime avvisaglie di svalutazione sul dollaro, molti tra i paesi emergenti hanno reagito con misure restrittive sulla circolazione di capitali. La paura è che gli investitori delusi da un dollaro debole riversino un ingente liquidità in quei paesi emergenti in grado di offrire investimenti redditizi a fronte di rischi ormai accettabili.l improvvisa inondazione monetaria andrebbe ad apprezzare proprio quelle valute che, trainate dall export, hanno ogni interesse a restare deboli nei confronti del dollaro. Il Brasile, ad esempio, ha irrigidito il controllo sugli scambi valutari così da evitare il massiccio ingresso di capitali esteri. Misure simili sono state adottate in India e Sud Africa, dove i mercati di cambio sono già rigidamente regolati. A questo punto è lecito domandarsi cosa succederebbe se pure la Cina smettesse di acquistare titoli di Stato americani e cominciasse a diversificare i propri investimenti.

9 Trovando l ingresso sbarrato in molti tra i mercati in crescita, i riflettori sarebbero puntati in un primo tempo sui Next 11, ovvero su una serie di undici paesi che secondo Goldman Sachs sono destinati a rimpiazzare le attuali prime donne dei mercati emergenti, i celebri BRIC. Nella lista dei Next 11 figurano: Bangladesh, Egitto, Indonesia, Iran, Messico, Nigeria, Pakistan, Filippine, Korea del Sud, Turchia e Vietnam. BRIC, invece, è l acronimo dei quattro paesi che dominano la scena mondiale nei panni di reginette emergenti: Brasile, Russia, India e Cina. Cartina alla mano, Pechino potrebbe mostrarsi riluttante a investire nei Next 11: una buona metà degli undici paesi scalpitanti si trova in Asia e vede nell industrializzazione cinese un occasione di sviluppo (molti dei componenti informatici assemblati in Cina sono già oggi prodotti nel sud-est asiatico). Insomma, a Est c è sempre un emergente più emergente e la Cina potrebbe presto impararlo a proprie spese. Trovandosi nell impossibilità di diventare un traino regionale, poiché la Cina non ha neppure lontanamente la stabilità interna necessaria a un tale ruolo, Pechino dovrebbe cercare un piano b. A quel punto gli occhi del Dragone punterebbero in direzione dell Asia Centrale. Se i paesi occidentali sapranno trovarsi preparati, l interesse di Pechino per questa regione si trasformerà in un occasione di incontro tra Est e Ovest, una nuova via della seta di cui i paesi dell area potranno ampiamente beneficiare. In caso contrario, lo yuan assumerebbe un ruolo alternativo al dollaro, diventando una valuta di riserva. Nel 1971 un membro dell amministrazione Nixon, il segretario al Tesoro John Connally, disse: Il dollaro è la nostra valuta ma un vostro problema. Nel momento in cui lo yuan diventerà parte delle riserve monetarie dei paesi emergenti e valuta per transazioni globali, il dollaro tornerà ad essere una questione strettamente americana. Mentre il resto del mondo avrà un problema serio da affrontare. Crisi: Passera, banche pronte a fare buona occupazione (Roma), 18 ott - Le banche sono pronte a trovare le modalita' "per fare buona occupazione, non precaria con meccanismi di flessibilita' in entrata". Corrado Passera, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo indica nella questione occupazione il tema del prossimo contratto nazionale del settore. Del resto, spiega Passera, in un intervento al Festival del lavoro, la crescita senza occupazione e' l'emergenza vera che si sta registrando nei Paesi avanzati. "Oggi per fare fino in fondo il nostro dovere di controllo della classe dirigente dovremmo aggiungere accanto al pil un indicatore per la creazione del lavoro". Per creare occupazione, ricorda Passera, serve la crescita e per stimolarla serve una maggiore produttivita'. La trattativa tra banche e sindacati per il rinnovo del contratto nazionale, ricorda Francesco Micheli che guida il Comitato sindacale dell'abi, partira' all'inizio del nuovo anno sulla base della piattaforma che i sindacati metteranno a punto in questi due mesi. Micheli, che nel gruppo Intesa Sanpaolo e' consigliere dell'amministratore delegato Passera, nonche' presidente della Banca Biis, aggiunge che in questa occasione l'abi non presentera' una piattaforma alternativa a quella sindacale CRISI: LEGA CONTRO BASILEA 3, VA RIVISTO SOFFOCA PICCOLE IMPRESE (AGI) - Roma, 19 ott. - L accordo Basilea 3 avra l effetto di soffocare le piccole imprese e creera scompensi sull economia del paese che ancora non e uscito dalla crisi. La Lega Nord presenta una mozione alla Camera e si schiera apertamente contro l intesa approvata qualche settimana fa dal Comitato dei Governatori delle Banche centrali, che impone requisiti patrimoniali piu severi per l operativita delle banche. Il Carroccio ha infatti presentato una mozione a Montecitorio per prevenire possibili conseguenze negative che possono derivare per le imprese e le famiglie dal applicazione dei nuovi parametri

10 patrimoniali previsti da Basilea 3 e per chiedere al governo di monitorare nel tempo la situazione del sistema creditizio e intervenire con determinazione affinche si assicuri la costante del credito. Le preoccupazioni della Lega, hanno spiegato in conferenza stampa il vice capogruppo Alessandro Montagnoli, il capogruppo alla Bilancio, Maurizio Fugatti e il deputato Marco Maggioni, membro della commissione Attivita Produttive, sono legate al fatto che l impatto maggiore di Basilea 3 non sara sui grandi gruppi creditizi, ma sulle piccole banche. Le banche locali saranno costrette a subire regole patrimoniali molto pesanti e quindi sara molto piu complicato per loro erogare credito alle piccole imprese e alle famiglie. Secondo gli esponenti della Lega i dati che ci arrivano sulla crescita economica del paese sono preoccupanti: anzi la crescita e l uscita dalla crisi ancora non vedono. Un accordo come Basilea 3 non sarebbe salutare per la nostra economia. Per i leghisti gia Basilea 2 ha creato scompensi sul fronte dell erogazione del credito per le piccole imprese e Basilea 3 sara ancora di piu impattante in negativo. Sull accordo raggiunto dai banchieri centrali, ammette il capogruppo del Carroccio alla Camera, Marco Reguzzoni, il Parlamento non e sovrano. Ma quello che intendiamo fare e mandare un segnale politico forte contro un intesa che allontana sempre di piu le banche dal loro ruolo tradizionale che e quello di erogare crediti. A farne le spese saranno le piccole imprese e le famiglie - ribadisce - e questo e un danno. La mozione, conclude reguzzoni, non e stata ancora discussa ancora con gli alleati del Pdl, ma presumo che saranno d accordo. E comunque il nostro scopo e quello di sollecitare il dibattito su un tema cosi importante. News BANCHE. Consob senza presidente, Ceccanti (Pd): "Governo aspetta peggioramento della crisi?" 19/10/ :39 La Consob, dopo tre mesi e mezzo, non ha ancora un presidente. "Nella mia consueta interrogazione quotidiana sul ritardo nella nomina del presidente della Consob, che si trascina dal 30 giugno, ho chiesto se il ritardo sia dovuto al fatto che il Governo voglia attendere un peggioramento della crisi economica prima di procedere alla nomina": è quanto afferma il senatore del Pd Stefano Ceccanti. Le richieste di chiarimenti su una nomina che non arriva non sono nuove: a inizio ottobre Donatella Poretti, parlamentare Radicale, con il collega Marco Perduca, avevano rivolto un'interpellanza urgente circa alcune gravi inadempienze riguardanti la Consob. Affermava Poretti: "Dal 1º luglio 2010, e quindi da oltre 90 giorni, la carica di presidente è vacante, e le relative funzioni sono svolte dal Commissario anziano Vittorio Conti, nonostante la crisi dei mercati finanziari che ha caratterizzato gli ultimi tre anni, senza precedenti nella storia del secondo dopoguerra". Aggiunge oggi il senatore Ceccanti: "Forse il governo ritiene al momento la situazione interna e internazionale così tranquilla da non meritare un'azione rapida. Pertanto, nell'interrogazione, chiedo al presidente del Consiglio Berlusconi se il ritardo della nomina del presidente Consob sia dovuto al fatto che il Governo, prima di procedere, voglia attendere un peggioramento della crisi economica". Cina alza tassi di un quarto di punto Su depositi a un anno sale a 2,5%,su prestiti a banche del 5,56% 19 ottobre, 15:59 19 OTT - La Banca popolare della Cina, la banca centrale del Paese, ha alzato i tassi sui prestiti a un anno e sui depositi di un quarto di punto. Lo scrive l'agenzia Bloomberg. Il tasso sui depositi a un anno sale cosi' al 2,5%, mentre quello sui prestiti alle banche, con stessa scadenza, passa al 5,56%.

11 Utile in calo per Goldman, Unicredit nega collegamento Aabar-libiciDi Francesca Gerosa Wall Street è in rosso in avvio di seduta, dopo la serie di trimestrali arrivate tra ieri sera (Apple e Ibm) e questa mattina, tra le altre, Bank of America, Goldman Sachs, Coca-Cola e Johnson & Johnson. Il Dow Jones cede l'1%, il Nasdaq arretra dell'1,67%, mentre lo S&P 500 è in calo dello 0,75%. Il titolo Goldman Sachs sale dell'1,41% a 155,86 dollari dopo aver registrato un utile in flessione del 40% a 1,89 miliardi di dollari nel terzo trimestre, a causa dell'impatto di bassi volumi di trading. Un dato leggermente superiore alle attese. L'utile per azione si è attestato a 2,98 da 5,25 dollari di un anno prima. Il consensus stimava un utile per azione di 2,32 dollari. La banca ha poi mostrato ricavi consolidati per 8,90 miliardi, in netto calo rispetto ai 12,3 miliardi a fine settembre 2009 (7,92 miliardi le attese). Il Tier 1 capital ratio risulta del 15,7% contro il 15,2% al 30 giugno scorso. Il colosso Usa ha infine fissato il dividendo trimestrale a 0,35 dollari per azione. Di riflesso all'andamento di Wall Street anche gli indici europei scambiano in rosso (-0,04% l'indice All Share a Milano), ma reggono le banche (+0,48% lo Stoxx settoriale). Oggi il Comitato di Basilea ha optato per un'introduzione morbida dei requisiti sulla liquidità a breve termine contenuti nella riforma delle regole patrimoniali. Basilea III introduce vincoli alla liquidità minima a disposizione di un istituto. Per il net stable funding ratio, orientato al lungo termine, è già stabilito che verrà testato dal 2012 e introdotto dal gennaio Oggi il Comitato di Basilea ha fatto sapere che per il vincolo sul breve termine, il liquidity coverage ratio (Lcr), che impone a una banca di detenere asset sufficientemente liquidi da coprire 30 giorni di fuoriuscita netta di cassa, il periodo di osservazione inizierà il prossimo anno e la norma diventerà uno standard minimo globale nel gennaio Sebbene si sapesse che l'lcr avrebbe avuto un'introduzione graduale, l'accoglienza riservata dalle banche ai dettagli delle tempistica è positiva. Fonti di settore riferiscono in particolare che le banche tedesche e francesi sono soddisfatte della tabella di marcia stabilita. Il comitato preparerà entro fine anno una lista delle banche considerate di rilevanza sistemica per le loro dimensioni. I membri del comitato di Basilea cercheranno entro marzo 2011 un accordo su come rendere queste banche più capaci di assorbire eventuali perdite per poi redarre regole più specifiche a metà Le proposte includeranno l'imposizione agli istituti bancari più grossi di requisiti prudenziali aggiuntivi: un patrimonio più elevato accanto al cosiddetto debito bail-in o capitale eventuale, vale a dire strumenti di debito che all'occorrenza si trasformano in capitale azionario. Anche sul listino milanese salgono ancora Bpm (+1,47%), Mps (+1,62%) e BP (+1,23%). Ben intonate anche Intesa Sanpaolo (+1,26% a 2,61 euro) e Unicredit, in rialzo dello 0,89% a 1,91 euro. In risposta a indiscrezioni di stampa piazza Cordusio ha fatto sapere di non essere a conoscenza di un collegamento tra gli azionisti libici e il fondo Aabar né esso è stato oggetto di un'indagine interna.

12 Secondo fonti di stampa, in seguito a un'indagine interna, sarebbe emerso un collegamento tra le quote dei soci libici e quella del fondo di Abu Dhabi, cioè in tutto il 12,5% del capitale. Mentre la vigilanza di Bankitalia attende di conoscere il progetto complessivo sulla governance di Unicredit per poterne valutare le implicazioni, la Consob ha in corso accertamenti per verificare appunto se esistano o meno collegamenti non dichiarati tra i soci di riferimento della banca. L'Ad della banca, Federico Ghizzoni, avrebbe prospettato al capo della vigilanza di Bankitalia, Stefano Mieli, una soluzione con due direttori generali, Roberto Nicastro e Sergio Ermotti, con Paolo Fiorentino direttore operativo, ottenendo una qualche apertura a questa soluzione. Via Nazionale chiederebbe solo, in caso di due direttori, una chiarezza di deleghe, con una formula basata di fatto sul "primus inter pares", cioè l'attribuzione probabilmente a Nicastro di più ampi poteri rispetto a Ermotti. Questa formula di compromesso potrebbe superare le contrarietà delle Fondazioni in vista del comitato nomine che sarà convocato giovedì o venerdì poco prima del Cda straordinario. Unicredit, che pure "è una banca che sta sul mercato e quindi è tecnicamente scalabile", può contare su "soci italiani che tengono alla loro banca" e quindi "è difficile da scalare, per i libici e per chiunque altro", ha spiegato oggi Giovanni Puglisi, presidente della Fondazione Banco di Sicilia, che pur lanciando un messaggio chiaro in qualità di azionista della banca, ha preferito non entrare nel merito alle indiscrezioni sui soci libici. Lo ha fatto la Lega Nord che oggi sembra meno preoccupata del ruolo degli azionisti libici nel capitale della banca, anche se il loro peso accertato conferma che erano giuste le obiezioni sollevate dal Carroccio questa estate. Energia: Provincia Siena lancia bando per Polo rinnovabili e risparmio LUNEDI' 18 OTTOBRE 2010 Per le aziende interessate tempo fino al 31 dicembre (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 18 ott - Scade il 31 dicembre prossimo il bando per la creazione del Polo energie rinnovabili e risparmio energetico indetto dalla Provincia di Siena che punta ad essere entro il 2015 la prima provincia italiana "carbon free". Il progetto, riferisce una nota, e' stato realizzato attraverso un lavoro di squadra che vede in campo le istituzioni e i soggetti economici e finanziari piu' rappresentativi del territorio senese: Provincia di Siena, Regione Toscana, Comune di Siena, Universita' degli Studi di Siena, Banca Monte dei Paschi di Siena, Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Camera di Commercio di Siena, Finanziaria Senese di Sviluppo, Sici e Fondo Toscana Innovazione. Per le aziende che saranno selezionate sono disponibili Fondi di investimento di private equity, pacchetti finanziari a sostegno delle energie rinnovabili come il Welcome Energy e servizi di consulenza specialistica in ambito finanziario.

13 Papa: capitali anonimi e vita immorale divorano mondo Cristiani chiamati ad abbattere queste false divinita' 11 ottobre, 17:05 di Elisa Pinna CITTA' DEL VATICANO - Papa Benedetto XVI ha invocato oggi l'impegno della Chiesa, finanche con il martirio, contro le nuove false divinita' che stanno annientando il mondo e, tra queste, ha indicato in prima posizione i mercati finanziari fuori controllo, quei ''capitali anonimi che ''schiavizzano l'uomo'' e costituiscono un vero ''potere distruttivo''. Poi - ha elencato Ratzinger - ci sono il ''terrorismo ideologico'', la ''droga che divora'', l'immoralita' propagata dall'opinione pubblica, che nega valore alla castita' o al matrimonio. Sono le 9 del mattino e dopo le preghiere in rito latino, il pontefice apre con una meditazione a braccio la discussione del Sinodo sul Medio Oriente, che vede per la prima volta riuniti a Roma tutti i vescovi e i patriarchi cattolici della regione. I volti sono attenti. Il pontefice prende spunto dalle letture bibliche e ad ispirarlo sono sopratutto alcuni brani dell'apocalisse. La voce e' pacata, leggermente roca. Gli occhiali sulla punta del naso. La meditazione e' pero' di quelle che scuotono. Il Papa traccia un parallelo tra i primi tempi del cristianesimo, quando "il sangue dei martiri" ha "depotenziato le false divinità a partire da quella dell'imperatore" al mondo di oggi. Anche adesso serve "il sangue dei martiri, il dolore del grido della Madre Chiesa che fa cadere, che trasforma il mondo... che non assorbe i falsi idoli", dice. "Pensiamo alle grandi potenze della storia di oggi - aggiunge-. Pensiamo ai capitali anonimi che schiavizzano gli uomini, che non sono più cose degli uomini, ma un potere anonimo dal quale gli uomini sono asserviti, tormentati, anche trucidati. Sono un potere distruttivo che minaccia il mondo". Un'altra falsa divinità, elenca il pontefice, è il "potere delle ideologie terroristiche che dicono di agire a nome di Dio; ma non è Dio; sono false divinità che devono essere smascherate perché non sono Dio". Poi c'é "la droga, questo potere che come una bestia vorace mette le mani sulla terra e la distrugge". Infine "il modo di vivere propagato dall'opinione pubblica di oggi, in cui valori come la castità non contano più o il matrimonio non conta più". Tutte queste "false divinità devono cadere", ha proseguito Benedetto XVI, deve realizzarsi ciò che annuncia Paolo nelle lettere agli efesini e ai colossesi: ''le dominazioni cadono e diventano sudditi dell'unico Signore, Gesù Cristo". Anche perche', ammonisce, ''altrimenti vacillano le fondamenta della terra''. Lo vediamo anche oggi con i cambiamenti climatici, aggiunge. ''Vacillano le fondamenta esteriori - ammonisce - perche' vacillano le fondamenta interiori, le fondamenta morali e religiose, la fede dalla quale segue il retto modo di vivere''. Ai ''falsi dei'' evocati oggi, era dedicata, anche se le cose venivano chiamate in altri termini, l'ultima enciclica di Benedetto XVI, la 'Caritas in Veritate' del In quel testo, uscito in piena crisi finanziaria e alla vigilia del G8 dell'aquila, Ratzinger puntava infatti il dito contro una ''finanza senza Dio'' che ''non tiene conto della dignita' umana'' ed ha ''accresciuto le disuguaglianze sociali, le poverta' estreme, il dramma del lavoro precario mettendo a rischio persino la democrazia'' e l'equilibrio ecologico del pianeta.

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