Federalismo fiscale: tra Statuto della Regione Siciliana e vincoli comunitari
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- Lamberto Orazio Rossetti
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1 Federalismo fiscale: tra Statuto della Regione Siciliana e vincoli comunitari Con l approvazione della legge delega n. 42/2009, emanata in attuazione dell art. 119 Cost., ha avuto inizio il percorso del federalismo fiscale. La realizzazione del federalismo fiscale comporterà l attuazione di ampie riforme costituzionali. Invero, il federalismo fiscale dovrebbe essere la proiezione sul versante finanziario, economico e sociale, di un progetto istituzionale. L assenza di un autonomia impositiva degli enti locali e il carattere di finanza quasi totalmente derivata degli stessi, secondo l opinione politica dominante, ha determinato una forte deresponsabilizzazione politica e gestionale degli amministratori locali. Sotto quest ultimo profilo, la situazione italiana è assimilabile a quella della Spagna degli anni 80, quando, con la nuova Costituzione, si sono dati maggiori poteri legislativi e amministrativi alle Comunità Autonome, ma non è stata data loro la corrispondente responsabilità amministrativa. La dissociazione tra spending power e imposizione ha fatto esplodere i conti pubblici. In Italia, a fronte di un potere impositivo dello Stato superiore all 80%, il 50% della spesa avviene a livello regionale e comunale. Agli inizi degli anni ottanta, si è cominciato a proporre l introduzione di poteri impositivi locali, al fine di responsabilizzare maggiormente gli amministratori. L indicazione di principi e criteri direttivi fondamentali per un autonomia finanziaria degli enti locali si è avuta soltanto nel 1997 con il d.lgs. n. 446, che ha determinato una prima e profonda modificazione della fiscalità locale. La riforma più significativa in materia di finanza locale è certamente quella che ha caratterizzato l intero assetto istituzionale dello Stato, delle Regioni e degli Enti minori, avvenuta con la modifica del titolo V della Costituzione, cui si farà un cenno più avanti. Con la legge delega n. 42 del 2009 sono stati fissati i principi fondamentali che consentono di definire ed individuare meglio la potestà tributaria e finanziaria di Regioni ed Enti locali. 1
2 La parole chiave della nuova fiscalità locale dovrebbero diventare: premialità, principio del beneficio, fiscalità di sviluppo (a-rt. 2 della L. n. 42/2009). Invero, la legge delega prevede l introduzione di un sistema premiante nei confronti delle amministrazioni più virtuose e l introduzione di un sistema sanzionatorio nei confronti degli enti che non rispettano gli equilibri economici e finanziari e non assicurano i livelli essenziali delle prestazioni, fino ad arrivare all individuazione dei casi di ineleggibilità nei confronti degli amministratori responsabili degli enti locali, per i quali è stato dichiarato il dissesto finanziario. La legge delega accoglie, inoltre, il principio del beneficio affermando la tendenziale correlazione tra prelievo fiscale e beneficio connesso alle funzioni esercitate sul territorio in modo da favorire la corrispondenza tra responsabilità finanziaria e amministrativa. L obiettivo della riforma dovrebbe, quindi, essere quello di creare un maggiore interesse dei cittadini verso la capacità dei loro amministratori, responsabilizzando questi ultimi attraverso una più stretta correlazione tra prelievo fiscale e beneficio. A questo deve aggiungersi l obiettivo del graduale superamento della spesa storica quale criterio di perequazione a favore del criterio del costo e del fabbisogno standard. Invero, si è ritenuto che il criterio della spesa storica riflette sia i fabbisogni reali (quelli standard appunto) sia vere e proprie inefficienze amministrative. Il progetto federalista, nel suo complesso, esprime una visione del sistema sociale in cui si attribuisce rilevanza al principio di responsabilità individuale e autonomia. Nella visione politica tradizionale, si è ritenuto, secondo me erroneamente, che il principio di responsabilità individuale si contrapponesse al principio di eguaglianza. Credo che, oggi, sia impensabile una declinazione del principio di eguaglianza che ignori quello di responsabilità e, quindi, ritengo che in nome dell eguaglianza non sia lecito derogare al principio di responsabilità. Il progetto federalista è l espressione del principio di responsabilità individuale applicato ai territori, mirando a realizzare, così, una sorta di giustizia territoriale. Le soluzioni federaliste mirano a giungere alla realizzazione contestuale del principio di autonomia e del principio di solidarietà, esigendo, il primo, che il potere di spesa debba essere esercitato in collegamento con il potere impositivo, e richiedendo, invece, il 2
3 secondo, l attuazione dell eguaglianza sostanziale tra i cittadini residenti nelle diverse aree territoriali. E evidente che i progetti di federalismo realizzabili in astratto sono molteplici. Tuttavia, il modello federalista, che pare sia stato accolto nella legge delega, sembra contemperare il principio della responsabilità individuale dei territori con l attuazione di politiche di perequazione che consentano la possibilità di assicurare, ai cittadini residenti nei territori economicamente più deboli, i livelli essenziali delle prestazioni afferenti i cosiddetti diritti di cittadinanza (sanità, istruzione e assistenza). Gli strumenti del federalismo fiscale debbono essere quindi individuati sia nei tributi che nei trasferimenti perequativi. Invero, mentre il ricorso ai tributi garantisce che il potere impositivo segua il potere di spesa, i trasferimenti perequativi, governati dallo Stato, sono finalizzati a colmare i divari territoriali. A questo proposito, deve osservarsi che il criterio della perequazione finalizzato a colmare le differenze territoriali non può e non deve creare illusioni per le regioni meno ricche. Infatti, il principio della perequazione non può essere letto separatamente da quanto stabilito dall art. 119 Cost., comma secondo, secondo cui gli enti territoriali dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio. Non a caso, la legge n. 42/2009 è stata emanata proprio per dare attuazione all art. 119 Cost. La riforma più significativa in materia di finanza locale, è, certamente, quella che ha caratterizzato l intero assetto istituzionale di Stato, Regioni ed Enti minori, avvenuta ad opera della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha modificato l intero Titolo V Cost., dall art. 114 all art. 132, rinvigorendo, attraverso le modifiche all art. 119, le basi dell autonomia finanziaria di Regioni, Province e Comuni. L art. 119 Cost. pone sullo steso piano Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, stabilendo che essi hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. L attuazione del federalismo fiscale è strettamente collegato proprio alla definizione del quadro di competenze tra i diversi enti. Solo una volta che verrà stabilito tale quadro, sarà possibile comprendere i flussi del suo finanziamento. 3
4 Prima dell entrata in vigore della legge delega sul federalismo, la Corte Costituzionale, a fronte di un inerzia del legislatore statale, ha svolto una vera e propria funzione di supplenza nell individuazione dei principi cui dovrebbe ispirarsi, nel sistema che nasce dalla riforma del Titolo V della II Parte della Costituzione, la ripartizione del prelievo tributario tra Stato ed enti territoriali. La Corte Costituzionale, partendo dal presupposto dell intangibilità della competenza legislativa esclusiva dello stato in materia di sistema tributario statale (art. 117, comma 2, Cost., lett. e) ha riconosciuto in capo alle regioni una primaria potestà di imposizione solo in via residuale, ovvero, ricavandola per differenza dal sistema tributario erariale. Ha, quindi, riconosciuto alle regioni la potestà primaria di imposizione, consistente nella possibilità di istituire tributi regionali propri in senso stretto, ovvero tributi che non fanno parte, fin dalla loro origine, del sistema tributario erariale. In attesa della fissazione, da parte dello Stato, dei principi di coordinamento, la Corte Costituzionale ha ritenuto che spetta alle regioni una potestà normativa di imposizione, ma, al contempo, ha ridotto il contenuto di tale potestà impositiva a ben poca cosa, escludendo che le Regioni possano istituire tributi che hanno gli stessi presupposti o le stesse basi imponibili di quelli erariali già vigenti. A regime, comunque, dovrebbe pur sempre essere lo Stato ad individuare gli spazi e i limiti entro i quali potrà esplicarsi l autonomia tributaria regionale. Meno rigido è stato, invece, l atteggiamento tenuto dalla Corte Costituzionale nei confronti delle Regioni a Statuto Speciale. Invero, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 102/2008, pronunciandosi sulla legittimità dei tassa sul lusso istituita dalla Regione Sardegna, ha affermato che, dovendo i prelievi propri delle Regioni ispirarsi ai principi del sistema tributario statale, non sarebbe precluso alle Regioni a statuto speciale di istituire e disciplinare tributi aventi lo stesso presupposto dei tributi statali. Tale conclusione si fonda sulla circostanza che ai tributi propri delle Regioni a statuto speciale non si applicano i limiti di cui agli artt. 117 e 119 Cost., se ed in quanto maggiormente penalizzanti rispetto alle norme statutarie. E non v è dubbio che, quanto alla potestà d imposizione, l autonomia statutaria è sicuramente più ricca di quella assicurata dalla Costituzione ad altre regioni. 4
5 Si è giungi all emanazione della legge delega quindi in un contesto costituzionale in cui la discrasia tra Regioni a statuto ordinario e Regioni a statuto speciale è evidente. Invero, mentre le prime, soggiacciono ad un vero e proprio divieto di sovrapposizione rispetto a tributi statali (tale divieto si desume, in assenza della legge di coordinamento, dagli artt. 117 e 119 Cost), le seconde, al contrario, per effetto della prevalenza, statuita dall art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001, delle regole statutarie sulla disciplina del Titolo V, non sono sottoposte al medesimo divieto, fatta salva la necessità che i tributi regionali che si sovrappongano ai tributi statali non confliggano con gli istituti su cui si reggono i tributi statali e con le rationes ispiratrici degli stessi. La legge delega, a grandi linee, ricalca l impostazione seguita dalla Corte Costituzionale. Invero, l art. 2, lett. o) e t), della legge n. 42/2009, esclude espressamente, sia la possibilità di ogni doppia imposizione regionale sul medesimo presupposto statale (salvo le addizionali previste dalla legge statale o regionale), sia ogni intervento della regione sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi che non siano del proprio livello di Governo. Questo dovrebbe significare che, fermo restando l attuale sistema tributario statale, il divieto di doppia imposizione regionale, opera quale fondamentale principio di coordinamento e ha lo scopo di evitare il conflitto tra il sistema tributario regionale e quello statale. Il divieto di doppia imposizione comporta due conseguenze: la prima, espressione dell intenzione di mantenere intatto il sistema tributario statale senza trasferire alla competenza esclusiva delle regioni alcun considerevole tributo attualmente di pertinenza statale; l altra, il segnale di un non perfetto allineamento tra il regime applicabile alle regioni a statuto ordinario e quello applicabile alle regioni a statuto speciale. La discrasia tra i poteri impositivi riconosciuti alle regioni a statuto ordinario e quelli riconosciuti alle regioni a statuto speciale è uno dei profili critici dell attuazione del progetto federalista. A questo proposito vorrei evidenziare che il fronte delle regioni a statuto speciale non è omogeneo soprattutto con riguardo al grado di benessere socio economico. 5
6 Infatti, da un lato, abbiamo regioni a statuto speciale con un elevato grado di benessere (Friuli Venezia Giulia, Trentino, Val D Aosta) e, dall altro, regioni a statuto speciale con un reddito pro capite basso (Sicilia e Sardegna). Per tale ragione, mi sembra interessante e molto opportuna la presenza, tra i relatori, del Segretario Generale CISL Sardegna. Invero, nel progetto di attuazione del federalismo, la posizione della Regione Sardegna ha diversi punti di contatto con quella della Regione Sicilia. Non soltanto entrambe sono Regioni a statuto speciale, ma, entrambe, condividono anche la condizione economicamente svantaggiata e l insularità. Questi tre temi, la specialità statutaria, la condizione economicamente svantaggiata e l insularità, sono temi essenziali nella discussione intrapresa sul progetto federalista. Tale premessa di carattere sistematico si rendeva necessaria, prima di procedere ad esaminare il tema del rapporto del federalismo fiscale con l autonomia delle Regioni a statuto speciale, da un lato, e con i vincoli comunitari, dall altro. La legge delega sul federalismo fiscale e le Regioni a statuto speciale Le Regioni a statuto speciale sono state oggetto di norme ad hoc nella legge delega sul federalismo fiscale. Ad esse si applicheranno esclusivamente l art. 15 relativo alle città metropolitane, l art. 22 relativo alla perequazione infrastrutturale e l art. 27 che disciplina il coordinamento della finanza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome. Vorrei soffermarmi su quest ultima norma. Le regioni a statuto speciale sono tenute al pari di quelle ordinarie, al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà nell esercizio dei diritti e dei doveri, nonché al graduale superamento del criterio della spesa storica. Il passaggio dalla spesa storica a quello del costo standard costituisce uno dei principi fondamentali della legge delega, la cui realizzazione dovrebbe garantire un maggior grado di efficienza della spesa pubblica. Il secondo comma dell art. 27 prevede, inoltre, la rilevanza di eventuali svantaggi strutturali permanenti di cui si dovrà tenere conto per la definizione delle norme di attuazione nella definizione degli strumenti di perequazione. 6
7 Nel citato art.27, si prevede anche, che le norme di attuazione degli statuti dovranno definire i principi fondamentali di coordinamento del sistema tributario con riferimento alla potestà legislativa attribuita dai rispettivi statuti alle regioni a statuto speciale. Il coordinamento della finanza delle regioni a statuto speciale sarà affidato alle norme di attuazione degli statuti che costituiscono una forma di legislazione concordata, deliberata da una commissione paritetica in cui siedono rappresentanti dello Stato e della regione interessata. Tuttavia, è stato osservato, che le commissioni paritetiche operano all interno di una serie di vincoli che lascia immaginare una tendenziale uniformità di trattamento fra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario. Inoltre, nell art. 27 è contenuto un importante riferimento all insularità, condizione, che come si è detto in precedenza, accomuna tanto la Sardegna, quanto la Sicilia. L insularità è una condizione, riconosciuta dalla politica comunitaria e dall art. 158, comma secondo, del trattato CE, di per sé svantaggiante. Invero, è proprio da tale condizione che, spesso, dipendono i maggiori costi sia per le imprese che per i cittadini residenti nelle isole. I disagi collegati allo status insulare dovrebbero essere compensati secondo precisi parametri, definiti mediante un calcolo dei costi aggiuntivi. A mero titolo esemplificativo, il trasporto delle merci avrà un costo unitario definito per la Sardegna e per la Sicilia rispetto al parametro del costo minimo definito, invece, a livello nazionale. Il costo di mille chilometri percorsi da un prodotto attraversando il mare dovrà essere uguale ai mille chilometri percorsi sulla terraferma. Il differenziale dovrà essere compensato dallo Stato sia in termini di riequilibrio fiscale, sia economici e infrastrutturali. Il coordinamento in materia di finanza pubblica tra le leggi statali e quelle regionali e provinciali viene attribuito alle norme di attuazione degli statuti speciali che dovranno definire i principi fondamentali di coordinamento del sistema tributario, che stabiliranno la ripartizione delle competenze tra Stato, regioni, province ed enti locali. Infine, vale la pena svolgere qualche breve considerazione sui problemi interpretativi posti dall art. 27, comma quarto, secondo cui a fronte dell assegnazione di ulteriori nuove funzioni alle regioni a statuto speciale e alle province di Trento e Bolzano, i decreti 7
8 legislativi e le norme di attuazione definiranno le modalità di finanziamento aggiuntivo mediante forme di compartecipazione a tributi erariali e alle accise. Questa norma è stato il frutto di una battaglia politica sulla destinazione del gettito delle accise. Tra i protagonisti vi è stata la Regione Sicilia, in cui si raffina circa il 40% degli oli minerali prodotti in Italia. La spettanza del gettito è condizionata dall attribuzione di maggiori funzioni. Tuttavia, il testo normativo contiene un inciso che potrebbe creare qualche problema interpretativo. Infatti, la norma citata prevede che le modalità di finanziamento aggiuntivo, attraverso forme di compartecipazione a tributi erariali e alle accise, verranno definite fatto salvo quanto previsto dalle leggi costituzionali. Quest ultima locuzione normativa potrebbe rendere problematica la compartecipazione al gettito delle accise da parte della Sicilia, perché l art. 36, comma secondo, dello Statuto della Regione Siciliana, riserva allo stato le imposte di produzione. Lo Statuto della Regione Siciliana è norma di rango costituzionale, e, quindi, l inciso fatto salvo quanto previsto dalle leggi costituzionali potrebbe rappresentare un ostacolo alla compartecipazione al gettito delle accise da parte della Sicilia. A questo proposito, alcuni commentatori hanno ritenuto che la riserva contenuta nello Statuto impedisce alla Regione Siciliana di essere soggetto attivo delle accise ma non destinatario del gettito delle accise e quindi titolare di diritti di compartecipazione. La fiscalità di vantaggio e i vincoli comunitari nella legge delega sul federalismo fiscale La legge delega impone, inoltre, talune riflessioni sui profili comunitari relativi al rapporto tra la fiscalità di vantaggio prevista dalla legge delega e la disciplina degli aiuti di Stato. Sia l art. 27, comma terzo, per le Regioni a statuto speciale, che l art. 2, comma secondo, lett. mm), per le Regioni a statuto ordinario, fanno riferimento a forme di fiscalità di sviluppo. 8
9 E necessario rilevare che la fiscalità di sviluppo incontra i limiti inderogabili della disciplina comunitaria sugli aiuti di stato a finalità regionale. E noto che l art. 87 del Trattato UE dichiara incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi con gli stati membri, gli aiuti che, sotto qualsiasi forma, favorendo talune imprese, minaccino di falsare la concorrenza. Ai sensi dell art. 87 paragrafo 3 lettere a) e c) del Trattato, la Commissione può considerare compatibili con il mercato comune gli aiuti di Stato concessi per favorire lo sviluppo economico di determinate zone svantaggiate all interno dell Unione Europea. Gli aiuti di questo tipo sono definiti aiuti di Stato a finalità regionale. Si tratta di aiuti agli investimenti a favore delle grandi imprese o, in determinate circostanze particolari, di aiuti al funzionamento, comunque destinati a regioni specifiche, al fine di riequilibrare disparità regionali. Tali aiuti, essendo volti a colmare gli svantaggi delle regioni sfavorite, promuovono la coesione economica, sociale e territoriale degli Stati membri e dell Unione Europea nel suo complesso. Per il diritto comunitario, l unico soggetto responsabile per il corretto adempimento dei relativi obblighi è lo Stato. L articolazione su diversi livelli della competenza normativa coinvolta nell attuazione del diritto comunitario non interferisce con tale responsabilità. Lo Stato unitario resta il solo interlocutore delle istituzioni comunitarie. Tuttavia il concreto svolgersi dell autonomia è soggetto alla verifica e al sindacato, alla stregua dei vincoli imposti dal diritto comunitario. In primo luogo il riparto della potestà di imposizione su diversi livelli di governo deve essere valutato con riguardo al divieto di aiuti di Stato di cui all art.87 del Trattato. Si è già evidenziato che ai sensi dell art. 87 è vietata, in quanto incompatibile con il mercato comune, ogni misura che, mediante l impiego di risorse pubbliche, accordi ad imprese determinate, e quindi, selettivamente, un vantaggio economico idoneo a falsare o minacciare di falsare la concorrenza sui traffici comunitari. Tra le misure che possono integrare un vantaggio selettivo, potenzialmente vietato, assumono particolare rilievo proprio quelle rappresentate dalla concessione di trattamenti fiscali di favore: i c.d. aiuti fiscali a finalità regionale. 9
10 Per potere qualificare una determinata misura come aiuto vietato ai sensi dell art.87, occorre che la stessa, oltre a costituire un vantaggio, inteso come deroga ad un regime generale, sia selettiva, ossia circoscritta a talune imprese o produzioni. Tanto premesso, si tratta di verificare come l assetto dei rapporti tra Stato ed enti locali in tema di possibili regimi agevolativi delineato nella legge delega vada a collocarsi nel quadro normativo comunitario in materia di aiuti di Stato. Il federalismo fiscale è un modello ordinamentale diretto a riconoscere e soddisfare le esigenze delle collettività infrastatuali di modulare il prelievo fiscale secondo delle peculiari scelte politiche. Tale sistema, presupponendo una diversificazione del regime fiscale tra gli operatori di un medesimo Stato membro proprio in ragione della loro localizzazione, appare destinato ad integrare, in astratto, un ipotesi di selettività territoriale che, quindi, deve essere valutata nel quadro dei principi comunitari. Tanto più che la diversificazione del regime fiscale risponde, in taluni casi, all esigenza di attuazione di una fiscalità di sviluppo. La Commissione europea ha ritenuto che la selettività della misura, che la qualificherebbe come aiuto di stato vietato, può essere anche solo di tipo territoriale, cioè esprimersi mediante una selezione delle imprese, beneficiarie della misura di vantaggio, in ragione della loro localizzazione in una porzione determinata del territorio nazionale. In ambito comunitario è possibile rilevare un iniziale atteggiamento di diffidenza verso il federalismo fiscale, tant è che in alcuni documenti risalenti si affermava che solo le misure che si estendono a tutto il territorio dello Stato non soddisfano il criterio di specificità. Tuttavia, esaminando la giurisprudenza della Corte di Giustizia, a partire dal 2006, è possibile pervenire alle seguenti conclusioni. La Corte di Giustizia ha escluso che la selettività della misura, e quindi la violazione del divieto di aiuti di stato, possa desumersi solo dal fatto che le altre Regioni siano soggette ad un livello impositivo differente. Secondo la Corte, per valutare la legittimità della misura selettiva, deve accertarsi se l entità infrastatale sia dotata di uno statuto di fatto e di diritto che la renda sufficientemente autonoma rispetto al Governo centrale di uno Stato membro. In altri termini, non si può dedurre la selettività di una misura, e quindi 10
11 la sua illegittimità, dal solo fatto che si applica esclusivamente ad un zona geografica limitata del territorio di uno Stato membro. La Corte ha quindi ritenuto legittime le misure selettive quando queste sono adottate da enti infrastratali dotati di autonomia istituzionale, procedurale e finanziaria. Al fine di valutare tale autonomia, la Corte di Giustizia ha elaborato un peculiare test. Secondo tale elaborazione, l autonomia istituzionale si realizza laddove l ente sia dotato, a livello costituzionale, di uno statuto politico ed amministrativo autonomo e distinto da quello dell autorità centrale. L autonomia procedurale esige, invece, che le decisioni siano prese con una procedura dell ente in cui l autorità centrale non ha né il potere di intervenire né la possibilità di imporre interessi propri. L autonomia finanziaria, infine, prescrive che le scelte politiche comportanti spese (anche indirette, come quelle fiscali) non siano compensate da sovvenzioni o contributi provenienti dal governo centrale. In altre parole, è necessario che le conseguenze di tali scelte rimangano a carico dell ente infrastatale. In presenza di tali indici di autonomia, viene meno il carattere di selettività della misura e, quindi, la possibile violazione del divieto di aiuti di stato a finalità regionale. Ciò significa che la presenza di strumenti perequativi compensativi delle agevolazioni tributarie istituite da una regione fa venire meno il requisito della sua autonomia finanziaria, necessario, insieme a quello dell autonomia statutaria e procedurale, affinché sia esclusa la natura selettiva. A questo proposito, si è evidenziato un aspetto problematico della riforma con riguardo alle regioni a statuto speciale economicamente deboli, mi riferisco alla Sicilia e alla Sardegna. Infatti, ci si chiede se, alla luce delle considerazioni svolte dalla Corte di Giustizia, sussista per tali regioni il requisito dell autonomia finanziaria, a fronte di meccanismi perequativi destinati a compensare l aggravio finanziario sopportato dall ente che introdotto l agevolazione. Alcuni commentatori hanno ritenuto che l autonomia finanziaria viene meno soltanto quando c è una stretta correlazione tra la misura compensativa e l agevolazione. In altri 11
12 termini, quando il trasferimento di somme avviene con finalità compensative di un agevolazione fiscale. Al contrario, secondo questa tesi, la predisposizione di strumenti di perequazione generali, non strettamente correlati all introduzione dell agevolazione non fa venire meno l autonomia finanziaria. Questa tesi è apprezzabile nelle sue conclusioni, perché consentirebbe alle regioni più povere di fare ricorso a misure di fiscalità di vantaggio, nonostante tali regioni siano destinatarie, proprio in virtù della loro condizione economicamente svantaggiata, di somme perequative. Infatti, una diversa interpretazione comporterebbe l impossibilità, proprio per le regioni che ne hanno maggiormente bisogno, di ricorrere alla fiscalità di sviluppo. Tuttavia, non può non rilevarsi, che la Corte di Giustizia ha negato l autonomia delle Isole Azzorre, pur costituendo questa una Regione autonoma dotata di uno Statuto politico amministrativo e di organi di governo propri muniti del potere di esercitare competenze fiscali, perché tali Isole risultavano destinatarie di trasferimenti di bilancio gestiti dal Governo centrale diretti a correggere le disparità derivanti dall insularità, neutralizzando così l impatto economico sul relativo bilancio delle agevolazioni connesse. Qualche apertura è arrivata dalla Corte di Giustizia nel caso dei Paesi Baschi e di Gibilterra, in cui si afferma che deve esserci un nesso di causalità tra il trasferimento statale e la misura agevolativa. Tali considerazioni evidenziano la complessità delle relazioni esistenti tra realtà nazionali e realtà locali e l incertezza in cui ci si muove nell interpretazione delle norme che delineano le linee generali del progetto federalista. 12
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