ITALIA E SPAGNA: AUTONOMIE STATUTARIE A CONFRONTO V Giornate italo-spagnole di giustizia costituzionale Ravello, settembre 2006

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1 ITALIA E SPAGNA: AUTONOMIE STATUTARIE A CONFRONTO V Giornate italo-spagnole di giustizia costituzionale Ravello, settembre 2006 di Gennaro Ferraiuolo (Dottore di ricerca in Diritto pubblico e costituzionale, Università degli Studi di Napoli Federico II) Nei giorni 21 e 22 settembre si sono svolte, presso l auditorium di Villa Rufolo a Ravello, le V Giornate italo-spagnole di giustizia costituzionale, organizzate quest anno dal Dipartimento di Diritto costituzionale italiano e comparato dell Università Federico II di Napoli e dal Dottorato di ricerca in Diritto ed economia dell Istituto italiano di Scienze umane, oltre che, come di consueto, dall Instituto de Derecho público comparado della Università Carlo III di Madrid e dal Dottorato di ricerca in Giustizia costituzionale e diritti fondamentali dell Università di Pisa. Il convegno, che ha visto la partecipazione di molti costituzionalisti italiani e spagnoli (alcuni dei quali ricoprono incarichi di governo), è stato dedicato al tema dell autonomia statutaria. Il raffronto tra le esperienze dei due Paesi si è rivelato particolarmente opportuno, poiché entrambi vivono oggi una nuova importante fase statutaria, dietro cui si possono intravedere passaggi cruciali dell evoluzione della loro forma di Stato. Il dato che si può dire sia emerso dai lavori è quello di una comunanza di problematiche che si vanno a collocare in quadri ordinamentali, che, se risultano per molti versi vicini (è nota l influenza che sul Costituente spagnolo del 1978 ha esercitato la Costituzione italiana del 1948), presentano anche soprattutto in rapporto ai temi affrontati nel convegno - elementi di differenziazione assai significativi. federalismi.it n. 25/2006

2 Proprio da ciò che in maniera più netta diversifica le due esperienze è forse opportuno partire. In una prospettiva di sistema assai ampia, va in primo luogo segnalato il riconoscimento, contenuto nella Costituzione spagnola, di diverse nacionalidades (art. 2: La Constitución se fundamenta en la indisoluble unidad de la Nación española, patria común e indivisible de todos los españoles, y reconoce y garantiza el derecho a la autonomía de las nacionalidades y regiones que la integran y la solidaridad entre todas ellas ): si tratta di un dato che non può essere sottovalutato, la cui problematicità è dimostrata dal dibattito suscitato di recente dal richiamo all idea di nazione contenuto nel preambolo del nuovo Statuto catalano. Da un punto di vista più specifico, in riferimento ai procedimenti statutari dei due Paesi, una differenza assai significativa va riscontrata nel passaggio parlamentare, che è previsto per l approvazione degli Statuti spagnoli e non più per quelli italiani dopo le modifiche introdotte all art. 123 della Costituzione dalla legge costituzionale n. 1 del Sotto tale profilo è interessante notare come alcuni interventi (De Siervo, Ruggeri) abbiano messo in rilievo che, dal confronto fra i due modelli, il carattere pattizio dello Statuto derivante proprio dall approvazione parlamentare parrebbe emergere quale elemento di rafforzamento anziché di indebolimento di tale fonte. La relazione introduttiva di Caamaño (attualmente Secretario de Estado de Relaciones con las Cortes) ha posto l accento sul primo dei due aspetti segnalati e ha indicato alcuni dei passaggi fondamentali dell evoluzione del regionalismo spagnolo, evidenziandone il legame con la domanda di felicità democratica della Spagna post-franchista, ricordando l importante ruolo giocato dalla giurisprudenza del Tribunal constitucional e dal processo di integrazione europea e le tendenze manifestatesi a livello politico negli ultimi anni rispetto alla questione autonomistica. Sotto quest ultimo aspetto, l attuale ripresa del processo statutario potrebbe essere letta come una reazione ad una fase politica che aveva visto il prevalere di spinte centripete. Il relatore ha parlato, in riferimento al modello spagnolo, di un federalismo incosciente, ossia di uno Stato che, pur avendo assunto una caratterizzazione fortemente decentrata, risulta privo di una vera cultura federale. L attuale fase potrebbe essere considerata allora un importante occasione per razionalizzare il regionalismo spagnolo, che ha vissuto un evoluzione materiale assai lontana da quelli che potevano essere gli orizzonti intravisti dal costituente del 1978: si pensi che questi aveva operato le sue scelte pensando, con ogni probabilità, alla costituzione di sole quattro Comunità autonome (Catalogna, Paesi Baschi, Galizia e Andalusia) e non alle diciassette che sono state poi effettivamente istituite. 2

3 Sulla differenze tecnico-giuridiche intercorrenti fra gli statuti regionali dei due Paesi si è soffermato invece Andrea Morrone: questi ha richiamato in particolare le similitudini tra il vecchio testo dell art. 123 della Costituzione italiana e il procedimento di approvazione degli Statuti spagnoli tuttora vigente (cfr. art. 146 Cost. Spagnola). La relazione si è poi incentrata sull analisi di alcune delle questioni procedurali più dibattute relative agli statuti italiani: sono stati analizzati i rapporti fra le diverse fasi del procedimento statutario (doppia deliberazione consiliare, ricorso governativo, referendum) anche alla luce della più recente giurisprudenza costituzionale. Interessanti considerazioni hanno anche riguardato la possibilità di configurare lo Statuto come fonte sulla produzione, la portata del limite dell armonia con la Costituzione (rispetto alla quale sono state ricordate le numerose e articolate posizioni della dottrina) e, infine, il problema della qualificazione degli statuti fra gli atti regionali. Su quest ultima questione è ritornato, in maniera più specifica, Paolo Carnevale nella seconda sessione dei lavori, presieduta da Pablo Pérez Tremps, giudice del Tibunal consitucional. Il relatore, riferendosi alle difficoltà di inquadramento sistematico, ha parlato dello Statuto in termini di fonte anarchica: esso non pare infatti possa qualificarsi né Costituzione regionale, né atto avente forza di legge della Regione né legge regionale rinforzata, considerando, sotto quest ultimo aspetto, le notevoli deviazioni dal tipo formale assunto come paradigma (deviazioni che peraltro si collocano anche nella fase costitutiva dell atto). La relazione ha poi evidenziato i problemi di ricostruzione dello Statuto anche nei rapporti con le altre fonti, non essendo possibile, probabilmente, ragionare in termini di semplice gerarchia o di semplice competenza (profilo questo che è stato affrontato anche da Antonino Spadaro e da Lorenza Violini, delle cui relazioni si dirà oltre) e dovendosi pertanto fare riferimento ad entrambi i criteri, a seconda dei diversi contenuti statutari di volta in volta presi in considerazione. D altra parte, anche nella giurisprudenza della Corte costituzionale si trova conferma della complessità della questione: mentre in alcuni casi si parla infatti dello Statuto come di «fonte primaria e fondamentale dell ordinamento regionale» (sentenza n. 12 del 2006), in altre ipotesi se ne afferma la natura di «fonte regionale a competenza riservata e specializzata» (sentenze nn. 372, 378 e 379 del 2005). Di problematiche analoghe, riferite però all ordinamento spagnolo, si è occupato Alberti Rovira, che è anche ritornato, riprendendo le considerazioni di carattere generale svolte da Caamaño, su alcune peculiarità di quel sistema autonomistico: la previsione in Costituzione del diritto all autonomia e dei procedimenti per far valere lo stesso - e non, direttamente, di un modello di Comunità autonoma; la distanza dai 3

4 tradizionali impianti federali che, normalmente, enumerano le competenze statali individuando in via residuale quelle degli enti substatali (in Spagna avviene il contrario, come evidenziato anche nella relazione di Viver, di cui si dirà tra breve). Importanti differenze tra Italia e Spagna sono emerse dalle relazioni di Lorenza Violini e di Marc Carrillo. Il tentativo di delineare una vera e propria forma di Regione la cui definizione dovrebbe spettare essenzialmente allo Statuto regionale, per quanto apra scenari assai interessanti in una prospettiva di lungo periodo, si scontra oggi, in Italia, con le recenti pronunce della Corte costituzionale, che, come noto, ha negato rilievo normativo alle previsioni di principio dei nuovi statuti, declassandole a mere dichiarazioni dalla valenza politico-culturale. Anche in questo caso è emersa l inadeguatezza dei classici criteri di composizione delle antinomie in un sistema multilivello. Tenendo presente tale contesto, la relazione di Lorenza Violini ha inteso individuare gli spazi entro cui il processo di definizione della forma di Regione potrebbe comunque affermarsi. In particolare da un lato ha rilevato il ruolo che sotto tale aspetto potrebbero svolgere i giudici comuni attraverso la lettura che daranno delle previsioni statutarie non normative (in tale direzione è stato richiamato il fondamentale ruolo dei giudici nazionali in rapporto al diritto comunitario, testimoniato ad esempio dall uso che gli stessi hanno fatto della Carta di Nizza); dall altro, ha segnalato come gli orientamenti restrittivi della Corte costituzionale potrebbero portare la forma di Regione a definirsi sul piano politico-legislativo, attraverso la semplice scelta politica della legge, con il rischio, in questa ipotesi, che si affermi una prevalenza del diritto politico sul diritto costituzionale. Completamente diversa la questione osservata dal punto di vista dell ordinamento spagnolo, attraverso la relazione di Marc Carrillo. In tal caso le previsioni concernenti i diritti possono essere considerate uno dei contenuti non necessari ma comunque possibili degli statuti, eventuali manifestazioni di autogoverno perfettamente in linea con la Costituzione. Una simile possibilità di inquadramento deriva anche dal già menzionato carattere pactado degli statuti spagnoli, che trovano legittimazione sia nel Parlamento autonomico che in quello statale. Ovviamente, la previsione dei diritti a livello statutario deve porsi in un rapporto di conseguenzialità rispetto alle previsioni costituzionali, ovvero deve portare ad uno sviluppo o ad un innalzamento del livello di protezione di libertà già costituzionalmente garantite. In altri termini, ci si deve muovere sempre nella prospettiva che è quella classica del costituzionalismo della limitazione (in questo caso ulteriore) del potere. E in tale quadro 4

5 che vanno dunque collocate le previsioni del Titolo I del nuovo statuto catalano. Sul punto, l elemento di maggiore interesse concerne le novità relative al Consejo de garantias estatutarias, organo di garanzia statutaria della Catalogna: in riferimento ai diritti ora riconosciuti dallo Statuto, l intervento dell organo viene previsto per la prima volta - come vincolante per il legislatore autonomico. L unico dato che, non senza perplessità, dovrebbe permettere di continuare ad inquadrare tale controllo in una dimensione interna al procedimento legislativo è offerto dalla possibilità per il Tribunal constitucional di sindacare comunque la legge una volta che la stessa sia entrata in vigore. Si tratta, come evidente, di scelte normative assai delicate, da cui finiscono con il discendere implicazioni sistematiche di enorme rilievo: esse da un lato potrebbero essere messe in rapporto diretto con il riconoscimento della Catalogna come nazione, secondo le indicazioni del preambolo del nuovo statuto; dall altro potrebbero portare a collocare lo Statuto, atto formalmente subcostituzionale, in una dimensione materialmente costituzionale, almeno in riferimento ad alcuni suoi contenuti (Carrillo sembra concludere proprio in tal senso). Il tema ha confermato tutta la sua enorme carica di problematicità nel prosieguo dei lavori del convegno: esso è stato al centro sia della relazione di Antonino Spadaro sia dell intervento di Michele Della Morte ed ha poi animato il dibattito che, sotto la presidenza del giudice costituzionale Gaetano Silvestri, ha chiuso la terza sessione dei lavori. La relazione di Spadaro ha offerto una puntuale disamina delle diverse previsioni dei nuovi statuti regionali relative agli organi di garanzia statutaria. Sebbene il contesto ordinamentale italiano non consenta di assimilare tali organi a vere e proprie Corti costituzionali regionali (allo stesso modo in cui gli Statuti non possono essere considerate Costituzioni delle Regioni), il relatore ha messo in evidenza in una prospettiva dichiaratamente ottimistica - il rilievo che questi potrebbero assumere nel sistema, cercando di individuare anche alcune loro funzioni potenziali e inespresse e prefigurando una possibilità di sviluppo, in futuro, di forme di raccordo fra tali organi e la Corte costituzionale. L intervento di Michele della Morte ha invece cercato di evidenziare le differenze tra il nuovo modello di garanzia statutaria catalano e quello che va prendendo forma negli statuti regionali italiani. Maggiori profili di omogeneità fra i sistemi posti a confronto sono emersi nelle relazioni omologhe di Miguel Revenga ed Emilio Pajares per l ordinamento spagnolo e di Michele Scudiero per quello italiano, che hanno trattato il tema della forma di governo regionale. Nella Costituzione spagnola si ritrovano indicazioni sulla struttura della forma di 5

6 governo delle Comunità autonome (art. 152) solo in riferimento a quelle i cui statuti sono approvati secondo le previsioni dell art. 151 e della seconda disposizione transitoria. Per gli altri casi, il testo costituzionale risulta assai lacunoso (cfr. l art. 147) e ciò ha determinato la necessità di mantenere come riferimento essenziale il contenuto dell art Tale norma configura, in linea generale, una forma di governo connotata da elementi di parlamentarismo, con un esecutivo all interno del quale spicca la figura del Presidente (che comunque è eletto tra i componenti dell assemblea e non direttamente dal corpo elettorale). Tale dato ha portato a parlare di parlamentarismo disordinato o di presidenzialismo incompleto. Nello sviluppo dei diversi sistemi, si è assistito all affermarsi di meccanismi rivolti al rafforzamento del Presidente: facendo leva sull ambiguità e sulla lacunosità delle previsioni costituzionali e statutarie, si è consolidata una configurazione del rapporto di fiducia inteso come «accordo/contratto mediante il quale la maggioranza parlamentare si vincola a sostenere il governo che si forma nel corso dell intera legislatura»; anche la conformazione dei sistemi elettorali delle Comunità autonome ha assecondato la tendenza a rafforzare il peso dell Esecutivo. Le recenti riforme statutarie in atto in Spagna sembrano proseguire nella direzione indicata, limitandosi a riordinare sotto il profilo sistematico le soluzioni esistenti e profilando quale essenziale questione da affrontare quella relativa al contenimento di una pericolosa deriva presidenzialista. Anche la riforma costituzionale del 1999 è intervenuta come noto sulla forma di governo delle Regioni italiane, rafforzando in maniera assai incisiva il peso dell Esecutivo. La relazione di Scudiero ha messo in luce come molto esigui risultino gli spazi a disposizione delle Regioni per distaccarsi dal modello prefigurato in via transitoria dal legislatore costituzionale. Da una parte, pare oramai un dato acquisito la conferma da parte delle Regioni di una forma di governo con Presidente direttamente eletto dal corpo elettorale; dall altra, le decisioni della giurisprudenza costituzionale hanno dimostrato le difficoltà, una volta optato per il Presidente eletto, tanto di incidere sulla clausola simul stabunt simul cadent (sentenze n. 304 del 2002 e n. 2 del 2004), quanto di rafforzare il peso dell assemblea regionale nella determinazione dell indirizzo politico attraverso strumenti volti o ad incidere sulla composizione della Giunta (ad esempio con la mozione di sfiducia al singolo assessore) o sui contenuti del programma di governo, prevedendo una vera e propria approvazione consiliare dello stesso. In tale quadro è necessario probabilmente percorrere strade alternative che, per quanto non paiano incidere direttamente sulla conformazione dei rapporti interorganici, 6

7 potrebbero comunque svolgere un importante funzione di riequilibrio tra poteri regionali. Si considerino in tal senso il ruolo che potrebbero giocare i meccanismi di comunicazione e informazione sia nei rapporti Consiglio-Giunta che in quella governanti-governati; le scelte concernenti il sistema elettorale; il ruolo degli enti locali nel sistema del governo regionale; gli istituti di democrazia diretta. Proprio a quest ultimo tema è stata dedicata la relazione di Marco Olivetti, il cui contributo ha dunque rivelato punti di contatto sia con le considerazioni di Lorenza Violini sulla forma di Regione che con quelle appena richiamate di Michele Scudiero sulla forma di governo. L attenzione si è in particolare concentrata sui diversi tipi di referendum previsti dai nuovi statuti regionali italiani: quello statutario, quello abrogativo, quello consultivo e quello propositivo. Ne è risultato un quadro abbastanza frammentato, di cui tuttavia la relazione è riuscita ad offrire un adeguata visione d insieme. L istituto che, per il suo carattere di novità, si presenta più interessante è senza dubbio il referendum propositivo: nella configurazione che ha ricevuto nello Statuto della Regione Lazio esso si presenta come un ibridazione fra un iniziativa legislativa popolare rinforzata e un referendum consultivo. Una questione che è al centro della nuova fase statutaria spagnola riguarda la distribuzione delle competenze che, a differenza di quanto avviene in Italia e nella maggior parte degli Stati unitari composti - dove il riparto è fissato direttamente in Costituzione, è demandata anche alle previsioni degli Statuti. E questo il dato che più di altri determina il carattere asimmetrico del regionalismo spagnolo: proprio sulla tensione che in tale ordinamento si produce fra eguaglianza e differenza fra le Comunità autonome è stata incentrata la relazione di Saiz Arnaiz. Nonostante punti di partenza così diversi, anche sul piano del riparto di competenze non mancano problematiche comuni all ordinamento italiano e a quello spagnolo. La relazione di Viver ha, ad esempio, evidenziato come una delle questioni di maggior rilievo che i nuovi statuti spagnoli si trovano oggi ad affrontare sia quella di una più precisa definizione degli ambiti di competenza esclusiva delle Comunità autonome che di fatto si è volatilizzata in virtù degli interventi normativi riconducibili alle competenze trasversali di cui lo Stato è titolare. Si è dunque cercato il principale modello di riferimento è stato ancora il nuovo statuto catalano sia di definire e specificare meglio dal punto di vista terminologico, anche attraverso un affinamento delle tecniche drafting, le materie di competenza esclusiva della Comunità autonoma; sia di distinguere la titolarità della competenza dal suo esercizio. Si tratta come evidenziato nella relazione - di scelte che 7

8 riprendono alcune delle soluzioni a cui si è fatto ricorso nella redazione del Trattato costituzionale europeo, dove però va ricordato - non è stata affatto trascurata l esigenza di conservare nel sistema di riparto delle competenze ampi margini di flessibilità. Un altra via attraverso cui lo Stato è arrivato ad invadere gli spazi di autonomia delle Comunità autonome consiste nel finanziamento di attività rientranti nelle competenze di queste ultime. In tal caso gli Statuti hanno cercato di riprendere le indicazioni spesso inascoltate provenienti dalla giurisprudenza del Tribunal constitucional, ad avviso del quale lo Stato può destinare fondi a qualsiasi attività, ma, laddove questa rientri nella competenza regionale, deve limitarsi a fissare gli obiettivi da raggiungere, senza potere intervenire in merito alle politiche da adottare per perseguirli. La relazione conclusiva di Alessandro Pizzorusso ha ripercorso in maniera puntuale le tappe della vicenda regionale italiana, partendo dalla fase costituente per arrivare fino alle recenti revisioni costituzionali. Anche in tale caso è emerso un quadro assai complesso, che sicuramente si è sviluppato secondo percorsi non sempre lineari e che pertanto difficilmente il costituente avrebbe potuto prefigurarsi. In questo modo la relazione di sintesi, messa in rapporto con quella iniziale di Caamaño, ha conferito ai lavori del Convegno un senso di circolarità che ne ha senza dubbio valorizzato l andamento. Il professore dell Università di Pisa non ha mancato di segnalare una maggiore coerenza del regionalismo spagnolo; nello stesso senso si era espresso anche Ugo De Siervo, che, nel corso della presidenza della prima sessione di lavori, aveva sottolineato con forza l uso molto diverso che dello strumento statutario è stato fatto in Spagna e in Italia, ricordando il forte ritardo con cui le nostre Regioni sono intervenute a dar seguito alle importanti novità introdotte dalle leggi costituzionali n. 1 del 1999 e n. 2 del

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