SCUOLA INTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA SECONDARIA SIS

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1 SCUOLA INTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA SECONDARIA SIS CORSO PER IL CONSEGUIMENTO DELLA SPECIALIZZAZIONE PER IL SOSTEGNO ALL INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALLIEVI IN SITUAZIONE DI HANDICAP A.A. 2006/2007 Disagio psicologico e rischio burnout nell insegnante di sostegno SPECIALIZZANDO: Simonetta Paolicchi SUPERVISORE: Donatella Platano 1

2 INDICE GENERALE - MAPPA CONCETTUALE pag. 3 - DIARIO DI BORDO pag. 4 - INDICE RAGIONATO pag. 7 - MODELLO TEORICO DI RIFERIMENTO E COLLEGAMENTO CON L ATTIVITÀ PROGETTATA.. pag INTERVENTO DIDATTICO pag ALLEGATI pag SCHEDE BIBLIOGRAFICHE pag. 81 2

3 MAPPA CONCETTUALE Il burnout deriva da Inadeguatezza professionale Scarsi feedback Delegittimazione/ delega esclusiva che provocano Frustrazione Fuga Isolamento risolvibili attraverso Empowerment Autoefficacia Miglioramento competenze Consapevolezza del proprio ruolo 3

4 DIARIO DI BORDO Gennaio 07 L idea di sviluppare la tematica del disagio psicologico nel docente di sostegno prende corpo a seguito dell esame di Psicologia dell età evolutiva, sostenuto al termine modulo di allineamento del corso di specializzazione (fine gennaio). Si trattava di esporre, attraverso un lavoro di gruppo, il frutto delle riflessioni originate dall analisi di tre casi emblematici del ruolo del docente di sostegno. Dal racconto-confronto delle esperienze di noi colleghi noto con sorpresa un denominatore comune: l origine dei momenti più frustranti dell attività non risiede nel livello di gravità del deficit attribuibile all allievo, bensì nel senso di isolamento e di subalternità quotidianamente sperimentato. Ascolto la narrazione del caso di una collega che ha dovuto imporsi duramente per far rispettare le regole di più elementare normalità e non dimentichiamolo, di legalità, ad esempio, nel far sì che il nome dell allieva disabile comparisse nel registro di classe, oppure l amarezza derivante dal senso di emarginazione subita dall insegnante che osserva il ritrarsi timoroso da parte di colleghi e allievi al suo passaggio in compagnia dell allievo affetto da un grave deficit psichico, o ancora il deciso rifiuto opposto all invito ad abbandonare l aula in compagnia dell allievo disabile messo in atto da un altro collega. Ai primi di febbraio, durante incontro conclusivo del modulo di allineamento con la docente supervisore, propongo l idea di sviluppare la tematica del burnout nel docente di sostegno. Febbraio 07 Ottenuto l incoraggiamento ad approfondire il tema, subito emergono le prime difficoltà primariamente di carattere organizzativo. Durante il primo incontro del modulo di specializzazione, la docente supervisore ci illustra le modalità di realizzazione del portfolio, la scansione operativa, la ratio sottesa ad ogni sezione del lavoro, i tempi. Mi interrogo sulle modalità operative: si tratta di decidere quale forma dare all indagine ( interviste, studio di caso, colloquio individuale, elaborazione di un questionario) e soprattutto come realizzare il collegamento con l attività di tirocinio attivo che sto per iniziare presso una prima classe di scuola media. Marzo 07 Inizio il tirocinio attivo senza aver chiare da subito le idee sulle modalità del mio operare, ma ben presto mi rendo conto che la tematica da sviluppare è perfettamente in assonanza con quanto si verifica all interno della classe, nella quale il docente accogliente, i colleghi curriculari e gli allievi vivono un esperienza di integrazione complessa e delicata. Per la prima volta, infatti, mi trovo di fronte alla manifestazione di quello che viene identificato in neuropsichiatria infantile come comportamento problema. Non è raro, infatti, che durante la mia frequenza settimanale, abbia 4

5 occasione di osservare l allievo disabile adottare comportamenti aggressivi (capelli tirati fino a strapparne piccole ciocche, orecchini strappati dai lobi dell insegnante, quaderni e libri dei compagni ridotti in piccoli pezzi) e fortemente oppositivi nei riguardi dei compagni, dei docenti curriculari e delle due insegnanti di sostegno che si alternano in classe. Il problema principale consiste nell apparente inspiegabilità del comportamento, che non sembra determinato da alcuna provocazione. Anche le ricerche condotte in merito alla letteratura sull argomento non mi sono di grande aiuto: i testi consultati si limitano, nella maggior parte dei casi, a una non meglio esplicitata teoria dell osservazione e dell ascolto, e raramente individuano metodologie risolutive della problematica. Riservo un analogo giudizio critico nei confronti della strategia concordata tra i docenti e la famiglia, chiamata ad intervenire ogni qual volta l allievo mostri un comportamento considerato ingestibile. Nel complesso trovo una generale impreparazione nell affrontare il problema. Decido quindi di lavorare su due fronti: approfondimento della tematica del comportamento problema, sviluppando una serie di attività il più possibile diversificate, allo scopo di evitare per quanto possibile l insorgenza delle manifestazioni aggressive nel ragazzo (schede di potenziamento cognitivo, cura del giardino, redazione, nell ora riservata al laboratorio informatico, di piccoli elaborati al p.c. svolti in collaborazione coi compagni di classe) e, al contempo, la messa a punto di un questionario che evidenziasse criticità e fattori di malessere psicologico nell identità professionale del docente specializzato. Rivisito, su consiglio della docente supervisore, più volte il questionario: in primo luogo, mi rendo conto che, se da un lato la disponibilità delle fonti sul burnout affrontato in chiave generica è fin troppo nutrita, per quanto riguarda il disagio specifico del docente di sostegno esiste scarsissimo materiale. In realtà, la mancanza di una adeguata produzione letteraria in merito rappresenta un aspetto positivo per il procedere del mio lavoro, in quanto, l aver appreso in un secondo momento dell esistenza di due studi in merito (cfr. schede bibliografiche n 18 e n 19 ) mi ha reso libera da condizionamenti oggettivi e mi ha consentito un successivo confronto, gratificante in quanto ricco di analogie, tra le evidenze rilevate dalla mia analisi e le ricerche sopracitate. Inoltre, ben presto mi rendo consapevole della vera difficoltà insita nell elaborazione del questionario: l estrema attenzione nel tener distinti gli effetti del fenomeno dalle cause che ne inducono l insorgenza, e la conseguente rilevanza dell appropriatezza degli indicatori da selezionare. Aprile 07 Questo periodo è dedicato alla distribuzione (non esente da difficoltà, data la reticenza di alcuni colleghi ad esporre il proprio vissuto professionale) dei questionari e alla rilevazione dei dati. Sono momenti di lavoro intensissimo, che mi consentono, oltretutto, di affinare le mie competenze informatiche e stimolano, noto con una certa sorpresa, una capacità di concentrazione che ritenevo 5

6 propria unicamente del periodo universitario. Un ulteriore motivo di gratificazione è rappresentato dalla preziosa collaborazione di alcuni colleghi del corso, che seppur ansiosamente interpellati dalla sottoscritta in orari poco congrui, hanno prontamente messo a disposizione le proprie (notevoli) competenze informatiche, aiutandomi a risolvere le problematiche connesse alla costruzione su foglio elettronico di grafici e tabelle. Curiosa è stata inoltre la partecipazione indiretta di un collega di corso al mio portfolio, con la divertente messa a punto di un nuovo disturbo, ovviamente di sua invenzione, attinente la frequenza dei corsi Sis (vedi allegato n 5 ). Maggio 07 E il momento dell analisi dei dati. Mi accorgo che le due pagine dense di numeri e percentuali rappresentano il mio principale strumento operativo e osservo, incoraggiata e al tempo stesso un po sorpresa, come quasi incredibilmente possano trasformarsi in pagine dense di osservazioni, analisi e valutazioni. In questo periodo si segnalano due momenti significativi: gli spunti di riflessione originati dall incontro con la docente supervisore, in merito alla lettura del fenomeno inerente alla dispersione dei docenti di sostegno verso l insegnamento curriculare, da interpretare anche in chiave positiva, come un contributo alla diffusione di pratiche integranti anche presso i docenti delle singole discipline, e a fine maggio, nell ambito della mia partecipazione al convegno organizzato dalla Sis Torino Dal progetto scolastico al progetto di vita, l intervento illuminante di S. Nocera, che con la chiarezza a lui abituale, ha illustrato i problemi di continuità didattica che affliggono il processo di integrazione scolastica, determinati dal forsennato turnover a cui la categoria dei docenti di sostegno è particolarmente e, aggiungo io, paradossalmente, interessata. In particolare, la mia attenzione è stata sollecitata da un particolare: l assenza di reazione dell uditorio, alla proposta, dal carattere dirompente, di obbligare i docenti specializzati a restare almeno dieci anni sul sostegno in luogo dei cinque attualmente previsti prima di richiedere il passaggio all insegnamento curriculare, allo scopo di assicurare la continuità didattica. Mi sono chiesta se si fosse trattato di un silenzio assenso, oppure, come sono più propensa a credere, Nocera abbia alzato il velo su un argomento tabù, considerati i dati impressionanti sul passaggio all insegnamento curriculare che provengono da fonti autorevolissime (vedi Relazione 2002 Commissione Bicamerale per l infanzia, n rif.20 ). Giugno 07 Revisione finale del portfolio con la docente supervisore, selezione del materiale da allegare, elaborazione delle schede bibliografiche, dell indice ragionato e, in ultimo, redazione della mappa concettuale. Consegna dell elaborato. 6

7 INDICE RAGIONATO Il materiale utilizzato per l elaborazione è stato suddiviso in tre sezioni, organizzate secondo le seguenti modalità. Sezione I Raccoglie i testi e gli articoli comparsi su riviste specializzate, nazionali e internazionali, riconducibili alla teorizzazione del burnout quale fenomeno specifico nelle relazioni professionali di aiuto; sono presenti gli studi più significativi, dagli albori della teoria (anni 70) ad oggi, che analizzano il fenomeno con particolare riferimento alla classe docente senza tuttavia distinguere le specificità ascrivibili al profilo degli insegnanti di sostegno. (n rif. 1 Freudenberger H., Staff burnout Journal Social Issues, n 30, 1974 Pietra miliare degli studi sul burnout, citato da tutte le ricerche successive, conia il termine mutuandolo dal gergo sportivo e trasferendolo in ambito socio-sanitario. Notevole importanza, è rivolta al potere del gruppo quale via preferenziale nelle azioni di supporto agli operatori in burnout. Presente nell indice bibliografico di tutte le ricerche esaminate, e citato sul sito Internet del JSI. n rif. 2 Cherniss C., La syndrome del burnout, Centro Scientifico Editore, Torino, 1983 L autore ha osservato e descritto la sindrome di burnout in operatori di Servizi Sociosanitari in relazione ai mutamenti della struttura organizzativa evidenziando i fattori di rischio e di protezione. Ne deriva una condizione di malessere imputabile principalmente ai massicci processi di ristrutturazione, ai conseguenti processi di ridefinizione delle identità professionali, ad assetti organizzativi squilibrati, a stili di comunicazione problematici, alla carenza di adeguati sistemi premianti. Reperito presso la Biblioteca Pedagogica, corso Francia, Torino n rif. 3 Contessa G. L operatore sociale cortocircuitato. La Burning-out syndrome in Italia, in Animazione Sociale, n 43, 1982, Torino E il primo articolo che compare in Italia ad illustrare il fenomeno. L autore, dopo aver compiuto un excursus sugli studi internazionali, individua alcune modalità di intervento nella partecipazione ad iniziative di riqualificazione e formazione ricorrente, nella ristrutturazione dei compiti (riduzione di orari di lavoro con gli utenti, lavoro in coppia, rotazione mansioni)e in attività di supporto per gli operatori (supervisione, counseling, affiancamento ad operatori più anziani, riunioni apposite dell équipe). Sempre secondo Contessa, sul piano privato occorre che l operatore 7

8 recuperi spazi propri di tempo libero e cultura, estranei al lavoro, sviluppando e mantenendo relazioni sociali con persone che svolgono un altro lavoro. Reperito sul sito n rif. 4 Maslach C., La syndrome del burnout, il prezzo dell aiuto agli altri, Cittadella Editrice, Assisi, 1997 L autrice, docente di Psicologia all'università di California, Berkeley e considerata la massima esperta mondiale di burnout, è la prima a sistematizzare il fenomeno, individuandone le componenti che costituiranno il punto di partenza per tutte le indagini successive. L analisi prende in considerazione le variabili di ordine personale, sociale e istituzionale che contribuiscono al burnout e rileva non solo gli effetti negativi della sindrome negli operatori ma anche le ripercussioni deleterie nell ambiente professionale, familiare e nella società. Citazione reperita sul sito. n rif. 5 Maslach C., Leiter M. Burnout e organizzazione, Edizioni Erikson, Trento, 2000 Il testo, corredato da una serie di esempi tratti da situazioni concrete, analizza il dilagare del fenomeno individuando specifiche aree di discrepanza tra la persona e il proprio lavoro: si pensi alle pressioni esterne cui vengono sottoposte le strutture organizzative, che impongono continui riassetti, cambiamenti di personale ed un attenzione eccessiva ai valori economici e competitivi. Reperito presso la Biblioteca Pedagogica. n rif. 6 Rossati A., Magro G., Stress e burnout, Carocci Editore, Roma, 1999 E il testo che consegna definitivamente al burnout una dimensione psicosociale, individua i fattori che lo distinguono dallo stress, reazione individuale, e per questo motivo è citato abbondantemente dagli studi successivi Il libro, suddiviso in quattro capitoli, stimola il lettore a una forma di apprendimento, grazie ad alcune esercitazioni pratiche individuali e di gruppo poste al termine di ogni capitolo. E il testo che ha rappresentato il mio primo approccio al fenomeno. Testo gentilmente prestatomi da un collega. n rif. 7 Folgheraiter F., Io operatore sociale, Centro Studi Erickson, Trento, 1994 L autore si distingue per l individuazione del quarto sintomo riferibile al burnout, che si aggiunge all affaticamento fisico ed emotivo, alla depersonalizzazione e alla ridotta realizzazione personale precedentemente individuati dalla Maslach: la perdita della capacità di controllo rispetto alla propria attività professionale, che porta a una riduzione del senso critico e quindi a una errata attribuzione di valenza alla sfera lavorativa. L indicazione bibliografica è stata reperita sul sito: 8

9 n rif. 8 Farber B. A., Introduction: understanding and treating burnout in a changing culture, Journal of Clinical Psychology, n 56, 2000 L autore fornisce una prospettiva inedita del burnout, differenziandolo su tre sottotipologie in relazione alla sintomatologia ed ai comportamenti degli individui: burnout classico (o frenetico), quando il soggetto, di fronte allo stress, aumenta la sua attività lavorativa sino all'esaurimento psicofisico; burnout da sottostimolazione (underchallanged), quando il soggetto è demotivato, insoddisfatto a causa della monotonia e ripetitività del: lavoro, che non viene più ritenuto dall'individuo all'altezza di offrire stimoli e motivazioni sufficienti; burnout da scarsa stimolazione (wornout), quando il soggetto ritiene il proprio lavoro troppo stressante rispetto al riconoscimento che lo stesso comporta; rispetto al burnout classico, il soggetto attiva comportamenti diametralmente opposti, in quanto tenta di prevenire l'esaurimento riducendo il proprio ritmo lavorativo. Ho trovato particolarmente interessante e originale l introduzione del termine Wornout, il cui significato, relativo ad una riduzione del ritmo di lavoro in relazione al calcolo costi-benefici, ritengo si adatti agevolmente alla condizione del docente di sostegno in situazione di crisi. Reperito nell indice bibliografico dell articolo Aspetti medico-legali della sindrome del burnout, Minerva Medico legale 2004;124:73-87 n rif. 9 Lodolo D Oria et al., Quale correlazione tra patologia psichiatrica e fenomeno del burnout negli insegnanti?, in Difesa Sociale, n 4, 2002 Prima analisi sistematica condotta in Italia su grandi numeri, lo studio Getsemani, partendo dall analisi degli accertamenti sanitari per l inabilità al lavoro svolta dai Collegi Medici della ASL Città di Milano nel periodo 1/92 12/01 per un totale di casi clinici, ha operato un confronto tra quattro macrocategorie professionali di dipendenti dell Amministrazione Pubblica (insegnanti, impiegati, personale sanitario, operatori). In controtendenza con gli stereotipi diffusi nell opinione pubblica, i risultati dimostrano che la categoria degli insegnanti è soggetta a una frequenza di patologie psichiatriche pari a due volte quella della categoria degli impiegati, due volte e mezzo quella del personale sanitario e tre volte quella degli operatori sociali. A questo studio ne seguirà uno successivo, a cura dello stesso autore, che aggiorna i dati al Reperito sul sito: 9

10 n rif. 10 Lodolo D Oria et al., Quale rischio di patologia psichiatrica per la categoria professionale degli insegnanti?, in Medicina del lavoro, n 5, 2004 Se lo studio Getsemani aveva dimostrato nella categoria degli insegnanti l'elevatissima percentuale, di casi di burnout, cioè quel disagio psicologico e sociale che induce a disaffezione e apatia il lavoratore, lostudio Golgota fa un passo avanti, e va a esaminare le patologie psichiatriche riconosciute( disturbi dell'umore, depressione, ansia). L'indagine è stata condotta tra i lavoratori iscritti all'inpdap che hanno presentato alla commissione di Milano domanda di inabilità al lavoro. L analisi statistica effettuata si riferisce ad un arco temporale di 12 anni (01/ /2003) per un totale di 3447 pratiche di accertamenti d inabilità al lavoro inerenti altrettanti lavoratori. Lo studio evidenzia inoltre come gli insegnanti presentino il rischio di sviluppare una neoplasia, superiore di volte rispetto ad operatori manuali ed impiegati. Le variabili sesso ed età non sono risultate essere fattori rilevanti ai fini dei risultati dello studio. Viene rilevata la necessità di ulteriori approfondimenti epidemiologici, affiancati da contestuali interventi operativi volti a contrastare tempestivamente il disagio mentale negli insegnanti. Reperito sul sito : SEZIONE II Questa sezione è inerente l aspetto metodologico del lavoro: sono presenti i testi di metodologia della ricerca sociale e i questionari che ho consultato per realizzare l indagine. n rif. 11 Statera G., Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Palumbo Editore, Palermo,1984, Si tratta del testo, non recente ma ancora valido, che ha rappresentato la base per impostare il mio lavoro: mi ha aiutato a individuare lo strumento di rilevazione adeguato agli obiettivi che mi ero posta, l ampiezza della popolazione da indagare, i criteri di significatività del campione, la costruzione delle tabelle, il profilo degli indicatori. Il manuale, evitando saggiamente la minuziosa precettistica comune a tanti altri testi, pone l accento prevalentemente sulla logica dell indagine e sulla corretta individuazione delle aree problematiche che si intendono analizzare. Testo in mio possesso, sul quale ho studiato durante il periodo universitario. n rif. 12 Zeisel H., Statistica e sociologia:ditelo coi numeri, Marsilio Editori, Padova, 1968, Si tratta di un agile manuale introduttivo alla ricerca sociologica che spiega in modo semplice e con linguaggio piano i principi fondamentali dell inferenza statistica applicati alla sociologia. Ricco di suggerimenti preziosi, mi ha aiutato a evitare quella sensazione di sgomento che facilmente si produce davanti alla messe di dati prodotti dalla ricerca. Molto interessante e divertente è il 10

11 capitolo 4, dedicato alla trattazione dei non so, non risponde, che non bisogna sempre identificare come un insuccesso dell intervistatore, in quanto a volte rappresentano una categoria legittima. Testo in mio possesso. n rif. 13 Maslach C. Jackson S. E. The Maslach Burnout Inventory, Consulting Psycologists Press, 2 nd ed., Palo Alto, 1986 Il test di Maslach per la rilevazione del livello di burnout è a tutt oggi considerato dalla ricerca accademica lo strumento di rilevazione più rappresentativo, e per questo motivo è anche il più frequentemente utilizzato. Consta di 22 affermazioni (item) a proposito delle quali l intervistato deve esprimere il proprio grado di accordo secondo uno scaling compreso tra 1 e 7. In riferimento dell analisi che mi accingevo a fare, un attenta riflessione me ne ha consigliato l esclusione, in quanto ho trovato gli item informati a criteri di eccessiva genericità e poco adeguati ad indagare settori specifici eventualmente generatori dell eventuale eventuale disagio psicologico. Essendo sottoposto a rigido copyright non è stato possibile reperire il questionario su Internet; devo ringraziare un gentile collega che lo ha messo a mia disposizione. n rif. 14 Burnout Potential Inventory di B. Potter A cura del dottor Beverly Potter, si tratta di un test piuttosto utilizzato per l analisi del burnout nelle organizzazioni. Consta di 48 item afferenti a sei indicatori, distribuiti secondo uno scaling di accordo compreso tra 1 e 9: mancanza di potere, assenza di informazioni, conflitto, equipe inefficiente, straripamento, noia, scarsi feedbask, punizioni, alienazione, ambiguità, scarsità di ricompense, conflitti di valore. Seppur più completo rispetto al test di Maslach, anche in questo caso l eccessiva genericità degli item mi ha consigliato di evitare di utilizzarlo in toto come strumento di rilevazione; ho altresì utilizzato per la loro precisione e la sintesi di estrema efficacia tre indicatori: scarsi feedback, assenza di informazioni, scarsità di ricompense. Reperito sul sito: n rif. 15 Questionario Studio Getsemani, Elaborato nel 2002 dall equipe di V. Lodolo D Oria, medico del lavoro presso l Asl di Milano Centro, e distribuito anonimamente nell ambito dello Studio Getsemani, ha rappresentato la base per la prima indagine sistematica sulle patologie psichiatriche degli insegnanti (cfr. scheda bibliografica n 9). Si tratta di 38 domande che misurano l entità del burnout in chiave marcatamente sanitario diagnostica e, pur essendo rivolto specificamente ai docenti (di cui si stimola la presa di coscienza del fenomeno con domande inerenti la loro conoscenza diretta del 11

12 disturbo), esalta, a mio parere eccessivamente, la valenza positiva di iniziative preventive del fenomeno ad opera di imprese commerciali. Reperito sul sito. n rif. 16 Test Arips E il questionario che, opportunamente modificato e adattato, ha rappresentato la mia piattaforma di lavoro. ARIPS, Associazione di Ricerca e Interventi Psicosociali e Psicoterapeutici, nata nel 78 e presieduta da G. Contessa, si propone lo scopo di approfondire i problemi umani relativi alla comunità, applicando e sviluppando nuove strumenti concettuali e operativi. Il test, nella versione integrale, si compone di 28 domande molto dettagliate, mirate ad esplorare la qualità percepita dell organizzazione lavorativa in tutte le sue dimensioni, e si pone l obiettivo di conoscere il livello, la qualità e l'eziologia degli stati di "disagio lavorativo", così come sono percepiti dagli operatori sociali, intendendo con questo termine tutti coloro che operano professionalmente nell ambito della relazione di aiuto. Gli adattamenti hanno riguardato principalmente l inserimento di item specifici per la rilevazione del burnout nel docente di sostegno e la sintesi della sezione anagrafica. Reperito sul sito : SEZIONE III Questa sezione raccoglie il materiale relativo all identità professionale degli insegnanti di sostegno: ricerche, atti parlamentari, testimonianze, articoli su riviste specializzate. n rif. 17 Martinelli M., L handicap in classe tra individualizzazione e programmazione, Editrice La Scuola, Brescia, 1998) La lettura di questo volume, in particolare nella sezione relativa alle testimonianze, ha rappresentato l elemento decisivo per spingermi ad affrontare il tema del disagio psicologico nell insegnante di sostegno. Il libro, oltre ad offrire al lettore esempi, strumenti, avvertenze e metodologie a favore dell integrazione scolastica, riporta una testimonianza veramente toccante, relativa al lavoro svolto, con successo, da un docente alle prime armi su un difficile caso di integrazione di un allievo in situazione di handicap psicofisico molto grave. Leggendo il racconto delle difficoltà di comunicazione con i colleghi curriculari, dell incessante attività di contenimento empatico verso l allievo, della capacità di cogliere nel suo comportamento aggressivo e oppositivo, a volte veramente al limite della tollerabilità, non un attacco personale ma una manifestazione della psicosi, ho sviluppato una profonda riflessione sulle competenze richieste al docente specializzato. Testo in mio possesso. 12

13 n rif. 18 A Canfora L. a cura di, Come logora insegnare, Edizioni MA.GI, 2002, Roma Si tratta di un testo che raccoglie una serie di contributi mirati ad indagare quanto l'insegnante sia stressato dal proprio lavoro e in che misura e come riesca a controllare i fattori di stress. Dalla ricerca, condotta da L. Acanfora e L. Concilio presso alcuni istituti scolastici dell hinterland napoletano emerge un quadro generale che induce ad un certo pessimismo. Gli insegnanti sembrano subire le pressioni dovute all'attuale cambiamento dei tempi, accusando forme di stress lavorativo che trovano le loro cause in dinamiche interne al lavoro stesso: rapporti insufficienti e mal posti con colleghi, superiori, allievi e famiglie; scarse o errate tecniche comunicative; insufficiente capacità di elaborazione delle proprie problematiche che si trasformano in irrigidimento, chiusura e, quindi, scarsa efficienza lavorativa. E uno dei rari volumi che racconta, accanto al malessere dei docenti curriculari, il disagio dell insegnante di sostegno, del quale si tratteggia il senso di abbandono e di emarginazione rispetto ai loro colleghi curricolari, nonché il loro disagio latente nei confronti dei propri alunni portatori di handicap. Diversi altri dati emersi dalla ricerca si sono rivelati interessanti la reticenza di una parte degli insegnanti ad ammettere che lo stress possa dipendere da fattori strettamente legati alla personalità; il rifiuto ad accettare l'aiuto di esperti (medici, psicologi ecc.) nella risoluzioni dei problemi professionali legati allo stress; le differenze tra insegnanti con più anni di insegnamento, maggiormente irrigiditi su tradizionali metodi di insegnamento, e quelli più giovani, più elastici e disposti a cambiamenti e riforme. Testo in mio possesso. n rif. 19 Cannoni P., Fossa G., L insegnante di sostegno:agente di cambiamento o neutralizzatore di conflitti?, Edizioni del Cerro, Tirrenia, 1985 Analisi critica sui risultati del processo di integrazione scolastica intorno ai primi anni 80, il volume, sulla base dei dati emersi dalla ricerca svolta sugli insegnanti diplomati dalla Scuola Magistrale Ortofrenica di Genova, traccia un quadro sconfortante della mancata corrispondenza tra le aspettative suscitate dall attività formativa del corso e l esperienza nella prassi educativa quotidiana a scuola. Partendo dalla constatazione che il processo di integrazione si è innestato su un impianto tradizionalmente più ostile alla logica dell integrazione che a quella della segregazione, il testo conserva un impressionante attualità e coincide con l analisi di Acanfora (vedi scheda n 18) nel misurare l ampiezza dello stato di solitudine e di emarginazione in cui sovente si trova ad operare il docente di sostegno. Questi, infatti, limita sovente la sua funzione alla neutralizzazione dei conflitti, riuscendo raramente ad innestare nella pratica quotidiana la spinta al cambiamento in particolare nel delicato rapporto con i docenti curriculari, risolto spesso nella mancata collaborazione se non nella delega esclusiva alla cura dell allievo disabile. 13

14 Reperito presso la Biblioteca Pedagogica. n rif. 20 Commissione bicamerale per l Infanzia. Relazione 2002 sulla qualità dell integrazione scolastica Il documento traccia un primo bilancio sullo stato dell integrazione scolastica degli allievi disabili a dieci anni dall emanazione della legge quadro. Sottolinea l insufficienza del ricorso allo strumento legislativo e la necessità di un processo di assimilazione e sedimentazione sociale e culturale, e, soprattutto, di competenze professionali adeguate. Il dato che mi ha deciso a inserirlo nel materiale di lavoro è rappresentato dalla cifra che riassume la distorsione nel funzionamento degli organici: 18,7 %. Tale è la percentuale dei docenti con un anzianità superiore ai 10 anni di servizio nel sostegno e perciò non interessati a transitare dai posti di sostegno a quelli curriculari. Spesso, prosegue la Relazione, l assegnazione del docente di sostegno aumenta la delega e, contestualmente, la solitudine della coppia insegnante di sostegno-persona handicappata con implicazioni negative sul piano della comunicazione, dell'autonomia, della socializzazione e della vita relazionale, oltre che dell'apprendimento. Fondamentale diventa la continuità, specialmente nel passaggio da un ordine di scuola all'altro, consentendo deroghe ai vincoli dell'assegnazione degli incarichi. Continuità di progetto, ma anche documentazione e salvaguardia delle esperienze, per far tesoro delle competenze acquisite e non dover ricominciare ogni volta da zero. Reperita sul sito: n rif. 21 Canevaro A., Guidenzi D., Insegnante di sostegno in cerca di sostegno morale, Handicap &Scuola, n 126, marzo-aprile 2006 L articolo prende avvio dalla testimonianza amareggiata di una docente specializzata riguardo la scarsa considerazione mostrata nei suoi confronti, e soprattutto nei riguardi dell allievo disabile, da parte dei colleghi curriculari: la disinvoltura nell esprimere commenti, effettuati di fronte alla classe, a carattere squalificante sul livello di comprensione del ragazzino, la svalorizzazione del ruolo della docente di sostegno e del suo titolo di specializzazione, il mancato apprezzamento dei progressi, anche se minimi, raggiunti dall allievo. Gli autori individuano alcuni punti deboli della politica scolastica: la mancata preparazione professionale della scuola in toto, la precarizzazione dei ruoli, che impedisce di disegnare un percorso aperto a prospettive integranti, il vuoto del profilo organico e professionale del docente di sostegno, del quale, sostengono gli autori, è percepito spesso unicamente il ruolo emergenziale ed empirico. Una politica scolastica strutturale e realmente integrante ed inclusiva è concepita in modo tale da valorizzare, e non svilire, la dignità professionale del docente di sostegno. Articolo reperito presso la Biblioteca Pedagogica. 14

15 n rif. 22 D Alonzo L., L insegnante di sostegno e le sue competenze in Ecole Valdotaine, n 63, 2004 Questo articolo rappresenta l ennesimo grido di allarme sulla preoccupante fuga del docente di sostegno verso l insegnamento curriculare. Se è vero che l introduzione della figura dell insegnante di sostegno ha contribuito ad innestare quel processo innovativo che ha favorito un cambiamento positivo nel modo di affrontare il processo di integrazione degli allievi disabili, la sensibile dispersione rischia di compromettere tutti gli sforzi effettuati per portare la scuola italiana verso risultati eccellenti sul piano della convivenza civile. Molti docenti capaci di gestire il problema dell integrazione in classe, spesso ricchi di esperienza, preferiscono abbandonare il lavoro di sostegno, costringendo le scuole ad affidare il loro delicato ed importantissimo compito ad insegnanti volenterosi, ma spesso non in possesso del necessario bagaglio professionale. 15

16 RIFERIMENTI TEORICI E COLLEGAMENTO ALL ATTIVITA PROGETTATA La trattazione è organizzata in tre sezioni. La prima si propone di affrontare il fenomeno del burnout nelle professioni di aiuto attraverso una panoramica sui principali studi in merito; la parte centrale del lavoro è dedicata a una ricognizione sulla ricerca relativa al burnout negli insegnanti in generale. La terza sezione analizza il disagio psicologico degli insegnanti di sostegno. Il fatto di non aver riscontrato studi significativi sull incidenza del fenomeno nei docenti di sostegno ha rappresentato un notevole stimolo per verificare, attraverso una ricerca su campo che non ha certo pretese di esaustività, se questa particolare categoria di docenti è interessata dal fenomeno per ragioni inerenti al tipo di attività o, al contrario, non vi siano peculiarità o particolari differenze rispetto all insieme del corpo docente. Il burnout Il termine burnout compare per la prima volta negli Anni '30 nel gergo sportivo e indica il fenomeno per il quale un atleta, dopo alcuni anni di successi, si esaurisce, si brucia e non può più dare nulla agonisticamente. A partire dagli Anni '70 entra nella terminologia dell'ambito lavorativo, in particolare nella letteratura riguardante le professioni d'aiuto. Attualmente non esiste una definizione universalmente condivisa del termine burn-out. Freudenberger 1 e Maslach 2 sono stati i primi studiosi a usare il termine burn-out per indicare un complesso di sintomi, quali logoramento, esaurimento e depressione riscontrati in operatori sociali americani, una condizione di stress lavorativo, in sintesi, che interessa prevalentemente soggetti impegnati in attività professionali di aiuto (medici, infermieri,operatori socio-assistenziali, insegnanti). Christina Maslach, a cui si deve il test più utilizzato per la misurazione del fenomeno 3, ordina le cause oggettive del burnout in sei classi, rispettivamente relative a: carico di lavoro, autonomia decisionale, gratificazioni, senso di appartenenza, equità, valori. Nel medesimo lavoro l autrice perviene alla conclusione che il burnout sia dovuto principalmente ai fattori oggettivi dello stress professionale relegando in secondo piano le cause soggettive, e individua nella sindrome da burn out la risultante di tre fattori principali: 1 Freudenberger H., ( 1974) Staff burnout, Journal Social Issues, n 30 2 Maslach C., (1997) La sindrome del burnout, il prezzo dell aiuto agli altri, Cittadella Editrice, Assisi, 3 Maslach C. Jackson S. E.,(1986) The Maslach Burnout Inventory, Consulting Psycologists Press, 2 nd ed., Palo Alto, 16

17 affaticamento fisico ed emotivo: manca l energia necessaria per affrontare la realtà quotidiana e prevalgono sentimenti di apatia e distacco emotivo nei confronti del lavoro (emotional exhaustion and fatigue) depersonalizzazione, atteggiamento distaccato e apatico nei confronti di studenti, colleghi e nei rapporti interpersonali :prevalgono distacco ed ostilità verso le altre persone, in primo luogo nella relazione professionale d aiuto, vissuta con fastidio, freddezza, cinismo. L individuo tenta di sottrarsi al coinvolgimento, limitando la qualità e la quantità degli interventi, rispondendo evasivamente alle richieste di aiuto (depersonalisation and cynical attitude) sentimento di frustrazione dovuto alla mancata realizzazione delle proprie aspettative: ci si sente inadeguati al lavoro, consapevoli del proprio disinteresse verso la sofferenza e la richiesta di aiuto (lack of personal accomplishment) Successivamente Cherniss 4 definiva burn-out syndrome la risposta individuale ad una situazione lavorativa percepita come stressante e nella quale l individuo non dispone di risorse e di strategie comportamentali o cognitive adeguate a fronteggiarla. Occorre distinguere il burnout, patologia psicosociale 5, dallo stress, fenomeno individuale: il burnout può manifestarsi in concomitanza dello stress e quest ultimo può esserne una concausa, ma non necessariamente quando vi 'è una situazione di stress siamo in presenza di burnout. Il burnout è una sindrome, cioè un insieme complesso di sintomi e segni. Il burnout è diverso anche dalle nevrosi, essendo una patologia comportamentale più che di un disturbo della personalità. Folgheraiter 6 ha individuato un quarto sintomo: la perdita della capacità di controllo rispetto alla propria attività professionale, che porta a una riduzione del senso critico e quindi a una errata attribuzione di valenza alla sfera lavorativa. La sindrome del burnout è caratterizzata da particolari stati d'animo (ansia, irritabilità, esaurimento fisico, panico, agitazione, senso di colpa, negativismo, ridotta autostima, empatia e capacità d ascolto), somatizzazioni (emicrania, sudorazioni, insonnia, disturbi gastrointestinali, ecc.) e reazioni comportamentali (assenze o ritardi frequenti, distacco emotivo, ridotta creatività, ecc.). Infine, recentemente, Farber 7 differenzia il burnout in tre sottotipologie in relazione alla sintomatologia ed ai comportamenti degli individui aggrediti da tale sindrome: 4 Cherniss C., (1983) La syndrome del burnout, Centro Scientifico Editore, Torino 5 Rossati A., Magro G., (1999) Stress e burnout, Carocci Editore, Roma 6 Folgheraiter F., (1994 ) Io operatore sociale, Centro Studi Erickson, Trento 7 Farber B. A.,( 2000), Introduction: understanding and treating burnout in a changing culture, Journal of Clinical Psychology, n 56 17

18 burnout classico (o frenetico), quando il soggetto, di fronte allo stress, aumenta la sua attività lavorativa sino all'esaurimento psicofisico; burnout da sottostimolazione (underchallanged), quando il soggetto è demotivato, insoddisfatto a causa della monotonia e ripetitività del: lavoro, che non viene più ritenuto dall'individuo all'altezza di offrire stimoli e motivazioni sufficienti; burnout da scarsa stimolazione (wornout), quando il soggetto ritiene il proprio lavoro troppo stressante rispetto al riconoscimento che lo stesso comporta; rispetto al burnout classico, il soggetto attiva comportamenti diametralmente opposti, in quanto tenta di prevenire l'esaurimento riducendo il proprio ritmo lavorativo. Il primo articolo sul tema appare in Italia nel 1982, a cura di G. Contessa 8. L autore, dopo aver compiuto un excursus sugli studi internazionali, individua alcune modalità di intervento nella partecipazione ad iniziative di riqualificazione e formazione ricorrente, nella ristrutturazione dei compiti (riduzione di orari di lavoro con gli utenti, lavoro in coppia, rotazione mansioni) e in attività di supporto per gli operatori (supervisione, counseling, affiancamento ad operatori più anziani, riunioni apposite dell équipe). Sempre secondo Contessa, sul piano privato occorre che l operatore recuperi spazi propri di tempo libero e cultura, estranei al lavoro; relazioni sociali con persone che fanno un altro lavoro. L aspetto più interessante e originale del contributo è relativo all accento posto sulla necessità di una modificazione degli atteggiamenti, in particolare nel dover considerare come irrazionali: l idea che sia necessario essere amato da ogni utente, l idea che si debba essere sempre competenti e avere sempre successo; l idea che la propria infelicità sia causata dagli utenti o dalla istituzione, l idea che ci sia sempre una giusta e precisa soluzione ai problemi umani e che non trovarla sia una catastrofe. Come rilevare la presenza di burnout? Individuarne le cause è piuttosto difficile poiché si tratta di un fenomeno multidimensionale, influenzato da più fattori, sia di tipo oggettivo sia soggettivo. I fattori soggettivi sono particolarmente importanti: non tutte le persone che condividono uno stesso ambiente lavorativo sviluppano la sindrome. Entra in gioco la personalità, le esperienze precedenti, la resistenza allo stress e alle frustrazioni. In generale tra le cause principali possiamo nominare una eccessiva idealizzazione della professione, mansioni frustranti o inadeguate alle aspettative, organizzazione del lavoro disfunzionale o patologica. 8 Contessa G.,( 1982) L operatore sociale cortocircuitato. La Burning-out syndrome in Italia, in Animazione Sociale, n 43, Torino 18

19 Il burn out nell insegnante Recentemente, soprattutto in seguito ad alcune importanti evidenze scientifiche, si sta iniziando a parlare di burnout anche in altri ambienti lavorativi, in particolare in quello scolastico. Il fenomeno sembra riguardare i docenti in misura maggiore rispetto ad altre professioni. E' un termine che non è ancora contemplato dal DSM-IV, cioè dal sistema di classificazione internazionale delle patologie psichiatriche, non ha ricevuto alcun riconoscimento istituzionale ed è trascurato anche dalle organizzazioni sindacali, forse anche per la paura di dover ammettere l esistenza di una piaga dalle proporzioni imponenti, sia per il numero di individui a rischio (nel solo settore dell istruzione il rapporto insegnanti/abitanti in un paese avanzato oscilla tra 1/50 e 1/70), sia per l impatto sociale che questa ammissione comporterebbe sui giovani, sulle loro famiglie e sull opinione pubblica. Non bisogna, infatti, dimenticare gli assai diffusi i luoghi comuni sugli insegnanti (lavorano solo mezza giornata, dispongono di lunghissimi periodi di vacanza e si lamentano senza motivo), ed è comprensibile che questo fenomeno venga erroneamente interpretato dall opinione pubblica come segnale di scarsa motivazione, incompetenza, fragilità psicologica. In realtà, l'insegnante può aver trovato lungo la sua strada situazioni predisponenti all'insorgere del burnout.ecco i principali: le caratteristiche individuali del soggetto: personalità, sesso, età, tolleranza, aspettative professionali, suscettibilità, stile cognitivo e didattico, background culturale la qualità dei rapporti interpersonali con gli studenti e le famiglie, la direzione scolastica, i colleghi l organizzazione scolastica e le condizioni di lavoro: il susseguirsi di riforme scolastiche spesso calate dall alto, l annoso problema del precariato, il progressivo aumento del carico di lavoro, la scarsità delle risorse didattiche e delle attrezzature L'insegnante affetto da burnout è una persona delusa e frustrata: carico di aspettative e di motivazioni ad inizio carriera, si è trovato di fronte a un lavoro diverso da quello che si aspettava, più complesso, stressante e, rispetto alle energie richieste, scarsamente retribuito e privo di considerazione sociale. E un insegnante che quotidianamente si trova a dover affrontare problemi per i quali si ritiene- a volte con ragione- impreparato: classi sempre più affollate e multietniche, in cui convivono, in misura sempre maggiore fenomeni come il bullismo e l aumento degli alunni disabili Recentemente è stato reso pubblico uno svolto dalla ASL Città di Milano che intendeva prendere in esame i lavoratori dell'amministrazione pubblica e che a sorpresa ha fornito dei risultati interessanti per la categoria professionale degli insegnanti. Si tratta dello Studio Getsemani, a cura di V. L. 19

20 D Oria 9, che analizzando le domande per inabilità presentate all'inpdap nel decennio , ha preso in esame 3049 casi clinici e ha confrontato i dati di quattro macrocategorie professionali: insegnanti, impiegati, personale sanitario e operatori. Nonostante gli insegnanti costituiscano soltanto il 18% degli iscritti alle Casse Pensioni INPDAP, la categoria rappresenta il 36,6% delle richieste d inabilità. Le domande riguardano in maggior misura patologie psichiatriche. I risultati hanno evidenziato che la categoria degli insegnanti è soggetta ad una frequenza di patologie psichiatriche pari a due volte quella della categoria degli impiegati, due volte e mezzo quella del personale sanitario e tre volte quella degli operatori. La frequenza di questi disturbi tra i docenti è indipendente dal loro sesso e dal tipo di scuola in cui esercitano la professione. In sintesi quindi è stato rilevato che quasi la metà delle domande di inabilità presentate da insegnanti riguardano patologie psichiatriche e che ben il 75,1 % di queste vengono accolte. Questa percentuale è superiore alla percentuale di domande accolte di utenti appartenenti ad altre categorie (36%). Lo studio evidenzia inoltre come si verifichi un'anomala situazione di "mobbing atipico", intendendo con esso un processo di allontanamento che gli insegnanti in burnout subiscono da parte della struttura dove lavorano e dall'utenza, direttamente proporzionale alla gravità della patologia manifestata. Ancora più allarmante è il dato relativo alla evidente sottostima dei casi psichiatrici, in quanto, sempre secondo lo studio Getsemani, la negazione/vergogna della patologia da parte del soggetto gioca un inequivocabile ruolo. Numerosi sono infatti i casi di pazienti per i quali il Collegio medico ha richiesto un approfondimento diagnostico in ambito psichiatrico. Ma proprio a fronte del sospetto diagnostico sulla sussistenza di un infermità di natura psichica, l interessato in alcuni casi ha rifiutato di sottoporsi a visita, non ripresentandosi poi alla visita collegiale conclusiva. Probabilmente l analisi più significativa ed aggiornata sulla realtà italiana del fenomeno è lo studio Golgota 10 promosso dalla Fondazione Iard. Si tratta di un aggiornamento del precedente studio Getsemani che, se possibile, rivela dati ancor più impressionanti: gli insegnanti rappresentano la categoria più soggetta a psicopatologia psichiatrica, con un incidenza doppia rispetto alle altre categorie di lavoratori. Lo stress del lavoro dell'insegnante è una concausa dell insorgere delle patologie, e i casi dal '92 al 2003 i casi sono in continuo aumento, probabilmente anche a causa della riforma delle pensioni, che ha imposto a molti docenti la permanenza al lavoro anche quando ritengono di essere giunti al limite delle energie psicofisiche. 9 Lodolo D Oria et al., (2002) Quale correlazione tra patologia psichiatrica e fenomeno del burnout negli insegnanti?, in Difesa Sociale, n 4 10 Lodolo D Oria et al., (2004) Quale rischio di patologia psichiatrica per la categoria professionale degli insegnanti?, in Medicina del lavoro, n 5 20

21 . Racconta l autore 11 : Il mio studio "Quale rischio di patologia psichiatrica per la categoria professionale degli insegnanti?" è nato dall'osservazione casuale. Mentre analizzavano gli accertamenti sui casi psichiatrici, è emerso che la gran parte dei pazienti erano insegnanti. Una ricerca durata 12 anni su circa casi, la maggior parte dei quali erano insegnanti, rivelatisi i più soggetti alla patologia psichiatrica con una significatività statistica elevata. Mi ritrovai a ricorrere ad una facile ironia per giustificare quel fenomeno che vedeva frotte d'insegnanti lamentare malattie psichiatriche di origine professionale. Ma sono gli insegnanti che diventano pazzi - ci chiedemmo - o solamente i pazzi fanno gli insegnanti? Tra lo scetticismo generale dei medici - il pensiero corrente era che questi ci marciassero ampiamente - la questione fu archiviata nella mente per qualche anno finché il tarlo del sospetto non mi indusse a procedere alla "conta", effettuando un confronto con altre categorie professionali. Mentre la ricerca aveva preso il via, cercai di documentarmi sugli studi clinici internazionali con l'ausilio dei colleghi dell'istituto Superiore di Sanità. Con grande sorpresa di tutti, non riuscimmo a reperire un solo studio medico-scientifico che approfondisse il rischio per i docenti di sviluppare una patologia psichiatrica. Erano, tuttavia, migliaia le pubblicazioni di tipo psico-sociale che consideravano gli insegnanti a rischio di burnout (termine non riconosciuto né utilizzato in psichiatria) in quanto appartenenti alle cosiddette helping-professions. Da qui la prima riflessione: gli psicologi riconoscono e spiegano il fenomeno da me osservato in Collegio Medico, mentre gli psichiatri lo ignorano. Fu stupefacente la reazione di un primario psichiatra di un nosocomio milanese che, informato dei miei studi, dichiarò candidamente: "Ora capisco perché molti dei miei pazienti sono insegnanti". Una frattura enorme fra queste due realtà di cui prendere seriamente atto. Il disagio psicologico del docente di sostegno Se esistono pochi studi in Italia sull'argomento, ancor meno sono le analisi del fenomeno relativo alla categoria professionale degli insegnanti di sostegno. Questa particolare dimensione dell essere insegnante è poco indagata e documentata, manca di significativa letteratura a questo proposito, e ciò costituisce un fenomeno paradossale se si pensa che l Italia è il paese portabandiera dell integrazione scolastica degli allievi disabili. Uno dei pochi autori che vi fa cenno è Acanfora 12, che nell ambito di una ricerca condotta su circa 400 insegnanti tra il 2000 e il 2001, ha individuato nella categoria degli insegnanti di sostegno quella che sperimenta in maggior misura lo stato di totale isolamento ed emarginazione, e che occupa una posizione nettamente subalterna rispetto agli insegnanti curriculari. L autore ritiene che questa condizione sia all origine dei frequentissimi passaggi di cattedra sull insegnamento curriculare, vissuto dal docente di sostegno come una vera e propria promozione. L ultima parte del lavoro è dedicata a una serie di riflessioni sull origine di questo malessere, maturate sia sulla base della mia esperienza di insegnante, sia attraverso il dialogo e il confronto con i miei colleghi. 11 op. cit. 12 Acanfora L., (2002) Come logora insegnare, Edizioni MA.GI, Roma 21

22 Il fatto che l insegnamento sia, prima di tutto una professione relazionale comporta che al centro della professione, al di là del compito didattico che il docente è chiamato a svolgere, vi sia una fitta rete di relazioni con studenti, colleghi, famiglie e dirigenti scolastici da cui scaturiscono tanto le fonti di soddisfazione quanto i motivi di frustrazione e di disagio. In particolare, è nel rapporto tra insegnante e allievo disabile e tra insegnante di cattedra e docente di sostegno che il confronto con il limite e la diversità può scatenare relazioni conflittuali, stimolare gravi insicurezze, sentimenti di disparità di valore e svalutazione di sè, con sensi di inferiorità e impotenza o, all opposto, di superiorità e onnipotenza. Questi conflitti sfociano spesso in un atteggiamento di disinteresse verso l handicap con delega totale all insegnante di sostegno, anch esso trattato con analogo disinteresse (eclatante è il caso riferitomi da una collega la cui allieva, caso limite, all inizio dell anno scolastico, non compariva nemmeno nel registro personale degli insegnanti), fino a provocarne l uscita dalla classe insieme all allievo. Questo allontanamento non avviene solamente per dare in certi momenti uno spazio individuale necessario agli apprendimenti specifici, nella considerazione di bisogni differenti rispetto ai compagni, ma per difendere lo spazio dell insegnante (di cattedra o di sostegno) ed evitare il confronto con un collega sentito non come alleato ma ostile. L insegnante di sostegno viene così ridotto alla funzione marginale di sostegno al ragazzo disabile, privando nei fatti la classe di tutte le potenzialità di crescita di cui l allievo è portatore. Capita spesso che gli insegnanti di sostegno siano i primi a idealizzare ( la sindrome del salvatore o l eroe) il proprio ruolo :è il caso, piuttosto frequente, dell insegnante che svolge sistematicamente i compiti in classe al posto dell allieva, ostacolando di fatto l effettivo raggiungimento degli obiettivi di autonomia e rafforzando in modo inconsapevole l emarginazione poichè non utilizzano la presenza del ragazzo diversamente abile per far maturare il processo di integrazione. Spesso gli insegnanti segnalano il senso di solitudine, derivante dal sentirsi esaltato ( come fai a gestire quel ragazzo? Sei proprio un eroe ) o svalutato ( poverino, non ti invidio proprio, hai una pazienza... ) ma non considerato, con il ragazzino di cui si occupa, per quello che realmente è e rappresenta dal collega curriculare che gli delega in toto la gestione del caso. O ancora, non è infrequente che l insegnante venga a trovarsi di fronte a un compito per il quale ritiene di non disporre di strumenti, professionali e culturali, adeguati, col rischio di trasformarsi in un inconcludente tuttologo; senza contare il disagio che subentra nel sentirsi oggetto di aspettative non realistiche da parte delle famiglie. Se è vero che a questi fattori di frustrazione si può e si deve sopperire con lo studio, l applicazione, la consapevolezza di sè e l atteggiamento empatico, è opportuno sottolineare che proprio perchè ciascun individuo conserva la sua unicità, non tutti gli insegnanti sono dotati della medesima sensibilità, capacità intuitiva, solidità psicologica. In particolare, quando le occasioni di 22

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