Le carte delle aree archeologiche. Segesta

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1 Segesta

2 Segesta QUESTO PROGETTO È COFINANZIATO DALLA COMUNITÀ EUROPEA Fondo Europeo di Sviluppo Regionale Le carte delle aree archeologiche 3 La storia del sito 4 La planimetria 5 Il tempio 6 La porta di Valle 7 Il sistema fortificato di Porta di Valle 8 La terrazza superiore dell Agorà 9 La chiesa del monte Barbaro 10 L area fortificata medievale 11 Il castello 12 La moschea 13 Il teatro Regione Siciliana Assessorato dei Beni Culturali e Ambientali e della Pubblica Istruzione Dipartimento Regionale Beni Culturali e Ambientali ed Educazione Permanente Coordinamento: Margherita Rizza Coordinamento tecnico: Franco Fidelio, Composizione cartografica: Franco Fidelio Progetto grafico: Guido Mapelli Testi: Sebastiano Tusa Fotografie: archivio Soprintendenza di Trapani, Mimmo Calabrò 14 L abitato rupestre 14 La cinta muraria superiore 15 Il santuario di contrada Mango Zona archeologica di Segesta C/da Segesta Calatafimi (Tp) Tel

3 Segesta fu una delle principali città degli Elimi, un popolo di cultura e tradizione peninsulare che, secondo la tradizione antica, proveniva da Troia. La città, fortemente ellenizzata per aspetto e cultura, raggiunse un ruolo di primo piano tra i centri siciliani e nel bacino del Mediterraneo, fino al punto di poter coinvolgere nella sua secolare ostilità con Selinunte anche Atene e Cartagine. Distrutta Selinunte grazie all intervento cartaginese nel 408 a.c., Segesta visse con alterne fortune il periodo successivo, fino ad essere conquistata e distrutta da Agatocle di Siracusa (nel 307 a.c.), che le impose il nome di Diceòpoli, Città della giustizia. In seguito, ripreso il suo nome, passò nel corso della prima guerra punica ai Romani che, in virtú della comune origine leggendaria troiana, la esentarono da tributi, la dotarono di un vasto territorio e le permisero una nuova fase di prosperità. Segesta venne totalmente ripianificata sul modello delle grandi città microasiatiche, assumendo un aspetto fortemente scenografico. Si è a lungo ritenuto che Segesta venisse abbandonata dopo le incursioni vandale, ma recenti indagini hanno rivelato una fase tardo-antica, un esteso villaggio di età musulmana, seguito da un insediamento normanno-svevo, dominato da un castello alla sommità del Monte Barbaro. Già famosa per i suoi due monumenti principali, il tempio di tipo dorico e il teatro, Segesta vive ora una nuova stagione di scoperte, dovute a scavi scientifici che mirano a restituire un immagine complessiva della città. 3

4 le case Barbaro Le carte delle aree archeologiche La pianta mostra l area del Parco archeologico: la città occupava la sommità del Monte Barbaro (due acropoli separate da una sella), naturalmente difeso da ripide pareti di roccia sui lati est e sud, mentre il versante meno protetto era munito in età classica di una cinta muraria provvista di porte monumentali, sostituita in seguito (nel corso della prima età imperiale) da una seconda linea di mura ad una quota superiore. Al di fuori delle cinte murarie, lungo le antiche vie d accesso alla città, si trovano due importanti luoghi sacri: il tempio di tipo dorico ( a.c.) e il santuario di Contrada Mango (VI-V sec. a.c.). Fuori le mura è stata anche individuata una necropoli ellenistica. L urbanistica di Segesta è ancora in corso di indagine: sono segnalati alcuni probabili tracciati viari, l area dell agorà e alcune abitazioni. Sull acropoli Nord, dove si trova il teatro, sono visibili i resti più recenti di Segesta: il castello, la moschea e la chiesa fondata nel 1442 su un terreno pluristratificato. il Tempio P INGRESSO BIGLIETTERIA la Porta a Valle il sistema fortificato di Porta a Valle lo Stazzo l abitato rupestre Porta Bastione la cinta muraria superiore la cinta muraria inferiore ACROPOLI NORD la Chiesa il Teatro la Moschea la terrazza superiore dell Agorà Porta orientale Porta Teatro l area fortificata medievale e il castello ACROPOLI SUD Santuario

5 Lasciata l automobile al parcheggio, si sale agevolmente al Tempio, lungo un gradonata. Il Tempio Il grande tempio fuori le mura della città era un periptero greco-siceliota di 6 x 14 colonne. Dopo l innalzamento del colonnato la costruzione rimase incompiuta, molto probabilmente a causa della presa della città da parte dei cartaginesi, nel 409 a.c. La discussa cella, di cui oggi non si conserva traccia visibile in superficie, era stata progettata e vanne cominciata, come testimoniano alcuni tratti della fondazione individuati in recenti saggi di scavo. Nel colonnato (peristasi), le bozze sulle gradinate (crepidoma) e sulle colonne, che di solito venivano esportate soltanto nella fase di rifinitura, testimoniano lo stato di incompiutezza del tempio. Le bozze, utilizzate per il sollevamento e la messa in opera dei conci, illustrano bene (insieme ad altri accorgimenti) alcune importanti caratteristiche della tecnica costruttiva di età classica. Nelle sue proporzioni generali, nella sintassi delle sue membra e nelle caratteristiche stilistiche (capitelli, cornicioni, curvatura delle linee orizzontali) il tempio segue fedelmente i modelli dell architettura classica delle città greche in Sicilia, specie nella vicina Selinunte. Alcune forme particolari (palmette nei soffitti dei cornicioni angolari, modanatura del timpano) e le proporzioni degli elementi architettonici indicano anche una buona conoscenza della contemporanea architettura attica. Del culto e dell altare presso il quale era praticato non si hanno notizie. Tuttavia, i modesti resti di un semplice edificio sacro precedente, scoperti nello scavo al centro del tempio, fanno ipotizzare un luogo di culto piuttosto antico. Tornati indietro fino al piazzale del locale di ristoro, si puo visitare dal basso la Porta di Valle. 5

6 La Porta di Valle Fine VI - inizi V sec. a.c. - La cinta inferiore di mura segue la forte pendenza della valle fino a chiudere, come una diga, il varco naturale. Dall alto, due torri (VI e IX) proteggono l apertura centrale, larga 6,60 m. Seconda metà V sec. a.c. - Due grandi torri, VII e VIII sono addossate (in due momenti diversi), come indicano il materiale impiegato e la diversa tecnica costruttiva) alle mura ai lati della porta. Fine V sec. a.c. L ampiezza della porta viene dimezzata (fino a 2,90 m) da un nuovo muro collegato alla torre ovest. Fine IV inizi III sec. a.c. Le difficoltà di difesa di una porta in questo luogo, anche a causa delle nuove tecniche di guerra, portano alla chiusura totale del varco, sostituito dalla cosiddetta Porta Stazzo in posizione più elevata. Le torri e i nuovi ambienti vengono quindi trasformati in un possente apparato per l alloggiamento di macchinari bellici, come dimostra anche la presenza di un magazzino dove sono state rinvenute 120 palle per catapulta. A maggior difesa viene scavata una serie di fossati davanti al fronte fortificato, raggiungibili sotterraneamente da una delle torri, che da un lato consentiva ai soldati sortite e rientri rapidi, e dall altro costituiva un pericolo per gli assedianti che osavano spingersi fin sotto le mura. Nel riempimento della trincea sono state trovate palle per catapulta, chiodi di ferro (appartenenti forse ad una impalcatura lignea interna alla trincea) e numerose punte di armi da lancio. Seconda metà III sec. a.c. La costruzione tra le torri VI e IX di un tratto di mura (cosiddetta cinta di mezzo ), che arretra il sistema difensivo si circa 100 m, determina un lungo periodo di abbandono della zona e la creazione di un notevole interro della parte interna delle mura. Seconda metà I sec. a.c. I sec. d.c. Dopo un uso limitato delle strutture della porta, al livello della quota di interramento, il definitivo abbandono dell utilizzo militare della zona è conseguente alla costruzione della cinta superiore nella prima metà del I secolo d.c. L area della Porta di Valle viene quindi riutilizzata da un frantoio per la spremitura delle olive. Nella parte ovest è parzialmente conservato un impianto di torchiatura organizzato su due livelli: resta un basamento circolare in pietra inserito in un pavimento di cocciopesto, collegato, tramite un canale di scolo, ad una vasca di raccolta dell olio. Al livello inferiore era probabilmente alloggiata l asta verticale con la quale si azionava il torchio a vite; di questa non rimane che la buca di asportazione. 6

7 Il sistema fortificato di Porta di Valle Il vallone naturale che si trova sul fianco occidentale del Monte Barbaro costituisce un accesso naturale alla città. La sua difesa è stata affidata, nel corso dei secoli, ad un complesso fortificato che col tempo ha subito notevoli cambiamenti. La cinta inferiore di mura, di età classica (inizi V secolo a.c.) seguiva la forte pendenza della valle fino a chiuderla come in una diga. Una larga apertura al centro (6,6 m) costituiva inizialmente il varco di accesso della Porta di Valle, che venne successivamente (seconda metà fine del V secolo a.c.) rinforzata ai lati da due grandi torri (VII e VIII) e poi dimezzata da un muro collegato alla torre ovest. In posizione più elevata il controllo della valle era affidato a una sorta di bastione fortificato sul piccolo pianoro oggi occupato da un recinto per le pecore che riutilizza in parte le strutture antiche. Intorno al pianoro tre torri della cinta muraria inferiore (IX, X e XI) controllavano da un lato la zona della Porta di Valle e, dall altro, la strada che conduceva alla cosiddetta Porta Stazzo, probabilmente la porta principale d accesso alla città (oggi vi transita il sentiero pedonale per il teatro). Tra la fine del IV secolo e la seconda metà del III secolo a.c. la Porta di Valle fu oggetto di radicali cambiamenti che determinarono, tra l altro, la chiusura della porta e la realizzazione di alcuni vani sul fronte esterno delle mura per ospitare catapulte e magazzini per i proiettili di pietra. La linea difensiva delle mura venne arretrata costruendo un muro tra le torri VI e IX (cosiddetta cinta di mezzo ) che tagliava fuori la Porta di Valle determinandone lo stato di abbandono. L utilizzo militare di questa zona cessòdefinitivamente nel corso della prima età imperiale, quando si costruì la cinta muraria superiore, ridotta rispetto a quella precedente, anche in funzione della contrazione della città. Trovandosi fuori le mura, la Porta di Valle venne riutilizzata da un frantoio per la spremitura delle olive. Durante i lavori di restauro della Porta Stazzo è stata messa in luce sulla sommità della torre IX una tomba a cassa costruita con lastre di calcare. All interno, due scheletri femminili, uno dei quali, precedente, accantonato ad una estremità della cassa. Il corredo della sepoltura più recente (due brocchette di ceramica di produzione tunisina) fanno datare la tomba tra V e VI secolo d.c. Tornati al piazzale, un servizio di bus navetta conduce all Agorà superiore lungo la strada carrabile; esiste, comunque, un percorso pedonale, evidenziato dal tracciato, che permette un visita più dettagliata, anche se naturalmente più difficoltoso, pertanto si consiglia di seguirlo nella fase di ritorno in discesa. 7

8 La terrazza superiore dell Agorà In quest area si sono avvicendate costruzioni dall età protostorica (resti di una capanna indigena) a quella classica (probabilmente un edificio pubblico della prima metà del V secolo a.c.) ed ellenistica (il bouleuterion), fino all epoca medievale (un vasto complesso abitativo). La principale costruzione di età ellenistica (fine II inizi I secolo a.c.) è senza dubbio il bouleuterion (sede delle riunioni della boulè, il consiglio della città): all interno di un edificio rettangolare, cui si accedeva attraverso un colonnato, è ricostruibile una gradinata semicircolare con sette ordini di sedili divisi in quattro cunei da tre scale. I due ordini superiori di sedili poggiavano su un criptoportico che collegava l agorà (corrispondente al piazzale moderno) con l abitato posto ad ovest. Un iscrizione monumentale più antica, che ricorda i nomi del direttore dei lavori e dell architetto dell edificio, insieme con la presenza di materiali di IV e III secolo a.c., lasciano ipotizzare una fase anteriore di fondazione del complesso. Seguono, più a sud, un edificio con portico dorico e cortile lastricato e un secondo colonnato d ordine corinzio-italico, messo in luce su un terrazzamento inferiore, che segnava l accesso all agorà. L età romana imperiale è scarsamente attestata, mentre in epoca medievale c è una ripresa intensa dell attività edilizia, con la costruzione (frutto di accorpamenti e di aggiunte progressive) di un vero e proprio palazzo che ingloba più modeste abitazioni, circondato da un possente muro di cinta e composto da due parti separate da una strada interna e da una corte. Alcuni ambienti avevano certamente un piano superiore sorretto da volte; anche il muro di confine doveva essere imponente, con un ingresso a quota elevata (sul lato est) forse munito di scala lignea o di ponte mobile. L edificio è confrontabile cronologicamente con il castello sopra il teatro. Abbandonato intorno alla metà del XIII secolo, al momento delle guerre antisaracene di Federico II, il suo primo impianto forse risale alla fine del XII secolo inizi XIII secolo, con la costruzione del muro di cinta e dei vani ad esso connessi a sud. Il tipo edilizio richiama in alcune parti edifici fortificati di tradizione araba in Sicilia (quali il palazzo di Entella), con forme che oscillano tra mondo islamico e cristianità occidentale. 8

9 La chiesa del monte Barbaro La piccola chiesa a navata unica, originariamente coperta da una volta a botte, venne fatta costruire nel 1442 da cittadini di Calatafimi, in una zona ormai disabitata del Monte Barbaro: si trattava probabilmente di una cappella rurale, frequentata da pastori, dedicata a San Leone. Non più officiata già alla fine del XVI secolo, cadde in rovina all inizio dell Ottocento (Fase IV). Scavi recenti hanno rivelato che la cappella fu costruita sulle rovine di una chiesa precedente di dimensioni maggiori, la cui pianta basilicale a tre navate terminate da absidi trova confronti con altre chiese di epoca normanna e normanno-sveva, databile alla fine del XII secolo inizi del XIII secolo. Questa chiesa apparteneva all abitato medievale che è ormai attestato in tutta l area dell antica Segesta e che aveva la sua roccaforte nel castello posto sulla sommità del Monte Barbaro (alle spalle del teatro e della chiesa). All esterno della chiesa si trovava un cimitero di semplici tombe scavate nel terreno, rivestite e coperte di lastre di pietra (Fase III). Il cimitero si sovrappone, almeno in parte, ad una serie di ambienti (probabilmente abitazioni) di una fase precedente, databile al XII secolo e correlabile per tipologia e tecnica edilizia alle costruzioni di tipo musulmano ritrovate sulla sommità del castello e a nord dell agorà (Fase II). A sua volta, l impianto medievale è sovrapposto ai resti della città antica, che doveva costituire un inesauribile cava di materiale da costruzione. Si possono riconoscere alcuni ambienti di un edificio di età ellenistica (fine II inizi I secolo a.c.) di cui non è nota la destinazione né la pianta completa; l edificio era originariamente pavimentato con mosaici che sono stati riutilizzati anche come pavimento delle due chiese posteriori. Alla fase più antica appartengono anche numerose cisterne per la raccolta dell acqua piovana, scavate nel banco roccioso della montagna (Fase I). 9

10 L area fortificata medievale Sulla cima più alta del Monte Barbaro si sono susseguite molte e diverse costruzioni. Quasi nulla rimane, purtroppo, delle strutture di età classica ed ellenistica, se non qualche lembo di pavimento (in cocciopesto o in mattoni quadrati). Probabilmente verso la fine dell epoca romana e l inizio di quella bizantina (V-VI secolo) furono costruite al centro dell area una torre e una cisterna. Dopo un lungo periodo di abbandono, vi si costruirono una serie di strutture, interpretabili come abitazioni, racchiuse da un recinto. Queste case, di una tecnica edilizia relativamente povera (blocchi di calcare locale legati con semplice terra), erano coperte da tetti di coppi. La loro costruzione si deve con ogni probabilità alla popolazione musulmana che si stabilì sul Monte Barbaro nel corso del XII secolo. Case molto simili a queste sono state anche ritrovate nell area della chiesa alle spalle del teatro. Esse vennero in seguito abbandonate e occupate da sepolture cristiane. Verso gli inizi del XIII secolo, con l arrivo di un signore cristiano, si costruì al centro della sommità una gran dimora dotata di un cortile centrale, mentre le precedenti abitazioni furono riadattate al fine di ricostituire un recinto difensivo. L intera acropoli venne infine completamente abbandonata verso la metà del XIII secolo in seguito ad un evento bellico, come testimoniano le numerose punte di freccia rinvenute, commiste a strati di incendio, negli ambienti del circuito più esterno. La distruzione può collegarsi con i rivolgimenti che caratterizzarono questa parte della Sicilia durante il regno di Federico II. Dalla seconda metà del XIII secolo la città non fu più abitata, anche se vi sono prove di una frequentazione sporadica di pastori e cavatori di pietra. 10

11 Il castello Il castello o, per meglio dire, la dimora del signore che agli inizi del XIII secolo si stabilì sulla cima del Monte Barbaro era organizzato intorno a un cortile centrale pavimentato in mattoni. Della costruzione originaria rimane solo il piano terra, ma era certamente dotata di un piano superiore che costituiva la parte propriamente residenziale della famiglia del signore. L altezza complessiva della costruzione doveva aggirarsi intorno agli 8-10 m. Al piano terra, il buono stato delle strutture e degli strati archeologici ha permesso di ipotizzare le possibili funzioni dei diversi ambienti. Nell estremità sud-orientale era situata la latrina, con adiacente un vano scale di collegamento con il piano superiore. Nell estremità nord-orientale si trovava una legnaia. Nell ambiente più settentrionale è stato trovato un deposito con numerose anfore vinarie. Le due stanze a sud, dotate di pavimenti in cocciopesto ed intonacate, avevano probabilmente funzioni di rappresentanza. Sulla fronte dovevano trovarsi le cucine ed un altro deposito. La vita della dimora signorile si svolse tutta nel corso del 200: sorta agli inizi del secolo, venne ristrutturata nel secondo quarto, poi abbandonata intorno alla metà del secolo. La sua rovina si protrasse per molto tempo e fu comunque molto graduale, non escludendo anche le funzioni di rustico ricovero. Prima dell inizio degli scavi, nel 1989, era totalmente ricoperta di terra, sassi e vegetazione che ne nascondevano l effettiva consistenza. 11

12 La moschea La moschea di Segesta, la prima ad essere identificata con sicurezza in Sicilia, è lunga 20 m e larga 11 m. Era in origine divisa in due navate, parallele al muro della qibla (che indica la direzione della preghiera, verso la Mecca). Proprio al centro di questo muro, per segnalarne la peculiarità, si apre la nicchia del mihrab, elemento presente in tutte le moschee antiche e moderne. E stata proprio la scoperta di questa nicchia a permettere di attribuire al semplice edificio rettangolare la funzione di moschea. Date le dimensioni della costruzione, è plausibile che si tratti di una moschea congregazionale o moschea del venerdì, dal giorno fissato di riunione di tutti i maschi adulti della comunità per la preghiera solenne. La moschea di Segesta si può datare con sicurezza al XII secolo (nel pieno della dominazione normanna) e fu certamente costruita dalla comunità musulmana che si stabilì sulla cima del Monte Barbaro in quell epoca. A questa stessa comunità si possono anche attribuire alcune abitazioni ed il cimitero di rito musulmano rinvenuto dietro la cavea del teatro. La distruzione della moschea dovette avvenire agli inizi del XIII secolo in seguito all arrivo di un signore cristiano che costruì il vicino castello. 12

13 Il teatro Il teatro, costruito sul versante nord dell acropoli di Segesta, si apre su un vasto panorama dominato dal monte Inici; a destra lo sguardo arriva fino al golfo di Castellammare. Costruito con blocchi di calcare locale, presenta forme tipiche dell architettura greca, anche se la cavea non poggia direttamente sulla roccia ma è interamente costruita e delimitata da poderosi muri di contenimento (analemma). Dall alto si entrava al teatro attraverso due ingressi sfalsati rispetto agli assi principali dell edificio. La cavea, con i sedili per gli spettatori, ha un diametro di 63,60 m ed è divisa orizzontalmente da un corridoio (diazoma); nella parte inferiore sono disposte ventuno file di posti, divise da sei scalette in sette cunei (kerkides) di dimensioni variabili. La fila superiore aveva sedili forniti di schienale. Delle gradinate della summa cavea rimangono solo poche tracce. Recenti ricerche hanno mostrato l esistenza anche di un settore di gradinata più in alto, tra i due ingressi, parzialmente riutilizzato nella necropoli musulmana (prima metà del XII secolo). Nel complesso, il teatro poteva contenere 4000 spettatori. L orchestra (cioè lo spazio dove, nel dramma antico, agiva il coro), a semicerchio oltrepassato, ha un diametro di 18,40 m. Vi si accedeva dalle parodoi (ingressi laterali) che, come in quasi tutti i teatri greci di occidente, sono ortogonali all asse dell orchestra. Pochi filari di blocchi (per una lunghezza di 27,40 m e larghezza di 9,60 m) permettono di ricostruire la pianta della scena (logeion), un edificio di due piani negli stili dorico e ionico e con due corpi laterali avanzati (come nel teatro di Dioniso ad Atene) ornati da satiri scolpiti ad altorilievo. Una bella strada lastricata corre lungo il lato ovest del teatro, raggiungendo l orchestra e l ingresso ad una grotta naturale, in cui si trova una sorgente sacra. Tale grotta fu frequentata in epoca preistorica (antica etá del bronzo - cultura del Bicchiere Campaniforme) e fu inglobata nel muro di sostegno della cavea. Il grande edificio, che anticipa soluzioni dell architettura teatrale romana, si può datare, su base stilistica e stratigrafica, alla metà del II secolo a.c., quando Segesta, entrata ormai stabilmente nell orbita di Roma, realizza un nuovo assetto monumentale della città. Ritornati all Agorà superiore, si puo riprendere il bus navetta che condurra al piazzale del locale di ristoro, oppure proseguire la visita, lungo il percorso pedonale, arrivando all abitato rupestre, alla cinta muraria superiore e poi allo Stazzo. 13

14 L abitato rupestre Scavi recenti hanno rivelato che le abitazioni più antiche della città (almeno dalla fine del VI secolo a.c.) erano realizzate lungo i pendii del monte, praticando tagli regolari nel banco roccioso e alzando alcuni tratti in muratura solo dove la roccia tagliata non raggiungeva l altezza desiderata per l ambiente. Tali case hanno avuto una lunga vita, punteggiata da vari rifacimenti, fino all età medievale. Questa che si presenta restaurata esemplifica bene il tipo di casa rupestre: si tratta di due grandi ambienti separati da un tramezzo (anch esso tagliato nella roccia), in cui pareti e pavimento sono di pietra accuratamente lavorata. Nel vano anteriore è ancora visibile un silo per la conservazione degli alimenti, mentre una cisterna in quello posteriore è coperta da una successiva trasformazione della casa; alcuni buchi nel piano di roccia indicano la presenza di pali di sostegno per la copertura. Questa prima fase è databile, per analogia con altre case scavate in diversi punti di Segesta, alla fine del VI secolo a.c. (Fase I). Dopo una occupazione, scarsamente documentata, nel II secolo a.c., una radicale trasformazione si ebbe in epoca augustea: nel vano posteriore venne ricavato un altro piccolo ambiente ed al muro di fondo vennero addossati un forno e due altari per i culti domestici; le pareti vennero intonacate e la roccia pavimentata con cocciopesto. L aspetto della casa, a giudicare dalle cornici di stucco che si sono rinvenute e dalla cura dell allestimento interno, doveva essere signorile; non si esclude la presenza di un secondo piano (Fase II). Un incendio causò l abbandono della casa nel I secolo d.c. e la sua trasformazione in discarica di rifiuti. In età sveva (fine XII-XIII secolo), infine, il passaggio tra le due stanze venne chiuso e l ambiente anteriore venne rioccupato da un nucleo di abitazioni monofamiliari, ciascuna dotata di un focolare (Fase III). La cinta muraria superiore Nella prima età imperiale la difesa della città viene affidata ad una nuova cinta muraria, costruita ad una quota più elevata rispetto a quella fino ad allora in uso. La nuova muraglia protegge i lati settentrionale ed occidentale, con due sole aperture alle estremità (Porta Teatro e Porta Bastione), nei punti di innesto con la cinta precedente. Sul suo percorso si dispongono nove torri di forma quadrata o leggermente trapezoidale. Una di queste, la torre 8, era una delle più grandi e più importanti del sistema difensivo ed è ancora oggi uno dei punti di maggiore interesse delle mura superiori. La torre è fondata in parte sul crollo di una struttura preesistente, probabilmente una casa tardo ellenistica, databile tra il II e il I secolo a.c., ed è costruita con materiale proveniente da edifici precedenti distrutti. La parete orientale è conservata fino all altezza del primo piano, che corrispondeva anche al livello del camminamento di ronda delle mura (circa 6 m sopra il piano della roccia). Nel restauro moderno si sono rialzati i muri crollati (con materiale proveniente perlopiù dal crollo stesso) fino all altezza della parete orientale, lasciando un apertura sul lato meridionale per far vedere le strutture preesistenti. 14

15 Il santuario di contrada Mango Il complesso doveva essere stato realizzato nel VI sec.a.c. Non sappiamo se la logica che guidò i Segestani a costruire il santuario in questione fosse stata la stessa che spingeva i Greci a costruire estese aree sacre al di fuori delle mura. E, comunque, probabile che si tratti della stessa fenomenologia. Anche per questo monumento è probabile che le maestranze e i progettisti siano stati Greci. Il santuario è di proporzioni notevoli. Un muro di temenos racchiude una vasta area entro la quale dovevano esistere più edifici indiziati da numerosi elementi architettonici quali capitelli, colonne etc. Purtroppo lo scavo che lo ha messo in luce non è che agli inizi sicchè è prematura qualsiasi considerazione comparativa. Non sappiamo nulla sulla destinazione cultuale del santuario. 15

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