L ULTIMA VERA AMICA. di Luigino Pescarolo

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1 L ULTIMA VERA AMICA di Luigino Pescarolo

2 Quest opera è frutto di fantasia, i luoghi descritti sono reali e hanno il solo scopo di fornire veridicità al racconto. Nomi, fatti o riferimenti a persone in vita o realmente esistiti sono puramente casuali. Chiunque può simpatizzare col dolore di un amico, ma solo chi ha un animo nobile riesce a simpatizzare col successo di un amico. (Oscar Wilde) 2

3 Prologo Giovanni Benzi, 46 anni, neurochirurgo di fama mondiale, laureato in medicina e chirurgia con il massimo dei voti, specializzato in neurochirurgia pediatrica con altrettanto risultato, master in vari ospedali statunitensi e britannici, moltissimi articoli pubblicati sulle più autorevoli riviste scientifiche di settore, innumerevoli partecipazioni in qualità di relatore ai maggiori congressi internazionali sulla materia, migliaia di interventi chirurgici effettuati con successo, alcuni dei quali eseguiti per la prima volta al mondo, sposato con Emanuela, senza figli. Questo, in sintesi, il curriculum vitae di uno degli scienziati italiani più invidiati al mondo. Una persona che, nonostante la fama e la ricchezza, si era sempre mantenuta umile come le sue origini. Quanti sacrifici avevano compiuto i suoi genitori per farlo studiare. Lui però li aveva ripagati di tutto, ottenendo la cattedra di neurochirurgia pediatrica in una delle più prestigiose università italiane e la direzione dell Unità Operativa di Neurochirurgia Pediatrica dell Ospedale San Giusto a soli 35 anni. Una persona rispettata e benvoluta soprattutto dai piccoli pazienti che molte volte aveva salvato dalla morte. Generoso e altruista, due volte all anno, operava gratuitamente i casi più disperati in ogni parte del mondo tramite un organizzazione umanitaria internazionale. Qualcuno, durante un congresso, disse una frase che restò impressa nella mente di tutti i presenti: Se M ichelangelo Buonarroti mentre dipingeva il Giudizio Universale nella Cappella Sistina avesse usato un bisturi, anziché un pennello, quel bisturi sarebbe stato senz altro quello del professor Benzi. Aveva una cerchia di persone che riteneva amici, molti dei quali potenti. Industriali, direttori di banche, alti prelati, politici, ambasciatori anche di potenze straniere, che non facevano che osannare le prestazioni scientifiche del medico e partecipavano con gusto ai suoi ricevimenti, organizzati in maniera impeccabile dalla moglie. Un uomo che comunque qualche invidia l aveva generata, ma che ancora non sapeva che presto la sua vita sarebbe radicalmente cambiata. In peggio. 3

4 Una qualsiasi città italiana. Ospedale San Giusto. Blocco Operatorio di Neurochirurgia Pediatrica. 1 Erano le tre del pomeriggio quando l assistente del professor Benzi dava l ultimo punto di sutura alla ferita chirurgica di un intervento durato sette ore. Una brutta forma di tumore in una posizione delicatissima del cervello di una bambina di otto anni. Benzi, dopo averla fatta ricoverare, non ci pensò su due volte a tentare l impossibile per salvarla, nonostante altri luminari avessero dichiarato che l intervento era impossibile. Un unica speranza per i genitori della bambina, l abilità di quel medico riconosciuto da tutti uno dei migliori al mondo. Benzi uscì dal blocco operatorio sfinito da quel difficilissimo intervento, perfettamente riuscito dal punto di vista clinico. Si diresse verso la sala d attesa dove l attendevano i genitori della piccola. La madre, appena lo riconobbe, si diresse verso di lui con gli occhi umidi per l emozione. - È andato tutto bene - esordì il medico per tranquillizzarla. - Dovrà rimanere in Terapia Intensiva per qualche giorno, ma sono sicuro che si riprenderà presto, è una bambina molto forte. - - Grazie di cuore professore, che Dio la benedica - riuscì dire a malapena la donna prima che gli occhi si riempissero di lacrime. Il padre gli strinse calorosamente la mano ringraziandolo ancora una volta. Benzi li salutò e si diresse verso il suo studio per bere un buon caffè e rilassarsi un po. Si sedette sull ampia poltrona in pelle posta dietro alla scrivania e accese, a basso volume, lo stereo dove un CD contenente musica di Bach riproduceva il M agnificat in re maggiore. Un buon profumo di caffè si spandeva nello studio, indicando che la macchinetta elettronica dell espresso aveva svolto la sua funzione. Fu mentre si alzò per raggiungere la tazzina che sentì bussare alla porta. - Avanti - disse con voce affaticata. Quando la porta si aprì rimase di stucco. Due uomini, vestiti elegantemente, lo fissavano. - Il professor Benzi? - disse il più anziano tra i due. - Sono io, accomodatevi, cosa posso fare per voi? - chiese il medico incuriosito. I due entrarono nello studio e mostrarono un tesserino di riconoscimento. - Sono il brigadiere De Santis, quello accanto a me è l appuntato Galli. Siamo del comando provinciale dei carabinieri - disse sempre il più anziano dei due. - Lieto di conoscervi, ma ripeto la domanda, cosa posso fare per voi? - rispose Benzi. - Abbiamo da consegnarle un ordine di comparizione in caserma - - Come ha detto scusi? - rispose il medico con gli occhi fuori dalle orbite. Il brigadiere gli consegnò un foglio scritto che lo invitava a recarsi presso il comando carabinieri il prima possibile. - Posso sapere di cosa si tratta? - chiese Benzi. - Le sarà spiegato tutto dal mio superiore, siamo venuti in borghese per evitarle spiegazioni in corsia. Una nostra macchina ci attende all ingresso dell ospedale e lei dovrebbe gentilmente seguirci con la sua. - - Devo chiamare un avvocato? - - Per il momento non serve, se sarà il caso potrà farlo dalla caserma - intervenne il militare più giovane. - Va bene, il tempo di cambiarmi e sono da voi - disse il professore dirigendosi verso la porta dello spogliatoio dello studio. 4

5 In pochi minuti si vestì e uscì con i due militari chiudendo a chiave la porta. Entrarono nel corridoio e, quando giunsero davanti allo studio della caposala, Benzi si fermò. - Anna, io sto uscendo, lascia detto agli infermieri di farmi sapere se ci sono problemi con la bambina appena operata. Per qualsiasi cosa non esitate a chiamarmi sul cellulare. - - D accordo professore, stia tranquillo, buona serata - rispose la donna, non facendo caso più di tanto ai due uomini che lo accompagnavano. M ezz ora dopo il professore venne fatto accomodare nell ufficio del comandante della stazione dei carabinieri. - Sono il maresciallo Fontana - disse il militare. Accanto a lui un uomo giovane, distinto, ben vestito. - Sono Gianni Rovere, giudice per le indagini preliminari - aggiunse porgendo la mano a Benzi. Il medico rispose al saluto e seriamente chiese: - Posso sapere cosa volete da me? - Si accomodi, prego - disse il giudice. Benzi si sedette su una sedia posta davanti alla scrivania del maresciallo. - Professore, veniamo subito al sodo, il nome Carmine Vastano le dice nulla? - - M ai sentito in vita mia - esordì il medico. - Eppure sembra che lui la conosca molto bene - - È stato forse un mio paziente? - - No, è a capo di un organizzazione che vende droga, cocaina per l esattezza. - - E io cosa centro in tutto questo? - - Spero nulla, però Vastano, dopo l arresto e in cambio di qualche favore dalla giustizia, ha deciso di fornire alcuni nomi con i quali aveva un grosso giro d affari, e fra gli altri c era anche il suo. - - Sta scherzando vero? Come può credere ad una cosa simile? Si rende conto dello sproloquio che ha appena detto? - ringhiò Benzi con tutto il fiato che aveva in corpo. - Si calmi, la prego - intervenne il maresciallo. - Come faccio a calmarmi? Un delinquente che non ho mai visto in vita mia mi accusa di spacciare droga e io dovrei restare calmo? - - Lei fa uso di cocaina? - chiese il giudice. - Adesso basta! Sono stato invitato a presentarmi in caserma e sono qui, come potete vedere, ma non intendo accettare oltre queste ridicole accuse. Non dirò più nulla se non in presenza di un avvocato. - - Credo che le serva proprio - aggiunse il giudice ponendo all uomo un foglio di carta con la richiesta di custodia cautelare. Benzi era completamente rintronato. Balzò in piedi e fissò dritto negli occhi il giudice prima di parlare. - Sta dicendo che sono in arresto? - - Purtroppo sì, è necessario per non inquinare le eventuali prove a suo carico. - Benzi sentì le vene del collo che stavano per esplodere. - Posso chiamare mia moglie? - chiese sforzandosi di mantenersi calmo. - Si accomodi - disse il maresciallo indicandogli il telefono posto sulla scrivania. L uomo compose un numero e spiegò l accaduto alla donna ammutolita dall altro capo del filo chiedendogli di procurargli un avvocato. Dieci minuti dopo il professore venne infilato in una pattuglia e tradotto al vicino carcere circondariale. 5

6 2 Dopo gli accertamenti e le domande di rito, il professore venne portato alla cella 4 B, al piano terra del moderno carcere inaugurato da poco. Entrando a testa bassa notò che non era solo. Un uomo quasi calvo e con un paio di occhiali con lenti spesse due dita, divideva la cella con lui. Appena il secondino chiuse la porta alla sue spalle, Benzi fissò il suo compagno di sventura. Il volto gli sembrò famigliare. Cercò di ricordare dove l avesse già visto ma l angoscia di quel momento gli impedì di riflettere adeguatamente. - Benvenuto professore, si sieda la prego - disse con voce diventata roca per le troppe sigarette l uomo dinanzi a lui. - Ci conosciamo? - disse Benzi. - Di certo non può riconoscermi all istante, d altronde non posso biasimarla, chissà quante persone ha conosciuto nella sua carriera. - - Lei è stato un mio paziente? - - No, professore, però lo è stata la mia nipotina. Il suo nome è Anna Prestigiacomo, fu operata da lei tre anni orsono di aneurisma cerebrale e quell intervento, ritenuto da alcuni impossibile, le salvò la vita. - Benzi restò allibito, pensando come a volte il destino è veramente beffardo. - M i chiamo Enzo Prestigiacomo, probabilmente dovremo trascorrere un po di tempo insieme, possiamo darci del tu? - - Certo, tu per cosa sei dentro? - chiese il professore. - Una vecchia storia di truffe, mi hanno condannato a quattro anni. Tu invece di cosa sei accusato? - - Un tizio che non ho mai visto in vita mia mi ha incolpato di spacciare cocaina per lui e qualcuno gli ha creduto. Ancora non riesco a realizzare quanto sia successo. - - Io purtroppo nella mia vita sono sempre stato dalla parte sbagliata. Non so quanto possa valere la parola di un dis graziato come me, ma sono sicuro che tu sei innocente e vedrai che presto uscirai da questa brutta storia. - - Non sono certo io che devo giudicarti, comunque grazie, è l unica cosa bella che ho sentito in tutta la giornata. - Poco dopo si infilava a letto, pronto a trascorrere la sua prima notte in carcere. Fu una notte completamente insonne. Benzi pensò a tutta quell assurda storia, chiedendosi come mai in un Paese ritenuto civile, un delinquente veniva considerato di più di una persona che nella sua vita non aveva mai commesso alcun male, ma non riuscì a darsi una risposta adeguata. * Passarono otto mesi prima che la verità venisse a galla. Un solerte maresciallo dei carabinieri, non convinto della colpevolezza di Benzi, riuscì a far confessare Vastano, che ammise che il nome del medico l aveva letto in un articolo pubblicato su un quotidiano e che non lo aveva mai visto in vita sua. Intanto però la vita del professore era profondamente cambiata. Sua moglie chiese la separazione, senza nemmeno aspettare il processo, portandogli via praticamente tutto. L ospedale l aveva sospeso dal suo ruolo in attesa del giudizio. Tutti i suoi amici, o perlomeno da lui ritenuti tali, erano spariti nel nulla, dissolti come neve al sole. Il principale argomento di conversazione dei suoi colleghi non era se Benzi fosse colpevole o innocente ma su chi avrebbe preso il suo posto. Quando fu scarcerato era un uomo completamente diverso. Ripreso il suo posto ricominciò ad operare, dedicandosi completamente al suo lavoro senza pensare ad altro. 6

7 Viveva in un appartamento in affitto, poco lontano dall ospedale, un bilocale senza troppe pretese. Una mattina di agosto, uscendo dalla sala operatoria, sentì un insolito bruciore al basso ventre. Sentì lo stimolo ad urinare, e quando osservò l urina scendere nel water notò che era di un colore rosso vivo. Pensò subito a una infezione delle vie urinarie e decise di assumere degli antibiotici a largo spettro. Nonostante questi, però, l urina non accennava a riprendere il suo colore normale. Dopo alcuni giorni decise di chiedere un consiglio al suo collega primario di urologia. Questi lo ricevette nel suo studio e lo visitò con cura, consigliandogli di eseguire al più presto una cistoscopia. Tre giorni dopo l esame veniva eseguito in narcosi profonda. Quando Benzi si risvegliò, vide accanto a lui il primario urologo che lo osservava con uno s guardo serissimo. - Allora? - chiese al collega. - Non so come dirtelo, ma purtroppo ho trovato un tumore nella vescica, ho eseguito una biopsia, ma l aspetto, sembra proprio di un tumore maligno inoperabile. - Benzi non disse una parola, si alzò, ringraziò e si diresse verso casa. Dopo tre giorni arrivò il referto della biopsia, che purtroppo confermò quanto anticipato dal medico urologo. Per Benzi, quando lesse la diagnosi istologica, fu come essere colpito da un violento pugno allo stomaco: adenocarcinoma. Capì subito che gli restava ben poco da vivere. Con la stampa del referto salì in urologia e lo consegnò al suo collega. L uomo lesse con cura quanto scritto, poi rivolgendosi a Benzi disse: - È inutile che te lo spieghi vero? Chissà quanto volte avrai letto la stessa diagnosi sui referti dei tuoi piccoli pazienti - - Purtroppo sì, credi che abbia metastasi? - - Possiamo fare una Tac se vuoi - - No grazie, preferisco non saperlo e non voglio neanche la chemioterapia - rispose imperterrito Benzi. L uomo non aveva paura di morire, era credente e questo lo confortava. L unica cosa che davvero lo irritava era di non avere più nessuno accanto per dividere il poco tempo che gli restava. 7

8 3 Il male incurabile avanzava ormai a grandi passi. I dolori si facevano sempre più lancinanti e gli impedivano di operare. Prima di mettersi in malattia decise di chiedere un consiglio presso il servizio di cure palliative e terapia del dolore del suo ospedale. Il vocabolo palliativo deriva dal latino pallium che significa mantello e il senso di avvolgere, proteggere (come un mantello) è quello che più si accosta al significato attribuito a questa parola. Conosceva bene e stimava il primario. Alcune volte aveva purtroppo dovuto inviargli i suoi piccoli pazienti per farli soffrire il meno possibile. Salì al terzo piano e chiese del dottor Alberti. Un infermiere gli chiese di aspettare un attimo. Tornò dopo poco e gli disse che il medico l aspettava nel suo studio. Benzi bussò alla porta ed entrò. Alberti si alzò dalla scrivania e gli porse la mano. - Sono qui per chiederti un consiglio terapeutico - esordì il neurochirurgo. - Accomodati, prego, dimmi cosa ti serve - - Sono certo che sai già di cosa si tratta. Sicuramente tutto l ospedale è al corrente della mia malattia. - - È inutile che lo nego, anch io so del tumore e posso darti una terapia adeguata in modo da tenere sotto controllo il dolore. - - Era esattamente quello che volevo chiederti. - Dopo averlo visitato prescrisse i farmaci appropriati e lo salutò dicendogli che era a sua completa disposizione per qualsiasi cosa avesse bisogno. Benzi lo ringraziò e si congedò da lui. Uscì dall ospedale e dopo pochi metri si voltò indietro osservando l ampio ingresso dell ospedale dove aveva sempre lavorato come medico. Sapeva che la prossima volta sarebbe entrato come paziente e non ne sarebbe più uscito vivo. * Tre mesi dopo non poteva più seguire le terapie da casa. Sapeva che presso l ospedale in cui lavorava esisteva una struttura chiamata hospice con tutte le competenze previste per attuare un adeguato programma di cure palliative riservato alle persone con malattie inguaribili in fase avanzata e terminale, che non possono essere assistite al proprio domicilio. Dopo aver contattato la struttura venne ricoverato due giorni dopo. La stanza che gli venne assegnata era dotata di televisore, telefono, bagno personale, un ampio balcone e un secondo letto dedicato ad un accompagnatore. Benzi lo fissò a lungo, sapendo in cuor suo che nessuno ne avrebbe usufruito. Gli prescrissero una terapia antalgica molto forte in modo da bloccargli il dolore che lo faceva soffrire in maniera terribile. Una mattina, proprio mentre la mistura di farmaci posta in una flebo gli scendeva nelle vene e lo assopiva, sentì qualcuno entrare nella sua stanza. Aprì lentamente gli occhi e mise a fuoco quella figura. Vide una donna di aspetto molto gradevole, capelli ramati, neanche un filo di trucco, che gli sorrideva. - M i scusi, non intendevo svegliarla - disse la donna sottovoce. - Non si preoccupi, ero già sveglio. Lei chi è? - - M i chiamo Francesca Bani e sono una delle volontarie di una associazione che opera all interno di questa struttura. Se vuole un tè, un caffè, una rivista, un libro da leggere oppure, se desidera, scambiare quattro parole, sono a sua disposizione. - - Grazie lei è molto gentile, io mi chiamo Giovanni e ti prego di darmi del tu. - - Come vuoi, per me non è certo un problema. - 8

9 - M i porteresti un caffè espresso come Dio comanda comprandolo al bar dell ospedale - chiese porgendogli delle monete. - Ma certo, volentieri, ci vado subito. - - Ristretto, grazie. - Dopo pochi minuti la donna torno dal bar con il caffè fumante. Benzi la ringraziò ed iniziò a sorseggiarlo gustandone a pieno il sapore. - Hai bisogno d altro? - chiese Francesca. - Per il momento no. Tornerai ancora a trovarmi? - - Certo, sono presente tre volte alla settimana, sempre al mattino, tornerò ancora stanne certo - rispose la donna sorridendo. Si salutarono e uscì dalla camera di Benzi. Nei giorni successivi si instaurò tra di loro un bellissimo rapporto di amicizia. Benzi si confidò con lei raccontandogli praticamente tutta la sua vita. La donna fece altrettanto dicendogli di avere 41 anni, di avere un figlio con la sindrome di Down e di essere stata abbandonata da colui che l aveva messa incinta quando seppe della malattia del bambino. Viveva insieme ai suoi genitori in un trilocale alla periferia della città. Lavorava in una ditta di impianti elettrici ed era in cassa integrazione. - Sei una donna eccezionale. Nonostante tutto dedichi parte del tuo prezioso tempo a seguire i malati di questo reparto. Non so se esistono gli angeli sulla terra, ma sono certo che, se così fosse tu saresti una di loro - disse Benzi tutto d un fiato. Francesca lo guardò negli occhi, orgogliosa delle parole appena sentite. - Senti, fammi una cortesia, se vuoi comprami un biglietto di quella lotterie istantanee che gratti e sai subito se hai vinto. Eccoti dieci euro, anche se non ne ho mai comprato uno nella mia vita voglio provarci prima di andarmene. - La donna annuì e si congedò da lui dicendogli che glielo avrebbe portato il giorno successivo. Così fu, ma furono così impegnati a parlare tra di loro che Benzi si dimenticò del biglietto. Quando la donna se ne andò diede un occhiata distratta sul comodino e vide che il biglietto era lì. Accidenti, me ne ero dimenticato. pensò Benzi. Aprì il cassetto estrasse una moneta ed iniziò a grattarlo. La scritta Puoi vincere fino a due milioni di Euro a caratteri cubitali lo fece sorridere. Quando finì controllò i numeri vincenti e non poté credere ai suoi occhi. Ricontrollò ancora una volta per essere certo che i farmaci che gli somministravano non gli avessero annebbiato la vista. Subito dopo suonò il campanello della camera e quando l infermiera arrivò le chiese se c era a disposizione nel reparto una rubrica telefonica. L infermiera gliela portò poco dopo. Benzi cercò un numero e lo digitò sulla tastiera del suo cellulare. Parlò con chi gli rispose spiegandogli cosa voleva e poco dopo riattaccò soddisfatto. Il giorno dopo Francesca non venne a trovarlo perché era a casa con qualche linea di febbre, così disse la volontaria che la sostituiva. Puntuale come un orologio svizzero, alle undici antimeridiane, un distinto signore bussò alla porta della camera di Benzi. Il professore lo fece accomodare e spiegò cosa voleva da lui. L uomo lo ascoltò con molta attenzione, quindi gli disse che l indomani mattina gli avrebbe procurato quanto richiesto. 9

10 Epilogo Due giorni dopo Francesca Bani, ritornata in servizio, apprese che Giovanni Benzi era spirato durante la notte. Una lacrima le scivolò sulla guancia destra. Al suo funerale si presentò con anticipo. La Chiesa era praticamente vuota. Concluso il rito funebre seguì il feretro fino al camposanto. Depositò un fiore nella buca che attendeva la bara di Benzi, recitò un eterno riposo e salutò per l ultima volta quell amico che, anche se conosciuto da poco, gli aveva dato molto più di altre persone nella sua vita. * Sentì suonare il campanello, chiese al citofono chi era. Il postino disse che c era una raccomandata da firmare. Lo fece salire e ottemperò a quanto richiesto. Rimase stupita dall intestazione presente sulla busta: STUDIO NOTARILE AVV. LORENZO FINI - Via Roma, 13 Aprì la raccomandata e rimase di stucco quando lesse il contenuto. Il notaio la invitava a telefonare il prima possibile al suo studio per importanti notizie che la riguardavano. La donna lesse il numero telefonico sull intestazione della lettera e chiamò immediatamente. Si presentò e la segretaria le disse se poteva recarsi presso di loro l indomani mattina alle dieci. La donna confermò che ci sarebbe stata, ringraziò e chiuse la comunicazione. L elegante studio era gremito di persone, quando Francesca Bani si presentò alla segretaria questa la fece accomodare dal notaio. L uomo, vestito elegantemente la salutò e la fece accomodare su una poltrona posta davanti all ampia scrivania in mogano. - Sono il notaio Fini, lei conosceva il professor Benzi? - - Sì, anche se per troppo poco, una persona straordinaria. Perché me lo chiede? - - Ho avuto l incarico di consegnarle questa lettera da parte sua solo dopo il suo decesso - disse consegnando una busta su cui compariva solo la scritta A Francesca. La donna con mani tremanti la aprì e incominciò a leggerne il contenuto. Cara Francesca, consentimi di chiamarti così. Ho diviso con te gli ultimi giorni della mia vita e, anche se avrei voluto conoscerti prima, ringrazio il Buon Dio di avermelo concesso. Ti ho confidato cose che non avevo mai confidato ad altri e così hai fatto tu con me. Sei stata per me l unica e purtroppo ultima vera amica che abbia mai avuto. Quando avrai finito di leggere queste poche righe il notaio ti consegnerà la ricevuta di un versamento bancario intestato a tuo nome. Ti ricordi quel biglietto che ti avevo fatto acquistare pochi giorni orsono? Ebbene, non ho vinto due milioni di euro ma comunque è una bella somma. Adesso è tua, ti consentirà di non avere problemi economici per te e tuo figlio per il resto della vita. Il destino probabilmente ha voluto ridarmi quanto mi aveva tolto, concedendomi quest ultimo mio gesto di gratitudine ad una persona cara. Grazie ancora di quanto hai fatto per me. Consentimi un ultimo amichevole bacio. Giovanni. La donna chiuse con cura la lettera, la piegò e se la mise in tasca, prima di scoppiare in un pianto dirotto. 10

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