Mariella G. Guidi. il pittore di monterosso
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- Lucio Baldi
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3 Mariella G. Guidi il pittore di monterosso Panda Edizioni 3
4 www. mariellagiguidi.blogspot.com ISBN copyright 2012 Panda Edizioni - C. P Padova info@pandaedizioni.it 4
5 A Enrico 5
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7 La casa dei pesci Mancano solo i quadri, mi ripetevo guardando le pareti bianche della casa al mare. Io ed Enrico avevamo proprio fatto un bel lavoro e, quel che più conta, ci eravamo divertiti tanto a ristrutturare e ad arredare quel piccolo appartamento. Il risultato era davvero soddisfacente e coronava un sogno accarezzato da lungo tempo. Era da un anno che ci lavoravamo. Infatti, pur essendo in pen- assentarci da casa per molti giorni. A Varese eravamo trattenuti per affetto, riconoscenza e senso del dovere, dalla cura delle nostre mamme e di una zia, tutte ormai in là con gli anni e bisognose della nostra presenza per affrontare i piccoli e grandi problemi del vivere quotidiano. Così ci eravamo organizzati con metodo: a Varese si pensava e si progettava aiutandoci con la piantina dell appartamento e, quando riuscivamo a ritagliarci qualche giorno di vacanza, si passava alla fase esecutiva. L appartamento si trovava a Marina di Massa, sul Tirreno ai - e ampio terrazzo si affacciava su un bel giardino ombreggiato da alti pini marittimi e da folti lecci. All inizio dell anno si - al nostro terrazzo. A maggio le aiuole di rose davano il meglio di sè e, subito dopo, il verde dei cespugli di pittosporo si 7
8 numerosissimi, imbiancavano il verde del fogliame e le stanze dell appartamento si riempivano di un profumo rasserenante. e di lunga durata. Il giardino era percorso da vialetti e costellato da numerose panchine, dove trascorrere momenti di relax all ombra. In un angolo assolato e riparato da un muro, si allargavano appuntite agavi e troneggiavano spinose piante grasse dalle forme tondeggianti. Vicino all ingresso delle auto svettava una grande palma che dava un benvenuto esotico. L appartamento era bello, ma era stato il giardino a convincerci che quella sarebbe diventata la nostra casa al mare. e materassi del letto per potere prendere possesso della casa. Volevamo infatti viverla prima di decidere come arredarla, per non rischiare di riempirla in modo casuale. La prima mossa fu recarci da un mobiliere della zona e scegliere, sui cataloghi, dei mobili a moduli, la serie che faceva al caso nostro. Dopo tanto sfogliare, la preferenza cadde su moduli di legno che avevano tutte le antine e i cassetti di un bell azzurro acceso. Progettammo così il grande armadio della camera, incassato nella parete alla sinistra del letto, oltre la porta, e alto quasi di azzurro, perché le parti in legno, a lato e in alto, sparivano nel vano. Anche i comodini avevano i cassetti azzurri, mentre il letto fu scelto in ferro battuto, dalle grandi volute a forma di conchiglia. Quando dissi ad Enrico che sarebbe stato meglio del colore dell armadio, non speravo di convincerlo. Invece... mi accontentò e con tanta pazienza e tanto lavoro verniciò testata e pediera, trasformando il terrazzo in un piccolo cantiere. Il risultato fece felice me e convinse anche Enrico, che appariva molto soddisfatto della sua opera e rinfrancato nelle sue 8
9 doti di verniciatore. Quando a Casale Monferrato, tra le bancarelle del mercato dell antiquariato, che si svolge la seconda domenica e il sabato precedente di ogni mese, adocchiai due belle sedie anni cinquanta (quelle dei tinelli di quell epoca), fu lui a suggerirmi: Se le vernicio di azzurro, sono perfette per la camera! Portate al mare e aggiornate con il giusto colore, trovarono la loro collocazione contro la parete ai piedi del letto. La camera appariva stretta. L idea, per creare una maggiore profondità, mi venne curiosando tra le mille proposte d arredamento dell Ikea, sulla tangenziale ovest di Milano, dove ci fermavamo spesso alla ricerca di spunti, andando o ritornando dal mare, in quanto si trovava sul nostro percorso di viaggio. Si trattava di uno specchio composto da tanti pezzi uguali che, posti uno sull altro, formavano una colonna a forma di onda. L altezza e la larghezza dipendevano dal numero dei pezzi che si assemblavano. Per la sua forma mi sembrò lo specchio ideale per una casa al mare e, particolare molto importante, era anche uno specchio facilmente trasportabile, perché era diviso in tanti pezzi, ben imballati. Il vero problema fu montarlo! La colonna era da posizionare sulla parete di fronte alla porta della camera e, nel mio ambizioso progetto, andava dal pavi- ti, i fori da fare con il trapano un enormità, e da eseguire con la massima precisione. Se gli incastri non coincidevano, l onda... si poteva infrangere! Enrico impiegò molto tempo e tanta pazienza a montare lo specchio. Io lo assistevo, prudentemente silenziosa, passandogli le viti e tenendo in sicurezza la scala. Tu hai le idee, ma poi sono io che devo metterle in pratica! brontolava, mentre con il trapano bucava per l ennesima volta la parete. Il risultato, a montaggio concluso, fu di grande soddisfazione: lo specchio creava la profondità auspicata e le rotondità dei 9
10 contorni conferivano una nota di originalità. Per far ritornare il buon umore al mio stanco consorte e fargli dimenticare tutti gli inconvenienti incontrati, uscii dal mio strategico silenzio con questa frase: Henry, sei un vero mago del trapano! Ero consapevole, nel pronunciare quel complimento, che la sua magia sarebbe stata utile ancora molte volte... Il soggiorno fu arredato con mobili contenitori dalle antine e dai cassetti azzurri, della stessa serie usata in camera. Il televisore fu collocato su uno di essi, alla giusta distanza dal divano, che era stato scelto di un tono più acceso rispetto al colore dei mobili. All occorrenza si trasformava in letto matrimoniale e piccolo mobile armadio e una cassettiera più bassa, sempre della stessa serie. Sembravano mobili da soggiorno e le altezze diverse movimentavano e alleggerivano l arredamento. L unico intervento strutturale nel piccolo appartamento aveva riguardato proprio il soggiorno. Con una parete di cartongesso l avevamo diviso dall ingresso. Era una scelta in controtendenza, perché quasi sempre, nelle ristrutturazioni, si preferisce togliere pareti per creare spazi più ampi. Ma, non disponendo della seconda camera, si poneva il problema di assicurare una certa privacy agli ospiti. Per non soffocare gli ambienti, decidemmo di installare nella parete di cartongesso una grande doppia porta a scomparsa, dai vetri opachi e azzurrati. Rimaneva sempre aperta ed invisibile, ma, all occorrenza, si poteva chiudere. Il piccolo tavolo quadrato del soggiorno poteva essere raddoppiato in caso di ospiti e le sedie erano di metallo satinato con la seduta imbottita, ricoperta con la stoffa del divano. Venne poi il periodo delle mensole, così lo chiamò Enrico. In un bricocenter di Massa trovai tutto quello che serviva. Le 10
11 mensole, di lunghezze diverse, erano di legno grezzo. Dopo averle verniciate d azzurro, ormai il colore dominante nell appartamento, studiavo la giusta collocazione ed Enrico, con il suo potente trapano, le montava. In soggiorno ne posizionò una in alto, dietro al divano, e due, una lunga e l altra più corta, sopra il televisore. Altre trovarono posto in cucina per dare anche a quel locale una nota di colore, visto che i mobili che la componevano erano bianchi. Cosa metterai su tutte queste mensole? mi chiedeva Enrico mentre affrontava problemi di muro e impazziva con la livella. avessero un senso e non fossero solo degli appoggi. Era una casa al mare e, pertanto, ogni oggetto doveva evocarlo. Sulla mensola lunga, sopra il televisore, cominciai una piccola collezione di murrine. La prima la trovai a Sarzana, girando una sera tra i numerosi banchi che invadono in agosto le vie del centro storico: era una palla di vetro, che conteneva un piccolo acquario in miniatura, con pesciolini e alghe in sospensione. Le altre murrine arrivarono con il tempo, cercando tra gli oggetti in esposizione nei numerosi mercatini della Toscana. grandezza. Ben presto la mensola fu tutta occupata. Sulle altre mensole del soggiorno trovarono posto tre grandi conchiglie dai colori madreperlacei, che mia mamma conservava come ricordo del paese sul mare dove era nata: Porto Garibaldi, in provincia di Ferrara. Me le regalò un giorno, con commozione, dicendomi che, sicuramente, sarebbero state bene nella mia casa: Vengono dall Adriatico, ma staranno bene anche lì, sul Tirreno. Tra una conchiglia e l altra misi due pesci di ceramica azzurrata che mia sorella Anna mi aveva portato come souvenir da uno dei suoi viaggi esotici. 11
12 Sta diventando la casa dei pesci! mi faceva osservare Enrico mentre sul balcone verniciava la mia nuova idea. Avevo infatti trovato, in un grande emporio di Carrara, dei sottopentola a forma di lisca di pesce. Erano di legno grezzo, con la coda e la testa ben sagomate e il corpo rotondo a grata. Una volta dipinti, non li appoggiai sul top di marmo della cucina, come sarebbe stato scontato, ma li appesi sopra ad ogni porta dell appartamento. Sul bianco del muro i pesci azzurri mettevano in risalto la loro originale forma. Il piccolo bagno-doccia aveva alle pareti lucide piastrelle di che tocco di colore blu e azzurro per renderlo più marino. Cominciai dagli accappatoi e dagli asciugamani che scelsi di due toni di azzurro. Poi appoggiai sul top in marmo del lavabo gli accessori per l igiene, nelle sfumature del mare. Il tocco trapano, era di grande effetto. Misi sul vetro verticale del box che, solitamente, si utilizzano in orizzontale sul pavimento per evitare di scivolare. La cabina della doccia con quello sciame di pesci si trasformò così in un acquario. La casa dei pesci si completò quando, dopo tante ricerche, trovai una stoffa di cotone bianco panna, rallegrata da tondi pesci azzurro chiaro, sfumati nei contorni e ben distanziati tra loro. La utilizzai per la mantovana e la tenda della camera da letto. Con lo stesso tessuto feci fare il piumone invernale, il copriletto per l estate e i due cuscini delle sedie azzurre. In ingresso progettai l attaccapanni in modo coerente con il resto dell appartamento. Aiutandomi con il velcro e con la stoffa porta d ingresso. Quattro pomoli di legno, verniciati di azzurro, completarono l opera. Piatti, bicchieri, utensili da cucina, tovagliato, biancheria di 12
13 casa furono ricercati ed acquistati seguendo con scrupolo la coerenza delle sfumature di colore e del tema marino. Non potevamo che essere soddisfatti del risultato. Era passato più di un anno dal nostro ingresso nell appartamento ed era stato un periodo entusiasmante. Non erano mancate le discus- cità nel progettare e la soddisfazione nel realizzare. Era stato un impegno, che ci aveva assorbito energie, ma che avevamo vissuto con grande divertimento. Il sogno della casa al mare era stato realizzato lavorando insieme, indispensabili l uno all altra, dando con generosità il nostro reciproco contributo. Quanto ci ha uniti questa avventura! La consiglierei come terapia di coppia... Nella casa dei pesci, mancano solo i quadri! Hai qualche idea? mi chiedeva Enrico, guardandosi intorno. Non ci ho ancora pensato...vedrai che, prima o poi, l idea giusta mi verrà. Non immaginavo che l avrei trovata proprio il giorno dopo... 13
14 Verso Monterosso Il giorno dopo saremmo ritornati a Varese e la breve vacanza che perché, dopo tanto impegno, ci meritavamo una bella gita. Erano i primi giorni di dicembre, ma c era il sole e l aria era tiepida. Al mare in inverno capitano ogni tanto queste giornate, e non vanno sprecate. Sai dove possiamo andare? mi incuriosì Enrico. Non mi lasciò il tempo di tentare di indovinare, che se ne uscì, con fare molto soddisfatto: A Monterosso! Che bella idea! Erano parecchi anni che non andavamo a Monterosso, un luogo molto legato alla nostra storia personale. La prima volta che lo scoprimmo, eravamo sposati da pochi mesi. Anche allora era dicembre ed era una giornata di sole. Il tempo di vestirci adeguatamente ed eravamo in auto. Dopo un breve percorso in autostrada, ci dirigemmo verso La Spezia. Superata la zona industriale, dominata dall imponente ciminiera dipinta a strisce orizzontali rosse e bianche, si svoltava verso il lungomare. Sulla destra, verso la città, con i suoi palazzi dei primi del novecento dagli alti portici, la strada correva parallela ad un viale di palme altissime, dal tronco esile, svettanti su giardini ricchi di piante esotiche. Sulla sinistra, dalla parte del mare, si costeggiava la passeg- altezza, ma per le dimensioni del tronco e la larghezza della chioma, provvidenziale nelle giornate estive per schermare il sole. 14
15 venere, a destra si saliva sulla collina con arditi tornanti verso le Cinque Terre. Man mano che ci si alzava il panorama diven- Non era possibile non fermarsi ad ammirarlo con calma e così, parcheggiata l auto in una piazzola, dall alto della nostra posizione spaziammo sul Golfo dei Poeti. Sotto di noi si allargava la città di La Spezia, con il suo centro Nel mare blu, davanti a quest ultimo, galleggiavano, attraccate ai moli o ancorate più al largo, navi di stazza diversa, tutte dello stesso colore grigio, tipico delle navi militari. Nel tratto di fronte al verdeggiante lungomare si apriva il porto turistico e, subito dopo, quello commerciale. Il golfo si allar- Andando oltre con lo sguardo e favoriti dalla giornata limpida, della Versilia. Il verde argenteo delle colline di ulivi si fondeva con le sfumature blu del mare che, sulla nostra destra, si al- in lontananza, dall imponenza delle Alpi Apuane che, in quel periodo dell anno, erano bianche non solo per i loro preziosi marmi, ma anche per una leggera spruzzata di neve. Mary, andiamo: Monterosso ci aspetta! mi sollecitò Enrico. La strada proseguiva in leggera salita immersa nell ombra del una lunga e diritta galleria. Quando sbucammo dall altra parte, restammo abbagliati dal sole e, subito dopo, dalla bellezza del panorama che si spalancava a perpendicolo sul mare, dominandolo dall alto. La distesa di acqua marina, illuminata dai raggi del sole, era immensa, luccicante e dai toni chiari che, all orizzonte, si fondevano con il cielo. La strada, che tagliava 15
16 la montagna per tutta la larghezza, seguiva la sinuosità della costa, rocciosa e frastagliata, addentrandosi all interno, per poi ritornare a dominare il mare. Il territorio delle Cinque Terre si proponeva in scorci sempre diversi ad ogni curva. Guardando loro e armonici nei loro colori, i cinque paesi. Le case formavano grappoli, tenacemente aggrappati alle rocce. Erano una vicina all altra, in un abbraccio che permetteva loro di non scivolare in mare. Ad ogni piazzola panoramica ci si fermava per guardare giù e riconoscere i paesi. Quel paese là in fondo è Manarola. Corniglia è quello più avanti, sullo spuntone di roccia. Sotto di noi si intravede Riomaggiore. Oltre Corniglia si trova Vernazza, ma non si può vedere da qui. Monterosso è coperta dalla costa. Si vede solo, là in fondo, la punta Mesco, che conclude l arco della spiaggia di Fegina. Facevamo a gara, tra di noi, nel dare un nome ad ogni posto che si scorgeva dai punti panoramici dove sostavamo. seguirsi di terrazzamenti, sostenuti da muretti a secco. Questi fazzoletti di terra in piano, abbarbicati su pendenze da capogi- oltre, e permettevano la coltivazione della vite. I terrazzamenti erano numerosissimi e formavano lunghe e sinuose righe parallele. Guardando quelle pareti scoscese, non si poteva non pensare alla fatica e alla maestria dell uomo che, sasso sopra sasso, aveva costruito nei secoli quel dedalo di muretti. Le rotaie delle numerose cremagliere tagliavano perpendicolarmente i terrazzamenti, e permettevano di raggiungerli più comodamente che percorrendo gli antichi sentieri a scalinate. La tecnologia 16
17 negli ultimi anni aveva fortunatamente contribuito a rendere meno duro il lavoro dell uomo. Non bisogna soffrire di vertigini! mi venne però spontaneo osservare, guardando, ai lati della strada, i trenini coperti da teloni cerati, in meritato riposo dopo il frenetico periodo della vendemmia. Per raggiungere in auto Riomaggiore, Manarola, Corniglia e Vernazza, giù in basso sul mare, bisognava scendere per strade tortuose, strappate alla pendenza della costa. La strada che stavamo percorrendo aveva tolto dall isolamento quei borghi. Prima della sua costruzione, avvenuta qualche decennio prima, si poteva raggiungerli solo via mare o con la ferrovia, che li univa attraversando numerose gallerie. La strada percorreva in orizzontale tutto il territorio delle Cin- tornante, si alzava quasi alla cima del monte. In quel tratto i vigneti facevano posto alla macchia mediterranea, con lentischi, corbezzoli e ginestre, alternate a pinete odorose di resina. Dopo essere sbucati sulla larga strada che saliva dalla valle del crocio con la strada che si inerpicava da Levanto. Svoltati a sinistra, poco dopo si arrivava al bivio che permetteva di scendere direttamente a Monterosso, nel borgo antico, o di arrivare ad esso passando da Fegina, il paese nuovo. Scegliemmo la prima soluzione, perché era dicembre e certamente non ci sarebbero stati problemi di parcheggio. Per il turista era ancora possibile, nel periodo invernale, entrare in paese con l auto. Alla prima piazzola panoramica Enrico accostò. Dall alto si vedeva come Monterosso fosse diverso dagli altri borghi delle Cinque Terre. La montagna non era a picco sul mare, ma scen- grande golfo, abbracciandolo. Prevaleva, sugli ampi terrazza- 17
18 menti, la coltivazione dell ulivo. Le reti rosse, che erano servite qualche tempo prima per raccogliere le olive, formavano festoni colorati ai piedi degli alberi. Nei punti più protetti, dove tra le insenature della montagna scorrevano tranquilli ruscelli, i muretti a secco erano più alti e custodivano orti fertilissimi, che regalavano primizie, e limoneti carichi di frutti. Il grande golfo era diviso da una dorsale più alta su cui si notavano gli affusolati cipressi che portavano all ingresso del piccolo cimitero. Sul culmine di questa collina spiccavano il castello feudale, immersi nel verde di un bosco di lecci. Allungandosi verso il mare il promontorio diventava roccia nuda, le loro tenaci radici. La torre Aurora, un antica torre d avvistamento rimaneggiata nei secoli, si alzava dalle rocce poco prima che queste si inabissassero nel mare, frantumandosi in Dalla parte verso est, si vedeva il porto di Monterosso, con l accogliente molo e la piccola spiaggia. Più avanti la scogliera si allargava in un abbraccio protettivo. Alle spalle il paese risaliva compatto verso il monte e si arrestava dove questo, diventato scosceso, si alzava alto, riparando con la sua mole tutto il golfo dai venti del nord. Dall altra parte, verso ovest, l ampia spiaggia di Fegina formava un grande arco, interrotto da un caratteristico faraglione che si protendeva appuntito verso il mare. Dopo la spiaggia il litorale ritornava alto e terminava nelle scogliere di punta Mesco. Il panorama che si poteva ammirare dalla nostra postazione era così ampio, che bisognava procedere a sezioni per meglio apprezzarlo. L occhio rincorreva particolari e si soffermava su scorci, ma era catturato, direi quasi calamitato, verso l immensità del mare, che i raggi del sole rendevano cangiante di mille sfumature. 18
19 Risaliti in auto, mi sentivo rimpicciolita dall immensità del panorama che i miei occhi avevano ammirato. Avvertivo che anche Enrico era emozionato mentre affrontava l ultimo tratto in forte discesa. Nessuno dei due parlava. lontani, ma mai dimenticati. Forse era l incanto del panorama, che suggeriva di non interrompere il momento magico con parole inadeguate. giammo senza problemi sotto una campata del viadotto della ferrovia. Monterosso ci accoglieva dopo tanti anni e, lo avremmo scoperto di lì a poco, aveva in serbo per noi una bella sorpresa. 19
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