LA FORZA EVANGELIZZATRICE DELLA LITURGIA DELLA PAROLA

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1 3 GIORNI ANIMATORI LITURGICI MUSICALI 2014 SECONDA RELAZIONE LA FORZA EVANGELIZZATRICE DELLA LITURGIA DELLA PAROLA testo di Claudio Magnoli Dopo aver manifestato il senso teologico ed ecclesiale della convocazione eucaristica (cfr. il canto di ingresso, il segno di croce, il saluto e la prima orazione), dopo aver confessato la misericordia di Dio e la propria colpa personale (atto penitenziale) ed elevato, se prescritto, un inno di lode e di supplica alla gloria di Dio (inno angelico), la celebrazione eucaristica approda alla mensa della Parola, là dove il testo sacro, Antico e Nuovo Testamento, riprende vita in mezzo all assemblea e la proclamazione delle letture bibliche attua un vero e proprio incontro con il Signore risorto. La liturgia della Parola, nella sequenza dei vari riti che la compongono, è il momento liturgico esplicitamente pensato per un ininterrotta educazione alla fede del popolo di Dio e diviene così «culmine e fonte» dell opera evangelizzatrice della Chiesa, sia nei confronti di coloro che ancora si dispongono a ricevere il battesimo (i catecumeni), sia verso coloro che, già inseriti a pieno titolo nella compagine ecclesiale, hanno sempre e nuovamente bisogno di convertirsi al Signore (i fedeli praticanti in modo regolare o almeno saltuario). Anche sotto il profilo meramente numerico e quantitativo non è difficile mostrare che la liturgia della Parola, specie quella della messa domenicale, è il momento più ricorrente e popolare dell istruzione religiosa della comunità cristiana, il momento che plasma e riplasma instancabilmente la vita delle comunità (e dei singoli), orientandola ad accogliere la carità di Cristo come criterio e misura di ogni pensiero, progetto e azione. 1. PRESUPPOSTI INDISPENSABILI Prima di rileggere la liturgia della Parola sotto l aspetto celebrativo per cogliere il potenziale evangelizzatore dell azione rituale che ogni comunità è chiamata a compiere, riteniamo importante recuperare alcuni presupposti di carattere teologico senza dei quali correremmo il rischio di un approccio solo estetico e cerimoniale. È nostra intima convinzione infatti che l ars celebrandi (l esecuzione sapiente di celebrazioni ben preparate) si pone al servizio della crescita nella fede e dell adesione al vangelo nella misura in cui è animata da una solida comprensione teologica e spirituale delle realtà di cui tratta La presenza di Cristo nella Parola proclamata La Parola proclamata in assemblea liturgica ci fa vivere l esperienza esaltante della rivelazione divina in atto e ci permette di frequentare oggi la scuola che un tempo fu del popolo eletto (Israele), dei discepoli di Gesù e delle prime comunità cristiane (la Chiesa delle origini). Mediante la liturgia della Parola ogni comunità cristiana (e ciascuna persona al suo interno) diviene dunque capace di superare le barriere di tempo e di spazio che la tengono lontana dalla storia di Israele, di Gesù e degli apostoli per entrare realmente, in forza dello Spirito Santo, nella comunione fraterna con il Signore Gesù e, attraverso di lui, nella comunione filiale con il Padre. Scaturisce da questa profonda intuizione la riflessione conciliare sulla presenza reale e dinamica di Cristo nella parola di Dio proclamata, «giacché è Cristo che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura» 1. Sviluppando questa linea di pensiero, che secondo la recente 1 SC, n. 7.

2 esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini (VD) porta a riconoscere, in stretta relazione con la sacramentalità dell Eucaristia, la «sacramentalità» della stessa Parola, Benedetto XVI arriva ad affermare che «la proclamazione della parola di Dio nella celebrazione comporta il riconoscere che sia Cristo stesso a essere presente e a rivolgersi a noi per essere accolto... Cristo, realmente presente nelle specie del pane e del vino, è presente, in modo analogo, anche nella Parola proclamata nella liturgia» 2. Ne consegue che il rispetto e la venerazione per il sacramento dell Eucaristia debbano estendersi, in certo modo, anche alla Parola proclamata, ponendo anzi la massima attenzione perché niente di quella Parola vada sprecato o perduto, secondo la bella citazione di di san Girolamo: «Quando ci accostiamo al mistero eucaristico, se ne cade una briciola, ci sentiamo perduti. E quando stiamo ascoltando la parola di Dio e ci viene versata nelle orecchie la parola di Dio e la carne di Cristo e il suo sangue, e noi pensiamo ad altro, in quale grande pericolo non incappiamo?» 3. Nasce da qui anche la particolare venerazione per i libri che riportano le letture bibliche per le varie celebrazioni nel corso dell anno (il Lezionario e l Evangeliario). Essi non sono dei volumi meramente funzionali alla lettura, ma racchiudono in sé una forte carica simbolica, hanno cioè la capacità di rinviare, nella logica dei santi segni, al Signore Gesù, colui che le letture annunciano, colui che si fa presente alla Chiesa proprio quando le letture vengono proclamate dal lettore, dal diacono, dal presbitero o dal vescovo. La buona presentazione del libri liturgici che servono per proclamare la parola di Dio e i gesti di venerazione di cui vengono circondati esprimono, nel linguaggio dei segni, l amore che le comunità cristiane hanno per le Sacre Scritture e per il Signore Gesù su cui tutte le Sacre Scritture convergono La lettura unitaria dell Antico e del Nuovo Testamento L itinerario festivo della proclamazione delle letture bibliche, nella triplice scansione che solitamente affida alla prima lettura l ascolto dell Antico Testamento, alla seconda lettura la meditazione apostolica (nel rito ambrosiano l epistola è sempre riservata agli scritti dell apostolo Paolo) e alla terza lettura l annuncio evangelico, ha in sé una grande pedagogia per un giusto approccio alle Sacre Scritture e per una nuova evangelizzazione biblicamente fondata. Ci dice infatti che lo scopo della proclamazione di qualsiasi lettura biblica, è quello di condurci a Gesù Cristo e di farci abbeverare al suo insegnamento, assumendo integralmente il cammino della rivelazione. Perché questo avvenga, è necessario acquisire il criterio della lettura unitario dell Antico e del Nuovo Testamento, che nel modo più semplice potremmo esprimere così: ogni pagina della Bibbia parla di Gesù Cristo e dell opera di salvezza da lui compiuta; ogni pagina della Bibbia parla della rivelazione trinitaria di Dio; ogni pagina della Bibbia parla della Chiesa, il popolo che Cristo si è acquistato a prezzo del suo sangue, e della vita nuova in Cristo secondo lo Spirito del Padre; ogni pagina della Bibbia in quanto ispirata da Dio, «è utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona» (2Tm 3, 16-17). Naturalmente, quando si passa da questo principio generale ai singoli casi particolari la cosa può risultare tutt altro che ovvia, e di fronte a certe letture bibliche possiamo rimanere smarriti e incapaci, da soli, di procedere oltre la lettera per arrivare a coglierne l intima fragranza spirituale in rapporto a Gesù Cristo. Fu questa la fatica dei discepoli di Emmaus, i quali solo grazie a un misterioso compagno di viaggio (il Risorto non ancora riconosciuto) a poco a poco compresero come tutte le cose scritte «nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi» (Lc 24, 44) si riferivano al Cristo, morto e risorto (cfr. Lc 24, 27), predisponendosi così al pieno riconoscimento di lui nello spezzare il pane (cfr. Lc 24, 35). È stato questo l intimo tormento dei Padri della Chiesa e dei grandi autori spirituali dei primi due millenni cristiani, i quali nella loro quotidiana meditazione delle Scritture, illuminati dalla grazia dello Spirito, sono arrivati alla profonda e certa convinzione che «il Figlio di Dio... è nascosto nella Legge, è coperto sotto il velo dei profeti ed è adempiuto nella predicazione 2 VD, n GEROLAMO, In Psalmum 147 = CCL 78, pp

3 evangelica» 4, così che «l ignoranza delle Scritture», qualunque essa sia, è sempre in certo modo anche «ignoranza di Cristo» 5. È questo anche il travaglio di chi, in forza della sacra ordinazione, ha il compito di tenere l omelia, la quale secondo papa Benedetto «costituisce un attualizzazione del messaggio scritturistico, in modo tale che i fedeli siano indotti a scoprire la presenza e l efficacia della parola di Dio nell oggi della propria vita» 6. Tutti possiamo comprendere quanto sia importante e delicato il momento dell omelia per l autentica recezione della parola di Dio. Al predicatore è chiesto di essere fedele simultaneamente ai testi biblici proclamati e alla tradizione di fede che da essi scaturisce, al contesto liturgico in cui sono proclamati, e che ne determina ulteriormente la comprensione, e ai diversi destinatari che si aprono all ascolto a partire dalle loro concrete situazioni di vita. Lo aveva ben chiaro il card. Martini il quale, per aiutare il clero ambrosiano a superare il rischio di omelie povere di contenuto e incapaci di accendere l animo degli ascoltatori, nella lettera del Giovedì Santo 1983 dava queste indicazioni: «L annuncio fatto nell omelia deve aiutare a trasformare l ascolto della Parola in accoglienza della Parola; chi predica si premuri anzitutto di far maturare in chi è presente all assemblea la disponibilità al Vangelo, spinta fino alla decisione di condividere nella vita quella «logica» che ha condotto Cristo a fare l offerta di se stesso al Padre e ai fratelli» Le finalità della santificazione e del culto La liturgia della Parola evangelizza la vita delle comunità cristiane e dei singoli fedeli, promuovendo la santità della Chiesa in ogni suo ordine e grado. Siamo al cuore dell agire evangelizzante della liturgia della Parola. Intervenendo al Congresso Eucaristico Internazionale di Siviglia nel 1993, il card. Martini si esprimeva in proposito in questo modo: «La proclamazione della parola di Dio è via di conoscenza delle cose di Dio, è annuncio di consolazione e di speranza nel pellegrinaggio della vita, è promessa di grazia e di salvezza in ogni tempo e situazione dell umana esistenza, è appello alla fede e alla conversione in vista di una carità operosa e fraterna nella Chiesa per il mondo, è proposta di esempi di vita da imitare, è soprattutto in modo sintetico e riassuntivo invito alla gioia della comunione intima e trasfigurante con Cristo Gesù, anticipo di un futuro eterno e beato» 8. E aggiungeva: «Ovviamente la liturgia della Parola non esaurisce l ascolto ecclesiale e personale della Parola divina. Molte altre dinamiche di annuncio, di istruzione e di approfondimento sono attivate e devono essere attivate nella vita della Chiesa, perché l inesauribile ricchezza della divina rivelazione giunga all orecchio dell uomo, penetri la sua mente e il suo cuore e ne rinnovi la vita. Resta, però, per tutti necessario il momento della celebrazione della Parola nella liturgia eucaristica e nelle altre celebrazioni sacramentali, sia per la sua naturale tensione al compimento sacramentale, sia per la sua originale capacità di trasformare l ascolto in esperienza viva di Cristo, sia per il suo singolare modo di rendere ecclesiale l ascolto delle divine Scritture» 9. In linea con le grandi finalità di ogni azione liturgica, anche la liturgia della Parola, specie nella sua profonda connessione con la celebrazione eucaristica e le altre celebrazioni sacramentali, opera anzitutto la santificazione dell uomo, cioè la progressiva conformità a Cristo di ogni umana esistenza, e abilita ogni comunità cristiana e ogni singolo fedele a elevare al Padre il culto pubblico integrale (rito e vita intimamente connessi) «per Cristo, con Cristo e in Cristo, nell unità dello Spirito Santo». 4 AMBROGIO, Esposizione del Vangelo secondo Luca VII, 188 = CCL XIV, p. 279, citato al n. 10 delle Premesse al Lezionario ambrosiano. 5 Cfr. GEROLAMO, Commento a Isaia. Prologo = CCL 73, 1. 6 VD, n MARTINI C. M., Sia pace sulle tue mura. Discorsi, lettere, omelie ( ), Bologna, Dehoniane, 1984, pp MARTINI C. M., «Rivista Diocesana Milanese» 84/6 (1993), p Ibid.

4 Dalla proclamazione della Parola e dalla sua ripresa omiletica discende su tutta la Chiesa e su ciascun battezzato un dono di grazia che rinnova e trasforma la vita per la costruzione del Regno di Dio; ma insieme e simultaneamente ci è data la capacità di elevare la nostra lode e la nostra supplica al Padre per mezzo di Cristo e in forza dello Spirito Santo. Se, sul primo versante, la parola di Dio ascoltata scuote le nostre esistenze, strappandole dalla lontananza dal Dio vivo e vero per introdurle nella comunione con lui e tra noi, sul secondo versante la parola proclamata e accolta evangelizza il nostro modo di pregare, ancorandolo alla Sacra Scrittura. Si fa riferimento anzitutto al fatto che nella liturgia della Parola, al momento del salmo responsoriale (e del salmello), impariamo a usare il salterio per rispondere in modo adeguato a Dio che ci parla con la sua parola. Si fa poi riferimento all importante riscoperta da parte del Concilio Vaticano II della preghiera di intercessione universale o preghiera dei fedeli, collocata non a caso dopo la proclamazione delle letture bibliche e l omelia (nella messa romana festiva anche dopo la professione di fede) per sottolineare il fatto che la Chiesa apprende a pregare per sé e per il mondo dalla parola di Dio ascoltata. Si fa infine riferimento a tutte le orazioni della messa, in specie per gli ambrosiani all orazione a conclusione della liturgia della Parola che sempre secondo il card. Martini sviluppano in ogni celebrazione eucaristica «un vero e proprio sentiero orante... al contempo, punto di approdo di una preghiera ecclesiale evangelizzata e punto di partenza di una preghiera ecclesiale da evangelizzare» L unità di Parola e Sacramento La liturgia della Parola non chiude su se stessa, ma apre le porte all esperienza sacramentale del popolo di Dio. Ciò vale per ogni sacramento, ma raggiunge il suo vertice nella celebrazione dell Eucaristia, che, fatta eccezione per la penitenza, può accogliere in sé la stessa celebrazione di tutti gli altri sacramenti. Scrive papa Benedetto: «Parola ed Eucaristia si appartengono così intimamente da non poter essere comprese l una senza l altra: la parola di Dio si fa carne sacramentalmente nell evento eucaristico. L Eucaristia ci apre all intelligenza della Sacra Scrittura, così come la Sacra Scrittura a sua volta illumina e spiega il mistero eucaristico. In effetti, senza il riconoscimento della presenza reale del Signore nell Eucaristia, l intelligenza della Scrittura rimane incompiuta» 11. È questo il senso genuino dell affermazione conciliare relativa alle «due parti» della messa. La liturgia della Parola e la liturgia eucaristica sono sì distinte e in successione l una dopo l altra, ma esse «sono congiunte tra di loro così strettamente da formare un solo atto di culto» 12. Non si tratta dunque di due mense separate e autonome, quella della Parola e quella eucaristica, ma di un unica mensa, sulla quale prima viene imbandito il cibo della Parola e poi quello del Pane di vita, l uno e l altro necessari perché si possa realizzare la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo per l edificazione della Chiesa. Sviluppando in profondità questa comprensione unitaria di Parola e Sacramento si potrebbe anche dire che la parola di Dio, in continuità con quanto è avvenuto nella storia della salvezza, nell azione sacramentale svela pienamente la sua efficacia operativa (papa Benedetto parla di carattere performativo della Parola), mentre l azione sacramentale, in quanto operativa ed efficace, ha nella Parola la chiave che ne dischiude il senso e il motore propulsivo. Conclude allora papa Benedetto: «Educare il popolo di Dio a scoprire il carattere performativo della parola di Dio nella liturgia, lo aiuta a cogliere l agire di Dio nella storia della salvezza e nella vicenda personale di ogni suo membro» 13. Anche sotto questo profilo la liturgia della Parola rivela una straordinaria forza evangelizzatrice, perché mette la Chiesa nella condizione di cogliere la necessità per la vita cristiana di abbeverarsi alla fonte della Sacra Scrittura per vivere in pienezza la dimensione sacramentale 10 Ibid., VD, n SC, n VD, n. 53.

5 della fede. Anzi, dalla liturgia della Parola arriva il messaggio forte e chiaro che più cresce il gusto per le Sacre Scritture, che annunciano Cristo e ci introducono al primo livello della comunione con lui (la comunione di ascolto), più matura l amore per i sacramenti, in primis l Eucaristia, che ricolmano di grazia la nostra vita e ci introducono piena comunione con lui (la comunione di intimità relazionale) La Parola nell anno liturgico Dimensione imprescindibile della liturgia della Parola, come di ogni altra azione liturgica è il tempo. La proclamazione della Parola, il suo approfondimento omiletico e la sua assimilazione orante (dal salmo responsoriale all orazione conclusiva) hanno una durata temporale, variabile soprattutto in riferimento alla lunghezza delle letture (spesso percepita come eccedente rispetto a una presunta misura ideale) e all estensione dell omelia. Questo asse verticale del tempo, che potremmo chiamare «asse minore» va ad incrociarsi con l asse orizzontale, costituito dalla sequenza dei giorni dell anno liturgico, che potremmo chiamare «asse maggiore». La liturgia della Parola, sempre uguale quanto allo schema su cui si struttura l asse minore, risulta invece molto ricca e diversificata quanto ai formulari di letture posti sull asse maggiore, i quali, almeno per la maggior parte delle domeniche e delle feste, non solo coprono il ciclo dell anno, ma lo moltiplicano per tre (anno A, B e C). Ciò che avviene sull asse orizzontale ha reso possibile nel dopo Concilio Vaticano II un amplissima selezione di pagine bibliche che ciclicamente risuonano nelle nostre assemblee liturgiche (romane o ambrosiane), grazie alle quali il popolo di Dio è in grado di acquisire, se ben guidato, una famigliarità con le Sacre Scritture mai prima d ora conosciuta. Questo comporta la possibilità che, tramite la liturgia della Parola, il popolo di Dio possa incontrare in modo regolare e continuo il Vangelo di Gesù e il tempo dell uomo possa essere riscoperto, anche e soprattutto, come il tempo di Dio o meglio il tempo dell incontro di Dio con l uomo. L espressione «il vangelo del giorno», che molti usano per indicare il brano evangelico previsto dal Lezionario per quel giorno, acquista un valore ancora più pregnante. Verrebbe infatti a indicare il complesso delle letture bibliche proclamate in quel giorno, le quali diventano «buona notizia» (vangelo) per la vita di coloro che accettano di confrontarsi con il pensiero di Cristo e di entrare in comunione con lui. Non sfuggirà a nessuno l immensa portata ecclesiale di tutto ciò. Non si tratta di una pagina biblica, che io personalmente vado a ricercare e che, in modo soggettivo identifico come la «mia» pagina. Il «vangelo del giorno», ben inteso, mi tiene ogni giorno in relazione con la Chiesa, mi mette in ascolto di Dio unito a coloro che mi sono fratelli e sorelle nella fede, dà al mio cammino un profondo respiro ecclesiale evitando una deriva individualista della fede. Giorno dopo giorno, nel fluire del tempo, lasciandomi evangelizzare dalle pagine bibliche che la Chiesa proclama nell assemblea liturgica, imparo ad avere come scrive san Paolo ai Filippesi «gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (Fil 2, 5), a non ragionare secondo il pensiero del mondo, ma secondo il pensiero di Cristo. 2. EVANGELIZZARE CELEBRANDO Passiamo ora a considerare la liturgia della Parola della messa sotto il profilo del suo svolgimento rituale, sia in senso progettuale (l ordinamento liturgico previsto), sia in senso effettivo (la sua messa in opera). Quella che ora prendiamo in considerazione non è una qualunque forma celebrativa della liturgia della Parola, ma la forma festiva domenicale che abbiamo imparato a conoscere con la riforma conciliare del Vaticano II e che è a disposizione di tutti coloro che in modo più o meno regolare prendono parte alle nostre assemblee domenicali. Lo scopo non è quello di ripercorrere da capo una mistagogia della prima parte della messa, quanto piuttosto di mettere in evidenza, all interno di un percorso mistagogico, in qual modo l andamento celebrativo, l espressione corporea delle disposizioni interiori e i diversi linguaggi celebrativi aprano i fedeli ad accogliere il vangelo di Gesù, plasmando in senso evangelico le loro facoltà fisiche, psichiche e spirituali. La scommessa tutta da vincere è che lo svolgimento rituale della liturgia della Parola, se attuato nella sua piena verità simbolica, possa diventario uno

6 straordinario strumento di evangelizzazione del popolo di Dio. In estrema sintesi: evangelizzare con la celebrazione o evangelizzare celebrando Un dialogo in azione Non è difficile rendersi conto che l intero svolgimento della liturgia della Parola ha «forma dialogica». Quello che sembra essere una semplice sequenza di testi da leggere in vista di un messaggio di contenuto teologico, spirituale o morale, alla luce del principio cristologico sopra esposto (per cui in ogni proclamazione liturgica della Parola si rende attualmente presente il Signore Gesù) si rivela un vero dialogo di salvezza tra due soggetti: Dio, che parla al suo popolo riunito in assemblea liturgica e, in un crescendo di rivelazione, giunge fino alla piena manifestazione di sé nel vangelo del Figlio; l assemblea dei fedeli che, disponendosi ad accogliere la rivelazione di Dio, gli risponde nella preghiera e nel canto. Proviamo allora a rileggere la struttura celebrativa della liturgia della Parola come un dialogo in atto tra Dio e la comunità celebrante. Ne conseguirà che l animazione liturgico musicale della liturgia della Parola non avrà altra ragion d essere se non quella di favorire il buon esito di questo dialogo. - Il dialogo ha inizio con la prima lettura (la lettura ambrosiana). Dio prende la parola e, per il tramite del lettore, fa giungere oggi all orecchio, alla mente e al cuore dei fedeli ciò che un tempo aveva comunicato a Israele per il tramite di Mosé (la Legge) e dei profeti. Le intestazioni iniziali («Dal libro... / Lettura del libro...») specificano il tipo di documento da cui proviene la Parola proclamata, ma è la conclusione («Parola di Dio / Rendiamo grazie a Dio») che dichiara la vera natura della parola che è risuonata dall ambone e il giusto atteggiamento da tenere nei suoi confronti. - Alla prima lettura segue il salmo responsoriale. Il testo è preso dal salterio biblico ed è dunque esso stesso parola di Dio, ma la sua funzione è assai diversa dalle letture. Non si tratta, anzitutto, di una parola che Dio rivolge all uomo, ma della parola che Dio mette in bocca all uomo (la comunità celebrante) perché l uomo possa rivolgerla a Dio in risposta alla sua Parola. Ecco perché a questo punto l azione liturgica, che non educa spiegando, ma facendo, richiede un cambio di ministerialità: al lettore subentra il salmista. E questo non solo perché al salmista è chiesta anche una migliore competenza musicale, ma ancor più perché, mentre il lettore opera in quanto portavoce di Dio che parla, il salmista agisce in quanto portavoce e guida dell assemblea dei fedeli che risponde. Dal punto di vista del linguaggio simbolico il lettore, che ha camminato con il sacerdote e i ministranti nella processione d ingresso verso l altare e ha preso posto nei pressi dell ambone, sale all ambone muovendo dallo spazio circostante l altare. Il salmista invece, che all inizio della celebrazione si è collocato in mezzo all assemblea o tra i cantori, sale all ambone muovendo dall assemblea (o dal coro). Così, se l ambone unifica la percezione che letture e salmo sono sempre parola di Dio, le differenti ministerialità e i percorsi distinti comunicano, nel segno liturgico, l idea che è in atto un dialogo tra due soggetti legati l uno all altro da rapporti di alleanza. La ricaduta sull animazione è immediata: fare sì che, ordinariamente, il salmista sia diverso dal lettore e che, per quanto possibile, almeno il ritornello del salmo responsoriale sia sempre cantato. - Nella seconda lettura (l epistola ambrosiana) Dio riprende a parlare e, sempre per il tramite del lettore, ripropone ai fedeli radunati le parole che egli un tempo ha suscitato nella mente e nel cuore degli apostoli per annunciare al mondo l opera di salvezza compiuta in Cristo Gesù. Ancora una volta, mentre l intestazione iniziale («Dalla lettera di san Paolo apostolo a... / Lettera di san Paolo apostolo a...» ) specifica il documento storico, umano da cui proviene la Parola proclamata, la conclusione («Parola di Dio / rendiamo grazia a Dio») si affretta a chiarificare la vera natura della parola che è risuonata dall ambone. - La lettura profetica e la meditazione apostolica accendono l animo dei fedeli, predisponendolo ad accogliere la narrazione diretta dei gesti e delle parole di Gesù. Così il canto al vangelo, con il quale l assemblea dei fedeli prosegue il dialogo in atto con Dio, non risulta più,

7 come il salmo, una risposta alla parola di Dio appena udita, ma è piuttosto un acclamazione rivolta a Dio, un canto di giubilo per ciò che ancora dovrà accadere e sta per rivelarsi: è un acclamazione che annuncia la venuta di Cristo nella proclamazione del vangelo e predispone i fedeli ad acoglierlo nell ascolto di quella proclamazione. - Nel vangelo Dio riprende a parlare e, per il tramite del diacono, del presbitero o del vescovo, comunica all assemblea dei fedeli quanto di più prezioso ha: la vita e le parole di Gesù, pienezza di tutta la rivelazione, vertice insuperabile del suo dono d amore all umanità. La differenza specifica di quest ultima proclamazione della Parola rispetto alle altre è data, oltre che dal cambio ministeriale già segnalato (dal lettore, al diacono / presbitero / vescovo), dalla diversa partenza (il saluto, l intestazione iniziale «Dal vangelo secondo... / Lettura del vangelo secondo...» accompagnata dal triplice segno di croce in fronte, sulla bocca e sul petto e seguita dall acclamazione del popolo «Gloria a te, Signore») e dalla diversa conclusione («Parola del Signore / Lode a te, o Cristo»). Tutto concorre al riconoscimento, nella fede, di Colui che non solo ci comunica le parole di Dio, ma è la Parola di Dio in persona, il Verbo del Padre che ha rivestito e continua a rivestire la nostra umanità. - Il dialogo continua con l omelia, volta a favorire una più profonda assimilazione della Parola ascoltata e dunque in continuità con la comunicazione che Dio fa al suo popolo, con la professione di fede (rito romano) o il canto dopo il vangelo (rito ambrosiano), con la preghiera universale e con l orazione che chiude la liturgia della Parola. Queste ultime sequenze celebrative sviluppano e approfondiscono in vario modo la risposta dell assemblea a Dio che ha parlato: come «la fede viene dall ascolto» della parola di Cristo (cfr. Rm 10, 17), così anche la lode, la supplica e l intercessione. Non potremmo fare la nostra professione di fede o formulare la preghiera universale se non come momenti di quel dialogo d amore tra Dio e la sua Chiesa che si snoda lungo tutta la liturgia della Parola Forme liturgiche dell ascolto, della gratitudine e dell apertura d animo Affinché la liturgia della Parola possa dispiegare la sua straordinaria efficacia evangelizzatrice nella vita sociale e personale, l assemblea dei fedeli è chiamata a coltivare alcuni importanti atteggiamenti interiori per il tramite di «segni sensibili». Può sembrare strano che si parli di «segni sensibili» là dove sono in gioco gli «atteggiamenti interiori», ma questa è la caratteristica dell agire liturgico che, nel profondo rispetto del concreto esistente umano, segue in tutto la logica dell incarnazione: nulla cioè si consolida nell animo umano senza il profondo coinvolgimento del corpo e di tutti i suoi sensi. - Un primo atteggiamento da coltivare di fronte alla Parola proclamata è l ascolto che dispone all obbedienza. All inizio di ogni liturgia della Parola dovremmo far nostro l incipit della Regola di san Benedetto: «Ascolta, figlio, i precetti del maestro, porgi attento il tuo cuore, ricevi di buon animo i consigli di un padre che ti vuole bene e mettili risolutamente in pratica, per ritornare con la fatica dell obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l accidia della disobbedienza» 14. Perché ci sia ascolto e attenzione del cuore il rito chiede a tutti i partecipanti di assumere due differenti posture del corpo: lo stare seduti dei discepoli che si lasciano plasmare dall insegnamento del Maestro; lo stare in piedi degli amici che onorano il Maestro, che esprimono la coscienza della loro dignità di figli risorti e che si rendono disponibili a mettere in pratica le parole ascoltate. La prima postura accompagna le prime due letture della messa e l omelia; la seconda accompagna il vangelo, i canti prima e dopo il vangelo, l orazione universale e l orazione conclusiva. Chi sta seduto sta in pace e si concentra meglio; chi è seduto non teme il silenzio, anzi ne sente in certo modo il bisogno; chi è seduto rivolge più facilmente gli occhi all interlocutore e lo sta ad ascoltare volentieri sino alla fine, rimanendo meno sensibile al contesto comunitario in cui si svolge il dialogo. Chi sta in piedi è meno rilassato e tranquillo (si veda la tensione fisica dello stare in piedi), ma proprio per questo risulta essere più attivo e pronto a giocarsi in prima persona; chi sta in piedi fa più fatica a reggere un silenzio prolungato ed è più propenso al fare che al contemplare; chi sta in 14 Vita di san Benedetto di Gregorio Magno e La Regola, Città Nuova, Roma 1979, p. 127.

8 piedi conserva maggiore consapevolezza del contesto comunitario del dialogo in atto, mantenendo un contatto meno assiduo e costante con colui che sta parlando. Per questo, le due posture risultano essere tra loro complementari, perché danno corpo nel contesto della liturgia della Parola a due modi entrambi necessari di ascoltare: più individuale e meditativo il primo; più comunitario e dispositivo all azione, in obbedienza agli imperativi della Parola, il secondo. - Un altro atteggiamento da coltivare di fronte alla Parola proclamata è la gratitudine per la ricchezza e la bellezza del dono che si sta ricevendo. Il rituale affida il compito di esprimere questo fondamentale atteggiamento interiore alle acclamazioni che accompagnano le tre letture bibliche («Rendiamo grazie a Dio»; «Gloria a te, Signore»; «Lode a te, o Cristo»), alla grande acclamazione al vangelo, a non pochi dei salmi responsoriali, specialmente nel ritornello e al canto dopo il vangelo nel rito ambrosiano. I testi esprimono il ringraziamento e la lode fino al grido di giubilo (Alleluia) e all esultanza (le acclamazioni quaresimali) che circondano la proclamazione del vangelo, vertice di tutta la liturgia della Parola. Si comprende perciò l insistenza con cui le norme liturgiche invitano a privilegiare l esecuzione in canto di queste acclamazioni in ragione del fatto che solo il canto appare adeguato per questo compito. Si comprende anche la possibilità, come accenneremo alla fine, che al canto delle acclamazioni specie al vangelo e dopo il vangelo possa accompagnarsi un gesto di danza. L acclamazione al vangelo risulta poi grandemente potenziata nella sua capacità di esprimere la gratitudine a Dio per il dono della sua Parola dalla processione con l Evangeliario e dall intronizzazione dello stesso all ambone. L impiego di questo speciale libro liturgico, insieme alla valorizzazione della complessa simbolica gestuale che lo accompagna (le candele che lo illuminano, il turibolo che lo incensa, le mani che lo elevano, la bocca che lo bacia, ecc...) sono una scuola di educazione alla gratitudine e dovrebbero contraddistinguere con frequenza le nostre liturgie festive, aiutando i fedeli a ritrovare familiarità con l onore, la lode e la gloria che è giusto tributare a Cristo, la Parola vivente del Padre. - Un terzo atteggiamento da coltivare di fronte alla Parola proclamata è l apertura d animo, che dispone a un amore sincero e solidale per i fratelli fino al sacrificio di sé. La sintesi delle Sacre Scritture è racchiusa nel comandamento dell amore per Dio e per i fratelli, e l esito dell incontro con Cristo, mediante la Parola e i Sacramenti, è una vita cristiana esemplata sulla carità di Cristo. Per questo, terminata la proclamazione delle letture bibliche ed espletato l intervento omiletico, la liturgia della Parola prosegue con la preghiera universale (o preghiera dei fedeli) che esprime l amore per i fratelli nella forma rituale della preghiera di intercessione. Attraverso la preghiera di intercessione l animo di chi ha ascoltato e accolto la Parola si apre ai bisogni dell umanità e alle necessità della Chiesa per affidarli al Cristo che «è sempre vivo per intercedere» in favore di coloro che «per mezzo di lui si avvicinano a Dio» (cfr. Eb 7, 25). Nel predisporre una celebrazione dobbiamo sempre fare molta attenzione alla preghiera universale, sia per ciò che riguarda la formulazione delle intenzioni, sia quanto concerne l invocazione comune di tutta l assemblea. Quando formuliamo un intenzione dobbiamo anzitutto decidere il destinatario della preghiera (la formulazione cambia se si rivolge al al Padre o al Signore Gesù) e attenerci fino all ultima intenzione a quanto abbiamo deciso per la prima. Dobbiamo poi chiarire che cosa sia conveniente domandare e per chi lo domandiamo. Dobbiamo infine mantenere fermo il criterio della brevità. In obbedienza al vangelo che ci raccomanda di «non sprecare parole» quando preghiamo, perché Dio sa di quali cose abbiamo bisogno prima ancora che gliele chiediamo (cfr. Mt 6, 7-8), dobbiamo evitare sproloqui e sviluppi abnormi. Resta esemplare, nel metodo e nei contenuti, la lezione dell antica litania ambrosiana (che possiamo trovare nel II formulario generale in appendice al Messale), con l invocazione comune dei fedeli Kyrie eleison. Dopo l apertura con due invocazioni di carattere generale («Signore onnipotente, Dio dei nostri Padri / Guardaci dall alto del tuo trono»), nella parte centrale vengono indicati i soggetti per cui si prega senza ulteriori aggiunte (ad es. «Per questa città e per tutti i suoi

9 abitanti») per concludere con tre ultime invocazioni: «Liberaci, tu che liberasti i figli di Israele / Con mano forte e con braccio potente / Vieni, o Signore, aiutaci e liberaci per il tuo nome». Anche l assenso dell assemblea alle intenzioni formulate merita di essere considerato con più attenzione. La regola liturgica ci dice che esso può venire espresso «con un invocazione comune» (detta o cantata) dall Ascoltaci, Signore al tradizionale Kyrie eleison ambrosiano oppure «pregando in silenzio», e che in ogni caso, i fedeli possono stare in piedi o in ginocchio, secondo che si voglia esprimere la richiesta dei figli o la supplica dei peccatori (in occasione di particolari momenti difficili della vita sociale e/o ecclesiale) Leggere, cantare (e danzare) con arte Le cose dette finora hanno sempre lasciato sullo sfondo una più puntuale considerazione della qualità celebrativa della liturgia della Parola. È giunto il momento di farlo, limitando però l attenzione alla lettura e al canto, con una nota a margine relativa alla danza. - La parte più significativa della liturgia della Parola è costituita dalla lettura pubblica (davanti all assemblea dei fedeli) di alcune pagine bibliche. Nel lessico liturgico tale lettura pubblica è chiamata «proclamazione» perché si caratterizza come un atto di comunicazione solenne e ufficiale in un contesto sacrale. Le persone deputate alla proclamazione della parola di Dio sono soggetti (uomini e donne) che appartengono alla comunità cristiana in forza del battesimo e della cresima (lettore, salmista) o della sacra ordinazione (diacono, presbitero, vescovo), ed esercitano questo compito come un vero e proprio ministero ecclesiale, anche se con diversa impegnatività sacramentale: dal lettore occasionale al lettore istituito, per le letture che precedono il vangelo e per il salmo; dal diacono al vescovo, per il vangelo. A tutti costoro è chiesto, insieme ai requisiti ecclesiali appena accennati e a una buona fama presso la comunità sotto il profilo morale, una buona competenza comunicativa, cioè una buona capacità di leggere in pubblico rispettando le esigenze di udibilità e di comprensibilità del testo proclamato e suscitando un genuino interesse per il messaggio trasmesso. Grazie alla loro voce i testi biblici prendono vita e incominciano a trasmettere l annuncio della fede e la buona notizia del vangelo. Grazie al dono della loro voce, messa al servizio della Parola, ogni liturgia della Parola svolge la sua funzione evangelizzatrice nell assemblea dei fedeli e, tramite la loro successiva testimonianza, nell intera comunità umana. Una buona competenza comunicativa non è data in dotazione spontanea, ma come ogni altra cosa seria e importante della vita si acquisisce con un pratico apprendistato, cui è necessario sottoporsi con umiltà e con pazienza. La buona disposizione complessiva all ambone (i movimenti e i gesti che precedono e seguono la lettura, il modo di vestire e di porsi, il modo di trattare il libro liturgico, ecc...), la cura della dizione nei suoi vari aspetti (respirazione, impostazione della voce, ritmo nella lettura, articolazione delle sillabe, fraseggio, ecc...) e, non ultimo, il corretto uso del microfono sono solo alcuni dei capitoli di una formazione indispensabile. Ecco perché non dovrebbe mai capitare che uno sia ammesso all ambone per proclamare la Parola senza una previa verifica delle sue attitudini anche tecniche a questo compito. Ecco perché (a livello parrocchiale, interparrocchiale o decanale) andrebbero attivati dei corsi per lettori, nei quali, insieme a una buona introduzione di carattere teologico-liturgico e biblico-spirituale, si possa acquisire anche una prima competenza pratica in ordine all arte del ben leggere in pubblico. Le nostre liturgie migliorerebbero sotto il profilo celebrativo, ma soprattutto si creerebbero le condizioni perché la parola del Signore giunga più facilmente all orecchio, alla mente, al cuore e alla vita dei fedeli. - In tutte le celebrazioni liturgiche prese nel loro complesso, e in tutte le sezioni celebrative una grande attenzione merita il canto. Non fa eccezione la liturgia della Parola, che prevede l intervento del canto in almeno tre modalità differenti: come rinforzo della Parola; come invito alla Parola; come commento della Parola.

10 come rinforzo della Parola Nella tradizione bizantina le letture sono sempre cantate. In questa tradizione liturgica, come in molte altre, sembra pacificamente acquisito che il canto arricchisce il parlato, potenziandone la forza comunicativa. Naturalmente si usano toni musicali che rispettano il testo nella sua piena intellegibilità e funzionano come facilitatori della memorizzazione. Qualcosa di analogo esiste anche nella tradizione romana e ambrosiana, ma da tempo abbiamo abbandonato la pratica di cantare le letture e solo in rari casi la cosa viene fatta per il vangelo. Qui si segnala solo che la cosa non è proibita e che nei nostri Lezionari (romano e ambrosiano) toni musicali sono previsti per il canto delle letture e del vangelo. Più realistica appare la possibilità che i lettori riescano a proporre in canto la chiusura delle letture («Parola di Dio / Parola del Signore») e che le nostre comunità imparino a cantare le acclamazioni di risposta («Rendiamo grazie a Dio / Lode a te, o Cristo»). Sempre più diffusa appare invece la pratica del canto del salmo responsoriale, non solo nel suo ritornello ma anche nei versetti delle varie strofe. Poiché il salmo è parola di Dio posta sulla bocca dei fedeli riuniti in assemblea perché possano rispondere a Dio in modo conveniente, anche il canto del salmo è un canto di rinforzo della Parola e, come tale, non può prescindere dal testo biblico. Per questo si deve evitare in ogni modo la sostituzione del testo biblico con testi non biblici. Sotto il profilo musicale esso poi contempera diverse modalità esecutive (ritornello strofa / strofa strofa senza ritornello / solo ritornello) e diverse interazioni ministeriali (solista tutti / coro tutti / solista coro tutti / solo coro / tutti a cori alterni, ecc...). Oggi, più di ieri, siamo nella condizione di poter dire a tutte le comunità parrocchiali: nelle liturgie festive non manchi mai il ritornello del salmo in canto e si faccia ogni sforzo perché si diffonda l uso di cantare tutto il salmo nei vari modi previsti. Al canto del salmo si potrebbe accompagnare, in circostanze particolari, una figura di danza eseguita da coreuti capaci di esprimere nel linguaggio del corpo in movimento lo spirito della preghiera salmica, modulando di volta in volta la lode, la supplica, il dolore, la gioia, la festa e il lutto espressi dal testo cantato 15. Si apre un capitolo tutto da esplorare sulla possibilità di introdurre elementi di danza liturgica nelle nostre celebrazioni. A questa ricerca da tempo si sta dedicando, con fine competenza liturgica e spirituale oltre che tecnica, la danzatrice di danza classica indiana Roberta Arinci, che ci piacerebbe far conoscere a coloro desiderassero approfondire questo argomento. come invito alla Parola L acclamazione al vangelo è il grande invito alla Parola che ha bisogno del canto come sua forma ordinaria, al punto che la norma liturgica ne consente la sospensione qualora non venisse cantato: «L alleluia e il versetto prima del vangelo, se non si cantano, si possono tralasciare» 16. L alleluia o l acclamazione sostitutiva della Quaresima 17 sono dunque da considerarsi una parte indispensabile del repertorio canoro di una comunità, sulla quale investire energie per avere più spartiti a disposizione con una pluralità di moduli musicali, dal più semplice (il canto di tutta l assemblea con proclamazione del versetto) al più articolato (introduzione strumentale acclamazione cantata dall assemblea e ripresa dal coro a più voci versetto cantato dal solista acclamazione cantata dall assemblea e ripresa dal coro a più voci coda strumentale). Anche l acclamazione al vangelo, specialmente là dove è concomitante alla processione con l Evangeliario e all intronizzazione dello stesso, potrebbe essere accompagnata da una figura di danza liturgica. come commento alla Parola La professione di fede romana collocata dopo l omelia è, a suo modo, uno straordinario commento alla Parola. Per questo, almeno nei momenti più solenni dell anno, il Credo può essere cantato da tutta l assemblea o in un dialogo assemblea coro, sia nei toni tradizionali latini 15 Esempi in questa direzione sono reperibili nell ambito delle giovani Chiese dell Asia, dell Africa e dell America Latina e in alcune celebrazioni pontificie per la Giornata Mondiale della Gioventù. 16 Principi e norme per l uso del Messale ambrosiano, n. 37; 17 Per le nuove acclamazioni quaresimali previste dal Lezionario ambrosiano segnaliamo: MEZZALIRA GIACOMO, Canti al Vangelo per Quaresima e Settimana autentica, a cura del Servizio per la Pastorale Liturgica, Milano 2011, pp. 40.

11 gregoriani e ambrosiani, sia in italiano. Nel 2004 il Servizio per la pastorale liturgica ha provveduto a stampare un fascicolo con la proposta di esecuzione musicale del Credo (apostolico e nicenocostantinopolitano) in forma responsoriale. Molto usato per le celebrazioni del Duomo, questo sussidio andrebbe maggiormente diffuso anche nell uso parrocchiale 18. Il canto dopo il vangelo ambrosiano, eseguito dopo l omelia, svolge la funzione di un canto che commenta la Parola mentre accompagna l allestimento dell altare per il sacrificio eucaristico. La prima osservazione da fare in proposito è che questo canto non va considerato opzionale, ma è parte integrante del programma rituale della liturgia della Parola. Ne deriva l attenzione a valorizzare i testi propri del messale o almeno ad ispirarsi da vicino ai temi biblici e spirituali che questi testi esprimono. Nulla vieta che, in alcune circostanze, si attinga dal repertorio dell antico canto ambrosiano, dando spazio a un momento di ascolto meditativo. È infine un cantare che a suo modo commenta la Parola ascoltata anche l eventuale esecuzione in canto della risposta alla preghiera dei fedeli, o addirittura l esecuzione in canto di tutta quanta la preghiera dei fedeli nei moduli della tradizione gregoriana e ambrosiana o secondo nuovi moduli con cui dare esecuzione alla preghiera universale in italiano. 3. CONCLUSIONE La scommessa di ogni comunità cristiana che si raduna per celebrare l eucaristia del Signore è che, per mezzo della liturgia della Parola, il popolo di Dio venga costantemente evangelizzato. L annuncio della buona notizia del vangelo raggiunge l orecchio, la mente e il cuore dei fedeli grazie alla proclamazione delle pagine bibliche e al loro commento omiletico reso possibile dal buon esercizio delle varie ministerialità della Parola implicate. L ascolto e l interiorizzazione di quella Parola, che si trasforma in esperienza di incontro e di comunione con Cristo Parola, prende forma nella preghiera salmica, nella professione di fede (romana) o nel canto dopo il vangelo (ambrosiano) e nella preghiera di intercessione e si attua sempre per il tramite delle varie ministerialità implicate. Risulta così del tutto evidente che la cura del rito celebrato è il tramite necessario perché la liturgia della Parola dispieghi tutta la sua forza evangelizzatrice e plasmi la vita dei credenti in conformità al vangelo. L umile e tenace compito degli animatori liturgico musicali punta tutto e solo a questo. 18 RUSCONI GIANLUIGI, Il Credo per professare e cantare la fede, Milano 2004, pp. 12.

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