Indice. 1 Il diritto civile in generale

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1 INSEGNAMENTO DI DIRITTO CIVILE LEZIONE I IL DIRITTO CIVILE IN GENERALE PROF. PIETRO GHINASSI

2 Indice 1 Il diritto civile in generale L ordinamento giuridico Le fonti del diritto oggettivo La costituzione Leggi di revisione costituzionale e leggi costituzionali La legge I codici Testi unici Decreti legislativi Decreti legge I regolamenti La consuetudine Rapporti tra le fonti del diritto Il principio di irretroattività L interpretazione dei testi normativi L interpretazione della legge Metodi di interpretazione Interpretazione autentica Interpretazione burocratica Regole per l interpretazione Coerenza sistematica Completezza Le antinomie normative Criterio cronologico e abrogazione Criterio gerarchico Criterio della specialità di 2

3 1 Il diritto civile in generale Il diritto è un sistema di regole per la soluzione di conflitti fra gli uomini. Autorevole dottrina definisce il diritto come quel complesso di norme -e principi- che regola e protegge, su basi di giustizia e in modo vincolante per tutti, la vita di relazione e l iniziativa pratica dell uomo nella società organizzata; se norme e principi vengono violati è prevista (e generalmente si applica) una caratteristica sanzione (1 IUDICA e ZATTI, Linguaggio e regole del diritto pivato, 3 ed, Cedam, Padova, 2002, p.1). La funzione del diritto è di proibire l uso della violenza per la soluzione dei conflitti e quindi di risolvere i conflitti con l applicazione di regole predeterminate. Queste regole compongono un sistema: ciascuna concorre ad assolvere una funzione complessiva, che è di adeguare i rapporti fra gli uomini ad un dato modello di ordinata convivenza e di realizzare un equilibrio generale (Trabucchi Istituzioni di diritto Priato, Giufrè). Questi sistemi di regole mutano nel tempo o si variano nello spazio. Per ordinare una società occorre che, ad una superiore autorità, sia ricono-sciuta la preliminare funzione di creare regole e che, ad un altra autorità, sia attribuita la funzione di applicare quelle regole. Il diritto è cioè l ordinamento per la regola dei rapporti umani, dal quale non può prescindere una civile convivenza. Ubi societas, ibi ius. Il diritto deve stabilire le regole dell azione dell uomo nei rapporti sociali con gli altri uomini. Il diritto non solo deve consentire l arbitrio di ciascuno di coesistere con l arbitrio degli altri secondo un principio generale di libertà (difesa della libertà) che impone c.d. obblighi nativi di rispetto, ma deve assolvere un altra funzione rivolta verso valori positivi, ovvero l organizzazione della vita sociale. Il diritto non chiede solo il rispetto delle proprie regole ma anche la collaborazione degli altri cittadini. L ordine che viene imposto per raggiungere questi obiettivi si impone obbligatoriamente tra i rapporti tra gli uomini (Cfr Galgano). 3 di 3

4 2 L ordinamento giuridico L insieme delle norme che vigono in una determinata comunità costi-tuisce l ordinamento giuridico. L unità elementare del sistema del diritto è la norma giuridica; il sistema nel suo complesso, ossia l insieme, prende il nome di ordinamento giuridico. Oltre allo stato esistono vari ordinamenti giuridici, al di sopra dell or-dinamento statale c è quello internazionale poi per i partecipanti alla comu-nità europea c è un ordinamento comunitario, c è poi l ordinamento della Chiesa, entro lo stato esistono altri enti che costituiscono una decentralizzazione del potere statale, regioni e parzialmente altri enti territoriali. 2.1 Le fonti del diritto oggettivo Le fonti del diritto sono la sorgente dalla quale scaturiscono le norme giuridiche e nel contempo costituiscono la conoscenza delle norme stesse. L espressione fonte del diritto comprende, infatti, un doppio significato, ovvero: fonti di produzione o creazione e fonti di cognizione o conoscenza. Per quanto attiene alle fonti di produzione si distinguono, poi, le fonti materiali e le fonti formali. Le preleggi si limitano ad indicare come fonti del diritto: le leggi; i rego- lamenti; gli usi. Oggi il sistema delle fonti deve essere così completato: la Costituzione e le leggi costituzionali, le leggi di revisione costituzionale; le leggi ordinarie dello Stato, i Trattati dell Unione e della Comunità europea e i regolamenti comunitari; le leggi regionali; i regolamenti; gli usi. Noi ci occuperemo in particolare delle fonti interne. Si suole distinguere anche tra fonti primarie (leggi statali, leggi regionali e leggi emanate dalle province autonome di Trento e Bolzano, fonti secondarie o sub-primarie (regolamenti) e gli usi, ovvero fonti di terzo livello, senza dimenticare la Costituzione che costituisce la grund-norm che conforma a se tutte le norme dell ordinamento. 4 di 4

5 2.2 La costituzione La Costituzione rappresenta la principale fonte del diritto formale. Essa è un atto prodotto dal potere costituente, il quale si consuma in un solo atto di esercizio. All interno del testo costituzionale si può distinguere un contenuto costituzionale essenziale, in cui consiste il prodotto tipico e, in quanto tale, irripetibile del potere costituente (ciò che, operando una distinzione in relazione alla qualità normativa, la giurisprudenza della Corte costituzionale chiama - principi supremi della Costituzione»), e una costituzione strumentale, la quale è modificabile dal potere costituito di revisione. Con l avvento della Carta costituzionale -elaborata, dopo le vicende belliche, nel , dall apposita Assemblea costituente, ed entrata in vigore l 1 gennaio il nostro ordinamento viene ad assumere una costituzione rigida. La legislazione e lo stesso Codice civile, non sono più liberi di dettare norme a piacimento liberi nei fini, senz altro limite che quello, generico, della giustizia e della razionalità, ma devono sottostare alle regole e ai principi della Carta; la quale, a tutti gli effetti, costituisce una fonte legislativa di rango superiore alle altre, dette leggi ordinarie. 2.3 Leggi di revisione costituzionale e leggi costituzionali Sono fonti previste dall art. 138 della Costituzione, il quale prefigura un procedimento aggravato rispetto a quello legislativo ordinario: è infatti necessaria, da parte delle due assemblee legislative, una doppia deliberazione, l una dall altra a distanza non inferiore di tre mesi, richiedendosi per la seconda deliberazione la maggioranza assoluta dei membri del collegio (e non la maggioranza dei votanti), con la possibilità, ove non si raggiunga la superiore maggioranza dei due terzi, che il perfezionamento dell atto sia subordinato all esito di un referendum confermativo a tutela delle minoranze. 2.4 La legge Nel diritto, la legge è un atto, ovvero un complesso di atti (il c.d. diritto positivo), contenente regole comportamentali di cui si impone l osservanza nei territori o nelle aggregazioni sociali (nazionali, politiche o comunque di più individui) cui è destinata. La legge è un atto normativo di primo grado emanato dal potere legislativo e costituisce quindi espressione della volontà dello Stato, ovvero, delle Regioni. 5 di 5

6 L atto legislativo quale fonte del diritto contiene comandi generali ed astratti. Generali: in quanto si rivolgono a tutti i soggetti della collettività, non a singoli individui. realtà. Astratti: in quanto non disciplinano un caso concreto ma situazioni che possono diventare La legge, approvata da entrambi i rami del parlamento, promulgata da capo dello Stato viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e normalmente entra in vigore dopo un periodo di vacatio legis, di regola di 15 giorni. Trascorso tale periodo, vigono la presunzione di conoscenza della legge e l obbligo del giudice di applicarla. Autorevole dottrina (Pizzorusso) evidenzia mirabilmente come nel nostro ordinamento la legge campeggia come fonte centrale. Gli altri formanti del sistema sono dislocati in funzione di questa centralità: i regolamenti sono fonti subordinate, gli usi e i costumi valgono in quanto siano espressamente richiamati da una legge e non possono contrastare col suo contenuto; i principi generali sono fonti supplettive relegate nella teorica dell interpretazione come ausilio per la soluzione di casi oscuri nel testo della legge; la giurisprudenza ha il solo ruolo di interpretare la legge, la dottrina assume semmai i caratteri dell interpretazione privata ed una semplice autorità persuasiva. Tale quadro è derogato solamente dalla la Costituzione che come è noto si eleva al di sopra della legge. Anche la Costituzione però è vista come una super-legge, una legge fondamentale, una legge che richiede una procedura particolare di approvazione, ed il cui compito è quello di vincolare il legislatore ordinario. 2.5 I codici La centralità della legge è poi rafforzata dalla presenza dei codici. I codici rappresentano la legificazione integrale di interi settori del diritto: il codice civile, ad es. riporta l intero diritto privato alla legge come fonte per la legittimazione delle sue norme e dei suoi principi. Speciale importanza hanno, dunque, nell ambito delle leggi, i Codici; e, in specifico per il diritto privato, il Codice civile. Il Codice civile del 1942 è quello tutt ora in vigore, com è noto, si divide in sei libri. I primi tre sono dedicati rispettivamente alle persone e alla famiglia, alle successioni e alla proprietà; il quarto alle obbligazioni e ai contratti. Naturalmente, dal 1942 ad oggi, il testo legislativo non è rimasto immune da consistenti modifiche e notevoli riforme. Chi ne avesse una edizione di allora 6 di 6

7 non riuscirebbe a utilizzarla se non da storico; e potrebbe incontrare problemi anche ad usare un edizione non aggiornata a quest anno. Tuttavia l architettura delle parti e la numerazione degli articoli, oltre che il sistema generale di categorie e di concetti, sono rimasti pressoché gli stessi e le riforme hanno assunto il carattere di semplici novelle ; cioè di intarsi parziali che non hanno sconvolto, ma solo ammodernato, il mosaico d insieme. Così, ad es., la riforma del diritto di famiglia, 1975; le diverse riforme delle società commerciali; la stessa introduzione, nel 1996, sotto la disciplina generale del contratto, del titolo sui contratti dei consumatori (art da bis a sexies); nonché, nel 2002, sotto la disciplina della vendita, del paragrafo sulla vendita dei beni di consumo (artt bis a 1519 nonies), hanno modificato, arricchito, complicato il quadro, ma non lo hanno sconvolto. I codici sono testi organici che hanno valore giuridico e che hanno valore normativo di per sé senza riferimento a leggi precedenti, diretti a regolare un vasto campo della attività giuridica. 2.6 Testi unici Non va confuso con il Codice che ha una propria, organica elaborazione e costituisce la quintessenza della legislazione il testo unico; e cioè un insieme di norme, generalmente di rango legislativo, ma anche regolamentare, sparse inizialmente in più leggi o regolamenti, di diversa epoca e produzione. Qui si tratta di una semplice raccolta, peraltro compilata non da un privato, ma dal Governo. Se semplicemente si riordina la materia, senza introdurre modificazioni alle norme (di legge esistenti), viene esercitata, in definitiva, una potestà regolamentare, autonomamente spettante al Governo. Ma se le norme devono essere modificate, aggiornate, integrate, per una migliore disciplina della materia, il Testo Unico finisce per costituire una sorta di decreto legislativo, e quindi postula, alla sua base, una legge di delega. Tra l altro, la L. n. 400/1988, art. 5, c. 2, consente l emanazione di importanti regolamenti, c.d. di delegazione, per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall entrata in vigore delle norme regolamentari. E quanto accaduto, ad es., con la legge-quadro in materia di lavori pubblici, c.d. Merloni (L. 11 febbraio 1994, n. 109, successivamente modificata). 7 di 7

8 I testi unici, costituiscono invero il riordino di leggi già in vigore fatto per facilitarne la conoscenza e la loro applicazione, occasionalmente se previsto dalla legge delega mediante i testi unici possono essere modificate norme che assumono speciale importanza costituiscono dei complessi organici destinati a regolamentare un vasto settore della vita. Per la loro natura sono adottati dal Governo tanto che il Parlamento di solito si limita ad indicare le direttive fondamentali, conferendo, poi al Governo la delega (LEGGE DELEGA) per la loro preparazione e la successiva emanazione. 2.7 Decreti legislativi La funzione legislativa, inoltre, pur spettando al Parlamento, può anche essere esercitata dal Governo. Può infatti essere delegata, in base all art. 76 della Costituzione, determinando così la prosecuzione in seno all esecutivo del processo di integrazione politica avviato nelle Camere (decreti legislativi). I decreti legislativi, però, non possono riguardare la generalità delle materie, ma solo oggetti definiti (art. 76 Cost.) e cioè singole, specifiche materie; tali che, per il loro tecnicismo e la loro vastità (es. il nuovo codice della strada) mal si prestano ad una valutazione (puramente o prevalentemente) politica e ad un elaborazione assembleare, com è quella del Parlamento. Legiferare in queste materie, al contrario, esige di poter disporre di supporti informativi, tecnici, scientifici di cui solo il Governo può disporre; e implica una redazione finale del testo legislativo organica e sistematica da parte di una commissione ristretta, se non di un unico autore, quale assai meglio il Governo del Parlamento può di norma attivare. Peraltro l ambito della materia specifica in cui il Governo, in via speciale, è abilitato o delegato a legiferare, viene definito, con una formale legge di delega dal Parlamento, titolare della funzione legislativa, il quale determina pure principi e criteri direttivi. Tra questi, ad es., obiettivi finali da raggiungere o particolari metodi selettivi, implicanti scelte politiche, per raggiungere obiettivi condivisi. Infine la legge delega stabilisce un termine ( tempo limitato, ancora art. 76 Cost.) per il suo esercizio (sei mesi, un anno, ad es.) scaduto inutilmente il quale il Governo si ritrova sfornito di ogni potere legislativo. La materia è stata regolata dalla importante L. 23 agosto 1988, n. 400, disciplina dell attività di Governo, nel capo III, sulla Potestà normativa del Governo stesso. Tale legge, anzitutto, ribadisce e specifica alcune prescrizioni formali (art. 14, c. 1). I decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell art. 76 della Costituzione sono emanati dal Presidente della Repubblica con la denominazione di decreto legislativo e con l indicazione, nel preambolo, della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri e degli altri adempimenti del 8 di 8

9 procedimento prescritti dalla legge di delegazione. Poi ci si fa attenti alle esigenze di tempo e di controllo da parte del Capo dello Stato (art. 14, c. 2). L emanazione del decreto legislativo deve avvenire entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il testo del decreto legislativo adottato dal Governo è trasmesso al Presidente della Repubblica, per l emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza. 2.8 Decreti legge La funzione legislativo può essere direttamente essere esercitata dal Governo, in casi straordinari di necessità ed urgenza, chiedendosi però, a pena di inesistenza sopravvenuta dell atto, la conversione in legge entro sessanta giorni (decreti legge). Questi provvedimenti hanno la stessa forza delle leggi ed infatti sono considerati atti normativi primari. Il decreto Legge è quindi l altro caso di potestà normativa esercitata dal Governo. Esso presuppone che vi sia straordinaria necessità e urgenza di emanare (nuove) norme giuridiche, sempre con forza di legge; norme che, proprio per l urgenza, non possono attendere i normali (lunghi) tempi parlamentari. E allora la disciplina di legge -generalmente limitata e ristretta a pochi punti- è dettata dal Governo, sotto la propria responsabilità (art. 77 Cost.). Come razionalmente prescrive la L. n. 400/1988 (art.15, c. 3) i decreti (legge) devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. In questo caso, però, l organo esecutivo (il Governo) non è delegato di quello legislativo, ma, per così dire, semplice mandatario senza rappresentanza. E dunque deve munirsi, ex post, della ratifica parlamentare. Così il Governo deve presentare il decreto alle Camere, il giorno stesso della sua emanazione, perché sia convertito in legge, cioè approvato dal Parlamento, titolare della funzione legislativa, eventualmente con modifiche. La conversione deve seguire entro 60 giorni (dalla pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, che deve essere immediata), senza di che esso decade, perdendo efficacia fin dall inizio (v. ancora il dettagliato art. 77 Cost.). In un recente passato si era assistito ad un abuso, da parte del Governo, della decretazione d urgenza, di per sé provvisoria ed eccezionale; sia ricorrendovi nelle più svariate materie, anche ampie ed organiche, sia reiterando, via via, talvolta anche per due anni di seguito, decreti inesorabilmente decaduti per l inutile decorso dei 60 giorni. E ciò nonostante la citata legge sulla potestà normativa del Governo avesse posto delle specifiche preclusioni tra cui, ad es., quelle di rinnovare i decreti di cui, anche solo una delle due Camere, avesse negato la conversione in legge o quelli dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale (art. 15, c. 2, lett. c) ed e). 9 di 9

10 All abuso -almeno il più grave, quello dell iterazione- ha posto fine proprio la Corte costituzionale (sent. 24 ottobre 1996, n. 360), che ha pronunciato l incostituzionalità di alcune norme (art. 6, c. 4) del d. l. 6 settembre 1996, n. 426 (in materia di rifiuti) a causa del loro contenuto identico a quello di altre norme di precedenti decreti e del fatto che il detto decreto veniva emanato in assenza di nuovi presupposti di necessità e di urgenza. 10 di 10

11 3 I regolamenti Sono norme secondarie ovvero sub primarie emanate dal potere esecutivo o da altre autorità nei limiti in cui ad esse è attribuita un autonoma potestà in materia. Di regola i regolamenti non attribuiscono particolari diritti, obblighi o facoltà ma ne regolano l esercizio. Il regolamento come già detto è per sua natura subordinato all atto legislativo. 11 di 11

12 4 La consuetudine La consuetudine è una fonte del diritto. Essa consiste in un comportamento costante ed uniforme, tenuto dai consociati (elemento oggettivo o materiale); nella convinzione che tale comportamento sia obbligatorio (elemento psicologico e soggettivo). La consuetudine è una fonte non scritta del diritto. Il codice civile, infatti, riferendosi agli usi (termine utilizzato dal codice per indicare la consuetudine) dispone che questi sussistono quando vengono tenuti da parte di una collettività determinati comportamenti. Gli usi sono norme giuridiche non scritte derivanti dal comportamento generale uniforme e costante osservati per un lungo periodo di tempo con la convinzione di ubbidire ad una norma giuridica obbligatoria. L uso non può né formarsi né essere contrario al disposto della legge stessa. Gli usi contra legem non hanno efficacia; infatti una data legge può essere abrogata esclusivamente da una legge posteriore e non da uso. Nel nostro ordinamento giuridico gli usi sono fonte terziaria, dopo la legge ed i regolamenti: essi, come recita l art. 8 delle pre-leggi, hanno efficacia solo se espressamente richiamati, nel caso di materie regolate da leggi e regolamenti (c.d. uso secundum legem ). Gli usi possono essere invece fonte autonoma nelle materie non regolate da legge o regolamento. Gli usi praeter legem (al di fuori della legge) riguardano materie non regolate né da leggi né da regolamenti; servono a colmare le lacune esistenti che il legislatore non ha cercato di evitare emanando apposite norme legislative. Tali tipi di usi sono efficaci anche se manca un richiamo specifico. Le fonti del diritto sono esclusivamente quelli c.d. normativi (art c.c.) che si distinguono da quelli c.d. negoziali o contrattuali (art c.c.), i quali hanno la funzione di integrare e di interpretare i contratti. La revisione degli usi è quinquennale ed avviene per tramite di una Commissione Provinciale e di diversi Comitati Tecnici. Della Commissione fanno parte rappresentanti delle Associazioni di categoria, degli Ordini professionali ed esperti giuridici. 12 di 12

13 La registrazione degli usi si articola in diverse fasi delle quali la pubblicazione rappresenta il momento conclusivo, dalla quale discende la possibilità di utilizzare la raccolta dei fatti e dei comportamenti registrati come fonte di diritto senza necessità di dimostrazione del caso concreto; fino a prova contraria, come recita l art. 9 delle disposizioni sulla legge in generale. 13 di 13

14 5 Rapporti tra le fonti del diritto La pluralità di fonti e comunque l inesauribilità della fonte singolarmente considerata, comporta la necessità che i rapporti tra le fonti siano regolati. I principi regolamentori di questi rapporti sono: - l abrogabilità; - l irretroattività. Il principio dell abrogabilità delle fonti comporta che una norma prodotta da una fonte non può essere dichiarata sottratta all abrogazione ad opera delle future manifestazioni della stessa fonte. Al principio di abrogabilità fa eccezione la norma posta dai c.d. poteri normativi conclusi e non rinnovabili, ossia, per il nostro ordinamento, la forma repubblicana e la Costituzione nel suo complesso, derivante dal potere costituente. L abrogazione può essere espressa, tacita o implicita e, in quanto «frammento di norma», i suoi effetti consistono nel circoscrivere nel tempo l efficacia regolativa della norma abrogata dal momento dell entrata in vigore della norma abrogatrice. 5.1 Il principio di irretroattività La necessità della certezza del diritto trova un ulteriore conferma nel principio di irretroattività delle norme nel tempo. L art. 11 delle disp. prel. c.c. stabilisce infatti che la legge non dispone che per l avvenire: essa non ha effetto retroattivo (l abrogazione, di norme, non dovrebbe avere effetto retroattivo. Tale disposizione regola le ipotesi di normale successione delle norme nel tempo e, com è noto, ad essa viene dato il significato per cui la norma precedente continua ad avere efficacia fino al momento dell entrata in vigore della nuova norma e per tutti i rapporti venuti ad esistenza prima di tale momento. Per il principio di irretroattività, la norma non dispone che per l avvenire. Questo principio pur non essendo costituzionalizzato è quindi derogabile da parte del legislatore ordinario, costituisce comunque, ad avviso della Corte costituzionale, un principio generale dell ordinamento, le cui deroghe sono quindi sottoposte ad un sindacato di ragionevolezza. La Corte costituzionale ha ricordato che il principio di irretroattività deve considerarsi elemento essenziale di civiltà giuridica e condizione indispensabile ai fini della certezza del diritto, 14 di 14

15 anche se, il rango di tale principio non è costituzionale, ma legislativo. In altri termini, la Corte ha sempre negato che una singola legge retroattiva sia, per ciò solo, incostituzionale, anche se non è escluso che singole leggi retroattive possano porsi in contrasto con qualche norma costituzionale. Il principio di irretroattività ha ricevuto, invece, un esplicita copertura costituzionale per le fattispecie di cui all art. 25 Cost. Secondo la consolidata giurisprudenza e la dottrina, tale principio si estende alle norme penali c.d. sfavorevoli, cioè quelle che istituiscono nuove figure di reato, nuove pene o aggravamenti di pena per determinati reati. Per le disposizioni penali cc.dd. di favore, cioè quelle che riducono o eliminano una pena esistente, vale invece il principio opposto, per cui se la legge del tempo in cui il reato fu commesso e le leggi posteriori sono tra loro contrastanti, si applicano le disposizioni successive più favorevoli all imputato. In sintesi si può affermare, pertanto, che il principio di irretroattività è un principio generale dell ordinamento che può essere derogato dal legislatore, qualora ve ne siano presupposti e ragioni per giustificare una tale deroga rispetto al sistema c.d. normale della successione delle norme nel tempo. Tali presupposti e ragioni affondano le loro radici nel piano della ragionevolezza; in altri termini, la retroattività di una norma non può porsi in contrasto con altri valori costituzionalmente protetti. Il principio di irretroattività, infine, non appare derogabile dalle fonti non legislative, in primo luogo dai regolamenti, ma anche dalle leggi regionali. 15 di 15

16 6 L interpretazione dei testi normativi 6.1 L interpretazione della legge Costituisce l attività di ricerca e chiarificazione del significato contenuto nel testo di una norma giuridica. Ogni disposizione, infatti, può dar luogo a un gran numero di interpretazioni a seconda del caso che, di volta in volta, si è chiamati a risolvere. L interpretazione della legge non viene mai condotta esclusivamente riferendosi al dato testuale bensì alla luce di tutta una serie di elementi che si trovano al di fuori del testo la cui interpretazione varia a seconda del caso e delle circostanze. L interpretazione della legge e cioè la determinazione dell esatto significato delle norme e della loro applicazione al caso concreto, costituisce un punto nodale del diritto. Con il termine interpretazione si indica, quindi, l attività consistente nel trovare nell ordinamento la regola adeguata al fatto da regolare, di passare cioè dalla disposizione astratta alla norma regolante la fattispecie concreta. Questa attività è disciplinata dagli artt delle disposizioni preliminari al Codice civile (così dette Preleggi), le quali hanno una duplice valenza: nei momenti statici, infatti, agiscono come un limite nei confronti dell attività interpretativa, per trasformarsi in strumenti che la ampliano in momenti di dinamismo sociale. 6.2 Metodi di interpretazione Non tutte le interpretazioni hanno però la stessa efficacia; essa dipende dal ruolo istituzionale del soggetto che la compie. 6.3 Interpretazione autentica Innanzitutto quando una norma giuridica dà luogo a dubbi interpretativi, il legislatore stesso può provvedere a eliminare tali dubbi emanando una nuova norma che stabilisce l interpretazione da assegnare alla norma precedente. L interpretazione così definita dal legislatore viene detta interpretazione autentica. Essa vincola obbligatoriamente tutti gli interpreti, i quali non possono perciò distaccarsene. Inoltre ha effetto retroattivo: ciò significa che alla norma precedente deve essere attribuito il significato 16 di 16

17 indicato dalla norma di interpretazione fin dal momento in cui la norma che viene interpretata è entrata in vigore. 6.4 Interpretazione burocratica Viene definita come interpretazione burocratica quella che viene stabilita dai ministri e dai massimi funzionari della pubblica amministrazione per l applicazione delle leggi che riguardano l amministrazione dello stato. Normalmente tale interpretazione è contenuta nelle circolari che vengono diramate all interno dell amministrazione. Poiché la pubblica ammini-strazione è organizzata in modo gerarchico, le circolari vincolano tutti i funzionari e i dipendenti dell amministrazione che non possono in-terpretare la legge in modo diverso da quanto stabilito dai loro superiori. Le circolari hanno però solo valore interno. I cittadini esterni all amministrazione, che ritengano erronea l interpretazione adottata dalla pubblica amministrazione, possono ricorrere al giudice amministrativo per chiedere l annullamento dei provvedimenti eventualmente emanati in base a tale interpretazione. 6.5 Regole per l interpretazione Esistono poi, regole sull interpretazione poste al di fuori del diritto positivo, che valgono per tutti, ivi compreso il legislatore (nell applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse), ossia le regole di interpretazione proprie dell istituzione linguistica in cui è scritto il testo da interpretare. Ad esse si affiancano le seguenti tecniche, adottate di fronte ad una lacuna normativa: 1 ) L intenzione del legislatore La così detta ratio, che può essere soggettiva, ossia l intenzione del legislatore storico, ovvero oggettiva, ossia l intenzione del legislatore storicizzato; L art. 12 delle c.d. pre-leggi dispone che nell applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore Per applicare è necessario prima interpretare e per interpretare bisogna in primo luogo: - individuare il senso palese delle parole secondo la connessione di esse, cioè procedere ad una interpretazione letterale; 17 di 17

18 - attraverso l interpretazione letterale bisogna ricercare l intenzione del legislatore: interpretazione logica. Come si vede si tratta di due passaggi successivi: a) interpretazione letterale b) individuazione della volontà del legislatore. c) l interpretazione sistematica. Attraverso una singola norma inserita in un sistema normativo unitario, nel quale il significato di essa può arricchirsi (e si avrà un interpretazione estensiva) oppure restringersi (e si avrà un interpretazione restrittiva); d) l interpretazione analogica, che può adottarsi qualora un interprete non trovi nel sistema una norma adatta al caso pratico, e quindi dovrà trovarne una mediante un processo analogico: o tra norme che regolano casi simili, o che regolano materie analoghe; Nella risoluzione di una lacuna l interprete può seguire due strade: considerare il caso non rilevante in quanto non contemplato dall ordinamento (argomento a contrario); se il legislatore regola taluni casi e non tali altri su può dedurre che la sua intenzione fosse quella di non regolamentarli; - teoria della norma generale esclusiva ricorrere ad una fattispecie simile a quella non contemplata (argomento a similis); se il legislatore non ha regolato la specifica fattispecie ma ne ha regolate altre simili è possibile dedurre che egli si sarebbe comportato nello stesso modo anche per questa; - teoria della norma generale inclusiva. L interpretazione per analogia consiste nel risolvere una lacuna dell ordinamento ricorrendo a fattispecie simili. Affinché l interprete possa ricorrere all analogia è necessario (art. 12 preleggi): A) che non vi sia una disposizione che regoli lo specifico caso; B) che esista una similitudine tra le due fattispecie e che sia proprio questo elemento comune a permettere l estendibilità della legge al caso non disciplinato (la similitudine tra le fattispecie va intesa nel senso che risalendo all intenzione del legislatore si può dedurre che sarebbe stata sua intenzione accomunare la specifica fattispecie con l altra simile. C) La costruzione di principi. analogia iuris: si ricorre quando non si riesca a 18 di 18

19 trovare una norma simile per disciplinare il caso pratico che viene regolato ricorrendo ai principi generali dell ordinamento giuridico. L interpretazione dei testi normativi ha il compito essenziale di garantire unità coerenza sistematica e completezza dell ordinamento. 19 di 19

20 7 Coerenza sistematica L ordinamento non tollera contraddizioni tra le parti che lo compongono e prevede criteri e meccanismi per risolvere i contrasti tra disposizioni normative stabilite in tempi diversi o incidenti nella stessa materia, consentendo all interprete di sciogliere le antinomie e di individuare la norma che deve essere applicata in concreto. 7.1 Completezza L ordinamento predispone determinati rimedi per colmare lacune o vuoti normativi, ossia casi concreti non previsti dal diritto positivo, e permette all interprete di rinvenire la norma giuridica applicabile al caso concreto. 20 di 20

21 8 Le antinomie normative Si definiscono antinomie i contrasti tra norme. Si ha un antinomia quando le disposizioni esprimono significati tra loro incompatibili. In questi casi, è compito dell interprete risolvere tali contrasti, individuando la norma applicabile al caso. I criteri per scegliere la norma da applicare in caso di antinomia sono quattro: - criterio cronologico; - criterio gerarchico; - criterio della specialità; - criterio della competenza. 8.1 Criterio cronologico e abrogazione Com è noto, il criterio cronologico prevede che qualora due norme/disposizioni dello stesso livello gerarchico emanate in tempi diversi, regolamentino una stessa fattispecie in modo tra loro incompatibili, gli interpreti (ed in particolare i giudici) dovranno applicare la norma emanata successivamente. Il criterio cronologico ha ricevuto nell ordinamento italiano una sua prima positivizzazione con la disposizione di cui all art. 15 delle disp. prel. cod. civ. In tale sede si dispone che le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori, per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l intera materia già regolata dalla legge anteriore. La Costituzione ha innovato la disciplina del fenomeno con l introduzione dell istituto del referendum abrogativo (art. 75 Cost. e legge 352/1970) e con la norma di cui all art. 138 Cost., laddove è prevista la possibilità che leggi di revisione costituzionale possano modificare la Costituzione, abrogandone alcune disposizioni, nel rispetto dei limiti posti alla revisione della stessa. Ma al di là delle positivizzazioni di fattispecie abrogative, si può dire che certamente l ordinamento italiano accoglie al proprio interno le tipizzazioni del fenomeno abrogativo così come descritte in teoria generale. 21 di 21

22 Riguardo agli effetti appare consolidato il principio secondo cui, da un lato, l abrogazione circoscrive la sfera di efficacia e applicabilità nel tempo delle norme o delle disposizioni, dall altro determina la decorrenza ex nunc dei propri effetti. Infatti, i rapporti sorti precedentemente all atto abrogativo continueranno ad essere disciplinati dalla normativa precedente. Dunque, i giudici dovranno applicare la vecchia normativa nel momento in cui venga posta alla loro attenzione una controversia concreta che riguardi tali rapporti, ma si potrà addirittura avere un giudizio di legittimità costituzionale su norme abrogate. Ai fini della certezza del diritto il meccanismo dell abrogazione non è privo di problemi. Quello principale è l individuazione puntuale delle norme abrogate. A tal fine appare congrua solo la modalità di abrogazione espressa accompagnata dall indicazione precisa delle norme colpite. Questa infatti opera sul piano della legislazione, mentre le forme di abrogazione pseudo-espresse, quella tacita ed anche quella implicita, operando sul piano dell interpretazione possono essere causa di incertezze, a volte anche di notevole portata. Infatti, in queste ultime due ipotesi, nonostante sia sempre il legislatore colui che pone in essere la norma successiva, il potere di operare il giudizio valutativo sull incompatibilità è affidato agli organi che danno applicazione al diritto ed in particolare ai giudici. Data la limitazione degli effetti della pronuncia giudiziale al caso in specie, il rischio è quello di una giurisprudenza non uniforme. L ordinamento italiano ha previsto, quali correttivi la c.d. nomofilachia affidata alla Corte di cassazione e, come sostiene la Corte costituzionale, l utilizzazione del criterio del diritto vivente. In caso di contrasto tra due norme si deve preferire quella più recente (lex posterior derogat priori). La prevalenza della norma nuova sulla vecchia si esprime attraverso l abrogazione: l effetto consiste nella cessazione ex nunc dell efficacia della norma giuridica precedente. L articolo 15 delle Preleggi indica tre ipotesi di abrogazione: a) abrogazione espressa: per dichiarazione espressa del legislatore ; b) abrogazione implicita: per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti; c) abrogazione tacita: perché la nuova legge regola l intera materia già regolata dalla legge anteriore. Diversa dall abrogazione è la deroga: la norma abrogata perde efficacia per il futuro, la norma derogata non perde la sua efficacia ma ne viene limitato il campo di applicazione. 22 di 22

23 Simile alla deroga è la sospensione: limitata a un certo periodo, a certe categorie o zone. 8.2 Criterio gerarchico Il criterio gerarchico. Come già accennato in precedenza, la complessità degli ordinamenti giuridici contemporanei porta con sé che al pluralismo delle fonti si accompagni la pluralità dei criteri per risolvere le antinomie tra norme. A tale riguardo è stato acutamente osservato, che l individuazione e la definizione operativa di criteri quali quello gerarchico o della competenza non è fatta in astratto, ma partendo da concrete necessità storiche e politiche, che hanno trovato una loro traduzione in norme giuridiche. Nell ordinamento italiano il principio di gerarchia delle fonti trova una sua esplicazione anzitutto nel principio di legalità e nel principio di costituzionalità. In base a tale criterio, la norma superiore si deve preferire a quella gerarchicamente inferiore (lex superior derogat legi inferiori). In altri termini, un ordinamento giuridico esiste anzitutto se è ordinato. Com è noto, connesso strettamente ai rapporti gerarchici tra fonti è il concetto di validità delle fonti. Ed allora, una fonte che ponga in essere una norma in modo non conforme alle proprie norme sulla produzione - contenute in fonti di livello superiore ad essa - è invalida. In buona sostanza, appare evidente che il criterio gerarchico si esplica nel nostro ordinamento quale giudizio sulla validità di una norma, o, in altri termini, sulla sua appartenenza all ordinamento stesso espresso da un giudice. Tale invalidità, nell ambito del diritto pubblico italiano, può presentarsi nella forma dell illegittimità costituzionale qualora il contrasto sia tra una norma costituzionale ed una di grado legislativo, e nella forma di cc.dd. illegittimità-annullabilità qualora vi sia un contrasto tra atti legislativi e atti sub-legislativi o più in generale tra atti normativi e atti amministrativi. In tutti questi casi solo l intervento di un organo competente (Corte costituzionale, Giudici ordinari e amministrativi) può dichiarare l illegittimità e annullare o disapplicare la norma che, fino a quel momento è stata perfettamente efficace. In altri termini, l ordinamento tollera provvisoriamente l antinomia tra norme superiori valide e norme inferiori invalide, rimandando al momento dell applicazione soprattutto giurisprudenziale, l eliminazione di quest ultima. La prevalenza della norma superiore su quella inferiore si esprime dunque attraverso l annullamento: è l effetto di una dichiarazione di illegittimità che un giudice pronuncia nei confronti di un atto, di una disposizione o di una norma che, a quel punto, perdono validità. 23 di 23

24 Effetti dell annullamento: al contrario dell abrogazione, l annullamento opera non solo per il futuro ma anche per il passato (ex tunc), ciò, però, limitatamente ai rapporti pendenti. 8.3 Criterio della specialità Il criterio di specialità può porsi quale deroga all applicazione del criterio cronologico. La sua ratio deve ricondursi all esigenza di disciplinare in maniera diversa situazioni diverse. L operatività di tale criterio passa necessariamente attraverso un giudizio di comparazione tra due norme, delle quali l una sarà quella generale e l altra quella speciale. In altri termini, una norma non può essere considerata speciale di per sé, in senso assoluto. Il criterio di specialità, analogamente a quello cronologico, non opera pertanto a livello di validità delle norme - e quindi non comporta l eliminazione della disposizione generale - ma a livello interpretativo. Troverà applicazione la disposizione speciale mentre quella generale subirà una limitazione nella sua portata. La specialità, quindi, opera, quale criterio di risoluzione delle antinomie, fra norme poste con un medesimo atto giuridico; quando non può, dunque, operare il criterio cronologico. Se le norme sono contenute in atti diversi, il criterio di specialità è solo criterio orientativo, può costituire elemento interpretativo (che accede a quello cronologico) ma non assurge ad autonomo criterio di soluzione dell antinomia. Resta, naturalmente, intatta l applicazione della disposizione generale per tutti gli ambiti non coperti dalla norma speciale. Il criterio di specialità, pur appartenendo al novero dei criteri logico-teoretici, ha ricevuto nel nostro ordinamento una prima positivizzazione per le fattispecie di cui all art. 15 cod. pen. Ma, in linea più generale, una tale possibilità è contenuta nell art. 3 Cost. Il principio di eguaglianza, formale e sostanziale, sancisce pertanto la necessità di trattare in modo eguale situazioni eguali e in modo differenziato situazioni differenziate. In base a tale criterio, in caso di contrasto tra due norme, si preferisce la norma speciale rispetto a quella generale (lex speciali derogat legi generali), anche se quest ultima è successiva (lex posterior generalis non derogat legi priori speciali). La preferenza per la norma speciale non incide né sull efficacia né sulla validità della norma generale: entrambe rimangono efficaci e valide. L interprete opera solamente una scelta tra le due norme (inter partes). L effetto tipico della prevalenza della norma speciale su quella generale è la deroga. 24 di 24

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