16/ Wilhelm Windelband (1)

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1 16/ Wilhelm Windelband (1) Wilhelm Windelband fu il fondatore della Scuola neo-kantiana del Baden, e suo discepolo sarebbe stato l altro maggior esponente della Scuola, Heinrich Rickert, che gli successe nell Università di Heidelberg. Il neo-kantismo della Scuola del Baden è conosciuto come teoria o filosofia dei valori, che avrebbe avuto un vasto seguito agli inizi del Novecento in Germania e non soltanto, se si pensa a Benedetto Croce e alle sue distinzioni della filosofia (logica, etica, estetica, economica). Il programma della Scuola del Baden si enuclea in un asserto dello stesso Windelband: Conoscere significa giudicare e giudicare significa riconoscere un valore <per cui> il valore deve costituire il punto focale di tutta la problematica filosofica. In questo la Scuola del Baden si distinse dal neo-criticismo della Scuola di Marburg, in quanto riconobbe nei valori (etici ed estetici) l a priori kantiano. Windelband fu un autorevole storico della filosofia e certamente occupa uno spazio di primo piano nella storiografia tedesca dell Ottocento (si vedano la Storia della filosofia moderna, , la Storia della filosofia occidentale nell antichità, 1888, e il Manuale di storia della filosofia, 1892). L allievo Rickert sviluppò la sua ricerca piuttosto in senso marcatamente teoretico. Windelband era nato nel 1848 a Postdam e sarebbe morto a Heidelberg nel Dopo esser stato allievo di Kuno Fischer e Rudolf Hermann Lotze, fu docente nelle Università di Zurigo, Strasburgo ed Heidelberg. Gli scritti teoretici di Windelband furono raccolti nei due tomi dei Preludi (1884), che, nelle successive edizioni, sarebbero stati notevolmente ampliati. Egli sviluppò la tesi neo-kantiana ed antipositivista, che, mentre le scienze naturali si occupano della quaestio facti, la filosofia tratta della quaestio iuris : la differenza è tra l essere e il dover essere. Le scienze producono giudizi di fatto, la filosofia esprime giudizi di valore. Windelband sostiene esservi una coscienza normale, un complesso di valori ideali-metaempirici che guidano la coscienza empirica-individuale nel formulare giudizi valutativi concernenti il vero (logica), il bene (etica) e il bello (estetica). I giudizi valutativi non investono quel che di fatto è riconosciuto come tale, bensì ciò che deve esser riconosciuto al fine di adeguare la coscienza empirica ai valori normativi della coscienza normale. Come ha precisato Pietro Rossi ne Lo storicismo tedesco contemporaneo ( ), La validità delle leggi naturali è la validità empirica del non poter essere di fatto altrimenti ( müssen ), mentre la validità delle norme è la validità del dover essere ( sollen ), del non dover essere altrimenti che lascia però aperta la possibilità di adesione o di ripulsa. Sin dalla prima attività storiografica, rivolta alla filosofia moderna, Windelband intese il neokantismo come indagine sul fondamento e sulla validità logica della conoscenza. Ma volle andare oltre Kant, riflettendo non tanto sulla struttura formale delle scienze della natura, quanto sulla conoscenza storica. Si trattava di una disciplina che, dopo Kant, era andata assumendo una propria configurazione ed autonomia. La filosofia era, dunque, riconfermata come teoria della conoscenza e, in quanto tale, essa di occupava della dimensione trascendentale, puramente logica, del conoscere, e non di quella psicologica. Tale gli apparve il motivo del rilievo primario di Kant nella storia della filosofia moderna, come confluenza e sintesi delle grandi correnti moderne (razionalismo, empirismo, illuminismo). Nei grandi idealisti romantici Fichte, Schelling, Hegel Windelband scorgeva una sorta di tradimento metafisico ai danni di Kant. Occorreva, perciò, un ritorno a Kant che restituisse alla filosofia la funzione critica, estendendola all etica e all estetica. La domanda: Che cos è la filosofia? ottenne una risposta: essa è teoria dei valori. La filosofia, infatti, ricerca la validità universale e necessaria della verità, della bontà e della bellezza, ed espone giudizi critici e non teoretici. La conoscenza scientifica scriveva Windelband non è affatto il solo campo della vita psichica nel quale distinguiamo tra i fenomeni che, per la loro origine causale, risultano egualmente condizionati secondo leggi naturali quelli a cui attribuiamo un valore necessario e universalmente valido e quelli in cui ciò non avviene. Nel campo morale

2 ricorriamo al medesimo valore, del tutto indipendente dal modo di origine psicologica, per valutare le azioni, le intenzioni e i caratteri come buoni o cattivi; e nel campo estetico ricorriamo ad esso per quei particolari sentimenti che, senza alcun riferimento a uno scopo o a un interesse consapevole, caratterizzano il loro oggetto come gradevole o sgradevole. In entrambi i campi spetterà dunque alla filosofia un compito del tutto parallelo a quello della teoria della conoscenza, cioè il compito di indagare con quale diritto queste pretese siano avanzate. Anche qui si tratta non già di una questio facti, bensì di una quaestio iuris. In virtù di questa generalizzazione la filosofia critica appare come la scienza delle determinazioni necessarie e universali di valore. Essa indaga se vi sia una scienza, cioè un pensiero che possegga con validità universale e necessaria il valore della verità; indaga se vi sia una morale, cioè un volere e un agire che posseggano con validità universale e necessaria il valore del bene; indaga se vi sia un arte, cioè un intuire e un sentire che posseggano con validità universale e necessaria il valore della bellezza. In tutti questi tre settori la filosofia non si pone di fronte al suo oggetto (e perciò nel primo campo, ossia in quello teoretico, anche dinnanzi alla scienza) come le altre scienze di fronte ai loro oggetti particolari, bensì si pone criticamente, cioè in maniera da mettere alla prova il materiale del pensiero, della volontà, del sentimento rispetto allo scopo della validità universale e necessaria, e da separare e da rifiutare ciò che non regge dinanzi a questa prova. La filosofia è, dunque, scienza critica dei valori universalmente validi : Ovunque scrive Windelband la coscienza empirica scopre in sé questa necessità ideale di ciò che deve valere universalmente, essa si incontra con una coscienza normale, la cui essenza per noi consiste nel fatto che siamo convinti che essa deve essere reale indipendentemente dalla realtà che riveste nello svolgimento della coscienza empirica, sottoposto alla necessità naturale. Per quanto piccoli siano il grado e la misura in cui tale coscienza normale penetra la coscienza empirica e si fa valere all interno di questa, ciononostante tutte le valutazioni logiche, etiche ed estetiche sono formulate in base alla convinzione che vi sia una coscienza normale, alla quale dobbiamo elevarci se le nostre valutazioni debbono pretendere una validità universale necessaria: una coscienza normale che non vale nel senso di un riconoscimento di fatto, ma che deve valere e che perciò costituisce non già una realtà empirica, bensì un ideale in base al quale dev essere misurato il valore di ogni realtà empirica. Le leggi di questa coscienza in generale secondo l espressione kantiana non sono più leggi naturali, che valgono in tutte le circostanze e a cui i singoli fatti debbono necessariamente conformarsi, ma sono invece norme che debbono appunto valere, e la cui realizzazione determina il valore della realtà empirica ( Präludien ). La filosofia si definisce come l indagine della coscienza normale, di quel presupposto che sta alla base di tutta la vita scientifica, etica ed estetica, e che gli individui debbono riconoscere al di sopra di sé come norma valida. Penetrando nella coscienza empirica e individuale, la filosofia vi cerca ciò che sfugge alla necessità naturale: un sistema di norme oggettivamente valide. Insomma, La filosofia è la scienza dei principî della valutazione assoluta. Al fondamento dell agire e dell operare dei singoli esseri umani, vi è un sostrato normativo, costituito da valori la cui validità è incondizionata. L insieme, il complesso di tali valori è la coscienza normale. La filosofia diventa teoria dei valori. Ed a questo punto, come ha scritto Pietro Rossi, dal punto di vista di Windelband, è chiaro che Le leggi naturali appartengono alla ragione giudicante, le norme alla ragione valutante. I valori, che confluiscono in sistema nella coscienza normale, posseggono una validità ideale, universale e necessaria, che stabilisce il valore di quel che è empirico. Essi sono prescrizioni e pertanto sono estranei alla necessità causale propria delle scienze della natura. Se la filosofia è teoria dei valori, essa rivela un estensione più ampia della teoria della conoscenza. O meglio: la teoria della conoscenza non è che un area parziale della teoria dei valori. Ora, è evidente che la teoria della conoscenza diventa un settore specifico della teoria dei valori. E la sua funzione sarà quindi quella di stabilire quali siano i valori che stanno a fondamento del conoscere, come la funzione di una teoria della moralità o dell arte sarà quella di porre in luce i valori che presiedono a questi altri settori dell attività umana. Tuttavia ciò non conduce a una

3 trasformazione del tipo di indagine critica a cui il neocriticismo si era attenuto; si ha soltanto un estensione dell ambito di tale indagine. Permane cioè, in Windelband, l isolamento di un piano di pura validità logica il piano trascendentale al quale la teoria della conoscenza si riferisce, prescindendo dalla considerazione dell aspetto psicologico dell attività umana. Solo che il piano della validità logica viene inteso ora come un settore particolare di una sfera più ampia, la sfera della validità normativa che costituisce la coscienza normale, e viene qualificato di conseguenza come il piano di sussistenza dei valori (Pietro Rossi). E se anche i valori non trovano traduzione e realizzazione empirica nell agire individuale, essi conservano comunque la loro validità incondizionata. Definendo la filosofia come Teoria dei valori, Windelband trascurò per un certo tempo la questione iniziale: lo statuto della conoscenza storica. La storia della filosofia gli appariva strettamente empirica, legata ai fatti, e la conoscenza storica sembrava, comunque, nient altro che constatazione. Ma distinse, poi, tra l aspetto empirico della storia della filosofia che concerne le tesi e le argomentazioni dei singoli filosofi, quel che essi hanno detto e la sua dimensione razionale, che verte invece sui problemi e sulle direttrici delle risposte date loro. Andavano emergendo, di fronte a Windelband, questioni e problemi teoretici e pratici che acquisivano una loro storicità, un loro forte legame con il progresso culturale-politico-sociale. Certo, in questo modo, avvertiva una corrente sotterranea e strutturale che innervava la storia del pensiero dei singoli filosofi, ma non approdò ancora all analisi della conoscenza storica. Come ha scritto Pietro Rossi, La distinzione tra un aspetto empirico e un aspetto razionale della storia della filosofia rappresenta non già una rivalutazione del corso storico, da indagare nella complessità del suo divenire, ma piuttosto una maniera di isolare un certo aspetto dello sviluppo della filosofia e di determinare in esso al di sopra della contingenza del succedersi temporale dei filosofi l oggetto autentico della storiografia filosofica. E la stessa affermazione dell indispensabilità della storia della filosofia per la filosofia non diventa coscienza dell intrinseco carattere storico della filosofia e quindi acquisizione di una nuova dimensione della ricerca; essa indica soltanto il bisogno di una reciproca cooperazione. Fu il confronto con la critica della ragione storica di Wilhelm Dilthey e con la sua distinzione tra scienze della natura e scienze dello spirito, a provocarlo, inducendolo ad una analisi della conoscenza storica per definirne la validità e lo specifico metodo. Interpretando in modo unilaterale la distinzione diltheyana come una antitesi oggettiva, che nascondeva una dualità metafisica, (Spirito e Natura), Windelband volle calcare l accento sul metodo. Non vi sono due regni della realtà, su cui convergano altrettante scienze, ma vi sono due possibili approcci alla realtà, nella sua unità: uno che bada alle regolarità di connessione tra i fenomeni; l altro che mira a intendere i fatti singoli nella loro individualità. Le scienze nomotetiche cercano leggi, regolarità (così è per il procedimento generalizzante dalla scienza). Le scienze idiografiche sondano, invece, singoli avvenimenti e il loro è un procedimento individualizzante. La conoscenza storica diventava scienza idiografica. Avviare un indagine metodologica che stabilisse la reciproca autonomia tra i due ordine di scienze e fondasse la loro rispettiva validità logica, sarebbe stato il compito del discepolo Heinrich Rickert.

4 17/ Wilhelm Windelband (2) Wilhelm Windelband impresse al neo-criticismo tedesco del secondo Ottocento una forte attenzione per la specificità, la possibilità e il fondamento della validità oggettiva di quelle che Max Weber avrebbe chiamato le scienze storico-sociali. Pietro Rossi ha ricondotto la riflessione di Windelband e dell allievo Heinrich Rickert a quello storicismo tedesco contemporaneo che volle fondare criticamente la conoscenza storica e le altre scienze storico-sociale, evitando di appiattirle e ridurle al metodo delle scienze della natura. Quel composito movimento faceva propria l istanza positivista di una aderenza della scienza alla dimensione empirica, ma non credeva che il mondo storico ed umano fosse comprensibile naturalisticamente. La fondazione epistemologica delle scienze umane fu la questione centrale dello storicismo tedesco contemporaneo, ma Pietro Rossi ha sottolineato con attenzione che se il soggetto conoscente di Windelband e di Rickert è ancora quello kantiano (dotato di funzioni a priori, di forme della sensibilità e dell intelletto), per gli altri storicisti il soggetto della conoscenza è l uomo come essere storico concreto, i cui poteri conoscitivi sono condizionati dall orizzonte storico nel quale è inserito. Cosicché l attenzione metodologica rivolta alle scienze storico-sociali, per intenderci la Critica della ragione storica di Wilhelm Dilthey, finiva col diventare critica storica della ragione, analisi della storicità e della struttura del mondo umano, dei sistemi di cultura e dell organizzazione della società. Pietro Rossi è nato nel 1930 a Torino, dove si è laureato in Filosofia nel Ha compiuto studi di perfezionamento presso l Istituto Italiano per gli Studi Storici di Napoli, a Milano e a Heidelberg. Libero docente dal 1956, è stato yellow della Rockfeller Foundation a Parigi dal 1959 al Ordinario a Cagliari da 1963 e poi a Torino, qui è titolare tuttora della cattedra di Filosofia della Storia. Nel 1985 è stato Max-Weber-Gastprofessor ad Heidelberg. Della sua vasta e solida produzione sono da ricordare, almeno, oltre a Lo storicismo tedesco contemporaneo, saggi come Storia e storicismo nella filosofia contemporanea (1960), La teoria della storiografia oggi (1983), Vom Historismus zur historischen Sozialwissenschten (1987), La storiografia contemporanea. Indirizzi e problemi (1987), La memoria del sapere (1988), La storia comparata. Approcci e prospettive (1990) e, in collaborazione con Carlo Augusto Viano, Filosofia italiana e filosofie straniere nel dopoguerra (1991). Ha promosso in Italia la conoscenza di Wilhelm Dilthey e Max Weber con le traduzioni delle loro opere di maggior rilievo, ma si è occupato anche delle questioni epistemologiche, metodologiche e teoriche dell indagine storica e delle scienze sociali. Pietro Rossi ha invitato a non intendere lo storicismo tedesco contemporaneo come quella degenerazione e dissoluzione della visione romantica della storia che condurrebbe univocamente alla sociologia, secondo la lettura operatane da Ernst Troeltsch. La visione romantica della storia, nata con Johann Gottfried Herder, finiva con la crisi della filosofia della storia di Georg Wilhelm Friedrich Hegel: la storia non era più identificata con l Assoluto, e ogni suo momento individuale non veniva più ricondotto all universale. Con lo storicismo tedesco contemporaneo, la storia diveniva prodotto dell opera finita degli uomini e la storicità avrebbe costituito l orizzonte temporale entro cui l uomo vive e procede alla costruzione del proprio mondo di rapporti. Sembra di poter sostenere, nello stesso tempo, che la grande Scuola storica tedesca sollecitasse fortemente i filosofi a riflettere metodologicamente sulle discipline storico-sociali. L Ottocento fu, per la Germania, il secolo della storia. Da Theodor Mommsen a Jakob Burckhardt, da Karl Julius Beloch a Gustav Droysen, da Eduard Zeller a Berthold Niebuhr, la Scuola storica diede contributi fondamentali alla comprensione storica dell Occidente nella filosofia e nella politica, nell arte e nella religione. La Riforma e il Rinascimento, la Grecia e Roma, ebbero una poderosa attenzione, cui dev essere affiancata l acribia filologica di Hermann Diels, Hermann Usener ed altri, che sondarono e recuperarono testi e fonti della filosofia antica.

5 Lo storicismo tedesco contemporaneo non fu certo il sottoprodotto o l esito tardivo e ottuso di una simile ed eccezionale produzione. Esso fu ripensamento critico (nel senso kantiano) e metodologico di quell immane opera storico-filologica, proprio per ritrovarne i fondamenti e la validità dopo la crisi dello storicismo romantico e del suo apogeo hegeliano. Nessuno avrebbe osato mettere in discussione il lavoro della Scuola storica, ma, mentre la filosofia della storia di Hegel si avviava al tramonto ed emergeva il ritorno a Kant, lo storicismo tedesco contemporaneo intese estendere la critica kantiana (che s era rivolta alla sola scienza della natura) alle scienze storiche. E rinunciava, nello stesso tempo, alla concezione di una storia dialettica e razionale (fondata sull asserto di Hegel che tutto ciò che è razionale è reale e tutto ciò che è reale è razionale) per riscoprire i limiti dell essere umano, senza ignorare quell aspetto irrazionale che sempre contraddistingue la storia concreta, sulla quale pur si fonda il mondo umano. L analisi metodologica del Grundriss der Historik (1858) di Droysen e la considerazione storico-filosofica delle Weltgeschichtliche Betrachtungen ( ) di Burckhardt ha scritto Pietro Rossi riflettono già motivi ed esigenze di un mondo culturale che, per quanto legato a quello romantico, ha abbandonato i suoi presupposti filosofici e mira a realizzare una diversa comprensione della conoscenza storica e della struttura della storia. L emancipazione dalla filosofia romantica della storia costituì sin dall inizio l obiettivo dello storicismo tedesco contemporaneo, cui seguì poi, con gradualità, il distacco dalla Scuola storica. Windelband diede, comunque, un fondamentale contributo ad una analisi metodologica delle scienze storico-sociali, che ne rifiutasse la riduzione naturalistica imposta dal positivismo, ma che travalicasse anche i confini del neo-criticismo (la filosofia come teoria della conoscenza) per approdare ad una comprensione strutturale della storicità costitutiva del mondo umano. Aveva esordito con l esigenza di chiarire i termini della validità logica della conoscenza storica, ed era pervenuto ad una teoria dei valori. In sintonia con Kant, ed ampliandone la visuale, egli intendeva cogliere quei valori normativi che guidano l attività umana non soltanto nella dimensione del conoscere, ma anche in quella dell agire morale e della valutazione estetica. Condivise con Wilhelm Dilthey la convinzione che la filosofia non dovesse scostarsi dai progressi e dalle conquiste della scienza. Essa doveva perciò procedere ad una ridiscussione delle discipline storiche e dei loro fondamenti. Windelband rifiutava, però, la distinzione che Dilthey aveva operato tra scienze della natura e scienze dello spirito. Una tale distinzione l avrebbe radicata secondo Windelband nell oggetto (Natura e Spirito), e vi era, quindi, il rischio di riproporre una sorta di dualismo metafisico, dal quale nessuno dei grandi filosofi moderni poteva dirsi esente (da Cartesio a Spinoza sino ad Hegel). In realtà, la distinzione tra scienze della natura e scienze dello spirito non era affatto radicalmente oggettiva. Dilthey non voleva la riduzione delle scienze dello spirito a quelle della natura, operata da August Comte, nemmeno nella sola dimensione metodica, come aveva stabilito John Stuart Mill. Non può non esservi, da parte del ricercatore, un diverso atteggiamento, quando si occupi delle scienze dello spirito, giacchè egli è parte di quello stesso mondo umano che pone a proprio oggetto. E se l uomo è tanto colui che ricerca quanto l indagato, calato comunque nel mondo storico-sociale, non può esser ridotto a mero soggetto conoscente come voleva Kant. Egli deve riappropriarsi, su entrambi i versanti della ricerca, della concretezza esistenziale del mondo umano nella sua complessità e nelle sue multiformi espressioni. Contro il positivismo, Dilthey salvaguardava l unità-totalità psicofisica dell essere umano e ribadiva che la dimensione spirituale non ne è separabile se non per astrazione. Distingueva tra l esperienza interna e quella esterna : la prima riguarda la natura, estranea e straniera ; la seconda coinvolge quel mondo umano di relazioni, affetti, stati d animo, di cui l uomo ha esperienza immediata ( Erlebnis ). I due tipi di esperienza impediscono di concepire una distinzione meramente oggettiva (natura e spirito) tra i due ordini di scienze. Ma Windelband ignorò tutto questo al fine di rimarcare la sua distinzione fortemente metodologica tra scienze nomotetiche e scienze idiografiche. Scrisse che Quella tra natura e spirito è un antitesi oggettiva che è pervenuta a una posizione

6 predominante al tramonto del pensiero antico e agli inizi di quello medioevale, e che nella metafisica moderna è stata fatta valere, con la massima decisione, da Cartesio e da Spinosa fino a Schelling e a Hegel. Attribuiva a Dilthey un vincolo cui egli in realtà intendeva sottrarsi. E chiedendosi quali affinità di metodo possano esservi tra la psicologia e le scienze naturali, rispondeva che entrambe raccolgono ed elaborano i fatti Ma il metodo di accertamento dei fatti è diverso, perché diversi sono gli oggetti. La psicologia, come le altre scienze dello spirito, pur esse empiriche, è diretta a rappresentare nel modo più compiuto ed esauriente il divenire particolare, più o meno esteso, di una realtà singolare e limitata nel tempo. L oggetto può essere il più vario: Si può trattare di un singolo avvenimento o di una serie complessiva di azioni e di vicende, della natura e della vita di un uomo o di un intero popolo, del carattere specifico e dello sviluppo di una lingua, di una religione, di un ordinamento giuridico, oppure di un prodotto letterario, artistico, scientifico Ma sempre lo scopo conoscitivo rimane quello di riprodurre e di intendere nella sua realtà di fatto una formazione della vita umana, che si è presentata nella sua configurazione singolare. E chiaro che con ciò si designa l intero ambito delle discipline storiche. In sostanza, la linea di demarcazione tra le scienze della natura e quelle del mondo umano è nel metodo: Le une cercano leggi generali, le altre fatti storici particolari Le prime sono scienze di leggi e le seconde sono scienze di avvenimenti; quelle insegnano ciò che è sempre, e queste ciò che è stato una volta. Il pensiero scientifico è nel primo caso nomotetico e nel secondo idiografico. Se però la differenza non riguarda l oggetto, resta inteso che per ogni fatto si danno due possibili punti di vista: esso può esser considerato sia come particolare riconducibile ad una uniformità legale, sia come individualità unica. La distinzione tra la ricerca naturale e la storia comincia soltanto là dove si tratta di utilizzare i fatti a scopo conoscitivo. Qui noi vediamo che l una cerca leggi e l altra cerca invece forme. Nell una il pensiero conduce all accertamento del particolare all apprendimento di relazioni generali, nell altra esso si sofferma alla caratterizzazione accurata del particolare. Per lo scienziato naturale il singolo oggetto dato alla sua osservazione non possiede mai, in quanto tale, valore scientifico; esso gli serve solo in quanto si ritiene giustificato a considerarlo come un tipo, come un caso specifico di un concetto di genere Allo storico si pone invece il compito di far rivivere una formazione del passato nella sua intera configurazione individuale, rendendola idealmente presente.

7 18/ Heinrich Rickert (1) Heinrich Rickert fu più sistematico e teoretico del maestro Wilhelm Windelband, dal quale riprese la distinzione tra scienze nomotetiche e scienze idiografiche, oltre all esigenza prioritaria di definire la scientificità e la metodologia della conoscenza storica. Ma, soprattutto, egli volle riflettere sulla filosofia come teoria dei valori. La südwestdeutsche Schule, la Scuola del Sudovest o Scuola del Baden (Università di Heidelberg e Friburgo) era stata fondata da Windelband ma ebbe certamente in Rickert il suo maggior esponente. Era la seconda scuola neo-kantiana tedesca, dopo quella di Marburgo, e costituì un momento cruciale di elaborazione dell epistemologia delle scienze umane o storico-sociali. La netta tendenza sistematica che lo contraddistingueva, indirizzò Rickert alla formulazione di una teoria della conoscenza che stabilisse il fondamento e la validità della conoscenza storica. La costante attenzione logica per la teoria della conoscenza lo condusse a definire lo statuto epistemologico delle scienze della cultura. Affrontò la questione, superando il neo-kantismo, anche se rimase vincolato al piano trascendentale e del soggetto conoscente, e ricondusse l indagine metodologica sulla scienza ai fini ultimi della ricerca scientifica: chi si occupa della scienza deve porsi la questione di una generale concezione della vita e del mondo ( Weltanschauung ). Dopo un secolo di frammentazione e specializzazione delle scienze, Windelband riteneva fosse giunto il tempo di ritrovare il senso della totalità e affidò alla filosofia (che nel frattempo aveva dovuto rinunciare alle problematiche tradizionali, affidandole alle scienze settoriali) il compito di chiarire l apertura e l attenzione delle scienze nei confronti del mondo. Il mondo delle scienze della natura gli appariva freddo e tremendo, un macchinario senza vita, un habitat estraniante e privo di senso. Andando oltre l esigenza strettamente metodologica, Rickert avvertiva la necessità di ricollocare l agire umano in un mondo che pulsasse di sensi e significati. Egli non aveva una sua determinata concezione del mondo da imporre alle scienze naturali, ma, di fronte alla loro inadeguatezza a conseguirne una, accentuò il ruolo delle scienze della cultura. Mario Signore ha ben evidenziato che Rickert rifiutò la tesi che le scienze culturali debbono costruirsi sul modello delle scienze naturali, che colgono soltanto le regolarità calcolabili e immutabili. Signore intravvede da lontano Max Weber, quando ritiene che, sulla scia di Windelband, Rickert giudicasse che anche le scienze naturali, entrando in gioco nel nostro comportamento individuale, non possono non subire una trasformazione dovuta al fatto che l uomo è un essere culturale il quale può assumere, di fronte al mondo, una posizione consapevole, conferendogli un senso. Rickert andava definendo una logica delle scienze della cultura. E non volle estendere ad esse quel fondamento naturalistico che, per le stesse scienze della natura, si mostrava ambiguo. Ritenne, dunque, di poter ancorare le scienze della cultura ad un sistema di valori e affidò alla filosofia il compito di Weltanschauungslehre, di scienza dei valori e dottrina di una Weltanschauung (concezione del mondo). Heinrich Rickert nacque a Danzig nel Il padre era parlamentare. Crebbe nei decenni di Bismarck e fu un adolescente attento all arte e al teatro. Conseguì la laurea a Straβburg con Wilhelm Windelband, a venticinque anni, e a ventotto si abilitò a Freiburg. Si ritrasse dalla storia della letteratura per le inclinazioni filologiche che essa aveva assunto con Wilhelm Scherer, e preferì le questioni storiche del Windelband di Lehrbuch der Geschichte der Philosophie, anche se i suoi preminenti interessi non sarebbero stati certamente storico-filosofici. Professore straordinario a Freiburg nel 1894, poi ordinario due anni dopo, avrebbe assunto la guida della Badische Schule, per succedere, ad Heidelberg, a Windelband, nel Ad Heidelberg, Rickert sarebbe morto nel Tra le sue opere, si possono ricordare: L oggetto della conoscenza: introduzione alla filosofia trascendentale (1892), I limiti della formazione dei concetti nella scienza della natura:

8 introduzione logica alle scienze storiche ( ), Scienza della cultura e scienza della natura (1899), e il saggio postumo Immediatezza e significato (1939). Né la storia della letteratura né il giornalismo riuscirono ad appagare e ad assorbire un intellettuale acuto e versatile, che volle essere attento a tutte le problematiche dell essere umano, dall esistenza alla politica, dall economia all arte, sino alla tecnica. Riconoscerlo come il maggior esponente del neo-criticismo tedesco sud-occidentale, dopo il fondatore Windelband, considerando anche l impegno che egli profuse nel Logos. Internazionale Zeitschrift für Philosophie der Kultur, è cosa già più adeguata ad intenderne l ingegno. Il suo vero cruccio e l autentico oggetto della sua riflessione furono, comunque, le Geisteswissenchaften, le scienze della cultura. E non si accontentò della loro distinzione dalle scienze naturali come il Maestro Windelband. Volle approfondire e definire il loro statuto epistemologico. Rickert ripartiva dalla distinzione, operata dal predecessore, tra conoscenza storica e scienza naturale, ma intese condurre sino in fondo l indagine logico-metodologica sulla conoscenza storica, al fine di definirne appieno l autonomia e l identità. Come ha scritto Pietro Rossi, l ideale della scienza naturale <gli appariva> costituito da un integrale spiegazione meccanica della realtà, conseguita mediante la determinazione di leggi incondizionatamente valide che esprimono, in maniera universale e necessaria, i rapporti tra i suoi innumerevoli elementi. L orientamento generalizzante è dominante sia nelle scienze fisiche che in quelle psicologiche: esse producono, in ogni caso, concetti generali ed ignorano l individualità nella sua unicità, singolarità, irripetibilità. E questa la concezione della scienza che hanno tanto i positivisti quanto i neo-criticisti. Se vogliamo sapere qualcosa in merito alla singolarità, alla particolarità e all individualità del reale, - scriveva Rickert non possiamo rivolgerci a una scienza ai cui concetti viene posto un limite dal divenire reale nella sua configurazione singolare e individuale, e al tempo stesso intuitiva; ma, se dev esserci in generale una rappresentazione della realtà con riguardo al sua singolarità e individualità, è necessaria a tale scopo una scienza la quale, nella sua elaborazione concettuale, si discosti logicamente dalla scienza naturale nei punti essenziali. Conoscere la struttura logica di questa scienza, delimitare la sua elaborazione concettuale nei confronti di ogni scienza naturale e pervenire in tal modo al principio su cui si deve fondare la divisione logica delle scienze empiriche, costituisce d ora innanzi il nostro compito, che si collega immediatamente all indicazione dei limiti dell elaborazione concettuale della scienza naturale. E Rickert continua: Se dev esserci una scienza del divenire singolare e individuale, questa dovrà chiamarsi scienza storica. Noi ci rivolgiamo alla storia ogni volta che il nostro interesse non è soddisfatto dalla scienza naturale La storia considera la realtà da un punto di vista del tutto diverso, e si serve quindi necessariamente anche di un metodo completamente differente di rappresentazione e di elaborazione concettuale La storia non può mai cercare di rappresentare la realtà in riferimento al generale, ma può rappresentarla soltanto in riferimento al particolare e all individuale. Solamente ciò che è individuale e singolare è realmente accaduto; e solamente una scienza che tratti del divenire singolare può essere chiamata scienza storica.... La conoscenza storica vuol porsi, nei confronti della stessa realtà di cui tratta la scienza, con una diversa prospettiva, attenta alla particolarità. Natura e storia non sono che due aspetti di una sola realtà, colta da due diversi punti di vista, generalizzante il primo, individualizzante il secondo. Pietro Rossi, d altra parte, nota che neppure alla conoscenza storica è consentito cogliere il dato empirico nella sua immediatezza, giacchè la semplice restituzione dei dati empirici non sarebbe conoscenza oggettivamente valida. Anche la conoscenza storica necessità di un criterio per ordinare la molteplicità dei dati empirici, conferendo loro unitarietà nell oggetto individuale. Tale criterio è indicato da Windelband nella relazione ai valori, che consente di salvaguardare, tanto l unità della molteplicità di elementi che compongono l oggetto individuale quanto la sua singolarità-unicità. La storia, sostiene Rickert, si interessa soltanto di ciò che possiede, come si suol dire, un significato universale. Ma ciò non può voler dire nient altro se non che il valore, in riferimento al quale gli oggetti diventano per essa individui storici, dev essere un valore universale, ossia valido per tutti Il valore universale non deve abbracciare vari valori individuali come

9 propri casi specifici, ma dev essere soltanto un valore riconosciuto da tutti o valido per tutti; ciò che possiede significato universale in quanto è riferito a un valore universale non è, per tale motivo, qualcosa di generale. Al contrario, il significato universale di un oggetto può crescere nella misura in cui aumentano le differenze tra di esso e gli altri oggetti; e la storia avrà per oggetto l individuale e il particolare proprio perché essa si occupa soltanto di ciò che è in relazione con un valore universale. L individuo storico acquista pertanto un significato per tutti in quanto è diverso da ogni altro. E ancora: La validità della rappresentazione storica deve dipendere dalla validità dei valori cui viene riferita la realtà storica; e perciò la pretesa di validità incondizionata dei concetti storici presuppone il riconoscimento di valori incondizionatamente universali. Questo riconoscimento non comporta affatto la possibilità di una valutazione concordante degli oggetti storici; ma è necessario che vengano riconosciuti in generale valori rispetto ai quali ognuno deve prendere posizione anche come uomo di scienza, e a cui egli deve riferire la realtà; poiché soltanto allora il suo corso individuale non può mai essergli completamente indifferente, e quindi anche una rappresentazione della sua individualità non potrà mai sembrargli puramente arbitraria e superflua. Non basta perciò escludere i valori puramente individuali e designare come principî direttivi di una rappresentazione storica soltanto quei valori che sono comuni a tutti i membri di una determinata comunità. Se la storia deve competere con il tipo di validità universale a cui la scienza universale pretende con la formulazione di leggi generali, dobbiamo invece ammettere che certi valori non siano soltanto riconosciuti di fatto da tutti i membri di determinate comunità, ma che il riconoscimento di valori in generale può essere imposto a ogni uomo di scienza come inevitabile, e che quindi è necessaria la relazione della realtà singolare e individuale con certi valori forniti di una validità universale più che empirica. Soltanto a questa condizione una rappresentazione storica può valere di per sé come una necessità scientifica Dai valori scaturisce una valutazione morale? I valori non conferiscono alcuna dignità morale ai dati empirici, cui attribuiscono un identità e che collocano in una connessione evolutiva e continua (il processo storico). La relazione ai valori non produce giudizi di valore etico-pratici. Essa stabilisce, soltanto, attraverso una scelta ed una selezione, come debbano configurarsi e strutturarsi i dati empirici. La relazione ai valori non consente altro che una elaborazione concettuale dei dati. La soggettività nella conoscenza storica è pur sempre quella kantiana: si tratta di una soggettività trascendentale che non può esser confusa con il singolo soggetto e che garantisce validità universale e necessaria alla stessa conoscenza storica, scegliendo e ordinando i dati empirici, secondo valori dalla validità incondizionata. Del resto, Pietro Rossi ha colto acutamente l istanza metatifisica sottesa dalla rivendicazione di una validità assoluta dei valori. I valori debbono avere un originaria inseità ed un appartenenza ad una sfera ideale. La coscienza normale (normativa, garante di norme) è indipendente dall attuazione empirica effettiva dei valori nel concreto agire umano. Essa ha una consistenzasussistenza platonica. La trascendenza e la metafisica si affacciavano prepotentemente nell orizzonte di Rickert, inducendolo a superare l a priori kantiano, come era accaduto allo stesso Windelband.

10 19/ Heinrich Rickert (2) Heinrich Rickert rifiutò, per le scienze della cultura, il modello delle scienze naturali, fondato esclusivamente sulle regolarità calcolabili, e, sviluppando il progetto del maestro Windelband, sostenne che le stesse scienze della natura non possono ignorare che l uomo è un essere culturale, il quale conferisce un senso al mondo in cui vive. L uomo valuta, e costituisce beni culturali secondo valori Questi ultimi gli indicano una direzione ed un orientamento nella vita e nell esistenza storica concreta. I valori non discendono dalla valutazione: tra validità dei valori e valutazione secondo i valori vi è incommensurabilità, cosicché una filosofia dei valori dovrà interrogarsi sulla relazione tra uomo e valori. Rickert distingue tra beni culturali puramente storici e valori culturali formali o validi, astratti e soprastorici. I beni culturali sono il veicolo con il quale l uomo traduce i valori, in vista di una loro realizzazione sempre più alta e adeguata. Il crescente conseguimento dei valori nella storia mira ad un progressivo perfezionamento. L approssimazione al pieno conseguimento dei valori ha un inevitabile limite nella storicità dell operare umano. In ogni caso la relazione al valore consente alla scienza storica di distinguere ciò che è essenziale da ciò che è inessenziale. Dato un sistema di valori trascendenti, lo storico può orientarsi nel fluire molteplice della realtà ed istituirvi connessioni di senso. Il tendere al valore non può mai venir meno ma non si può pretendere che il senso si realizzi pienamente e compiutamente nella storia. I valori, comunque, si realizzano concretamente nella storia, sia pur in modo parziale. Partecipano al suo mutamento. E lecito, dunque, chiedersi come si connettano i beni culturali al sistema trascendente dei valori. Nota, al riguardo Mario Signore, che di fronte a un sistema di valori valido oggettivamente, inteso come compito, come orizzonte regolativo irreale, bisogna chiedersi quale concreto rapporto esso riesca effettivamente a instaurare con il decorso degli eventi storici, e quali siano le inevitabili conseguenze di una definitiva ir-relazione tra valori irreali e storia, per la comprensibilità stessa della storia Se una filosofia come dottrina dei valori irreali non può mai diventare storica, giacchè in quanto irreali i valori non sono riducibili al divenire della vita storica, l Historismus è da contestare. Non esiste filosofia storica. In quanto al filosofo solo se gli riesce di articolare la sua pienezza non storicamente, bensì sistematicamente, e così di eliminare tutto ciò che è meramente storico, egli può sperare di pervenire alla filosofia. Sembra che l ultimo Rickert abbia deciso per un sistema dei valori del tutto indifferente al divenire e al mutare della storia concreta. La fattività riduce i fatti storici ad una dimensione meramente empirica ed i beni culturali puramente storici traggono il loro senso dal fatto che in essi si calano i valori culturali formali. E difficile cogliere nei valori così intesi un dinamismo storico che ne faccia il motore e l energia del fluire storico, nei suoi momenti individuali. Quando Rickert si occupava della validità logica della conoscenza storica non pensava affatto ad una filosofia della storia. Ci sono due modi di costruire l oggetto del sapere, ed entrambi sono unilaterali. L uno è quello delle scienze della natura, vincolato al dato empirico-fenomenico, l altro è quello della metafisica, che subordina la storia ad una realtà metafisica che la trascende, la guida e la preordina. Tra l immediatezza empirica e la trascendenza di una realtà che antecede la storia, Rickert coglieva un dover essere intrinseco alla conoscenza, capace di esplicare una funzione normativa (Pietro Rossi). All origine sia della scienza della natura che della conoscenza storica, egli intravvedeva un soggetto sovra-individuale kantiano che conferisce ad entrambe validità universale e necessaria. Quanto poi al fondamento di ciascuna delle due, Rickert scorgeva nella relazione ai valori la specificità della conoscenza storica. Ma i valori avrebbero potuto conferire alla conoscenza storica una validità incondizionata soltanto se essi avessero avuto validità assoluta. La teoria dei valori di Windelband aveva affidato ai valori, in un primo tempo, una funzione semplicemente normativa, intendendoli come i principi a priori che garantiscono in ogni settore la validità dell attività umana (Pietro Rossi). Ma se i valori debbono avere una validità universale e

11 necessaria in sé e per sé, occorre inevitabilmente assegnare loro una consistenza ideale e metafisica. Quindi, se, da un canto, la conoscenza storica si istituisce nella relazione ai valori (i valori sono criteri che la orientano nella selezione del dato empirico); dall altro, i valori si definiscono come oggetto della conoscenza storica. L oggetto della quale diventa il processo storico, nel quale si realizzano i valori. E il processo storico diventa il mondo della cultura. Da una dimensione logica, che spetta all analisi critica del neo-kantismo, Rickert, come del resto Windelband, approda alla trascendenza dei valori ed avvia l indagine della struttura oggettiva della cultura. La svolta verso la metafisica nota Pietro Rossi, che la teoria dei valori implica, trova così la sua manifestazione nel rinvio dal problema della conoscenza storica alla considerazione del modo in cui i valori possono trovare, mediante l attività umana, una realizzazione storica cioè a una considerazione che non trova più posto entro la teoria della conoscenza e che conduce al di fuori del terreno logico. In una fase della sua riflessione, dunque, Rickert, come Windelband, non si sarebbe più interrogato sulla cultura come area disciplinare nella quale debbono cogliersi fatti individuali; la cultura diventava un mondo nel quale l agire umano dev essere chiarito e compreso nella sua concreta dimensione storica e nella sua concreta traduzione dei valori. Dalla validità universale e necessaria dei valori discende il senso della storia, e una filosofia della storia che voglia cogliere il processo storico complessivo (universale) deve riferirsi, comunque, ai valori. Che cosa significa il termine storia? Esso rimanda tanto alla realtà storica quanto alla conoscenza storica. Ma la storia è, in sostanza, quel processo empirico, reale, cui la relazione ai valori trascendenti conferisce senso. Certo, poi Rickert ha voluto distinguere le sfere di valori ai quali corrispondono altrettanti contesti dell operare umano (dalla scienza all arte alla religiosità ) ma quel che importa qui è che la filosofia deve sondare la cultura nel suo concreto sviluppo storico per comprendervi e rivelarvi la non meno concreta traduzione storica dei valori. Rickert, del resto, individua in un intermedio mondo del senso l anello di congiunzione tra la storia concreta e i valori, e se è vero che la cultura ha il suo senso proprio nella relazione con i valori, è evidente che essa esiste in virtù della connessione della storia ai valori. Del mondo del senso fanno parte quelle forme spirituali che costituiscono la cultura come senso a sé sussistente della realtà storica, distinta dalla cultura come realtà storica fornita di una connessione e di uno sviluppo, la quale riposa sul riferimento al mondo dei valori (Pietro Rossi). Con quale processo, poi, si possa cogliere il senso di un oggetto storico, la soluzione sta nell intendere ( Verstehen ), che Rickert mutua da Wilhelm Dilthey. L intendere consiste nella comprensione dell oggetto storico, e un tale senso non è altro che la relazione di quell oggetto ad un valore. Se il Rickert della maturità poneva un sistema di valori assolutamente validi a fondamento dell oggettività e del nesso sistematico della scienza culturale (Mario Signore), da giovane aveva decretato, invece, la relatività storica di ogni sistema di valori in quanto vincolato, comunque, ad un sistema culturale. In ogni caso, in un sistema trascendente hanno la loro realtà sovrastorica i valori culturali, che si realizzano concretamente nella storia e che sono vincolati alla sua temporalità, e che si traducono nei beni culturali. Vi sono oggetti scriveva Rickert che, come si suol dire, hanno un valore insito in loro, e che poi vengono chiamati essi stessi valori. Per esempio un opera d arte è una siffatta realtà oggettiva. Ma è facile vedere come il valore insito non è identico alla sua realtà. Tutto ciò che è reale in un quadro, la tela, i colori, la vernice, non fa parte dei valori legati a esso. Perciò chiameremo tali realtà-oggettive, legate ai valori, beni, per distinguerle dai valori insiti in esse. Anche i valori economici, di cui parla l economia nazionale, sono, dunque, non dei valori, ma dei beni, e anche in altri casi non sarà difficile distinguere tra beni e valori. Il valore è, tuttavia, legato a un soggetto, che valuta degli oggetti, e si potrebbe ora credere che una realtà diventi un bene, un quadro un opera d arte, soltanto per il fatto che dei soggetti attribuiscono loro un valore. L atto di valutazione coincide, dunque, forse con il valore stesso? A volte si tende a rispondere positivamente a tale domanda oppure si distingue tra valore e valutazione come tra sentimento, la gioia e il dolore, e atto della sensazione. Come la gioia esiste soltanto in quanto sentita, così esisterebbero i valori soltanto in quanto valutazione di un soggetto. Il

12 valore stesso sarebbe quindi una realtà, più precisamente un esistenza psichica, e una scienza dei valori farebbe quindi parte della psicologia. Rickert distingueva nettamente la valutazione e il valore: la psicologia, come scienza dell esistenza psichica, non sa che farsene della problematica dei valori. I valori non vanno confusi né con l atto psichico della valutazione, né con i beni. La domanda se il valore teorico di un teorema è valido, se, come si suol dire, è vero, non sarà identica alla domanda se tale validità è riconosciuta e se il valore teorico viene effettivamente valutato. La conclusione di Rickert è che un valore può avere validità senza un atto di valutazione, che prenda posizione nei suoi riguardi. In tal modo sono per esempio valide tutte le verità non ancora scoperte dalla scienza. Lungi dal poter essere confusi con i valori, i beni e le valutazioni sono connessioni tra realtà e valori. I valori formano un mondo a se stante al di là del soggetto e dell oggetto. In fin dei conti, secondo Rickert, il compito della filosofia è di offrire una Weltanschauung, una concezione del mondo che intenda essere interpretazione del proprio significato esistenziale. Spetta alla filosofia dare un unico centro alla molteplicità della vita e ordinare il materiale reperibile nei beni culturali in un sistema ultrastorico. Una volta che abbiamo acquisito dei nessi di valore sovrastorici possiamo metterli nuovamente in collegamento con la vita storica piena di contenuto e se siamo riusciti a creare per i beni culturali in essa effettivamente esistenti un ordine, con l aiuto di una classificazione completa, dev essere infine possibile costruire un sistema in cui, da una parte i vari tipi di valore si trovano nell uniforme collegamento a un livello gerarchico, e in cui, d altra parte, resta ancora spazio per il tutto non determinato dei beni culturali storici. Rickert pensava ad un sistema aperto quando escludeva che la filosofia potesse appropriarsi immediatamente del mondo dei valori, e le affidava, pertanto, il compito di cogliere i valori nella loro traduzione storica, che è opera dell uomo. I valori possono esser individuati nella cultura. E la cultura non è altro che l impegno degli esseri umani nella realizzazione dei valori. Secondo Rickert, la storicità dell uomo non è altro che la sua appartenenza alla cultura, precisa Pietro Rossi, e si può comprendere quale sia il posto dell uomo nel mondo soltanto se si considera la sua libertà nel realizzare certi valori nel corso dello sviluppo storico.

13 20/ Georg Simmel (1) Georg Simmel ha lasciato come rileva Pietro Rossi un impronta epistemologica marcata nella sociologia formale, una delle più importanti correnti della sociologia tedesca, di cui esponenti sarebbero stati, tra gli altri, von Wieser e Vierkandt. La sua riflessione metodologica sulle scienze sociali si è mossa partendo dalle loro concrete procedure, dalle categorie forgiate nel corso della ricerca, dai loro ambiti di indagine. Certo, poi, trascinato e condotto, dalle premesse della sua epistemologia, al relativismo assoluto dei valori, il secondo Simmel approdò ad una filosofia della vita che, paradossalmente, gli restituiva proprio la relatività come assoluto. Influenzato da Arthur Schopenhauer e da Friedrich Nietzsche, capovolse la sua attenzione per la storicità del mondo moderno, di cui fu acuto interprete, in una metafisica della stessa civiltà moderna. Con la riprovazione di György Lukàcs, che lo redarguì per aver voluto fare dell estremo relativismo una Weltanschauung e di volgere in senso positivo l agnosticismo moderno in una forma mistica. L anatema di Lukàcs era diretto alla Visione della vita dell ultimo Simmel, laddove costui sosteneva che Di fronte all affermazione del sempre più vasto e illimitato progresso del nostro sapere non si dovrebbe tralasciar di notare che, per così dire, all estremo opposto, tante cose che noi possedevamo come sicuro sapere si degradano a incertezza o a errore riconosciuto. Ed esclamava Simmel : Quante cose sapeva l uomo del Medioevo, come pure il pensatore illuminista del secolo XVIII o lo scienziato naturalista del XIX, che sono per noi o del tutto superate o almeno assai dubbie! Quanta parte di quella che per noi oggi è conoscenza indiscussa, presto o tardi subirà lo stesso destino!. Lukàcs vedeva una netta svalutazione della scientificità nell affermazione di Simmel secondo cui Una volta che si sia rinunciato all idea del vero assoluto, che è del pari soltanto una formazione storica, si può giungere alla tesi paradossale che, nel continuo procedere della conoscenza, la misura delle verità adottate viene pareggiata soltanto dalla misura degli errori eliminati, e che, come in un corteo che mai si arresta, tante sono le conoscenze vere che salgono per la scala principale quante sono le illusioni che vengono fatte discendere per la scala di servizio. Parole che preannunciano talune riflessioni di Max Weber e di Raimund Karl Popper sull interminabile via della verificazione-validazione delle teorie scientifiche. Georg Simmel nacque a Berlino nel 1858 da una famiglia ebrea che s era convertita al cristianesimo. Frequentò il Gymnasium Werder. Si iscrisse poi alla Humboldt di Berlino, ove ebbe come docente Theodor Mommsen. Seguì con forte interesse e notevole profitto corsi di specializzazione: in psicologia con M. Lazarus e H. Steinthal (i quali avrebbero elaborato una Völkerpsychologie, la psicologia dei popoli ripresa da Wilhelm Wundt, che ritenne di doverla applicare ai processi psichici superiori, riservando i semplici processi psichici alla psicologia sperimentale); di filosofia, sotto la guida di Edward Zeller; di storia dell arte, con la docenza di Herman Grimm. Si laureò in filosofia nel 1881, discutendo una tesi dal titolo: Das Wesen der Materie nach Kants psysischer Monadologie. Privatdozent nel 1885, a Berlino, interloquì autorevolmente con Edmund Husserl ed Heinrich Rickert e contribuì a promuovere la riflessione di filosofi come Antonio Banfi, Ernst Bloch, György Lukàcs. I due ultimi, con Karl Mannheim e Martin Buber, ne furono allievi. Le origini ebraiche rendono conto degli ostacoli che egli incontrò nella carriera universitaria, anche se non si possono sottovalutare la poliedricità e la versatilità dei suoi molteplici interessi, che gli impedirono di qualificarsi come docente in una sola e determinata disciplina accademica. Divenne, comunque, ordinario di filosofia a Strasburgo, soltanto nel Sarebbe morto nella stessa Strasburgo nel Di un autore enormemente fecondo e prolifico come Simmel, numerosi manoscritti sono andati perduti in via del tutto definitiva negli anni della Grande Guerra, e, dei numerosi saggi pubblicati in varie riviste e delle altrettanto copiose opere, vanno ricordati almeno: I problemi della filosofia della storia ( ), Sulla differenziazione sociale (1890), Introduzione alla scienza morale (1892), Filosofia del denaro (1900), La metropoli e la vita dello spirito (1903), Kant

14 (1904), Kant e Goethe (1906), La religione (1906), Schopenhauer e Nietzsche (1907), Filosofia della moda (1905), Schopenhauer e Nietzsche (1907), Sociologia. Ricerca sulle forme di associazione (1908), I problemi fondamentali della filosofia (1910), Goethe (1913), Rembrandt. Un saggio di filosofia dell arte (1916), I problemi fondamentali della sociologia (1917), Intuizione della vita (1918), Il conflitto della cultura moderna (1918). Simmel fu acuto e lungimirante sociologo della modernità, agli albori del Novecento, un secolo nel quale altri avevano già intravvisto il dominio della società di massa e della massificazione dell individuo. Le sue sottili e innovative indagini avrebbero fornito uno dei contributi più qualificanti alla sociologia come scienza. La socializzazione spersonalizzante nella grande metropoli, l impersonale razionalizzazione imposta dal danaro alle relazioni sociali, l indifferenza nei confronti di ogni novità, suscitata dalla monetizzazione delle cose (l atteggiamento blasè ), le figure sociali del povero e dello straniero, la moda, il senso del pudore e la civetteria, tutto ciò costituiva un inconsueto complesso di tematiche per la nuova scienza in gestazione: la sociologia. Proprio il concreto interesse per i fatti sociali lo indusse ad accogliere, nelle scienze che si occupano della società, il metodo empirico del positivismo, salvaguardando l esigenza del rigore descrittivo. Come ha scritto Pietro Rossi ne Lo storicismo tedesco contemporaneo, solo il positivismo poteva offrirgli un modello di indagine empiricamente controllata sui fenomeni sociali, che si proponesse di evitare l assunzione di presupposti metafisici e che aspirasse a non diventare una mera conferma sperimentale di una concezione filosofica della società. La convergenza di Simmel sul programma metodologico positivistico si esprime nell affermazione del compito rigorosamente descrittivo delle scienze sociali, e nel rifiuto della pretesa normativa che ne deriva puntualizza Rossi, poiché le scienze sociali non si prefiggono l obiettivo di prescrivere agli individui e ai gruppi sociali un determinato comportamento da seguire per giungere a una certa forma di organizzazione politica piuttosto che a un altra. Alle scienze sociali non compete né l elaborazione di regole di condotta né la formulazione di imperativi e comandi incondizionati. Esse debbono piuttosto studiare le diverse forme di associazione nella loro molteplicità: e ciò diventa possibile soltanto se esse procedono a un opera di descrizione a base empirica, condotta attraverso la constatazione di ciò che risulta mediante l esperienza. Le scienze sociali possono acquistare una validità conoscitiva solo se, al pari delle scienze naturali, si limitano alla descrizione dei fenomeni empiricamente osservabili. Qui, però, la prospettiva di Simmel divergeva dal positivismo, poiché egli negava alle scienze sociali l obiettivo di conseguire leggi universali, necessarie e determinanti. Tuttalpiù, le uniformità hanno valore euristico, nel senso che orientano concretamente la ricerca e si pongono come ipotesi da confermare o smentire. Se le scienze sociali non mirano a leggi universali e necessarie, in che cosa consiste la loro specifica funzione descrittiva? Per rispondere Simmel ritrovò, con i neo-kantiani del Baden, la funzione critica della filosofia nei confronti della conoscenza, per stabilirne la possibilità, i fondamenti e le condizioni di validità. Ma Windelband e Rickert non avevano fatto altro che spostare l indagine di Kant dalla scienza della natura alla conoscenza storica, e del criticismo kantiano avevano conservato la concezione di una teoria della scienza che vuole interrogarsi sui principi a priori e che intende stabilire in termini puramente trascendentali la validità logica del conoscere, a prescindere dal contenuto. Quel che importava era la forma, mentre il contenuto veniva rinviato alla dimensione psicologica. Al contrario di Windelband e di Rickert, Simmel rinunciò ad aprioristiche categorie universali e necessarie, ed a principi a priori della ricerca. Rifiutava la prospettiva dei positivisti di cercar leggi universali e necessarie, ma ne salvaguardava l aderenza all esperienza, contro i neo-kantiani. Di questi ultimi condivideva la funzione critica della filosofia nei confronti della scienza, riformulando però, in modo originale, una simile funzione. Liberandosi di un a priori che si impone all esperienza, la filosofia diventava metodologia critica che si interroga sui concreti procedimenti di ricerca delle singole scienze sociali. Pietro Rossi coglie bene l originalità della posizione di Simmel tra positivismo e neo-kantismo, quando sottolinea che La distinzione tra forma e contenuto della conoscenza non presuppone più < per Simmel > l eterogeneità dei due termini, in quanto

15 appartenenti a due piani diversi e contrapposti; essa diventa una distinzione funzionale fondata sul posto che, in un determinato momento, un certo elemento occupa nel processo di ricerca. Ciò vuol dire che l aspetto formale della conoscenza non è più costituito da categorie fornite di una validità universale e necessaria; esse mutano a seconda dell ambito e dello scopo dell indagine. Nello stesso tempo, l a priori non può più esser imposto dall esperienza, ma ad essa dev essere ricondotto: non è possibile isolare un complesso costante di principî a priori dell indagine scientifica, poiché tali principi vengono assunti ed elaborati nel corso dell indagine stessa: l apriorità è il segno di una funzione esercitata in un particolare indirizzo di ricerca, non è un attributo che poggia su un origine diversa dall esperienza. In tale maniera entra in crisi anche il presupposto della validità universale e necessaria che il neocriticismo attribuiva alle categorie; la loro validità è ora una validità euristica, che deve venire alla prova nel corso dell indagine. Simmel riconosceva che Kant ha dimostrato che ogni conoscenza è una funzione dell intelletto, il quale elabora quindi l intero contenuto del sapere mediante le sue forme a priori. Ma, con Windelband e Rickert, notava polemicamente, da una parte, che le funzioni spirituali, descritte da Kant come l elemento a priori del conoscere, devono valere esclusivamente per la conoscenza acquisita dalle scienze naturali, e quindi si chiedeva che ne fosse della possibilità dell esperienza psichica. Dall altra, con maggior attenzione, rilevava che l a priori kantiano il quale rende possibile l esperienza in generale è soltanto il grado estremo di una serie, i cui gradi inferiori sono profondamente radicati nei singoli settori dell esperienza. Tali principi svolgerebbero la funzione di forme di connessione nei confronti dei contenuti dati. Ma, avendo Kant separato l a priori da ogni elemento empirico, non è chiaro Fin dove si estenda questo dominio delle forme di connessione sul materiale dei fatti. L esperienza e l a priori, dopo Kant, hanno accresciuto enormemente la loro estensione e Simmel evidenzia la differenza tra le forme più generali, che possono essere applicate a qualsiasi materiale e che si elevano al di sopra di ogni singola esperienza, e le forme particolari, ottenute empiricamente e applicabili come a priori soltanto a certi contenuti. E aggiunge che il significato dell a priori non si risolve nel contenuto logico dei concetti in cui può in seguito venir espresso, ma si realizza nella sua efficacia per i sorgere del nostro mondo conoscitivo. Ogni conoscenza è una traduzione di ciò che è immediatamente dato in un nuovo linguaggio, con forme, categorie ed esigenze proprie soltanto di essa. In quanto i fatti quelli interni non meno di quelli esterni diventano oggetto di scienza, essi devono rispondere a domande che non vengono mai poste loro nella realtà e nella loro esistenza originaria; per soddisfare i bisogni del sapere essi ricevono un ordinamento secondo motivi apparenti e motivi profondi, un accentuazione di punti singolari, di relazioni interne in base a valori e a idee, che creano mediante essi una nuova formazione di specie particolare e con una propria legge. Il neo-kantismo e lo stesso criticismo di Kant erano capovolti, in nome dell istanza positivistica del primato dell esperienza e della concretezza delle scienze sociali nei loro metodi e nelle loro procedure. Ma, nello stesso tempo, Simmel si contrapponeva alla tesi positivista che la descrizione dei fatti (sociali) equivalga alla loro fedele riproduzione-constatazione. Le scienze sociali non registrano fatti oggettivamente dati e preesistenti; ciascuna di esse rielabora, piuttosto, i fatti, secondo proprie categorie, che non vanno intese come forme universali dell intelletto, tali per tutti gli ambiti di ricerca. L esigenza metodologica imponeva, così, una sorta di mappa delle scienze sociali, che ne cogliesse le specifiche e settoriali categorie, circoscrivendone anche il campo di ricerca, ma non ignorandone le convergenze e le interazioni. Simmel si interrogò sulle peculiarità del metodo, dei presupposti, delle categorie della psicologia, della sociologia, della scienza morale, della scienza economica, riservando una particolare attenzione a quest ultima, poiché si trattava di una disciplina già ben articolata e sviluppata.

16 21/ Georg Simmel (2) Georg Simmel maturò una concezione relativistica della storia, attraverso l analisi metodologica della scienza-conoscenza storica, che lo separò nettamente dal neo-criticismo. Il positivismo lo aveva indotto a ribadire il primato dell esperienza nei confronti dell intellettualismo kantiano, che vuol imporre norme puramente logiche a tutti gli ambiti vitali. Le molteplici manifestazioni della vita, la stessa morale, si ribellano al predominio logico-formale. I neo-kantiani Windelband e Rickert non hanno fatto altro che estendere le condizioni a priori della conoscenza naturale alle scienze storico-sociali. Tutta l incertezza dell intellettualità moderna, - scriveva Simmel anzi della stessa esistenza moderna, la sua aspirazione che non è mai soggettivamente priva di scopo, ma ne rimane sempre lontana, non poteva esprimersi con più forza, anzi se Kant permette questo concetto con più passione, di quanto traspaia nel fatto che egli, il cui cuore batteva tutto dal lato delle verità compiute della matematica e delle proposizioni a priori, negava tuttavia a queste ultime un valore autonomo per il coglimento spirituale della piena realtà effettuale. Questo valore egli piuttosto lo affidò alle nozze tra quella apriorità e l immagine sensoriale soggettivo-casuale, il cui diritto, quasi morganatico, ha ereditato, invece della perfezione, la capacità di evoluzione. Ma, ricorda Simmel, Era stata proprio la percezione, che procura innanzi tutto contenuto e significato alla conoscenza, a impedire che quest ultima acquisisse validità e obiettività incondizionate; e d altro lato: proprio le categorie e i principi fondamentali dell intelletto, ossia quell elemento della conoscenza che conferisce a ogni percezione obiettività e validità più che momentanea, si riducevano di per se stesse a una vuota formula, capace di rendere possibile la conoscenza soltanto quando scende dalla sua altezza e si riempie della casualità dei contenuti sensoriali. Eppure, i fenomeni psichici carichi di destino, pieni di valori, ci vengono incontro come delle unità con le quali, a tutta prima, la nostra coscienza non sa, per così dire, cosa fare; per immedesimarci, per lasciare che il loro senso si riproduca dentro di noi, traiamo fuori da ciascuno una dualità di elementi che, rappresentati nella loro unilaterale assolutezza, danno, attraverso modificazioni reciproche, il fenomeno concreto, che appare quindi come una mescolanza o un medio di questi estremi così infine portiamo queste formazioni unitarie dell arte, della educazione e del linguaggio, a una tale prossimità, da far sorgere, accanto all interesse per il loro puro contenuto, l interesse per la loro pura forma, e cogliendo soltanto nella sintesi di entrambe la significatività del tutto. In nome del positivismo, Simmel, intese superare l irriducibilità kantiana di forma e contenuto, giacchè, come scrive Mario Signore, Nelle operazioni del conoscere, l aspetto formale non è costituito esclusivamente da categorie necessarie e valide universalmente, esso dipende da una serie di fattori che non può certo definirsi universalmente valida, essendo legata all ambito particolare della ricerca e allo scopo di questa, che è come dire che ogni ambito di indagine scientifica si elabora i propri principi apriori, e se li elabora nel corso stesso dell indagine, finalizzandoli agli scopi che l indagine si propone di raggiungere, cioè nel corso dell esperienza. E qui la lezione di Kant si confronta, passando attraverso l eredità del neocriticismo, con l istanza positivistica della critica all apriori e all autonomia di un piano trascendentale riservato alla teoria della conoscenza, e consente a Simmel di riaprire il discorso sul compito della filosofia e sulla possibilità di rielaborare un modo nuovo di interpretare il rapporto tra filosofia e scienza: problema nodale per il positivismo, risolto da questo attraverso la riduzione della filosofia alla scienza, e da Simmel attraverso la rivalutazione del compito critico svolto dalla filosofia anche nei confronti della scienza. Le istanze opposte del positivismo e del neo-kantismo si intersecavano in Simmel, attutendo reciprocamente le unilateralità e trovando una originale sintesi. Come ha sostenuto Pietro Rossi ne Lo storicismo tedesco contemporaneo, se l interpretazione del rapporto tra filosofia e conoscenza scientifica accettata da Simmel è quella neocriticistica e non già quella positivistica, ciò non toglie che l insegnamento del positivismo abbia contribuito in maniera decisiva a sbloccarlo

17 dai limiti di tale interpretazione, e a dare a essa un significato più concreto. La filosofia non trovava più nella conoscenza scientifica soltanto il proprio oggetto; essa diventava qualcosa di indispensabile all opera stessa delle varie discipline. Aprendosi con un approccio nuovo al mondo umano ed alla sua dimensione storica, Simmel avviava un attenta e circostanziata indagine metodologica delle varie scienze sociali, nelle categorie e nel campo di indagine di ciascuna, proprio mentre si occupava della civiltà moderna, della struttura economica come di quella sociale, dei comportamenti morali come delle Weltanschauungen. Egli praticava, insomma, tanto la riflessione epistemologica quanto la concreta ricerca, connettendo le due attività in una reciproca relazione circolare. Volle però riservare una particolare attenzione alla conoscenza storica, che intese, per dirla con Pietro Rossi, come una specie di penetrazione psicologica impiegata per comprendere non se stessi, ma altri individui, vissuti in un tempo diverso. Oltre le strutture e le connessioni, i veri protagonisti della storia gli apparivano, dunque, uomini concreti e determinati, personalità, anime, individualità, nella loro unicità e irripetibilità. La dimensione temporale dei fatti sociali indusse Simmel a interrogarsi sul loro sviluppo e sulla loro processualità storica, definendo i termini della loro conoscibilità. La conoscenza storica si qualificava come intendere ( Verstehen ) e riprodurre ( Nachbilden ) l origine e il fondamento psicologico dei fatti storici. Essa gli appariva come comprensione, da parte dello storico, delle motivazioni interiori dei concreti attori-protagonisti dei fatti storici. L operazione compiuta dallo storico consisteva, sostanzialmente, in quell empatia ( Einfühlung ) che ha, del resto, conosciuto una grande fortuna nei contesti filosofici contemporanei più vari, dall estetica (Maurice Merleau-Ponty) alla fenomenologia (Max Scheler), dalla psichiatria fenomenologica (Karl Jaspers, Ludwig Binswanger, Carl Ramson Rogers) alla psicologia umanistica di Abraham Harold Maslow. L empatia è quell atteggiamento di partecipazione-condivisione emotiva nei riguardi dello stato affettivo di un altro soggetto, che può esser caratterizzato, ma non necessariamente, da un immediata intuizione. L assunto centrale è quello di una fusione o corrispondenza o compartecipazione o condivisione, da parte del soggetto, verso gli stati d animo, i sentimenti, i vissuti, di altri soggetti. Simmel non credeva nell immediatezza intuitiva della comprensione storica. Egli condivideva la distinzione di Wilhelm Dilthey tra scienze della natura e scienze dello spirito: le prime si occupano di un oggetto la natura sostanzialmente estraneo all uomo; le seconde vedono la convergenza di soggetto ed oggetto, poiché tanto lo storico quanto l individuo produttore della storia, appartengono ad un comune mondo. Ma Simmel non intendeva la conoscenza storica come un atto di intuizione immediata, una sorta di subitanea fusione tra il soggetto e l oggetto. Egli intendeva l empatia, piuttosto, come proiezione, una trasmissione, un conferimento dei propri sentimenti all altro, una partecipazione che non è identificazione e dissolvimento nell altro. La corrispondenza tra soggetto ed oggetto non veniva assunta immediatamente e assolutamente; essa costituiva, piuttosto, una condizione di validità da porsi e ricercarsi in ogni concreta indagine storica, che non avrebbe dunque potuto trarne una incondizionata validità. Scriveva Simmel che le situazioni e i movimenti sociali l equilibrio della vita civile garantito dal diritto, i rapporti di subordinazione all interno del gruppo, l unificazione per fini comuni, la forma conferita alla vita comune dalle motivazioni ideali o materiali sono giudicabili, anzi constatabili solo in virtù di una immedesimazione empatetica personale. Anche quel che in tali movimenti crediamo di poter toccare con mano, possiamo invece toccarlo solo con l anima. Le categorie della storia sono, comunque, psicologiche ( la psicologia è l a priori della scienza storica, secondo Simmel, ricorda Pietro Rossi), ma non costituiscono forme assolute a priori nel senso kantiano: esse esigono di essere assunte di volta in volta, nel procedere concreto della ricerca. Non sono eterogenee al contenuto che viene dall esperienza. Hanno nei confronti di quest ultimo soltanto una differente funzione, che non è altro che quella di organizzarlo e strutturarlo concettualmente. Una volta assunte, esse valgono, ma valgono in quanto sono state assunte partendo

18 proprio dallo stesso dato empirico, cui intendono conferire un relativo senso di validità, senza pretendere esiti indiscutibili e incondizionati. Proprio qui si scava un incolmabile solco tra il neo-criticismo e la metodologia simmeliana della storia: la conoscenza storica è relativa. La linea di fuga che conduce Simmel all assoluto relativismo dei valori è ormai tracciata. Ma si tratta di una traiettoria la cui direzione scaturisce da un serrato confronto metodologico con Kant sulla possibilità della conoscenza storica. Kant aveva svincolato la teoria della conoscenza della natura, da un naturalismo che intendeva piegare il soggetto alla semplice adeguazione all oggetto. La rivoluzione copernicana di Kant, che pone al centro dell attività conoscitiva il soggetto, deve valere però anche per la storia. E allora, anche Simmel ha una sua rivoluzione copernicana da compiere, ed è quella rivolta allo storicismo, termine con il quale egli designa il realismo di un Leopold von Ranke, il quale, proseguendo sulla scia filologico-storica di Barthold Georg Niebuhr, aveva ritenuto di potersi riappropriare del fatto storico nella sua oggettività, in nome della neutralità della storiografia. L esito dell attività storiografica non ha alcuna validità assoluta. Le categorie di cui si avvale lo storico non hanno altra funzione che quella di connettere i dati empirici, riconducendoli all atto della comprensione psicologica. Esse hanno un valore euristico, promuovono e guidano la ricerca, e la validità della conoscenza storica è, dunque, relativa e condizionata. Essa si sostiene e risiede nelle ipotesi assunte. Come ha scritto Pietro Rossi, secondo Simmel, in sostanza, Il significato di un oggetto per la conoscenza storica non è qualcosa che gli appartenga in sé, non è qualcosa di dato, ma è qualcosa che gli viene attribuito in virtù di un certo interesse; e questo interesse definisce la conoscenza storica nella sua relatività, cioè in un tipo di validità che è coinvolto nel mutare del punto di vista e dei presupposti psicologici in cui questo si esprime. Lungi dal rappresentare una garanzia assoluta di validità, la relazione con categorie che condizionano il processo di ricerca diventa il modo stesso mediante cui si fa valere la relatività della conoscenza storica : e ciò in quanto tali categorie non costituiscono forme a priori universali e necessarie, ma sono presupposti psicologici di valore ipotetico che possono mutare a seconda della diversa direzione dell interesse sul quale l indagine poggia. Simmel non si discostava da Windelband e Rickert, quando opponeva l individualità dell oggetto storico-sociale alla legalità-uniformità cui i fenomeni vengono ricondotti dalle scienze della natura. I fatti storico-sociali sono acquisiti nella loro irripetibile e unica individualità, anche se la storiografia si orienta nel dato empirico con leggi e uniformità provvisorie e ipotetiche, che le fornisce la filosofia. Si tratta di indicazioni che non presumono di restituire una struttura legale reale della storia e della società. Esse costituiscono soltanto strumenti euristici che offrono una preliminare prospettiva sulla totalità storica e che offrono direzioni d indagine alla concreta ricerca. Ma la totalità dei fatti storici indagati ha un senso? Vi è un senso della storia? La risposta di Simmel è del tutto negativa, giacchè la questione è semplicemente improponibile. Tanto una prospettiva della trascendenza quanto una lettura immanentistica della storia sono metafisiche, e la metodologia critica della conoscenza storica non può dichiararsi né per l una né per l altra. Simmel rifiuta una filosofia della storia che prescinda dalla concreta ricerca storiografica o che ad essa intenda gratuitamente imporsi. Tanto un intervento provvidenziale divino quanto una forza progressiva continua e irreversibile, costituiscono senza dubbio aspettative che si radicano nell animo umano. Ma su di esse la concreta indagine storiografica non può pronunciarsi.

19 22/ Émile Durkheim (1) Émile Durkheim, con Wilfredo Pareto, Max Weber, Georg Simmel e alcuni altri, ha dato un contributo determinante alla definizione dello statuto epistemologico della sociologia come scienza autonoma. Non è indifferente per comprendere il suo intenso e proficuo lavoro che egli si interrogasse sull influenza e sul rilievo del condizionamento sociale nei confronti dei comportamenti individuali, proprio mentre, nella seconda metà dell Ottocento, andava strutturandosi quella società di massa che sarebbe stato l emblema dell intero Novecento. Essa avrebbe provocato e interpellato una schiera di sociologi e filosofi nei contesti più vari, dal tema delle motivazioni inconsce delle masse e della loro manipolazione (Gustav Le Bon, con la Psychologie des foules ) alla suggestione che domina la mentalità di massa (Sigmund Freud, con i tardivi saggi dedicati alla Massenpsychologie und Ich Analyse ), dalla comprensione del fascismo come risposta alla società di massa (Wilhelm Reich, con Psicologia di massa del fascismo ), alla denuncia dei pericoli insiti nella massificazione della società odierna (Ortega y Gasset, con La ribellione delle masse ). La sociologia, nella riflessione metodologica e nella concreta ricerca di Émile Durkheim, si proponeva come la specifica scienza che indaga, con rigore razionale non meno che con aderenza empirica, il multiforme condizionamento sociale nei confronti dell individuo. Durkheim volle compiere un operazione di chiarificazione epistemologica, sul piano del metodo e dell oggetto, distinguendo la sociologia dagli approcci tradizionali alla società, come le filosofie della storia (che oscillavano tra la psicologia come comprensione degli interni moventi dei comportamenti individuali e il positivismo individualistico e contrattualistico, che intende le relazioni sociali come composizione contrattualistica di interessi individuali e privati). Durkheim conferiva una inedita dignità/autonomia alla dimensione sociale, e introduceva categorie disciplinari come quelle di coscienza collettiva e rappresentazione collettiva. Egli intendeva attribuire unità, identità e distinzione al fatto sociale come fatto naturale. Ma, pur rimarcando la prospettiva del positivismo di August Comte, dal quale non si distaccò mai, e, ribadendo nello stesso tempo il valore insopprimibile dell osservazione empirica per la sociologia, volle verificare l effettiva incidenza empirica degli ideali e delle norme sociali sull azione del singolo. Le norme sociali hanno una valenza oggettiva soltanto soggettiva, individuale. Solo in questo senso sono cose, in quanto pesano, come imprescindibili fini, nell operare individuale. I fatti sociali sono entità psichiche e non materiali. Le rappresentazioni collettive sono elementi soggettivi comuni agli individui ed esercitano, nei loro confronti, un azione coercitiva. Durkheim, attraverso le sue concrete indagini, teorizzò una struttura normativa di controllo sociale, un complesso di norme morali cui gli individui si sottomettono, pena lo scadimento in una condizione di anomia, di disorganizzazione e chaos. L ininfluenza delle norme sociali nella condotta individuale potrebbe giungere all individualismo radicale, in cui, come già aveva ipotizzato Thomas Hobbes, dominerebbe la guerra di tutti contro tutti, tutti sarebbero pronti ad azzannare ed aggredire chiunque, e si imporrebbe una sola legge: quella del più forte. Durkheim sosteneva che, all estremo opposto, vi sarebbe una perfetta integrazione, nella quale il sistema pienamente coerente delle norme eserciterebbe un effettivo controllo sui singoli. E ritenne che l obbligo sociale fosse, comunque, morale e non fisico, rifiutando di considerare l adesione dell individuo alla norma come meramente opportunistico-utilitaristico o dettato dal timore della minaccia e della punizione. Émile Durkheim nacque nel 1858 ad Epinal, in Lorena, da una famiglia ebraica. Un anno prima era morto August Comte. Per rispetto di una lunga tradizione familiare, decise di divenire rabbino e si dedicò con particolare attenzione al Talmud e al Vecchio Testamento. Ma frequentò anche una scuola laica. Ancora adolescente, rimase orfano di padre, e compì gli studi secondari nel Collegio di Epinal, per poi soggiornare a Parigi. L influenza di un docente lo aveva avvicinato al cattolicesimo. Nel 1871 ebbe la consueta confermazione ebraica. Ma nel corso della sua vita, pur non restando certamente indifferente alle forme della vita religiosa, assunse un atteggiamento sostanzialmente agnostico. Nel 1879, al terzo tentativo, entrava finalmente nell Ecole normale supérieure, in cui

20 ebbe come docenti, tra gli altri, Fustel De Coulanges ed Émile Boutroux. Ottenne l agrégation in filosofia nel 1882 ed occupò una cattedra a Sens e a Saint-Quintine, poi, per un biennio andò a Parigi e in Germania, ove frequentò con grande interesse il laboratorio sperimentale di psicologia scientifica di Wilhelm Wundt. Docente di pedagogia e scienze sociali alla Facoltà di lettere di Bordeaux dal 1887, fu il primo, in Francia, a condurre un corso di Sociologia. Nel 1891 diresse un corso per i candidati all agrégation di filosofia, sui padri della sociologia. Già aveva pubblicato sulla Revue philosophique un saggio su Suicide et natalité e nel 1893 avrebbe discusso la sua tesi De la division du travail sociale ( La divisione del lavoro sociale ). Del 1895 è la prima edizione de «Les règles de la méthode sociologique» («Le regole del metodo sociologico»). Quando ottenne, l anno seguente, la cattedra di sociologia, una novità assoluta, promosse la Rivista: L année sociologique, ove pubblicò le Rappresentazioni individuali e rappresentazioni collettive. Nel 1897 avrebbe dato alle stampe Le suicide ( Il suicidio ). Del 1900 è un articolo su L annèe socilogique, dal titolo: Sur le totemisme e l anno successivo ottenne la cattedra di Pedagogia alla Sorbona. Nel 1906 sarebbe stato chiamato alla cattedra di Pedagogia a Parigi, ove insegnò nello stesso tempo Sociologia e Pedagogia. Nel 1912 diede alle stampe Les formes élémentaires de la vie religieuse ( Le forme elementari della vita religiosa ). Perse nel 1915 il figlio Andrea a Salonicco e prese posizione sulla guerra con due saggi: L Allemagne au-dessus de tout. La mentalité allemande et la guerre ( La Germania soprattutto. La mentalità tedesca e la guerra ) e Qui ha volu la guerre? Les origines de la guerre d après les documents diplomatiques ( Chi ha voluto la guerra? Le origini della guerra dai documenti diplomatici»). Il dolore lo stroncò nel 1916, e l anno successivo morì. Durkheim parteggiò per i dreyfusardi, i sostenitori dell innocenza del giovane ufficiale di famiglia ebraica che era stato accusato ingiustamente di alto tradimento ai danni dello Stato francese. L affare Dreyfus spaccò in due la Francia alla fine dell Ottocento. La revisione del processo fu avversata dagli alti comandi in nome dell onorabilità dell esercito e la questione diventò politica. J accuse ( io accuso ) tuonò Émile Zola contro lo stato maggiore dell esercito ed i giudici militari, dal foglio di Georges Clemenceau, L Aurore, nel L affare Dreyfus confermava la radicalizzazione della vita politica francese e, mentre i repubblicani moderati andavano declinando, l opinione pubblica ottenne una parziale revisione della condanna di Dreyfus, che peraltro sarebbe stato giudicato pienamente innocente soltanto nel Il blocco repubblicano che aveva sostenuto Dreyfus, sarebbe stato alla guida della Terza Repubblica dal 1899 al 1906, scivolando però verso un certo moderatismo e immobilismo. Durkheim condivideva, per dirla con Talcott Parsons ( The Structure of Social Action, La struttura dell azione sociale, 1937), l ideologia democratica, progressista, umanitarista, radicale e anticlericale della media borghesia francese, che Wilfredo Pareto, al contrario, dileggiava con acuta ironia. E del resto, tra i due padri fondatori della sociologia vi sono altre e sostanziali diversità, dalla dimensione teoretica della sociologia al rilievo di una formazione scientifico-matematica. Se, infatti, Pareto mirava a risultati distaccati, privi di applicazioni pratiche, Durkheim credeva, con August Comte, nella sociologia come strumento della programmazione e dell attività politica. E, del resto, Pareto veniva dalla matematica e dalla scienze fisiche e quando approdò alle scienze sociali diede priorità all economia, la scienza umana che meglio s accorda con le scienze della natura. Durkheim era cresciuto nell ambito storico-filosofico, non era esperto d economia e le sue conoscenze scientifico-matematiche non andavano oltre quelle di una media e buona cultura. Ma quel che rimarca Talcott Parsons nella differenza tra i due è, propriamente, il modo di intendere la relazione metodologica tra piano teorico e piano sperimentale. Giacchè Pareto possedeva un forte senso della complessità dei problemi empirici che affrontava, e la loro predominanza nella sua opera non consentì che uno spazio modesto ai suoi schemi teoretici. I quali, pertanto, non sono agevolmente e facilmente evidenziabili ed esplicabili. Al contrario, Durkheim si mosse da pochi postulati fondamentali, e per quanto i problemi che si pose non fossero così copiosi come quelli di Pareto, egli sviluppò una linea di pensiero elaborando le implicazioni di pochi postulati fondamentali sostiene Parsons, e scrive che Il suo pensiero presenta forse minore ricchezza di problemi rispetto

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